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Coordinamento scientifico - Emilio Becheri – Mercury S.r.l. Ambiti tematici - Gianpiero de la Feld – ENCO S.r.l. Linea grafica - Ugo Picarelli – Leader S.a.s. Responsabile di progetto – Pierluigi Picilli Testi a cura di Sergio Stumpo Supervisione Pierluigi Picilli

Responsabile PI G.A.C. “Certosa di Padula“ – Vincenzo Russo Responsabile Misura 2.3 – Nadia Murolo Direzione attività e Resp. del Procedimento – Michele Rienzo Coordinamento – Tiziana Medici

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 3

INDICE

Premessa 9Introduzione 11

I Le Certose e l’Ordine Certosino - Inquadramento storico 1.1 Il fondatore dell’Ordine 13 1.2 L’Ordine Certosino 15 1.3 Padri, Conversi e Donati 15 1.4 La vita dei Padri 16 1.5 La vita dei Fratelli 17 1.6 Le Monache Certosine 17 1.7 Architettura delle Certose 18 1.8 Vicende storiche dell’Ordine 19 1.9 Il governo dell’Ordine 21

II L’indagine conoscitiva 2.1 La distribuzione dell’Ordine in termini geografici 22 2.2 La metodologia 26 2.3 Il questionario ed i risultati dell’indagine 27

III Descrizione della gestione attuale delle Certose in Italia. Schede delle Certose in cui si realizzano attività culturali

3.1 Certosa di Montebenedetto – Torino 30 3.1.1 SCHEDA 1 31

3.1.1.1 Gestione attuale e Attività 31 3.1.1.2 Comunicazione e Merchandising 33 3.1.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 33

3.1.2 SCHEDA 2 Approfondimento storico-artistico 34 3.1.2.2 Cenni storici 34 3.1.2.3 Aspetti artistico-architettonici 35

3.2 Certosa di Casotto - Cuneo 36 3.2.1 SCHEDA 1 36

3.2.1.1 Gestione attuale e Attività 36 3.2.1.2 Comunicazione e Merchandising 38 3.2.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 38

3.2.2 SCHEDA 2 Approfondimento storico-artistico 38 3.2.2.1 Cenni storici 38

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Indice 4

3.3 Certosa di Bologna 41 3.3.1 SCHEDA 1 41

3.3.1.1 Gestione attuale e Attività 41 3.3.1.2 Comunicazione e Merchandising 43 3.3.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 44

3.3.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 44 3.3.2.1 Cenni storici 44 3.3.2.2 Aspetti artistico-architettonici 45

3.4 Certosa Galluzzo – Firenze 47 3.4.1 SCHEDA 1 48

3.4.1.1 Gestione attuale e Attività 48 3.4.1.2 Comunicazione e Merchandising 50 3.4.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 50

3.4.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 50 3.4.2.1 Cenni storici 50 3.4.2.2 Aspetti artistico-architettonici 51

3.5 Certosa di Calci – Pisa 52 3.5.1 SCHEDA 1 53

3.5.1.1 Gestione attuale e Attività 53 3.5.1.2 Comunicazione e Merchandising 54 3.5.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 54

3.5.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 54 3.5.2.1 Cenni storici 54 3.5.2.2 Museo Nazionale della Certosa di Calci 55 3.5.2.3 Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci 55

3.6 Certosa di San Pietro - Pontignano (Siena) 56 3.6.1 SCHEDA 1 57

3.6.1.1 Gestione attuale e Attività 57 3.6.1.2 Comunicazione e Merchandising 58 3.6.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 59

3.6.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 59 3.6.2.1 Cenni storici 59 3.6.2.2 Aspetti artistico-architettonici 60

3.7 Certosa di San Lorenzo-Padula 61 3.7.1 SCHEDA 1 62

3.7.1.1 Gestione attuale e Attività 62 3.7.1.2 Comunicazione e Merchandising 63 3.7.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 63

3.7.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 64 3.7.2.1 Cenni storici 64

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 5

3.7.2.2 Aspetti artistico-architettonici 66 3.7.2.3 La corte esterna 66 3.7.2.4 Il chiostro e la foresteria 67 3.7.2.5 La Chiesa 67 3.7.2.6 La Sala del Capitolo e la Cappella del Tesoro 69 3.7.2.7 Chiostro del cimitero antico e cappella del Fondatore 69 3.7.2.8 La cucina e le cantine 69 3.7.2.9 Il refettorio 70 3.7.2.10 Chiostro dei Procuratori 70 3.7.2.11 La cella del Priore 70 3.7.2.12 La biblioteca 71 3.7.2.13 Il Chiostro Grande e le celle dei Padri 71 3.7.2.14 Lo scalone ellittico 72 3.7.2.15 Il grande giardino della clausura 72

3.8 Certosa di Serra San Bruno – Vibo Valentia 74 3.8.1 SCHEDA 1 75

3.8.1.1 Gestione attuale e Attività 75 3.8.1.2 Comunicazione e Merchandising 77 3.8.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 78

3.8.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 78 3.8.2.1 Cenni storici 78 3.8.2.2 Aspetti artistico-architettonici 80

IV Schede Certose che non svolgono attività culturali 83 4.1 Certosa di Collegno – Torino 83

4.1.1 SCHEDA 1 84 4.1.1.1 Gestione attuale e Attività 84 4.1.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 84

4.1.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 84 4.1.2.1 Cenni storici 84 4.1.2.2 Aspetti artistico-architettonici 85

4.2 Certosa di Monte San Pietro (Valmanera – Asti) 86 4.2.1 SCHEDA 1 86

4.2.1.1 Gestione attuale e Attività 86 4.2.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 87

4.2.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 87 4.2.2.1 Cenni storici 87

4.3 Certosa di Pesio – Cuneo 88 4.3.1 SCHEDA 1 88

4.3.1.1 Gestione attuale e Attività 88

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Indice 6

4.3.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 89 4.3.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 89

4.3.2.1 Cenni storici 89 4.4 Certosa di Garegnano – Milano 91

4.4.1 SCHEDA 1 91 4.4.1.1 Gestione attuale e Attività 91 4.4.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 92

4.4.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 92 4.4.2.1 Cenni storici 92 4.4.2.2 Aspetti artistico-architettonici 93

4.5 Certosa di Vedana 94 4.5.1 SCHEDA 1 94

4.5.1.1 Gestione attuale e Attività 94 4.5.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 95

4.5.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 95 4.5.2.1 Cenni storici 95 4.5.2.2 Aspetti artistico-architettonici 95

4.6 Certosa di Rivarolo – Genova 96 4.6.1 SCHEDA 1 96

4.6.1.1 Gestione attuale e Attività 96 4.6.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 96

4.6.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 97 4.6.2.1 Cenni storici 97 4.6.2.2 Aspetti artistico-architettonici 97

4.7 Certosa di Loreto-Savona 98 4.7.1 SCHEDA 1 99

4.7.1.1 Gestione attuale e Attività 99 4.7.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 99

4.7.2 SCHEDA 2 - Approfondimento strico-artistico 100 4.7.2.1 Cenni storici 100

4.8 Certosa di Farneta – Lucca 100 4.8.1 SCHEDA 1 101

4.8.1.1 Gestione attuale e Attività 101 4.8.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione 101

4.8.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 101 4.8.2.1 Cenni storici 101 4.8.2.2 Aspetti artistico-architettonici 102

V Conclusioni 103

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 7

Bibliografia 109

Sitografia 110

Ringraziamenti 111

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 9

Premessa Il presente volume è stato suddiviso in due parti, tra di loro complementari. Nella prima, dopo un’introduzione che illustra, seppure in maniera generale, il quadro storico in cui si colloca la realtà delle Certose in Italia e l’evidenziazione delle problematicità incontrate per la stesura di questo lavoro, si procede ad una trattazione che verte innanzitutto sulla delineazione dei tratti distintivi dell’Ordine Certosino, dalla sua fondazione, per opera di San Bruno nel 1084, sino ai nostri giorni. In tal modo si cerca di fornire uno spaccato sufficientemente completo degli aspetti peculiari che ordinano la vita dei Monaci e delle Monache che abbracciano la Regola; in un’analisi che si proponga di chiarire gli aspetti gestionali di un patrimonio così particolare, non si può prescindere, infatti, dalla contestualizzazione delle caratteristiche specifiche che disciplinano l’Ordine, dalla tipologia di impianto architettonico che regola la costruzione delle Certose, e, nel contempo, dalla comprensione delle dinamiche storiche che hanno portato alla situazione fortemente diversificata in cui questi antichi conventi versano oggi. La seconda parte é invece incentrata sull’analisi e l’elaborazione dei dati raccolti sul campo; l’obiettivo principale che si intende raggiungere è quello di fornire una panoramica sull’attuale gestione delle Certose italiane sia in termini di eremi religiosi che di patrimonio architettonico che viene ad essere considerato un interessante quanto mai unico fattore di attrattiva turistica. La ricerca si focalizzerà sull’analisi della gestione di questi luoghi suggestivi e sulla conservazione degli stessi. Sono stati presi in considerazione due elementi:

• La gestione della struttura in termini architettonici e di conservazione

• La gestione delle attività all’interno degli spazi. La trattazione partirà da una collocazione geografica delle strutture prese in esame, proseguirà con l’esposizione della metodologia adottata per il reperimento dei dati ed infine, procederà alla presentazione delle schede elaborate per ciascuna Certosa. Nelle Conclusioni sono stati analizzati i risultati di un’indagine conoscitiva condotta presso le Certose attive e vengono commentati i risultati in aggregato per dare un quadro complessivo dei modelli di

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Premessa 10

gestione delle risorse architettoniche aperte al pubblico e pertanto definibili turisticamente rilevanti.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 11

Introduzione In Italia sono presenti numerosi complessi monastici fondati dai seguaci di San Bruno da Colonia, ciascuno con la sua storia particolare di alterne fortune e complesse trasformazioni ma tutti di grande interesse storico e artistico, a buon diritto annoverati tra gli elementi di rilievo del patrimonio architettonico e culturale nazionale. La tradizione Certosina nel nostro Paese affonda le radici nel più remoto passato dell’Ordine, essendo attestata fin dagli albori della sua storia; il monastero di Santo Stefano, nell’attuale Calabria centro meridionale, oggi noto come Certosa di Serra San Bruno, fu fondato, infatti, da San Bruno nel 1091, appena sei anni dopo l’istituzione della Casa Madre, la Gran Certosa in Francia, e qui il Santo fondatore dell’Ordine trascorse gli ultimi anni della sua vita e fu sepolto, lasciando una preziosa eredità spirituale ai suoi seguaci e successori1. Il nuovo Ordine monastico si espanse in tutta l’Europa; il rigore della Regola, la vita dedita all’intima ricerca di Dio nella preghiera e nella meditazione, la connotazione fortemente evocativa delle Certose percepite come oasi di pace in mezzo alle turbolenze che agitavano il continente nel periodo medievale, fecero sì che le comunità Certosine proliferassero, anche grazie alla generosità di ricche personalità che, con munificenza, donarono all’Ordine terreni e beni per nuove fondazioni, raggiungendo nel XIV secolo la massima espansione. Agli inizi del XVI secolo si potevano contare 195 Certose sparse in tutta l’Europa. Nonostante l’anelito alla solitudine e all’estraniazione dal mondo per dedicare l’esistenza esclusivamente alla preghiera e alla contemplazione del Creatore, i Monaci e le Monache Certosini, tuttavia, non poterono sottrarsi alle complesse e travagliate vicende storiche che interessarono e coinvolsero, a volte in maniera violenta, nel corso dei secoli, la Chiesa Cattolica nella sua interezza. Per questo motivo, molte delle strutture, un tempo floride rocche della fede e della preghiera, nelle epoche successive hanno subito profonde trasformazioni, sia a livello strutturale, sia, ed è quello che più conta, per quanto riguarda la loro gestione e destinazione d’uso; molte delle strutture presenti in Italia, infatti, sono state alienate a 1 Questo monastero non fu mai giuridicamente legato alla Grande Chartreuse, e quindi all’Ordine Certosino, sino al 1515; anzi nel 1192 passò ai cistercensi sino, appunto al 1515.

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Introduzione 12

privati, altre sono state annesse alla demanio statale, altre, ancora non hanno perso la loro connotazione di sede religiosa, ma sono state affidate ad altri Ordini, alcune, infine, sono andate irrimediabilmente distrutte. Proprio per l’importanza che l’Ordine dei Certosini ha rivestito in tutta l’Europa per lunghi secoli, e grazie all’ingente patrimonio artistico rappresentato dalle Certose, esiste una letteratura molto vasta a cui, il lettore che voglia approfondire questi temi, potrà fare riferimento. In questa sede, la scelta metodologica per l’acquisizione delle notizie, oltre che mediante l’utilizzo dei classici canali bibliografici, si è avvalsa anche di un altro tipo di supporto, utilizzando il materiale presente nel web. Questa scelta è stata dettata dalla volontà di appurare quante e quali informazioni é possibile ottenere utilizzando uno strumento che sempre più si sta imponendo anche come fonte di ricerca, verificandone il grado di accessibilità. La scelta dei siti internet dai quali attingere notizie storiche ed artistiche sulle Certose italiane è stata orientata alla selezione di quei siti che potevano, almeno in linea di principio, essere considerati maggiormente attendibili: sito ufficiale dell’Ordine, siti ufficiali delle Certose (che siano state musealizzate in parte o in tutto, che siano state trasformate in Parrocchie, che ospitino uffici pubblici o sedi universitarie, infatti, molte di esse ne hanno uno), siti ufficiali dei Comuni e delle APT ecc2. I dati emersi evidenziano come non vi sia omogeneità nelle notizie che si possono ottenere da Internet per ciascuna Certosa, essendo molto diverse per estensione e per qualità le informazioni che ogni sito fornisce.

2 Sitografia e Bibliografia sono riportate alla fine del lavoro.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 13

I Le Certose e l’Ordine Certosino - Inquadramento storico3

Il nome “Certosa” deriva dal primo e più importante monastero dell’Ordine, la Grande Chartreuse, fondato da San Bruno nell’estate del 1084, nel Delfinato, la regione del versante occidentale delle Alpi a Nord della città di Grenoble, in una zona boschiva su di un pendio con un’altitudine media di 950 metri sul livello del mare, nel cuore del massiccio denominato all’epoca “Cartusia”.

1.1 Il fondatore dell’Ordine San Bruno nacque a Colonia, in Germania, verso il 1030, e si formò, sin da giovanissimo, presso la scuola della Cattedrale di Reims, della quale, nel 1056, fu nominato, dal vescovo Gervasio, Maestro ovvero Rettore dell’Università. San Bruno, tuttavia, sentiva fortemente il disagio di vivere in una città spesso coinvolta in scandali che non risparmiavano nemmeno gli esponenti più eminenti del clero e, nel 1076, a causa di un dissidio con il vescovo Manasse di Gournay, abbandonò i suoi incarichi presso la scuola e la cancelleria, costretto a rifugiarsi presso il conte Ebal di Roucy. In quegli anni, Bruno maturò la vocazione alla vita monastica, per soddisfare la quale si rivolse, insieme a sei suoi compagni, al vescovo di Grenoble, Ugo di Châteauneuf; il vescovo, ispirato da una visione onirica in cui sette stelle mostravano la via a sette pellegrini, offrì loro un luogo solitario nelle montagne della sua diocesi, accompagnandoli personalmente nel “deserto” di Chartreuse, luogo nel quale avrebbero trovato la solitudine desiderata e che avrebbe dato il nome all'Ordine. In questo territorio, nell’estate del 1084, cominciarono i lavori di costruzione dell’eremo, formato da poche capanne di legno che davano su un chiostro o portico dal quale si accedeva ai luoghi di riunione comunitaria: la chiesa, il refettorio, la sala del Capitolo.

3 La pubblicazione “Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia”, così come la pubblicazione “Best practices: esempi di riutilizzo e valorizzazione di strutture del patrimonio architettonico nazionale”, appartenenti allo stesso ambito d’analisi, è stata realizzata con il prezioso contributo di Emanuela Miceli.

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Inquadramento storico 14

Il 2 settembre dell’anno 1085 la chiesa, unica struttura edificata in pietra, fu consacrata dal vescovo Ugo sotto il patrocinio della Madonna e di Giovanni Battista. Dopo sei anni di vita solitaria, dedicati alla meditazione ed alla preghiera, Bruno fu convocato a Roma al servizio della Sede Apostolica, dal Papa Urbano II, che era stato suo allievo a Reims. I compagni di San Bruno ben presto si dispersero, essendo venuta meno la guida che li aveva condotti a quella vita. Tuttavia Bruno, benché si trovasse a Roma, riuscì a convincerli a non abbandonare la via del deserto e, sotto la guida di Landuino, da lui indicato come superiore, il gruppo si riunì di nuovo nell’eremo. Quando il pontefice fuggì da Roma, in seguito all'invasione dei territori pontifici dell'imperatore tedesco Enrico IV e l'antipapa Guiberto, Bruno si trasferì nel meridione d’Italia con la corte papale e, dopo aver rifiutato la carica di arcivescovo offertagli dai canonici di Reggio Calabria, poté finalmente assecondare la sua vocazione alla vita contemplativa e solitaria, lontana dai clamori della corte e della politica. Bruno, infatti, visse con disagio il periodo trascorso alla corte pontificia, essendo il suo animo abituato alla preghiera continua ed alla vita solitaria della Certosa; dopo pochi mesi trascorsi come consigliere del Papa, chiese ed ottenne da questi il consenso per fondare un nuovo eremo in Calabria, nei boschi limitrofi all’odierna Serra San Bruno, negli stati normanni all’epoca appena conquistati da Ruggero d’Altavilla. Il conte offrì un territorio nella località chiamata Torre, a circa 850 metri di altitudine, in quella che oggi è la Calabria centro meridionale, dove il Santo fondò l’eremo di Santa Maria mentre, a circa 2 chilometri più a valle, costruì il monastero di Santo Stefano per i Fratelli Conversi, nel luogo dove sorge l’attuale Certosa. In seguito, Bruno fece costruire delle case per gli operai ad una certa distanza dal monastero, per preservare la quiete e la solitudine della vita monastica; sorse così il primo nucleo del paese di Serra. Bruno trascorse nell’eremo di Santa Maria gli ultimi dieci anni della sua vita, durante i quali avvenne un incontro di grande importanza con Landuino, il successore che egli aveva designato come guida della comunità della Certosa francese. Nel 1101, poche settimane dopo la morte del conte Ruggero, si spegneva anche Bruno da Colonia, circondato dai confratelli che in lui avevano trovato la guida che li aveva condotti per la via della contemplazione e della solitudine. Nel 1514 il culto di Bruno fu autorizzato da Papa Leone X all’interno dell’Ordine, mentre, il 17 febbraio 1623, il Papa Gregorio XV estese il

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 15

culto di San Bruno alla Chiesa universale, da celebrarsi il giorno 6 ottobre nell'anno liturgico.

1.2 L’Ordine Certosino L’Ordo Cartusiensis, Ordine Certosino, è uno degli Ordini monastici più rigorosi della Chiesa cattolica. San Bruno fondò l’Ordine per rispondere all’intima esigenza di creare una piccola comunità dedita alla contemplazione e alla preghiera continua, lontano dagli affanni e dalle distrazioni terrene, sul modello della vita solitaria semi-eremitica dei Monaci anacoreti del Basso Egitto; egli ebbe il grande merito di dare alla piccola comunità di Certosa e a quella di Santa Maria del Bosco uno spirito e un orientamento che conferirono un carattere specifico all’Ordine Certosino, ma non redasse alcuna Regola monastica. Fu solo verso il 1127 che il quinto Priore della Grande Chartreuse, il Reverendo Padre Guigo, consegnò per iscritto le Consuetudines, cioè le Costumanze della Gran Certosa; questo fu il primo testo della Regola Certosina. Le regole erano molto austere: il cibo quotidiano era quasi sempre costituito da pane ed acqua e ai Monaci era vietato il consumo di carne; la veste era un saio di lana bianca; spesso si ricorreva a pratiche di mortificazione corporale come la flagellazione e l'uso del cilicio. Il cimitero era compreso nella cinta della Certosa e ospitava i corpi dei Monaci sepolti senza cassa nella nuda terra.

1.3 Padri, Conversi e Donati I chierici che aderiscono all’Ordine Certosino sono definiti “Padri”, i laici invece “Fratelli” o “Conversi”; entrambi si dedicano all’unione con Dio, ricercata nella solitudine, ma devono rispettare regole diverse. I Padri, o Monaci del chiostro, vivono nel silenzio e nella solitudine delle celle, separate le une dalle altre, perché la preghiera e la meditazione non siano disturbate; essi sono sacerdoti o futuri sacerdoti; i Fratelli Conversi, o Monaci laici, affiancano, alla vita di preghiera e contemplazione, il lavoro manuale in modo più rilevante di quello dei Padri, tanto all’interno del monastero quanto all’esterno (agricoltura, allevamento etc.) perché devono assicurare lo svolgimento di compiti pratici che sono necessari per il buon andamento del monastero. I vari posti di lavoro sono chiamati “obbedienze”. I Conversi che, un tempo, abitavano all’interno del “deserto” ma separatamente dai Monaci, oggi invece, condividono lo stesso monastero. Ai Conversi si sono aggiunti i “Donati”: al principio, operai aggregati al

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Inquadramento storico 16

convento e tenuti solo a partecipare ad alcune preghiere, in un secondo tempo Monaci con regole proprie (la loro assistenza agli Uffici, in modo particolare all'Ufficio della notte, è meno assidua, sono tenuti a recitare meno preghiere, etc.), non vincolati con voti ma che desiderano “donarsi” al monastero per servire Dio. Allo scadere di sette anni, possono impegnarsi definitivamente o continuare a rinnovare la loro scelta ogni tre anni. Le comunità Certosine nascono come raggruppamento di uomini in piccole comunità votate alla vita eremitica, tanto che spesso si parla di “famiglia Certosina”; per questo motivo il numero dei membri di ogni comunità Certosina è limitato. Le Consuetudines ne avevano fissato il numero a non più di 13 Monaci e 16 Conversi. A capo di ogni Certosa c'è il Priore, coadiuvato da ufficiali che egli stesso nomina; essi sono il Padre Vicario, il Padre Procuratore, il Padre Sacrista ed il Padre Maestro. Sotto l’autorità del Priore è posta tutta la comunità monastica; egli gestisce il patrimonio della Certosa soprattutto per il tramite del Padre Procuratore, il quale, delegato del monastero, stipula contratti, alle volte assistito dal frate Conrerius, cioè il Monaco posto a capo della abitazione dei Conversi (detta correria).

1.4 La vita dei Padri Oltre alla clausura del monastero, che coinvolge tutta la comunità monastica, ogni Padre vive la clausura della propria cella in cui trascorre la maggior parte della giornata, uscendo solo nelle occasioni previste dalla Regola; durante la giornata, i Padri si riuniscono tre volte nella chiesa, per il Mattutino, per la Messa conventuale e per i Vespri. La domenica e durante le festività cantano in coro tutto l’Ufficio, eccetto l'ora Prima e la Compieta. I Padri hanno una ricreazione nel pomeriggio ed, una volta la settimana, escono in “spaziamento” ovvero la passeggiata settimanale in cui è consentito parlare liberamente; lo spaziamento, di norma, dura tre o quattro ore e prevede che i Padri conversino passeggiando in coppie per favorire il confronto personale. Durante i pasti in refettorio è vietato parlare, i Monaci mangiano in silenzio mentre uno di loro legge dal pulpito le Sacre Scritture. Allo studio è attribuita grande importanza nell’Ordine, ma non è l’attività principale; il lavoro manuale viene considerato utile perché garantisce una salutare distensione fisica e, nello stesso tempo, consente ai Monaci di partecipare con umiltà alla condizione umana, così come fece Gesù. Il lavoro viene svolto nella solitudine della cella e, eccetto che per alcuni Padri che hanno mansioni specifiche -come il bibliotecario ed il sacrista -

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 17

consiste in attività di tipo artigianale come rilegatura, falegnameria, miniature, pitture d’icone etc.

1.5 La vita dei Fratelli Come già detto, anche i Fratelli, così come i Padri, ricercano Dio nella solitudine e nel silenzio, ma la loro vita è meno isolata nell’interno della cella, poiché devono garantire l’espletamento di alcuni compiti pratici necessari al monastero; tali occupazioni sono denominate “obbedienze”. Al mattino, sino alla Messa comunitaria, i Fratelli rimangono in cella. Durante la funzione, che prevede la partecipazione di tutta la comunità monastica, i Fratelli possono svolgere alcune funzioni liturgiche o partecipare al canto. Buona parte della mattinata viene dedicata dai Fratelli al lavoro. I compiti sono molti ed è necessario che ogni Fratello cambi spesso attività, lavorando sia all’interno sia all’esterno dell’edificio, sempre nei limiti imposti dalla clausura, preferibilmente da solo. Dopo il pranzo e l’Ufficio Divino, nel pomeriggio, il Fratello torna al lavoro che spesso è diverso da quello del mattino. Nel tardo pomeriggio egli rientra in cella per dedicarsi alla meditazione; qui rimane fino alla celebrazione dei Vespri che avviene in coro, e, dopo una cena leggera, e la recita dell’ultimo Ufficio della giornata, si corica presto per essere abbastanza riposato per la preghiera notturna. La domenica e durante le feste solenni, i Fratelli trascorrono più tempo in cella. Sono anche per loro momenti forti della vita comunitaria: partecipano con i Padri a tutti gli Uffici in chiesa, al pranzo in refettorio e alla ricreazione comune. Infine, ogni mese hanno uno spaziamento.

1.6 Le Monache Certosine Verso il 1145 le Monache del monastero di Prébayon, in Provenza, decisero di abbracciare la Regola dei Certosini adottando le Consuetudines e furono accolte nell'Ordine da Antelmo, Priore di Certosa e futuro santo. Nacque così il ramo femminile dell’Ordine che formò con i Monaci un unico Ordine con lo stesso Ministro Generale4. Nel corso dei secoli, il ramo femminile dell'Ordine, così come quello maschile, dovette affrontare momenti difficili nella sua storia. Nel 1794, a seguito della Rivoluzione Francese, tutte le Certose femminili erano scomparse, ma nel 1816, le poche Monache sopravvissute diedero di

4 Il ramo femminile dell’Ordine ebbe comunque una consistenza sempre assai limitata.

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nuovo vita all'Ordine, che attualmente conta 5 Certose e l'intenzione di una nuova fondazione. Sino al 1970, le Monache hanno avuto una parte di vita in comune più prolungata rispetto a quella del ramo maschile, poiché si riteneva che il temperamento femminile avesse più difficoltà a sopportare il rigore della vita in solitudine; tuttavia, a seguito delle insistenze delle Monache, che chiedevano di poter aderire appieno alla vita Certosina, si è deciso di equiparare i due rami che, infatti, oggi conducono una vita del tutto simile. Anche nel ramo femminile dell’Ordine Certosino vi sono Monache del chiostro, dedite in modo più speciale alla solitudine della cella, Monache Converse e Donate. La formazione alla vita Certosina ha una durata di circa otto anni e segue le stesse tappe che percorrono i Monaci. In ogni Certosa femminile si trovano uno o due Padri Certosini che assicurano, secondo il rito dell’Ordine, le funzioni sacerdotali: celebrazione dell'Eucaristia e Ministero della Confessione. I Padri solitamente sono affiancati da uno o due Fratelli, deputati a svolgere i lavori che non possono essere compiuti dalle Monache. Padri e Fratelli risiedono in un edificio a parte. I due rami dell’Ordine, maschile e femminile, si ispirano entrambi al carisma di San Bruno; essi formano insieme un’unica famiglia monastica, anche se ogni ramo ha un’organizzazione propria, un suo particolare governo, con un Capitolo Generale separato, presieduto dal Priore di Certosa, che è nel contempo Ministro Generale dell’Ordine.

1.7 Architettura delle Certose L’impianto architettonico delle Certose rispecchia normalmente una tipologia che si è mantenuta inalterata nel corso dei secoli: un grande chiostro che costituisce il centro funzionale del monastero, sostenuto da un colonnato nei paesi temperati, chiuso con finestre nei paesi freddi, che svolge la funzione di riparare dalle intemperie e di consentire l’accesso alle zone comunitarie del monastero: un secondo chiostro, detto chiostro piccolo, intorno al quale sono disposti la chiesa, la sala del Capitolo e il refettorio; e inoltre, biblioteca, dispensa, cucina, foresteria etc. Nello spazio centrale del grande chiostro trova posto il cimitero della comunità. Attorno al chiostro sono disposte le celle dei Padri, le cui porte s'affacciano, ad intervalli regolari, lungo i suoi corridoi. Gli alloggi per i Conversi, invece, normalmente si trovano lontano da quelli dei Padri, poiché essi trascorrono molto tempo al di fuori delle celle e conducono una vita meno solitaria.

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All’interno della Certosa, è ovunque percepibile l’invito alla preghiera. Il cuore di ogni Certosa è la chiesa monastica, situata sempre interamente all’interno della clausura, in quanto è il luogo destinato ad accogliere unicamente la comunità religiosa che vive nel monastero. Essa è, secondo lo schema tradizionale più diffuso, a un’unica navata, di forma allungata orientata da Ovest ad Est, priva del transetto e divisa in tre zone: coro dei Conversi, coro dei Monaci, presbiterio. Ogni monastero è dotato di una parte rustica nella quale sono collocati i locali destinati ai servizi necessari alla comunità come stalle, forno, torchio ecc.

1.8 Vicende storiche dell’Ordine Dopo la fondazione avvenuta in Francia, nel 1084, ad opera di San Bruno, l’Ordine dei Certosini cominciò ad espandersi in tutta Europa con un ritmo crescente, che raggiunse l’apice a partire dal XIV secolo. All’inizio del secolo XVI vi erano ben 195 Certose in tutta l’Europa. Dopo questo periodo di massima espansione, tuttavia, ebbe inizio una costante e, a volte, violenta riduzione, inizialmente a causa delle guerre di religione, in seguito per le soppressioni di Giuseppe II, della Rivoluzione Francese e di Napoleone; nel 1810 l’Ordine era quasi del tutto scomparso. Trascorso il periodo napoleonico, l’Ordine cominciò lentamente a riprendersi, anche se non mancarono le difficoltà dovute a nuove soppressioni ed incameramenti delle proprietà, principalmente in Italia ed in Francia, dove le leggi antireligiose, nel 1903, costrinsero i Monaci Certosini di quella nazione all’esilio; solo nel 1940, la comunità monastica poté rientrare nella Gran Certosa, Casa Madre di tutto l’Ordine Certosino. Nel corso della sua storia secolare, l’Ordine ha pagato spesso la sua fedeltà alla Chiesa e al Vangelo con un pesante tributo di sangue; tra i martiri Certosini sono da ricordare i diciotto Monaci inglesi uccisi all’epoca dello scisma di Enrico VIII; i Monaci di Ruremonde nei Paesi Bassi, trucidati dagli Ugonotti; i quarantasei Certosini martirizzati durante la Rivoluzione Francese; i sei Monaci uccisi nel 1936, in piena guerra civile spagnola, durante il saccheggio della Certosa di Montalegre ed infine i Monaci di Farneta, dodici dei quali furono uccisi e molti deportati dalle SS, nel 1944, durante la ritirata delle truppe naziste, colpevoli di aver offerto protezione e rifugio ad ebrei e perseguitati politici. Negli ultimi decenni, l’Ordine ha dato vita a fondazioni anche al di fuori dell’Europa e attualmente esistono 16 Certose maschili in Europa, una in USA, una in Brasile, una recente fondazione in Argentina (1997) e una

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Inquadramento storico 20

ancora più recente (1999) in Corea. Ci sono pure 5 Certose femminili in Italia, Spagna e Francia, e l’intenzione di fondare una nuova Certosa. Tutti coloro che aspirano ad entrare nell’Ordine compiono almeno 3 dei 7 anni di noviziato nella Casa Madre di Grenoble, che è abitata da una trentina di Monaci.

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1.9 Il governo dell’Ordine L'autorità suprema dell'Ordine Certosino appartiene al Capitolo Generale, che si riunisce ogni due anni presso la Gran Certosa. Durante il Capitolo, detto Definitorio, otto Monaci eletti dai Priori delle Certose, formano una sorta di organo esecutivo e, l'Assemblea plenaria, l'organo legislativo. Fra un Capitolo e l'altro, l'Ordine è governato dal Priore della Gran Certosa, il “Reverendo Padre”, assistito da un Consiglio. Altro elemento molto importante, nel governo dell'Ordine, è l'istituzione dei Visitatori: ogni due anni, due Padri, di solito Priori, fanno visita a ciascuna Certosa. Poiché San Bruno non lasciò una regola scritta, fu Guigo, quinto Priore della Grande Certosa a redigere per iscritto le Consuetudini in uso; questo è il primo testo scritto della Regola Certosina. In seguito sono state necessarie aggiunte o modifiche per adattarsi alle nuove circostanze storiche e ambientali. La Regola di vita dei Certosini è chiamata Statuti. Dopo il Concilio Vaticano II sono stati redatti, nel 1971, gli “Statuti rinnovati dell’Ordine Certosino”. Questi sono stati nuovamente revisionati per renderli conformi al nuovo codice di Diritto Canonico del 1983, e approvati dal Capitolo Generale del 1987 col nome di “Statuti dell’Ordine Certosino”.

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II L’indagine conoscitiva

2.1 La distribuzione dell’Ordine in termini geografici La ricostruzione di un quadro completo della presenza Certosina in Italia presenta notevoli difficoltà, poiché non esiste un criterio unitario con il quale si possano identificare i complessi monastici riferibili a questo particolare Ordine religioso: esistono, infatti, toponimi che riconducono all’esistenza di Certose in località dove in realtà esse non furono mai presenti; fondazioni alle quali non è seguita la realizzazione effettiva dell’impianto monastico (è questo, ad esempio, il caso delle Certose di Catania e di Brescia, per le quali si ha dalle fonti la notizia della fondazione, ma non si riscontrano evidenze materiali); antiche grangie erroneamente definite Certose dalle popolazioni locali; strutture utilizzate per brevi periodi da comunità Certosine in casi particolari in cui si dovettero allontanare dalla Certosa vera e propria per i più disparati motivi e che, pur non essendolo in senso stretto, hanno conservato nella memoria collettiva il nome di “Certosa”; strutture appartenenti ad altri Ordini religiosi dove i Certosini non risiedettero mai ma che, per qualche motivo sono ricordate come Certose5. In una situazione così diversificata ed eterogenea appare dunque evidente come un tentativo di fornire un elenco esaustivo di tutte le realtà che, a vario titolo, sono conosciute o ricordate con l’appellativo di Certose, sia di difficile realizzazione. Tramite l’analisi di fonti bibliografiche e sitografiche e grazie all’aiuto prezioso di Giovanni Leoncini, Professore Associato di Storia dell’Architettura presso l’Università di Firenze ed esperto della storia e dell’architettura delle Certose in Italia, è stato ricostruito, con buona approssimazione, il panorama della presenza Certosina in Italia, individuando 47 strutture certamente riferibili all’Ordine. Le 47 strutture prese in esame sono così dislocate sul territorio nazionale: Piemonte 13 attestazioni

• Certosa di Collegno (Torino) • Certosa di Montebenedetto (Torino)

5 E’ questo, ad esempio, il caso del complesso monastico di Paradigna, vicino Parma, che non fu edificato dai Certosini bensì da maestranze benedettine con impianto cistercense. L’appellativo di Certosa è stato erroneamente attribuito al monastero già in epoca antica e si mantiene tutt’oggi.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 23

• Certosa di Banda (Torino) • Certosa della Losa (Torino) • Certosa di Buonluogo (Torino) • Certosa di Avigliana (Torino) • Certosa di Giaveno (Torino) • Certosa di Riva di Pinerolo (Torino) • Certosa di Monte San Pietro (Valmanera-Asti) • Certosa di Casotto (Cuneo) • Certosa di Pesio (Cuneo) • Certosa di Mombracco (Cuneo) • Certosa di Belmonte (Cuneo)

Lombardia 4 attestazioni

• Certosa di Brescia • Certosa di Garegnano (Milano) • Certosa di Pavia • Certosa di Mantova

Trentino Alto Adige 1 attestazione

• Certosa degli Angeli (Val Senales-Bolzano) Veneto 4 attestazioni

• Certosa di Vedana (Belluno) • Certosa del Montello (Treviso) • Certosa di Venezia • Certosa di Vigo d’Arzere (Padova)

Liguria 5 attestazioni

• Certosa di Rivarolo (Genova) • Certosa della Cervara (Genova) • Certosa di Loreto (Savona) • Certosa di Albenga (Savona) • Certosa di Dego (Savona)

Emila Romagna 3 attestazioni

• Certosa di Parma • Certosa di Ferrara • Certosa di Bologna

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L’indagine conoscitiva 24

Toscana 7 attestazioni

• Certosa Farneta (Lucca) • Certosa di Galluzzo (Firenze) • Certosa di Calci (Pisa) • Certosa della Gorgona (Pisa) • Certosa di Pontigano (Siena) • Certosa Maggiano (Siena) • Certosa di Belriguardo (Siena)

Lazio 3 attestazioni • Certosa di S. Croce in Gerusalemme (Roma) • Certosa di Santa Maria degli Angeli (Roma) • Certosa di Trisulti (Frosinone)

Molise 1 attestazione

• Certosa di Guglionesi (Campobasso) Campania 3 attestazioni

• Certosa di San Martino (Napoli) • Certosa di San Giacomo (Capri-Napoli) • Certosa di San Lorenzo - Padula (Salerno)

Basilicata 1 attestazione

• Certosa di Chiaromonte (Potenza) Calabria 1 attestazione

• Certosa di Serra San Bruno (Vibo Valentia) Sicilia 1 attestazione

• Certosa di Catania Le 47 strutture individuate sono dislocate in 13 Regioni; la tabella che segue mostra il numero di Certose presenti in ognuna di esse:

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 25

Tab. 1 - Distrib. Geografica delle Certose in Italia. Valori assoluti e distr. % Regione Numero Certose Val ass Val.% Piemonte 13 27,7 Lombardia 4 8,5 Trentino Alto Adige 1 2,1 Veneto 4 8,5 Liguria 5 10,6 Emila Romagna 3 6,4 Toscana 7 14,9 Lazio 3 6,4 Molise 1 2,1 Campania 3 6,4 Basilicata 1 2,1 Calabria 1 2,1 Sicilia 1 2,1 Totale 47 100,0

Fonte: bibliografia, sitografia, Prof. Leoncini

La regione con il maggior numero di complessi monastici Certosini è il Piemonte, circostanza questa che, con probabilità, è da attribuire alla vicinanza con la Casa Madre dell’Ordine vicino Grenoble e alla conformazione geo-morfologica di questi territori che ben si addice ai dettami della Regola per la scelta dei luoghi dove impiantare una Certosa. Nel grafico successivo si osserva la dispersione sul territorio italiano considerando la presenza Certosina per zone geografiche (Nord, Centro Sud). Attraverso la rappresentazione grafica, si evidenzia come la presenza più rilevante di monasteri Certosini si trovi nel Nord Italia, con l’attestazione di 30 conventi Certosini; al Centro ne sono presenti 11, mentre 6 sono nel Sud.

Graf. 1 - Distrb. % delle Certose per zone geografiche d’Italia

Nord-Est17,0%

Nord-Ovest46,8%

Centro 21,3%

Sud14,9%

Fonte: bibliografia, sitografia, Prof. Leoncini

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L’indagine conoscitiva 26

2.2 La metodologia Delle 47 strutture individuate sul territorio nazionale, si è pensato di prenderne in esame 29. Le altre 18, infatti, non forniscono elementi sufficienti per poter condurre una ricerca sulla loro gestione attuale: 2 (Catania e Brescia) furono fondate ma la costruzione non ebbe mai inizio; 9 (Albenga, Mombracco, Venezia, Buonluogo, Avigliana, Belmonte, Mantova, Montello, Guglionesi, Chiaromonte) sono state distrutte o fortemente snaturate da rimaneggiamenti nel corso dei secoli; 4 non furono mai completate ed in parte sono andate distrutte (Val Senales - che per altro non faceva parte delle Provincie Italiane dell’Ordine ma di quella tedesca detta Alemaniae Inferioris -, Vigo d’Arzere, S. Croce in Gerusalemme, Gorgona), 1 (Cervara, che fu solo una casa di rifugio -1903-1936- per i Certosini espulsi dalla Francia) non fu mai costruita secondo l’impianto delle Certose; 1 (Riva di Pinerolo) della quale non si è riuscito a rintracciare un recapito telefonico. Per l’acquisizione delle informazioni necessarie sull’attuale gestione delle 29 strutture selezionate, si è deciso di condurre una ricerca “dal basso”, che partisse, cioè, dal confronto diretto con i gestori delle Certose o, comunque, con delle persone operanti all’interno delle strutture prese in considerazione. Si è pensato, pertanto, di utilizzare il metodo dell’intervista, attraverso un questionario. Nella definizione dell’approccio metodologico è stato fatto un distinguo tra le Certose che non realizzano eventi ed iniziative (circostanza legata spesso al fatto che le strutture ospitano dei Monaci che non hanno contatti con l’esterno) e Certose aperte al pubblico, spesso di proprietà privata o pubblica. Sono stati preparati, quindi, due questionari differenti: uno di natura più generale ed uno più approfondito con domande inerenti alla gestione delle attività culturali. Nel contattare le strutture, si è preventivamente appurato se venivano intraprese delle iniziative di carattere multidisciplinare (al di là, cioè, delle attività religiose) ed in base alla risposta è stato somministrato il questionario generale o quello più specifico. Le domande vertevano su quattro grandi aree tematiche:

• Informazioni concernenti la struttura • Informazioni sulla gestione delle attività • Attività di comunicazione • Eventuali attività di merchandising

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 27

I soggetti gestori delle Certose sono stati contattati telefonicamente ed il questionario somministrato, a seconda dei casi, attraverso interviste telefoniche, via fax o via mail (secondo la disponibilità incontrata). Il reperimento delle informazioni relative ai recapiti e i risultati ottenuti tramite l’erogazione dei questionari sono stati articolati: da un lato è stato difficile reperire i riferimenti perché non pubblicati e si è fatto ricorso alla tecnica dello snowball 6(si è, cioè, proceduto a stilare una lista parziale di contatti, fino al raggiungimento di un campione attendibile di ricerca), dall’altro alcuni enti preposti alla gestione non hanno acconsentito a partecipare alla ricerca. Da questa indagine è emerso che le Certose non sono regolate a livello nazionale da un’unica normativa e che presentano delle situazioni differenziate. Alcune sono proprietà dell’Ordine e vengono gestite direttamente dai Monaci e dalle religiose che vi risiedono. Altre ospitano Ordini religiosi che non hanno niente a che vedere con la vita Certosina e che si sono insediati in seguito ad eventi storici diversificati. Alcune sono di proprietà privata, altre ancora appartengono alle Università italiane che le usano per i propri uffici o per le biblioteche. In alcuni casi le strutture sono di proprietà statale e vengono utilizzate come sedi di uffici provinciali o comunali. In un caso è stato appurato il coinvolgimento dell’Azienda Sanitaria Locale, essendo emersi dati che indicano, per alcuni spazi della Certosa, la destinazione d’uso a reparto psichiatrico.

2.3 Il questionario ed i risultati dell’indagine Su 29 strutture contattate, 16 hanno aderito all’indagine, accettando di compilare il questionario. Di queste, ad 8 è stato somministrato il questionario più specifico sulle attività culturali e, ad altrettante, il questionario generale. Da ciò si evince un primo risultato che mostra che le Certose in cui si svolgono attività che possono essere definite culturali, sono in ugual numero di quelle in cui si realizzano iniziative di carattere religioso e spirituale, legate alla vita monastica.

6 Lo snowball sampling è un metodo di campionamento che consiste nel selezionare casualmente n unità ad ognuna delle quali si chiede di indicare k unità che appartengono alla stessa popolazione.

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L’indagine conoscitiva 28

Le Certose che hanno risposto al questionario sono le seguenti: Certosa di Montebenedetto (Torino) Certosa di Collegno (Torino) Certosa di Monte San Pietro (Valmanera-Asti) Certosa di Casotto (Cuneo) Certosa di Pesio (Cuneo) Certosa di Garegnano (Milano) Certosa di Vedana (Belluno) Certosa di Rivarolo (Genova) Certosa di Loreto (Savona) Certosa di Bologna Certosa Farneta (Lucca) Certosa di Galluzzo (Firenze) Certosa di Calci (Pisa) Certosa di San Pietro – Pontingano (Siena) Certosa di Padula (Salerno) Certosa di Serra San Bruno (Vibo Valentia)

Quelle in cui si realizzano attività culturali sono: Certosa di Montebenedetto (Torino) Certosa di Casotto (Cuneo) Certosa di Bologna Certosa di Galluzzo (Firenze) Certosa di Calci (Pisa) Certosa di San Pietro – Pontingano (Siena) Certosa di Padula (Salerno) Certosa di Serra San Bruno (Vibo Valentia)

Il grafico seguente mostra il numero di Certose in cui si svolgono le seguenti attività:

• Attività religiose • Attività sociali • Attività culturali • Categoria “altro” comprendente attività differenti, come quella

dell’agricoltura o dell’artigianato

Graf. 2 - Distrib. % delle attività svolte nelle Certose Italiane

attività religiose31,0%

attività sociali10,3%attività culturali

37,9%

altro20,7%

Fonte: elaborazione dati questionario

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L’analisi del campione, precedentemente illustrata, permette di avere una fotografia significativa delle Certose italiane; il campione è, infatti, rappresentativo del 55%. Ad ognuna delle Certose prese in esame nel presente lavoro, è dedicato un paragrafo, composto di due schede: la prima contenente l’elaborazione dei dati raccolti sul campo, la seconda, a giusto completamento di un inquadramento generale del fenomeno Certosino in Italia, é una scheda di approfondimento che tratteggia la storia di questi monasteri, evidenziandone gli aspetti di particolare pregio artistico e architettonico, e le particolari vicissitudini storiche che hanno segnato il destino di ciascuna Certosa sino ai nostri giorni; l’estensione ed il grado di approfondimento di queste ultime schede, dipende dalla quantità del materiale che si è riusciti a rintracciare per ogni singolo caso. Per quanto riguarda i dati analitici sulla gestione delle Certose, in base delle risposte date, sono compilate delle schede uguali per tutti i casi analizzati, in modo da facilitare il confronto usando dei parametri “standard”, come base per un eventuale approfondimento da parte del lettore. Il lavoro intende fornire un approccio schematico alla conoscenza di queste strutture e, analogamente a quanto detto per le schede di approfondimento storico-artistico, anche in questo caso le schede presentate hanno un’estensione ed un livello di informazione diverso da caso a caso, essendo state realizzate tramite compilazione di questionari e, pertanto, strettamente vincolate alla disponibilità nel fornire informazioni più o meno approfondite, del soggetto intervistato per ogni singola struttura. Come già detto, i questionari che sono stati elaborati, sono di due tipi: uno generale ed uno più specifico ed approfondito, pensato per quelle Certose che svolgono attività di tipo culturale7; la restituzione delle schede del questionario generale è stata articolata in due voci riassuntive di tutte le domande poste: Gestione attuale e Attività, Suggerimenti per il miglioramento della gestione. Le schede elaborate per le strutture che svolgono attività culturali, invece, comprendono le seguenti voci: Gestione attuale e Attività, Comunicazione e Merchandising, Suggerimenti per il miglioramento della gestione.

7 Entrambi i questionari sono riportati in allegato

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 30

III Descrizione della gestione attuale delle Certose in Italia. Schede delle Certose in cui si realizzano attività culturali

3.1 Certosa di Montebenedetto – Torino

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 31

3.1.1 SCHEDA 1 3.1.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto recentemente. La Certosa è proprietà della Regione Piemonte ed è adibita essenzialmente a due tipi di attività:

• Attività culturali, gestite dalla società Trevalli Ambiente e Sviluppo

• Attività agricole, gestite dagli agricoltori locali Le attività culturali vengono svolte in maniera costante durante tutto l’arco dell’anno. Il patrimonio immobiliare viene gestito dall’Ente parco. Nella struttura è ammesso l’accesso al pubblico in maniera gratuita. La Certosa è visitabile al 50%. La struttura gode di sovvenzioni esclusivamente pubbliche, destinate alla salvaguardia del patrimonio architettonico. La gestione degli spazi è organizzata in parte dal gestore ed in parte data in affitto per manifestazioni organizzate da esterni. Gli spazi che utilizzati si trovano all’interno dell’antica chiesa e sono:

• Una sala convegni; • Delle piccole stalle riusate per esposizioni temporanee e

mostre; • Una sala proiezioni di 99 posti.

La gestione delle attività è organizzata internamente ed avviene grazie a contributi pubblici; nella programmazione vengono coinvolti gli Enti Locali. Le principali attività sono rappresentate da visite guidate, concerti, conferenze, proiezioni ed, inoltre, sono stati ristrutturati i locali per la foresteria. I servizi interni riguardano soprattutto le visite guidate, mentre sono affidati ad enti esterni le attività di alpeggio. Negli ultimi tre anni (2004/2005/2006) si è registrata una media di circa 3.000 visitatori l’anno, senza variazioni rilevanti da un anno all’altro, così come mostrato nel grafico seguente.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 32

Graf. 3 - Numero visitatori della Certosa di Montebenedetto negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori Assoluti.

3.0502.950

3.000

2004 2005 2006

Fonte: Ente Parco Orsiera

La grande maggioranza di questi (95%) è rappresentata da italiani e solo una minima parte (5%) da visitatori stranieri.

Graf. 4 – Distr.% dei visitatori della Certosa di Montebenedetto distinti per Nazionali ed Esteri negli anni 2004, 2005 e 2006

Italiani95,0%

Stranieri5,0%

Fonte: Ente Parco Orsiera

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 33

Il grafico seguente ci dà la visualizzazione del target di visitatori.

Graf. 5 – Visitatori della Certosa di Montebenedetto distinti per target. Valori %.

Famiglie/Individuali70,0%

Scolaresche30,0%

Fonte: Ente Parco Orsiera

La percentuale maggiore di visitatori appartiene al target “famiglie/individuali” che si distribuiscono nel 70% delle presenze. Il restante 30% è rappresentato dalle scolaresche. La maggiore affluenza si ha in occasione dei concerti, sia di musica classica, sia di musica etnica locale. Il calendario degli eventi è stabilito direttamente dal gestore e non ha una cadenza definita.

3.1.1.2 Comunicazione e Merchandising

L’ufficio stampa è gestito internamente. I principali strumenti di comunicazione sono:

• Brochure/volantini/manifesti • Spot televisivi presso alcune emittenti locali • Sito internet a cui si accede tramite il sito del Parco in

occasione delle manifestazioni più rilevanti (www.parco-orfiera.it).

Il sito internet viene costantemente aggiornato ed offre informazioni anche sull’offerta turistica e culturale del territorio. La Certosa non svolge una vera e propria attività di merchandising e si limita a vendere prodotti agricoli privi di marchio.

3.1.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

La Certosa è strettamente legata all’Ente Parco e, a livello economico, gode di un buon sostegno da parte della Regione Piemonte. La lamentela raccolta riguarda la poca notorietà del Parco che genera una scarsa appetibilità per gli sponsor importanti, che non ritengono proficuo legare

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 34

la propria immagine a quella della Certosa, con la sponsorizzazione degli eventi. Il recente passaggio di proprietà della struttura, da privati alla Regione, rende necessaria una riorganizzazione funzionale degli spazi per migliorare la fruizione. C’è la volontà di creare un centro studi insieme all’Università per realizzare degli scavi archeologici nella Certosa e adibire alcuni locali a laboratori.

3.1.2 SCHEDA 2 Approfondimento storico-artistico 3.1.2.2 Cenni storici

Nell’Europa medievale, la Val di Susa costituì una delle più importanti vie di transito e, pertanto, si configurava come crocevia di influssi e correnti di pensiero in cui, sin dall’Alto Medioevo, si erano andati consolidando diversi modelli di esperienza eremitico-religiosa. Il primo luogo scelto come dimora dai Monaci Certosini fu Losa, zona impervia ed isolata ubicata sopra Susa. La Certosa sorse su alcuni terreni donati all’Ordine tra il 1189 ed il 1191 da Tommaso I di Savoia. Nel 1197 i Monaci di Losa chiesero ed ottennero l’autorizzazione a trasferire la propria sede nella zona di Montebenedetto, nei pressi di Villarfocchiardo. Questo avvenimento segnò l’inizio di un decollo economico estremamente favorevole, che si protrasse per tutto il XIII secolo. Tuttavia, la vita della Certosa fu relativamente breve, superando di poco i due secoli e mezzo di storia, dal 1198, quando i Certosini provenienti da Losa si insediarono a Montebenedetto, sino al 1468-1473, quando i Monaci furono costretti ad abbandonare il complesso a causa di inondazioni e smottamenti provocati dal Rio della Sega e dal Rio delle Fontanelle, che scorrevano ai suoi lati. Nel 1498, i Monaci di Montebenedetto furono autorizzati a trasferirsi a Banda; questo nuovo spostamento segnò l’inizio di un periodo di crisi economica, aggravata anche dalle vicende belliche che coinvolsero la Valle di Susa nel XVI secolo. Nel 1642, il cenobio di Banda fu soppresso e i Monaci dovettero cercare una nuova collocazione; fallito un primo tentativo di sistemazione nella sede dell’antico monastero di Novalesa, grazie all’intervento della duchessa Cristina di Savoia, i Monaci di Montebenedetto ottennero di insediarsi a Collegno, dove cominciò un nuovo periodo di splendore. Qui i Certosini rimasero sino al 1855, quando fu decretata, per volere regio, la soppressione delle comunità religiose.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 35

3.1.2.3 Aspetti artistico-architettonici La Certosa di Montebenedetto è un caso di particolare interesse nell'ambito della storia Certosina e, più ampiamente, nella storia delle strutture monastiche alpine; essa, infatti, è tra le prime fondazioni dell’Ordine in Italia, ma, essendo stata abbandonata in epoca basso-medievale, non ha subito quelle trasformazioni organizzative e planimetriche che hanno caratterizzato le altre Certose all'epoca della Controriforma. I resti della Certosa, pertanto, restituiscono il quadro fedele di una struttura rimasta invariata dalla metà del XV secolo. All’edificio della Certosa si accompagnava, secondo la tipologia tipica dell’Ordine, la Correria, posta a circa un chilometro più a valle. Il fulcro di tutta la struttura è naturalmente la chiesa che, dopo i restauri, si presenta intatta con la navata unica, illuminata da tre finestre per lato, profondamente strombate e ad arco a sesto pieno. Come spesso si ritrova in strutture Certosine, l’abside è piatta e non semicircolare; nella facciata, si apre una grande finestra romanica e una massiccia porta con stipiti lapidei. Originariamente, l’ingresso era preceduto da un portico. Il pavimento della chiesa presenta abbondanti tracce di cocciopesto posto su di una preparazione di basoli di forma irregolare. A Montebenedetto, la casa del Priore doveva essere già costruita verso la fine del XIV secolo, come mostra la bella bifora in facciata. Per quanto riguarda il grande chiostro, le celle si trovavano sicuramente intorno all'area ad est della chiesa e sul lato nord, mentre non si ha certezza per il lato sud, andato completamente distrutto.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 36

3.2 Certosa di Casotto - Cuneo

3.2.1 SCHEDA 1 3.2.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è stato compiuto recentemente, ma ha riguardato il Castello Reale di Casotto e non i ruderi della Certosa. La struttura è ormai adibita esclusivamente ad attività culturali e vi si svolgono visite guidate e manifestazioni. Il patrimonio immobiliare è gestito dalla Regione Piemonte.

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L’accesso al pubblico è consentito a pagamento (3,00 euro biglietto intero; 2,00 euro biglietto ridotto). La Certosa è interamente visitabile, anche se sopravvivono ormai poche rovine (resti delle mura). Per quel che concerne le infrastrutture, la Certosa gode di finanziamenti esclusivamente pubblici. La gestione degli spazi è organizzata direttamente dal gestore. La struttura dispone di due sale per esposizioni temporanee e mostre. Il castello è accessibile ai diversamente abili solo in parte (il piano terra, dove sono presenti anche idonei servizi). La gestione delle attività è affidata alla Comunità Montana Alta Val Tanaro-Garessio. Le attività sono realizzate esclusivamente con l’ausilio di sovvenzioni pubbliche. Il soggetto gestore è stato incaricato direttamente dalla Regione Piemonte. La Certosa di Casotto, di cui non rimangono che pochi resti, fa parte del Castello Reale di Casotto, una delle residenze sabaude della Regione Piemonte. Attualmente, il complesso è visitabile con l’accompagnamento della guida. Periodicamente (dalla primavera all’autunno) vi si svolgono alcune manifestazioni culturali come mostre d’arte e concerti. Il modello di gestione si avvale sia di uno staff interno, sia di uno esterno, a seconda delle attività realizzate. I servizi esterni sono legati soprattutto alle visite guidate. Non sono stati forniti dati relativi al numero dei visitatori si sa che la maggior parte di essi è italiana, mentre una minima parte (1%) è rappresentata da turisti stranieri. Il grafico seguente mostra i dati sul target di visitatori in percentuale:

Graf. 6 - Visitatori della Certosa di Casotto distinti per target. Valori %.

Famiglie50,0%

Individualii/Terza età20,0%

Scolaresche30,0%

Fonte: Comunità Montana Alta Val Tanaro-Garessio

Rispetto al target, la maggior parte del flusso di visitatori è formata da famiglie (50%), i visitatori individuali ed i gruppi della terza età si

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 38

attestano intorno ad una percentuale del 20% ciascuno, mentre il 10% è rappresentato dalle scolaresche. La massima affluenza si registra in occasione del Ferragosto o in particolari occasioni in cui l’ingresso è gratuito. Riscuotono molto successo le manifestazioni che prevedono degustazioni eno-gastronomiche. Il calendario degli eventi è stabilito direttamente dal gestore.

3.2.1.2 Comunicazione e Merchandising

L’ufficio stampa è esterno per alcune manifestazioni e ciò permette una buona sinergia della Certosa con gli operatori turistici e gli Enti Locali, che vengono coinvolti nella programmazione di alcuni eventi. In generale, la Certosa usa i seguenti mezzi per la promozione della propria immagine:

• Brochures/volantini/manifesti • Inserti pubblicitari

La Certosa non svolge attività di merchandising.

3.2.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Le principali necessità per ottimizzare la gestione della Certosa sono il completamento dei lavori di restauro attualmente in corso e l’incremento della pubblicità. La principale caratteristica che dovrebbe essere sfruttata è l’ubicazione dell’immobile in un ambiente naturale di particolare fascino.

3.2.2 SCHEDA 2 Approfondimento storico-artistico 3.2.2.1 Cenni storici

Tra l’890 ed il 980, in Liguria e in Val Tanaro imperversavano le incursioni dei Saraceni; un gruppo di eremiti, contemporaneamente alla fondazione dell’Ordine dei Certosini nel deserto della Chartreuse, decise di ritirarsi in un luogo isolato, lontano dalle scorrerie saracene e, nel contempo, adatto alla contemplazione ed alla preghiera; il luogo scelto era la Val Casotto. In principio, gli eremiti vissero in misere capanne, sparse tra i boschi, da cui derivò il nome della valle, “Vallis Casularum” o “De Casoto”, in seguito, essi eressero una cappella comune nel luogo dove oggi sorge la Correria, ed un chiostro un po’ più a monte, dove sorse la Certosa. Benché sia difficile collocare cronologicamente questi eventi, sembra che San Bruno, di passaggio nella Valle nel 1090, quando il pontefice Urbano II lo aveva chiamato presso la sua corte a Roma, trovò

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 39

gli eremiti già riuniti in una comunità attorno alla Chiesetta della Correria; egli dettò loro le norme per costituire una comunità Certosina. L’archivio della Certosa andò distrutto, a causa di incendi, più volte nel corso dei secoli; per questo motivo, sono pochi i documenti che sono giunti ad oggi e che gettano luce sulla vita della Certosa; uno di questi, informa che i Certosini di Casotto, nell’anno 1173, si recarono in Val Pesio per fondare l’omonima Certosa. I Certosini di Val Casotto contribuirono alla fondazione di altre Certose: 1204 Trisulti (Frosinone); 1297 Genova; 1306 Padula (Basso Salernitano); 1315 Monte San Pietro (Toirano, Savona); 1480 Savona. Da un documento di donazione datato 5 aprile 1183, si può evincere che, già a quell’epoca, il monastero era dotato del chiostro, in cui si aprivano le dodici celle dei Padri, della chiesa, della foresteria e di alcuni depositi. Le opere potevano essere realizzate grazie al patrimonio della Certosa che si andava accrescendo delle numerose donazioni; tuttavia il monastero, così come quello di Pesio, dovette affrontare devastazioni e saccheggi dei predoni che infestavano il Monregalese. A causa di questi continui saccheggi, verso il 1500, la Certosa si venne a trovare con le sostanze ridotte a 600 giornate di terra, ben misera cosa rispetto ai beni precedenti. A seguito di incendi, la struttura ha subito nel corso del tempo diverse ricostruzioni: nel 1380 andarono distrutti il chiostro, le celle dei Monaci, le officine e altre costruzioni; la ricostruzione fu completata entro il 1427, ma già nel 1546 un nuovo incendio procurò molti danni e, nel 1566, un rogo di origine probabilmente dolosa distrusse gran parte del convento e l’archivio. A seguito di questi eventi, nel 1568 i Monaci decisero di trasferirsi al Consovero, comune di Morozzo nella località detta “Prato Florido” della pianura cuneese dove essi possedevano un lascito su cui avevano edificato un piccolo chiostro. Nel 1577, il Capitolo Generale dell'Ordine impose al Priore del Consovero che fossero ripresi i lavori di ricostruzione - nella primitiva residenza di Casotto - della chiesa, del chiostro, delle celle. I lavori terminarono nei primi anni del 1600 e, per la Certosa, cominciò un periodo di ripresa economica, tanto da rendere la struttura appetibile per numerosi fuorilegge; nel 1643, il Vescovo di Mondovì, Monsignor Brizio, in una visita al monastero, trovò la foresteria occupata da un’ottantina di briganti che la utilizzavano come covo dove rintanarsi dopo le loro incursioni criminali. Questa situazione degenerata portò ad includere la Certosa nella lista degli istituti religiosi da sopprimere, ma i Monaci

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 40

riuscirono ad evitare il provvedimento ed a ritornare nel 1698, dopo oltre un secolo di lontananza, alla loro sede primitiva a Casotto. La ricostruzione della Certosa di Casotto fu affidata a Bernardo Antonio Vittone; nel corso dei lavori, il progetto iniziale subì - ad opera dello stesso architetto - numerose modifiche, specie per quanto riguarda il chiostro, che non fu portato a termine. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, il Cuneese subì le gravi conseguenze dell’invasione francese; nel 1799, la provincia di Mondovì insorse e in Piemonte giunsero Austriaci e Russi che aiutarono gli insorti a combattere i Francesi. La situazione si ristabilì con il ritorno al comando dei Francesi; vennero imposti gravissimi tributi sugli ordini religiosi. Con l’editto napoleonico del 1802, la comunità fu soppressa e i beni confiscati. Le due Certose furono comprate da un certo Giuseppe Avena; quella di Casotto passò in seguito ad altri proprietari; purtroppo, ciò che non era stato ancora distrutto o spogliato dalle soldatesche e dai briganti fu lasciato per lunghi anni all'incuria ed all'abbandono.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 41

3.3 Certosa di Bologna

3.3.1 SCHEDA 1 3.3.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto recentemente. La Certosa è adibita alle seguenti attività:

• Attività religiose, nella chiesa all’interno del cimitero, dove si svolgono funzioni religiose e funebri;

• Attività culturali non calcolabili perché si tratta del Cimitero monumentale della Città di Bologna con un vasto patrimonio artistico al suo interno;

• Cimitero.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 42

Il patrimonio immobiliare è gestito dal Comune di Bologna che ha esternalizzato il servizio e la manutenzione degli immobili a Hera Spa – Servizi Funerari. E’ ammesso l’accesso al pubblico. Esso è gratuito e può avvenire sull’intera superficie della Certosa. Le infrastrutture sono finanziate esclusivamente con fondi privati. Il soggetto gestore è stato incaricato direttamente da un ente pubblico con contratto di servizio. La gestione degli spazi è organizzata direttamente dal gestore e dal Comune. La struttura dispone di un punto di ristoro e della Sala del Pantheon (sala per manifestazioni di carattere laico). L'area monumentale, che contiene anche gli edifici del monastero Certosino, non è stata sottoposta ad obbligo di accessibilità da parte della Sovrintendenza, per non modificarne le strutture architettoniche. Ove possibile, sono state predisposte passerelle e altri accorgimenti per i diversamente abili. Hera – Servizi Funerari ha comunque individuato dei percorsi facilitati all'interno della zona monumentale. Il modello di gestione prevede:

• Per Hera – Servizi Funerari, la gestione dei servizi funebri e la manutenzione ordinaria e straordinaria del complesso architettonico.

• Per il Comune, la gestione culturale e la programmazione della manutenzione condivisa con il gestore. Nell'area monumentale sono presenti circa 9000 manufatti di interesse storico – artistico: al Comune spetta l'attività di ricerca anagrafica e storico-artistica onde attivare il piano di recupero dei manufatti abbandonati o non mantenuti dai proprietari.

Servizi interni: Comune di Bologna: Promozione culturale (ricerche, restauri, visite guidate, mostre). I Visitatori degli ultimi tre anni sono riportati nella tabella e nel grafico di seguito.

Tab. 2 Visitatori della Certosa di Bologna negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori Assoluti Anni Visitatori 2004 8.500 2005 7.200 2006 8.000

Fonte: Comune di Bologna, Hera- Servizi Funerari

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 43

Graf. 7 - Visitatori della Certosa di Bologna negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori Assoluti

8.500

7.200

8.000

2004 2005 2006

Fonte: Comune di Bologna, Hera- Servizi Funerari-

Il grafico precedente mostra che il flusso più alto di visitatori è stato registrato nel 2004, con un grosso picco nel 2005 ed una risalita nel 2006. La percentuale dei visitatori per nazionalità è di circa il 95% italiani ed il 5% di stranieri. Il complesso, essendo un luogo pubblico dedicato a cimitero, è aperto a tutti, non è quindi rilevabile la consistenza percentuale dei visitatori e per quale motivo vi accedono. Per quanto riguarda le attività strettamente culturali è possibile censire il numero di visitatori solo per quelli derivati dalla programmazione del Comune. I concerti all'interno del complesso monumentale hanno registrato presenze fino a 500 persone. La programmazione di visite guidate prevede un incontro fisso mensile oltre alla possibilità di prenotazione. Le visite hanno una media di 60 – 100 persone. Il calendario degli eventi viene stabilito dal comune di Bologna, che organizza eventi con cadenza periodica.

3.3.1.2 Comunicazione e Merchandising

L’ufficio stampa è gestito internamente e svolge attività di collaborazione con gli operatori turistici (in particolare con associazioni di guide turistiche) e con gli Enti Locali. La Certosa promuove la propria immagine attraverso brochures, volantini, manifesti e attraverso il sito internet (www.Certosadibologna.it ). La Certosa non svolge attività di merchandising

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3.3.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione Il patrimonio del complesso è oggi composto, in gran parte, da opere funerarie e non incontra interesse da parte degli sponsor privati. Per quanto riguarda le sponsorizzazioni da altri enti o fondazioni pubbliche si incontra, viceversa, un crescente interesse verso il finanziamento di restauri e opere di comunicazione, man mano che il Comune accresce le attività di valorizzazione. Le principali necessità per ottimizzare la gestione della Certosa sono rappresentate da una stretta collaborazione tra Comune, ente gestore e altri enti e fondazioni pubbliche volte alla valorizzazione del complesso monumentale più grande della città e la creazione di un museo (che rientra nelle previsioni del Comune). Al fine di una corretta programmazione, è stata ritenuta fondamentale la catalogazione e la digitalizzazione del patrimonio storico-artistico presente che include le opere nella chiesa (secoli XIV – XVIII) e nel cimitero (1801 – oggi). La catalogazione, attualmente, documenta il 90% del patrimonio di interesse storico-artistico. Dal 2000, anno di avvio del progetto di recupero della Certosa, si è assistito ad un rinnovato interesse della cittadinanza che ha avuto una ricaduta anche nella manutenzione dei monumenti da parte dei proprietari. Il complesso concentra in sé più di duemila anni di storia cittadina: per questo una crescente e più organica valorizzazione da parte del Comune potrà consentire un percorso organico di recupero, in cui necessariamente si dovranno affiancare pubblico e privato. Il signor Martorelli dell’Ufficio Tecnico del Comune ha lanciato la proposta di creare una rete tra le Certose Italiane per realizzare progetti in sinergia.

3.3.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 3.3.2.1 Cenni storici

Nel 1334, grazie ad un lascito del giureconsulto Giovanni d’Andrea, fu fondata a Bologna una Certosa dedicata a San Gerolamo. Il complesso monastico si trovava fuori dalla cinta muraria cittadina, in un luogo tranquillo e solitario come prescritto dalle regole dell’Ordine, adatto alla preghiera ed alla meditazione. Oltre alla chiesa monastica, in stile gotico ad unica navata - a cui in seguito furono aggiunte delle cappelle laterali - erano naturalmente presenti tutti i locali necessari al corretto svolgimento della vita monastica, le celle per i Monaci, la foresteria, il refettorio, i locali di deposito, le stalle, le cantine, gli orti, i frutteti e le peschiere.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 45

A seguito della Rivoluzione francese, nel 1792, il Priore generale, fuggito dalla Francia, fu ospitato presso la Certosa di Bologna, che assunse così un ruolo di importanza internazionale. Con il decreto napoleonico che sopprimeva gli Ordini religiosi, nel 1797 anche la comunità Certosina di San Gerolamo veniva dispersa ed i beni annessi al Demanio. Nel 1800, la Commissione di Sanità del Dipartimento del Reno decise di destinare ad area cimiteriale suburbana l’ex Certosa di San Gerolamo, rispondendo ai nuovi principi igienico-sanitari di stampo illuministico che sottolineavano la necessità di seppellire i morti fuori del perimetro urbano. La Certosa possedeva tutti i requisiti richiesti, essendo collocata fuori dall’abitato, in una posizione ottimale per la libera circolazione dell’aria e per quel che riguardava la rete idraulica. Gli architetti Venturoli e Marchesini, responsabili del progetto di trasformazione del complesso in area cimiteriale, reimpiegarono per quanto possibile le strutture esistenti che, infatti, conservano parte dell’aspetto originario.

3.3.2.2 Aspetti artistico-architettonici

Nel corso del tempo, la Certosa si era andata arricchendo di splendide opere d’arte, oggi in parte confluite in varie raccolte pubbliche cittadine. Tra le opere che, attualmente, sono esposte presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna sono da elencare il grandioso polittico eseguito dai veneziani Antonio e Bartolomeo Vivarini e i dipinti di Ludovico e Agostino Carracci e del Guercino. Molti dei lavori eseguiti per l’Ordine, alla fine del Cinquecento, furono realizzati dal pittore Bartolomeo Cesi, cui si devono il trittico con storie della Passione e l’intera decorazione della cappella maggiore, oltre agli affreschi che decoravano la foresteria e gli altri locali annessi, molti dei quali furono staccati e oggi sono conservati nelle Collezioni Comunali d’Arte. Dopo l’acquisizione della Certosa da parte del Demanio e la sua successiva trasformazione in cimitero, nel 1802, allo scopo di rendere il sepolcreto più allettante per l'aristocrazia e l'alta borghesia, l'architetto Ercole Gasparini realizzò il nuovo ingresso monumentale, con ampi piloni sormontati da statue, da cui si snoda il viale rettilineo che porta al Chiostro Maggiore e al Chiostro Terzo, nel cui loggiato nord fu aperto un varco che conduce lo sguardo alla Cappella dei Suffragi, edificata dallo stesso Gasparini nel 1811.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 46

Nel grande chiostro cinquecentesco, che conservò l'aspetto originario, si istituirono due tipi di sepolture; il campo centrale, diviso in quattro appezzamenti, destinato ad accogliere uomini, donne, fanciulli e fanciulle di umile estrazione, mentre il porticato venne messo in vendita dalla Municipalità, arco per arco, per le tombe di personaggi illustri per nobiltà, cultura o meriti morali. In questo primo periodo, le tombe monumentali furono realizzate in scultura, pittura o con tecniche miste. Il colombario fu realizzato nel 1833 dal Marchesini, sull'area delle vigne e di altre costruzioni del monastero. Al centro dei vani, illuminati dall'alto per mezzo di lucernari, spiccano alcuni dei più celebri monumenti di tutto il cimitero, Pepoli-Murat e Angelelli. Per le sepolture degli ecclesiastici, furono predisposti degli spazi differenziati in base al sesso; Recinto dei Sacerdoti e dei Cappuccini e delle suore (Recinto delle Monache); a questo scopo, si riutilizzarono le poche celle del convento Certosino che ancora oggi mantengono un aspetto riconoscibile. Attorno agli anni Sessanta dell'Ottocento, la Certosa si arricchì di due vasti spazi destinati a monumenti di gusto fortemente realista, il Chiostro e il Campo VII, entrambi opera del faentino Antonio Zannoni. Il cimitero ottocentesco era stato concepito ispirandosi ai criteri classici ed al reimpiego degli spazi già esistenti; quello del Novecento, invece, consente agli architetti di esprimersi più liberamente. I campi e i chiostri del primo Novecento sono contraddistinti dalla grazia malinconica dello stile Liberty che, a Bologna, aveva trovato una delle sue sedi privilegiate. Annessi al cimitero sono lo spazio destinato agli Acattolici (1820 circa.), un cimitero ebraico di discrete proporzioni (1869).

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3.4 Certosa Galluzzo – Firenze

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 48

3.4.1 SCHEDA 1 3.4.1.1 Gestione attuale e Attività

Rispetto alla struttura, la Certosa di Firenze rappresenta una buona pratica in quanto sottoposta periodicamente ad una manutenzione ordinaria. L’attuale destinazione d’uso è legata essenzialmente ad attività religiose e culturali. La Certosa vede al suo interno la compresenza di più Ordini monastici tra cui i Monaci Cistercensi. Il patrimonio immobiliare è gestito dal demanio, mentre le attività sono patrimonio della comunità monastica. L’accesso al pubblico è permesso con una libera offerta ed è possibile visitare circa il 40% della struttura. La Certosa gode di sovvenzioni pubbliche per quel che concerne i restauri strutturali, e di sovvenzioni private per le opere d’arte che si trovano all’interno. Sostanzialmente, la Certosa viene comunque gestita dalle comunità monastiche che vi si trovano ospiti. La struttura è dotata di una pinacoteca di circa 100 posti che é utilizzata come sala convegni. Esiste anche una sala per esposizioni temporanee e mostre, una sala per esposizioni permanenti e collezioni interne, una biblioteca privata, dei laboratori adibiti per il restauro dei beni librari ed uno spazio per il merchandising, in cui si vendono soprattutto cartoline e gadgets della Certosa. La struttura non prevede un livello di accesso soddisfacente per i diversamente abili. Le attività sono gestite dalle comunità religiose, che realizzano soprattutto iniziative di carattere spirituale. Le attività culturali sono pochissime e vengono svolte occasionalmente. Esse sono finanziate prevalentemente da enti pubblici, ma in occasione di eventi importanti vengono ricevute anche sovvenzioni private. Non ci sono servizi esterni e le attività come le visite guidate sono gestite dai Monaci. Negli ultimi tre anni (2004/2005/2006) si è avuta una media di circa 10.000 visitatori l’anno, senza variazioni rilevanti da un anno all’altro, come mostra il grafico seguente.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 49

Graf. 8 - Visitatori della Certosa Galluzzo negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori Assoluti

10.050

10.000

9.950

2004 2005 2006

Fonte: Ordine Cistercense

La percentuale tra visitatori italiani e stranieri è equamente divisa (50% stranieri, 50% italiani). L’affluenza è distribuita in maniera eterogenea da scolaresche, gruppi della terza età, famiglie e visitatori singoli.

Graf. 9 - Visitatori della Certosa Galluzzo distinti per target. Valori %.

Scolaresche50,0%

Famiglie/Individualii50,0%

Fonte: Ordine Cistercense

Il periodo in cui si registra il più alto numero di visitatori è quello di primavera-estate.

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3.4.1.2 Comunicazione e Merchandising La Certosa non possiede un ufficio stampa, tuttavia è ben radicata nel territorio, grazie a collaborazioni con gli enti locali. I Monaci si organizzano autonomamente, usando come mezzo di comunicazione principale il sito internet della Certosa (www.cistercensi.info), che viene costantemente aggiornato. Come accennato in precedenza, la Certosa svolge attività di merchandising, vendendo cartoline, souvenirs e liquori.

3.4.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

I Monaci non chiedono sponsorizzazioni, ma auspicherebbero una maggiore disponibilità di fondi per l’ampliamento delle loro attività.

3.4.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 3.4.2.1 Cenni storici

Nel 1341 iniziò la costruzione della Certosa, per volontà del fiorentino Niccolò Acciaioli, uomo d’arme che fece carriera nel Regno di Napoli, personaggio di spicco nell’ambiente politico ed economico trecentesco, grande amico di Boccaccio e di Petrarca ed amante della cultura; egli voleva costruire una cittadella della fede e della cultura per i suoi giovani concittadini intenzionati ad intraprendere gli studi umanistici. Alla morte di Niccolò Acciaioli (1365) la Certosa era quasi completa in tutta la sua struttura; la comunità religiosa eseguì solo le volontà testamentarie (testamento del 1359) che interessavano la vita monastica; essa quindi realizzò la cappella delle reliquie, terminò la costruzione della cappella e le tombe degli Acciaioli e ingrandì il Chiostro grande. Lasciò, invece, non attuate quelle volontà che avrebbero favorito attività secolari e che avrebbero interferito con la vita claustrale degli eremiti. Nel Rinascimento, vennero realizzati interventi che contribuirono a creare l’aspetto e la conformazione definitiva della Certosa, della quale poche sono, infatti, le strutture trecentesche rimaste. La Certosa poté arricchirsi di notevoli opere d’arte e acquisire la maestosità e l’aspetto armonioso che ancora oggi la contraddistinguono. Nel 1810, la Certosa fu soppressa per ordinanza napoleonica, il cenobio fu spogliato di tutti i capolavori artistici, in seguito recuperati solo parzialmente. L’unico elemento non trafugato fu lo splendido coro ligneo, con gli stalli dei Monaci preziosamente decorati ad intarsio; i Monaci, infatti, lo avevano incatramato al punto che i napoleonici, ritenendolo di scarso valore, lo lasciarono a Firenze.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 51

Nel 1886, gli ultimi Monaci lasciarono la struttura che era diventata di proprietà dello Stato Italiano. Dal 1958, la Certosa di Firenze - Galluzzo è tornata ad essere un luogo di fede, affidata però ai Monaci cistercensi della congregazione di Calamari. Questa comunità, grazie alla propria regola monastica, ha potuto rendere il monastero più accessibile al mondo esterno e agli amanti della cultura e dell’arte.

3.4.2.2 Aspetti artistico-architettonici

La chiesa monastica si presenta oggi composta da due vani stilisticamente molto diversi ed eseguiti in tempi distinti; la facciata e il coro dei Conversi, realizzati tra il 1550 e il 1558; la parte riservata ai Monaci con il presbiterio, che, trasformati e decorati successivamente, sono situati nella parte trecentesca del complesso. Sul lato destro della chiesa, si apre la Cappella di Santa Maria mentre, nel sotterraneo vi è quella di Sant’Andrea. La parte più antica dell’edificio, cioè quella che oggi è riservata ai Monaci, corrisponde precisamente alla tipologia delle chiese Certosine: pianta rettangolare, abside piatta e proporzioni tra altezza e lunghezza comuni a molte chiese dell’Ordine. Le strutture trecentesche sono state trasformate nei secoli successivi; le monofore furono modificate nel corso del XVI secolo e quelle dell’abside furono tamponate e risultano solo dall’esterno. Le volte a crociera dividono la navata in tre campate di lunghezza differente, in modo da accentuare il senso di profondità dell’interno. L’antica facciata della chiesa si trovava arretrata rispetto ai due edifici laterali; quello delle celle dei Conversi e la cappella sulla sua destra. Lo spiazzo, pressoché quadrato, a questa antistante, è ora il coro dei Conversi. La nuova facciata fu realizzata alla fine del 1550; essa si presenta in due ordini di semicolonne e semipilastri sovrapposti con un cornicione ed un marcato timpano. Il Chiostro Grande, detto anche “Galilea Maior”, è utilizzato come camposanto per i Monaci ed ha al centro un bel pozzo in pietra e ferro battuto.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 52

3.5 Certosa di Calci – Pisa

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 53

3.5.1 SCHEDA 1 3.5.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto recentemente. La Certosa è adibita totalmente ad attività culturali. Il patrimonio immobiliare è gestito dalla Soprintendenza, mentre il Museo di storia Naturale dall’Università di Pisa. E’ ammesso l’accesso al pubblico:

• A pagamento: - 18/25 anni: 2 euro - fino a 64 anni: 4 euro

Circa un terzo della Certosa è visitabile. Le fonti di finanziamento per la struttura sono al 90% pubbliche e al 10% private. La gestione degli spazi è organizzata direttamente dal gestore. La struttura dispone dei seguenti spazi:

• Una sala convegni da 50 posti • Una sala per esposizioni temporanee e mostre • Una sala per esposizioni permanenti e collezioni interne • Una biblioteca e dei laboratori (mineralogia e altri

laboratori universitari). Accessibilità per i diversamente abili: la parte della struttura gestita dalla Soprintendenza non ha, al momento, previsto alcun percorso particolare per questa categoria di visitatori. Il Museo di Scienze Naturali, gestito dall’Università, ha invece predisposto un percorso tattile per i fruitori non vedenti. Le attività sono gestite dalla Soprintendenza e dall’Università di Pisa. Esse sono portate avanti grazie a sovvenzioni pubbliche. Il soggetto gestore è uno storico dell’arte che è stato incaricato direttamente dal ministro. Le attività che vengono svolte sono le seguenti:

• Visite guidate • Didattica • Mostre

I servizi offerti sono tutti interni. Nel 2006 si è registrato un flusso di circa 14.000 visitatori, al 60% italiani ed al 40% stranieri:

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 54

Graf. 10 - Visitatori italiani e stranieri nella Certosa di Calci. Anno 2006. Valori %.

Italiani60%

Stranieri40%

Fonte: Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Pisa

In totale essi possono essere suddivisi nelle seguenti categorie: • Scolaresche (la maggior parte) • Gruppi della terza età • Famiglie

La maggiore affluenza si registra in occasione della “settimana della cultura”. Non c’è un vero e proprio calendario degli eventi e si realizzano solo visite alla struttura nel corso dell’anno.

3.5.1.2 Comunicazione e Merchandising

La struttura non è dotata di un ufficio stampa e si relaziona con il contesto territoriale in maniera occasionale. L’unico strumento di comunicazione di cui è dotata è il sito internet gestito dalla Soprintendenza, che viene aggiornato periodicamente. La Certosa non svolge attività di merchandising

3.5.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Maggiori finanziamenti e maggiore pubblicità. Le principali opportunità che dovrebbero essere sfruttate sono quelle legate alla pubblicità.

3.5.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 3.5.2.1 Cenni storici

La Certosa fu fondata nel 1366, a circa dieci chilometri da Pisa, al margine del popoloso borgo di Calci; essa sorge in una valle di grande valenza paesaggistica, chiamata un tempo Valgraziosa, che crea una suggestiva quinta naturale, sovrastata dalle cime più alte del monte Pisano e dalla caratteristica Rocca della Verruca, nella quale si inserisce la bella struttura. Benché la Certosa sia di origine trecentesca, le eleganti forme

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 55

che si possono ammirare oggi sono dovute in prevalenza alle successive fasi di ampliamento e ristrutturazione che hanno caratterizzato la struttura, soprattutto a partire dal terzo decennio del Seicento. Arricchita da sontuosi apparati decorativi, realizzati tra XVII e XVIII secolo, la Certosa di Calci divenne meta privilegiata della corte granducale. Soppressa a causa delle leggi napoleoniche (1808), la Certosa passò al demanio statale ma, nonostante questo, continuò ad ospitare l'Ordine Certosino, fino al 1972. Dal 1978, l'ala ovest della Certosa è stata concessa in uso all'Università di Pisa che vi ha allestito il Museo di Storia Naturale e del Territorio.

3.5.2.2 Museo Nazionale della Certosa di Calci

All'interno della Certosa, si snoda il percorso museale lungo il quale si trovano anche elementi di indubbio interesse scientifico, come l'antica spezieria e l'ingegnoso apparato idraulico. La farmacia fu fondata nel 1643; essa, originariamente, si trovava sul lato destro della Certosa ma, nel 1703, fu spostata nell’edificio all’ingresso del monastero, per consentire l’accesso anche alla popolazione. Gli arredi lignei furono realizzati nel 1795 da Pasquale Matteucci, in occasione di una ristrutturazione che interessò anche il cielo che fu ornato da figure allegoriche. Dal 1799 sino al 1875, la gestione della farmacia fu affidata alla famiglia Viola che, nel 1906, cessò l’attività. L’arredo ligneo originale è stato restaurato nel 1931 e costituisce un esempio di grande pregio; le decorazioni della sala d’aspetto sono della fine del Ottocento, mentre la spezieria vanta una collezione di vasi per la conservazione di medicinali, distillati e sciroppi prodotti dai Monaci.Grande interesse riveste anche l’apparato idraulico di cui era dotata la Certosa e che è, ancora in parte, funzionante. Esso convogliava le acque, tramite un sistema di canali, in sei vasche e due fonti e giungeva anche, tramite un breve tratto di acquedotto, ad alimentare un mulino. Inoltre, due cisterne che raccoglievano l’acqua piovana potevano essere sfruttate nei periodi di siccità.

3.5.2.3 Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci

Alla fine del XVI secolo, la famiglia Medici volle che il Giardino dei Semplici a Pisa (Orto botanico) ospitasse una “galleria” di reperti naturali; questo fu il primo nucleo di una collezione che è andata continuamente arricchendosi, grazie al forte legame con l’Università.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 56

Nel 1814, il Giardino dei Semplici raggiunse una piena autonomia e, sotto la direzione di Paolo Savi, nel corso del XIX secolo, il Museo divenne uno dei più ricchi d’Italia grazie alle sue raccolte zoologiche, geologiche, paleontologiche, mineralogiche e per la spettacolare “galleria delle balene”. Oggi il Museo è stato trasferito dalla vecchia sede ai locali della Certosa di Calci, concessi in uso perpetuo all’Università di Pisa, e si colloca tra i primi musei scientifici universitari per importanza e ricchezza delle collezioni.

3.6 Certosa di San Pietro - Pontignano (Siena)

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3.6.1 SCHEDA 1 3.6.1.1 Gestione attuale e Attività

Attualmente, la Certosa di Pontignano è proprietà dell’Università degli Studi di Siena, che gestisce il patrimonio immobiliare e le attività che vi si svolgono. L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto recentemente. La Certosa è una foresteria universitaria di 44 stanze, tutte dotate di bagno; per l’esattezza 20 stanze singole; 18 doppie, 4 matrimoniali e 1 doppia dove si trova anche un letto alla francese (da una piazza e mezza) con bagno in comune. La struttura comprende, inoltre, 7 appartamenti di diverse dimensioni che sono dati in fitto per lunghi periodi dell’anno. Nel suo complesso la struttura dispone di sale convegni, capaci di ospitare dalle 60 alle 80 persone; sale proiezioni dalla capacità di 80 persone; spazi ricreativi, punti di ristoro e caffetteria, sala da pranzo per 100 persone. Durante le stagioni primaverili ed estive sono disponibili anche spazi esterni, sotto i loggiati che si affacciano su uno splendido giardino all’italiana. La Certosa di Pontignano è adibita essenzialmente a spazio dove svolgere attività legate al servizio dell’hotel ed ai convegni universitari, nazionali ed internazionali. La struttura offre prevalentemente un servizio di pernottamento e di mezza pensione, ma vi è possibilità di soggiornare anche in regime di pensione completa. Per quanto riguarda le attività, esse si indirizzano prevalentemente allo svolgimento di convegni e congressi, oltre alla foresteria ed ai servizi ad essa collegati. L’ente gestore è pubblico, ma, concedendo in affitto gli spazi per le attività convegnistiche, condivide l’organizzazione di alcuni eventi con enti privati, che di volta in volta utilizzano la struttura per manifestazioni proprie. L’accesso al pubblico è libero e gratuito e la struttura è visitabile al 50% circa. Le infrastrutture della Certosa di Pontignano usufruiscono di fonti di finanziamento pubblico pari al 40% della spesa, mentre per le attività i finanziamenti sono, di solito, ripartiti uniformemente al 50% tra pubblico e privato. I servizi gestiti internamente riguardano l’amministrazione della struttura, la cura del patrimonio, le prenotazioni degli spazi, la ristorazione e la manutenzione; sono invece esternalizzati i servizi per la pulizia.

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Il modello di gestione contempla un curatore scientifico ed un direttore artistico per gli eventi, affiancato da più staff interni, mentre non esiste un comitato scientifico preposto alla valutazione delle manifestazioni da realizzare. L’organigramma della struttura prevede un responsabile generale, e dei responsabili per le diverse aree: il ricevimento e l’amministrazione, la portineria, il ristorante, la cucina, il patrimonio, il magazzino ed il catering esterno, il guardaroba, la manutenzione ed il giardino. Le relazioni con il territorio circostante, risultano attualmente scarse e si verificano solo in occasioni particolari. Per quanto riguarda la gestione dello spazio, l’ente evidenzia che vi sono altre potenzialità che potrebbero essere utilizzate in maniera proficua: ad esempio, si potrebbe aumentare la possibilità di fruire dei servizi offerti a soggetti esterni all’Università di Siena. Il livello di accessibilità per i portatori di handicap è medio-basso, e si riscontrano delle difficoltà nella realizzazione di interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche, dato che la struttura risale al 1500 (epoca di una seconda ricostruzione quasi totale). L’ente gestore assicura, comunque, l’organizzazione adeguata per l’ospitalità di soggetti portatori di handicap previa comunicazione anticipata. Essendo la Certosa di Pontignano una struttura che gravita intorno all’istituzione universitaria, il suo calendario presenta eventi essenzialmente a carattere accademico e didattico, anche se esso talvolta può variare in funzione delle manifestazioni organizzate da terzi negli spazi presi in fitto. Tramite accordi con la direzione della struttura, esiste la possibilità di svolgere escursioni nei territori circostanti, di disporre della possibilità di soggiornare in altre strutture ricettive e di ristoro del circondario, di richiedere attrezzature particolari. Il maggior flusso di visitatori si registra nel periodo estivo, compreso tra giugno ed ottobre, con una ripartizione che evidenzia una presenza di italiani che si attesta intorno al 60%, mentre il restante 40% è costituito da turisti stranieri.

3.6.1.2 Comunicazione e Merchandising

La comunicazione viene effettuata utilizzando sia mezzi tradizionali come brochures, volantini e manifesti sia mezzi più innovativi come il sito internet www.unisi.it/servizi/Certosa costantemente aggiornato. Il sito è strutturato in diverse sezioni che illustrano la storia della Certosa e le attività che vi si svolgono; è anche messa a disposizione dell’utente una

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 59

galleria fotografica che mostra in modo particolareggiato i diversi ambienti, gli arredi dei vari spazi ed i possibili allestimenti. Risultano mancanti nel sito delle sezioni dedicate all’archivio delle attività e delle manifestazioni svolte in passato, le planimetrie degli ambienti e le notizie generali riguardanti il territorio di riferimento. Non è presente un ufficio stampa. Data la gestione da parte dell’Università, le strategie di comunicazione sono rivolte, più specificatamente, agli studenti, mentre la percezione del prestigio della struttura risulta elevata presso tutta la collettività, anche se le potenzialità d’uso degli spazi sono più elevate e non adeguatamente sfruttate. Nella Certosa si svolgono attività di merchandising attraverso la vendita di gadget differenti a seconda delle manifestazioni realizzate; l’articolo più richiesto sono le cartelle congressuali. Non esistono prodotti particolari riportanti il logo dell’Università e non si riescono a quantificare le entrate derivanti dal merchandising. All’interno della struttura, nella reception, è presente solo una vetrina che espone alcuni souvenirs legati al territorio toscano.

3.6.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Da quanto è emerso dall’intervista, il maggior punto di forza nella gestione della Certosa è la buona qualità del servizio a basso prezzo, mentre tra le criticità si sono evidenziate l’eccessiva quantità di personale, l’eccessiva dipendenza dall’Università e la difficile gestione dei contratti di lavoro di diritto pubblico. Come già accennato, un’opportunità ancora poco sfruttata è quella di aprire la struttura ad attività turistiche non necessariamente legate a quelle dell’Università di Siena.

3.6.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 3.6.2.1 Cenni storici

La Certosa di Pontignano sorse per volere del commerciante senese Bindo di Falcone che, nel 1341, donò beni e terreni - sui quali costruire il monastero, che egli volle dedicato a San Pietro - al Certosino Amerigo d’Aquitania. Per convincere una comunità Certosina a risiedere nel nuovo complesso, Bindo di Monfalcone ottenne dal pontefice Clemente VI la promessa dell’indulgenza in favore dei dieci Monaci che vi si fossero stabiliti.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 60

Verso la fine del secolo, lo Stato di Siena sovvenzionò la costruzione di una cinta muraria a difesa della Certosa, a causa delle frequenti incursioni di bande di mercenari che infestavano quei luoghi. Nello stesso periodo divenne Priore Stefano Maconi, figlio spirituale prediletto di Santa Caterina da Siena. Grazie a questo rapporto privilegiato con la grande Santa, il Priore ottenne di conservare nella cappella una preziosa reliquia: un dito di Caterina. Nonostante la cinta muraria e la protezione di importanti personalità, durante la guerra tra gli stati di Firenze e di Siena, la Certosa fu saccheggiata. All’epoca della congiura dei Pazzi, nel 1478, la Certosa di Pontignano fu addirittura incendiata. Qualche decennio più tardi, le truppe miliziane tedesche e spagnole arrecarono nuove distruzioni alla Certosa che fu ricostruita completamente essendo andato distrutto l’impianto originario. I lavori di ricostruzione si protrassero per molto tempo ma, verso la fine del XVIII secolo, la Certosa venne soppressa e la struttura affidata ai Monaci camaldolesi. Con il decreto napoleonico che prevedeva la soppressione di tutti gli ordini monastici, la chiesa e il fabbricato destinato ad alloggio per il curato furono destinati ad ospitare la parrocchia di San Martino a Cellole, mentre, tutte le altre costruzioni vennero acquistate dalla famiglia Masotti. Da questo periodo in poi, la Certosa cambiò diversi proprietari; durante i due conflitti mondiali, Pontignano fu rifugio per i perseguitati politici e gli ebrei. Dal 1959, la Certosa fu acquistata dall’Università di Siena che l’ha trasformata in residenza universitaria e ha destinato alcuni ambienti alla convegnistica ed al turismo congressuale.

3.6.2.2 Aspetti artistico-architettonici

La Certosa è inserita in un contesto naturale assai suggestivo, immersa nella campagna senese; essa stessa è ricca di spazi verdi curati con impegno ancora oggi, ma, oltre alla bellezza dei luoghi, essa può vantare preziose opere d’arte che portano l’impronta degli artisti della scuola senese. Si devono al fiorentino Bernardino Barbatelli, detto il Poccetti, varie opere tra cui due affreschi sulla vita di San Brunone e di San Pietro, le decorazioni dell’altare maggiore della chiesa, l’affresco del refettorio che illustra “l’Ultima Cena”, un altro affresco che decora una cella Monacale,

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 61

intitolato “Samaritano al pozzo” e la decorazione di una lunetta di porta che ritrae la morte di San Brunone. Nel Cappellone, risultante dalla ricostruzione e dall’unione di sei cappelle precedentemente divise, si attribuisce a Francesco Vanni la tela dell’altare maggiore mentre sono attribuite a Nicola Nasini le decorazioni e gli affreschi delle pareti.

3.7 Certosa di San Lorenzo-Padula

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 62

3.7.1 SCHEDA 1 3.7.1.1 Gestione attuale e Attività

Attualmente la struttura, sia per quanto riguarda la gestione del patrimonio immobiliare, sia per quel che concerne le attività, è affidata alla Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Salerno. L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto recentemente. La Certosa è aperta al pubblico (a pagamento con biglietto intero da € 4,00, ridotto per i giovani tra i 18 e i 25 anni da € 2,00 e gratuitamente per i giovani sotto i 18 anni e gli over 65), ed è visitabile per circa l’80% dell’intera superficie. La Certosa dispone esclusivamente di sovvenzioni pubbliche per quanto riguarda la manutenzione delle infrastrutture. Anche per quanto riguarda il finanziamento delle attività, la Certosa si avvale di sovvenzioni pubbliche. Le principali attività che vengono svolte sono mostre, premiazioni e convegni. Gli spazi vengono anche concessi in fitto per alcune manifestazioni. La struttura dispone di una sala convegni con 200 posti; di 30 celle utilizzate per esposizioni temporanee e permanenti; di una sala proiezioni con 100 posti; di spazi ricreativi costituiti dal parco della Certosa e dalla corte esterna; di un laboratorio di restauro e di una caffetteria che, però, al momento non viene utilizzata. Per l’accessibilità dei visitatori diversamente abili esiste un’entrata secondaria ma mancano le rampe e gli ascensori. Le attività gestite direttamente dalla Certosa sono coordinate da un curatore scientifico/direttore artistico più staff interni; le manifestazioni che si svolgono mediante la concessione in fitto degli spazi prevedono invece curatore e staff esterni. Il grafico seguente mostra il numero dei visitatori degli ultimi tre anni (2004, 2005, 2006). Di questi il 90% è costituito da italiani.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 63

Graf. 11 – Numero dei visitatori della Certosa di Padula negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori assoluti.

135.000

125.000

120.000

2004 2005 2006

Fonte: Soprintendenza BAPPSAE di Salerno e Avellino

3.7.1.2 Comunicazione e Merchandising

La Certosa non dispone di un sito internet. La promozione delle attività avviene tramite brochures e volantini e mediante l’utilizzo di inserti pubblicitari. La Certosa non svolge attività di merchandising.

3.7.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

I suggerimenti raccolti per questa struttura riguardano un’auspicabile maggiore collaborazione con i privati e, più in generale, un miglioramento di tutta la filiera turistico-culturale. Le maggiori criticità ravvisate riguardano la mancanza di sponsorizzazioni e la necessità di una migliore manutenzione del monumento e degli impianti per ottimizzare la gestione delle Certosa.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 64

3.7.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 3.7.2.1 Cenni storici

La Certosa di San Lorenzo, a Padula, è uno dei monasteri più grandi del mondo e certamente tra i più interessanti per la grandiosità del suo impianto e per la ricchezza delle opere d’arte che custodisce. Essa fu voluta e finanziata da Tommaso di Sanseverino, Conte di Marsico e signore del Vallo di Diano, che avviò i lavori di costruzione nel 1306. Il diploma di fondazione della Certosa è datato 28 gennaio 1306 ed indica la donazione all’Ordine Certosino, rappresentato dal Priore della Certosa di Trisulti per delega del Padre Generale di Grenoble, che trasformò una grangia dell'abbazia di Montevergine, dedicata a S. Lorenzo, in monastero Certosino. Le motivazioni che spinsero il conte Sanseverino ad intraprendere la fondazione furono certamente composite e vanno individuate, oltre che in motivi devozionali, anche nella volontà di accrescere il proprio prestigio, ponendo un sigillo al vincolo di fedeltà che lo legava alla dinastia francese degli Angioini; è utile, infatti, sottolineare che l’Ordine Certosino era nato e si era sviluppato in Francia e questo elemento, naturalmente, risultava gradito alla reale famiglia, che nutriva una particolare benevolenza nei confronti dei seguaci di San Bruno, tanto da favorire anche, successivamente a quella di Padula, la nascita di altre Certose in Italia meridionale: San Martino a Napoli e San Giacomo a Capri. La famiglia angioina manifestò il proprio consenso all’operato del conte Sanseverino, nominandolo conestabile del regno di Carlo II lo Zoppo. Il conte di Marsico aveva così raggiunto un obiettivo diplomatico molto importante, assicurando l’appoggio angioino alla sua posizione di signore del Vallo di Diano che, naturalmente, egli svolgeva per contraccambio in funzione anti aragonese, essendo il territorio posto sotto il suo controllo, cruciale punto di collegamento fra la Campania e la Calabria, quest'ultima in mano alla dinastia d’Aragona. Inoltre, com’è noto, nel Medioevo gli ordini monastici furono, con i loro sforzi incessanti, tra i principali artefici delle opere di bonifica che guadagnarono all’agricoltura ed al pascolo vaste aree in tutta Europa; la necessità di bonificare alcune aree paludose nel Vallo di Diano fu certamente determinante perché il Sanseverino decidesse di farne dono all’Ordine di San Bruno, aggiungendo in tal modo, oltre a motivazioni diplomatiche, anche risultati di ordine pratico.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 65

Il forte legame che univa la Certosa di San Lorenzo alla famiglia Sanseverino continuò anche nei decenni successivi nei quali, infatti, almeno sino all’inizio del XVI secolo, i discendenti di Tommaso si adoperarono sempre per proteggere il monastero. Del primitivo aspetto trecentesco della Certosa, attualmente non si conservano che pochi tratti; tra questi vanno annoverati il magnifico portone della chiesa, datato al 1374, e le volte a crociera della chiesa stessa. A partire dal Concilio di Trento (1545-1563) iniziarono le imponenti opere di ampliamento che modificarono radicalmente l'antica struttura trecentesca. In quell’epoca iniziarono anche i lavori che sarebbero terminato solo molto più tardi, per la realizzazione del Chiostro grande e dello scalone ellittico. Gli ultimi interventi si registrarono nel corso del XVIII secolo e riguardarono la costruzione dei Refettori e la decorazione a stucco di alcuni ambienti. Sino alla fine del Settecento la Certosa prosperò, arricchendosi di un pregevole e importante patrimonio artistico e architettonico, tuttavia, a partire dal 1807, cominciò per il monastero un lento declino; essendo passato il Regno di Napoli sotto il dominio della Francia di Napoleone, la Certosa seguì il destino degli altri Ordini monastici e fu soppressa in seguito alle leggi eversive emanate dal governo francese. I monaci furono dispersi e la Certosa fu spogliata di tutti i tesori, compresa la ricchissima biblioteca. Alla fine del periodo napoleonico i Certosini poterono rientrare in Certosa ma ormai l’età della magnificenza era finita: una progressiva decadenza portò all’abbandono del monastero nel 1866. Nel 1882 la Certosa fu dichiarata Monumento Nazionale e affidata al Ministero della Pubblica Istruzione; ciò nonostante, lo stato di abbandono in cui versava la struttura proseguì tanto che durante la guerra 1915-18 e dal 1940 al 1944 fu addirittura utilizzata come campo di concentramento. Solo a partire dagli anni Sessanta si cominciò ad assistere ad una ristrutturazione dell’antica Certosa, grazie all’impegno della Cassa per il Mezzogiorno; tuttavia, l’impulso decisivo per il totale recupero del monumento, si è avuto dal giugno del 1982, grazie agli sforzi della Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici di Salerno. Il monastero è oggi tornato al suo antico splendore ed è stato oggetto di un impegno significativo da parte della Soprintendenza per la sua valorizzazione e rifunzionalizzazione. Oggi la Certosa si propone come un centro vitale di iniziative culturali di grande rilevanza ed ospita il Museo Archeologico della Lucania Occidentale oltre a laboratori per il restauro di grande qualifica.

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3.7.2.2 Aspetti artistico-architettonici La Certosa di Padula sorge su di un’ampia area pianeggiante, per questa caratteristica essa ha potuto estendere la sua superficie per ben 51.500 metri quadri, raggiungendo delle dimensioni molto più imponenti rispetto alle altre Certose; al suo interno, si trovano quindi numerosi ambienti, i più notevoli dei quali si procederà a descrivere in maniera particolareggiata.

3.7.2.3 La corte esterna

La corte è costituita da un cortile rettangolare di grandi dimensioni attorno al quale si sviluppavano gli edifici destinati alle attività produttive del monastero: i depositi, le stalle, i granai, i forni, la lavanderia, il frantoio e le cantine. Entrando nella corte, sulla sinistra, si trova la spezieria, decorata da affreschi settecenteschi parzialmente scialbati (secondo recenti scoperte, la loggia della spezieria, dipinta con motivi architettonici, fu eseguita tra il 1733 e il 1734 da Nicolò Di Sardo e Francesco Di Martino), essa fu concepita in un primo momento ad appannaggio esclusivo della comunità monastica, ma i preparati medicinali, in cambio di elemosine, furono successivamente resi disponibili anche per gli abitanti del territorio. In quest’area si trovano anche gli alloggi dei conversi e la zona in cui essi svolgevano la maggior parte della loro attività: la cosiddetta casa bassa, che aveva l’importante funzione di raccordare la Certosa al mondo esterno. La Certosa era protetta dai possibili attacchi esterni da una cinta muraria difesa da armigieri che la sera provvedevano a chiudere l’ingresso del monastero e si ritiravano in una torre posta nel circuito delle mura. Dal lato opposto all’ingresso si trova la Facciata, di impianto tardo manierista. L’impostazione originaria cinquecentesca, in pietra locale, scandita dalle colonne doriche binate, fu arricchita in epoca barocca con statue e pinnacoli; ai lati dell’ingresso si trovano le statue in pietra di San Paolo e San Pietro, affiancate a quelle di San Bruno e San Lorenzo poste agli estremi. Sul fastigio si trova la scritta “Felix Coeli Porta”, felice porta del cielo, al di sotto di essa è scolpita la data 1723, anno in cui presumibilmente terminarono i lavori. Dinanzi alla Certosa scorreva il torrente Fabbricato che, nella seconda metà del XIX secolo, straripò portando nel monastero enormi quantità di detriti, che coprirono l’originale pavimentazione in pietra del cortile. Solo di recente questo accumulo è stato asportato, riportando alla luce l’antica pavimentazione ad acciottolato, rimasta coperta per lunghissimo tempo da due metri di terriccio.

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Nonostante la Regola imponesse alla comunità la totale separazione dagli affanni e le vicissitudini terrene, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera e d alla ricerca di Dio nella contemplazione, la presenza della Certosa incise in maniera profonda, tanto economicamente quanto socialmente, sul territorio circostante: per molti secoli, infatti, il monastero fu l’unico centro di raccolta di manodopera specializzata e non specializzata, tanto che nel 1771 vi si poteva registrare la presenza di ben 195 lavoratori.

3.7.2.4 Il chiostro e la foresteria

La Regola Certosina imponeva ai monaci una stretta clausura, salvaguardata con la riduzione al minimo dei contatti con il mondo esterno. La possibilità di essere ospitati all’interno del monastero era quindi appannaggio di pochissimi eletti e in casi del tutto eccezionali; tra coloro che in queste sporadiche circostanze avevano la possibilità di soggiornare tra le mura del convento, vi erano religiosi e personalità di rilievo della nobiltà; costoro venivano alloggiati nella foresteria, situata al piano superiore del chiostro dove si trova anche una cappella impreziosita da stucchi dorati settecenteschi, dedicata a Sant’Anna. Il chiostro, di impianto tardo manierista, è costituito da un portico, sormontato da un loggiato, da cui si innalza la torre dell’orologio. Al centro del cortile si trova una fontana. La loggia è impreziosita da dipinti seicenteschi, riconducibili alla pittura paesaggista napoletana di quel periodo ed, in particolare, ad uno dei massimi esponenti di questa corrente, Domenico Gargiuolo; tra gli archi del loggiato si aprono vedute sui boschi, splendidi paesaggi, scene di vita campestre. Dal portico si accede alla cappella detta della Madonna dei Morti e alla Chiesa di San Lorenzo, aperta ai fedeli.

3.7.2.5 La Chiesa

L’impianto tipico delle chiese dell’Ordine prevede un’unica navata, divisa funzionalmente in due parti: l’una destinata ai conversi, l’altra ai padri. Questa tipologia di chiesa si ritrova anche a Padula dove la navata, con cinque cappelle sul lato destro, è divisa da una parete; nella prima zona, vicina all’ingresso, prendevano posto i conversi, nella seconda, prossima al presbiterio, sedevano i padri che vi accedevano tramite un passaggio interno. Nella chiesa si trovano anche due cori: quello dei conversi, datato 1507 e firmato dal Maestro Giovanni Gallo, è composto da ventiquattro stalli; sui dossali sono raffigurati Santi, Vescovi, Martiri e gli Evangelisti; al di

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sopra di ciascuna figura è presente una frase, mentre in basso sono rappresentati paesaggi ed architetture. Il coro dei padri consta di trentasei stalli con la rappresentazione di episodi del Nuovo Testamento sui dossali e storie dei Martiri sui prospetti inferiori. E’ datato al 1503, anche se certamente è stato oggetto di diversi interventi di rifacimento nel corso del tempo, soprattutto nella trabeazione. Nella zona riservata ai padri si trova un raffinato pavimento di cotto e di maiolica, databile alla metà dei XVII secolo. L’altare maggiore è realizzato in scagliola arricchita di madreperla e lapislazzuli; l’opera viene datata alla fine del XVII secolo ed è attribuita a Giovan Domenico Vinaccia. Alle spalle dell’altare si apre la sacrestia in cui si trova l'armadio che i padri utilizzavano per riporre i paramenti, realizzato da alcuni di loro e datato al 1684, e, sull'altare con paliotto in scagliola con madreperle, il Ciborio attribuibili allo scultore siciliano Jacopo dei Duca, allievo e collaboratore di Michelangelo Buonarroti. La Chiesa è decorata con stucchi dorati di gusto settecentesco che ricoprono una struttura certamente databile al Trecento. Sulla volta sono rappresentate scene del Vecchio Testamento realizzate dal pittore palermitano Michele Ragolìa; all’interno della decorazione, si notano ampie lacune corrispondenti alle cornici dove un tempo erano alloggiate le tele trafugate quando, all'inizio dell'Ottocento, durante il decennio francese, la Certosa fu soppressa ed i monaci allontanati. Attualmente, le uniche tele conservatesi sono le tre che si trovano sulla parete del presbiterio, fatte realizzare dai Certosini nel 1860, dopo il loro rientro in Certosa. Esse rappresentano San Bruno, il martirio di San Lorenzo e, in quella centrale, i due Santi ai piedi della Vergine con il Bambino. Dell'impianto più antico restano in Certosa pochi elementi; tra questi, lo splendido portone della chiesa datato al 1374, attribuito a Baboccio da Piperno, racchiuso da un portale cinquecentesco in pietra. L’essenza utilizzata è il cedro del Libano e presenta una decorazione a formelle inserite in cornici aggettanti. In alto a destra sono rappresentate scene del martirio di San Lorenzo, al di sotto delle quali è presente la scritta a caratteri gotici CARTUSIENSIS ORDINIS; sulla sinistra vi è la raffigurazione dell’Annunciazione e la scritta AVE MARIA GRAZIA PLENA.

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3.7.2.6 La Sala del Capitolo e la Cappella del Tesoro Tra gli ambienti pertinenti alla chiesa si devono inserire anche la Sala del Capitolo e la Cappella del Tesoro, a cui si accede tramite il passaggio utilizzato dai padri per arrivare in chiesa. La Sala del Capitolo presenta una pianta rettangolare ornata da quattro statue che, recentemente, sono state attribuite a Domenico Lenmico, discepolo di Lorenzo Vaccaro e padre Certosino; la sala è impreziosita da stucchi settecenteschi e, così come nella Chiesa, anche qui le cornici sono prive delle tele. L’unica rimasta si trova sopra l’altare e rappresenta San Lorenzo e San Bruno ai piedi della Vergine col Bambino. Il Capitolo era presieduto dal Priore e si occupava dei problemi della Casa; tutte le decisioni prese venivano puntualmente registrate. La Cappella del Tesoro era il luogo dove venivano custoditi i ricchissimi arredi della Chiesa. Oggi il grande armadio destinato a contenere questi tesori è vuoto; notevole appare la preziosa decorazione settecentesca lacunosa però degli affreschi, andati perduti a causa dell’umidità e dell’incuria in cui la Certosa è stata per lungo tempo lasciata.

3.7.2.7 Chiostro del cimitero antico e cappella del Fondatore

Il chiostro che delimita l’antico cimitero presenta al centro una croce in pietra ed è ornato da molti elementi settecenteschi: la balaustra traforata, i capitelli naturalistici, i doccioni a forma di mascheroni, gli stucchi. La Cappella del Fondatore è posta in un angolo del chiostro; essa fu realizzata oltre un secolo dopo la morte di Tommaso Sanseverino, avvenuta nel 1324. Vi si possono ammirare l'altare in scagliola e il sarcofago cinquecentesco di pietra, in cui il fondatore è raffigurato nelle vesti di un guerriero dormiente. L’antico cimitero cadde in disuso, quando i monaci decisero di costruire il Chiostro Grande.

3.7.2.8 La cucina e le cantine

I locali che ospitano attualmente la cucina dovevano essere, in origine, destinati ad altre funzioni, probabilmente a refettorio come lascerebbe pensare la presenza di un affresco, databile al 1600, raffigurante la Deposizione, con Cristo circondato dai Certosini; la scena non è in alcun modo adatta alla decorazione di una cucina ed, infatti, era stata fatta ricoprire dai monaci con una spessa scialbatura. La volta a botte presenta una decorazione ad affresco ormai deteriorata dal tempo e dai fumi della cucina; più in basso, sulle pareti, corrono mattonelle gialle e verdi recuperate dallo spoglio di una cupola.

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Interessanti i tavoli da lavoro di pietra e la grande cappa al di sotto della quale si trovano i fuochi su cui è collocato l’antico bollitore. Le cantine sono raggiungibili attraverso due porte poste ai lati della parete dove poggia la cappa. L'unico pezzo originario è costituito dall'enorme torchio la cui costruzione fu avviata alla fine dei 1785 e sulla cui base è stata murata l'epigrafe dedicata al dio pagano Attis proveniente da Co(n)silinum.

3.7.2.9 Il refettorio

La sala è di forma rettangolare e risale ai primi decenni del XVIII secolo; allineati alle pareti vi erano i sessantuno stalli in noce dinanzi ai quali erano posti i lunghi tavoli su cui i monaci mangiavano. Oggi l’arredo non è più presente nella sala così come mancano le tele che ornavano le pareti, alloggiate originariamente in una decorazione a stucco tardo-barocca. L’unico dipinto che rimane è un olio su muro posto in fondo alla sala che raffigura le Nozze di Cana. Si tratta di un’opera di gusto e ambientazione settecentesca, è firmata dal pittore napoletano Alessio D’Elia ed è datata 1749. Nella sala si aprono tre porte di accesso con portali in pietra di Padula, che presentano una decorazione in marmi policromi ed in marmi policromi è anche il pavimento realizzato da maestranze locali.

3.7.2.10 Chiostro dei Procuratori

Il Padre Procuratore nelle comunità Certosine viene scelto direttamente dal Priore; egli svolge le importanti funzioni di vigilare sulla casa, di occuparsi delle elemosine, di recarsi in visita dai monaci malati e di curare l’educazione dei conversi. Le Certose più grandi, come quella di Padula, avevano più di un Padre Procuratore. Il chiostro presenta un portico al piano terra ed un corridoio finestrato al piano superiore; in basso era situato il refettorio dei conversi, mentre al piano superiore, vi erano gli alloggi dei procuratori. Al centro del chiostro è collocata una fontana in pietra con delfino e animali marini.

3.7.2.11 La cella del Priore

L’accesso alla cella del Priore avveniva tramite un portone, lasciato quasi sempre chiuso, che separa la zona le celle dei padri dal resto del monastero. La cella del Priore è, in realtà, un appartamento di ben dieci stanze con archivio, accesso diretto alla biblioteca, cappella privata ed un giardino con loggia affrescata che taglia trasversalmente le celle dei novizi permettendo l'accesso al Priore e, quindi, il controllo sulla loro vita

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di preghiera. Le scene rappresentano paesaggi marini e sono state realizzate da Francesco De Martino da Buonabitacolo. La cappella privata del Priore, dedicata a San Michele Arcangelo, patrono di Padula, presenta una decorazione a stucco dorato. Sulle pareti si trovano quattro dipinti ad olio settecenteschi con scene della vita del Santo. Sull’altare in marmi policromi è posta una statua lignea seicentesca di San Michele.

3.7.2.12 La biblioteca

La biblioteca della Certosa di Padula custodiva migliaia di libri, codici miniati, manoscritti. Di questo ingente patrimonio, si conservano oggi circa duemila volumi; già tra il 1811 ed il 1814 molte opere furono inviate alla Biblioteca Reale di Napoli (attuale Biblioteca Nazionale), altre sono state ritrovate nella Certosa di Serra San Bruno e nelle Badie di Cava e di Montevergine. L’ingresso alla biblioteca si trova accanto alla cella del Priore. Varcata la soglia, ci si trova di fronte ad un’elegante scala di forma elicoidale che conduce all’antisala della biblioteca. La scala, in pietra, è composta da trentotto gradini monolitici disposti a ventaglio e da una balaustra anch’essa litica. L’opera, risalente a circa la metà del XV secolo, è stata realizzata da un artista ignoto. Sul portale di accesso alla sala campeggia la scritta “Da sapienti occasionem et addetur ei sapientía” (Offri al saggio l'occasione e la sua sapienza crescerà). Nella sala della biblioteca, ormai spoglia dei libri, si trova un pavimento in cotto e maiolica, attribuito a Giuseppe Massa e databile al XVIII secolo, con motivi decorativi in giallo e azzurro. Gli armadi in noce, un tempo destinati a custodire i preziosi scritti, erano divisi per argomento e riportano sul cartiglio le scritte "Historíci profani", "Poetae", "Sanctí patres" ecc. Interessante l’armadio che porta la dicitura “Libri prohíbíti”, in esso venivano conservati i volumi che via via venivano negati allo studio dei monaci. La volta a padiglione, che ricopre la sala, presenta una decorazione pittorica a tempera con la rappresentazione di scene allegoriche: l’Aurora con il carro, il Giudizio Universale, la Scienza. L’opera è dell’artista Giovanni Olivieri ed è stata realizzata nel 1763.

3.7.2.13 Il Chiostro Grande e le celle dei Padri

Il Chiostro Grande, con i suoi quindicimila metri quadri di superficie, è certamente uno dei più grandi d’Europa; le sue dimensioni sono davvero notevoli con ben 104 metri di larghezza per 149 di lunghezza. La

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 72

costruzione, che insisteva su di un chiostro preesistente, fu avviata nel 1583, e si protrasse per circa due secoli. Il Chiostro è articolato su due livelli: in basso si trovano le celle dei padri, al piano superiore la galleria finestrata utilizzata per lo spaziamento settimanale. Al centro del Chiostro si trova una fontana in pietra a forma di coppa realizzata nel 1640. Su uno dei lati corti fu realizzato il nuovo cimitero che andò a sostituire il precedente, posto tra la cucina ed il refettorio; l’area è racchiusa da una balaustra con teschi in pietra che ne esplicano la funzione cimiteriale. Considerando la durata dei lavori di realizzazione del Chiostro, appare probabile che diversi architetti si siano avvicendati alla direzione del cantiere. Tra di loro, certamente, vi fu l’allievo del Vanvitelli, Gaetano Barba (1730-1806), che progettò per la Certosa di Padula la galleria superiore del chiostro e lo scalone ellittico. Nella Certosa di San Lorenzo si contano attualmente ventiquattro celle, mentre originariamente esse erano ventisei, alcune delle quali costituite da più di due locali, collocate lungo tre lati del chiostro.

3.7.2.14 Lo scalone ellittico

Si tratta di un’opera di straordinaria maestosità che, prescindendo dalla funzione pratica per cui è stata realizzata, si connota come un grandioso elemento scenografico sul quale si aprono sette grandi finestre che si affacciano sul paesaggio circostante quasi fondendosi con esso. Lo scalone, progettato da Gaetano Barba, è l’ultima grande opera che i monaci riuscirono a realizzare prima delle soppressioni francesi; esso è composto da una doppia rampa di forma ellittica che unisce i due livelli del Chiostro grande, consentendo l'accesso alla passeggiata coperta, nei cui quattro bracci sono attualmente allestiti gli spazi espositivi delle opere d'arte restaurate nei laboratori presenti in Certosa, provenienti principalmente dai paesi terremotati del Salernitano e dell'Irpinia.

3.7.2.15 Il grande giardino della clausura

Il giardino attualmente non risponde che in minima parte all’originaria sistemazione settecentesca, avendo subito notevoli stravolgimenti a causa degli interventi di costruzione dei ricoveri dei prigionieri durante i due conflitti mondiali. Negli anni Cinquanta, l’Amministrazione Provinciale decise un intervento di sistemazione del parco sul modello del giardino all’italiana con viali e siepi. Recentemente è stato ipotizzato l’impianto originario del “desertum”; lungo il perimetro delle mura di cinta sono stati rinvenuti e restaurati i

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 73

fondali con sedili i quali racchiudevano una serie di viali ortogonali che venivano percorsi dai Certosini in preghiera. Questi viali, incrociandosi ad angolo retto, formavano delle grandi aree rettangolari simili per forma e dimensioni al Chiostro Grande. Originariamente, nella zona in lieve pendio che si estende in direzione di Padula, era presente un uliveto. Accanto a quest’ area, attualmente coltivata a foraggiere, sono visibili i resti di un viale acciottolato di collegamento con la Cappella della Maddalena, innalzata a ridosso del muro di cinta, e i piloni dell'antico acquedotto che portava l'acqua al mulino e al frantoio. Il giardino, infine, tramite un vialone rettilineo acciottolato, si collegava al monumento settecentesco di San Brunone, in località Vascella, realizzando un asse prospettico di grande suggestione che, attraverso i portoni dell'ingresso e della clausura e un braccio del chiostro grande, si concludeva nello scalone ellittico.

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3.8 Certosa di Serra San Bruno – Vibo Valentia

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 75

3.8.1 SCHEDA 1 3.8.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto più di dieci anni fa. Ad oggi sono programmati lavori di recupero che si protrarranno per diversi mesi Attualmente, i locali della Certosa vengono utilizzati soprattutto per i Monaci che vivono in clausura e per la biblioteca ed il museo. Il patrimonio immobiliare è gestito dalla Grande Certosa di Grenoble e l’accesso al pubblico è permesso solo nel museo. Esso avviene a pagamento con un’agevolazione per i gruppi che pagano un biglietto ridotto (2,5 euro, invece di 5,00). La percentuale visitabile della Certosa è minima rispetto all’estensione dell’intera struttura, ma di fatto significativa con 1.440 mq visitabili su 50.000 mq complessivi Per quel che concerne le infrastrutture, le fonti di finanziamento sono totalmente pubbliche e provengono dalla Regione Calabria e dalla Soprintendenza ai Beni Culturali. La gestione degli spazi è affidata direttamente alla S.R.L. legata al Museo della Certosa. La struttura dispone di spazi poliedrici tra cui:

• Una sala convegni di circa 100 posti • Il museo adibito ad esposizioni temporanee e mostre • Una sala proiezioni • Una biblioteca del monastero a cui si può accedere solo

previa autorizzazione • Degli spazi per il merchandising, consistente soprattutto

nella vendita di prodotti tipici creati dai Monaci, come liquori e marmellate, oltre ad oggetti religiosi.

Per quanto riguarda l’accessibilità per i visitatori diversamente abili, sono presenti delle toilettes loro riservate e l’ingresso è privo di barriere architettoniche. Come già accennato in precedenza, la Certosa svolge al proprio interno attività religiose e culturali. Queste ultime sono legate esclusivamente al museo della Certosa che vive delle entrate generate dalla vendita dei biglietti. Le attività vengono gestite dal “Museo della Certosa” S.R.L. Le visite al Museo ed alla Certosa sono libere e senza la presenza di guide specializzate proprie della struttura; il modello di gestione delle attività culturali prevede la figura di un curatore scientifico, affiancato dallo staff interno.

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 76

Per quanto riguarda i servizi erogati, la gestione è in parte legata alla Certosa vera e propria, in parte a soggetti esterni. Altri servizi interni, oltre a quelli della biblioteca, del museo, del punto vendita, sono una casa editrice propria e ad alcune visite guidate. I servizi esterni sono quelli legati a visite guidate realizzate in collaborazione con gli Enti Statali del territorio (Provincia di Vibo Valentia e Comune di Serra San Bruno). Negli ultimi tre anni (2004-2005-2006) si è avuta una media di 30.000 visitatori l’anno, avendo dei dati stabili nel 2004 e nel 2006 (circa 40.000 visitatori) ed un forte picco negativo nel 2005 (10.000).

Graf. 12 – Numero dei visitatori della Certosa di Serra San Bruno negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori assoluti.

40.000

10.000

40.000

2004 2005 2006

Fonte: Museo della Certosa di Serra San Bruno

Di questi il 90% è rappresentato da visitatori italiani ed una minima percentuale (10%) da stranieri. Rispetto al potenziale di attrazione turistica, in riferimento al tipo di visitatori, è emersa una forte presenza di scolaresche, che rappresentano circa il 50% delle visite effettuate. A livello anagrafico, il dato è bilanciato da una buona percentuale di gruppi della terza età (circa 30%), mentre il restante 20% è equamente distribuito tra famiglie e visitatori singoli. Questi dati sono rappresentati nel grafico seguente:

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 77

Graf. 13 – Visitatori della Certosa di Serra San Bruno, distinti per tipologia, negli anni negli anni 2004, 2005 e 2006. Valori %.

scolaresche50,0%

gruppi terza età30,0%

famiglie10,0%

visitatori singoli10,0%

Fonte: Museo della Certosa di Serra San Bruno

La massima affluenza si registra nei mesi estivi e durante le mostre. Il calendario degli eventi è gestito dal Priore, che programma tutte le attività. La Certosa mostra una certa operosità durante tutto l’anno, portando avanti manifestazioni che si ripetono periodicamente come convegni in occasione di pubblicazioni o la celebrazione di alcune ricorrenze.

3.8.1.2 Comunicazione e Merchandising

L’ufficio stampa è gestito direttamente dall’interno, attraverso la casa editrice della Certosa. In questo senso, essa svolge un ruolo significativo per quanto riguarda la relazione tra il territorio e la struttura. Il museo vanta una stretta collaborazione con gli operatori turistici locali attraverso pacchetti e convenzioni. In particolare, la Certosa utilizza i seguenti strumenti di comunicazione:

• Brochures/volantini/manifesti • Spot radiofonici/televisivi presso alcune emittenti locali • Sito internet ( www.museo.certosini.info )

Il sito internet viene costantemente aggiornato ed offre informazioni anche sull’offerta turistica e culturale del territorio; inoltre, consente l’acquisto di materiale del merchandising on line. La Certosa di Serra San Bruno ha un’attività di produzione di merchandising discreta. Questa è legata alla casa editrice e produce un fatturato che rappresenta circa il doppio delle entrate dei biglietti del museo. Per i Monaci la principale attività di merchandising è legata, come detto sopra, alla produzione di prodotti alimentari con il “marchio” della

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Schede delle certose che svolgono attività culturali 78

Certosa. L’attività della Certosa è particolarmente legata alla spiritualità Certosina.

3.8.1.3 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

I Monaci Certosini di Serra San Bruno non chiedono sponsorizzazioni, ma sottolineano che le principali necessità per ottimizzare la gestione della Certosa sono legate al fattore economico, che rappresenta - in termini di incentivi pubblici - una criticità.

3.8.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 3.8.2.1 Cenni storici

Il nome originario della località, oggi nota come Serra San Bruno, era Torre; si tratta di un altipiano, posto a circa 850 metri di altitudine, che fu donato a San Bruno - quando egli, nel 1091, si stabilì in Calabria - dal conte Ruggero d’Altavilla; il toponimo Torre permase fino al secolo XIV, quando prevalse quello di Serra, a cui dopo la proclamazione del Regno d’Italia si aggiunse l’appellativo di “San Bruno”, come segno di devozione verso il fondatore dell’Ordine Certosino e della cittadina. In questo luogo, lontano da ogni centro abitato, San Bruno fondò l’eremo di Santa Maria, mentre, a circa due chilometri più a valle, nel punto in cui sorge l’attuale Certosa, la più antica in Italia, fu eretto il convento di Santo Stefano. Alla morte di Bruno, avvenuta il 6 ottobre 1101, il suo corpo venne sepolto nel cimitero dell’eremo di Santa Maria. Nel 1193, una parte dei Monaci abbandonò l’Ordine Certosino e passò a quello cistercense di Fossanova (Latina). La restante parte della comunità si ritirò alle falde settentrionali dell’Aspromonte, a circa 200 metri di altitudine, nella zona di Castellace, oggi frazione di Oppido Mamertina. Fino al 1411 il monastero fu retto da una ventina di abati cistercensi; dopo quella data, passò in commenda ad un Prelato che risiedeva a Napoli, mentre il convento era governato da un superiore privato dei beni materiali. Ogni attività stagnò finché, nel secolo XV, i terreni furono alienati e l’Abbazia di Santo Stefano fu messa a disposizione del Sommo Pontefice. Il monastero di Santo Stefano tornò a rifiorire agli inizi del 1500, quando vennero ritrovate le spoglie di San Bruno e del suo successore Lanuino, che erano stati sepolti nella chiesa di Santa Maria ma, in seguito alle vicissitudini storiche, se ne era perso il ricordo. Le sacre reliquie furono portate solennemente in processione, il martedì di Pentecoste, con

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grandissima partecipazione popolare; la processione è perpetuata ogni anno, da allora fino da oggi. In seguito a questo ritrovamento, il Papa Leone X chiamò nuovamente a Serra i Certosini e, nel 1514, approvò il culto di San Bruno. In quegli anni, venne anche fatto forgiare a Napoli il busto argenteo del Santo, che contiene parti delle sue spoglie mortali. I Monaci, con grande impegno e fervore, cominciarono a restaurare la chiesa e il convento, ricostituendo la comunità. I beni alienati ritornarono ai loro legittimi proprietari e la chiesa della Certosa era già completamente restaurata nel 1600, diventando una delle più belle della Calabria. In particolare, si deve ricordare l’opera del Priore D. Bertrand Chalup ( morto nel 1619) che ricostruì interamente il monastero. Nel 1783, tuttavia, una fortissima scossa di terremoto calcolata al IX grado della scala Mercalli - con epicentro a Soriano, paese situato ad una quindicina di chilometri da Serra - provocò devastazioni in tutta la regione, causando circa 40.000 vittime. Benché nella Certosa non si registrassero perdite umane, nessuno degli edifici rimase illeso. I Monaci videro distrutto in pochi attimi il lavoro di secoli e furono costretti ad abbandonare Serra. I terreni furono incamerati, i libri, i documenti e gli oggetti sacri trafugati e, nel 1808, la Certosa fu soppressa per effetto dei decreti napoleonici. Un decreto del 1840 venne messo in esecuzione da un rescritto del Re di Napoli, Ferdinando II, datato 21 giugno 1856; per la Certosa cominciava finalmente una nuova vita. Nel maggio dell’anno successivo, con una cerimonia solenne, il busto d’argento di San Bruno fu riportato dalla Chiesa Matrice di Serra, dove era stato collocato dopo la soppressione della Certosa, nella sua sede originaria, tra le acclamazioni della folla. Nonostante tutto, la ricostruzione della Certosa procedette a rilento anche perché, dopo l’unità d’Italia, intervenne una nuova legge di chiusura dei conventi. La situazione si risolse quando, nel 1887, la Gran Certosa di Francia intervenne direttamente, acquistando dal Comune di Serra i ruderi della Certosa ed il terreno racchiuso tra le sue mura. A partire dal 1894, cominciarono i lavori di ricostruzione del complesso, sotto la direzione dell’architetto Pichat che si avvalse di maestranze locali. Egli progettò la ricostruzione recuperando le parti che non erano andate distrutte durante il terremoto. Il 13 novembre 1900 venne consacrata la chiesa, per mano del vescovo serrese, monsignor Giuseppe Barillari.

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3.8.2.2 Aspetti artistico-architettonici La costruzione originale era un esempio di architettura gotica, ma fu modificata alla fine del Cinquecento e nei secoli successivi, fino alla sua ricostruzione, avvenuta in seguito al terremoto del 1783. Della Certosa originaria sopravvivono parti della facciata della chiesa, resti delle mura perimetrali e delle torri angolari. La fontana è invece un'aggiunta seicentesca, come il chiostro, del quale sono ancora visibili le colonne doriche. L'edificio, nella sua forma attuale, fu costruito tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo successivo e presenta uno stile architettonico che riprende i motivi del gotico di area francese. All'interno della chiesa, si possono vedere un San Francesco di Paola, probabile opera di Luca Giordano, e, sopra l’altare maggiore, oltre al busto argenteo contenente il cranio di San Bruno, le sacre ossa del fondatore dell’Ordine Certosino e del suo primo successore in Calabria, il beato Lanuino. Le reliquie sono conservate in un’urna marmorea, con intarsiate le parole: "In morte quoque non sunt divisi".

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IV Schede Certose che non svolgono attività culturali

4.1 Certosa di Collegno – Torino

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4.1.1 SCHEDA 1 4.1.1.1 Gestione attuale e Attività

L’antica Certosa si trova in posizione centrale, inglobata da alcuni padiglioni. Parte degli immobili è stata data in comodato d’uso all’Università italo-francese ed al Comune. L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto più di 10 anni fa. La Certosa ha diversi utilizzi. In generale vi si svolgono attività culturali, sociali e sanitarie, perché vi hanno sede degli uffici dell’A.S.L. che gestisce il patrimonio immobiliare al 98%. L’accesso al pubblico è possibile solo nelle ore diurne ed avviene gratuitamente nelle zone di maggior pregio artistico. La Certosa vive esclusivamente di sovvenzioni pubbliche. Vengono svolte delle attività riguardanti il settore della fotografia. A volte la struttura viene utilizzata come “scenografia” per servizi fotografici .

4.1.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Secondo quanto raccolto nell’intervista, si dovrebbe incrementare la manutenzione straordinaria e la sorveglianza. Sarebbe inoltre auspicabile una pubblicità maggiore per la struttura.

4.1.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 4.1.2.1 Cenni storici

La Certosa di Collegno sorse per iniziativa di Maria Cristina di Francia, duchessa di Savoia, prima Madama Reale; ella, che si trovava a Grenoble per incontrare il Fratello, re Luigi XIII di Francia, si recò in pellegrinaggio alla “Grande Chartreuse”, Casa Madre dell'Ordine dei Certosini, facendo voto di erigere una Certosa presso Torino. Nel 1641, Madama Reale acquistò un palazzo fatto costruire nel 1614 da Bernardino Data, amministratore ed aiutante di Camera del Duca di Savoia Carlo Emanuele I e, successivamente, alcuni terreni ed edifici adiacenti per ampliare l’area in cui doveva sorgere la nuova Certosa, dedicata all’Annunziata, patrona dei Savoia. La Certosa fu occupata dai Monaci Certosini richiamati da un piccolo monastero di Avigliana. Nel 1802, con l’annessione all’impero di Francia di Napoleone, i Certosini di Collegno furono privati delle loro sostanze e costretti a sciogliersi.

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Gli edifici della Certosa divennero proprietà demaniali e poi, in gran parte, privati. Al ritorno dei Savoia, venne riaperta la Certosa ma, nel 1853, l’istituto religioso fu soppresso e i locali destinati a Regio Manicomio, poi trasformato in ospedale psichiatrico. Attualmente, parte dei locali è occupata dagli uffici e dai servizi dell’Azienda Sanitaria Locale.

4.1.2.2 Aspetti artistico-architettonici

L’impianto originario del complesso è dell’architetto Maurizio Valperga, mentre il progettista dell’ampliamento settecentesco e del portale di ingresso, edificato nel 1737, per volere di re Carlo Vittorio II, fu Filippo Juvarra. Del primo complesso storico fanno parte la Chiesa della SS. Annunziata, le Tombe dei Cavalieri della SS. Annunziata e l'Aula Hospitalis. L'ampliamento è consistito nella costruzione di vasti fabbricati ottocenteschi, padiglioni disposti a pettine che hanno progressivamente trasformato la Certosa in una delle più grandi strutture psichiatriche d'Italia. I confini dell'ambito ospedaliero coincidono con la traccia del muro di cinta, abbattuto negli anni Ottanta con la chiusura delle strutture psichiatriche. Il nucleo seicentesco degli edifici monastici oggi è sede degli uffici amministrativi dell'ASL 5. In un settore più appartato del Parco, sono collegate le ville Regina Margherita e otto edifici di inizio Novecento, collocati all'inglese in blocchi isolati nel verde. Alcune di queste ville sono state ristrutturate ed adibite ad uffici comunali, spazio espositivo “Sala delle arti”, liceo scientifico psicopedagogico, sede del Consorzio di Igiene Urbana, centro culturale Arci. In altri padiglioni ristrutturati hanno trovato sede il Museo della città, gli uffici del Patto territoriale della zona ovest, il centro giovanile al Padiglione 14 ed ancora l'Università Italo-Francese

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4.2 Certosa di Monte San Pietro (Valmanera – Asti)

4.2.1 SCHEDA 1 4.2.1.1 Gestione attuale e Attività

La ristrutturazione dell’edificio è in corso d’opera. La Certosa svolge al suo interno attività diversificate. Una parte è occupata da un asilo privato, una parte viene adibita per attività culturali legate alla tessitura ed esposizione di arazzi, un’altra area è adibita per un centro meccanografico ed un alloggio. Il patrimonio è gestito dalla famiglia Cielo.

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La Certosa, oggi, è aperta al pubblico in modo gratuito, ma in futuro forse sarà a pagamento. Essa è visitabile al 50%. Gli spazi nella struttura sono i seguenti:

• Laboratorio • Galleria d’esposizione (2 piani) • Locale di rappresentanza

Le infrastrutture godono di sovvenzioni pubbliche della Provincia e della Cassa di Risparmio di Asti. Le attività vengono gestite dal Sig. Scassa insieme alla Provincia a cui ha donato la collezione di arazzi. Egli svolge la funzione di direttore artistico delle attività della Certosa legate tutte a questo tipo di artigianato che si auto-finanzia.

4.2.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Nella Certosa si stanno realizzando degli interventi che erano urgenti e per migliorarne la gestione si auspica una manutenzione ordinaria più costante.

4.2.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 4.2.2.1 Cenni storici

La Certosa, secondo alcuni storiografi, sarebbe stata fondata nella prima metà dell’VIII secolo dal re dei Longobardi Liutprando; nel 1387 i Monaci Certosini subentrarono ai vallombrosini, in forza di una Bolla di Papa Clemente VII avignonese. La chiesa era dedicata ai Santi Apostoli Filippo e Giacomo e accoglieva sei altari marmorei di grande pregio. La biblioteca conteneva molti volumi di teologia, filosofia e storia e documenti vergati su pergamena. Nella Certosa abitavano dieci Padri, otto Conversi, diversi novizi e domestici. Nel 1801, il monastero fu soppresso e la chiesa demolita nel 1816; i Monaci furono dispersi ed i beni incamerati

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4.3 Certosa di Pesio – Cuneo

4.3.1 SCHEDA 1 4.3.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo restauro è avvenuto recentemente. La Certosa è sede della casa di spiritualità missionaria e svolge al suo interno delle attività totalmente religiose. Il patrimonio è gestito dai missionari della consolata, che gestiscono sia la struttura che le attività che vi si svolgono.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 89

E’ ammesso l’accesso al pubblico ed è gratuito. La Certosa è visitabile al 60% ed è suddivisa in tre “aree”:

• Una parte per gli ospiti • Una parte adibita per la preghiera • Una zona dedicata agli incontri

La Certosa riceve delle esigue risorse pubbliche e ciò che si realizza è sostanzialmente l’introito derivante dalla libera offerta dei privati. Le attività sono esclusivamente religiose.

4.3.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Per la valorizzazione della Certosa, il Priore ha richiesto dei restauri e ha individuato la formula vincente per la buona gestione della Certosa nell’amore di chi la gestisce tanto per la struttura tanto, soprattutto, per chi la visita.

4.3.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico

4.3.2.1 Cenni storici

La Certosa di Pesio fu fondata nel 1173 grazie alla generosa donazione dei terreni da parte dei Signori di Morozzo e del Comune di Chiusa; il luogo prescelto, nella Valle di Pesio (Cuneo) si trovava sulla via ideale che congiungeva la Certosa di Serra San Bruno, la prima fondata in Italia, con la Gran Certosa di Grenoble. Proprio dalla Certosa madre di Grenoble giunse Padre Ulderico, incaricato di ricevere e ratificare l’atto di donazione dei terreni su cui doveva sorgere la Certosa di Pesio, della quale egli fu anche il primo Priore. La Certosa sorse in un periodo particolarmente favorevole, poiché dopo la lunga e dura dominazione saracena, si assisteva ad un rifiorire della fede e della pietà religiosa ed erano frequenti le donazioni agli istituti monastici, considerati i cenacoli della vita religiosa e baluardi di sicurezza. Inoltre, la vicina Certosa di Casotto, fondata solo due anni prima, era cresciuta oltre il numero di Monaci consentito dalla primitiva Consuetudine dell’Ordine (12 Monaci) e si rendeva pertanto necessaria un’altra sede in cui sistemare i Monaci in esubero. La Certosa raggiunse l'apogeo dello splendore tra i secoli XVII e XVIII, arricchendosi di importanti opere d’arte di artisti famosi. La chiesa superiore, specialmente, consacrata nel 1599, fu resa un vero gioiello. Non stupisce perciò l'altissima fama a cui era salita la Certosa di Pesio, tanto da attirarvi studiosi e pellegrini, principi ed artisti, tra cui Principi di

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Casa Savoia, come Vittorio Amedeo I e Maria Cristina, che vi furono ospiti nel 1634. A seguito della Rivoluzione francese, la Certosa cadde nell’abbandono e nell’oblio; i resti scultorei, attualmente radunati in un portico nel cortile del chiostro superiore, così come gli affreschi e gli stucchi piuttosto ben conservati della grande chiesa superiore, rappresentano un piccolo segno del passato splendore. Le devastazioni ripetute dei valligiani, le intemperie e il Decreto napoleonico del 1802 lasciarono ben poco a quella Certosa che le cronache definiscono una delle più belle e ricche del suo tempo. Nella seconda metà del secolo, la struttura fu adattata a stabilimento idroterapico, ma, dopo breve tempo, ritornò ad essere dimenticata. Con l'arrivo dei Missionari della Consolata, nel 1934, la Certosa fu casa di vacanza estiva per i giovani aspiranti e Missionari reduci, e sede del seminario durante il secondo conflitto mondiale. I Missionari della Consolata realizzarono i restauri per ripristinare a pieno la funzionalità del fatiscente edificio; il notevole incremento, edilizio e viabile, della zona e soprattutto lo sviluppo enorme del turismo, della villeggiatura, degli sport invernali degli ultimi anni, hanno favorito l'interesse e l'accorrere di numerosi visitatori al monumento

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4.4 Certosa di Garegnano – Milano

4.4.1 SCHEDA 1 4.4.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto più di cinque anni fa. La Certosa è diventata una parrocchia (Maria Assunta in Certosa), a cui sono affidate sia la gestione dell’immobile, sia quella delle attività. Naturalmente è ammesso l’accesso al pubblico che è a pagamento (80 euro) per i gruppi, gratuito per i singoli visitatori. La Certosa è visitabile al 70% e si divide in tre grandi aree:

• Chiesa parrocchiale • Casa parrocchiale

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Schede delle certose che non svolgono attività culturali 92

• Convento delle suore Il convento non riceve sovvenzioni. Nella Certosa si svolgono attività di tipo religioso.

4.4.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Restauro della struttura. Essendo una comunità parrocchiale, le problematiche gestionali sono differenti rispetto ad una struttura museale.

4.4.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 4.4.2.1 Cenni storici

La Certosa, oggi inglobata nella periferia nord di Milano, sorgeva anticamente al centro del borgo di Garegnano, quasi quattro chilometri oltre le mura cittadine. Fondata nel 1349 da Giovanni Visconti, signore ed arcivescovo di Milano, era stata progettata in quel luogo per garantire la quiete e la solitudine che la vita dei Monaci richiedeva. Curiosa appare la motivazione della fondazione; Giovanni Visconti, a causa del suo impegno politico, non disponeva di tempo sufficiente da dedicare alla preghiera, pertanto voleva che nella sua diocesi si insediasse un Ordine religioso dedito quasi esclusivamente alla preghiera ed alla meditazione; questa volontà è manifestata chiaramente nell’atto di fondazione della Certosa, dove egli espresse la volontà di fondare l’istituto affinché i Monaci pregassero al suo posto. Nel 1352, i lavori dovevano essere già quasi del tutto conclusi, ma la consacrazione della chiesa monastica avvenne solo nel 1367. Del primo impianto della Certosa purtroppo non si hanno notizie certe. Tra i primi priori del monastero vi fu Stefano Marconi, Padre spirituale della famiglia Visconti, che convinse Caterina, seconda moglie di Gian Galeazzo, a far voto di fondare una nuova Certosa; nel 1398, pertanto, fu fondata la Certosa di Pavia. Verso la fine del XIV secolo, Luchino Visconti fece una generosa donazione ai Monaci che generò un nuovo impulso edilizio. La Certosa era molto conosciuta all’epoca, anche grazie alle visite che vi compiva il Tetrarca, che la definì “bella e nobile”. Nel 1449, una banda di briganti s’introdusse nella Certosa, saccheggiandola. Nel 1782, i Monaci Certosini furono costretti ad abbandonare la Certosa a causa della soppressione austriaca.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 93

In occasione del Giubileo del 2000, la Certosa di Milano è stata oggetto di uno dei maggiori interventi di restauro. Grazie all’intenso lavoro della comunità dei frati cappuccini, della Commissione artistica ed economica parrocchiale ed all'iniziativa di alcuni dei suoi aderenti, l'antica struttura architettonica è potuta tornare al suo originario splendore.

4.4.2.2 Aspetti artistico-architettonici

La facciata odierna fu realizzata tra la fine del secolo XVI e l’inizio del secolo XVII; essa è tripartita simmetricamente, ritmata nei due ordini inferiori da coppie di paraste in granito con capitelli in pietra gialla d’Angera. Nella parte inferiore, si apre un portale - con un’iscrizione sotto l’architrave che riporta la data del 1608 - decorato con un altorilievo rappresentante il riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto. Lateralmente all’architrave, si aprono due nicchie con San Bruno e Sant’Ugo Vescovo. Nella parte mediana, ai lati di una finestra serliana, si aprono due nicchie con San Carlo Borromeo e Sant’Ambrogio, mentre, nella parte superiore, si trova un bassorilievo in pietra rossa d’Angera, con la Maddalena portata in cielo dagli Angeli

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Schede delle certose che non svolgono attività culturali 94

4.5 Certosa di Vedana

4.5.1 SCHEDA 1 4.5.1.1 Gestione attuale e Attività La Certosa è stata ristrutturata recentemente con il fissaggio di parte dei tetti. La struttura è destinata totalmente all’uso religioso ed è abitata dalle Monache Certosine. La Certosa è proprietà dell’Ordine dei Certosini (Provincia d’Italia). L’accesso al pubblico non è ammesso. La Certosa vive delle sovvenzioni private della CariVerona.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 95

Tutte le iniziative, di natura esclusivamente religiosa, sono finanziate dall’Ordine.

4.5.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

I suggerimenti per migliorare la gestione riguardano soprattutto i restauri della cappella del cimitero, delle mura di cinta e la pulizia del bosco. Inoltre, si auspica un aumento delle vocazioni e del numero di suore per realizzare una gestione più efficiente.

4.5.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 4.5.2.1 Cenni storici

Fin dal 1155 esisteva l'Ospizio di San Marco di Vedana, trasformato in Certosa nel 1456. Sotto la guida dei Monaci la Certosa, oltre ad essere un centro spirituale di notevole importanza, divenne modello di organizzazione. Al fervore di un’intensa vita religiosa, si affiancò una proficua attività agricola. Nel 1521, la Certosa fu accresciuta del gran chiostro; nel 1768, con i decreti della Serenissima, che sancivano la chiusura dei monasteri con pochi frati, la grande abbazia venne dismessa e gli edifici e i beni terrieri venduti a privati. Dal 1882, la Certosa fu recuperata dai Certosini francesi che si distinsero, specie ad inizio del XX secolo, per l'opera a favore dei più bisognosi. Sino al 1977, la Certosa ha ospitato una comunità di Monaci Certosini, mentre attualmente è sede di una comunità di Monache di clausura.

4.5.2.2 Aspetti artistico-architettonici

La Certosa conserva due tele di Sebastiano Ricci, “Il battesimo di Gesù” e “Madonna col Bambino tra San Bruno e San Ugo”, opere di notevole freschezza e armoniosa composizione, poste sugli altari. Notevole è il tabernacolo attribuito ad Andrea Brustolon; la cappella delle reliquie è anch’essa di grande pregio artistico. Il piccolo chiostro del Quattrocento, con un pozzo nel centro, appare ben proporzionato e delicato con le sue esili colonne.

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4.6 Certosa di Rivarolo – Genova

4.6.1 SCHEDA 1 4.6.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto più di 10 anni fa. Il patrimonio immobiliare è gestito dalla parrocchia e dalla Curia arcivescovile e la gestione delle attività è affidata al parroco. Trattandosi di una parrocchia attiva è interamente accessibile al pubblico, anche se una parte della Certosa è stata data al comune di Genova. L’accesso, ovviamente, é a titolo gratuito. La Certosa gode di finanziamenti esclusivamente privati. La Certosa è completamente adibita per attività religiose.

4.6.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Più che la gestione, i suggerimenti riguardano la necessità di un restauro architettonico del chiostro.

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4.6.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 4.6.2.1 Cenni storici

La Certosa, dipendente da quella di Santa Maria del Casotto, fu fondata nel 1297 sui terreni donati da Luchino di Negro nel luogo in cui, probabilmente, sorgeva una piccola costruzione religiosa. Il primo chiostro, posto sul retro dell’abside, fu utilizzato anche come cimitero; oggi esso è adibito a giardino pubblico, mentre le gallerie sono in degrado e sfruttate a fini abitativi. L’antico chiostro presenta una pianta quadrata, con arcate su pilastri, di aspetto piuttosto dimesso; sopra questo primo Ordine si trova quella che fu la galleria colonnata del primo piano, costruita in un tempo successivo, quando nella Certosa si insediò un piccolo gruppo di Monaci che, in seguito, vi si stabilirono. Una fonte riporta che il complesso monastico fu totalmente ricostruito nel 1530; tuttavia, appare più probabile che si sia trattato piuttosto di un rimaneggiamento, col riutilizzo delle strutture gotiche della navata che sono, infatti, anteriori del XV secolo.

4.6.2.2 Aspetti artistico-architettonici

La ricostruzione o ristrutturazione avvenne nel periodo in cui la Chiesa superò il travaglio del Grande Scisma, e a Genova si avviò un rinnovamento di vari complessi conventuali, patrocinato dal Pontefice Eugenio IV, che contava su questi nuclei come capisaldi della sua riforma. In quest’epoca, la Certosa assunse importanza e godette di un periodo di grande ricchezza anche grazie a potenti patrocinatori; nel 1472 Lazzaro Doria innalzò una cappella, commissionando a Vincenzo Foppa una tavola, poi perduta. Alla cappella Doria si aggiunse quella di Giorgio Spinola, nel 1480; entrambe le cappelle vennero demolite nel XIX secolo. Tra le cappelle sopravvisse soltanto quella di San Bartolomeo, che venne trasformata nel 1473 da Bernardino di Negro. Nel XV secolo, la Certosa assunse il ruolo di importante polo culturale, com’è dimostrato dalla presenza, di grande interesse per la storia della scultura genovese, dei due altari Doria e Spinola, forse opera di Giovanni da Campione. Essi, essendo state demolite le cappelle che li ospitavano, si trovano attualmente al Victoria & Albert Museum di Londra. La loro tipologia di portale li evidenzia come rappresentativi del passaggio, nell'arte genovese, tra il gotico e il rinascimentale. La loro struttura è sovrastata da lunette scolpite a bassorilievo.

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Le strutture della chiesa attuale per lo più risalgono al XVI secolo. Nei primi anni del XVI secolo, a spese dei Di Negro, Doria, Spinola fu costruita la seconda galleria del primo chiostro, sovrapposta alla struttura gotica, con un loggiato classicheggiante che poggia su 16 colonne marmoree con cornici in pietra di Promontorio. Il secondo chiostro presenta forme di derivazione toscana; esso può essere verosimilmente datato intorno al 1530 circa, in base alle affinità che si riscontrano con analoghe strutture di Coronata e del Boschetto, risalenti a quella data. La cupola a tiburio ottagonale, tipologia insolita nel Genovese, ma che seguiva forse l’influsso dei prosecutori del Bramante, è databile al 1562. Venuto a mancare il patrocinio dei Doria e degli Spinola, il convento cominciò a decadere, restando i soli Di Negro come patrocinatori. Nel 1798 il complesso religioso venne soppresso dalla Repubblica Ligure. Nel 1801 fu riaperto come parrocchia e da allora la chiesa è officiata dal clero secolare. A metà del XIX secolo vi fu condotto un restauro da Maurizio Dufour che realizzò il prolungamento dell’abside e degli affreschi ottocenteschi. La realizzazione del complesso si sviluppa, dunque, in tre fasi; una prima gotica, una seconda cinquecentesca, e una terza e ultima ottocentesca, che é legata alle teorie del restauro e del recupero del Medioevo.

4.7 Certosa di Loreto-Savona

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4.7.1 SCHEDA 1 4.7.1.1 Gestione attuale e Attività

L’ultimo intervento di ristrutturazione è avvenuto più di 10 anni fa. Il patrimonio immobiliare è gestito dalla Fondazione di Religiose Opera Santa Teresa del Bambin Gesù-Nido di Rondinini. E’ ammesso l’accesso al pubblico ed esso avviene gratuitamente per tutta la parte d’interesse storico. Per quel che concerne le infrastrutture, la Certosa gode esclusivamente di sovvenzioni private, costituite dalle elargizioni di Enti e privati per particolari interventi. Attualmente nella Certosa si svolgono attività di vario tipo:

• Al 10% attività religiose, consistenti nella celebrazione della messa quotidiana ed in un generico servizio religioso delle suore, che sono a disposizione per l’ascolto e l’accompagnamento spirituale degli interni e dei residenti nel quartiere

• Al 70% attività sociali, consistenti nell’assistenza a ragazzi e famiglie nel bisogno

• Nella Certosa si svolgono anche attività culturali (10%) come convegni e concerti

• Il restante 10% delle attività è legato a giornate d’incontro per famiglie e giovani

Le attività vengono gestite dalle religiose dell’Opera e da alcune volontarie. I promotori delle iniziative si fanno carico di reperire i fondi necessari con cene benefiche e raccolte di fondi.

4.7.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

Le religiose hanno suggerito i seguenti interventi: • Sistemazione della strada di accesso al chiostro • Impermeabilizzazione delle pareti a nord • Recinzione della zona dirimpetto a sud della Certosa

Le suore suggeriscono, inoltre, una gestione unica da parte di un Ordine Religioso.

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Schede delle certose che non svolgono attività culturali 100

4.7.2 SCHEDA 2 - Approfondimento strico-artistico 4.7.2.1 Cenni storici

La Certosa di Loreto, eretta da Stefano Embruno nel 1480 fu, in seguito, ingrandita. Forse venne edificata sul precedente Castello di Loreto

4.8 Certosa di Farneta – Lucca

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 101

4.8.1 SCHEDA 1 4.8.1.1 Gestione attuale e Attività

La Certosa è stata ristrutturata recentemente. La struttura è destinata ad attività religiose ed agricole. Il patrimonio immobiliare è gestito dalla Provincia d’Italia dell’Ordine dei Padri Certosini e la Certosa non è aperta al pubblico. Per quel che concerne le infrastrutture, la Certosa gode dei finanziamenti dell’Ordine, ma anche di finanziamenti pubblici. I finanziamenti per i restauri provengono dalla Cassa di Risparmio di Lucca. La struttura è destinata ad attività religiose ed agricole.

4.8.1.2 Suggerimenti per il miglioramento della gestione

I Monaci stanno già provvedendo a mettere in opera dei restauri strutturali per migliorare la gestione della Certosa.

4.8.2 SCHEDA 2 - Approfondimento storico-artistico 4.8.2.1 Cenni storici

La costruzione della Certosa, dedicata allo Spirito Santo, fu iniziata nel 1340, ai piedi delle colline della Lucchesia, per volontà di Gardo di Bartolomeo Aldebrandi, ricco mercante di Lucca. Del complesso originale rimane solo il piccolo chiostro, edificato nel XIV secolo; tutte le altre strutture furono rinnovate tra il XVI ed il XVII secolo. La Certosa condusse una vita piuttosto tranquilla sino alla caduta della Repubblica di Lucca, sotto il dominio napoleonico, quando l’Ordine fu soppresso e i Monaci costretti ad abbandonare il monastero che, annesso al demanio statale, fu alienato a privati. Paradossalmente, la persecuzione degli Ordini religiosi in Francia ridette vita alla Certosa di Farneta; infatti, nel 1903, i Monaci della Gran Certosa furono costretti ad abbandonare la Casa Madre ed il Reverendo Padre Dom Micheal Baglin decise di acquistare la Certosa di Farneta che si trovava in vendita, per trasferirvi la comunità in esilio. I lavori di riadattamento cominciarono immediatamente e riguardarono soprattutto la costruzione di nuovi edifici presso l’ingresso del monastero, per accogliere i partecipanti ai Capitoli generali; l’ampliamento della chiesa, mediante un allungamento di tre campate dalla parte della facciata, la costruzione di un secondo chiostro, attiguo al primo, in modo da raddoppiare il numero delle celle disponibili. I Monaci della Gran Certosa

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Schede delle certose che non svolgono attività culturali 102

si stabilirono a Farneta nel 1904 e vi rimasero sino al 1940, quando fu possibile per l’Ordine rientrare nel monastero in Francia; da quest’epoca, Farneta è una Certosa autonoma dell’Ordine. Durante la seconda guerra mondiale, i Monaci di Farneta, con grande generosità, avevano dato rifugio ad ebrei e perseguitati politici senza distinzioni di partiti, nazionalità e religione; nella notte tra il 1° e il 2 settembre 1944, i soldati tedeschi irruppero nel monastero e trasferirono religiosi e civili a Nocchi, nei pressi di Camaiore. Molti di loro furono fucilati, gli altri deportati; dodici Monaci vennero uccisi, tra cui il Priore dom Martino Binz, il procuratore dom Gabriele Maria Costa e dom Bernardo M. Montes de Oca, già vescovo di Valencia (Venezuela) e novizio a Farneta dal 1943. La fedeltà al Vangelo, portata sino al sacrificio della vita, è stata solennemente commemorata il 5 settembre del 2001, con il conferimento della Medaglia d’Oro al valor civile concessa dal Capo dello Stato. Dopo alcuni mesi dai tragici eventi del 1943, i Certosini poterono rientrare a Farneta.

4.8.2.2 Aspetti artistico-architettonici

Nonostante la sua lunga storia, la Certosa di Farneta non presenta una grande ricchezza di opere d’arte, contrariamente alle vicine Certose monumentali di Pisa e Firenze. Questo elemento è stato probabilmente determinante per il destino attuale della Certosa che, essendo rimasta in disparte nell’interesse dei turisti, ha potuto mantenere quelle caratteristiche di solitudine e quiete che costituiscono l’elemento fondante della vita dei Monaci Certosini, i quali, principalmente nel silenzio, pregano e ricercano la comunione con Dio.

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Utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 103

V Conclusioni L’analisi effettuata mostra una situazione che vede le Certose italiane in condizioni molto diverse fra loro, in termini di gestione, attività e destinazione d’uso. Attraverso alcuni grafici, si cercherà di “tirare le somme” dell’indagine, fornendo una visione esaustiva e facilmente interpretabile. I dati raccolti ed analizzati per ogni struttura sono ora accorpati per fornire informazioni statistiche sui diversi aspetti della gestione delle Certose che si è scelto di indagare nel presente lavoro.

Graf. 14 - Ultimo intervento ristrutturazione delle Certose. Distr.%

Recente31,3%

Più di 5 anni fa6,3%

Più di 10 anni fa62,5%

Fonte: elaborazione dati questionario

Il grafico mostra che la maggioranza delle Certose (62,5%) è stata restaurata più di 10 anni fa. Emerge anche il dato indicante che il 31,25% ha attuato interventi di restauro recentemente, per cui si può considerare la situazione positivamente, anche se il significativo dato sulla ristrutturazione degli immobili avvenuta più di 10 anni fa, suggerisce delle carenze legate ai fondi per le infrastrutture.

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Conclusioni 104

Graf. 15 – Chi gestisce il Patrimonio immobiliare. Valori assoluti

1

1

1

1

1

2

3

6

Università

Privati

Misto (soprintendenza-università)

Missionari

Congregazione religiosa

Parrocchia

Ordine Certosino

Ente statale

Fonte: elaborazione dati questionario

Questo grafico evidenzia la grande disomogeneità rispetto alla gestione del patrimonio immobiliare. Dai dati emerge una situazione che vede l’Ordine Certosino come protagonista della gestione in 3 casi (corrispondenti al 19% circa). Il dato può essere letto sia positivamente, sia negativamente: in un’ottica positiva, si può fare la riflessione per cui, viste le numerose vicende storiche che hanno attraversato tutte le Certose ed il notevole calo delle vocazioni monastiche, constatare che il 19% della gestione è rimasto nelle mani dell’Ordine, può rappresentare un dato incoraggiante. E’ anche vero, però, che se si considerano le strutture come luoghi di preghiera, destinati ad ospitare i religiosi, una percentuale del 19% risulta bassa. Gli Enti Statali gestiscono 6 delle 16 strutture prese in esame e risultano i gestori maggiormente rappresentati (37,5%); ciò è comprensibile, viste le molteplici traversie occorse durante i secoli, che hanno visto molto spesso una dispersione dei Monaci ad un abbandono delle Certose stesse. Due Certose sono state trasformate in parrocchie. Queste sono attive nella comunità e rappresentano soprattutto le strutture legate ai poli urbani. Negli altri casi si ha una gestione varia; in generale è emersa dall’indagine la presenza delle seguenti categorie di soggetti:

• Missionari • Congregazioni religiose

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 105

• Università • Privati • Gestione mista (soprintendenze e Università).

Graf. 16 – Chi gestisce le attività all’interno delle Certose. Valori assoluti

1

1

1

1

1

1

1

2

2

2

3

Università

Gestione esterna

Misto (soprintendenza-università)

Privati

Missionari

Ordine Cistercense

Congregazione religiosa

Misto (Pubblico e privato)

Ordine Certosino

Parrocchia

Ente statale

Fonte: elaborazione dati questionario

La gestione delle attività è affidata, in 7 casi su 16 (44% dei casi) ad organismi religiosi. La gestione mista è legata soprattutto a quelle strutture che realizzano attività culturali, in cui i religiosi non sono più presenti. Una buona percentuale nella gestione delle attività delle Certose è legata agli Enti Pubblici, che sono per lo più i Comuni, le Regioni, le Province di appartenenza e le Soprintendenze.

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Conclusioni 106

Graf. 17 – Accessibilità al pubblico. Valori %

consentito87,5%

non consentito12,5%

Fonte: elaborazione dati questionario

La maggior parte delle Certose è aperta al pubblico, mentre una piccola percentuale (12,5%) è totalmente adibita per la clausura dei religiosi.

Graf. 18 - Modalità di accesso al pubblico delle Certose

gratuito64,3%

pagamento28,6%

libera offerta7,1%

Fonte: elaborazione dati questionario

Tra le 14 Certose in cui l’accesso al pubblico è consentito, il 64% avviene gratuitamente, il 29% a pagamento ed il 7% con libera offerta. Ciò significa che il patrimonio viene messo a disposizione con una certa facilità e che solo una piccola parte attua delle politiche legate alla generazione di profitti derivante dai biglietti d’entrata.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 107

Graf. 19 – Fonti di finanziamento per opere infrastrutturali. Valori %

Pubbliche50,0%

Private25,0%

Miste18,8%

Nessuno6,3%

Fonte: elaborazione dati questionario

Come si può notare dal grafico, la manutenzione delle strutture avviene soprattutto a carico del servizio pubblico. Una parte è legata anche agli enti privati e in 3 casi l’intervistato riferisce di un finanziamento “misto”. In un caso (Certosa di Garegnano), l’intervistato sostiene che la struttura non riceve alcun tipo di sovvenzione per il mantenimento delle infrastrutture.

Graf. 20 – Fonti di finanziamento per le attività praticate

Pubbliche31,3%

Private37,5%

Miste18,8%

Nessuno12,5%

Fonte: elaborazione dati questionario

Al contrario, le attività vengono finanziate soprattutto dai privati (37,5%). Il settore pubblico finanzia le attività per il 31% del totale, seguito da una

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Conclusioni 108

gestione mista (19%). C’è anche una significativa percentuale (12,5%) che non riceve finanziamenti. Alla luce delle considerazioni fatte, possiamo desumere che lo stato attuale delle Certose italiane difetti soprattutto di finanziamenti per le infrastrutture, che rappresentano spesso dei patrimoni di altissimo valore artistico. Sicuramente si potrebbe fare di più per la manutenzione di queste strutture, anche perché l’aspetto architettonico è strettamente legato a quello delle attività. In molti casi si è lamentata la mancanza di attenzione dei privati ed un abbandono che non consente (soprattutto ai Monaci) di aprire le Certose ad iniziative diverse da quelle religiose.

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 109

Bibliografia AAVV, Italia Meravigliosa- Abbazie e Conventi, Milano 1974

Comba R., “Le terre dei Morozzo: uno straordinario punto di concentrazione di esperienze religiose e monastiche nei secoli XI-XIII” in All’ombra dei signori di Morozzo. Esperienze monastiche riformate ai piedi delle Marittime (XI-XV secolo), a cura di Comba R.- Merlo G. G., Cuneo 2003

Comba R., “La prima irradiazione Certosina in Italia (fine XI secolo-inizi XIV)” in Annali di Storia Pavese n. 25, 1997, pp. 17-36

Dal Pino F. A., “Il secolo delle Certose italiane: inizi Trecento-metà Quattrocento” in Annali di Storia Pavese n. 25, 1997, pp. 37-48

De Leo P., Certosini e Cisterciensi nel Regno di Sicilia, Soveria Mannelli (CZ) 1993

De Leo P. (a cura di), L’ordine Certosino ed il Papato dalla fondazione allo scisma d’Occidente, Soveria Mannelli (CZ) 2003

De Leo P. (a cura di), San Bruno di Colonia: un eremita tra Oriente e Occidente, Serra San Bruno (VV)

Guglielmotti P., “Le origini delle Certose di Pesio, Casotto e Losa-Montebenedetto” in Certosini e cistercensi in Italia (sec XII-XV) (Atti del convegno di Cuneo, Chiusa Pesio e Rocca de’ Baldi, 23-26 settembre 1999), a cura di Comba R. –Merlo G. G, Cuneo 2000

Guglielmotti P., “Certosini in Piemonte: una innovazione circoscritta” in Il Monachesimo italiano nell’età comunale (1088-1250) (Atti del IV Convegno di studi storici sull’Italia benedettina organizzato dal Centro storico benedettino italiano, Pontida 3-6 settembre 1995), a cura di Trolese F., Cesena 1999

Leoncini G., “Religiosità Certosina e architettura delle Certose lombarde” in Annali di Storia Pavese n. 25, 1997, pp.49-73

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Sitografia 110

Sitografia http://digilander.libero.it/adamaney/immaginisavonaedintorni/loreto.htmit.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Bartolomeo_della_Certosa turismo.provincia.cuneo.it/paesaggio_costruito/index.jsp?lang=it&cap=paesaggio&par=chiese www.campaniatour.it/vis_evento.php?id_evento=3185www.casamari.itwww.cattedrale.parma.itwww.certosa.it/www.certosadibelriguardo.comwww.certosadibologna.itwww.certosadimaggiano.comwww.certosadimilano.itwww.certosadipavia.comwww.certosadipesio.orgwww.certose.it/www.certosini.orgwww.chartreux.orgwww.cistercensi.info/certosadifirenze/ www.collepardo.it/certosa.htmwww.comune.asti.itwww.comune.castelnuovo-berardenga.si.it/Citta/Chiese/index.phpwww.comune.certosa.pv.it/www.comune.gravere.to.itwww.comune.padula.sa.it/davedere/certosa/certosa www.comune.pv.itwww.dolomiti.it/ita/speciali/spirito/vedana.htmwww.geocities.com/cartusia/S800/prima.htmlwww.hotelcertosa.com/www.inparma.itwww.lacertosa.it/www.leabbazie.itwww.musis.itwww.nbts.it/torino/certosa_collegno.htmwww.pamparato.com/valcasotto/certosa.htmlwww.parco-orsiera.itwww.piemonte-emozioni.itwww.pisaonline.itwww.turismo.parma.it www.unisi.it

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Indagine conoscitiva sull’utilizzazione del patrimonio architettonico delle Certose in Italia 111

Ringraziamenti Il presente lavoro è stato possibile grazie alla cortese collaborazione delle persone intervistate, pertanto un caloroso ringraziamento va a:

Sig. Paltrinieri per la Certosa di Serra San Bruno Sig Scarcella per la Certosa di Loreto-Savona Sig.ra Castagneri per la Certosa di Montebenedetto Sig. Cavo per la Certosa di Genova Padre Luigi per la Certosa di Firenze o Certosa di Galluzzo Sig. Braia per la Certosa di Collegno – Torino Padre Francesco Peiron per la Certosa di Pesio Sig. Scassa per la Certosa di Monte San Pietro (Valmanera) Madre Maria Flora per la Certosa di Vedana Padri Certosini per la Certosa di Farneta Sig.ra Colli e Sig. Graibaldi per la Certosa di Garegnano – Milano Sig.ra Bria per la Certosa di Casotto Sig.ra Paolicchi per la Certosa di Calci o Certosa di Pisa Sig, Machetti per la Certosa di Siena Sig. Martorelli per la Certosa di Bologna Siig. ra Felici e Sig. Anania per la Certosa di San Lorenzo - Padula.

Un ringraziamento particolare va a Giovanni Leoncini, Professore Associato di Storia dell’Architettura presso l’Università di Firenze ed esperto dell’architettura e della storia delle Certose in Italia, per il prezioso aiuto e la disponibilità accordata.

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Gruppo di lavoro Area sviluppo progetti: Azzato Antonello Barbone Silvia Becheri Emilio Becheri Giacomo Billi Sandro Ciccolini Massimo Cocilova Maurizio De la Feld Gianpiero Gambassi Roberto Iannario Maria Iannibelli Antonietta Picilli Pierluigi Russo Michela Sommese Antonio Stumpo Sergio Ventisette Elisabetta Vitale Carmine Comunicazione: Breglia Carmela Medici Salvatore Picarelli Ugo Segreteria organizzativa e monitoraggio: Menna Pamela