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FORMAGGI TRADIZIONALI - OVI-CAPRINI della BASILICATA REGIONE BASILICATA UNIONE EUROPEA

Formaggi tradizionali ovi-caprini della Basilicata

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FORMAGGITRADIZIONALI - OVI-CAPRINI della

BASILICATA

T-Cheese.Med (NEW TECHNOLOGIES SUPPORTING THE TRADITIONAL AND HISTORICAL DAIRY IN THE ARCHIMED ZONE)

è un progetto realizzato con il cofinanziamento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) nell’ambito del programma INTERREG III B ARCHIMED

REGIONE BASILICATAUNIONE EUROPEA

REGIONE BASILICATAUNIONE EUROPEA

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AutoriSalvatore Claps1, Michele Pizzillo1, Giuseppe Morone1, Roberto Rubino1,

Francesco Pesce2, Liliana Santoro1

FotografieUmberto Agnello

FORMAGGITRADIZIONALI - OVI-CAPRINI della

BASILICATA

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Finito di stampare 2008 da

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Supporto TecnicoAngela Losasso, Giovanni Masino, Pasquale Di Gennaro, Vito Angrisani, Antonello Cantarella, Pierangelo Lo Prete, Vincenzo Cappiello, Isabella Laviero

Swot AnalysisSalvatore Claps, Michele Pizzillo, Giuseppe Morone

1 CRA - Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, Bella (Pz)2 Regione Basilicata, Potenza

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PRESENTAZIONE 7

REGIONE BASILICATA 10Presentazione generale del territorio 10

C.R.A. - CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA - UNITà DI RICERCA PER LA ZOOTECNIA ESTENSIVA 12

Una lunga storia 12Principali tematiche di ricerca 14Dotazioni tecnico-scientifiche 15

INTRODUZIONE 18La tradizione casearia meridionale nei secoli 18

PROGETTO T-CHEESE.MED 22Indagine T-Cheese.Med 23I formaggi studiati 27

PECORINO DI FILIANO 28Tipologia 28Area di produzione 29Caratteristica del prodotto 29Principali aspetti della tecnologia di produzione 29Principali caratteristiche storiche e tecnologia di produzione 31Attrezzature tradizionali 32 Locali di stagionatura 33 Nomi ricorrenti e corrispondenti a differenti stadi di salatura/stagionatura 33Brevi cenni storici 33 Riferimenti storici 33

INDAGINE 34Il ruolo della donna nell’azienda 35Composizione floristica 35Caratteristiche fisico-chimiche, aromatiche e sensoriali 36

Composizione fisico-chimica 36Caratteristiche aromatiche e sensoriali 38

Composizione microbiologica 39Ricette

Agnello di pasquetta 41Pasticcio in calzone 41

INDICE

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CANESTRATO DI MOLITERNO STAGIONATO IN FONDACO 42Tipologia 42Area di produzione 42Caratteristiche del prodotto 44Principali aspetti della tecnologia di produzione 44Principali caratteristiche storiche e tecnologia di produzione 44Attrezzature tradizionali 45Locali di stagionatura 46Nomi ricorrenti e corrispondenti a differenti stadi di salatura/stagionatura 47Brevi cenni storici 48Riferimenti storici 48

INDAGINE 49Il ruolo della donna nell’azienda 50Composizione floristica 50Caratteristiche fisico-chimiche, aromatiche e sensoriali 50

Composizione fisico-chimica 51Caratteristiche aromatiche e sensoriali 53

RicettePennette del massaro 54Pasticcio con sedano fritto 54

CACIORICOTTA 56Tipologia 56Area di produzione 56Caratteristiche del prodotto 56Principali aspetti della tecnologia di produzione 56Principali caratteristiche storiche e tecnologia di produzione 57Attrezzature tradizionali 58Locali di stagionatura 58Nomi ricorrenti e corrispondenti a differenti stadi di salatura/stagionatura 59Brevi cenni storici 60Riferimenti storici 60

INDAGINE 61Il ruolo della donna nell’azienda 61Composizione floristica 61Caratteristiche fisico-chimiche, aromatiche e sensoriali 61

Caratteristiche aromatiche e sensoriali 64Ricette

Orecchiette al pomodoro e Cacioricotta 65Pane cotto 66

CASIEDDU 67Trattamento della cagliata 67Confezionamento 68Caratteristiche particolari del prodotto 68Caratteristiche fisico-chimiche e sensoriali 68Note particolari 69

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CASIELLO 70

SWOT ANALYSIS 71 Lo sviluppo sostenibile delle aree svantaggiate della Regione Basilicata 71

1. Introduzione 712. Il contesto 713. Strengths (Punti di forza) 734. Weaknesses (Punti di debolezza) 735. Opportunities (Opportunità) 746. Threats (Minacce) 757. Strategies (Strategie) 75

Bibliografia 76

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PRESENTAZIONE

Le produzioni lattiero-casearie della Basilicata sono da sempre sinonimo di qualità e naturalezza e sono il simbolo della genuinità del territorio lucano. Una regione che vuole ostinatamente somigliare ai suoi prodotti, nella convinzione che l’eccellenza del gesto e dei saperi che divengono sapori, può divenire “protocollo riconosciuto”.

Il formaggio è, più di qualsiasi altro alimento, un prodotto del territorio ed un “ambasciatore di Basilicata”: un derivato del “latte” che, attraver-so il sapiente lavoro dell’uomo, si arricchisce del valore aggiunto insito nella nostra cultura di popolo.

Grazie alla ricerca ed alle analisi realizzate con il progetto T-CHEESE.MED, iniziativa cofinanziata dell’Unione Europea nell’ambito del pro-gramma Interreg III B Archimed, è stato possibile creare un networking istituzionale e professionale euro-mediterraneo, per la promozione e lo sviluppo territoriale del patrimonio caseario artigianale. L’obiettivo stra-tegico del Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana della Regione Basilicata è quello di partecipare al progetto per valorizza-re e promuovere i formaggi storici tradizionali della Basilicata, attraverso azioni di assistenza e promozione forniti dal T-CHEESE.MED.

Questa pubblicazione vuole essere un vademecum per tutti coloro che si accingono alla scoperta dei sapori della Lucania e, del Mediterraneo in generale, oltre ad essere uno dei primi censimenti della filiera dei formaggi storici tradizionali dell’area Archimed.

Nessuna frase, nessun testo, nessun progetto saranno realmente efficaci se non accompagnati da un’esperienza unica: l’assaggio dei prodotti agro-alimentari lucani e la scoperta di un mondo fatto di odori, sapori e saperi. La Basilicata si scopre anche così!

Roberto FaloticoAssessore Dipartimento Agricoltura,Sviluppo Rurale, Economia Montana

Regione Basilicata

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PRESENTAZIONE

I formaggi, come tutti i prodotti tipici, sono espressione del territorio che li genera e li produce. Territorio, quello lucano, caratterizzato da una molteplicità di ambienti. Dal mare, passando per le brulle colline erose dei calanchi, alla montagna. I formaggi tradizionali ovi-caprini, più di qualsiasi altro prodotto tipico, essendo prodotti con sistemi di allevamento al pascolo, razze e attrezzature del luogo, racchiudono in sé le caratteristiche dell’ambiente.

Il CRA - Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione per l’Agricoltura, Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva, con il progetto T-Cheese.Med “Le nuove tecnologie al servizio delle produzioni casearie tradizionali e storiche nella zona ARCHIMED”, ha realizzato il censimento dei formaggi disponibili e la caratterizzazione dei formaggi ovini “Pecorino di Filiano” e “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco” e del formaggio ca-prino “Cacioricotta” e sue varianti “Casieddu” e Casiello”.

L’attività è stata rivolta soprattutto al “produttore” tradizionale. Sono gli allevatori, infatti, che pur tra mille difficoltà, legate alle condizioni di isolamento e precarietà, in cui spesso operano, hanno salvaguardato il territorio, la storia locale e le tradizioni.

Nel testo, quindi, sono riportate, non solo le caratteristiche chimico-sen-soriali dei formaggi tradizionali, anche le caratteristiche strutturali del-l’allevamento ovi-caprino della Basilicata, il ruolo della donna nell’azien-da zootecnica ed, infine, alcune ricette tipiche a base di formaggi.Alla scoperta, dunque, del mondo pastorale e, non solo, protagonista nella produzione di eccellenti formaggi ovi-caprini. Con l’auspicio che le eccellenze siano da volano per lo sviluppo e il superamento delle criticità.

Salvatore ClapsRicercatore CRA

Unità di Ricerca per la Zootecnia EstensivaBella (Pz)

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REGIONE BASILICATA

Presentazione generale del territorio

La Regione Basilicata, anticamente chiamata Lucania, è una piccola re-gione del sud Italia bagnata dal mar Ionio a sud-est e dal mar Tirreno a sud-ovest. Essa comprende 2 province: Potenza e Matera che insieme registrano la presenza di circa 600.000 abitanti. Il territorio della Basi-licata è prevalentemente montuoso (46,8%) e collinare (45,2%); su 131 comuni che ne fanno parte, 79 sono situati ad un’altitudine che varia tra i 300 ed i 700 metri s.l.m.

Le pianure occupano solo l’ 8% del territorio. La più estesa è la piana di Metaponto che occupa la parte meridionale della regione, lungo la costa ionica. I fiumi lucani sono a carattere torrentizio e sono il Bradano, il Basento, l’Agri, il Sinni e il Cavone. Tra i laghi, quello di Monticchio ha origini vulcaniche, mentre quelli di Pietra del Pertusillo, di San Giuliano e del Monte Cotugno sono stati costruiti artificialmente per usi potabili ed irrigui. Si tratta di una regione prevalentemente agricola. Nelle zone interne del materano è sviluppata la coltura cerealicola: frumento, gran-turco, orzo e avena.

Sulle colline a ridosso del Metapontino invece, c’è una fiorente coltiva-zione di vigneti, mentre in pianura sono molto sviluppate le piantagioni di alberi da frutto. Le sue potenzialità naturali legate alla natura sel-vaggia ed alla cultura rurale sono degli importanti elementi di valoriz-zazione del territorio. La Basilicata possiede 3 parchi naturali: il Parco Nazionale del Pollino, il Parco Regionale di Gallipoli Cognato ed il Parco Archeologico, Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano. Nel-l’area dei parchi, così come in tutto il territorio regionale, la produzione di formaggi storici tradizionali è parte integrante della cultura locale.

La maggior parte delle aziende zootecniche lucane sono a conduzione familiare. La produzione di latte di vacca è destinata, per lo più, al-l’esportazione ed alla produzione di formaggio. Gli allevamenti ovini e caprini sono di piccola taglia; il latte prodotto serve per la produzione di formaggi locali tradizionali, ma il numero di aziende di trasformazione è ancora limitato.

L’industria della regione è basata sulle attività di piccole e medie impre-se: industrie alimentari, tessili ed industrie della lavorazione del marmo. A Potenza esistono stabilimenti chimici, mentre nella valle del Basento sono presenti impianti di produzione tessile. Nel Metapontino, infine, vi è una grande presenza di aziende agricole con produzione industriale soprattutto di fragole ed alberi da frutto.

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Il turismo è basato su due tipologie: storico-culturale per quanto riguar-da le città della Magna Grecia, quelle d’epoca romana, quelle medioe-vali, preistoriche e barocche (i Sassi di Matera), e turistico-balneare per quanto riguarda la costa tirrenica e ionica.

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C.R.A. - CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURAUNITà DI RICERCA PER LA ZOOTECNIA ESTENSIVA

Foto n. 1 - Istituto Zootecnico per la Basilicata nel Comune di Bella (Pz)

Una lunga storia

La valle del Marmo è un’ampia conca di origine alluvionale che da Po-tenza si stende, lungo dolci pendii, fino all’estremo Nord-Ovest della Basilicata. In questa terra, nel 1911, F. S. Nitti, Ministro dell’Agricoltura, volle istituire il Regio Istituto Zootecnico.

La legge istitutiva è la n. 885 del 21 luglio, che diede vita a tre Istitu-ti Zootecnici, rispettivamente nella provincia di Campobasso, Arezzo e Potenza. L’anno successivo, con Decreto Reale del 4 aprile 1912, venne fondato l’Istituto Zootecnico per la Basilicata nel Comune di Bella.

Il Ministro dell’Agricoltura, con Decreto Reale del 17 ottobre 1912, dichia-rò di pubblica utilità l’istituzione, nel territorio di questo Comune, di una stazione zootecnica ad uso dell’Istituto per la Basilicata, permettendo in tal modo al Comune di Bella di espropriare l’azienda del Principe di S.

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Antimo. Questa azienda era situata nei pressi della stazione ferroviaria, nella parte bassa della valle del Marmo, aveva un’estensione di 86 ha ma era in pessime condizioni agronomiche.Naturalmente è legittimo chiedersi come mai sia stato possibile che, in un periodo di grave carenze di strutture di supporto all’agricoltura, venisse istituito un Istituto Zootecnico e per di più a Bella, dove non c’erano condizioni precostituite che ne facessero apparire scontata la localizzazione. La risposta appare in parte ovvia ed è legata a F. S. Nitti. In quegli anni Nitti, in quanto Ministro dell’Agricoltura, concentra una parte importante della sua strategia politica sulla riforma dell’istruzione tecnica e sul credito, “i globuli rossi che possono impartire la forza a una industria languente”.

Nel comizio di Muro Lucano del 12 ottobre del 1913, Nitti dichiara con decisione che “la vera necessità è provvedere in larga misura agli isti-tuti di sperimentazione agraria”.Il Regio Istituto Zootecnico, con RD del 6 agosto 1923, divenne Ente Consorziale e assunse la denominazione di Istituto Zootecnico per la Lucania. Nel periodo tra le due guerre l’Istituto ha svolto funzioni di stimolo per l’agricoltura e la zootecnia delle zone circostanti e specialmente della “vallata del marmo”. Non si trattava di un’attività sperimentale ma di un’azione di divulgazione i cui limiti si resero manifesti tanto da stimo-lare un intervento, nel 1955, del Ministero dell’Agricoltura che dotò l’Isti-tuto di un’azienda sperimentale a Potenza, di un osservatorio Avicolo, di un’azienda a Bella e un’altra di monticazione a Li Foy a circa 1200 metri di altitudine. Nella sede di Potenza c’erano i laboratori ed un centro di fecondazione artificiale.

Con la legge di riforma 1318 del 1967, l’Istituto Zootecnico per la Lucania entra a far parte dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia. L’attività della Sezione, a partire dagli anni settanta, si concentra sui sistemi pastorali estensivi, considerati fino a quel momento marginali, ma che invece, già da allora, lasciavano intravedere il potenziale di risorse che erano in grado di offrire.

Negli ultimi anni ha orientato le sue ricerche verso lo studio dei siste-mi di allevamento e la qualità delle produzioni e, in questo ambito, ha approfondito essenzialmente le tematiche riguardanti il ruolo dei pascoli e dell’alimentazione sulla qualità aromatica e nutrizionale del latte, dei formaggi e della carne. Nel corso di questi studi ha verificato che le chiavi di lettura utilizzate per spiegare e valutare la realtà della zootecnia meridionale non erano adatte a cogliere l’effettivo potenziale del territorio. Di qui l’avvio di progetti di ricerca sempre più mirati al-l’individuazione di fattori e di parametri che meglio rispondessero alle esigenze del territorio.

Le principali linee di ricerca affrontate, in qualità di partner o proponen-te, hanno riguardato le problematiche relative all’interazione tra alimen-

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tazione e molecole aromatiche, nutrizionali e di tipo farmacologico che si ritrovano nei prodotti. Ha acquisito, grazie a questi studi, un’adeguata conoscenza delle singole realtà territoriali.

Con il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454 l’Istituto è entrato a far parte del C.R.A. (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura) e, con la denominazione di Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva, si occupa di allevamento bovino estensivo, di allevamenti ovini e caprini per la produzione di carne e di latte. Studia i fabbisogni nutritivi e le relazioni tra l’alimentazione e la qualità dei prodotti, con particolare attenzione alla valorizzazione delle produzioni casearie del-l’area meridionale del paese. Cura la salvaguardia di razze bovine, ovine e caprine autoctone dell’Italia Meridionale.

L’Unità di ricerca intrattiene rapporti di collaborazione, oltre che con i diversi Centri e Unità del C.R.A., con alcune delle maggiori Università italiane (Portici, Catania, Potenza, Palermo, Foggia, Parma, Campobasso, Sassari, Bari e Torino) ed enti di ricerca italiani (CNR, INRAN e CoRFiLaC). Collabora, inoltre, con alcune istituzioni straniere di ricerca come l’INA-PG francese, l’INRA di Toulouse, il FAM di Berna, l’Università di Barcel-lona, l’Università di Salonicco, l’Università di Siviglia, il NAGREF greco e il CSIS delle Canarie.

Principali tematiche di ricerca

Le principali tematiche di ricerca affrontate negli ultimi tempi, hanno preso in considerazione, oltre ai sistemi di allevamento degli ovini-ca-prini, soprattutto il ruolo dei fattori di produzione sulla qualità dei for-maggi tipici. Tematiche di ricerca sempre mirate verso l’individuazione di fattori e di parametri che consentano una valutazione corretta delle risorse e delle relative possibilità di sviluppo.

Si riportano, in sintesi, le principali tematiche:- strategia di integrazione degli animali al pascolo;- messa a punto di un metodo di valutazione del potenziale di un pascolo;

- individuazione e delimitazione di aree omogenee (crû) in grado di marcare un formaggio;

- contributo della singola essenza all’aroma del formaggio;- relazione fra la razza e la qualità del formaggio;- ottimizzazione della tecnica di produzione e messa a punto del disci-plinare di produzione di alcuni formaggi storici del Mezzogiorno che rischiano di scomparire;

- studio delle relazioni esistenti fra sistemi di allevamento e la qualità della carne e dei salumi;

- definizione della specificità delle ricotte da siero ovi-caprino, bu-falino e vaccino ed ottimizzazione delle tecniche di produzione e confezionamento;

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- produzioni casearie storiche a latte crudo e ruolo delle attrezzature tradizionali, utilizzate durante il processo di caseificazione, sulle pe-culiarità microbiologiche, sensoriali e strutturali dei formaggi;

- classificazione delle diverse tipologie casearie tramite impronte ol-fattive (naso elettronico).

Dotazioni tecnico-scientifiche

L’Unità, presso l’azienda Sperimentale di Bella, dispone di: - un laboratorio di 200 mq dotato di HPLC, gascromatografi, gas-mas-sa, tessurometro, colorimetro, naso elettronico ed altre attrezzature per eseguire analisi su alimenti, latte e formaggi;

- un caseificio didattico-sperimentale di 250 mq con attrezzature in grado di lavorare tutti i tipi di latte e di produrre tutte le tipologie di formaggi;

Foto n. 2 - Laboratorio del CRA-ZOE

- un laboratorio di analisi sensoriale per la valutazione dei formaggi;- un Centro di “Collegamento Ricerca-Divulgazione”, realizzato nel-l’ambito del regolamento CEE 2052/88, obiettivo 1, con 25 stanze singole, videoteca, campo da tennis, aule dotate di traduzione simul-tanea, sala convegni, biblioteca. Il “centro” viene utilizzato per atti-vità di formazione, riqualificazione e aggiornamento dei Divulgatori Agricoli e dei tecnici dei Servizi di Sviluppo Agricolo, per seminari, congressi e stages di breve e media durata.

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Foto n. 3 - Caseificio

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Foto n. 4 - Centro di “Collegamento Ricerca-Divulgazione”

Le dotazioni dell’Unità, a datare dall’istituzione del C.R.A., comprendono anche tutte le strutture e le attrezzature della Sezione di Foggia dell’ex Istituto Sperimentale per la Zootecnia.

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INTRODUZIONE

La tradizione casearia meridionale nei secoli

I formaggi si producono da molti secoli, da quando un allevatore o un viaggiatore più attento degli altri si accorse che, conservando il latte in un otre di stomaco di capra, per effetto degli enzimi coagulanti in esso contenuti, si aveva la sorpresa di trovare una bella cagliata. Ma poiché, ora come allora, un avvenimento è tale se c’è qualcuno a raccontarlo, dobbiamo aspettare i Sumeri, con il famoso bassorilievo di Bagdad e, più tardi Omero, per avere un’idea del tipo di formaggi che gli abitanti del bacino del Mediterraneo usavano mangiare. Salvo varianti sul tema, almeno fino al 100 a.c., i nostri antenati conoscevano solo il pecorino e la ricotta. È probabile, infatti, che si sia arrivati al formaggio partendo dal latte di pecora o di capra (Toussaint-Samat, 1991).

Lo stupendo mosaico di Bisanzio ci mostra il pastore intento a mungere un gregge di capre, così come il collare sciita ritrovato a Kiev raffigura la mungitura di una pecora. Virgilio non sembra amare molto il latte di vacca se arriva a dire: “Non conservate per vostro uso, come facevano i vostri padri, il latte con cui le vacche che possedete riempiranno gli otri. Soltanto i teneri lattanti devono prosciugare le mammelle”.La descrizione dell’antro di Polifemo è indirettamente quella di un ovile (Od. IX, v. 217): “Entrati nell’antro, osservammo ogni cosa; dal peso dei caci i graticci piegavano; steccati c’erano per gli agnelli e i capretti e separata ogni età vi stava chiusa: a parte le prime nate, a parte le mezzane, a parte le tenere agnelle, tutti i boccali traboccavano di siero ed i secchi ed i vasi nei quali mungeva …”.

Le sequenze operative non sono diverse da quelle tipiche di una realtà a noi ancora vicina (Od. IX vv. 237 e segg.): “Lui nell’ampia caverna spinse le pecore pingui tutte quante ne aveva da mungere, ma i maschi li lasciò fuori, montoni e caproni all’aperto nell’alto steccato … Seduto, quindi, mungeva le pecore e le capre belanti, ognuna per ordine e cac-ciò sotto a tutte i piccoli. E subito cagliò una metà del candido latte, lo mise nei canestrelli intrecciati, metà nei boccali lo tenne, per averne da prendere a bere, che gli facesse da cena”.E ancora Omero fa prescrivere da Nestone a Macaone, ferito durante l’assedio di Troia: “Gratta del formaggio di capra nel vino dopo aver mangiato cipolla”.

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Gli etruschi non dovevano amare molto il formaggio; l’Associazione Cuo-chi Elbani, nel riportare le ricette ed i piatti tipici della cucina di questo popolo misterioso e gaudente, non cita mai i derivati del latte (Rossetti, 1993). Plinio invece esalta “Le capre che danno un formaggio apprezzato so-prattutto quando è fresco” e raccomanda di affumicarli perché “Il fumo ne aumenta il sapore, come lo si prepara a Roma, dove lo si preferisce a tutti gli altri”, mentre Columella nel suo De Re Rustica ci tramanda la prima scheda tecnologica del formaggio pecorino. Infatti, fa’ un’ampia descrizione del pecorino, dei diversi cagli che si possono utilizzare, dei formaggi che si producono nelle vaste aree dell’impero e della loro qualità. In più, per la prima volta, veniamo a sapere che i romani produ-cevano ed apprezzavano il Manu pressu, il pressato a mano, formaggio che si faceva immergendo la cagliata in acqua bollente.

Dopo la caduta dell’Impero Romano e la grande invasione dei barbari, i religiosi dei monasteri benedettini e cistercensi furono pionieri della nuova industria casearia dell’alto medioevo (Toussaint-Samat, 1991).Nel Mezzogiorno riprende a ritmo febbrile la transumanza ovina; la lana innanzitutto, ma anche i formaggi sono una componente importante, se è vero che il governo della Dogana della Mena incarica con particolare premura al suo primo “Doganiero Francesco Meluber a dover tenere cura precisa per il vantaggio e bene de locati, che tutto ridonda in utile della medesima Dogana, e sopra tutto a dover invigilar sopra la vendi-ta dei frutti (pane, cacio e lana), acciò sia corrispondente ai pesi che i locati portano della regia fida, con qualche guadagno per detta indu-stria che fanno, che però li concede tutta la facoltà possibile per il loro vantaggio, non essendo verosimile che uno impieghi tutto il suo avere in questa industria per esservi danno” (Gaudiani, 1700). Occorre, quindi, controllare i mercati e fare buona guardia “con che non è maraviglia se questi mercanti di cascio sono quasi tutti ricchi a fondo”.

I formaggi sono sempre presenti nelle numerose fiere del Mezzogiorno. Nella fiera d’agosto del 1470 di Lanciano viene stipulato un contratto relativo all’acquisto di ben 500 libbre di cacio da Cicchino de Ser Phi-lippo et Alisantino de Iacono (Grohmann, 1969). Alla fiera di Foggia, la più grande del Regno dopo la Restaurazione e nonostante una difficile congiuntura e l’elevato prezzo, l’offerta è elevata (Colapietra e Vitelli, 1989). Ma non solo i formaggi di pecora erano conosciuti. Ortensio Lan-do (1569), medico e letterato, nel suo viaggio immaginario attraverso specialità gastronomiche italiane, fa esclamare all’oste presso il quale si immagina alloggiato “Ma quanta invidia ti porto ricordandomi che tu .. in Napoli sguazzerai con quei caciocavallucci freschi …”.

Anche i formaggi di capra, ed ancora di più il latte, hanno avuto una notevole importanza nel recente passato.Nel medioevo, Pantaleone da Confidenza (Naso, 1990), nella sua Sum-ma Lacticiniorum, concorda con Averroé sulla qualità del latte di capra, che pone immediatamente dopo il latte di donna e di asina. Tuttavia

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egli sottolinea come il rapporto qualitativo tra latte e formaggio non risulti sempre diretto: il latte di capra è preferibile a quello bovino per l’alimentazione umana, ma dà formaggi con caratteristiche qualitative inferiori: “nam lac capre absolute pro comuni usu hominum melius est lacte vace; et tamen caseus capre longe deterius est caseo vace”.

Anche nell’Ottocento, in un periodo buio per la capra, a causa delle leggi che ne vietavano l’allevamento, il Gautieri (1816) tesse le lodi dei formaggi di capra: “formaggi di latte di capra sono saporitissimi, co-stano più dei formaggi di vacca, e a motivo del pizzicar loro rendono superfluo il sale nella polenta, per cui i poveri alpigiani lo antepongono agli altri formaggi”.

Ma il formaggio meridionale per antonomasia, che non trova riscontro in altre parti del mondo, è la pasta filata prodotta con latte di bufala. Per avere un’idea dell’importanza della “Mozzarella di bufala” basti pensare che già nei primi anni della metà dell’Ottocento, subito dopo l’unifi-cazione dell’Italia e con la liberalizzazione dei prezzi, sorse l’esigenza di uniformare i prezzi di vendita; fu così che diventò un’istituzione la famosa “Taverna” di Aversa, una borsa “ante litteram” dove quotidia-namente si facevano i prezzi della mozzarella e del burro (Campanile Castaldo, 1960).

Tornando ai formaggi ovi-caprini, oggetto del progetto T-Cheese.Med, e alla regione Basilicata, dove sono prodotti i formaggi studiati, in “Stati-stica del Regno di Napoli”, nella parte che riguarda la sussistenza della popolazione del circondario di Avigliano, di cui Filiano era frazione fino al 1952, viene riportato che il cacio era quotato a cent. 88. Nella se-zione relativa alla pastorizia si evidenzia che “… si fa uso de ‘merinos’ per rinnovare la qualità buona d’origine. Sono d’indole mansuete, e di mediocre taglia. Per i prodotti della pastorizia il cacio di pecore e capre conta 400 forme, de’quali 140 consumansi nel paese…”.

Per il Canestrato di Moliterno, invece, la notevole reputazione del pro-dotto trova testimonianza in numerosi scritti; secondo il Racioppi, stori-co moliternese dell’800, il toponimo Moliterno deriverebbe dal radicale “mulctrum” da cui “mulcternum” ovvero “luogo dove si fa il latte, cioè dove si munge l’armento e si coagula il latte”.

L’allevamento ovino nel Mezzogiorno con le sue produzioni di lana, carne ed in particolare del formaggio “Pecorino”, ha sempre avuto una grande importanza economica nella civiltà contadina. Da ciò deriva la scarsa rilevanza riservata alla produzione del Cacioricotta che si otte-neva durante il periodo estivo, nella fase finale della lattazione, e co-stituiva la scorta alimentare dei pastori. La letteratura, infatti, è ricca di riferimenti sul pecorino ma molto scarsa sul Cacioricotta. Nel testo “La Puglia nell’inchiesta agraria Jacini 1877-1885”, nel paragrafo dedicato a “Industrie derivanti dagli animali” viene citato, oltre al burro ed altri latticini di pecora, “Il cacioricotta [prodotto] dal mese di giugno sino

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all’agosto”. Il Marracino nel libro “Tecnica lattiero-casearia” del 1962 parla del Cacioricotta facendo riferimento alla pecora e descrivendone sommariamente la tecnologia. Dai riferimenti storici, quindi, si rileva l’esistenza di un Cacioricotta di pecora, non di capra, anche se il fatto che lo stesso si produceva nei mesi estivi, quando in pratica la lattazio-ne delle pecore era finita, sembra indurre in errore. A tutt’oggi la tecnica di produzione di questi formaggi è ancora tradizionale.

Attualmente, infatti, quasi sempre la trasformazione, soprattutto nelle aree a maggiore altitudine, avviene nei piccoli locali, annessi all’abita-zione dell’allevatore-trasformatore, mediante l’impiego della caldaia in rame stagnato, del fuoco a legna e di altri utensili in legno: spino in legno, “ruotolo” o “rotella” per mantenere in agitazione il latte nella caldaia, della “catarina”, piccola asta graduata, in legno, per misurare la quantità del latte, e la messa in forma, molto spesso, viene effettuata impiegando fuscelle in vimini.

Da sottolineare, inoltre, che nella stragrande maggioranza dei casi, sono formaggi ottenuti impiegando latte crudo, ottenuto da animali al pasco-lo per tutto l’anno, con l’impiego di cagli di tipo aziendale e stagionati in locali idonei (fondaci - locali interrati di palazzi nobiliari - e cantine naturali) a garantire un ambiente fresco, ventilato ed a volte umido. Fattori fondamentali per esaltare e ottimizzare l’attività degli enzimi apportati sia dal latte di partenza e sia dalle attrezzature.

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L’iniziativa comunitaria INTERREG nasce per promuovere la cooperazione regionale nell’Unione Europea e nelle sue regioni frontaliere, attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (F.E.S.R.). Il programma Interreg III B (2000-2006) ha contribuito allo sviluppo ed all’implementazione di iniziative di cooperazione transfrontaliera, transnazionale ed interre-gionale, nonché a progetti comuni destinati a migliorare l’economia, le infrastrutture, l’occupazione, l’ambiente e l’agricoltura. L’obiettivo fon-damentale di tale programma è stato quello di accrescere la capacità di avviare e gestire progetti di cooperazione e di apertura alle relazioni con altre regioni europee e rafforzare la coesione economica e sociale nell’Unione Europea.

Il Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana della Regione Basilicata in collaborazione con il C.R.A. - Consiglio per la Ricer-ca e la Sperimentazione in Agricoltura, Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva (ex Istituto Sperimentale per la Zootecnia) di Bella Scalo (PZ) ha partecipato, nella programmazione 2000-2006, al progetto T-CHEESE.MED con l’obiettivo di valorizzare la filiera di produzione di formaggi storici tradizionali della Basilicata.

Nello specifico, il progetto T-CHEESE.MED è nato con l’obiettivo di valo-rizzare i formaggi storici tradizionali dell’area Mediterranea. Attraverso T-CHEESE.MED i partners coinvolti (3 partners italiani, 3 partners greci ed 1 partner cipriota) hanno cercato insieme di sviluppare una strategia per contribuire a mettere in rete i soggetti pubblici, responsabili delle politiche agricole, e gli enti scientifici di controllo della qualità dei pro-dotti lattiero-caseari, in particolare quelli impegnati nella certificazione di formaggi storico-tradizionali, facendo ricorso a strumenti tecnologici innovativi.

Rispetto a questa finalità generale, si è cercato di contribuire a ridurre gli handicap legati alle situazioni di isolamento dei luoghi di montagna e delle zone periferiche dove operano i produttori di formaggio storico tradizionale; di sviluppare una rete intranet (software) per garantire gli scambi di know-how tra i responsabili istituzionali ed i centri di ricer-ca nei settori delle politiche agricole della zona Archimed; di garantire l’accesso alla conoscenza e all’innovazione dei nuovi sistemi informatici per quanto riguarda una fase sperimentale di commercio elettronico dei formaggi storici tradizionali.

PROGETTO T-CHEESE.MED

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I principali risultati del progetto sono stati: 1. dossier sui produttori di formaggi ovi-caprini tradizionali della Re-

gione Basilicata;2. manuale esplicativo per l’adeguamento alle normative igienico-sani-

tarie dei produttori di latte e formaggi tradizionali ovini e caprini;3. rete intranet per garantire gli scambi di conoscenze, tra i respon-

sabili istituzionali ed i centri di ricerca nei settori delle politiche agricole nel Mediterraneo;

4. pubblicazione regionale e congiunta sulle caratteristiche dei for-maggi storici e tradizionali;

5. postazioni web per il commercio elettronico;6. DVD, brochures e altro materiale divulgativo;7. portale web (www.cheesemed.eu) contenente tutte le attività del

progetto e la sezione dedicata al commercio elettronico.

Il progetto T-CHEESE.MED ha avuto un’importanza fondamentale per la Basilicata poiché, oltre al raggiungimento degli obiettivi specifici, ha contribuito a creare una rete di relazioni nazionali e, soprattutto, tran-snazionali stabile e duratura che si delinea come una base di partenza per nuove azioni di partenariato nella nuova programmazione 2007-2013. È stata l’occasione per la Basilicata di aprirsi a nuovi contesti ter-ritoriali, di acquisire e condividere esperienze e buone pratiche, nonché di trasmetterle.

Indagine T-Cheese.Med

L’indagine ha interessato, tramite un questionario, l’intero territorio del-la Regione Basilicata. Sono state visitate 196 aziende ovi-caprine. Sono stati rilevati dati di carattere generale (generalità del produttore, grado di scolarizzazione, ubicazione dell’azienda, distanza dal centro urbano più vicino, ecc.), dati riferiti al sistema di allevamento e di alimentazione (razze allevate, numero di capi, ecc.) e dati riferiti al tipo ed alle modali-tà di produzione, conservazione e commercializzazione dei prodotti.

I dati del questionario, in particolare, vertevano sui seguenti punti:- grado di istruzione dei proprietari dell’azienda;- le dotazioni in termini di accesso ad internet;- la distanza dal centro urbano più vicino, la distanza dalle grandi vie di comunicazione e dalle aree industriali;

- l’altitudine e le coordinate GPS;- l’ampiezza dell’azienda, le colture impiantate e la relativa ripartizione;- il sistema di allevamento (estensivo, intensivo, semiestensivo e tran-sumante);

- le specie allevate (ovini, caprini e bovini) e il relativo numero di capi;- il tipo di mungitura (manuale e/o meccanica), la refrigerazione del latte e le quantità di latte trasformate in azienda e vendute all’ester-no, il possesso dell’autorizzazione sanitaria per la produzione di latte;

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Cartina n. 1 - Formaggi oggetto dell’indagine

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- i tipi di trattamento del latte (crudo, termizzato e/o pastorizzato), l’impiego di colture starter e la figura (uomo o donna) addetta alla trasformazione;

- il tipo di caglio impiegato (artigianale di capretto e/o agnello, liquido industriale, in pasta industriale);

- i formaggi prodotti, le modalità di vendita e la commercializzazione.

I principali risultati dell’indagineIl grado di istruzione dei proprietari delle aziende, nel complesso, è risultato medio alto. Il 40% circa e il 22% circa detiene, rispettivamente, un diploma di scuola media inferiore e superiore. Il 35% circa, invece, possiede solo la licenza elementare e il 3% un diploma di laurea.

Cartina n. 2 - Ubicazione aziende sottoposte ad indagine

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La maggior parte delle aziende indagate possiede la linea telefonica (153 aziende su 196) e 45 sono anche collegate ad internet.

Le aziende, in media, distano dal centro abitato più vicino circa 6 km fino ad un massimo di 30 km. Distano, in media, 16 km dalle aree in-dustriali più significative e 34 km dalle autostrade. Le aziende studiate sono collocate ad una altitudine media di circa 500 m s.l.m. fino ad un massimo di circa 1.200 m.

La superficie media destinata alle coltivazioni si attesta su valori di circa 88 ha fino ad un massimo di 750 ha ed un minimo di circa 3 ha.Il sistema di allevamento prevalente è risultato essere quello seminten-sivo (104 aziende su 196) e l’estensivo (83 aziende su 196). Le azien-de intensive e transumanti rappresentano, invece, entità trascurabili (8 aziende intensive e 1 transumante). Il numero medio dei capi, nelle aziende oggetto dell’indagine, è risultato pari a 224 per gli ovini e 78 capi per i caprini.

A livello di mungitura, dato il carattere semintensivo ed estensivo del-l’allevamento, 110 aziende praticano la mungitura di tipo manuale. La maggior parte delle aziende, nonostante il carattere estensivo, sono dotate di refrigeratore per il latte (161 aziende).Le aziende mediamente trasformano 99 kg di latte al giorno fino ad un massimo di circa 1.500 litri.A livello annuale, invece, le aziende ovi-caprine trasformano circa 21.061 litri di latte.

La maggior parte delle aziende (190) trasformano a latte crudo e solo 6 effettuano trattamento termico del latte (termizzazione e/o pastorizza-zione). L’addetto alla trasformazione in 128 aziende è di sesso maschile e in 68 di sesso femminile. Da considerare, in questo caso, che il ruolo della donna nella trasformazione diventa preminente nelle aziende di tipo part time.

Per quel che riguarda il caglio impiegato la maggioranza delle aziende (106) impiegano caglio industriale liquido, seguono il caglio in pasta industriale (44 aziende), il caglio artigianale di agnello (25), il caglio artigianale di capretto (16) e l’impiego di cagli misti (5).La forma di commercializzazione prevalente, quasi per il 90% delle aziende, è quella diretta.

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I formaggi studiati

I formaggi studiati, nell’ambito del progetto T-Cheese.Med “Le nuove tecnologie al servizio delle produzioni casearie tradizionali e storiche nella zona Archimed”, sono un formaggio ovino DOP (Denominazione di Origine Protetta) il “Pecorino di Filiano”, uno misto a Denominazione di Origine Geografica, anche se prevalentemente a latte ovino, il “Ca-nestrato di Moliterno stagionato in Fondaco” ed un formaggio caprino tipico della tradizione meridionale il “Cacioricotta”. Sono state indagate, inoltre, anche se in maniera marginale, due varianti del “Cacioricotta”: il “Casieddu” e il “Casiello”.

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Tipologia

Formaggio a pasta dura.

PECORINO DI FILIANO

Cartina n. 3 - Area di produzione “Pecorino di Filiano”

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Area di produzione

Il comprensorio di produzione ricade interamente nell’area nord occi-dentale della provincia di Potenza, di cui occupa la parte più alta, tra il Vulture e il monte Li Foy fino alla Montagna Grande di Muro Luca-no. Comprende il territorio amministrativo dei seguenti comuni: Atella, Avigliano, Balvano, Baragiano, Barile, Bella, Cancellara, Castelgrande, Filiano, Forenza, Ginestra, Maschito, Melfi, Muro Lucano, Pescopagano, Picerno, Pietragalla, Pignola, Potenza, Rapolla, Rapone, Rionero in Vul-ture, Ripacandida, Ruoti, Ruvo del Monte, San Fele, Savoia di Lucania, Tito, Vaglio di Basilicata, Vietri di Potenza.

Caratteristiche del prodotto

Il Pecorino di Filiano, formaggio sia da tavola che da grattugia, al mo-mento del consumo deve avere le seguenti caratteristiche:

- la forma deve essere cilindrica a facce piane con scalzo diritto o leg-germente convesso con diametro compreso tra cm 15 e 25, altezza dello scalzo tra cm 8 e 18, e il peso tra 2,5 e 5 cm;

- la crosta, recante i caratteristici segni della fuscella, si presenta di colore giallo dorato, tendente al bruno scuro nelle forme più stagio-nate e trattate;

- la pasta, di colore bianco nei pecorini giovani e tendente al paglie-rino in quelli più stagionati, presenta una consistenza compatta con presenza di piccole occhiature non regolarmente distribuite;

- i formaggi stagionati 60-90 giorni presentano un sapore dolce e delicato, più accentuato e tendente al piccante in quelli a più lunga stagionatura;

- il grasso, sulla sostanza secca, non deve essere inferiore al 30%.

Al termine della stagionatura il Pecorino di Filiano si presenta con i seguenti caratteri:

› alla vista: crosta rigata leggermente colorata (per i trattamenti con olio o per sviluppo di muffe); pasta gialla con rare occhiature;

› al tatto: pasta dura ed omogenea;› al taglio: a scaglie, granuloso e friabile;› al naso: odore di pecora, di erba e di nocciola tostata (se ben sta-gionato);

› in bocca: friabile, granuloso, piccante (soprattutto nel caso di impie-go di caglio aziendale).

Principali aspetti della tecnologia di produzione

› Razza: Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e loro incroci;

› Tipo di latte: latte crudo intero;

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Foto n. 5 - Le pecore di razza Gentile di LucaniaFoto n. 6 - Il caglio artigianale di agnello o di capretto

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› Microflora: naturale;› Caglio: pasta di agnello e/o capretto; › Sistema alimentare: pascoli naturali, ricchi di essenze spontanee, e prati coltivati con integrazione (fieno e concentrati in alcune aree).

Principali caratteristiche storiche e tecnologia di produzione

Il latte crudo, opportunamente filtrato con appositi setacci, è riscaldato tradizionalmente in caldaie con il fuoco a legna o mediante altre forme di energia; quando la temperatura raggiunge valori compresi tra 36°C e 40°C, viene aggiunto caglio in pasta di capretto o agnello, prodotto ricavato artigianalmente da animali allevati nell’area di produzione.

La cagliata deve essere rotta, in modo energico, con l’ausilio di un me-stolo di legno detto “scuopolo” o “ruotolo”, recante una protuberanza all’apice, fino ad ottenere grumi delle dimensioni di un chicco di riso. Dopo pochi minuti di riposo sotto siero la cagliata viene estratta e messa in forma nelle caratteristiche “fuscelle” di giunco dette “fuscedd” o in altro materiale idoneo per prodotti alimentari con la caratteristica sagomatura tipo giunco. La cagliata viene “frugata”, cioè pressata a mano, per favorire la fuoriuscita del siero.

Le forme ottenute vengono immesse nella scotta a temperatura non su-periore a 90°C fino ad un massimo di 15 minuti. La salatura viene effet-tuata sia a secco che in salamoia. Nel primo caso si protrae per diversi giorni, secondo le dimensioni della forma, nell’altro caso il formaggio rimane immerso in salamoia satura per 10-12 ore per kg della forma.

Foto n. 7 - Attrezzature tradizionali

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Foto n. 8 - Locale di stagionatura

Attrezzature tradizionali

Filtro (panno di lino) per il latte chiamato “culatur”, asta graduata in legno per misurare la quantità di latte “catarina”, caldaia in rame sta-gnato il “caccavo”, bastone in legno per girare il latte nella caldaia e rompere la cagliata “scuopolo” o “ruotolo”, fuscelle in vimini “fuscedd”, tavolo spersore “tumpagn”.

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Locali di stagionatura

Il processo di stagionatura avviene in locali naturali ventilati e in tufo. I formaggi vengono stagionati ad una temperatura di 12-14°C e un’umidi-tà relativa del 70-85% per almeno 180 giorni.

Nomi ricorrenti e corrispondenti a differenti stadi di salatura/stagionatura

Semistagionato: indica un formaggio con una stagionatura di circa2-5 mesi.Stagionato: indica un periodo di stagionatura superiore a 6 mesi.

Brevi cenni storici

Nel comprensorio di produzione del Pecorino di Filiano si ergono impo-nenti le moli geometriche dei castelli federiciani di Melfi e Lagopesole. Nel primo furono emanate, nell’agosto del 1231, le costituzioni melfita-ne, dette anche Liber Augustalis o Lex Augustaliis, che rappresentano il primo e più completo testo organico di leggi scritte nell’età medievale con disciplina del diritto penale e di quello civile. Veniva stabilito per la prima volta che la legge era unica per tutto il territorio dell’immenso impero. Nelle costituzioni di Melfi viene tutelata anche la pastorizia nella proprietà e gestione di animali e pascolo.

L’origine del “Pecorino di Filiano” è legata a molti secoli di storia come riportato in numerosi testi già dal 1600. Del resto il toponimo “Filiano” deriverebbe dall’abbondanza di lana filata dalle donne, a testimonianza della presenza di tanti allevamenti di pecore. Con la conquista romana si hanno esempi dell’importanza dell’allevamento ovino con la deli-mitazione di alcuni assi della viabilità pastorale: la via Appia passava nell’areale delimitato per questo formaggio e costituiva parte dei vecchi “tratturi regi” utilizzati dai pastori durante la transumanza.

Riferimenti storici

- La “Statistica” del regno di Napoli nel 1811 a cura di D. Demarco. Tomo III, Roma.

- G. Salerno: “Il cacio Pecorino e l’industria casearia in Basilicata”. La Lucania Agricola, 3, 1894.

- N. Stigliano: “Facciamo un buon pecorino”. Agricoltura Lucana, Stab. Linotip. Nucci - Potenza, 1952.

- Vizzardi-Maffeis “Formaggi italiani” Edizioni Agricole, Bologna, 1990.- Istituto Nazionale Sociologia Rurale: “Atlante dei prodotti tipici: I

Formaggi”, Franco Angeli, Milano, 1990.- CNR: “I prodotti caseari del Mezzogiorno”, 1992.

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INDAgINE

L’indagine condotta in tutti i comuni del comprensorio di produzione del Pecorino di Filiano, Basilicata nord-occidentale, ha evidenziato, a livello di grado di scolarizzazione, che il 46,4% degli addetti possiede la licen-za elementare, il 33,3% il diploma di scuola media inferiore, il 17,4% il diploma di scuola superiore e il 2,9% il diploma di laurea. Tutte le aziende considerate sono dotate di telefono, il 34,8% possiede un col-legamento ad internet e il 16% possiede un account di posta elettronica. Dati questi molto interessanti per le finalità del progetto: “commercio elettronico” dei formaggi storici e tradizionali. Le tecnologie informa-tiche, più che al servizio dell’azienda, attualmente vengono utilizzate dai figli degli allevatori e, molto spesso, si tratta di account di posta elettronica non utilizzati. La discreta diffusione dei mezzi informatici è, senz’altro, dovuta alle politiche regionali degli anni scorsi che hanno favorito la diffusione di internet (iniziativa regionale “Un computer in ogni casa”).

Le aziende, prese in considerazione dall’indagine, distano in media dal centro urbano più vicino circa 4,4 km, circa 12 km dalle aree industriali e 35 km dalle vie di grande comunicazione (autostrade). Le aziende censi-te sono situate ad un’altitudine media di circa 700 m s.l.m. e il sistema di tipo estensivo risulta predominante (89% dei casi). Altri sistemi di al-levamento presenti sono il semintensivo (8,7%) e l’intensivo (1,5%). La transumanza, un tempo costante nella Basilicata nord-occidentale, con spostamento delle greggi di pecore Gentile di Puglia verso la pianura pugliese, è praticamente scomparsa.

Il numero medio di capi ovini allevati si attesta su circa 200 capi per azienda. Minore, invece, è il numero medio dei caprini per azienda (65). In circa il 60% delle aziende viene praticata la mungitura di tipo manua-le. Da sottolineare, in questo caso, che le aziende delle zone di pianura e collinare, con razze specializzate da latte (Sarda e Comisana), adot-tano sempre la mungitura di tipo meccanico. La mungitura manuale, invece, è prerogativa delle aziende di piccole dimensioni, di montagna e con la presenza di pecore autoctone (Gentile di Puglia e di Lucania e merinizzate).

Le aziende ovi-caprine del comprensorio di produzione del Pecorino di Filiano trasformano in media al giorno 104 lt di latte e annualmente 22.397 lt di latte. Nel 97% dei casi viene trasformato latte crudo. Sol-tanto in 2 aziende, fra quelle considerate nell’indagine, viene praticata la termizzazione del latte. Il tipo di caglio impiegato per la trasformazio-ne, nonostante la DOP (Denominazione di Origine Protetta), è risultato essere molto diversificato. Nel 34,8% dei casi viene impiegato caglio liquido industriale, seguono con il 30,4%, il 18,8%, il 13,1% e il 2,9% rispettivamente il caglio artigianale di agnello, il caglio artigianale di capretto, il caglio industriale in pasta e il caglio misto.

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La stagionatura, come il tipo di caglio impiegato, ha evidenziato la presenza di numerose tipologie (grotta naturale 9,3%; cantina 27,9%; locale riadattato 34,9% e magazzino promiscuo 27,9%).I difetti maggiormente rilevati, nel corso dell’indagine, riguardano il gon-fiore precoce (nel periodo estivo) e in alcuni casi l’amaro e altre forme (marciume, rammollimento, spaccature e mosca del formaggio).

I risultati dell’indagine hanno anche messo in evidenza una minore incidenza di difetti, per la maggior parte dovuti a gonfiore precoce, nei formaggi ottenuti con attrezzature tradizionali. La spiegazione a questo fenomeno è da ricercare, presumibilmente, nel fatto che nei formaggi tradizionali, l’impiego di attrezzature ricche di microflora filocasearia e antagonista, con la relativa più rapida acidificazione della cagliata, costituiscono validi mezzi di contenimento dello sviluppo dei batteri gasogeni.

Il ruolo della donna nell’azienda

Il ruolo della donna, nell’area del comprensorio di produzione del Peco-rino di Filiano, è risultato determinante. Se si prendono in considerazio-ne, in maniera puntuale, i dati dell’indagine, con il 32% delle donne ad-dette alla caseificazione, sembra che questa svolga un ruolo marginale. La donna, invece, è la sola che trasforma e cura il formaggio prodotto nelle aziende di maggiori dimensioni e nelle aziende part-time. La fase di vendita con la relativa contrattazione del prezzo è quasi esclusivo appannaggio della donna.

Composizione floristica

Il pascolo, in generale, e la composizione floristica, in particolare, svol-gono un ruolo determinante sulle caratteristiche organolettico-sensoriali dei prodotti. Nel caso del comprensorio di produzione del Pecorino di Filiano è opportuno distinguere la composizione floristica del pascolo in base all’altitudine.

I pascoli delle aree di maggiore altitudine sono caratterizzati dalle se-guenti piante: Arrhenaterun eliator, Festuca ovina, Phleum pratense, Lotus corniculatus, Trifolium sp., Achillea millefolium, Potentilla spp., Silene vulgaris.

I pascoli, invece, delle aree di collina e pianura dalle seguenti essenze: Lolium perenne, Avena barbata, Poa pratensis, Medicago polimorfa, Tri-folium repens, Ranunculus bulbosus, Cichorium intibus, Daucus carota.

La composizione floristica del pascolo, variabile a seconda dell’altitu-dine, della stagione e dell’andamento climatico, con il comportamento

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Foto n. 9 - Pascolo polifita tipico della montagna lucana

alimentare dell’animale, che seleziona alcune essenze e rifiuta altre, svolgono un ruolo determinante sulla caratteristiche del formaggio ot-tenuto.

Caratteristiche fisico-chimiche, aromatiche e sensoriali

Si riportano di seguito la composizione fisico-chimica, gli acidi grassi liberi (FFA), l’acido linoleico coniugato (CLA), il profilo aromatico e il profilo sensoriale.

Composizione fisico-chimicaLa composizione fisico-chimica del Pecorino di Filiano, come in tutti i formaggi, varia in funzione dello stadio di stagionatura. I risultati ri-portati fanno riferimento ai formaggi prelevati nel corso dell’indagine e sono stati analizzati ad uno stadio medio di stagionatura di circa 6 mesi.

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Tabella n. 1 - Composizione fisico-chimica sul tal quale (t.q.) del Pecorino di Filiano

(6 mesi di stagionatura)

Min Media Max

pH 5,28 5,47 5,8

Sostanza secca (%) 66,84 69,48 74,25

Grasso (%) 30,00 34,59 40,00

Proteina (%) 27,59 29,76 31,65

N solubile pH 4,4 1,01 1,19 1,46

N solubile TCA 12% 0,74 0,93 1,09

N Solubile in PTA (%) 0,32 0,43 0,55

N NH3 (%) 0,06 0,1 0,12

Sale (%) 2,13 2,61 3,06

Il Pecorino di Filiano risulta essere un formaggio con un tenore di gras-so, sul tal quale, di circa il 35%, con un contenuto proteico del 30% e con un contenuto medio elevato di sale (2,61%).

grafico n. 1 - Ripartizione degli acidi grassi liberi (%) nel Pecorino di Filiano

(6 mesi di stagionatura)

a.g.l.c.c. = acidi grassi liberi a catena cortaa.g.l.c.m. = acidi grassi liberi a catena mediaa.g.l.c.l. = acidi grassi liberi a catena lungaa.g.l.t. = acidi grassi liberi totali

Il Pecorino di Filiano è risultato caratterizzato da una elevata variabilità a livello di acidi grassi liberi. La variabilità esistente, in questo caso, dato che trattasi di produzioni realizzate in piccole entità produttive, è da attribuire alle molteplici situazioni esistenti.Il Pecorino di Filiano, a 6 mesi di stagionatura, è risultato caratterizzato da un elevato contenuto di acido butirrico che conferisce al formaggio il tradizionale odore di butirrico e aroma di pecorino. Questo risultato, in parte, poi, confermato anche dal profilo sensoriale elaborato tramite il panel di degustazione, induce ad ipotizzare che durante il periodo di maturazione ci sia stata un’elevata attività lipolitica con successiva liberazione di acidi grassi liberi.

a.g.l.l.c./a.g.l.t.

a.g.l.c.m./a.g.l.t.

a.g.l.c.c./a.g.l.t.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

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grafico n. 2 - Acidi grassi totali (FAME) nel Pecorino di Filiano (6 mesi di stagionatura)

grafico n. 3 - Contenuto di CLA (%) nel Pecorino di Filiano (6 mesi di stagionatura)

Il contenuto di CLA (acido linoleico coniugato), importante per le carat-teristiche salutistiche del Pecorino di Filiano, riflette i sistemi di alleva-mento al pascolo (è noto, infatti, che il maggior contenuto di questo isomero si rileva nell’erba verde).

Caratteristiche aromatiche e sensoriali

Tabella n. 2 - Componenti Organici Volatili (VOC) nel Pecorino di Filiano (u.a.)

Min Media Max

Acidi 176,59 216,06 341,63

Alcoli 78,36 279,21 664,38

Aldeidi 2,17 11,27 22,29

Chetoni 70,8 270,71 590,47

Idrocarburi 6,64 26,38 20,83

Terpeni 85,28 299,9 638,05

Sesquiterpeni 5,23 7,65 10,07

1

0 10 20 30 6040 50 70%

Saturi Monoinsaturi Polonsaturi

1

0 0.5 1 21.5 2.5

%

CLA C 18:1 t 11 linilenicoLineleico

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L’elevato tenore di acidi, alcoli e chetoni, essendo formaggi stagionati 6 mesi ed oltre, indicano che hanno subito una elevata attività lipolitica e proteolitica. Gli alcoli ed i chetoni sono responsabili delle note di frut-tato rilevate dal panel di assaggio.

L’elevato tenore di terpeni, essendo per la maggior parte derivanti dagli alimenti consumati dagli animali (non a caso sono ritenuti dei “marca-tori” d’origine del prodotto), confermano che gli animali sono allevati al pascolo ed in sistemi per lo più di tipo estensivo.

grafico n. 4 - Analisi sensoriale e di struttura del Pecorino di Filiano

Il Pecorino di Filano, a livello di odore, si caratterizza per le note di frut-tato, di animale “pecora” e sentori di “fermentato” e, nel caso di impiego di cagli artigianali, leggeri sentori di “caglio”. A livello gustativo, invece, risulta sostanzialmente armonico ed equilibrato per i sentori di “salato”, “acido”, “dolce”, “amaro” e “piccante”. Il pecorino più stagionato, inol-tre, risulta essere leggermente “duro”, “granuloso” e “friabile”.

Composizione microbiologica

Le caratteristiche microbiologiche, nell’ambito del progetto T-Cheese.Med, da parte del CRA non sono state affrontate. Da sottolineare, tut-tavia, che trattandosi di un formaggio a latte crudo e prodotto per lo più in maniera artigianale, il ruolo della microflora endogena e derivan-te dall’ambiente è determinante sulle caratteristiche organolettiche di questo formaggio. La microflora presente nel formaggio è espressione dell’ambiente di produzione.

colorefermentato

fruttato

pecora

caglio

piccante

acidoamaro

dolce

salato

adesività

granulosità

durezza

friabilità9.07.05.03.01.0-1.0

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Ricette

Il Pecorino di Filiano da grattugia trova la sua naturale collocazione nelle paste condite quasi sempre con la salsa di pomodoro. Si riportano di seguito 2 ricette:

Agnello di pasquetta

Ingredienti1 kg di carne di agnello 1 mazzetto di asparagi1 spicchio d’aglio 100 g di pecorino2 uova, sale e pepe

PreparazioneTagliare a pezzi grossolani l’agnello, poi selezionare e tagliare le parti più tenere degli asparagi. In una padella oleata versare la carne, salare quanto basta e coprire di acqua, portare a ebolli-zione, quindi versare nella teglia con la carne gli asparagi ed uno spicchio d’aglio tritato finemente, insaporire con sale e pepe e fare cuocere. A cottura ultimata, sbattere le uova, aggiungere il pecorino e versare il composto nel fondo di cottura, mettere in forno pre-riscaldato per 5 minuti e servire.

Pasticcio in calzone

IngredientiPer il ripieno: 1 kg di polpa di maiale o agnello, 4 uova, 100 g di pecorino grattuggiato, 1 cucchiaio abbondante di prezzemolo tritato, sale e olio.Per la pasta: 1 kg di farina di grano duro, 2 cucchiai di strutto (sugna), 1 bicchiere d’acqua.

PreparazionePreparare il ripieno tagliando a fettine sottili la carne, impastan-dola con le uova, il pecorino grattugiato, il prezzemolo, il sale e l’olio. Impastare la farina con lo strutto, l’acqua e il sale. Lasciare riposare per un’ora, quindi stendere la pasta con il matterello e formare con un piatto dei dischi; riempire il composto rivoltando su se stessi i dischi, bucherellare una sola volta con la forchetta, spennellare con il rosso d’uovo ed infornare a 250°C.

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Tipologia

Formaggio a pasta dura. Il latte destinato alla trasformazione in “Cane-strato di Moliterno stagionato in Fondaco” è riservata ai formaggi ovi-caprini a pasta dura prodotti con latte di pecora intero, in quantità non inferiore al 70% e non superiore al 90%, e di capra intero, in quantità non inferiore al 10% e non superiore al 30%.

Area di produzione

Il latte destinato alla produzione del “Canestrato di Moliterno stagio-nato in Fondaco” deve provenire da ovini e caprini di aziende agricole ubicate nei territori amministrativi dei seguenti comuni:

CANESTRATO DI MOLITERNO STAGIONATO IN FONDACO

Cartina n. 4 - Area di produzione del Canestrato di Moliterno

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in provincia di Potenza: Armento, Brienza, Calvello, Calvera, Carbone, Castellucio Inferiore, Castelluccio Superiore, Castelsaraceno, Castro-nuovo Sant’Andrea, Cersosimo, Chiaromonte, Corleto Perticara, Episco-pia, Fardella, Francavilla in Sinni, Gallicchio, Grumento Nova, Guardia Perticara, Lagonegro, Latronico, Lauria, Marsiconuovo, Marsicovetere, Missanello, Moliterno, Montemurro, Nemoli, Noepoli, Paterno, Rivello, Roccanova, Rotonda, San Chirico Raparo, San Costantino Albanese, San Martino d’Agri, San Paolo Albanese, San Severino Lucano, Sant’Arcan-gelo, Sarconi, Senise, Spinoso, Teana, Terranova del Pollino, Tramutola, Viggianello, Viaggiano;

in provincia di Matera: Accettura, Aliano, Bernalda, Craco, Cirigliano, Ferrandina, Gorgoglione, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Pisticci, Pomarico, Scanzano Jonico, Stigliano, Tursi.

Foto n. 10 - Canestrato di Moliterno

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Caratteristiche del prodotto

Il Canestrato di Moliterno, formaggio sia da tavola sia da grattugia, al momento del consumo, dopo almeno 60 giorni di stagionatura, deve avere le seguenti caratteristiche:

- forma: cilindrica a facce piane con scalzo più o meno convesso; - dimensioni: diametro delle facce da 15 a 25 cm, con altezza dello scalzo da 10 a 15 cm;

- peso: variabile da 2 a 5,5 kg in relazione alle dimensioni della for-ma;

- crosta: di colore giallo più o meno intenso nella tipologia primitivo (fresco) fino al bruno nella tipologia stagionato; il colore della crosta può dipendere dai trattamenti subiti durante la stagionatura fino al nero ardesia se la crosta è stata trattata con l’emulsione di acqua, nerofumo, olio di oliva e aceto di vino. La stessa non è edibile;

- pasta: struttura compatta con occhiatura non regolarmente distribui-ta; al taglio il colore si presenta bianco o leggermente paglierino per la tipologia primitivo, di colore paglierino più o meno intenso per la tipologia stagionato ed extra;

- sapore: tendenzialmente dolce e delicato all’inizio della stagionatu-ra, con il protrarsi della stessa, evolve verso caratteristiche organo-lettiche più accentuate e piccanti;

- grasso s.s.: il contenuto del grasso sulla sostanza secca non deve essere inferiore al 30%;

- utilizzo: come formaggio da tavola per la tipologia primitivo; da ta-vola e da grattugia per le tipologie stagionato ed extra.

Principali aspetti della tecnologia di produzione

› Razza: Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e loro incroci, per gli ovini, e, per i caprini, da capre di razza Garganica, Maltese, Jonica, Camosciata e loro incroci;

› Tipo di latte: latte crudo intero;› Microflora: naturale;› Caglio: pasta di agnello e/o di capretto;› Sistema alimentare: pascoli naturali, ricchi di essenze spontanee, e prati coltivati con integrazione (fieno e concentrati in alcune aree).

Principali caratteristiche storiche e tecnologia di produzione

Il latte destinato alla trasformazione può essere utilizzato crudo o può essere sottoposto a termizzazione. Il latte sottoposto a termizzazione viene successivamente inoculato con colture di fermenti lattici naturali o con colture autoctone selezionate. La coagulazione del latte è ottenuta per via presamica aggiungendo caglio, di agnello o di capretto in pa-sta, e si effettua alla temperatura compresa tra 36 e 40°C in un tempo

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massimo di 35 minuti. Il caglio può essere ricavato artigianalmente da animali allevati nell’area di produzione del Canestrato di Moliterno e preparato con apposita tecnica descritta nel disciplinare di produzione. La cagliata, così ottenuta, viene rotta fino ad ottenere grumi delle di-mensioni del chicco di riso, dopo pochi minuti di riposo, viene estratta dal siero e messa in canestri di giunco o di altro materiale per uso alimentare, purchè conferiscano comunque alla crosta la tipica striatura del canestro, ove viene pressata e lavorata con le mani per favorire la fuoriuscita del siero. Le forme possono essere immerse nel siero a tem-peratura non superiore a 90°C per un tempo non superiore a 3 minuti per una rapidissima cottura al fine di favorire lo spurgo. La salatura delle forme può essere effettuata sia a secco che in salamoia; nel primo caso essa si protrae fino a dieci giorni dalla messa in forma, variabili se-condo il peso e le dimensioni della forma, con aggiunta diretta di sale; nel secondo caso con immersione in salamoia satura per 10-12 ore per kg di formaggio. L’asciugatura viene effettuata presso l’azienda trasfor-matrice e dura da trenta a quaranta giorni dalla messa in forma.

Attrezzature tradizionali

Filtro (panno di lino) per il latte chiamato “culatur”, asta graduata in legno per misurare la quantità di latte “catarina”, caldaia in rame sta-gnato il “caccavo”, bastone in legno per girare il latte nella caldaia e rompere la cagliata “scuopolo” o “ruotolo”, fuscelle in vimini “fuscedd”, tavolo spersore “tumpagn”.

Foto n. 11 - Attrezzature Tradizionali “Canestrato di Moliterno”

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Locali di stagionatura

La stagionatura deve avvenire esclusivamente nei fondaci della zona tradizionalmente vocata ovvero nel territorio amministrativo del comune di Moliterno (Potenza).

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Il regime climatico del comune di Moliterno è determinante nella dina-mica del ciclo di stagionatura. La stessa è strettamente collegata alle particolari condizioni ambientali e microclimatiche che si ritrovano nei fondaci assicurate dal possesso delle seguenti caratteristiche minime:- altimetria dei fondaci superiore a 700 m s.l.m.;- spessore della muratura uguale o superiore a 40 cm;- presenza di almeno due aperture che permettano l’aerazione;- almeno due lati perimetrali del locale interrati.

La stagionatura inizia dal trentunesimo al quarantunesimo giorno dalla messa in forma. Durante questa fase:- è consentito trattare il “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fon-

daco” con solo olio di oliva o con lo stesso emulsionato ad aceto di vino;

- è consentito altresì trattare il “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco” con acqua di fuliggine ossia con acqua bollita per 25/30 minuti col nerofumo raschiato dai camini a legna e riportata a tem-peratura ambiente.

Nomi ricorrenti e corrispondenti a differenti stadi di salatura/stagionatura

Primitivo: riservata al prodotto avente stagionatura fino a 6 mesi;Stagionato: riservata al prodotto avente stagionatura oltre 6 mesi e fino a 12 mesi;Extra: riservata al prodotto avente stagionatura oltre 12 mesi.

Foto n. 12 - Fondaco, locale di stagionatura del “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco”

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Brevi cenni storici

I moliternesi, fin dal ‘700, epoca in cui risalgono le prime testimonianze storiche, fecero della cura del pecorino un’attività primaria. La notevole reputazione del prodotto trova testimonianza in numerosi scritti; se-condo il Racioppi, storico moliternese dell’800, il toponimo Moliterno deriverebbe dal radicale “mulctrum” da cui “mulcternum” ovvero “luogo dove si fa il latte, cioè dove si munge l’armento e si coagula il latte”. Il Bianculli, altro noto personaggio, docente nella Regia Università di Napoli, finisce per sminuire l’opera dell’uomo per dare tutto il merito alla qualità dell’aria “di cui speciali germi agiscono sulla fermentazione del formaggio”.

Il “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco” anche in passato era notevolmente apprezzato non solo nei mercati nazionali, ma anche esteri, in particolar modo veniva esportato in America. Erano gli stessi abitanti di Moliterno che, secondo quanto affermato da padre Daniele Murno, dotto frate francescano di Moliterno, si occupavano della raccol-ta: “lunghe carovane di muli da Moliterno, nel periodo invernale e pri-maverile scendono alle marine in cerca del prezioso carico di pecorino fresco … da quattro a sei giorni dura il loro viaggio di andata e ritorno, fra innumerevoli insidie tese dagli uomini e dalla natura oltre il pericolo della malaria”.

Riferimenti storici

- Giacomo Racioppi: “Storia dei popoli della Lucania e Basilicata, Vo-lume II, Roma, 1889.

- La “Statistica” del regno di Napoli nel 1811 a cura di D. Demarco. Tomo III, Roma.

- G. Salerno: “Il cacio Pecorino e l’industria casearia in Basilicata”. La Lucania Agricola, 3, 1894.

- N. Stigliano: “Facciamo un buon pecorino”. Agricoltura Lucana, Stab. Linotip. Nucci - Potenza, 1952.

- Vizzardi-Maffeis “Formaggi italiani” Edizioni Agricole, Bologna, 1990.- Istituto Nazionale Sociologia Rurale: “Atlante dei prodotti tipici: I

Formaggi”, Franco Angeli, Milano, 1990.- CNR: “I prodotti caseari del Mezzogiorno”. 1992.- Ministero Agricoltura e Foreste: “I formaggi DOC italiani” edito da

UNALAT in collaborazione con l’INSOR, Franco Angeli, Milano, 1992.

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INDAgINE

L’indagine condotta, in tutti i comuni del comprensorio del Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco, ha evidenziato, a livello di grado di scolarizzazione, che il 24,6% degli addetti possiede la licenza elemen-tare, il 44,3% il diploma di scuola media inferiore, il 27,9% il diploma di scuola superiore e il 3,2% il diploma di laurea. Il 68% delle aziende censite sono dotate di telefono, il 13,1% possiede un collegamento ad internet e l’8,2% possiede un account di posta elettronica.

Le aziende, prese in considerazione dall’indagine, distano in media dal centro urbano più vicino circa 7,8 km, circa 21 km dalle aree industriali e 35 km dalle vie di grande comunicazione (autostrade). Le aziende censite sono situate ad una altitudine media di circa 500 m s.l.m. e il sistema di allevamento semintensivo risulta predominante (86,9% dei casi). Altri sistemi di allevamento presenti sono l’intensivo (6,6%) e l’estensivo (4,9%). In una delle aziende censite, inoltre, è ancora prati-cata la transumanza.

Da evidenziare, rispetto alle aziende produttrici di Pecorino di Filiano, una maggiore tendenza all’intensivizzazione. Il numero medio di capi ovini allevati si attesta su circa 220 capi per azienda. Minore, invece, è il numero medio dei caprini per azienda (90). In circa il 54% delle aziende viene praticata la mungitura di tipo manuale. Nell’area di produzione del Canestrato di Moliterno stagionato in Fondaco si sta assistendo, comunque, come in altre aree della regione, alla progressiva e rapida sostituzione della mungitura manuale con quella di tipo meccanico.

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Le aziende ovi-caprine del comprensorio di produzione del Canestrato di Moliterno trasformano, in media, al giorno e annualmente rispettiva-mente 90 lt e 14.710 lt di latte. In tutte le aziende censite viene trasfor-mato latte crudo. La quantità di latte trasformata in azienda, notevol-mente inferiore a quanto trasformato per azienda e per anno nell’area del Pecorino di Filiano, pur essendo di dimensioni simili gli allevamenti, dimostrano che una parte del latte prodotto viene venduta. Questo dato, inoltre, conferma, come noto storicamente, che Moliterno e il re-lativo comprensorio più che aree di produzione di formaggi sono luoghi di raccolta e stagionatura di formaggi.

Il tipo di caglio, utilizzato per la trasformazione, è risultato essere molto diversificato. Nel 52,5% dei casi viene impiegato caglio liquido indu-striale, seguono con il 42,6%, il 3,3% e l’1,6% rispettivamente il caglio in pasta industriale, il caglio di capretto artigianale e cagli misti.La stagionatura, soprattutto dopo l’istituzione del Consorzio di Tutela e Valorizzazione, avviene nei caratteristici “Fondaci” (locali interrati o seminterrati e normalmente annessi a palazzi nobiliari).

Il ruolo della donna nell’azienda

Il ruolo della donna, nell’area del comprensorio di produzione del Ca-nestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco, è risultato determinante. La trasformazione, nelle aziende considerate, nel 50% dei casi è appan-naggio della donna. Il ruolo diventa esclusivo, o quasi, se si prendono in considerazione le fasi di cura e stagionatura del formaggio.

Composizione floristica

La composizione floristica dei pascoli dell’area di produzione del Ca-nestrato di Moliterno è molto eterogenea. Le ragioni sono da ricercare nella vastità dell’areale di produzione.In linea di massima nelle aree a maggiore altitudine, della provincia di Potenza, la composizione floristica risulta molto diversificata (presenza di graminacee, leguminose e “altre famiglie”). Nella provincia di Matera e, comunque, nelle aree di pianura si assiste invece ad una minore com-plessità dal punto della composizione botanica dei pascoli. Gli animali, in queste aree, nel periodo estivo, pascolano sulle ristoppie dei cereali autunno-vernini.

Caratteristiche fisico-chimiche, aromatiche e sensoriali

Si riportano di seguito la composizione fisico-chimica, gli acidi grassi liberi (FFA), l’acido linoleico coniugato (CLA), il profilo aromatico e il profilo sensoriale.

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Composizione fisico-chimicaLa composizione fisico-chimica del Canestrato di Moliterno stagionato in Fondaco, come in tutti i formaggi, varia in funzione dello stadio di stagionatura. I risultati riportati fanno riferimento ai formaggi prelevati nel corso dell’indagine, che sono stati analizzati ad uno stadio medio di stagionatura di circa 6-7 mesi.

Tabella n. 3 - Composizione fisico-chimica sul tal quale (t.q.) del Canestrato di Moliterno

(6 mesi di stagionatura)

Min Media Max

pH 5,16 5,32 5,41

Sostanza secca (%) 64,66 69,1 72,81

Grasso (%) 31,49 33,1 35

Proteina (%) 28,05 31,57 34

N solubile pH 4,4 1,21 1,44 1,69

N solubile TCA 12% 0,82 0,95 1,06

N Solubile in PTA (%) 0,48 0,59 0,71

N NH3 (%) 0,06 0,08 0,11

Sale (%) 1,34 1,64 2,02

Il Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco è risultato essere un formaggio con un tenore in grasso (sul tal quale), pari al 33,10%, con un contenuto proteico di circa il 30% e con un contenuto di sale pari a 1,64%. Da sottolineare, rispetto ad altri formaggi e allo stesso Pecorino di Filia-no, una certa variabilità nella composizione fisico-chimica, pur rientran-do nei limiti imposti dal disciplinare di produzione, anche nell’ambito dello stesso produttore, dovuta alle diverse percentuali di latte di capra impiegato nella caseificazione.

grafico n. 5 - Ripartizione degli acidi grassi liberi (%) nel Canestrato di Moliterno (6-7 mesi di stagionatura)

a.g.l.c.c. = acidi grassi liberi a catena cortaa.g.l.c.m. = acidi grassi liberi a catena mediaa.g.l.c.l. = acidi grassi liberi a catena lungaa.g.l.t. = acidi grassi liberi totali

a.g.l.l.c./a.g.l.t.

a.g.l.c.m./a.g.l.t.

a.g.l.c.c./a.g.l.t.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

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Tra gli acidi grassi liberi a catena corta, importanti per le ripercussioni sulle caratteristiche organolettico-sensoriali del “Canestrato”, i più rap-presentati sono risultati essere il C2 - acido acetico (20,38%), il C9:0 anteiso - acido nonanoico (13,03%), il C10 - acido caprico (2,45%) e il C4 - acido butirrico (1,10%).Una certa variabilità, come già sottolineato per la composizione fisico-chimica, è stata osservata anche a livello di acidi grassi liberi.

grafico n. 6 - Acidi grassi totali (FAME) nel Canestrato di Moliterno (6-7 mesi di stagio-natura)

grafico n. 7 - Contenuto di CLA (%) nel Canestrato di Moliterno (6-7 mesi di stagionatura)

Il contenuto di acidi grassi saturi (62,70%) e di polinsaturi (6,70%), nel Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco, rispettivamente più elevato per i saturi e più basso per i polinsaturi, rispetto al Pecorino di Filiano, (rispettivamente 60,90% e 7,60%) riflettono il sistema di alleva-mento differente. L’incidenza del sistema estensivo, con alimentazione quasi esclusiva al pascolo, nel Canestrato di Moliterno rappresenta il 49% contro l’89% del Pecorino di Filiano. Il maggior contenuto di acidi grassi saturi e il minor contenuto di polinsaturi, come riportato in biblio-grafia, si riscontra proprio nei sistemi “meno estensivi”.

La stessa evoluzione, essendo i parametri correlati tra loro ed al sistema alimentare, è stata osservata per il contenuto di CLA.

1

0 10 20 30 6040 50 70%

Saturi Monoinsaturi Polonsaturi

1

0 0.5 1 21.5 2.5

CLA C 18:1 t 11 linilenicoLineleico

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Caratteristiche aromatiche e sensoriali

Tabella n. 4 - Componenti Organici Volatili (VOC) nel Canestrato di Moliterno (u.a.)

Min Media Max

Acidi 320,58 740,86 1.009,41

Alcoli 144,15 233,77 359,9

Aldeidi 8,24 29,03 55,23

Chetoni 5,96 9,67 14,85

Idrocarburi 5,11 6,04 7,02

Terpeni 79,8 140 192,77

Sesquiterpeni - - -

I componenti organici volatili maggiormente caratterizzanti il Canestrato di Moliterno sono risultati essere gli acidi, gli alcoli ed i terpeni. Non sono stati identificati, contrariamente al Pecorino di Filano, sesquiter-peni. Questo a ulteriore conferma che il sistema alimentare influenza in maniera significativa il profilo aromatico dei prodotti.Il profilo sensoriale del Canestrato di Moliterno, a livello di odore, si caratterizza per le note di fruttato, di animale “pecora”, sentori di “erbaceo”e di “fermentato” e, nel caso di impiego di cagli artigianali, leggeri sentori di “caglio”. A livello gustativo, invece, risulta sostanzial-mente armonico ed equilibrato per i sentori di “salato”, “acido”, “dol-ce”, “amaro” e “piccante”con, a volte, una eccessiva acidità. Il pecorino più stagionato, inoltre, risulta essere leggermente “duro”, “granuloso” e “friabile”.

grafico n. 8 - Analisi sensoriale e di struttura del “Canestrato di Moliterno”

colore

fermentato

erbaceo

pecora

caglio

piccante

acido

amaro

dolce

salato

adesività

granulosità

durezza

friabilità8

6

4

2

0

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Ricette

Pennette del massaro

Ingredienti e preparazionePreparare un sugo leggero, molto diluito, facendo soffriggere in olio e sugna un poco di cipolla con funghi affettati e 300 g di pomodori pelati.Cuocere mezzo chilo di pennette al dente e condire con 300 g di Pecorino Canestrato di Moliterno grattugiato e scaglie di ricotta forte, mescolando bene. Versare, quindi, il sughetto su tutta la superficie senza mescolare, coprire per alcuni minuti con un co-perchio e servire.

Pasticcio con sedano fritto

Il pasticcio è il re della cucina di alcuni paesi contermini alla Valle dell’Agri (Caggiano, Auletta, Petina, ecc.). Il Pecorino impiegato generalmente è di tipo Canestrato di Moliterno Stagionato in Fon-daco. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Si pensa che i signori napoletani che venivano in estate a soggiornare al fresco della montagna hanno portato questa ricetta di origine francese e hanno adattato gli ingredienti ai prodotti locali, infatti, alcuni lo chiamano ancora “sartu”.

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Ingredienti per il ripieno (per 20-25 fette) - 1 kg di carne macinata di vitello- 2 kg di caciocavallo senza sale- 1 kg di caciocavallo normale (media stagionatura) - 150 g di Canestrato di Moliterno- 500 g di toma- 200 g di pane grattugiato- 150-200 g di prosciutto crudo- uova q.b.

Ingredienti per la sfoglia - 500 g di farina - 200 g di sugna- un pizzico di sale - 4 uova

PreparazionePreparare la sfoglia cercando di ottenere un impasto duro. Se le uova non bastano aggiungere acqua fredda. Grattugiare, in un grosso recipiente, tutti i formaggi. Tagliare a dadini il prosciutto, il pane ed unire all’impasto. Usare le uova per amalgamare il tutto, rompere in un piatto uno alla volta. L’impasto deve risul-tare duro. Ungere la teglia con la sugna e rivestire con la sfoglia ben spessa (spessore una moneta). Versare il ripieno nella teglia rivestita e con il resto della sfoglia preparare delle strisce della stessa lunghezza della teglia che serviranno per creare un fitto intreccio di pasta sulla superficie. Infornare a temperatura media (3 ore di cottura circa).Servire caldissimo tagliato a fette unito al sedano fritto, lessare il sedano in acqua leggermente salata per 2 minuti. Far asciugare su di un panno. Impanare prima nella farina e poi nell’uovo sbat-tuto e friggere in olio bollente.

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CACIORICOTTA

Tipologia

Fresco oppure a pasta dura se stagionato.

Area di produzione

Tutta la regione Basilicata.

Caratteristiche del prodotto

Il Cacioricotta è un formaggio di capra, sia da tavola che da grattugia, che presenta le seguenti caratteristiche:- la forma tradizionale è tronco conica con facce piane e scalzo diritto,

il formaggio reca sulla crosta i caratteristici segni della fiscella di vimini. Oggi lo si trova più facilmente di forma cilindrica con piatto di 10-12 cm e scalzo di altezza 8-10 cm dal peso che può variare (300-500 g);

- la crosta nel Cacioricotta fresco si presenta di un colore bianco candi-do, in quello stagionato, da grattugia, è di un colore avorio tendente al marrone chiaro;

- la pasta di colore bianco è morbida e compatta nel formaggio fresco, in quello stagionato si presenta bianca dura di consistenza gesso-sa;

- il formaggio fresco ha sentore di latte, di cotto, di sapore dolce e delicato. Quello stagionato da grattugia da’ sensazioni più forti come il salato, piccante ed un gusto di animale.

Principali aspetti della tecnologia di produzione

› Razza: Maltese, Ionica, Siriana, Garganica e loro incroci;› Tipo di latte: latte crudo intero;› Microflora: naturale;› Caglio: pasta di agnello/capretto;› Sistema alimentare: pascoli naturali, ricchi di essenze spontanee, e prati coltivati con integrazione (fieno e concentrati in alcune aree).

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Principali caratteristiche storiche e tecnologia di produzione

Il trattamento del latte prevede il graduale riscaldamento fino a 90°C che permette il recupero della maggior parte delle sieroproteine. La temperatura di coagulazione del latte è compresa fra i 35 e 40°C. Tradi-zionalmente si usa il caglio di capretto e/o agnello, oggi più frequente-mente si usa il caglio di vitello. Una volta formato il coagulo si rompe con delicatezza, con un bastone di legno detto “scuopolo”, fino alle dimensione di un chicco di mais. Lo si lascia depositare sul fondo della caldaia e successivamente viene raccolto nelle fuscelle di vimini di pic-cole dimensioni di forma tronco-conica o in fuscelle di plastica cilindri-che. Il peso del formaggio varia da poche centinaia di grammi a qualche chilogrammo. La salatura viene effettuata a secco.

Foto n. 13 - Cacioricotta fresco e stagionato, Casiello e Casieddu

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In Basilicata si producono altri due diversi tipi di Cacioricotta: uno a Fer-randina, in provincia di Matera, il Casiello, Cacioricotta di forma sferica, diametro 8-10 cm, prodotto a mano e venduto freschissimo, non salato; l’altro a Moliterno, in provincia di Potenza, il Casieddu, anch’esso sferico di diametro 8-10 cm. La particolarità di questa tipologia casearia è la filtrazione del latte su felci e l’aggiunta nel latte, in fase di riscaldamen-to, di un mazzetto di “Calamintha Nepeta savi” chiamata volgarmente Nepeta, una pianta aromatica appartenente alla famiglia delle Labiate, che conferisce al formaggio un sapore molto delicato e che, come tutte le Labiate, possiede proprietà antibatteriche. Il Casieddu si confeziona in foglie di felci; se consumato fresco non è salato, se stagionato viene salato a secco.

Attrezzature tradizionali

Filtro in panno, caldaia in rame stagnato “caccavo”, bastone in legno per girare il latte e rompere la cagliata “scuopolo”, tavolo spersore in legno “tumpagn”, fuscelle in vimini “ fuscedd”.

Locali di stagionatura

Tradizionalmente viene stagionato all’aperto in cassette di legno munite di rete antinsetti.

Foto n. 14 - Nepeta, pianta aromatica appartenente alla famiglia delle Labiate “Calamintha Nepeta savi”

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Nomi ricorrenti e corrispondenti a differenti stadi di salatura/stagionatura

Cacioricotta fresco quando viene consumato entro 30-35 giorni. Cacioricotta stagionato dopo 30-35 giorni dalla produzione.

Foto n. 15 - Attrezzatura tradizionale per la produzione del Cacioricotta

Foto n. 16 - Cacioricotta e ricotte in fase di stagionatura

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Brevi cenni storici

La produzione di questo formaggio avviene nei periodi estivi quando il latte di pecora è scarso mentre le capre sono ancora in lattazione. L’utilizzo di una particolare tecnologia, unica al mondo, con l’uso di tem-perature elevate, permette di ottenere, nei periodi più caldi dell’anno, un formaggio senza difetti utilizzando un tipo di latte che possiede una notevole carica batterica.

L’allevamento ovino nel Mezzogiorno con le sue produzioni di lana, carne ed in particolare del formaggio “Pecorino”, ha sempre avuto una grande importanza economica nella civiltà contadina. Da ciò deriva la scarsa rilevanza riservata alla produzione del Cacioricotta che si otte-neva durante il periodo estivo, nella fase finale della lattazione e co-stituiva la scorta alimentare dei pastori. La letteratura, infatti, è ricca di riferimenti sul pecorino ma molto scarsa sul Cacioricotta. Nel testo “La Puglia nell’inchiesta agraria Jacini 1877-1885”, nel para-grafo dedicato a “Industrie derivanti dagli animali” viene citato, oltre al burro ed altri latticini di pecora, “Il cacioricotta [prodotto] dal mese di giugno sino all’agosto”. Il Marracino nel libro “Tecnica lattiero-casearia” del 1962 parla del Cacioricotta facendo riferimento alla pecora e descri-vendone sommariamente la tecnologia.

Paul Scheuermeier ne “Il Lavoro dei contadini”, nel capitolo dedicato alla produzione del formaggio e della ricotta, riporta un riferimento di Rohlfs che nel 1923 aveva rilevato, che nel nord della Calabria veniva prodotto un particolare tipo di formaggio tenero chiamato Cacioricotta. Diceva testualmente: “I pastori di Albiona buttano dei sassi arroventati in un secchio di legno contenente il latte, fino a che questo non rag-giunga la temperatura giusta per cagliare. La cagliata viene poi versata in una forma piatta di vimini; il formaggio fresco così ottenuto pesa al massimo 2-3 Kg”. Dai riferimenti storici, quindi, si rileva l’esistenza di un Cacioricotta di pecora, non di capra, anche se il fatto che lo stesso si produceva nei mesi estivi, quando in pratica la lattazione delle pecore era finita, sembra indurre in errore.

Riferimenti storici

- Stefano Jacini: “Inchiesta agraria sulle condizioni della classe agricola in Italia (Inchiesta Jacini), 1877-1885.

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INDAgINE

L’indagine sul Cacioricotta ha interessato l’intero territorio regionale. Tutte le aziende, in pratica, nel periodo estivo e, in alcuni casi, nel pe-riodo invernale producono Cacioricotta. Il prodotto, molto spesso, più che realizzato per la vendita e la commercializzazione, viene impiegato per autoconsumo.

Solo alcune aziende, quelle con il maggior numero di caprini, differen-ziano la produzione e commercializzano il prodotto. Si tratta, comun-que, quasi sempre di vendita diretta in azienda.Per quanto concerne le caratteristiche aziendali, il sistema di allevamen-to, le attrezzature impiegate e le forme di vendita e commercializzazione sono le stesse del Pecorino di Filiano e del Canestrato di Moliterno.

Il ruolo della donna nell’azienda

Il ruolo della donna, come per il Pecorino di Filiano e del Canestrato di Moliterno, risulta peculiare nelle aziende di piccole dimensioni. In queste aziende, infatti, la caseificazione è esclusivo appannaggio della donna.

Composizione floristica

Nel caso del Cacioricotta, trattandosi di un formaggio di capra, più che la composizione floristica del pascolo è importante l’effettivo ingerito dagli animali. Le capre, infatti, selezionano e preferiscono gli arbusti (Gi-nestra, Rovi, Roverella, Biancospino ecc.) e tra le erbacee preferiscono soprattutto le graminacee (Loietto, Erba mazzolina, Festuca, Avena ecc.) e tra le “altre” (Cicoria, Calendula, Timo ecc.). Tra le leguminose, invece, selezionano le parti più secche di Veccia, Meliloto, ecc.

Caratteristiche fisico-chimiche, aromatiche e sensoriali

La composizione fisico-chimica è stata determinata su formaggi stagio-nati (circa 6 mesi), prelevati nel corso dell’indagine.Il Cacioricotta è risultato essere un formaggio con un tenore in grasso, sul tal quale, di circa il 35%, con un contenuto di proteina di circa il 30%. Per il tenore in sale sono stati riscontrati tenori medio-alti (2,87%).

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Tabella n. 5 - Composizione fisico-chimica sul tal quale (t.q.) del Cacioricotta (6 mesi di stagionatura)

Min Media Max

pH 4,79 5,3 5,63

Sostanza secca (%) 62,62 70,88 81,81

Grasso (%) 30,32 35,43 42

Proteina (%) 28 30,74 33,93

N solubile pH 4,4 0,31 0,84 1,12

N solubile TCA 12% 0,28 0,69 0,91

N Solubile in PTA (%) 0,17 0,41 0,7

N NH3 (%) 0,009 0,09 0,18

Sale (%) 2,7 2,87 3,1

grafico n. 9 - Ripartizione degli acidi grassi liberi (%) nel Cacioricotta (6-7 mesi di sta-gionatura)

a.g.l.c.c. = acidi grassi liberi a catena cortaa.g.l.c.m. = acidi grassi liberi a catena mediaa.g.l.c.l. = acidi grassi liberi a catena lungaa.g.l.t. = acidi grassi liberi totali

Il Cacioricotta è risultato caratterizzato, a livello di acidi grassi liberi, da un’elevata percentuale di acidi grassi a catena corta. Questi acidi grassi svolgono un ruolo molto importante a livello di caratteristiche orga-nolettico-sensoriali. Sono, infatti, questi acidi grassi che caratterizzano maggiormente il prodotto dal punto di vista dell’odore e dell’aroma.

Il tenore in acidi grassi liberi a catena corta, rispetto al Pecorino di Filiano e al Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco, è risultato superiore di circa il 20%. Le differenze sono risultate maggiori rispetto al Pecorino di Filiano ed inferiori rispetto al Canestrato di Moliterno. Il motivo è da ricercare nel fatto che nel Pecorino di Filiano, al contrario del Canestrato, non è presente latte di capra.

a.g.l.l.c./a.g.l.t.

a.g.l.c.m./a.g.l.t.

a.g.l.c.c./a.g.l.t.

0 10 20 6030 5040 70

%

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grafico 10 - Acidi grassi totali (FAME) nel Cacioricotta (6-7 mesi di stagionatura)

grafico 11 - Contenuto di CLA (%) nel Cacioricotta (6-7 mesi di stagionatura)

Il contenuto di acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi è risultato essere intermedio tra quanto rilevato nel Pecorino di Filiano e nel Cane-strato di Moliterno Stagionato in Fondaco.

Il valore di acidi grassi polinsaturi, importanti dal punto di vista salu-tistico, poichè esercitano un’azione ipocolesterolemizzante, è risultato particolarmente elevato.

Lo stesso andamento è stato osservato per quanto concerne il tenore in CLA (isomeri coniugati dell’acido linoleico). Il contenuto di CLA (1,76%), in linea generale, superiore a quanto rilevato nel Canestrato di Moliter-no (1,11%) ed inferiore a quanto rilevato nel Pecorino di Filiano (2,51%), riflette i sistemi di allevamento estensivi con utilizzo della risorsa pasco-lo naturale e lo scarso ricorso all’impiego di concentrati.

1

0 10 20 30 6040 50 70

%

Saturi Monoinsaturi Polonsaturi

1

0 0.5 1 21.5 2.5

%

CLA C 18:1 t 11 linilenicoLineleico

3

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Caratteristiche aromatiche e sensoriali

Tabella 6 - Componenti Organici Volatili (VOC) nel Cacioricotta (u.a.)

Min Media Max

Acidi 105,96 199,1 279,17

Alcoli 56,68 326,71 816,42

Aldeidi 13,7 51,19 123,51

Chetoni 8,37 61,99 99,76

Idrocarburi 3,33 19,34 39

Terpeni 82,74 342,04 843,52

Sesquiterpeni - - -

I componenti organici volatili maggiormente caratterizzanti il Cacioricot-ta sono risultati essere i terpeni, gli alcoli e gli acidi. Anche in questo caso, quindi, come per gli altri formaggi oggetto della presente pub-blicazione, il ruolo dei sistemi alimentari al pascolo (elevato tenore di terpeni nel formaggio) è risultato determinante.Il profilo sensoriale del Cacioricotta, a livello di odore, si caratterizza essenzialmente per il sentore di “capra” e per una certa intensità di “tostato”. Il sentore di capra, abbastanza accentuato, è da mettere in re-lazione all’elevata quantità di acidi grassi liberi a corta catena liberatesi nel corso della stagionatura. Si tratta, comunque, di un sentore presente in tutti i Cacioricotta (è un formaggio solo di capra). Il colore, tenden-zialmente bianco, data l’assenza di beta-carotene nel latte caprino, ha assunto, per effetto della stagionatura e per l’ossidazione del grasso, un colore leggermente giallognolo.

Il Cacioricotta, invece, a livello di caratteristiche gustative, è risultato caratterizzato da note accentuate di “piccante”, “salato” e di “cotto”. Queste caratteristiche gustative sono, in parte, dovute al processo di stagionatura ed, in parte, al processo tecnologico di produzione del Ca-cioricotta. Il sentore di “cotto”, infatti, è da ritenersi dovuto alle elevate temperature (prossime all’ebollizione) a cui viene sottoposto il latte. Il salato, invece, è dovuto all’eccessiva perdita di acqua che si verifica nel corso della stagionatura.

A livello di caratteristiche di struttura i due attributi caratterizzanti sono risultati la “granulosità” e la “gessosità”. Queste due caratteristiche sono da ritenersi tipiche del Cacioricotta stagionato.

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grafico n. 12 - Analisi sensoriale e di struttura del “Cacioricotta stagionato”

Ricette

Il Cacioricotta generalmente viene impiegato, nella maggior parte della cucina dell’Italia Meridionale, come formaggio da grattugia. Faceva par-te, nel passato, del pasto frugale dei pastori “pane e Cacioricotta”.

Orecchiette al pomodoro e Cacioricotta

Ingredienti per 4 persone- orecchiette 280 g - aglio 1 spicchio- pomodori pelati 400 g - Cacioricotta 60 g- olio extravergine di oliva q.b. - zucchero q.b.- sale q.b.

PreparazionePassare i pelati e cuocerli brevemente a fiamma vivace con aglio, olio ed un pizzico di zucchero. Unire, alla fine, il basilico e le orecchiette, cotte al dente in acqua salata, con il Cacioricotta grattugiato e mescolare il tutto. Servire.

colore

gessosità

tostato

capra

piccante

amaro

dolce

salato

durezza6

4

2

0

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Pane cotto

Ingredienti per 4 persona- pane raffermo, preferibilmente cotto a legna 16 fette- uova 4 - Cacioricotta 200 g- peperoni cruschi (secchi) 8 - olio quanto q.b.- sale q.b.

PreparazionePortare ad ebollizione dell’acqua leggermente salata e versarvi il pane tagliato a fette. Quando è ben ammorbidito disporre 4 fette per piatto servendosi di una schiumarola.In una casseruola far bollire acqua salata. Abbassare il calore al minimo, rompere un uovo per volta e versarlo nell’acqua in ebol-lizione, per circa 3 minuti, affinché l’albume si rapprenda al punto giusto e racchiuda completamente il tuorlo. Sgocciolare le uova con un mestolo e adagiarne 1 per piatto.Soffriggere i peperoni in olio bollente. Quando sono croccanti versare su ogni piatto un poco di olio e 2 peperoni; aggiungere sul tutto Cacioricotta a scaglie, a questo punto servire.

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La tecnologia di lavorazione è la stessa del Cacioricotta; l’unica variante consiste nella filtrazione del latte mediante uno strato di felci intrecciato e nell’aggiunta, al latte in caldaia, di una “manciata” di Nepeta (Calamin-tha Nepeta savi), una pianta aromatica, appartenente alla famiglia delle Labiate, ricca di sostanze antiossidanti, che conferisce al formaggio un sapore molto delicato.Le altre varianti sostanziali, rispetto al Cacioricotta, consistono nel trat-tamento della cagliata e nel confezionamento.

CASIEDDU

Foto n. 17 - Il Casieddu avvolto in foglie di felci

Trattamento della cagliata

In un primo momento si raccoglie la cagliata con un mestolo di legno e successivamente con le mani. La pasta è pressata manualmente per 5-15 minuti onde impartire una forma a sfera del diametro approssimativo di 8-10 cm.

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Confezionamento

Il Casieddu è avvolto in foglie di felci intrecciate alla base e legate al-l’estremità superiore con un giunco o un rametto di ginestra.

Caratteristiche particolari del prodotto

Il Casieddu (Casieddu ca’ nepita) ha forma sferoidale dal diametro di 8-10 cm. Crosta di colore bianco latte e pasta con numerose occhiature e piccoli frammenti di Nepeta. Il sapore e l’aroma del prodotto vengono principalmente caratterizzati dalla presenza della Nepeta e dalle foglie di felci nelle quali è confezionato. Il gusto è generalmente amarognolo.

Caratteristiche fisico-chimiche e sensoriali

Il “Casieddu” e il Casiello, essendo entrambi consumati freschi. A livello fisico-chimico presentano sostanzialmente la stessa composizione

Tabella n. 7 - Composizione fisico-chimica media del “Casieddu” e del Casiello

pH 6,44

Sostanza secca (%) 31,68

Grasso (%) 15,92

Proteina (%) 12,45

Ceneri (%) 2,74

I due formaggi, in generale, essendo consumati freschi, si caratterizzano per un’elevata quantità di acqua pari a circa il 60%.

Il profilo sensoriale del “Casieddu”, a livello di odore, si caratterizza per il “latte acido”, la “capra” , il “cotto” e l’odore di “menta”. Il due odori dominanti, il “cotto” e la “menta”, sono dovuti alla tecnica di produzio-ne (elevata temperatura di riscaldamento del latte) ed all’aggiunta della Nepeta. A livello gustativo, invece, si caratterizza per sentori equilibrati di “acido”, “dolce” e “amaro”. La struttura, pur essendo un formaggio fresco, presenta una “certa” durezza e granulosità.

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grafico n. 13 - Analisi sensoriale e di struttura del “Casieddu fresco”

Note particolari

La Nepeta (Calamintha Nepeta savi) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Labiate con radice a fittone, caule rossastro, foglie lanceolate e fiori bianchi punteggiati di rosa; è ricca di olii essenziali e di timolo, che è una nota sostanza antimuffa. Questa pianta, infatti, viene impiegata, più che per funzione aromatizzante, soprattutto come inibitrice della muffa. Il Casieddu è un prodotto complementare del Canestrato di Moliterno e viene prodotto, in ridottissime quantità, nel periodo estivo. La sua produzione avviene nel periodo in cui gli ovini vanno in asciutta (luglio-settembre) e quando l’allevatore dispone di solo latte di capra, avendo quest’ultima un ciclo di lattazione più lungo rispetto alla pecora.

Il Casieddu non è impiegato per la preparazione di piatti tipici ma viene, quasi sempre, consumato fresco.

colore

gessosità

umidità

capra

cotto

menta

acido

amaro

dolcesalato

odore di latte

durezza

6543210

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La tecnica di produzione è la stessa del Cacioricotta. L’unica variante è la forma sferica con un peso variabile fra 0,4-0,6 kg. La crosta è leggeris-sima di colore grigio-giallo. La pasta è omogenea e piuttosto compatta. Sapore dolce-salato equilibrato. Si consuma generalmente fresco. La stagionatura, in ambiente fresco, può protrarsi fino a 4 mesi.

Viene prodotto nelle aree montane della provincia di Potenza, in modo particolare nell’area della Comunità Montana Alto Sauro Camastra (Alia-no, Gallicchio, Corleto Perticara, Guardia Perticara, Armento e Missanello) e nell’area collinare della provincia di Matera (Ferrandina, Stigliano ecc.).

Il profilo sensoriale del Casiello, essendo in pratica lo stesso formaggio senza l’aggiunta della Nepeta e il confezionamento in felci, è risultato simile al “Casieddu”. I descrittori sensoriali caratterizzanti, ad eccezione della “menta”, sono risultati gli stessi.

CASIELLO

Foto n. 18 - Fase finale di formatura del “Casiello”

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Lo sviluppo sostenibile delle aree svantaggiate della Regione Basilicata: formaggi tradizionali ovi-caprini

1. IntroduzioneLe aree svantaggiate (LFAs) sono state definite da Belibasaki al., 2007 come:

- aree che hanno un basso potenziale agricolo a causa della scarsa piovosità, dei suoli poveri, delle forti pendenze ed altri vincoli bio-fisici;

- aree che hanno un elevato potenziale agricolo, ma che hanno un accesso limitato alle infrastrutture.

In questo documento i problemi degli agricoltori che vivono in aree marginali (LFAs) della Regione Basilicata (Sud Italia) è stato studiato nel dettaglio. L’analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threa-ts), ampliata con dati di ricerca sperimentale, ha analizzato l’intera filie-ra dei formaggi ovi-caprini tradizionali della Basilicata.Infine, questo lavoro si conclude con suggerimenti alle strategie politi-che ed alla tecnologia da adottare per realizzare uno sviluppo sosteni-bile nelle zone svantaggiate della Regione Basilicata.

2. Il contestoIn Basilicata sono state rilevate, sulla base dell’ultimo censimento del-l’agricoltura (2000), 81.922 aziende agricole, zootecniche e forestali, con superficie totale pari a 716.838 ettari, di cui 537.695 di superficie agricola utilizzata (SAU).Le aziende agricole della Basilicata che praticano l’allevamento del be-stiame risultano essere 20.306 (pari al 24,8% del totale). Gli allevamenti più diffusi sono quello avicolo (praticato in circa 80 aziende su 100 allevatrici, con poco più di 496.000 capi), quello dei suini (57,3% delle aziende allevatrici e 82.906 capi) e quello degli ovini (40,0% delle aziende allevatrici e 335.757 capi). Seguono gli allevamen-ti dei caprini (22,0% delle aziende con allevamenti e 97.545 capi), dei bovini (18,4% delle aziende e 77.711 capi) e quello degli equidi (9,4% delle aziende con allevamenti e 5.093 capi).

Tra i due censimenti (1990-2000) il ridimensionamento del comparto zootecnico appare evidente anche in termini di consistenza degli alleva-menti, benché la riduzione del numero dei capi sia stata generalmente meno marcata di quella delle aziende allevatrici. Limitando l’esame alle specie più diffuse, si osserva che il numero dei capi bovini è dimi-nuito del 10,4%, quello degli equidi e dei caprini rispettivamente del

SWOT ANALYSIS

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30,5% e 31,0% e quello degli allevamenti avicoli del 25,0%, mentre la consistenza degli ovini si è ridotta soltanto del 5,7%. Da sottolineare, tuttavia, che la riduzione delle varie specie di bestiame, generalmente meno marcate di quelle delle corrispondenti aziende allevatrici, hanno determinato aumenti del numero medio di capi per azienda (ovini: 42 capi/azienda con un aumento del 9,3%).

Si riporta di seguito la situazione nei due comprensori, della regione Basilicata, più importanti dal punto di vista della produzione di formag-gi artigianali:

Comprensorio di produzione del Pecorino di FilianoL’allevamento ovi-caprino, nel comprensorio, secondo i dati del censi-mento dell’agricoltura (2000), interessa 3.419 aziende per gli ovini e 1.170 per i caprini, che allevano rispettivamente 117.300 e 15.342 capi. Da questi dati, emerge che nel solo comprensorio del Pecorino di Filano sono allevati il 34% degli ovini presenti nell’intera regione Basilicata. L’allevamento ovi-caprino, rispetto al penultimo censimento dell’agricol-tura (1990), ha manifestato un decremento. Il numero dei capi, infatti, è diminuito di oltre 3.000 unità (7%) per gli ovini e del 13% per i ca-prini.

La maggiore concentrazione di ovini si registra ad Avigliano (305 azien-de), Bella (270 aziende), Potenza (434 aziende), Picerno (377 aziende) e Muro Lucano (16.000 capi circa). Per i caprini, invece, Bella (1.730 capi), Melfi (1.270 capi) e Muro Lucano (1.989), per un totale di 4.989 capi, detengono oltre il 32% dei capi presenti nel comprensorio.

Comprensorio del Canestrato di MoliternoIl comprensorio di produzione del Canestrato di Moliterno comprende un’area molto vasta: 46 comuni in provincia di Potenza e 14 in provin-cia di Matera. Il numero totale di ovini ammonta a 131.719, allevati in 3.135 aziende, e quello dei caprini a 56.449 capi (2.106 aziende). La maggiore concentrazione di ovini si registra, in provincia di Potenza, nei comuni di: Corleto Perticara (7.048 capi), Guardia Perticara (5.826 capi), Viggiano (5.188 capi), Moliterno (5.040 capi) e, in provincia di Matera, Stigliano (9.288 capi), Ferrandina (5.889 capi) e Pomarico (4.232 capi). Dai dati relativi alla situazione dell’intera regione circa il Pecorino di Filano ed il Canestrato di Moliterno si evince che la maggior parte delle aziende ovi-caprine e dei capi allevati ricadono nell’areale di produzio-ne del Pecorino di Filiano e del Canestrato di Moliterno. Il 19% delle aziende ovine e il 25% delle pecore allevate in regione non rientrano nell’areale di produzione dei due formaggi pecorini (Filiano e Moliterno). Per i caprini la situazione risulta analoga.

La situazione attualeL’entrata in vigore delle recenti normative comunitarie in materia di igiene, il cui obiettivo è quello di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori con riguardo alla sicurezza degli alimenti, mediante un

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approccio integrato che abbraccia l’intera filiera alimentare (dall’azienda alla tavola), ha imposto alle aziende lucane un’accellerazione dello sfor-zo di adeguamento agli standard europei ed internazionali che, ha visto notevoli difficoltà di adattamento da parte dei produttori.

Tali difficoltà si sono rispecchiate nella variegata qualità delle lavora-zioni che, pur partendo da una buona qualità del latte non sempre ha garantito il mantenimento di tale livello.

All’uopo sarà sicuramente di supporto una fase di implementazione dei servizi in grado di accompagnare i protagonisti lungo tutto il segmento della filiera (Amato et al., 2001). I punti in cui l’intervento è più deter-minante riguardano: la qualità del latte, la tecnica di caseificazione, la stagionatura. Un sistema in grado di controllare questi processi per-metterebbe la messa sul mercato di produzioni omogenee e di grande qualità.

3. Strengths (Punti di forza)I punti di forza della filiera zootecnica, ovi-caprina in particolare, in Basilicata che possono consentire uno sviluppo dell’intero comparto si possono identificare in:

Fase agricola- vocazione dei comprensori interni regionali per allevamenti estensivi idonei alla produzione di formaggi e carni di qualità (razze autoctone ovi-caprine);

- ampie aree marginali utilizzabili per gli allevamenti ovi-caprini;- presenza prevalente di allevamenti zootecnici di piccole dimensioni, che consentono un migliore ricircolo delle deiezioni, con ridotto im-patto ambientale;

- composizione floristica unica, con erbe aromatiche che conferiscono ai prodotti agricoli aromi particolari.

Fase di trasformazione/commercializzazione- maggiore l’attenzione del mercato nei confronti dei prodotti di ec-cellenza;

- presenza di formaggi con buone potenzialità di mercato (Pecorino di Filiano e Canestrato di Moliterno);

- buona rilevanza economica del settore lattiero caseario, in termini di produzione ed incidenza sul totale agroalimentare.

4. Weaknesses (Punti di debolezza)Numerosi sono i punti di debolezza che determinano inefficienze in tutti i livelli della filiera con una conseguente perdita di competitività dell’intero comparto.

Fase agricola- frammentazione della proprietà con presenza di allevamenti di pic-cole dimensioni;

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- difficoltà, soprattutto negli allevamenti di piccole dimensioni, ad introdurre innovazioni tecnologiche o modelli organizzativi capaci di migliorare la competitività;

- difficoltà di accesso al credito agevolato;- età media degli allevatori elevata e scarso ricambio generazionale;- presenza di vincoli legislativi sempre più restrittivi (benessere degli animali, smaltimento delle carcasse degli animali morti, inquinamen-to ambientale ecc.) con impatto negativo sui costi;

- bassa capacità di conversione degli alimenti e bassa produzione di latte e carne per le razze locali;

- presenza di zoonosi (es. blue tongue) che limitano lo sviluppo degli allevamenti e il reddito degli allevatori;

- difficoltà delle imprese ad adeguarsi alla continua evoluzione della normativa del settore;

- scarsa disponibilità di manodopera per la conduzione degli alleva-menti e prevalentemente non qualificata;

- elevati costi dei mangimi, nel caso di ricorso ad integrazione ali-mentare, che aumentano significativamente i costi unitari di produ-zione;

- carenze strutturali delle aziende che aumentano in maniera significa-tiva i costi di produzione;

- scarsa propensione all’associazionismo;- scarse infrastrutture e servizi alla popolazione e alle imprese agrico-le, in particolare in alcune aree della regione;

Fase di trasformazione/commercializzazione- difficoltà di adattamento della produzione alle esigenze specifiche del mercato. Dispersione territoriale, e ricorso a canali lunghi di com-mercializzazione;

- numero eccessivo di caseifici, soprattutto di limitata capacità, carat-terizzati da inadeguatezza dal punto di vista igienico-sanitario;

- difficoltà nell’organizzare l’offerta della materia prima sul territorio;- assenza di un sistema consolidato di qualità e bassa certificazione;- necessità di manodopera qualificata difficilmente reperibile.

5. Opportunities (Opportunità)La crescente domanda sui mercati di beni e servizi di qualità in campo agricolo, artigianale e turistico costituisce un’opportunità di sviluppo unica per l’intera regione in quanto consente la valorizzazione delle risorse (ambientali e naturali, culturali e paesaggistiche, agricole e turi-stiche) che costituiscono la vera ricchezza del territorio.

Per raggiungere questi segmenti alti di domanda è necessario che la regione acquisisca un’autonoma fisionomia ed identità che la renda immediatamente riconoscibile e, contemporaneamente, la caratterizzi rispetto ad altre aree che intendono potenziare la propria attrattività facendo leva su risorse territoriali analoghe.

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Nel caso dei formaggi storici ed artigianali della regione Basilicata la principale opportunità consiste nel puntare sulla “filiera ambientale” facendo affidamento sull’iscindibile binomio natura (valorizzazione delle risorse territoriali) produzioni di qualità (soprattutto agricole), in modo che si innesti un legame tra le preesistenze produttive più significative presenti nell’area e le nuove iniziative da porre in atto.

6. Threats (Minacce)In Basilicata, come riportato da Belibasaki et al. (2007), sei sono le minacce più importanti:

- spopolamento delle aree marginali;- bassa produttività;- basso reddito;- esclusione economica;- esclusione sociale.

Altre minacce, oltre alle 6 principali, sono state individuate per il settore zootecnico della regione Basilicata:

- emergenze sanitarie che con sempre maggiore frequenza incombono sul settore (es. Blue tongue) destabilizzando i diversi comparti;

- concorrenza da parte di marche industriali, che presenziano in ma-niera massiccia gli scaffali del dettaglio specializzato e della grande distribuzione (GDO), offrendo un prodotto dalle caratteristiche stan-dard;

- elevata stagionalità dell’attività di produzione dei formaggi;- cambiamento della politica comunitaria verso l’estero che subordina il futuro dell’allevamento all’andamento del mercato a seguito della soppressione di meccanismi di sostegno diretto.

7. Strategies (Strategie)L’analisi della filiera zootecnica in Basilicata, in particolare quella ovi-caprina, ha evidenziato un sistema produttivo prevalentemente di tipo estensivo (Claps et al., 1998) con una bassa competitività sotto il pro-filo dei costi di produzione. Le difficoltà del settore vengono acuite da un’orografia del territorio che di certo non consente uno sviluppo adeguato della zootecnia. L’isolamento di molte aziende (spesso irrag-giungibili dalle normali vie di comunicazione) costituisce un ostacolo fondamentale a qualsiasi politica di sviluppo (Claps et al., 2002). Per una corretta definizione delle strategie da attuare per il settore zootecnico regionale bisogna individuare piani strategici, priorità degli investimenti e la loro localizzazione.

Le strategie da mettere in atto sono le seguenti:- incentivare l’ingresso di giovani imprenditori capaci di introdurre negli allevamenti e nella produzione dei formaggi innovazioni tec-nologiche ed organizzative (il tutto, ovviamente, senza stravolgere il preesistente);

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- effettuare efficaci politiche di prevenzione contro le principali zoono-si per ridurre le improvvise e sempre più frequenti perdite di bestia-me e stabilizzare i redditi dei produttori;

- favorire la creazione di filiere corte per una migliore valorizzazione delle produzioni aziendali;

- incentivare le produzioni di qualità (IGP e DOP - in questo caso Ca-nestrato di Moliterno e Pecorino di Filiano);

- favorire lo sviluppo di razze locali e la realizzazione di allevamenti estensivi;

- definire percorsi formativi per gli operatori della filiera;- realizzare interventi promozionali per valorizzare le produzioni otte-nute utilizzando esclusivamente materia prima della regione e sup-portare adeguatamente l’immagine positiva delle produzioni tipiche della regione Basificata.

InvestimentiGli investimenti prioritari che assicurano di perseguire con successo le diverse strategie per il settore sono i seguenti:

- interventi di meccanizzazione e ammodernamento delle aziende zoo-tecniche;

- investimenti finalizzati all’adeguamento degli allevamenti alla nor-mativa comunitaria in termini igienico-sanitari, benessere degli ani-mali e gestione dei reflui;

- acquisto di riproduttori e fattrici nei nuovi allevamenti e in quelli colpiti da zoonosi;

- introduzione di sistemi di qualità e rintracciabilità delle produzioni;- potenziamento dell’assistenza tecnica e della formazione;- interventi aziendali finalizzati a favorire la creazione di filiere corte (caseifici aziendali);

- ammodernamento degli impianti di trasformazione;- recupero di razze autoctone caratterizzanti le produzioni agricole regionali;

- investimenti finalizzati alla valorizzazione dei prodotti di qualità ri-conosciuti.

Bibliografia

- Amato A., Di Gennaro P., Amato D., 2001. First results of the obser-vatory in Basilicata: Trend of sheep and goat milk, cheese and meat price and hygienic-sanitary situation of the farms (PDR 54/97). Op-tions Med., 46, 225-229.

- Belibasaki S., Sossidou E., Tsiartsafli A., 2007: sustainable develop-ment of LFAs. T-Cheese.Med report, 20 June.

- Claps S., Rubino R., Zarriello G., Di Gennaro P., Amato D., Pizzillo M., Petrizzi N., Bochicchio R., 1998. Situation des exploitations laitieres ovines et caprines vis a vis des dispositions de la Directive UE 92/46. 6th International Symposium on the “Milking of small ruminants”, Athens, Greece, 26 September - 1 October.

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- ISTAT, 1992. 4° Censimento Generale dell’Agricoltura. Roma.- ISTAT, 2000. 5° Censimento Generale dell’Agricoltura. Roma.

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Giugno 2008

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FORMAGGITRADIZIONALI - OVI-CAPRINI della

BASILICATA

T-Cheese.Med (NEW TECHNOLOGIES SUPPORTING THE TRADITIONAL AND HISTORICAL DAIRY IN THE ARCHIMED ZONE)

è un progetto realizzato con il cofinanziamento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) nell’ambito del programma INTERREG III B ARCHIMED

REGIONE BASILICATAUNIONE EUROPEA

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