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FORMULAZIONE GENERALE ELEMENTI FINITI
Finora si è affrontato il problema di determinare la matrice di rigidezza di elementi per i quali era
nota una soluzione analitica. Si vuole ora determinare una procedura per la determinazione della
matrice di rigidezza per qualunque tipo di elemento, purché si sia in grado di scrivere una
equazione differenziale di equilibrio al suo interno
Lo scopo è di discretizzare, ovvero condensare le proprietà distribuite di ogni elemento su alcuni
nodi di contorno che “comunicano” con il resto della struttura e con i carichi esterni
La soluzione viene determinata in forma debole (weak form) in quanto l’equilibrio viene soddisfatto
solo in senso mediato sul dominio dell’elemento
Una volta che gli elementi sono stati formati, essi sono connessi tra loro con le medesime regole già
analizzate per le beam
La conoscenza degli spostamenti nodali consente di ricostruire tutte le proprietà interne
dell’elemento (stress, strain, temperatura, … )
Il procedimento prevede l’esecuzione di sette passi logici
Identificazione della adatta formulazione dell’elemento I)
Scelta di insieme di funzioni con le quali si descriverà il campo interno di spostamenti
(mediante loro combinazione lineare) II)
Calcolo funzioni di forma, che legano gli spostamenti interni con quelli nodaliIII)
Esplicitare legame campo deformazioni interne - spostamenti nodaliIV)
Applicare principio lavori virtuali (od altro principio variazionale) per determinare K
V) Esplicitare legame campo tensioni interne - spostamenti nodali
VI)
A calcolo avvenuto, ricavare tensioni e deformazioni in base soluzioneVII)
Gli sviluppi sono intesi nel sistema di riferimento locale dell’elemento
Identificazione della adatta formulazione dell’elemento I)
Si tratta di scegliere la tipologia elemento ( beam, shell, brick, … ) e di determinare
il numero di nodi che lo definiscono
iffSpostamenti
nodali
iFFForze
nodali kP
uSpostamenti
interni
i = 1 … n. gdl elemento k = 1 … m spostamenti interni definiti
Le funzioni sono in genere di tipo polinomiale, anche se in alcune situazioni (ad esempio
campi acustici) può essere utile utilizzare funzioni trigonometriche
Scelta di insieme di funzioni con le quali si descriverà il campo interno
di spostamenti (mediante loro combinazione lineare)
II)
A meno di casi particolari, la combinazione lineare di tali funzioni non fornirà una
soluzione esatta ma solo approssimata
L’insieme delle funzioni interpolanti può in teoria essere scelto ad libitum, tuttavia
affinché la convergenza del risultato sia monotona con l’infittimento, vanno rispettati
quattro requisiti fondamentali:
1 - Completezza ai moti rigidi ovvero capacità di avere spostamenti rigidi dell’elemento senza
l’insorgere di tensioni all’interno
2 - Completezza a deformazioni costanti ovvero consentire stati di deformazioni costanti in
tutto l’elemento (patch test)
3 - Compatibilità lungo le linee o facce di contorno di elementi contigui non si devono
verificare strappi o compenetrazioni
4 - Continuità ossia assenza di punti singolari nella descrizione del campo degli spostamenti
Si noti che in taluni casi, si utilizzano elementi che violano qualcuna delle 4 condizioni
succitate, ad esempio
- Elementi speciali per descrizione singolarità apice di una cricca
- Compatibilità incompleta come nel caso della piastra di Kirchhoff
Anche la connessione “disattenta” di elementi a formulazione diversa può innescare
incompatibilità
Connessione errata
elementi 4 nodi
Connessione errata
elementi 4 e 9 nodi
Identificate le funzioni interpolanti i(P) per ciascun punto interno dell’elemento si può scrivere
1 1 11 2 12 1
1 1 2 2
n n
k k k n kn
u P P P P
u P P P P
In forma
matriciale
u P P α
Calcolo funzioni di forma, che legano gli spostamenti interni con quelli nodaliIII)
Applichiamo la interpolazione precedente su punti particolari, i nodi, considerando tutti i
gdl definiti per nodo
iknni2k2i1k1i P P P f
i = 1 … n. gdl elemento
In forma
matriciale
αAf
Si noti che, note le posizioni dei nodi nel riferimento locale, A è una matrice nota, composta
di valori numerici definiti
Se si fa coincidere il numero di coefficienti della serie degli con in n. gdl di elemento, la
matrice A risulta quadrata, condizione necessaria per la sua inversione
f A α 1-
Ciò consente di risolvere in
Che sostituita nella espressione
del campo spostamento interno
u P P -1
A f
1-AN
P P = Funzioni di forma
Notare che le funzioni di forma permettono di descrivere una combinazione lineare
particolare, nella quale i coefficienti sono gli spostamenti nodali f
Non sempre la matrice A risulta invertibile, ad esempio non lo è per
elementi concavi
Gli elementi in cui le funzioni di forma legano gli spostamenti nodali a quelli interni sono
detti Lagrangiani
n. righe N = numero di spostamenti interni definiti
n. colonne N = numero di gdl dell’elemento
N(P), in generale, non è una matrice quadrata
Gli elementi in cui le funzioni di forma legano gli spostamenti nodali e loro derivate a
quelli interni (e loro derivate) sono detti Hermitiani
Esplicitare legame campo deformazioni interne - spostamenti nodaliIV)
Le relazioni cinematiche consentono di correlare spostamenti interni con deformazioni
interne
Le loro espressioni dipendono dal problema di riferimento, ma sono comunque sempre
ricavate da u(P) mediante relazioni differenziali
P Diff Pε uAd es. nel lineare
x
u
x
u
2
1
j
i
i
j
j i
Non sempre tuttavia si utilizzano le deformazioni testé indicate come grandezze
rappresentative dello stato di deformazione, in alcuni casi ad esempio (beam o piastre) si
utilizzano le curvature (derivate II di u, v)
P Diff P Diff P Diff P -1 -1
ε u A f A f
P P
f ACε1-
P P f Bε
Utilizzando nuove nomenclature di matrici
n. righe B = numero di deformazioni interne definite
n. colonne B = numero di gdl dell’elemento
V) Esplicitare legame campo tensioni interne - spostamenti nodali
Il modello costitutivo fornisce il legame tra le tensioni e le deformazioni
Si è già visto che la matrice di rigidezza del materiale D dipende dal tipo di configurazione
(tensione piana, def. piana, …) e dal materiale
P P ε Dσ
P P P
f AC Df B Dσ1-
Se si considera anche la presenza di tensioni residue o deformazioni termiche
P -P P P inin εε Dσσ
Applicare principio lavori virtuali (od altro principio variazionale) per
determinare K
VI)
In precedenza è stata richiesta, per la scelta delle funzioni approssimanti, la loro continuità
lungo i bordi elemento, questo comunque non garantisce sulla continuità delle loro derivate,
e quindi di tensioni e deformazioni
All'interfaccia l’equilibrio potrà quindi essere violato, anzi l’entità di tale violazione è una
misura dell’infittimento adottato
L’equilibrio che viene richiesto all’elemento vale solo in senso globale, attraverso un
funzionale determinato dal lavoro virtuale
Principio del lavori virtuali PLV. Se una struttura, soggetta a vincoli, si trova in equilibrio,
allora per ogni spostamento virtuale compatibile con i vincoli, il lavoro delle forze esterne è
uguale all’energia immagazzinata dal campo di tensioni interno, per il tramite delle
deformazioni virtuali
Coll’apice * vengono indicate le grandezze virtuali ; f **ε
)quadratica forma(West F f T*
)quadratica forma(dV PPPdWint σ ε T*
Integrando sull’intero volume dell’elemento e ricordando le posizioni precedenti:
eV
int dV PPW σ ε T*
eV
int dV W f B DB f TT*
Si possono portare fuori integrale le grandezze discrete
f B DB f TT* dV W
eVint
Uguagliando Wint e West si può eliminare in virtù del fatto che tale uguaglianza deve
valere non per un solo vettore di spostamenti virtuale, ma per una serie infinita di valori, l
cui unico requisito richiesto è la compatibilità con i vincoli
T* f
f B D B F T
dV eV
f F K
eV
dV B D BK T K risulta da una scelta approssimata degli spostamenti e
quindi è approssimato
Per il calcolo occorre integrare le matrici su tutto l’elemento
Si può agevolmente estendere l’applicazione del PLV al caso in cui siano anche presenti forze
di volume, di superficie o tensioni residue
ee
ee
VV
VV
dV PPdS PP
dV PPdV PP
σ ε R u
R u F f σ ε
0
T*
Sup
T*
Vol
T*T*T*
Effettuando tutte le usuali sostituzioni matriciali, dopo aver eliminato f*T si ha
e e e eV V V V
dV P dV P dS P dV
T T T T
Vol Sup 0B D B f F N R N R B σ
F F F F f B D B 0SupVol
T dV
eV
In tal modo tutte le forze distribuite sono ricondotte a forze nodali
I precedenti passaggi ci consentono anche di formulare la matrice di massa distribuita,
essendo essa derivante da una proprietà (la densità) che è una caratteristica di volume
P P eV
ρ dV T T T* *
f F f N u
Applicando il PLV all’equazione di D’Alambert:
Utilizzando stesse funzioni di forma per accelerazioni già usate per spostamenti
eV
dV Pρ f NN F T
Dalla quale si evince la forma di M eV
dV Pρ NNMT
Negli elementi hermitiani compaiono anche momenti inerzia
Anche la matrice delle masse può essere scritta nelle coordinate globali per mezzo della
T MTMT
A calcolo avvenuto, ricavare tensioni e deformazioni in base soluzioneVII)
In questa fase si riscrivono tutti gli spostamenti nodali, elemento per elemento, nel
sistema di riferimento locale
A questo punto si possono riprendere le espressioni matriciali già note per determinare
tensioni e deformazioni interne
P P f Bε P P f B Dσ
FORMULAZIONE VARIAZIONALE
Nel calcolo variazionale si utilizza un funzionale della equazione differenziale la cui
condizione di stazionarietà soddisfa (in forma debole) l’equazione differenziale stessa
Limitatamente al caso strutturale che qui interessa, si definiscono
Densità interna di energia
0
0 d U εσT
Energia interna d UU 0
Per un sistema lineare elastico, l’energia interna si può scrivere
0ε Def. iniziale
0σ Tens.. iniziale
00 σε εDσ
Ω
0
T
0
TTdΩ σ ε ε D εεDε d d
2
1U
Il potenziale o energia del lavoro esterno si scrive invece come
ˆt
eW T T T
Ω Γ u b dΩ u t dΓ u P
b Vettore forze volume
t̂ Vettore forze superficie
Si noti che il potenziale del lavoro esterno è diverso dal lavoro delle forze esterne di un fattore 1/2
L’energia potenziale totale di un sistema è definita come:
PudΓ t u dΩ b u
T
Γ
T
Ω
T
t
ˆ d UWU 0e
Con essa costruiamo il nostro funzionale che risulta essere
PudΓ t u dΩ b u dΩ σ ε ε D εεDεT
Γ
T
Ω
T
Ω0
T
0
TT
t
ˆ d d 2
1
t Superf. Con carichi esterni
La formulazione variazionale consiste nel considerare uno spostamento virtuale infinitesimo
del sistema (compatibile con i vincoli naturali o essenziali) ed ottenere così di nuovo il PLV
0ˆ
d d
t
PudΓ t u dΩ b u
dΩ σ ε ε D εεDε
T
Γ
T
Ω
T
Ω0
T
0
TT
Proviamo a chiarire il tutto con un esempio molto semplice
k=500 N/m
m=10 kg
2u 250Ku u2
1U
u 100u mgWe
u 100u 250 2
0 100u 5000du
d
m 2.0u
sostituendo
J 10u 250U 2 100 20 eW u J J 102010
Si utilizza ora un operatore differenziale lineare L per descrivere il legame cinematico
deformazioni spostamenti
uLε
in coordinate cartesiane
uLuLε
Con questa posizione il principio variazionale si scrive
0ˆ
d d
t
PudΓ t u dΩ b u
dΩ σ uL ε D uLεDuL
T
Γ
T
Ω
T
Ω0
T
0
TT
Metodo di Rayleigh - Ritz
Il metodo è stato inizialmente proposto da Raileigh e poi esteso da Ritz
Pur se esistono metodi che consentono la soluzione dell’equazione differenziale in
forma diretta (e.g. Differenze finite) si cerca una soluzione partendo direttamente dalla
forma variazionale
Per calcolare l’energia potenziale totale occorre assumere un campo di spostamenti, e
ciò viene fatto mediante una funzione di interpolazione
La funzione di interpolazione può pensarsi in due modi:
Funzione di coefficienti polinomiali incogniti: 2
321 xaxaay
Appropriato per sistemi continui Nessun significato fisico coefficienti
Spostamenti nodali incogniti
332211 u Nu Nu Nuy
Ci interessiamo qui del primo caso visto che il secondo verrà sempre utilizzato nel seguito
Se si considerano dei sottodomini del sistema (elementi) il metodo di Rayleigh - Ritz
coincide con il metodo degli elementi finiti
Rimanendo al I caso si approssimano gli spostamento nelle 3 direzioni per mezzo
delle
k
0
n
1i
k
i
k
ik cu
z) y, (x, 3 2, 1,k
Le funzioni devono soddisfare i seguenti requisiti: k
i
1) Devono essere funzioni continue
2) Devono essere ammissibili ossia soddisfare le condizioni al contorno essenziali
(spostamenti)
3) Devono essere indipendenti e fornire una approssimazione completa in modo da
cogliere tanto più esattamente quanti più termini si usano
Normalmente le o sono polinomiali o trigonometriche k
i
I parametri della combinazione lineare si determinano imponendo l’annullarsi della
variazione dell’energia potenziale totale
k
ic
1 2 3
1 2 31
, , n
x y z i i i
i i i i
u u u c c cc c c
1 2 3
1 2 31
, , n
x y z i i i
i i i i
u u u c c cc c c
Dato che ciò deve valere per valori arbitrari di la precedente si traduce nel sistema di
equazioni
k
ic
3,,1kn,,1i0ck
i
In pratica si è sostituito un problema continuo con uno con un numero finito di incognite
Alcune importanti osservazioni:
Se le condizioni precedentemente definite sono soddisfatte, la soluzione converge
al valore esatto con il crescere n
Al crescere di n, i coefficienti già calcolati non cambiano
Dato che deformazioni e tensioni sono calcolati derivando spostamenti
approssimati, sono in genere meno accurati degli spostamenti
Il sistema approssimato è più rigido di quello esatto e si raggiunge la soluzione
esatta degli spostamenti da “sotto”
Rispetto al metodo degli elementi finiti non siamo più vincolati a prendere un prefissato numero
di funzioni interpolanti e questo può, in linea di principio, consentire un calcolo molto preciso
Esempio - Trave appoggiata appoggiata
q
2
21 xLx axLx ax x
Notare che le c.c. sono identicamente soddisfatte!
1) Un solo coefficiente (a1)
L
0
L
0
2
dx x qdx J E 2
MWU
L
0
2
2
2
dx x qdx
d
2
J E;
L
01
2
1 dx xLx q aa 2 2
J E
6
L q aL J E a 2
3
12
1 1
0a
J E 24
L qa
2
1
4
1max
96
q L
E J
2) Due coefficienti (a1 - a2)
2
1
q La
24 E J
2
qa
384 E J
4
2max
5 q L
384 E J
La I soluzione fornisce un errore del 17 %, la seconda coincide con quella esatta
La formulazione variazionale si può usare solamente se si è in grado di scrivere un funzionale da
minimizzare. Ciò non è sempre possibile (ad esempio problemi di fluidodinamica)
Viene spesso utilizzata nella elaborazione di nuove tipologie di elementi finiti, ove può risultare più
agevole scrivere la funzione energia potenziale e poi derivarla per ottenere i termini di rigidezza
ji
2
j i x x
Uk
Riduzione dell’ordine di integrazione
Si riprende la soluzione delle equazioni differenziali che devono essere risolte nel dominio
0uA
In
0uB
In Con A e B operatori differenziali lineari
Possiamo anche riscrivere le precedenti in modo da evidenziarle come equazioni di
equilibrio rispetto ai carichi imposti
puLuA
In In
tuMuB
Nella formulazione integrale, l’equilibrio è soddisfatto per una soluzione virtuale v:
0d d uB vuAv
tt
Non è stato finora messo in luce, ma risulta evidente che gli integrali presenti devono essere
limitati e non infiniti
Questo pone alcune restrizioni sulle famiglie di u e v utilizzabili
Continuità C0
Continuità C1
Se ad esempio compaiono derivate seconde delle funzioni u e v è necessario richiedere una
continuità di tipo C1 perché con C0 l’integrale non è limitato
Tuttavia in molti casi, è richiesto che l’operatore differenziale sia autoaggiunto il che si
verifica se esso è lineare, si può integrare la precedente forma integrale per parti, ottenendo
d d vAuuAv
ttA è autoaggiunto se
0d d uF vEuDvC
tt
L’aspetto interessante è che D e F sono operatori differenziali che contengono derivate
di un ordine minore rispetto agli originari A e B
In altri termini si può richiedere alle u una continuità minore, ad esempio da C1 a C0
Alcuni autori chiamano questa diminuzione di richiesta su u weak form
ma ciò fa confusione con quanto detto in precedenza