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26| FLAVIO NANI È NATO E VIVE A MILANO, DOVE HA FREQUENTATO LA SCUOLA DEL FUMETTO. E’ QUI CHE CONOSCE NEKO, CHE ISPIRA LE STRIP SEMI-AUTOBIOGRAFICHE DI NEKO & KUMA, MEGLIO NOTI COME LA GATTA BASTARDA E L’ORSO CICCIONE. I SUOI PERSONAGGI ORMAI VIVONO DI VITA PROPRIA E HANNO UN LORO BLOG, COSÌ LUI, FINITA LA DURA GIORNATA DI LAVORO COME PROGRAMMATORE, SI DEDICA ANCHE AD ALTRI PROGETTI, SIA COME DISEGNATORE CHE COME SCENEGGIATORE. PER TUTTI GLI AMICI PERÒ RIMANE L’ORSO CICCIONE. |27

FLAVIO NANI È NATO E VIVE A MILANO, DOVE HA … · Come dice il mio slogan elettorale: sarà una colata che vi seppellirà!" ... è di Montelupo di Sopra e mi ha lasciato.” “Ah,

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FLAVIO NANI È NATO E VIVE A MILANO, DOVE HA FREQUENTATO LA SCUOLA DEL FUMETTO. E’ QUI CHE CONOSCE NEKO, CHE ISPIRA LE STRIP SEMI-AUTOBIOGRAFICHE DI NEKO & KUMA,

MEGLIO NOTI COME LA GATTA BASTARDA E L’ORSO CICCIONE. I SUOI PERSONAGGI ORMAI VIVONO DI VITA PROPRIA E HANNO UN LORO BLOG, COSÌ LUI, FINITA LA DURA GIORNATA

DI LAVORO COME PROGRAMMATORE, SI DEDICA ANCHE AD ALTRI PROGETTI, SIA COME DISEGNATORE CHE COME SCENEGGIATORE. PER TUTTI GLI AMICI PERÒ RIMANE L’ORSO

CICCIONE.

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RX NASCE IN UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA. PESSIMISTA CRONICO, DECIDE CHE SAREBBE DIVENTATO UN FUMETTISTA FAMOSO O CHE AVREBBE DOMINATO IL MONDO (ATTUALMENTE

STA TENTANDO LA PRIMA). INDECISO TRA DESIGN E LE BELLE ARTI SI ISCRIVE A INGEGNERIA DOVE, CON ALTRI INGEGNERI, FONDA LA FANZINE CAKKIO COMICS. ATTUALMENTE DISEGNA LE STRISSIE FUMETTOSE DI “STORIE DI VITA VISSUTA” SUL SUO BLOG WWW.RXSTRIP.IT E LE PUBBLICA QUANDO GLI CAPITA SU LIBRI E RIVISTE VARIE. ULTIMAMENTE STA RIVALUTANDO

L’IDEA DI CONQUISTARE IL MONDO

CHI SONO I MOSTRI? GENTE CON LA PELLE VIOLA, I CAPELLI SPARATI IN ARIA O ENORMI CICCIONI VERDI CON DEI BULLONI PIANTATI IN TESTA? OPPURE CHIUNQUE, ANCHE NOI, SIAMO

DEI MOSTRI, ANCHE SE SPESSO NON LO DIAMO A VEDERE? MOSTRIP È QUESTO, MA ANCHE MOLTO DI PIÙ! FATEVI ACCOMPAGNARE IN QUESTO FOLLE MONDO DA ALBO, FUMETTARO

PALERMITANO DI 27 ANNI STUDENTE DI GIURISPRUDENZA... E RICORDATE CHE I MOSTRI SIETE ANCHE VOI!

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Ci faremo compagnia per tanto tempo.Da questo numero di Tribù un nuovo inserto di otto pagine, realizzato da quellidismemoranda, arricchirà le pagine del giornale.Noi, quellidismemoranda, ce la metteremo tutta per farvi divertire (e pensare), per continuare a essere tutto quello che in tutti questi anni siamo stati attraverso le pagine della Smemo, la mitica e fedele compagna di tutti i giorni...Finalmente potremo ogni mese su Tribù, senza dover aspettare un anno o sedici mesi, conoscerci meglio e dialogare con voi.In queste pagine di Smemobanda troverete tante cose che appartengono alla nostra storia, al nostro inguaribile ottimismo e alla nostra voglia di vivere divertendoci, ma sempre guardando al mondo che ci circonda (e quindi che ci appartiene...) e fare qualcosa nel nostro piccolo per migliorarlo. E quindi per vivere e sognare, ridere e piangere, arrabbiarsi e gioire, amare e odiare, e riscoprire finalmente una dimensione collettiva della nostra esistenza, troppo spesso maltrattata da forme esasperate di individualismo. Vogliamo comunque essere presenti e puntuali anche sull’attualità politica; abbiamo quindi intervistato in esclusiva per voi l’ On. CETTO LA QUALUNQUE, affinché possa “illuminarci” su come un grande politico del sud tenterà di riconquistare tante preferenze alla prossima scadenza elettorale, ormai alle porte. Non si è fatto pregare e ci ha regalato alcune perle di grande saggezza. Onorevole LA QUALUNQUE, il suo programma politico..."Proseguendo coerentemente in una linea politica all’americana, io spessatamente e infattamente: mpilu! Però pago in dollari. Tralaltramente gli americani mi hanno anche mente copiato il programma dei primi 100 giorni, che è semplice e geniale: futtu! Ma non è detto che poi mi fermo."E quindi Onorevole in estrema sintesi..."Io farò uno sforzo per conciliare i due grandi temi della politica mitteleuropea: pilu e cemento armato. Come dice il mio slogan elettorale: sarà una colata che vi seppellirà!"Più chiaro di così...

Un bacio a tutti!Nico Colonna, Direttore di Smemoranda

LA MIA BANDA È LARGA

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COME DISEGNARE Le

espressioni deLLA BOCCA

SHOCKSCHOOL 30|

presenta:

CUT UPSMEMO

LA DI

visita il nostro sito www.smemoranda.it

I testi di Enrico Brizzi, Gioele Dix, Enzo Gentile, Mario Maffi, Valerio Peretti Cuc-chi, Paolo Rossi e i disegni sono proprietà riservata di SMEMORANDA

N. 1 - APR 08 N. 1 - APR 08

Dire, fare, l’Urzurkistan… Quando la banda sbanda!di Paolo RossiAllora, io una volta stavo in un grup-po, diciamo così, di comici, cabarettisti, musicisti, diciamo dell’area di sinistra. E in quest’area, in questo gruppo, tutti avevano avuto abbastanza successo, tranne uno. Succede. Questo qui, dopo anni, ci chiama tutti al telefono e ci dice: “Compagni, ragazzi, amici, fratelli, voi! Cioè, sapete cosa sta succedendo in Urzurkistan, certamente lo sapete...”. E tutti hanno detto: “Eh? Eh!”. Nessuno che ha detto: “Ma dove cazzo è l’Urzur-kistan?”. Tutti hanno risposto: “No, no... no, certo!”. “Bene, sto organizzando qui a Montelupo di Sopra, vicino a Empoli, una grande serata per finanziare l’Urzur-kistan, perché è veramente allo stremo.” Totale: un po’ per senso di colpa, un po’ perché non potevamo dirgli di no, siamo andati tutti a Montelupo di Sopra. Arrivia-mo là, palazzetto dello sport. Palazzetto... insomma, una palestra. C’erano fuori due amplificatori, gente che soffriva, si capiva, un gruppo di ragazzetti con la bandiera che gridava: “Urzurkistan! Urzurkistan!”. Fatto il concerto, fatto lo spettacolo, si va fuori insieme. E lui, l’organizzatore, ci fa: “E adesso, tutti come ai vecchi tempi a casa mia!”. E andiamo a casa sua. “Tutti a dormire stasera a casa mia.” “Ah, grazie. E mangiare?” “Tutti come ai vecchi tempi a casa mia.” Allora io ho aperto il frigo, ho guardato dentro e ho detto: “Come ai vecchi tempi, non c’è un cazzo nel frigo!”. Però aveva il vino, ci siamo messi attor-no al tavolo, ci siamo messi a parlare... Ed è stato incredibile perché bevendo,

insomma, sai, salgono i fumi dell’alcol e uno ha cominciato a dire: “Ma ‘sto Urzur-kistan, esattamente... cioè di preciso... No, no, io so che cosa sta succedendo lì perché... son robe imperialistiche pazze-sche... Ma dov’è situa... l’Iran è a est?”. L’altro lo interrompe: “Ma che cazzo c’en-tra dove sta, ora tutto il mondo è uguale, cioè, capisci che è tutto un casino... Piut-tosto, quello che mi interessa sapere da te (rivolto a quello che ci aveva chiamati): tu che sei più informato, ultimamente, gli ultimi fatti che sono successi, tu che sei al corrente, che hai il polso della situazio-ne in Urzurkistan adesso... Perché sai, siamo rimasti indietro con questa storia. E invece vorremmo sapere per lo svilup-po, per cosa esattamente stiamo lottan-do... Approfondire! Insomma, di preciso, in Urzurkistan...”. E lui: “Mia moglie mi ha lasciato, la settimana scorsa”. “Ah, cazzo! Era dell’Urzurkistan?” “No, no. Mia moglie è di Montelupo di Sopra e mi ha lasciato.” “Ah, ci dispiace.” “Mi ha dato lo sfratto, tra una settimana devo andar via da qui...” “Sì, ho capito, ma l’Urzurkistan?...” “E poi, non mi volete bene... mi avete lascia-to fuori tanto tempo dal giro...” “Noi siamo venuti qui per l’Urzurkistan, cazzo!” Lui ci ha guardato uno per uno e ci ha detto: “L’Urzurkistan non esiste, l’Urzurkistan sono io. Mi sono beccato tutti i soldi del concerto, adesso andate a cagare tutti quanti, ciao!”.È una storia vera, non è un pezzo di cabaret.

Da Come ai vecchi tempi

DUE - È la forma d’amore più tradizionale e diffusa. Tutti pensano di averne un’idea preci-sa, ma in realtà nessuno ci capisce niente. È un sentimento contraddittorio: secondo alcuni è la fonte unica della vera felicità, secondo altri è profondamente innaturale. Nell’amore in due si procede senza un programma e l’esperienza non conta nulla. L’unico vero pregio di questo tipo d’amore sta nel fatto che se, per puro caso, dura tutta la vita, si ha la certezza di essere stati baciati da Dio in persona. TRE - In pratica, significa ficcarsi in un guaio spaventoso. Questo tipo di condizione affettiva viene comunemente associata alla figura geo-metrica del triangolo. Pochi, però, sottolineano che si tratta di un triangolo non equilatero, bensì scaleno: i lati uniscono tre punti sentimental-mente collocati a casaccio, che si amano e si odiano fra loro in quantità e forma disperata-mente diseguale.L’unica vera soddisfazione in questo tipo d’amore sta nel fatto che, prima o poi, quello dei tre che ha cominciato crolla psicologica-mente e finalmente gli altri due se ne possono andare soddisfatti per la propria strada.

QUATTRO - Significa amarsi in un numero di persone davvero consistente. La percezione sociale dell’amore in quattro si modifica sen-sibilmente a seconda del sesso. Di solito, il maschio che ama (o dice di amare) tre donne contemporaneamente è considerato benevol-mente dalla critica (maschile), ma non altret-tanto dal pubblico (femminile). Viceversa, per la donna che ama tre uomini, è severa la critica (femminile) mentre è altissimo il gradimento del pubblico (maschile). CINQUE, SEI, SETTE, OTTO ECC... - Qual-cuno lo chiama anche amore collettivo, oppure amore di gruppo, o anche amore in comitiva, oppure amore universale (in quest’ultimo caso, il qualcuno ha molta faccia tosta). Gli antichi Greci erano convinti che gli Dei fossero entusia-sti nel vedere uomini e donne ammucchiarsi in quella forma d’amore e la elevarono a rito reli-gioso. Gli antichi Romani, a loro volta entusiasti nel vedere i Greci ammucchiarsi in quel modo, si adeguarono agli usi dei loro vicini e coniaro-no la famigerata espressione “ ‘nnamo a pregà, ‘nnamo a fa’ n’orgia”.

Da L’amore in…

direttore d'orchestra: NICO COLONNA

alle tastiere: CATERINA BALDUCCI

voce: GIOVANNA DONINI

alla batteria: ALESSIA GEMMA

alla chitarra: PAOLA LEZZI

al basso: MICHELE RUMOR

“Dai, Sophie, non essere triste. Era una storia molto bella. Era piena di cose belle: amicizie, scherzi, belle esperienze, amore. Non era tutta tristezza e destino”Da La banda dei brocchi, di Jonathan Coe

3, 4, 6, 8, 10 MSC.Amore? In due, ok. Ma di più è meglio.di Gioele Dix

“Quando la banda passònel cielo il sole spuntòe il mio ragazzo era lìe io gli dissi di siLa banda suona per noiLa banda suona per voi…”

Mina, La Banda

“La forza della banda

per forza viene fuori

ballando dietro il groove

ballando in mezzo ai nostri orrori

noi veniamo da qui dietro

e andiamo... chi lo sa

facendo le campagne,

facendo tutte le città”

Ligabue, La forza della banda

Da www.wikipedia.org Banda: una sezione di uno spettro di frequenze, generalmente nelle onde radio.Banda: la quantità di informazione tramessa da un nodo di comunicazione ad un altro in una certa unità di tempo.Banda: un gruppo di musicisti che suonano assieme.Banda: un elemento usato in araldica negli stemmi.Banda: un gruppo di persone.Banda: un clan dell'etnia africana Chewa.Banda: un arcipelago dell'Indonesia.Banda: una città della Repubblica del Congo.

SMEMO CUT UPN. 1 - APR 08 N. 1 - APR 08

Durante l’anno scolastico, Beppe e il resto della band si erano applicati pochissimo, tanto che gli studenti dell’aula accanto si erano lamentati perché non riuscivano a seguire le lezioni a causa di tutto quel rus-sare che copriva la voce degli insegnanti. D’altro canto, la band di Beppe suonava tutti i pomeriggi per provare, poi suona-va nei locali sino a notte fonda e dopo la

chiusura, rincasando, suonava i citofoni di ogni palazzo, così giusto per chiudere in bellezza la giornata. Ciononostante, tutti i componenti del gruppo, a scuola ci anda-vano volentieri, l’unica cosa che dava loro fastidio era l’intervallo, perché venivano svegliati dal suono della campanella. Oltre a Beppe, chitarra solista e leader incontra-stato della band perché troppo manesco

per essere messo in discussione, del com-plesso facevano parte Gino, il bassista che per un breve periodo era stato punk, poi aveva smesso perché si era beccato il teta-no infilandosi uno spillone nel naso, Lele, il batterista che era come un metronomo, infatti essendo rimasto zoppo dopo un inci-dente in motorino, continuava a dondolare da una parte all’altra; ed infine lei, Cinzia, la cantante. Cinzia aveva tutto quello che serviva per essere la cantante del gruppo: due belle gambe, molta disponibilità nei confronti del Beppe ed infine la cosa più importante, una stanza a disposizione per prove e festini. I suoi genitori erano coltiva-tori diretti, anche se lei non aveva ancora capito dopo tanti anni dove diavolo fosse-ro diretti, visto che la vita l’avevano passa-ta sempre lì, a coltivare quel fazzoletto di terra. Una cascina appena fuori città, un po’ di campi a mais, un po’ a girasoli per fregare i soldi delle sovvenzioni CEE e un po’ coltivati ad erba medica per il poco bestiame: due Frisone, una Bruno alpina e un toro da tempo sospettato di omoses-sualità per gli scarsi rendimenti riproduttivi. Nella cascina c’era più spazio del necessa-rio e per questo Cinzia aveva avuto il per-messo di utilizzare una stanza attigua alla stalla per provare con il complesso. Però la musica creava qualche inconveniente tra gli animali, soprattutto all’ora della mungi-tura: le due mucche si lasciavano toccare le mammelle solo durante i pezzi più dolci e romantici.

Da Un’estate dedicata allo studio

Country rockDove vai, se la sala prove non ce l’hai?di Valerio Peretti Cucchi

Gangs of New YorkAnche i balordi hanno un cuore. Soprattutto in banda.

di Mario Maffi

Una vera bandadi Enrico Brizzi

C’era sempre la luna piena quando le bande degli Assassins e dei Dragons si scontra-vano nelle strade di New York, nei primi anni ‘60, dietro gli angoli sbreccati di edifici cadenti, sotto le scale antincendio arruggini-te, nei lotti abbandonati della città notturna. I primi erano capitanati da Chino, i secondi da Angelo: due figli, appena quattordicenni, della grande diaspora da Portorico, subito dopo la guerra. Oltre a loro, nell’intricata geografia new-yorkese di isolati e terre di nessuno, di strade off-limits e rabbia giovanile, di emarginazione ed energie che esplodevano nella distruzione e autodistruzione, c’erano i Jaguars, i Counts, gli Unknowns, i Bapin Balerinos, e tante altre

bande, nere e bianche, portoricane e cine-si, tutte impegnate nella “difesa del territorio”. Gli Assassins e i Dragons si facevano guerra: Chino era il capo più temuto e rispettato tra le bande portoricane di New York, Angelo lo seguiva a ruota. Ci furono battaglie, aggua-ti, vendette, il rituale di un’appartenenza e un’identità negate che cercano d’affermarsi nelle strade, giorno dopo giorno, istante dopo istante. E ci furono le prime vittime d’una spi-rale che poteva solo portare troppo lontano. Ma, a un certo punto, Chino e Angelo seppe-ro vedere con chiarezza quella spirale. Anni dopo, c’era sempre la luna piena nelle stra-de di New York, quando tornarono a incon-

trarsi. Questa volta non fu per farsi la guerra: Chino e Angelo strinsero un patto d’allean-za, fusero insieme gli Assassins e i Dragons, individuarono il nemico comune. Nacque una nuova idea di banda: un gruppo chia-mato Charas, che avrebbe lavorato e lottato per ridare un’identità ai giovani del quartiere. Fu così che Charas divenne uno dei baluardi di questo tormentato, ma vitale ghetto, nel mas-siccio edificio tra Avenue B ed East 9th Street: frutto di nemici diventati amici nella scoperta d’un nemico comune, con o senza luna piena. P.S. : Questa è una storia vera.

Da Difesa del territorio

Se ripenso agli anni del cortile, devo ammettere che era di grande sollie-vo, avere di fianco mio fratello. Senza il Druso, Malavasi e gli altri delle case IACP non saremmo stati una vera banda, ma anche da soli sapevamo come cavarce-la. Fummo noi, mio fratello e io, a difen-dere il cortile la volta in cui i ragazzi di via Perti Vecchia provarono a invaderci. I maledetti sapevano che il Druso e gli altri erano costretti a riposare dopo pranzo, e attaccarono alle tre d’un pomeriggio d’estate, mentre mio fratello e io gio-cavamo alle corse dei tappi, chini sulla pista disegnata con il gesso sull’asfalto assolato…

Da Cerbottane e savoir-faire

“La mia banda suona il rocke cambia faccia all'occorrenzada quando il trasformismo è diventato un'esigenza”

I. Fossati, La mia banda suona il rock

"Quando la ruota della fortuna gira verso il basso, vattene al cinema e dimentica tutto il resto."

Da Una banda di idioti,di J. K Toole

SMSBOTTA, RISPOSTA... E VIA!

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Foto di Davide Lovatti

Il telefono squilla. Giancarlo Kalabrugovic risponde dopo sette squilli e non dice “Pron-to” ma: “Scusa, sono in aeroporto, ho il tele-fono in mano, le borse, un tipo che mi fa una foto, quello del check in che controlla se la mia coda di cavallo è vera o falsa, un ragaz-zo che mi chiede se ho una siga eeeee….(pausa di riflessione, kala entra in stand by automatico, poi si riprende) sono un po’ incasinato, desideri?”. Il desiderio è sem-plice: “Fare due chiacchiere con il comico più amato del momento” e lui: “Ah… e io lo conosco?”. (pausa di riflessione mia, entro in stand by automatico, ma non mi riprendo). Da quando Kalabrugovic è nel clan di Zelig la sua vita è decisamente cambiata. Prima faticava a uscire dal suo quartiere, era diffi-

cile che lasciasse la banda di amici con cui trascorreva gran

parte delle sue giornate e delle sue notti. Ades-

so, ogni sera, è in una città diversa, sopra un palco diverso a gridare a tutti: “C’hai una siga…???” e la sua banda di amici si è decisamente allargata.

Quanto sei legato ai tuoi amici, alla tua banda?Molto, ci sono cresciuto. Il mio miglior amico è Pino dei Palazzi. Poi ci sono Vito e Allog-gio. Vito che fino a qualche tempo fa fumava talmente tanti spinelli che sulla carta d’iden-tità c’è scritto “occhi rossi”. Alloggio, invece, quando guida la macchina ha una mano sul volante e l’altra la usa per mettersi le dita nel naso, in sostanza sono tutti molto simpatici e graziosi.Quindi da chi è composta la tua banda?Pino dei Palazzi, Vito e Alloggio, Mimmo, Morris e Franco… e fa parte della banda, in via del tutto eccezionale, anche Don Mario.Tu sei un capo della banda o preferisci che lo sia qualcuno al posto tuo?Il Capo della mia Banda è Pino dei Palazzi, perché lui non ha mai paura di niente, se vedesse il Presidente della Repubblica gli chiederebbe anche le sigarette.Cosa facevi prima di iniziare Zelig?Prima collaudavo materassi fino a mezzo-giorno. A volte facevo anche gli straordinari. Oh, anche dormire è un lavoro duro. In ogni caso la mia vita è cambiata dopo Zelig, sono sempre in viaggio.E’ cambiata molto?A volte, quando cammino per strada, dalle automobili sento la gente che mi chiama, “Pino, Pino…”, e poi le cassiere del super-mercato sotto casa mi trattano meglio.Prima come ti trattavano?Mi guardavano con diffidenza e non erano molto gentili con me, anzi. Adesso, invece, mi chiedono di tutto, mi sorridono sono diventate addirittura premurose: “Lascia... il pane te lo offriamo noi...” un euro di questi tempi vale molto.Grazie a Zelig hai cuccato di più?Ho un sacco di donne che mi baciano e mi abbracciano, ma la sostanza non cambia: cioé zero, come prima, anzi - forse ora è peggio, m’illudo, intravedo, però… picche.

Tre regole che fanno di una persona un vero capo della banda?Allora, ci vuole carisma, determinazione e anche un bel paio di calze fucsia, perché un vero capo della banda sa spiazzare...Se ti dico “banda” tu a cosa pensi: alla “quantità di informazione trasmessa da un nodo di comunicazione", a "un altro in una certa unità di tempo”, a “un clan dell’etnia africana Chewa” o a un grup-po di musicisti che suonano assieme?Penso a un gruppo di musicisti, in particolare mi viene in mente la Santa Cencilia di Bollate: è la banda del mio paese e tra l’altro potreb-be tranquillamente suonare davanti a un clan dell’etnia africana Chewa o anche davanti a un clan dell’etnia dei palazzi...Dimmi un uomo che, secondo te, nella storia è stato un vero capo della banda?Sicuramente Che Guevara, invece un capo della banda moderno secondo me è Beppe Grillo, ma anche Pupo nel suo piccolo non scherza…Domanda suggerita da un fan di Kala:In mancanza d’altro, ti fumeresti lo shampoo?Preferirei il balsamo.Oggi cosa diresti della tua banda?La mia banda è larga e ha molte frequen-ze…Che consiglio daresti alla banda di stu-denti nel mondo?Kala non risponde subito a questa doman-da, così, dopo qualche istante ci salutiamo. Passano cinque minuti e mi arriva un sms, è suo: “Ragazzi... studiate molto e fuma-te poco, specialmente quelle degli altri... solo Pino può fumare le ‘ASCROCK’. Ciao, Kala”.

Di Giovanna Donini

GIANCARLOKALABRUGOVIC

CAPO DELLA BANDA

La crema – o la feccia,

a seconda – del rap

italiano in un solo disco.

Il Truceklan riunisce il

Ministero dell'inferno:

con Club Dogo, Kaos,

Danno, Fabri Fibra e Santo

Trafficante. Se lo sono

prodotto da soli, perché

le major non si volevano

sporcare le mani.

SMEMO MEMO

Prof: "Quando stavi zitto avevo l'impressione che fossi scemo,

ora che hai parlato ne ho la certezza".RISPONDICI AL NUMERO 3346266677

O SU [email protected]/smemomyspace

PUBBLICHEREMO LE RISPOSTE PIÙ INTERESSANTI SUL PROSSIMO NUMERO DI SMEMOBANDA

SCRIVI IN 160 CARATTERI LE FRASI PIÙ ASSURDE E VERE PRONUNCIATE E INVIATE DA

PROF, AMICI E NEMICI

L’HAI TRADITO/A?"l’ho fatto per te: ho la mononucleosi e se mi hai visto baciare un altro/a e' solo perché ce l'ha anche lui"

Sms usa(ricicla)e getta

† ATTENZIONE! Leggi attentamente il contenuto prima dell’invio. La redazione di Smemobanda declina ogni responsabilità per

danni (e figuracce) a cose e/o persone…

VUOI TIRARE IL PACCO A QUALCUNO?" la mia casa ha preso fuoco, il buco dell'ozono si è allargato, la mia strada è invasa dalle cavallette, mia nonna è morta tanti anni fa… ma l'ho realizzato solo oggi, non prendertela.. ci vediamo domani."

VUOI CUCCARLA?" c i a o , s t o g u a r d a n d o beautiful, però mi sono perso le ultime 1300 puntate, avresti voglia di venire stasera a casa mia a farmi un riassunto?"

VUOI SCRIVERE AL/LA TUO/A EX?" i l t 9 è l a s c r i t t u r a intelligente del cellulare, infatti se digito il tuo nome sulla tastiera viene fuori ‘lascia perdere’. “

SE LO/A AMI POCO..." s t o g u a r d a n d o u n imperdibile documentario sui pinguini di piero angela. dura sette ore, ci vediamo domani, stasera non posso."

SE NON LO AMI PER NIENTE..."sono rimasta chiusa in ascensore con giul iano ferrara, piuttosto che vedere te, sto benissimo anche qui."

VUOI MOLLARLA?"non riesco più a stare con te, non posso più stare con te. scusa, avrei voluto dirtelo in faccia, ma non ho il videotelefonino!"

SE NON VUOI STARCI:“non posso fare l’amore con te, sono così incapace che rovinerei la nostra amicizia.”

SE SEI DELUSA:“credevo di avere un futuro con te, ma era solo un imperfetto.”

VUOI MOLLARLO?"in amore vince chi fugge, se non ti amassi resterei, ma visto che ti amo sono costretta a fuggire per sempre"

SE UNA TUA AMICA STA MALE PER AMORE..."smettila di pensare a lui vieni alla festa. ieri ho conosciuto george clooney e mi ha detto: “no lei, no party”."

Il 22 aprile, Club Dogo e tutta la Dogo Gang al completo, sul palco dei Magazzini Generali di Milano. È la volta che si sfondano le casse.SM

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"Primo maggio, festa del lavoro. Meglio celebrare con il ritmo in levare, anche perché l'estate romana inizia, ed è dolcissima. Nella capitale, al Brancaleone c'è David Rodigan: un mito per chi ama il reggae. Dice di essere inglese, ma siamo sicuri che nelle sue vene scorre sangue giamaicano..."

N. 1 - APR 08 N. 1 - APR 08

BROSSIMOSTRA

20E20 Art Kitchen presenta, per la primavera 2008 dell’arte milanese, 20E20, mostra evento di Bros, artista ed agitatore culturale discusso ed apprezzato, protagonista di punta del crescente movimento street art italiano. Venti opere di grandi dimensioni, realizzate dall’artista tra il 2005 e il 2008, che trattano temi storici, mitologici e religiosi per reinterpretare alcuni tra i fatti che hanno caratterizzato ed influenzato la storia dell’umanità dalla notte dei tempi ai giorni nostri. Dall’11 Settembre al Diluvio Universale, da Chernobyl alla caduta del muro di Berlino, le opere di Bros accompagnano lo spettatore in un lungo viaggio attraverso un percorso narrativo d’impatto, costruito grazie ad un’alternanza di punti di luce e di buio seguendo l’ordine di realizzazione delle opere. Lampi di luce e ragione in costante tensione visiva, immagini come manifesti di senso, condensate ora dallo spettatore ora dall’evolversi della pittura di Bros nel corso del suo percorso artistico; una vera e propria mostra d’ecologia culturale e visiva, attraverso la selezione e la reinterpretazione degli archetipi visuali della nostra cultura presente e passata. All’interno della mostra, Bros si confronta con molteplici supporti, dalle tele di grandi dimensioni, tipiche dl’artista, alle opere in legno sagomato fino alla pittura su PVC che per l’occasione verrà affissa sul soffitto, il percorso narrativo si concluderà con una sessione fotografica che documenta la performance di restauro dell’opera pubblica “Bloodiamond” realizzata a Febbraio 2008 sul muro di via Olona a Milano.

SUPERSTUDIOPIU' - ARTPOINTVia Tortona, 27Milano

N. 1 - APR 08N. 1 - APR 08

SOLIDAL

L’associazione Vida a Pititinga Onlus, nata nell’ottobre 2004 a Pititinga, piccola comunità di pescatori a 55 km da Natal nel

Rio Grande del Nord (Brasile) e fondata da Edna Galvao (presidente), svolge attività filantropiche e di solidarietà senza finalità di lucro.Nel mio ruolo di Socio sostenitore, invito tutti coloro che ne abbiano voglia e possibi-lità, a visitare il sito www.pititinga.org e aiu-tarci a far divenire concreto un sogno: Dare Vita, Speranza, Aiuti concreti ai bambini e alle loro famiglie, bisognose di tutto.Dal 2004 a oggi abbiamo già fatto tanto: progetti di accoglienza per bambini privi d’istruzione (una sede e un Asilo), soste-gno e sviluppo a opere ricreative sociali e culturali (Scuola di calcio Inter Campus, Scuola di Capoeira e piccolo opificio per sarte dedicato alle ragazze al fine di preve-nire il loro sfruttamento). Ma tanto è ancora da fare: un presidio sanitario (il primo pron-to soccorso è a circa 30 km) e interventi formativi per dare un lavoro e un avvenire ai giovani e che consenta alla comunità di potersi affrancare dalla necessità di soste-gno entro i prossimi anni.La principale Missione di Vida è contribuire

a costruire un avvenire dignitoso per bambini, ragazzi e famiglie della comunità di Pititinga: dare loro opportunità, rispetto, giusti-zia, allegria ed entusiasmo. Sia io che la mia compagna Edna, siamo grati a tutti quelli che possano fare qualcosa: da una donazione a un aiuto alla sensibilizzazione di altre perso-ne, collaborando così alla realiz-zazione del nostro sogno.Enrico Bertolino

www.enricobertolino.it

... C’È SPERANZACon il prezioso contributo di Smemoranda, abbiamo realizzato il “Centro smemo edu-cational” al cui interno è già attivo l’asilo nido (fino a 40 bambini dai 2 ai 5 anni) dove è allestita anche una sala giochi per le atti-vità ludico-ricreative. Con il sostegno di Inter Futura, poi, è stata formata una scuola calcio, un progetto importante per i bambini, perché riteniamo che lo sport sia anche un momento forma-tivo e di socializzazione. Poiché l’accesso alla scuola è subordinato alla frequenza scolastica, lo sport e il gioco diventano uno strumento per garantire un’istruzione ade-guata.La campagna Adotta un Terzino nasce per ricordare la figura di Giacinto Facchet-ti, come uomo e come giocatore: si tratta dell’adozione di un progetto di sostegno per i bambini e i ragazzi di Pititinga, con-tribuendo ad aiutarli durante la crescita, lo sviluppo e la formazione. I fondi raccolti attraverso Adotta un Terzino, infatti, garan-tiscono a un numero sempre maggiore di bambini il diritto al gioco e all’istruzione.

Vida a Pititinga Onlus

Sede: via Francesco Ferrucci 6, 20145 Milano

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Vida è sempre alla ricerca di volontari, anche per poche ore alla settimana, per questo cerca persone tra i 18 e i 70 anni per:- assistenza tecnica per organizzazione di

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A cura di Paola Lezzi

&

FINCHÉC'È VIDA...

N. 1 - APR 08N. 1 - APR 08N. 1 - APR 08 |39|39

altro morso

Di cosa ti occupi? Sono prima di tutto una pittrice, lavoro anche come fotografa e collaboro come assistente per un artista.Se dovessi dare un nome alla tua professione come ti defini-resti? Artista?Non è facile per me definirmi così, penso siano gli altri a riconoscermi come tale, forse perché mi sento ancora in una fase di ricerca e sperimentazione.Ci puoi dare una tua definizio-ne di Artista oggi?Prendo in prestito le parole di Ingmar Bergman il quale sostene-va che “l’artista non è niente più di un individuo che cerca di capirsi meglio e di condividere quel pro-cesso con chiunque voglia parte-cipare”.Che formazione hai e che per-corso hai seguito per diventare qullo che sei ora?Io ho seguito un percorso cano-nico per chi come me ha sempre manifestato una grande passione per l’arte e per il lavoro creativo, ovvero liceo artistico e accademia di belle arti, il tutto supportato da una grande curiosità nei confron-ti di questo mondo e di tutte le sue forme e le sue sfaccettature. Mi sono sempre e continuamen-te riempita gli occhi di immagini, mostre, libri, vernissage, viaggi, conoscenze, opere d’arte belle e brutte, confronti e scontri… que-sto mi arricchisce e arricchisce il mio percorso ogni giorno di più.

Com’è stato l’impatto con il mondo del lavoro e in partico-lare del mercato dell’Arte?Non semplice... anche se io ho avuto la fortuna, appena uscita dall’Accademia, di iniziare a lavo-rare come assistente e quindi di inserirmi presto nel mondo del lavoro artistico, con sveglia alla mattina e la possibilità di incontra-re e conoscere molti artisti, il loro lavoro e il loro muoversi all’interno di certi meccanismi.Dall’altra parte impari presto che il mestiere dell’artista deve esse-re supportato da un serio lavoro quotidiano, da una grande ricer-ca e da uno spiccato spirito per le public relation, anche perché il mercato dell’arte non aspetta te… e bisogna essere bravi a cavalcare l’onda giusta!Quali sono le difficoltà prin-cipali che un giovane Artista appena uscito dall’Accademia o da un altro percorso formati-vo ha dinanzi a sé? Secondo me la sensazione di ina-deguatezza rispetto ad un mondo che non si muove affatto sui binari tradizionali che ti vengono inse-gnati nell’ambito accademico, fin-chè sei all’interno di quelle quattro mura va tutto più o meno bene….quando esci ti rendi conto che gli altri stanno dieci anni più avanti! Le Accademie così come gli altri per-corsi formativi devono svecchiar-si e fornire ai giovani non solo gli strumenti tecnici ma anche quelli mentali per poter fare arte.

Quali sono state le tue?Le mie per l’appunto sono state le classiche problematiche del pas-saggio da studente a lavoratore…Per me la pittura è un lavoro, il lavoro con cui vorrei riuscire a vive-re, a volte non è facile perché non sei sicuro che ogni mese riesci a vendere o a fare mostre, ma se ho scelto questa strada è perché mi piace così, se avessi cercato la stabilità avrei fatto un’altra cosa nella vita!Cosa ne pensi del meccani-smo di distribuzione dell’Arte in Italia? E’ diverso rispetto all’estero? Sinceramente non mi sono mai addentrata più di tanto in questo discorso, all’estero il meccanismo di distribuzione è meno vincolato, meno rigido, ma ovviamente sce-gliendo di vivere la realtà italiana ci si deve anche adattare.C’è un Monopolio da parte dei grandi galleristi? Che idea ti sei fatta dei meccanismi di selezione delle opere e degli artisti esordienti che riescono ad esporre rispetto a quelli che ottengono solo rifiuti? Esiste sicuramente un Monopolio dei grandi galleristi che riescono a schiacciare le piccole realtà volen-terose di offrire spazio ai giovani artisti, artisti che si devono scontra-re a volte con dei meccanismi che prescindono il discorso del talento e della qualità del lavoro, ma per quanto riguarda questo discorso preferisco non approfondire.

Ci sono canali alternativi per riuscire a fare dell’Arte la pro-pria professione e mantenersi con essa?Sì, penso che esistano ma questo è un discorso abbastanza sogget-tivo in quanto si devono fare i conti comunque con la propria realtà e i propri obiettivi, io per ora, anche se con sacrificio, mi tengo sui canali classici. Quale è stata la cosa più sco-raggiante e quella più incorag-giante che hai dovuto affronta-re in questo percorso?La cosa più scoraggiante è quan-do mi rendo conto che caratterial-mente non sono una brava “ven-ditrice” di me stessa, ma quello che mi fa continuare è la consa-pevolezza che la pittura e l’arte in genere sono la mia linfa vitale… e la sensazione che hai quando dipingi e quando gli altri apprez-zano e si emozionano davanti ad un tuo lavoro ti ripaga di tutte le fatiche. Qual è il complimento più bello che ti hanno fatto nella tua car-riera e perchè? Quale la critica più dura e perché?Ho ricevuto sia complimenti che critiche ma diciamo che ora sono proiettata su quelli che devono ancora arrivare. Quale credi che sia il valore e il limite più grande di ciò che fai?Quello che faccio non è neces-sario agli altri ma è indispensabile per me.

Di cosa ti occupi?Di arte, pittura.Se dovessi dare un nome alla tua professione come ti definiresti? Artista?Una persona curiosa, una pittrice. Artista se sarà si vedrà col tempo...Ci puoi dare una tua definizione di Artista oggi?Per me l’arte è una rappresentazione onirica della realtà. L’artista è colui che la interpreta e la rappre-senta, che vive quel sogno.Che formazione hai e che percorso hai segui-to per diventare qullo che sei ora?Niente di particolarmente complicato, ho fatto il liceo classico come molti, poi grafica pubblicitaria e l’Accademia di belle arti. Una volta finiti gli studi ho iniziato come assistente di un “nome” nell’arte conosciuto. In concomitanza ho aperto uno studio di pittura. Penso che in questo mondo sia facile capire se si hanno in mano le carte giuste, come: una buona mano, delle cose da dire e la voglia di esprimerle.Com’è stato l’impatto con il mondo del lavoro e in particolare del mercato dell’Arte?L’impatto non è stato traumatico. Durante gli studi sono stata in più occasioni messa a contatto con vari galleristi, quindi ho imparato a conoscerne pregi e difetti... i difetti quando sei giovane e ine-sperta prendono spesso il sopravvento, ma è una buona scuola per farsi le ossa.Quali sono le difficoltà principali che un gio-vane Artista appena uscito dall’Accademia o da un altro percorso formativo ha dinanzi a sé?La paura di non farcela da soli. La difficoltà è riusci-re a farsi conoscere, ma lavorando tanto e cercan-do di proporsi il più possibile alle gallerie se il pro-dotto vale sicuramente ci sono buone probabilità.Quali sono state le tue?Riuscire a fare una mostra personaleCosa ne pensi del meccanismo di distribu-

zione dell’Arte in Italia? E’ diverso rispetto all’estero?In Italia stanno aprendo moltissime giovani gallerie che propongono dall’arte figurativa alle istallazioni, per quanto riguarda il mercato estero c’è sicura-mente molto fermento e non vedo l’ora di speri-mentarlo.C’è un Monopolio da parte dei grandi galle-risti? Che idea ti sei fatta dei meccanismi di selezione delle opere e degli artisti esordienti che riescono ad esporre rispetto a quelli che ottengono solo rifiuti?Sicuramente sì. Come dicevo prima questa parte del lavoro non è facile, bisogna anche sapersi mettere in gioco. Mettersi nelle mani di un galleri-sta sta a significare che si è già pronti e sicuri del progetto che si vuole proporre al pubblico quindi con questa sicurezza si ottengono sicuramente meno rifiuti.Ci sono canali alternativi per riuscire a fare dell’Arte la propria professione e mantenersi con essa?Penso sia un lavoro, per un arco di tempo, da accostare ad un’altra professione (sempre attinen-te) in grado di garantirti un’entrata sicura per man-tenersi e per poter investire nei materiali necessari allo sviluppo della tua ricercaQuale è stata la cosa più scoraggiante e quel-la più incoraggiante che hai dovuto affrontare in questo percorso?Il rapporto con le gallerie in entrambe i casiQual è il complimento più bello che ti hanno fatto nella tua carriera e perchè?Quale la critica più dura e perché?In questo mestiere ci si espone molto al giudi-zio del pubblico, è facile quindi essere soggetti a complimenti e talvolta a critiche; ma in ogni caso l’importante è renderle costruttive.Quale credi che sia il valore e il limite più grande di ciò che fai?Dover parlare di sé.

TRE GIOVANI ARTISTE CI RACCONTANO IL LORO PERCORSO FATTO DI (QUALCHE) DIFFICONTA', ALCUNE (MA ANCORA TROPPO POCHE) SODDISFAZIONI MA SOPRATTUTTO DI TANTA SPERANZA E VOGLIA DI FARE. PERCHE' NELL'ARTE (COME NELLA VITA) PIANGERSI ADDOSSO SERVE A POCO, CI VOGLIONO IDEE E "LA MANO"

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Di cosa ti occupi? Osservare, assimilare, ascoltare e ricostruire tutto; ogni cosa che sento, che vedo ogni giorno, ogni istante, sia presente che passato e trasformarlo e condividerlo con il mondo sottoforma di Arte Con-temporanea.Se dovessi dare un nome alla tua professione come ti defini-resti? Artista?Non amo auto definirmi. Però sì Artista penso vada bene.Ci puoi dare una tua definizio-ne di Artista oggi?L’Artista non è mai ben defini-to, bisogna crescerci, esserci e soprattutto non farci. Parlando con “Artisti” spesso si generalizza troppo sul significato e la defini-zione appunto dell’essere Artista. Artisti possiamo esserlo tutti e allo stesso tempo nessuno… Penso che l’Artista è una persona sem-pre in costante crescita, o meglio dovrebbe imporsi di crescere sempre, e avere alla base una sincera umiltà per saper accettare ogni cosa. L’auto critica è molto più importante delle critiche che spesso un’artista fa ad un altro artista per pura e inutile invidia. Cadendo in questi meccanismi, seppur umani, c’è il rischio di dan-neggiarsi e di perdere inutilmente tempo. Bisogna lavorare e anda-re avanti per la propria strada, onestamente. Poi è il lavoro che determina e appaga col tempo. Che formazione hai e che per-corso hai seguito per diventa-re qullo che sei ora?La vita, le esperienze che ho fatto nel bene e nel male, gli incontri e specie gli scontri lungo il mio per-corso, sono stati la mia “prepa-razione”; sono la continuità e la fonte di ricerca introspettiva che è alla base del mio lavoro.Com’è stato l’impatto con il

mondo del lavoro e in partico-lare del mercato dell’Arte?“il mondo del lavoro” non c’entra nulla con l’essere Artista. Al mer-cato ci pensano i Galleristi e mer-canti. L’artista deve solo fare il suo lavoro e fatto bene.Quali sono le difficoltà prin-cipali che un giovane Artista appena uscito dall’Accademia o da un altro percorso forma-tivo ha dinanzi a sé? La prima difficoltà è scrollarsi di dosso quello che ti insegnano nelle accademie; e il percorso formativo non finisce mai, è una continuità, è un costante cresce-re, ricercare. Non c’è né un punto di inizio specifico né un punto di arrivo stabilito. E’ semplicemente, anche se neppure è tanto sempli-ce, un lavorare su se stessi che trasformiamo in qualcosa di gran-de che si chiama Arte.Quali sono state le tue?Le difficoltà che hanno tutti a sopravvivere nella società in cui viviamo. Difficoltà di tutti i giorni insomma.Cosa ne pensi del meccani-smo di distribuzione dell’Arte in Italia? E’ diverso rispetto all’estero? Non saprei bisogna chiedere a persone competenti del settore. Io penso solo a fare il mio lavoro.C’è un Monopolio da parte dei grandi galleristi? Che idea ti sei fatta dei meccanismi di selezione delle opere e degli artisti esordienti che riesco-no ad esporre rispetto a quelli che ottengono solo rifiuti?Chi ottiene rifiuti deve capire per-ché è “rifiutato”. Ci sono molte strade da poter percorrere nel mondo dell’arte che è molto più grande di quanto pensiamo. Ognuno ha la propria strada e bisogna anche guardarsi dal di fuori ed essere sempre un po’ autocritici con noi stessi per poter-ci proporre ed esporre nel miglior modo possibile. Fondamental-mente la crescita deve essere interiore, personale, dal punto di vista prettamente umano. Poi ogni individuo si forma da sé con le scelte che prende durante il suo percorso. Non è importan-te “esporre”, ma aver qualcosa di solido da dire e dirlo nel modo migliore. Il lavoro di un’artista, se

valido, prima o poi viene “scoper-to” e il resto viene da sé. Che ci siano o non ci siano monopoliz-zazioni e meccanismi dettati da galleristi o curatori, se un artista fa un lavoro valido, stai certo che esce fuori. Non preoccupiamo-ci di cose che non ci riguardano davvero.Ci sono canali alternativi per riuscire a fare dell’Arte la pro-pria professione e mantenersi con essa?Ora come ora pochissimi riesco-no a mantenersi facendo il proprio lavoro e parlo di qualsiasi lavoro. Tutti abbiamo una strada da per-correre ed è difficoltoso per tutti in tutti i “campi”, ma d’altronde l’Ar-te non è un lavoro ma una voca-zione.Quale è stata la cosa più sco-raggiante e quella più incorag-giante che hai dovuto affron-tare in questo percorso?Non mi faccio scoraggiare mai da nessuno e da nulla. La cosa più incoraggiante è quando, parlando

con qualcuno, riesco a captare dai suoi occhi che ciò che dico con ciò che faccio arriva in modo diretto, profondo, pesante. Ed è ciò che voglio. Qual è il complimento più bello che ti hanno fatto nella tua carriera e perchè? Quale la critica più dura e perché?Complimento… il miglior compli-mento è l’essere temuta. La cri-tica più dura… finora non ne ho avute. Quale credi che sia il valore e il limite più grande di ciò che fai?Il valore è alto perché metto tutta me stessa in ciò che faccio, con-divido i miei pensieri, credenze e convinzioni con il mondo, con la gente. E’ un rapporto intimissimo con il pubblico; quando entra-no e diventano parte di una mia installazione, è come raccogliere tutti all’interno e condividere tutto questo con loro. Non ho limiti… non so se è una fortuna o una sfortuna.

JESSICAIAPINOSans commenter, 2007, video installazione ambientale, Museo Napoleonico Roma

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