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I U.S. CALCIO ALPAGO U.S. CALCIO ALPAGO I Puos d’Alpago ~ 19 febbraio 2010 PSICOLOGIA DELLO SPORT Ciclo di incontri dedicati alla Psicologia e lo Sport GENITORI E SPORT Dott. Luca Libanora - Dott.ssa Valentina Partenio La relazione genitori - giovani calciatori - società come fattore motivante alla pratica e le sue implicazioni con il fenomeno dell’abbandono.

GENITORI E SPORT TESTO - Alleniamo.com 2.0 · 2014-04-29 · PSICOLOGIA DELLO SPORT Pag. 2 GENITORI E SPORT ... è in realtà importantissimo non solo per la creazione della personalità

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PSICOLOGIA DELLO SPORT

Ciclo di incontri dedicati allaPsicologia e lo Sport

GENITORI E SPORT

Dott. Luca Libanora - Dott.ssa Valentina Partenio

La relazione genitori - giovani calciatori - societàcome fattore motivante alla pratica

e le sue implicazioni con il fenomeno dell’abbandono.

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GENITORI E SPORT

IntroduzioneCercheremo di fare in modo che anche l'argomento che toccheremo in questa occasione

risulti altrettanto interessante come nel nostro primo incontro e per questo vi rinnovo l'invito

che vi abbiamo fatto in quella occasione, cioè di interpretare questi nostri contributi non come

una lezione frontale, particolarmente in questo caso, visto che parliamo di un argomento di cui

nessuno può dire di avere la piena comprensione, ma come uno scambio di opinioni, in cui

ognuno porta le proprie conoscenze in qualsiasi momento lo desideri.

Qual è l’argomento di questo incontro? Parleremo di genitori e sport e lo faremo in ambito

abbastanza specifico come il mondo del calcio. E' un argomento piuttosto sentito, visto che

poi ci è stato sostanzialmente richiesto, ma è anche un argomento interessante perché vi si

concentrano aspetti molto diversi, tanto diversi che, come dicevamo, nessuno può dire di

averne compreso appieno tutti gli aspetti e tantomeno di aver risolto alcuni problemi che sono

associati ad esso.

Una prima cosa interessante è che se l'argomento è piuttosto sentito dalle società, da parte

dei genitori, cioè i diretti interessati, si tende a minimizzarlo. Sembra che non ci sia una reale

consapevolezza del ruolo del genitore nel rapporto che il proprio figlio ha nei confronti

dell'attività che pratica, della società che lo accoglie e dello sport in generale.

Si tende a considerare il proprio apporto solo, o principalmente, in termini “strumentali”

(portare il figlio alla partita, agli allenamenti, acquistare i materiali ecc.) ma il ruolo del genitore

è in realtà importantissimo non solo per la creazione della personalità del bambino nei

confronti dello sport, ma anche per tutti gli aspetti generali che vengono mediati da un'attività

importante, nella vita del piccolo individuo, come quella sportiva.

È importante per tanti motivi, evidentemente, ma per comprenderli dobbiamo fare una cosa

che a voi sembrerà “bizzarra”, ma che noi riteniamo invece indispensabile. Dobbiamo riuscire

a guardare il mondo con gli occhi dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti, perché se

invece lo guardiamo dal nostro punto di vista ogni cosa che diremo da questo momento in poi

risulterà un semplice passaggio sterile di informazioni, magari anche interessanti, ma senza

nessun effetto pratico.

Perché bisogna assumere il punto di vista del bambino? Perché per il bambino, e nelle

successive fasi evolutive, il mondo è completamente diverso da come lo vediamo noi. Per cui

non potremo mai comprenderlo se assumiamo una visione adulto-centrata che ci porta

spesso a considerare il bambino come un “piccolo adulto” (se non una “tabula rasa” come

definivano gli empiristi Hume e Locke nel ‘700), in tutto e per tutto simile a noi ma con

La relazione genitori - giovani calciatori - societàcome fattore motivante alla pratica

e le sue implicazioni con il fenomeno dell’abbandono.

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possibilità e capacità limitate.

Facciamo un esempio: nel mondo degli adulti, esistono alcuni compartimenti ben definiti nella

vita, di cui abbiamo piena consapevolezza, e sui quali regoliamo le nostre aspettative, i nostri

atteggiamenti e i nostri comportamenti. Esiste il lavoro, esiste la famiglia, esiste lo sport.

Ciascuno di noi mette in ordine tutti questi aspetti secondo le proprie disposizioni personali e

secondo l'ambiente in cui vive. Lo sport, generalmente, è considerata un'attività

gerarchicamente meno importante rispetto, ad esempio, il lavoro e la famiglia, che

giustamente assumono priorità, per motivi evidenti. Per il bambino c'è la scuola, ci sono i

genitori, c'è il calcio. Se il bambino va male a scuola, la prima cosa che succede, è che gli si

vieta di andare a giocare a calcio. Naturalmente un genitore può avere buoni motivi per non far

giocare il figlio a calcio, ma quello che bisogna sapere è che il figlio non darà a questa cosa lo

stesso significato. Per il bambino scuola, genitori e calcio sono un contesto unico ed

indistinguibile in cui loro orientano i loro comportamenti solo in funzione di compiacere i

genitori.

L'impegno scolastico e l'impegno sportivo sono indifferenziati, generano la stessa ansia e la

motivazione è, soprattutto per i più giovani, compiacere le richieste dei genitori. E' su questa

base, su una modalità stimolo e rinforzo sulla risposta che ne consegue, che si crea la

personalità dell'individuo, con la mediazione dei genitori, personalità che poi farà da filtro a

tutti i comportamenti successivi.

Naturalmente, mano a mano che si progredisce con l'età, il B si rende sempre più

consapevole che le “norme” a cui deve sottostare sono diverse: alcune cose devono essere

fatte “per forza”, come la scuola, altre sono lasciate alla volontà personale: infatti gli

abbandoni avvengono proprio in corrispondenza di questo passaggio, nella fascia

Il mondodell’adulto

Il mondodel bambino

Famiglia:partner,

figli,parenti...

Genitori

Lavoro:capo,

colleghi,clienti...

Hobby:compagni

di squadra,tifosi...

Personalità

Comportamenti

Sistema divalori

Scuola

Sport

...

...

FamigliaScuola musicaDottrina

Compiacimentodei

genitoriAnsia

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adolescenziale, quando il ragazzo inizia a plasmare la sua personalità rendendosi

indipendente dai genitori, facendo maggiormente riferimento al gruppo di pari (compagni di

scuola, amici…), per cui se le aspettative dei genitori non coincidono con le sue si creano

attriti e ci può essere la scelta di fare delle cose diverse, rispetto allo sport.

Quindi, se adesso proviamo a fare questo esperimento: immaginiamo di essere dei bambini,

di non essere quindi sostanzialmente in grado di differenziare emotivamente i vari setting di

vita, la scuola, lo sport, magari la scuola di musica, dottrina (i ragazzi oggi sono

impegnatissimi e questo non aiuta nel processo di differenziazione) e ci sentiamo dire: vai

male a scuola, non ti lascio andare a calcio?

È probabile che questa associazione rendimento punizione fra contesti diversi (punire il

bambino nel setting sport perché va male nel setting scuola), per quanto può apparire

giustificabile, genera confusione perchè il bambino comprende solamente che deve

compiacere i genitori e le altre figure di riferimento (gli insegnanti nel contesto scolastico) e

su questo orienta i propri obiettivi.

Sin dalla più piccola età, il bambino si crea un insieme di valori e credenze che fanno da filtro

alle motivazioni, che a loro volta condizionano i comportamenti. Questo sistema di valori,

generalmente e un po' banalmente perché ovviamente non si può parlare di categorie rigide e

sovrapponibili in tutti i setting di vita, in ambito scolastico è generalmente divisibile a seconda

del tipo di risposta allo stimolo (la richiesta ambientale come, nel caso specifico, una

prestazione scolastica) in A) entitario e B) incrementale.

La visione entitaria è quella basata sulla credenza che il risultato dipenda dalle capacità e

abilità da dimostrare, per cui il SS con questa visione è fortemente dipendente dal giudizio

degli altri, dal compiacimento, dal rinforzo esterno. In questo caso il SS sceglie compiti facili

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Genitori ScuolaAltre

agenzieGruppodi pari

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adolescenziale, quando il ragazzo inizia a plasmare la sua personalità rendendosi

indipendente dai genitori, facendo maggiormente riferimento al gruppo di pari (compagni di

scuola, amici…), per cui se le aspettative dei genitori non coincidono con le sue si creano

attriti e ci può essere la scelta di fare delle cose diverse, rispetto allo sport.

Quindi, se adesso proviamo a fare questo esperimento: immaginiamo di essere dei bambini,

di non essere quindi sostanzialmente in grado di differenziare emotivamente i vari setting di

vita, la scuola, lo sport, magari la scuola di musica, dottrina (i ragazzi oggi sono

impegnatissimi e questo non aiuta nel processo di differenziazione) e ci sentiamo dire: vai

male a scuola, non ti lascio andare a calcio?

È probabile che questa associazione rendimento punizione fra contesti diversi (punire il

bambino nel setting sport perché va male nel setting scuola), per quanto può apparire

giustificabile, genera confusione perchè il bambino comprende solamente che deve

compiacere i genitori e le altre figure di riferimento (gli insegnanti nel contesto scolastico) e

su questo orienta i propri obiettivi.

Sin dalla più piccola età, il bambino si crea un insieme di valori e credenze che fanno da filtro

alle motivazioni, che a loro volta condizionano i comportamenti. Questo sistema di valori,

generalmente e un po' banalmente perché ovviamente non si può parlare di categorie rigide e

sovrapponibili in tutti i setting di vita, in ambito scolastico è generalmente divisibile a seconda

del tipo di risposta allo stimolo (la richiesta ambientale come, nel caso specifico, una

prestazione scolastica) in A) entitario e B) incrementale.

La visione entitaria è quella basata sulla credenza che il risultato dipenda dalle capacità e

abilità da dimostrare, per cui il SS con questa visione è fortemente dipendente dal giudizio

degli altri, dal compiacimento, dal rinforzo esterno. In questo caso il SS sceglie compiti facili

1

Genitori ScuolaAltre

agenzieGruppodi pari

6 12 16

Sistemadi

valori

“Entitario” “Incrementale”Risultato:

dipende da riuscire a dimostrare abilità e capacità

Dipendente da:compiacimento erinforzo esterno

Orientamento a:compiti molto facili

Risultato:dipende da riuscire a

migliorare abilità e capacità

Dipendente da:soddisfazione interiore

Orientamento a:compiti ambiziosi

e incrementali

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ed evita accuratamente quelli troppo difficili, dove è più facile fallire, cosa che potrebbe

mettere in discussione la rappresentazione interna di sé stesso. Viceversa, la visione

incrementale è quella della persona orientata al miglioramento costante, indipendentemente

dal risultato e dal compiacimento di figure significative.

In questo caso i compiti troppo facili non sono stimolanti; le persone di questo tipo

preferiscono impegnarsi in compiti ambiziosi poiché percepiscono che il superamento degli

obiettivi dipende da loro stessi e non da cause esterne. In caso di fallimenti, questi soggetti

non cercano giustificazioni attribuendo ad altri o a cause esterne le responsabilità, ma anzi

considerano anche gli obiettivi parziali e soprattutto non mettono in discussione loro stessi;

possono, al contrario, arrivare a considerare l'insuccesso estrinseco come un successo

intrinseco, poiché ha consentito loro di aumentare le loro competenze ed aperto nuove

conoscenze.

Precisiamo che non esistono persone con un'etichetta oppure l'altra: ciascuno di noi

comunque ha creato, in base alle proprie esperienze infantili, un sistema di valori, di

attribuzioni, di ricompense, che poi orienta principalmente in un senso o in un altro. Non si può

neppure parlare in termini di “migliore” o “peggiore” perché ogni stile di orientamento può

essere efficace in certe situazioni o condizioni di vita, come mettere in difficoltà la persona in

altre situazioni, anche all'interno dello stesso percorso di vita. Tuttavia se non è vero che un

orientamento agli obiettivi intrinseci (proprio dello stile motivazionale c.d. “incrementale”) non

è sicuramente associabile al successo, un orientamento opposto, quello entitario, espone

molto di più, come dimostrano le ricerche e le osservazioni in vari campi, alle difficoltà perché

queste persone generalmente non dispongono di strategie efficaci per far fronte alle pressioni

ambientali, alle richieste dei contesti di vita, come quello scolastico e quello lavorativo, ma

anche quello sociale e quello relazionale.

La cosa importante, ed è in definitiva questo di cui stiamo discutendo, è che c'è un notevole

parallelismo con ciò che avviene nel mondo dello sport. Nel mondo dello sport si usano

termini diversi, perché si tende ad enfatizzare molto di più la classifica e l'aspetto competitivo,

ma gli aspetti sottostanti sono pressoché i medesimi: nel nostro ambito di parla non tanto di

orientamento, quindi di atteggiamenti e comportamenti, quanto di obiettivi pertanto: A)

obiettivi di performance e B) obiettivi di padronanza.

Sistemadi

valori

“Entitario” “Incrementale”Compiti facili:

stimolanti(oppure compiti

estremamente difficili)

Attribuzioni:esterne

Fallimenti:ricerca giustificazioni

Compiti facili:non stimolanti

(meglio compiti ambiziosima di media difficoltà)

Attribuzioni:interne

Fallimenti:possibile successo interno

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I primi possono essere sovrapporti all'orientamento entitario: ciò che conta è il risultato ed il

rinforzo che proviene dall'esterno (genitori, allenatore, la classifica…); se il risultato non arriva

o non è conseguibile l'obiettivo è fallito, senza mezze misure. Ne consegue che non ha senso

impegnarsi per un obiettivo difficile, perché comporta maggiori probabilità di insuccesso e, in

questo caso, comporterebbe un fallimento personale.

È evidente che in questo caso il soggetto sarà disposto ad impegnarsi solo fino a quando ha

successo, in caso contrario si verifica il drop-out, vale a dire l'abbandono ed il totale distacco

con l'ambiente (che viene associato a vissuti emotivi negativi, di insuccessi) così come

avviene nella scuola.

Il fenomeno del drop-out scolastico è evidente e per certi versi drammatico perché comporta il

fallimento di un'agenzia di socializzazione primaria come la scuola; secondo gli esperti in

buona parte è dovuto all'impostazione “competitiva” dell'insegnamento, che divide in “bravi” e

“non bravi”, o in altre categorie come “è bravo ma potrebbe impegnarsi di più” oppure “si

impegna ma non ci arriva proprio” e mette etichette per cui il successivo percorso scolastico

non viene scelto in funzione delle aspirazioni personali ma della “etichetta di insuccesso” che

ciascuno di noi si è trovato appiccicato in ciascuna materia: “bravo in matematica”, “non

portato per materie tecniche” ecc. Questo, almeno, dicono gli esperti.

Dalla parte opposta, l'obiettivo di padronanza comporta la visione di un obiettivo che non è

scritto nella classifica, ma nel sistema interno del sé: anche se la classifica non è positiva o la

prestazione comporta una sconfitta, la persona può percepire che comunque la sua

prestazione è stata migliore rispetto alla precedente e questo è un rinforzo interno,

“Entitario” “Performance”

“Incrementale” “Padronanza”

Stile diattribuzioni

Orientamentoagli obiettivi

Orientamentoagli

obiettivi

“Performance” “Padronanza”Rinforzo:

esterno (genitori,allenatore, classifica...)

Mancanza di risultato:fallimento personale

Impegno:solo in caso di successo(fenomeno del drop-out)

Rinforzo:interno (percezione

di incremento abilità)

Mancanza di risultato:riformulazione obiettivi

Impegno:incremento competenze,socialità, divertimento...

Drop-outscolastico

Abbandonodell’attività

Sistema scuola Sistema sport

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indipendente dai comportamenti di approvazione o disapprovazione delle altre figure di

riferimento, che produce l'associazione con stati affettivi positivi e inducono a continuare

l'attività, impegnandosi sempre di più. Anche in questo caso, la sconfitta non viene vissuta

come una minaccia alla rappresentazione interna di sé stessi, ne tantomeno come un

ostacolo, ma come un ulteriore obiettivo che, per essere superato, comporta l'acquisizione di

nuove competenze.

Certo, l'orientamento al sé non è un processo semplice, considerando che soprattutto nelle

prime fasi di vita il bambino è fortemente legato ai rinforzi dei tenitori e le altre figure di

riferimento. È un passaggio che può essere sperimentato proprio in particolari contesti: per

questo abbiamo voluto fare questo parallelismo fra quanto avviene nel contesto sportivo e

quanto in altri ambiti importanti del percorso evolutivo del B e dell'adolescente (che poi

andranno a riflettersi sulla personalità e le modalità di vita adulta) perché a questo punto

pensiamo sia facilmente intuibile il concetto che viene più volte utilizzato come uno slogan un

po' asettico, senza una reale comprensione, quello che associa lo sport ad una “palestra di

vita”.

Lo è realmente perché lo sport offre l'irrinunciabile possibilità di insegnare a vincere (cosa che

però riguarda solo pochi eletti) ma soprattutto offre l'opportunità, ben più importante, di

imparare a perdere. Imparare a dare il giusto significato all'obiettivo e alla sconfitta è

un'occasione irrinunciabile di apprendimento perché, se nell'ambito sportivo la sconfitta è non

solo tollerabile, ma fa parte del gioco stesso (perché è evidente che non si può vincere tutti!)

fuori dal campo da calcio o dalla palestra la sconfitta è meno tollerabile, perché può

comportare esiti molto più gravi e difficilmente recuperabili con una bella prestazione la

domenica successiva.

L'altro concetto è il ruolo del genitore e delle altre figure (allenatori, dirigenti…) che

compongono il mondo sportivo: è solo attraverso di essi che il bambino e l'adolescente si

costruiscono il sistema di valori, orientato in un senso o in un altro, che poi caratterizzeranno

la futura personalità adulta ed il filtro con cui verrà dato significato a successi e sconfitte. È

proprio attraverso le sconfitte, o meglio la modalità di superarle ed interiorizzarle

psichicamente, che il bambino costruisce la propria personalità ed in questo senso i genitori e

le altre figure costituiscono i medium di attribuzione di significato, tramite il sistema del

rinforzo alla risposta conseguente allo stimolo, secondo questo fondamentale schema:

Rispostaindividuale

Stimoloambientale

Rispostaindividuale

Stimoloambientale

Rinforzo(positivo onegativo)

Sistemainternodi valorie norme

Genitori

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Da ciò deriva il ruolo strategico dell'adulto, poiché tramite il sistema di rinforzi

(incoraggiamenti, compiacimenti, condivisione dei sentimenti da una parte, punizioni, stigma

e mancata partecipazione al sentimento del bambino dall'altra…) determina l'orientamento

dello stile di attribuzione e quello motivazionale. Va precisato che, nonostante il termine possa

trarre in inganno, il “rinforzo” non è qualcosa in più, qualcosa che interviene a suggellare un

significato già presente nel sistema interno del bambino, ma l'unico.

Soprattutto se il B è molto piccolo, l'unica modalità di apprendimento segue la sequenza

stimolo-risposta. Non vi è altro modo di imparare se un comportamento è da seguire o meno

se non il rinforzo del genitore: se il rinforzo è positivo il comportamento entra nel patrimonio

interno dell'individuo e lo caratterizza, se il rinforzo è negativo si estingue.

Se è già presente si assiste ad una fase detta “paradosso” in cui il comportamento viene,

contrariamente alle aspettative dei genitori, enfatizzato, cosa che mette spesso in difficoltà gli

stessi genitori e gli insegnanti che finiscono, così, per assumere a loro volta comportamenti

incoerenti che generano confusione nel sistema dei rinforzi.

L'argomento della motivazione e l'orientamento agli obiettivi è un aspetto fondamentale

che determina le scelte di vita di un individuo. Infatti, come dicevamo, le ricerche dimostrano

che la scelta scolastica è in gran parte determinata non dalle aspettative e dalle idealizzazioni

personali, ma dalla fiducia che la persona ripone di poter portare a termine un determinato

percorso scolastico. Il livello di fiducia, a sua volta, è determinato dal sistema di rinforzi che ha

contribuito a creare la rappresentazione interna di sé stessi, in termini di efficacia,

conseguente a come, nella fase evolutiva, le figure significative hanno contribuito a superare

e metabolizzare successi e, soprattutto, insuccessi.

In altre parole, se la persona ritiene che non riuscirà ad affrontare e superare i compiti

formativi che caratterizzano un determinato percorso, abbasserà le sue aspettative

coerentemente al livello di fiducia. È ovvio che, in questo modo, le opportunità per la persona

si riducono significativamente. Infatti, non è vero che ci sono persone assolutamente

intelligenti ed in grado di affrontare qualsiasi percorso scolastico e persone che vivono la

situazione opposta. Come non è vero che le ragazze sono più portate per materie

umanistiche, letterarie, artistiche, ed i ragazzi per materie tecniche.

Rispostaindividuale

(comportamento)

Rinforzo(esplicito/implicito)

Comportamentoestinto

Comportamentonel patrimonio

personale

Negativo

Positivo

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Vero è invece che se una ragazza vuole affrontare un percorso tipicamente riservato ai

maschietti, viene stigmatizzata ed il rinforzo negativo (reale o anticipato) finisce per farla

desistere. Nelle prove strutturate di abilità matematica le ragazze non conseguono risultati

significativamente inferiori rispetto ai maschi: tuttavia nei compiti ottengono effettivamente

risultati inferiori ma solo se sono compiti orali.

Come mai? Perché sono gli stessi insegnanti che, involontariamente, contribuiscono con

micro comportamenti verbali e non verbali a confermare lo stereotipo che vuole le ragazze

meno abili nelle materie tecniche e la l’individuo finirà ancora una volta per compiacere

l'insegnante, assumendo comportamenti coerenti con le aspettative di quest'ultimo. Può

sembrare un paradosso, ma è un fenomeno ampiamente descritto ed accertato: fa parte delle

c.d. Teorie che si auto avverano (individuate e studiate dal noto sociologo Robert K. Merton

negli anni ‘50).

Per esempio la matematica: a chi piace? Eppure è dimostrato che, al di là di alcuni aspetti

patologici (disturbi specifici dell’apprendimento dovute a cause metaboliche) che riguardano

una ridottissima percentuale della popolazione scolastica, a determinare il successo o meno

in questa materia non è l'abilità di base, quanto la motivazione: chi subisce emotivamente

l'obiettivo, e poi non lo supera, non potendo sottrarsene lo associa ad ansia anticipatoria

(molto simile all’”ansia da prestazione agonistica” di cui parleremo nel prossimo incontro) che

finisce per far peggiorare la prestazione e creare un circolo vizioso. Quando gli psicologi

scolastici riescono a modificare la percezione dell'obiettivo nelle rappresentazioni di studenti

con ritardo nel percorso scolastico, se l'obiettivo viene percepito non come livello di voto,

approvazione dell'insegnante o dei genitori, ma come una opportunità di conoscenza o

addirittura di divertimento, le prestazioni di questi studenti, prima scarse, diventano

improvvisamente superiori rispetto a quelle degli studenti più metodici.

Persino nei disturbi specifici di apprendimento, che a volte hanno cause neurologiche, il tipo di

motivazione svolge un ruolo fondamentale: non è chiaramente in grado di far superare il

deficit, ad esempio la capacità di rimanere concentrati sul compito o comprendere il

significato di un testo, ma consente allo studente motivato di superare tale deficit individuando

strategie alternative, personali, ma altrettanto efficaci. Gli studi dimostrano che nella

popolazione universitaria vi sono molti studenti con deficit cognitivi specifici, ma che

scompaiono nel quadro generale del funzionamento cognitivo, proprio perché la motivazione

ad apprendere e progredire ha consentito loro di individuare e mettere in atto strategie efficaci

per superare le loro difficoltà. Anche se il riferimento è sicuramente banalizzato, potremmo

dire che questi studenti sono stati ragazzi e bambini che non si sono abbattuti davanti alle

prime sconfitte che il percorso scolastico ha riservato loro e, probabilmente, hanno appreso

questa strategia subendo ripetuti insuccessi in campo sportivo, forse grazie ad un ambiente

protettivo che ha offerto rinforzi efficaci con uno stile di apprendimento orientato alla

competenza e al piacere nel progredire.

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Il mondo dei bambiniPassiamo ad un altro argomento, certamente collegato al precedente. Ora che vi abbiamo

offerto qualche spunto di riflessione per comprendere la modalità con cui i bambini e gli

adolescenti costruiscono la loro personalità, che è in pratica un filtro con cui si rapportano al

mondo, attraverso i loro comportamenti, se vogliamo che queste nostre riflessioni servano a

qualcosa è importante anche comprendere che per contribuire efficacemente a creare un

sistema di rinforzi protettivo dobbiamo osservare il mondo con gli occhi del bambino, perché i

nostro mondo, rispetto al loro, è completamente diverso. È diverso come colori, come

forme, come dimensioni, come spazi, perché anche le modalità percettive del bambino

sono diverse dalle nostre.

Soprattutto, per il bambino, il mondo è un ambiente ristretto, dove ci sono i genitori e poche

altre figure, fatto di sentimenti molto forti: un mondo insomma pieno di cose belle ma anche

qualche cosa brutta. Il problema, per noi, è che il bambino inizialmente non sa distinguerle

da solo; siamo noi, proprio con il nostro sistema di rinforzi, che determiniamo la creazione di

un sistema di norme: questo è buono e questo è brutto, questo si può fare e questo non si può

fare.

Naturalmente, vi eravate ben resi conto che il mestiere di genitore non è banale: non è

sufficiente indirizzare il bambino vero comportamenti permessi e comportamenti non

permessi, poiché bisogna fare i conti con altri aspetti: la necessità di esplorazione del

bambino, che sposterà il limite, non solo quello fisico, sempre un po' più in là… la necessità

del bambino di capire, per cui, per essere efficace, un rinforzo deve essere associato ad un

significato, altrimenti viene associato ad un sentimento negativo. In questo caso l'esito è, ad

esempio, non mettere in atto un comportamento solo se si corre il rischio di essere scoperti e

puniti, e non perché viene interiorizzata la norma.

Per questo il comportamento di certi allenatori

che insegnano a simulare il fallo è fortemente da

stigmatizzare (nella speranza che non sia una

pratica comune), non tanto per i giocatori,

quanto per il fatto che questi costituiscono dei

modelli per le giovani menti in formazione. Il

legame con certi comportamenti disadattavi

degli adolescenti non è poi così difficile da

trovare…

Ma soprattutto, in cosa è diverso il mondo dei B

rispetto a quello del mondo degli adulti? In molte

cose, naturalmente, ma c'è un aspetto che viene

troppo ignorato o minimizzato. I bambini non

possiedono capacità di astrazione.

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Cosa significa? Significa che per un bambino:

Certo, anche per noi adulti 2+2 fa 4, ma per noi il 4 può assumere significati diversi.

Ad esempio, se qualcuno vi chiedesse di mettere sul tavolo 4.000 euro e poi giocarveli a testa

e croce, un buon 90% di voi rifiuterebbe.

Eppure la possibilità di perdere 4.000 euro è esattamente la stessa che vincerli (il 50%: o testa

o croce). Però per noi 4.000 euro valgono di più se rischiamo di perderli piuttosto che se

rischiamo di vincerli. Se vi proponessi di giocare 4 euro, la percentuale di persone disposte a

rischiare aumenterebbe notevolmente: eppure la probabilità di vittoria contro quella della

sconfitta, come il valore della vittoria e della sconfitta, sono identiche alla prima.

I bambini queste valutazioni non sono in grado di farle: questa possibilità la concede

l'esperienza ed è questo il motivo per cui la nostra specie, differentemente da altre, ha un

percorso evolutivo molto lungo, perché il nostro adattamento è fortemente vincolato

all'esperienza. I bambini, differentemente da noi adulti, ragionano secondo la “logica

mentale”, senza capacità di astrazione: 2+2 fa 4 e solo 4. Il 4 non prevede sfumature, fino a

quando l’esperienza non concede di cogliele.

Come funziona la “logica mentale”? La formula classica della logica formale è la seguente:

Se si verifica la condizione P, allora si verifica anche quella Q (modus ponens, secondo i

classici, che mi scuseranno per la banalizzazione).

L’altra formula classica è quella modus tollens: se non si verifica P non si verifica neppure Q:

Proviamo a giocare un po' con questa formula per capire cosa significa per un bambino:

2 + 2 = 42 + 2 = 4

Valgono lo stesso

se sono persi, o

se sono guadagnati?

4.000 euro

4.000 euro

(La probabilità è sempre 50%)

Se P = Q[ Modus ponens ]

Non P = non Q[ Modus tollens ]

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Tutti noi siamo perfettamente d'accordo che dare del cornuto all'arbitro fa parte del folklore,

del contorno di questo sport. Per inciso ogni sport ha le sue espressioni, sia chiaro. Tutti noi

andiamo alla partita sapendo che se passeremo 90' ad apostrofare l'arbitro ed insultare

giocatori avversari nessuno se la prenderà, perché prima o poi i ruoli si invertiranno e tutto ciò

contribuisce ad aumentare il divertimento (salvo episodi estremi che tuttavia non muovono

più di tanto le statistiche).

Giochiamo ancora un po' con la formula

E ancora

Non sono previste sfumature di significato, non sono previsti significati che si modificano da

un contesto all'altro, dal fatto che lo pronunci un avversario, un genitore, il genitore di un altro

bambino... È vero che il modo di ragionare secondo conseguenza logica è proprio dei bambini

più piccoli, ma c'è anche la tendenza a credere che gli adolescenti abbiano già creato un

sistema astratto di interpretazione del mondo.

Differentemente dai bambini, gli adulti non usano un sistema di regole logiche ma, trovandosi

in un mondo eccessivamente complesso, per spazi, tempi, quantità e caratteristiche degli

stimoli, si creano delle strategie di semplificazione che consistono in questo: la realtà viene

completamente smontata e rimontata, ma quando la rimontiamo non lo facciamo con gli stessi

pezzi, ma secondo “indizi”, per cui la realtà viene quasi “re-inventata”. Questo avviene sia a

livello percettivo (le 2 linee rosse sembrano diverse, ma sono uguali), che per i processi più

complessi.

[ Modus ponens ]

Se mio papà dice che l’arbitro è cornuto

= l’arbitro è cornuto

(P)(Q)

[ Modus ponens ]

Se mio allenatore dice che sono ............. (P)(Q)= allora sono .............

[ Modus tollens ]

Se non mi fanno giocare, (non P)(non Q)= allora non sono bravo

come gli altri bambini

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Le illusioni ottiche ce lo dimostrano: non sono “avarie” del nostro sistema visivo, in questo

caso, ma evidenze del nostro sistema di dare significato agli oggetti del mondo.

La dimostrazione che viviamo in una realtà ricostruita è di

fronte a voi: come sapete nel nostro occhio c'è un punto

ceco, la macula caeca, in cui l'immagine non si riflette;

eppure nessuno di voi ha una visione con un buco in

mezzo, perché il cervello completa la visione utilizzando

come indizi le informazioni che sono all'esterno della

macula caeca. Le stesse modalità di ricostruzione della

realtà le utilizziamo anche per i processi complessi, come

“pensare”.

Diversamente dai bambini, ci facciamo “attrarre” da indizi e poi ricostruiamo la realtà in base

ad essa. Spesso ci sbagliamo, ma non importa, perché generalmente questo sistema

funziona. Ma è un sistema che, a livelli complessi come i significati, possediamo solo da adulti

e per questo il mondo che vedono i bambini è completamente diverso rispetto al nostro.

Se, come è comprensibile, state pensando che tutto ciò sia relegato nei manuali di logica e in

quelli di psicologia evolutiva, non ciresta che dimostrarvi che, almeno in parte vi sbagliate. La

dimostrazione è nell’esito del “Test dei 3 minuti” che vi è stato somministrato all’inizio della

serata. Tutti voi si sono impegnati moltissimo per riuscire a fare più esercizi possibile ed

arrivare prima degli altri. Allora andiamo un po' a vedere cosa c'era scritto nella prima

domanda.

Come vedete l'informazione che vi avrebbe dovuto far assumere il corretto significato di

questo test era tutt'altro che nascosta. Ma voi (come sempre accade, questo test lo

somministriamo spesso negli incontri di formazione aziendale) avete utilizzato degli indizi: il

fatto che lo abbiamo chiamato test, che abbiamo inserito uno scopo competitivo, abbiamo

inserito fretta ed altri elementi. E questo vi ha in qualche modo ingannato.

[ F

oto

: w

ww

.dis

co

ver-

eu

.co

m ]

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Come dicevamo, questo accade sempre: il fatto è che non ce ne accorgiamo proprio per il

fatto che noi utilizziamo euristiche cognitive di semplificazione degli stimoli ma poi, anche se

ce ne accorgessimo, tutto sommato non cambierebbe molto la nostra vita, perché in effetti

queste strategie nel 99% delle occasioni sono efficaci.

A questo punto, per tirare le somme di quanto abbiamo detto finora e dimostrarvi che il nostro

modo di interpretare il mondo è diverso da quello dei bambini, e per questo dobbiamo

sforzarci di assumere un po' il loro punto di vista per poterli condizionare ed aiutare, bisogna

completare questa dimostrazione: il filmato che vi abbiamo mostrato dimostra che bambini di

6-8 anni di età, pur con una versione semplificata del test (visto che hanno appena imparato a

leggere e a fare calcoli semplici) leggono tutti gli esercizi, come richiesto nel primo punto,

eseguendo perfettamente le prescrizioni senza cadere in errore. È la dimostrazione pertanto

che usano un sistema “logico”, che non prevede semplificazioni ingannevoli e sfumature di

significato.

A questo punto vi sarà, probabilmente, più facile assumere il punto di vista del bambino:

proviamo a metterci nei suoi panni e immaginiamo di trovarci di fronte ad un pubblico che si

esprime in “un certo modo”.

Come vedete non abbiamo messo le frasi nel fumetto, lasciamo a voi completarle, secondo la

vostra esperienza personale, anche diretta.

Conclusioni Prima di concludere, poiché l'argomento genitori e sport è stato affrontato secondo diverse

sfaccettature da esperti di varia estrazione e da società sportive anche blasonate, e tutti non

hanno avuto risultati positivi a giudicare da quanto è riportato in letteratura e nelle riviste

specializzate, vorremmo chiarire che non abbiamo parlato di argomenti di cui forse qualcuno

si attendeva almeno un accenno.

..........

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Infatti, solitamente, si tende ad associare l'incomprensione dei genitori nei confronti dello

sport, con esiti alcuni episodi che a volte arrivano agli onori (se non agli “orrori”) delle

cronache, ad aspetti di personalità e difficoltà individuali degli stessi genitori. Si dice che i

genitori riversino sui figli aspettative di mobilità sociale, rivalsa di obiettivi sportivi non

raggiunti, debolezze psicologiche di vario tipo. Non che ciò non sia vero, ma lo riteniamo una

banalizzazione che non spiega la complessità del problema, tant’è vero che i modelli che

sono stati creati per intervenire sul problema, come è noto, non hanno portato ad alcun

risultato.

Infatti la personalità individuale tende ad accordarsi a quella del gruppo e allo stile prevalente

degli altri individui, un processo che è noto come “normalizzazione”, per cui le norme

individuali vengono sostituite da quelle del gruppo, magari ispirate da un leader carismatico.

Non ci siamo concentrati su questi argomenti perché noi riteniamo che alla base di ciò vi sia

una reale incomprensione, nel senso che gli adulti assumono che il mondo del bambino sia

identico a quello degli adulti. Vi abbiamo dimostrato che non è così, senza avere la pretesa di

aver spiegato un mondo complesso come quello dei bambini e, ancora più complesso, quello

degli adolescenti, che presenta problematiche forse maggiori, ma che evidenti limiti di spazio

e tempo non è possibile toccare.

Però speriamo di averi ispirato qualche riflessione.

Vi ringraziamo per l’attenzione.

Ulteriori informazioni sul sito:

www.studi-associati.info

www.extra-training.info

partecipa alle discussioni su facebook

psicologia dello sport e turismo sportivo

saremo lieti di ricevere riflessioni, integrazioni (e critiche)

oltre che proposte per i prossimi incontri.

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