64

Gesù Maestro imp 1 2012 ok - stpauls.it · Regina di ogni apostolato secondo il cuore e lo spirito apostolico di don Alberione. ... primo luogo essa ci insegna il silenzio. ... fermi

  • Upload
    hatram

  • View
    213

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

GESÙ MAESTROGennaio-Febbraio-Marzo 2012 - Trimestrale anno 16Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”

DIRETTORE: Don Olinto CrespiDIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma

Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941

AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996

Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Trullo s.r.l. - www.tipolitografiatrullo.it00148 Roma - Via delle Idrovore della Magliana, 173 - Tel. 06.6535677

Grafica di copertina: Mario Moscatello sspIn copertina: Gesù Maestro - Cappella paolina di Alba (CN)

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Pellegrinaggio a Lourdes . . . . . . . . 5

Magistero della Chiesa . . . . . . . . . 7

Le radici biblichedel carisma paolino . . . . . . . . . . . . 10

Dalle catechesi di don Lamera . . . 13

Devozione a san Giuseppe . . . . . . 15

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”

Comunicazione del Delegato . . . . . 18

Aspetti del carisma paolino . . . . . . 21

Spiritualità mariana . . . . . . . . . . . . 24

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”

Lettera del Delegato . . . . . . . . . . . 27

S O M M A R I O

Nati dal Tabernacolo . . . . . . . . . . . 31

Note di Liturgia . . . . . . . . . . . . . . . 34

Elementi di formazione:le piccole virtù umane . . . . . . . . . . 38

In margine al Convegnomondiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

La famiglia, scuola di umanità . . . 44

I nuovi genitori . . . . . . . . . . . . . . . 45

Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . 47

In libreria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

Video . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

L’Istituto Santa Famiglia cresce . . 52

Uniti nel suffragio . . . . . . . . . . . . . 57

Ricordo dei defunti . . . . . . . . . . . . 59

Il valore della Santa Messa . . . . . . 62

L’Angelus e l’impegno quotidiano . . 63

Possiamo definire il 2012 Anno Mariano speciale. Dal 5 all’11 agosto ci recheremoin pellegrinaggio a Lourdes assieme ai Sacerdoti dell’Istituto “Gesù Sacerdote”.

Sarà presente anche sua Ecc. mons. Andrea Mugione. Come tante altre volte.Nel triennio di preparazione alla celebrazione del Centenario di fondazione (1914-

2014), il 2012 segna per noi “Istituti Aggregati” una tappa intermedia carica di signifi-cato carismatico. Infatti, don Alberione ci ricorda che ogni Paolino e Paolina non puòprescindere dall’apostolato della vita interiore, che è il primo e più importante degliapostolati alla scuola di Maria, Madre e Maestra, Regina degli Apostoli.

Nell’Ut perfectus sit homo Dei, il Corso guidato dal Fondatore nella Casa DivinMaestro di Ariccia nel 1960, don Alberione ricorda e invita tutti, come consegna spiri-tuale, a seguire le sei forme di apostolato vissute da Maria.

Editoriale

3

• «Primo apostolato è la vita interioreben praticata. Chi santifica se stessocontribuisce a tutta la Chiesa, Corpomistico. Per sua parte il santo immettein circolazione in questo corpo un san-gue puro ed immacolato. Maria fu lacreatura che, più degli apostoli, marti-ri, confessori, vergini, concorse ad edi-ficare e rendere bella e operante laChiesa: perché santissima. La vita in-teriore è l’anima di ogni apostolato.

• Secondo apostolato: la preghiera. Dicesan Giacomo: “Pregate vicendevol-mente per salvarvi: poiché molto valeinnanzi a Dio l’assidua preghiera” (cfGc 5,16). E Maria pregò più di tutti,meglio di tutti, per i bisogni di tutti.

• Terzo apostolato: il buon esempio.“Perché vedano le vostre opere buo-

ne e glorifichino il vostro Padre cheè nei cieli” (Mt 5,16). Fu scritto: “Unuomo santo, perfetto, virtuoso famaggior bene alle anime di molti al-tri, istruiti ed attivi, ma di minor spi-rito”. L’esempio è predica silenziosache parte dalla vita e va a riformarela vita.

• Quarto apostolato: la sofferenza. GesùCristo redense il mondo specialmentecon la sua passione e morte.Ma sul Calvario vi erano due altari:la croce di Gesù ed il Cuore di Ma-ria. Il P. Faber ha questa espressione:“La sofferenza è il più grande sacra-mento”. Ed è in verità quello che dà il valoreagli altri sacramenti. E ne abbiamo tut-ti e tante sofferenze da offrire al Signo-re in spirito di apostolato.

Editoriale

4

• Quinto apostolato: la parola. Marianon predicò, ma Lei parlò certo consomma carità e prudenza in casa e fuo-ri casa. Di Lei abbiamo sette paroleche sono vero apostolato, tra cui spe-cialmente il Magnificat. I Padri ci di-cono che fu Maria a rivelare a san Lu-ca il Vangelo dell’infanzia di Gesù.Ogni sua parola anche oggi è luce alleanime meditative.

• Sesto apostolato: l’azione. La vitadi Maria prima dell’Incarnazione e

durante i trentatré anni passati conGesù a Nazaret è una continuità diopere e lavoro per compiere la suamissione, il grande apostolato.Durante i primi giorni dopol’Ascensione di Gesù, nel Cenaco-lo, e mentre la Chiesa faceva i pri-mi passi, nel periodo delle primeopposizioni e delle incertezze,Maria era la consolazione, il con-forto, il sostegno degli apostoli»(UPS IV, p. 27).

Ecco, carissimi, alcuni punti di riferimento molto importanti anche per noi, per pre-pararci a vivere bene il nostro appuntamento a Lourdes con Maria, Madre, Maestra eRegina di ogni apostolato secondo il cuore e lo spirito apostolico di don Alberione.

La rivista ha lo scopo di rispondere alle esigenze di formazione dei due Istituti. Come vedete

all’inizio nel sommario, la prima parte è di interesse per tutti, la seconda riguarda i membri

dell’Istituto “Gesù Sacerdote”, la terza quelli dell’Istituto “Santa Famiglia”.

Corso di Esercizi spirituali, tenutosi ad Assisi il 10-13 novembre 2011

Abbiamo vissuto l’Anno paolino 2008-2009, voluto da papa Benedetto XVI per una piùprofonda conoscenza di san Paolo.

Accogliamo dall’Apostolo delle genti l’immagine che qualifica il pellegrinaggio aLourdes di quest’anno, nuovo evento della grazia, a cui tutti siamo convocati; evento illu-minato dall’affermazione di san Giovanni evangelista quando, accogliendo sotto la croceil dono della madre che Gesù gli faceva, scrisse: «Da quell’ora il discepolo la prese nel-la sua casa (= intimità)».

Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi, presenta la vita cristiana come “un andare incontroal Cristo che viene” (cf 1Ts 4,16-18). L’immagine pone in evidenza un duplice movimen-to: quello di Cristo che viene, unicamente motivato dall’amore che ha per ciascuno di noi;ma lo possiamo accogliere solo se anche noi ci mettiamo in cammino per incontrarlo. Ladecisione è necessaria, perché il movimento di colui che viene gratuitamente ha come esi-genza la risposta da parte nostra.

Il pellegrinaggio a Lourdes ha lo stesso significato: Maria ci viene incontro perché ciama tutti nel Figlio che ha dato la vita per noi; ma la possiamo accogliere con responsabi-lità nella nostra vita solo se decidiamo di andarle incontro perché sia “signora” nel nostrocuore, delle nostre famiglie, delle nostre parrocchie, dei nostri apostolati.

Le motivazioni sono tante e don Stefano Lamera (di cui quest’anno ricordiamo il cen-tenario della nascita: 1912-2012) insisteva qualificando ogni volta il pellegrinaggio conuna particolarità nuova. L’ultimo, organizzato da lui, è stato quello che si tenne durante leOlimpiadi sportive, che ebbero come palcoscenico la Corea. Ebbene presentò il pellegri-naggio come “le Olimpiadi della Madonna”, le uniche che contano perché assicurano lamedaglia della vita eterna.

La fatica del pellegrinaggio – sia a livello economico che fisico – favorisce il nostro in-contro con Maria, Madre e Regina di tutte le famiglie; in un tempo così calamitoso come ilnostro, si fa sempre più urgente l’impegno di incontrarla. Maria ci vuole parlare! Vuole far-ci capire come vivere la nostra vocazione di consacrati, come rispondere alla gravissima si-tuazione di disagio morale e spirituale, economico e lavorativo in cui è caduta l’Europa.

Decidiamo di buon cuore, nonostante tutto. Il Signore Gesù non si lascia vincere in ge-nerosità.

----------------------------------------------------

Ricordiamo che il pellegrinaggio si terrà dal 5 all’11 agosto 2012

5

A Lourdes con gioia e riconoscenza

PELLEGRINAGGIO A LOURDES

6

«Ma state tranquilli! C’è sempre una pa-rola che vi conforta… Cento per uno.

Abbiamo fatto un sacrificio? Cento volte tantodi grazie, di benedizioni, di Paradiso.

Che volete! Nessuna banca al mondo puòfare questa pazzia di dare il cento per uno.Ma lo fa il Signore, lo fa la Regina, la Ma-donna.

Notate che il miracolo delle nozze di Canaè il primo ed è fatto nella famiglia e per una fa-miglia.

Dio ha sempre cominciato con la famiglia ecammina con la famiglia e la famiglia è la stra-da di Dio per costruire la storia del mondo, lastoria della Redenzione» (Don Stefano LameraLourdes, agosto 1996).

Il pellegrinaggio ha una forte valenza bibli-ca. Il pellegrino è l’uomo di passaggio sulla

terra, in cammino verso la casa del Padre.«Noi siamo pellegrini come tutti i nostri pa-dri», prega Davide ringraziando Dio per averfissato la sua presenza nel tempio appenainaugurato (1Cron 29,15).

Anche noi nel pellegrinaggio facciamo nostrol’atteggiamento del cuore e della vita che ci sugge-risce l’apostolo san Giovanni quando, sotto la cro-ce, accoglie l’invito di Gesù: «Ecco tua madre!».

L’affermazione dell’apostolo, nello stuporeprofondo del cuore, ci offre il significato spiri-tuale dei giorni che vivremo a Lourdes: «Daquell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv19,27). Consideriamo:

• “Da quell’ora”: quando Giovanni usail termine “ora” non indica semplice-mente un determinato tempo della gior-nata, ma qualifica una rivelazione: pervolere di Gesù, Maria deve entrare nel-la nostra vita. La devozione nei suoiconfronti diventa, per volere di Dio, ne-cessaria.

• “L’accolse con sé”: l’espressione origi-nale in lingua greca non indica solo il de-siderio di essere con lei assicurandole untetto, ma l’atteggiamento di colui che sipone alla scuola di Maria accogliendolanella sua intimità.

I vostri Sacerdoti

---------------------------------------------

Il pellegrinaggio a Lourdes

Maria ci attende tutti

IInn MMaarriiaa vvii èè ssaappiieennzzaa ppeerr ccoonnoo--

sscceerree llee nnoossttrree nneecceessssiittàà,, bboonnttàà cchhee ssii

ccoommmmuuoovvee ppeerr llee nnoossttrree mmiisseerriiee,, ppootteenn--

zzaa nneellll’’iinntteerrcceeddeerree ee ssooccccoorrrreerree..

Don G. Alberione,in Brevi meditazioni, p. 384

7

Magistero della Chiesa

La preghieraè contemplazionedel volto di Cristo

Possiamo ricavare alcunispunti sulla preghiera, sul rap-porto con Dio, della Santa Fa-miglia dai racconti evangelicidell’infanzia di Gesù. Possiamopartire dall’episodio della pre-sentazione di Gesù al tempio.San Luca narra che Maria e Giu-seppe, «quando furono compiu-ti i giorni della loro purificazio-ne rituale, secondo la legge diMosè, portarono il bambino aGerusalemme, per presentarlo alSignore» (2,22). Come ogni fa-miglia ebrea osservante dellalegge, i genitori di Gesù si reca-no al tempio per consacrare aDio il primogenito e per offrireil sacrificio. Mossi dalla fedeltàalle prescrizioni, partono da Be-tlemme e si recano a Gerusa-lemme con Gesù che ha appenaquaranta giorni; invece di unagnello di un anno presentano

Cari fratelli e sorelle,l’odierno incontro si svolge nel clima natalizio, pervaso di

intima gioia per la nascita del Salvatore. Abbiamo appena ce-lebrato questo mistero, la cui eco si espande nella liturgia ditutti questi giorni. È un mistero di luce che gli uomini di ogniepoca possono rivivere nella fede e nella preghiera. Proprioattraverso la preghiera noi diventiamo capaci di accostarci aDio con intimità e profondità. Perciò, tenendo presente il te-ma della preghiera che sto sviluppando in questo periodo nel-le catechesi, oggi vorrei invitarvi a riflettere su come la pre-ghiera faccia parte della vita della Santa Famiglia di Nazaret.La casa di Nazaret, infatti, è una scuola di preghiera, dove siimpara ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato pro-fondo della manifestazione del Figlio di Dio, traendo esem-pio da Maria, Giuseppe e Gesù.

Rimane memorabile il discorso del Servo di Dio Paolo VInella sua visita a Nazaret. Il Papa disse che alla scuola dellaSanta Famiglia noi «comprendiamo perché dobbiamo tenereuna disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina delVangelo e diventare discepoli del Cristo». E aggiunse: «Inprimo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse innoi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispen-sabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni,rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita delnostro tempo. Oh! silenzio di Nazaret, insegnaci ad esserefermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti aben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni deiveri maestri» (Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964).

La Santa Famiglia di Nazarete la preghiera

L’anno scorso la festa della Santa Famiglia di Nazaret è stata celebrata il 30 dicem-bre. Nell’Udienza generale del 28 dicembre, in Sala Nervi, Benedetto XVI ha qua-lificato il suo intervento evidenziando l’attività principale svolta da quel santo nu-cleo: la preghiera.

8

La Santa Famiglia di Nazaret e la preghiera

Il Vangelo, come sappiamo,non ha conservato alcuna paroladi Giuseppe: la sua è una presen-za silenziosa, ma fedele, costan-te, operosa. Possiamo immagi-nare che anche lui, come la suasposa e in intima consonanzacon lei, abbia vissuto gli annidell’infanzia e dell’adolescenzadi Gesù gustando, per così dire,la sua presenza nella loro fami-glia. Giuseppe ha compiuto pie-namente il suo ruolo paterno,sotto ogni aspetto. Sicuramenteha educato Gesù alla preghiera,insieme con Maria. Lui, in parti-colare, lo avrà portato con sé al-la sinagoga, nei riti del sabato,come pure a Gerusalemme, perle grandi feste del popolod’Israele. Giuseppe, secondo latradizione ebraica, avrà guidatola preghiera domestica sia nellaquotidianità – al mattino, alla se-ra, ai pasti –, sia nelle principaliricorrenze religiose. Così, nelritmo delle giornate trascorse aNazaret, tra la semplice casa e illaboratorio di Giuseppe, Gesù haimparato ad alternare preghierae lavoro, e ad offrire a Dio anchela fatica per guadagnare il panenecessario alla famiglia.

La preghiera comunitaria

E infine, un altro episodio chevede la Santa Famiglia di Naza-ret raccolta insieme in un eventodi preghiera. Gesù a dodici anni

l’offerta delle famiglie semplici, cioè due colombi. Quellodella Santa Famiglia è il pellegrinaggio della fede, dell’of-ferta dei doni, simbolo della preghiera, e dell’incontro con ilSignore, che Maria e Giuseppe già vedono nel figlio Gesù.

La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello in-superabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale,poiché è nel suo grembo che si è formato, prendendo da leianche un’umana somiglianza. Alla contemplazione di Gesùnessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Losguardo del suo cuore si concentra su di Lui già al momentodell’Annunciazione, quando Lo concepisce per opera delloSpirito Santo; nei mesi successivi ne avverte a poco a poco lapresenza, fino al giorno della nascita, quando i suoi occhipossono fissare con tenerezza materna il volto del figlio,mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia. I ri-cordi di Gesù, fissati nella sua mente e nel suo cuore, hannosegnato ogni istante dell’esistenza di Maria. Ella vive con gliocchi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola…

La preghiera del Rosario in famiglia

Sulla scia del beato Papa Giovanni Paolo II (cf Lett. ap.“Rosarium Virginis Mariæ”) possiamo dire che la preghieradel Rosario trae il suo modello proprio da Maria, poiché con-siste nel contemplare i misteri di Cristo in unione spiritualecon la Madre del Signore. La capacità di Maria di vivere del-lo sguardo di Dio è, per così dire, contagiosa.

Il primo a farne l’esperienza è stato san Giuseppe. Il suoamore umile e sincero per la sua promessa sposa e la decisio-ne di unire la sua vita a quella di Maria ha attirato e introdot-to anche lui, che già era un «uomo giusto» (Mt 1,19), in unasingolare intimità con Dio. Infatti, con Maria e poi, soprattut-to, con Gesù, egli incomincia un nuovo modo di relazionarsia Dio, di accoglierlo nella propria vita, di entrare nel suo pro-getto di salvezza, compiendo la sua volontà. Dopo aver segui-to con fiducia l’indicazione dell’Angelo – «non temere diprendere con te Maria, tua sposa» (Mt 1,20) – egli ha presocon sé Maria e ha condiviso la sua vita con lei; ha veramentedonato tutto se stesso a Maria e a Gesù, e questo l’ha condot-to verso la perfezione della risposta alla vocazione ricevuta.

9

MAGISTERO DELLA CHIESA

così sarete veri figli nel Figlio,veri cristiani…

Cari amici, per questi diversiaspetti che, alla luce del Vangelo,ho brevemente tratteggiato, laSanta Famiglia è icona dellaChiesa domestica, chiamata apregare insieme. La famiglia è

Chiesa domestica e deve essere laprima scuola di preghiera. Nellafamiglia i bambini, fin dalla piùtenera età, possono imparare apercepire il senso di Dio, grazieall’insegnamento e all’esempiodei genitori: vivere in un’atmo-sfera segnata dalla presenza diDio. Un’educazione autentica-mente cristiana non può prescin-dere dall’esperienza della pre-ghiera. Se non si impara a prega-re in famiglia, sarà poi difficileriuscire a colmare questo vuoto.E, pertanto, vorrei rivolgere a voil’invito a riscoprire la bellezza dipregare assieme come famigliaalla scuola della Santa Famigliadi Nazaret. E così divenire real-mente un cuor solo e un’animasola, una vera famiglia.

si reca con i suoi al tempio di Gerusalemme. Questo episodiosi colloca nel contesto del pellegrinaggio, come sottolinea sanLuca: «I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemmeper la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi saliro-no secondo la consuetudine della festa» (2,41-42). Il pellegri-naggio è un’espressione religiosa che si nutre di preghiera e,al tempo stesso, la alimenta. Qui si tratta di quello pasquale, el’Evangelista ci fa osservare che la famiglia di Gesù lo viveogni anno, per partecipare ai riti nella Città santa. Lafamiglia ebrea, come quella cristiana, prega nell’in-timità domestica, ma prega anche insieme alla co-munità, riconoscendosi parte del Popolo di Dio incammino e il pellegrinaggio esprime proprio questoessere in cammino del Popolo di Dio. La Pasqua è ilcentro e il culmine di tutto questo, e coinvolge la di-mensione familiare e quella del culto liturgico e pub-blico.

Nell’episodio di Gesù dodicenne, sono registra-te anche le prime parole di Gesù: «Perché mi cerca-vate? Non sapevate che io devo essere in ciò che èdel Padre mio?» (2,49). Dopo tre giorni di ricerche, i suoi ge-nitori lo ritrovarono nel tempio seduto tra i maestri mentre liascoltava ed interrogava (cf 2,46). Alla domanda perché hafatto questo al padre e alla madre, Egli risponde che ha fattosoltanto quanto deve fare il Figlio, cioè essere presso il Padre.Così Egli indica chi è il vero Padre, chi è la vera casa, cheEgli non ha fatto niente di strano, di disobbediente. È rimastodove deve essere il Figlio, cioè presso il Padre, e ha sottoli-neato chi è il suo Padre.

La parola “Padre” sovrasta, quindi, l’accento di questa ri-sposta e appare tutto il mistero cristologico. Questa parolaapre quindi il mistero, è la chiave al mistero di Cristo, che èil Figlio, e apre anche la chiave al mistero nostro di cristiani,che siamo figli nel Figlio. Nello stesso tempo, Gesù ci inse-gna come essere figli, proprio nell’essere con il Padre nellapreghiera. Il mistero cristologico, il mistero dell’esistenzacristiana è intimamente collegato, fondato sulla preghiera.Gesù insegnerà un giorno ai suoi discepoli a pregare, dicen-do loro: quando pregate dite “Padre”. E, naturalmente, nonditelo solo con una parola, ditelo con la vostra esistenza, im-parate sempre più a dire con la vostra esistenza: “Padre”; e

10

Spiritualità paolina

Questo itinerario prende l’avvio dalla spiri-tualità propria dell’Antico Testamento,

dove il ruolo centrale è determinato dall’amo-re alla Legge. Per il credente israelita, qualeera Paolo, la Legge era l’insieme dei primi cin-que libri della Bibbia (noi li chiamiamo “Pen-tateuco”, dal greco penta, “cinque”, e teuchos,“astuccio” per custodire il rotolo).

Ad essi la tradizione religiosa di Israele at-tribuiva il massimo di ispirazione, perché cu-stodivano il testo della fede, della spiritualità,del culto e dell’organizzazione della società (isacerdoti, i leviti, il popolo, la famiglia, il re, lamedicina, l’arte, la guerra).

Va tuttavia notato che nella Bibbia il termi-ne “legge” nell’ebraismo non è sinonimo dicomando, di prescrizione, imposizione, ma èsoprattutto la volontà di Dio, l’entrare nel suodisegno di salvezza, l’aprirsi alla sua parola.Questo spiega il continuo riferimento che allaLegge, così intesa, fa l’orante dei Salmi, fino anutrire per essa il più ardente desiderio:«Quanto amo la tua legge, Signore, tutto il

giorno la vado meditando» (Sal 119,97, che èil salmo per eccellenza della ricerca e del-l’amore della legge del Signore da parte delcredente).

All’orizzonte di questa concezione si sta-glia la figura del Messia, l’atteso, l’amato, ildesiderato da tutto Israele. In questa visione,la spiritualità biblica rendeva possibile la so-stituzione del termine “legge” con il termine“Messia”: «Quanto amo il tuo Messia, Signo-re, tutto il giorno lo desidero». Anche il van-gelo di Giovanni sembra alludere a questa at-tesa concentrata nel binomio legge-Messia:«Quando verrà il Messia, ci annunzierà ognicosa» (Gv 4,25).

L’incontro con Cristo, la nuova Legge

La “crisi” di una spiritualità biblica così in-tesa si ebbe con l’identificazione della leggecon le molte prescrizioni racchiuse nei testi le-gislativi della Bibbia. Tale identificazione con-

“PER ME VIVERE È CRISTO”“Mihi vivere Christus est”. - La ricchezza dell’intensa espressione paolina inFilippesi 1,21 – “Per me il vivere è Cristo” – che tanto stava a cuore al beatodon Giacomo Alberione, si può comprendere meglio nel contesto più ampio del-l’itinerario spirituale di Paolo. La lettura che ne fa il sacerdote paolino donPrimo Gironi ci aiuterà a cogliere più in profondità l’espressione paolina checi riporta alle sorgenti della spiritualità.

Le radici biblichedel carisma paolino

11

tribuì a oscurare l’orizzonte messianico, cuinecessariamente conduce la legge, intesa comevolontà di Dio e ricerca di ciò che a lui è gra-dito. Infatti, chi più del Messia avrebbe custo-dito, amato e praticato la legge così intesa? I“Canti del Servo sofferente del Signore” (co-me vengono chiamati alcuni significativi testiracchiusi in Is 40-53) sono la migliore attesta-zione di questa ricerca della volontà di Dio daparte di questo misterioso personaggio (il“Servo” è figura del Messia Gesù) e del suo to-tale affidamento a lui.

Quello che è conosciuto come “farisei-smo” è, all’epoca di Paolo e del Nuovo Testa-mento, un limite nei confronti della compren-sione della legge come volontà di Dio e delsuo orizzonte messianico (e cristologico).Sappiamo dai vangeli come Gesù stesso ab-bia combattuto una simile concezione dellalegge e come abbia profuso il suo impegnoper “educare” nuovamente alla sua compren-sione come volontà di Dio, come un “viverein lui” e come apertura alla sua rivelazione ealla sua salvezza.

Anche Paolo era entrato nel flusso del fari-seismo, con le sue pratiche, le sue osservanze,la sua attenzione esteriore per la legge: «Cir-conciso l’ottavo giorno, della stirpe di Israele,della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fari-seo quanto alla legge… irreprensibile quantoalla giustizia che deriva dall’osservanza dellalegge» (Fil 3,5-6).

Solo l’incontro con Gesù a Damasco apreall’apostolo l’orizzonte vero che si staglia oltrela legge e che è Gesù stesso. Lì a Damasco lalegge appare nuovamente nel suo significatooriginario di sorgente di spiritualità e di guidaal Messia Gesù, morto e risorto: «Mediante lalegge (intesa come sorgente di spiritualità) iosono morto alla legge (intesa come sola este-riorità) per vivere per Dio» (Gal 2,19).

Ancora a Damasco Paolo comprende che lalegge era «come un pedagogo che ci ha con-dotti a Cristo» (Gal 3,24). Il pedagogo era, nel-l’antichità greco-romana, lo schiavo incaricatodi condurre il bambino a scuola. Arrivato sullasoglia della scuola, il pedagogo (“colui checonduce”, dal greco ago, “il bambino”, dalgreco pais) consegnava il bambino al maestro.Così è stato l’itinerario spirituale aperto allalegge: essa doveva aprire il credente israelitaalla parola e alla persona di Gesù.

Questa apertura è chiamata da Paolo non“conversione”, ma “rivelazione” («Quando co-lui che mi scelse fin dal grembo di mia madresi compiacque di rivelare a me suo Figlio»:Gal 1,15-16). Da allora l’itinerario spirituale diPaolo è completo, poiché egli è reso capace,dalla grazia di Dio, di “vivere di Cristo” («Nonsono più io che vivo, ma Cristo vive in me.Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nel-la fede del Figlio di Dio»: Gal 2,20). Il centrodella spiritualità di Paolo non è più la legge,ma la persona stessa di Cristo, morto e risorto.

Quella che la Bibbia chiama “giustificazio-ne” (come nella vicenda di Abramo, Gn 15,6, enel testo del profeta Abacuc 2,4), cioè la chia-mata alla santità e alla salvezza, è possibileraggiungerla mediante un processo di “cristifi-cazione” che Dio si è “compiaciuto” di rivela-re a Paolo, altrimenti imprigionato nelle brigliedella legge («Se la giustificazione viene dallalegge, Cristo è risorto invano»: Gal 2,21). Que-sto processo di cristificazione (che Paolo amaesprimere mediante le preposizioni in, con, perCristo) ha operato nell’apostolo quel discerni-mento che è essenziale per orientare unica-mente a Cristo la propria spiritualità e la pro-pria interiorità: «Quello che poteva essere perme un guadagno, l’ho considerato una perditaa motivo di Cristo… una spazzatura al fine diguadagnare Cristo» (Fil 3,7-8).

LE RADICI BIBLICHE DEL CARISMA PAOLINO

«Per me vivere è Cristo»

I due livelli del vivere vengono chiamati nelNuovo Testamento con due diversi termini, biose zoè. Con il primo viene descritta la vita quoti-diana, l’esistenza ma-teriale, fisica. Il se-condo invece designauna qualità superioredella vita, l’esserestesso dell’uomo, ilsuo “io” profondo(chiamato anche psy-chè) che si realizzanella fede in Cristo enell’unione con lui.La spiritualità di Pao-lo è tutto un conver-gere alla vita in Cristo, alla morte in lui, alla se-poltura con lui, alla risurrezione in lui (cf Rm6,3-9). È l’esperienza tutta interiore e globaliz-zante del mistero di Cristo, morto e risorto.

Inserendo la Famiglia Paolina nell’alveodi questa spiritualità, don Alberione ama ri-cordarle con insistenza che non è il ritmo fre-netico e affannato della vita quotidiana ascandire l’itinerario della sua spiritualità, ma

quel processo di inte-riorizzazione e di cri-stificazione che con-duce ciascuno di noi“allo stato di uomoperfetto”, “alla pienamaturità di Cristo”(cf Ef 4,13).

Scriveva il Fonda-tore nella prima Cir-colare ai suoi seguaci:«Ripeto…, il proces-so di santificazione è

un processo di cristificazione. Perciò saremosanti nella misura in cui viviamo la vita di Ge-sù Cristo…» (Carissimi in S. Paolo - CISP 11).

Don Primo GIRONI ssp

12

Spiritualità paolina

Corso di Esercizi spirituali, tenutosi a Capaccio (SA) l’8-11 settembre 2011

13

Dalle catechesi di don Lamera

Occorre mettere al centro della nostra ri-flessione la figura di Gesù. Preghiamolo

affinché sia per tutti l’unico Maestro. Dobbia-mo essere scolari del Divin Maestro per impa-rare il suo linguaggio che è la Parola di Dio, laBibbia.

Siamo cristiani se ascoltiamo la Parola diDio e ci sforziamo di metterla in pratica. LaSanta Messa ed altre pratiche religiose non ba-stano. I nostri figli, che sono di Dio, vivono evivranno anche dopo le cose del mondo ed al-lora abbiamo il dovere di comunicare loro laParola di Dio. Se pensiamo solo alle cose delmondo e non pensiamo con la Parola di Dio,Gesù ci respinge, come ha fatto con Pietro:«Allontanati da me, perché tu non pensi secon-do Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33).

Dio ci parla con la Bibbia. Noi Paolini dob-biamo leggere la Parola di Dio e metterla inpratica per far crescere anche i nostri figli conla Parola di Dio.

San Girolamo era un grande studioso e let-terato ed era così tanto entusiasta di Ciceroneda dimenticare la Parola di Dio. La condannae le frustate di Gesù Cristo lo hanno fatto re-trocedere ed è divenuto santo. Dio parla e fru-sta. Le nostre angosce e tribolazioni possonoessere le frustate per avvicinarci a Dio, poi-ché siamo, forse, ancora troppo lontani dallaParola di Dio.

La Parola di Dio non è una favola. La Pa-rola di Dio non passerà mai. La Parola diDio non si discute, si crede e si mette in pra-tica. Quanto più siamo discepoli, più siamomaestri.- Le cambiali in protesto con il Signore: 1. la

preghiera per noi e per i nostri figli; 2.l’esempio per i nostri figli e per gli altri.

- La confessione per: 1. affidare il passato al-la sua misericordia; 2. affidare il presente alsuo Amore; 3. affidare il futuro alla suaProvvidenza.L’ateo rinuncia – che tristezza! – all’amore

di Dio. Dio, nostro Padre, ci dà tutto il Creatoper dimostrare il suo grande amore da sempree per sempre; noi solo con un mazzo di fiori odun cioccolatino crediamo di dimostrare chi sache cosa.

Quante vite disperate che non credono nelperdono della confessione! Come genitori dia-mo il buon esempio ai nostri figli con la nostraconfessione. Giobbe, ogni mattina, prima del-l’alba, andava sul colle ad offrire sacrifici aDio in riparazione dei peccati che i suoi figliavrebbero commesso durante la giornata.

La Verità non è una cosa, la Verità è Cristo.Ecco perché alla domanda di Pilato: «Che co-s’è la verità», Gesù non rispose, perché avreb-be dovuto dire: «Io sono la Verità». Gesù è ilMaestro completo perché dice la verità e, se

Ascoltare e seguire la Parola

Don Stefano Lamera ebbe ad affermare: «Il più grande delitto che ha compiuto laciviltà del nostro tempo è di avere ucciso il silenzio con due terribili conseguenze:quella di avere tolto il sonno e quella di avere ferito la persona nella sua più grandenobiltà, la mente. Dove non c’è silenzio, non c’è la possibilità di pensare».

14

non capisci, ti dà la luce per vedere e la Graziaper credere.

Noi Paolini non esistiamo per vendere librie stampare giornali, ma per dire in qualsiasi

modo e con qualsiasi mezzo, che il Maestrounico di Verità è Cristo. Così tra la Verità e Cri-sto non c’è relazione, perché Lui è la Parola,Lui è la Verità, l’unica Verità. Così anche tral’Ostia e Cristo non c’è relazione, ma è Cristoin Carne, Sangue ed Ossa.

Dobbiamo essere famiglie aperte agli altri enon chiuderci in noi stessi perché, altrimenti,ci seppelliremo. Famiglie aperte per portareGesù Cristo, la Parola, la Verità, la Via e la Vi-ta, ed essere in sintonia con il Papa che dice:«Spalancate le porte a Cristo». Cristo è Mae-stro, perché Discepolo del Padre: «Io non vi di-co le mie parole, ma quelle che il Padre mi hadetto per voi».

Il lusso è la negazione più solenne della po-vertà. Il lavoro è la prima legge fatta da Dioper l’uomo. Il capitale giusto è con moderazio-ne e senza accumulare. La vita ci è data soltan-to per il Paradiso. Non possiamo accumulare lecose ed i beni della terra perché i ladri li rube-ranno e i tarli e le tignole li divoreranno. Quel-lo che non è eterno è niente.

Il Paradiso o l’inferno. Bernardette disse:«Il volto della Madonna era così bello che nonvedo l’ora di morire per rivederlo un’altra vol-ta». In Paradiso vedremo il volto di Dio. Cosa

sarà mai se il volto della Madonnaera così bello? In Paradiso entrere-mo per prendere possesso del Re-gno di Dio e regneremo per sem-pre. Ecco perché ora siete qui: perascoltare e seguire la Parola di Dioe per poi metterla in pratica.

Per Dio uno è provvidenza perl’altro, come l’altro è provvidenzadell’uno. Così voi siete provviden-za per l’Istituto e l’Istituto è prov-videnza per voi. Così Elia ebbeospitalità e la vedova ebbe farinaed olio per sé e per suo figlio (cf

1Re 17,12-16).Dio ci ha creato per il Paradiso e non per la

terra che è stata creata solo per un nostro passag-gio. Perciò non trascuriamo, con il lavoro, dipensare alla crescita di santità dei nostri figli, chesono la perfezione di Dio e la sua immagine. Ilnostro pensiero costante deve essere, inoltre, perconoscere e capire sempre di più il Cristo nellasua essenza. Noi siamo soltanto degli zeri, ma semettiamo davanti l’Uno, il Signore, i nostri zeriaumentano di valore e contano. Dio, per creareaveva bisogno del niente, perciò anche noi dalniente possiamo diventare qualcuno che conta,perché c’è Lui, il Cristo, che sempre ci precede.

La redenzione, la meraviglia delle meravi-glie, nasce dal peccato. Gran tristezza sarebbese ci rassegnassimo a non voler provare percambiare. Dio non si rassegna mai, perché èAmore e chi ama non si rassegna. Perciò abbia-te fiducia, perché Lui è il Signore; è sempre connoi: «Io sono davanti a te, vieni e seguimi!».

Ariccia, Casa Divin Maestro,31 ottobre 1982

Ascoltare e seguire la Parola

15

Devozione a san Giuseppe

La devozione al Divino Maestro Via Veritàe Vita, presentata dal papa Leone XIII nel-

l’enciclica Tametsi futura e che don Alberioneha fatto sua, costituisce il cardine portante del-la spiritualità della Famiglia Paolina; allo stes-so pontefice si riferisce la devozione a MariaRegina degli Apostoli e – vorremmo dire – an-che a san Giuseppe; devozione che il Fondato-re accolse con grande fervore e ha sempre pro-posta ai suoi figli nelle meditazioni, negli scrit-ti e nelle preghiere.

Per don Alberione in modo speciale i con-fratelli Discepoli del Divin Maestro trovano insan Giuseppe la causa esemplare per essere“collaboratori” della redenzione operata dalDivin Maestro. La Società San Paolo, nel suocarisma di altrice, a mano a mano che sorge-vano gli altri rami della Famiglia Paolina pro-muoveva questa devozione nelle pratiche dipietà, nelle meditazioni, nelle pubblicazioni.

Primo mercoledì del mesededicato a san Giuseppe

Tema d’obbligo era questa devozione; percui si giungeva ad acquisire una formazionesempre più profonda: fiducia, imitazione e pre-ghiera verso il grande santo. Chi ha udito suquesto tema il beato don Giacomo Alberione

non può fare a meno di notare un nesso conquello che diceva don Stefano Lamera: il di-scepolo apprende dal maestro, ma non passiva-mente; infatti don Stefano ha elaborato gli in-segnamenti uditi dal Fondatore sviluppandoliin modo originale nella predicazione ai fedeli,ai sacerdoti, alle Ancille, in modo particolareai membri dell’Istituto “Santa Famiglia”, tantoda affermare che, se si eliminasse la devozionea san Giuseppe, non potrebbe esistere spiritua-lità familiare. Non si esagera affermando che èuno dei pochi paolini, se non l’unico, che suquesto tema si è mosso sulla stessa lunghezzad’onda del Fondatore; per questo in don Stefa-no possiamo avere un modello per non perde-re, anzi trasmettere “questa ricchezza di gra-zia” che insieme ad altre è stata concessa allaFamiglia Paolina.

La devozione a san Giuseppe è come unacorrente che scorre nascosta nelle sacre Scrit-ture e fiorisce in qualche modo nell’insegna-mento dei Padri della Chiesa; ma emerge convivacità in mezzo al popolo cristiano e vieneapprovata dai pontefici; sarà soprattutto LeoneXIII che, con l’enciclica Quamquam pluriesdel 1889, la propone con forza a tutta la Chie-sa. Giustamente è stato il primo pontefice cheabbia dedicato un’enciclica al culto di san Giu-seppe. Vi era stato precedentemente solo undecreto di Pio IX dell’8 dicembre 1870, in cui

Nella predicazione di don Stefano Lamera un tema ricorrente era la devozione a sanGiuseppe, fiorita e sviluppatasi fortemente alla scuola del beato Giacomo Alberione.

Fedele cooperatorenella Redenzione

16

proclamava san Giuseppe patrono della ChiesaCattolica. Sappiamo che nelle encicliche il ma-gistero si esprime non con infallibilità, ma sen-z’altro con autorità, a cui si deve ossequio eubbidienza filiale.

La devozione a san Giuseppe

L’influsso dell’enciclica non diminuì con ilpassare del tempo; prescriveva per esempioche nel mese di ottobre dopo la recita del rosa-rio fosse aggiunta la preghiera A te beato Giu-seppe. Il can. Francesco Chiesa, direttore spiri-tuale di don Alberione, era un cultore degli in-segnamenti di Leone XIII; questo amore con-tagiò lo stesso don Alberione che cita più vol-te l’enciclica di Leone XIII. In un articolo,pubblicato su San Paolo (febbraio 1953) spie-ga i sette punti della coroncina a san Giusepperiportata nel libro delle preghiere; in un con-fronto con l’enciclica di Leone XIII, non fa chericalcare gli insegnamenti del Papa. I settepunti di questa bellissima coroncina sono:

• San Giuseppe fedele cooperatore della no-stra redenzione;

• modello di vita interiore in un silenzio amo-roso e operoso;

• modello dei lavoratori; • una vita passata in dolci colloqui con il Di-

vino Maestro; • associato come sposo alla missione di Ma-

ria; • protettore degli agonizzanti; • protettore della Chiesa universale, perché

protettore della chiesa nascente, in quantopadre della Santa Famiglia di Nazaret.

Per Leone XIII la devozione a san Giusep-pe non deve essere vista come un’aggiunta, ma

inserita nella pietà mariana; se si vuole vivereun’autentica spiritualità coniugale, con quellafrequenza con cui ci si rivolge alla Madonnanella preghiera, con altrettanta frequenza biso-gna elevare la mente a san Giuseppe. Ecco per-ché don Lamera non accettava facilmenteun’immagine di Maria da sola; per cui spessolo si sentiva esclamare: «E san Giuseppe? Ma-ria e Giuseppe – lo volete capire?! – stannosempre insieme. Essi non hanno fatto mai di-vorzio!».

Leggiamo nella lettera enciclica: «Siamoquindi convinti che è quanto mai opportunoche il popolo cristiano prenda l’abitudine diimplorare con devozione particolare e con ani-mo fiducioso, insieme alla Vergine Madre diDio anche il suo castissimo sposo san Giusep-pe. Abbiamo anche buoni motivi di pensareche ciò sia molto gradito alla stessa Vergine».

Motivi della devozione

Quando don Alberione presenta i motivi diquesta particolare devozione, inizia ricordandola dignità di san Giuseppe, vir Mariae, lo spo-so di Maria e cita il Papa: «Egli fu sposo diMaria e fu ritenuto padre di Gesù Cristo. Daqui derivò a lui tutta la grandezza, la grazia, lasantità e la gloria. Certamente, la dignità diMadre di Dio è tanto sublime che nulla vi puòessere di più grande. Ma poiché Giuseppe eMaria furono legati da un vincolo coniugale,non c’è dubbio che egli si avvicinò come nes-sun altro a quell’altissima dignità che rende laMadre di Dio tanto superiore a tutte le creatu-re. La vita coniugale è l’unione e la forma diamicizia superiore ad ogni altra, poiché perpropria natura comporta lo scambio dei beni;perciò se Dio ha dato Giuseppe come sposo al-la Vergine, non solo glielo ha dato come com-

Fedele cooperatore nella Redenzione

17

DEVOZIONE A SAN GIUSEPPE

pagno di vita, testimone della sua verginità,garante della sua onestà, ma lo ha reso anchepartecipe della sua eccelsa grandezza in forzadel patto coniugale».

«Maria e Giuseppe», diceva spesso donStefano, lo diceva don Alberione, lo insegnavail Papa.

Appoggiarsi a Maria e Giuseppe

Per alcuni anni il noviziato della SocietàSan Paolo ha avuto come casa la Villa dei fra-telli Cardinali De Gregori, in viaIV Novembre, ad Albano Laziale(Roma); nella cappella troneggia-va dietro l’altare una bella telaraffigurante la Santa Famiglia chepiaceva molto a don Alberione,per cui spesso commentava ilsimbolismo di quella tela. Ripor-tiamo le sue stesse parole:

«Bello il quadro di Gesù fan-ciulletto che si appoggia alla de-stra sulla mano di Maria e alla si-nistra sulla mano di san Giusep-pe. Ecco l’insegnamento per noi:devozione fiduciosa a Maria ed asan Giuseppe. Prima di iniziarel’Istituto Paolino vidi come in unquadro il complesso nel suo ini-zio e lo sviluppo di persone edopere. Cosa entusiasmante. Manotai pure delle ombre che getta-rono nell’animo una certa tristez-za; e dovetti molto lottare e pre-gare per vincere la tentazione didesistere dall’opera. Le ombrerappresentavano quelli che dopomolte cure si sarebbero voltati in-dietro: dopo aver messo mano al-

l’aratro. Se tutti, sempre, ovunque, si appog-giassero a Maria ed a Giuseppe, non vi sareb-bero le defezioni».

Se questi sono gli insegnamenti dei nostripadri, preghiamo san Giuseppe non per ottene-re miracoli, ma la grazia di una santa vita co-niugale, di una santa vita sacerdotale, di unasanta vita consacrata, nel lavoro, nella vita in-teriore, nell’apostolato, nella vita di famiglia eun grande amore verso la Chiesa per conclude-re la vita con una morte santa.

Don Domenico CASCASI ssp

18

ISTITUTO“GESÙ SACERDOTE”

Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

L’amore di Cristo ci spinge!

Carissimi,quando avrete tra mano questo numero di “Gesù

Maestro”, come tempo liturgico ci troveremo alle so-glie della Quaresima: per questo motivo, nel rivolgerviun messaggio, ritengo opportuno fare riferimento aquesto tempo di grazia. Saremo chiamati, come sacer-doti, a proporre ai fedeli di camminare con Cristo po-vero, casto ed obbediente verso la Pasqua, per speri-mentare più profondamente la liberante forza della suarisurrezione.

La Quaresima è “tempo forte” prima di tutto per noisacerdoti. “Forte” vuol dire che lo spirito di Cristo (lasapienza della Croce…) dovrebbe vin-cere sulla nostra mentalità naturale,sulle nostre aspettative spesso superfi-ciali, a senso unico, ripetitive; e su cer-ti nostri atteggiamenti troppo umaniche non sono conformi allo stile di vi-ta che un sacerdote (ministro del Si-gnore) dovrebbe manifestare…

Cristo Maestro Via, Verità e Vita èvenuto a redimerci, trasformando gra-dualmente e radicalmente la nostra vi-ta; di certo non per “soffocare” i doni naturali, i talen-ti, le qualità e le capacità che abbiamo ricevuto dallavita; anzi siamo invitati a trafficare questi doni inve-stendoli con intelligenza e impegno nell’attività pasto-rale. Ma, “spinti dall’amore di Cristo” (2Cor 5,14),siamo chiamati a smorzare quella parte negativa del

nostro “io” (sempre molto viva: indivi-dualismi, scoraggiamenti, presunzioni,nervosismi…), facendo emergerel’“io” profondo, quello vero abitatodallo Spirito, così da riuscire a manife-stare dedizione pastorale piena, affabi-lità e autorevolezza nello svolgere ilministero sacerdotale, perseverandonel bene con “parresia evangelica”(pur mettendo in conto ingratitudini,fatiche, prove continue…).

Se siamo sinceri, dovremmo rico-noscere che la nostra mentalità umana,le nostre aspettative sensibili mediocri,la spuntano troppo spesso sulle stimo-lanti proposte liberanti di vita nuovadel Cristo che la Liturgia, il Vangelo,

san Paolo continuamente ci rivolgonoper il nostro bene. Quanto corrispondea verità questa considerazione dimons. Tonino Bello: «Purtroppo lanostra vita cristiana non sa incrociareil Calvario, non sa inerpicarsi sui tor-

Comunicazione del Delegato

19

nanti del Golgota. Come i Corinzi, anche noi, la crocel’abbiamo “inquadrata” nella cornice della sapienzaumana e nel telaio di discorsi eloquenti. L’abbiamo at-taccata con formalità alle pareti di casa nostra, manon ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostrocollo, ma non pende sulle nostre scelte. Le rivolgiamoinchini in Chiesa, ma nella vita ci manteniamo agli an-tipodi della sua logica».

Metodologia formativa di Cristocon i suoi discepoli

Gesù Cristo per animare e formare i suoi discepolialla libertà evangelica, per farli entrare gradualmentenella dinamica del “mistero pasquale” (cf Mc 7,17;9,28-33; 10,10.41-45), dedica molto delle sue energieall’attività missionaria coinvolgendo i suoi apostoli:assieme trascorrono la maggior parte del tempo “sullastrada”, si trovano ad affrontare molte prove. Gesù èparticolarmente attento alle loro stanchezze e difficol-tà; infatti, li chiama spesso “in casa” o “in disparte”; euna volta “rientrati in casa”, cura il dialogo, rispondealle loro domande e li illumina e li consola, aiutandolia discernere in profondità il mistero del cuore umano ead accogliere la vita nuova del Vangelo.

Anche noi sacerdoti la maggior parte del nostrotempo lo trascorriamo “sulla strada”, immersi quasicompletamente nell’attività apostolica e nella realizza-zione dei vari progetti pastorali, parrocchiali e diocesa-ni (con tutte le loro complesse e difficili problemati-che). Questo impegno è importantissimo e fa parte delservizio pastorale e ministeriale. Ma, forse, dovremmocurare maggiormente il momento fondamentale del“rientrare in casa”, cioè del “ritirarci in disparte”, dia-logando e interrogando il Maestro Divino per lasciarcida Lui illuminare, per discernere più in profondità larealtà sociale, culturale, religiosa degli ambienti dovesiamo chiamati ad operare e per coltivare i suoi stessisentimenti di compassione, così da riuscire a manife-starli nei confronti degli uomini bisognosi di salvezza.

È chiaro che questo avviene nellafedeltà alla meditazione della Parola diDio, alla celebrazione dei Misteri diCristo, alla fedeltà alla visita eucaristi-ca… Di certo il tempo di grazia dellaQuaresima ha lo scopo di migliorare laqualità della nostra vita di preghiera,senza dimenticare l’opportuna ricercadi un tempo più prolungato da dedica-re all’ascolto e all’interiorizzazionedella Parola di Dio.

È saggio tenere presente che l’uomo(non escluso il prete), purtroppo, tende arimanere ripiegato su se stesso; la leggedella natura è una legge di inerzia: la fa-mosa “accidia” (pigrizia spirituale), de-scritta molto bene dai santi monaci e daimaestri dello Spirito. Il prete è chiama-to ad un alto destino vocazionale e mini-steriale, ma sperimenta sempre tanta fa-tica a lasciarsi trasformare e rinnovare ipropri desideri e i progetti pastorali. Èopportuno ricordare che il Signore haimpiegato molto più tempo (40 anni) atogliere l’Egitto dal cuore del popolod’Israele che liberarlo dalla schiavitùdegli egiziani (la notte del passaggio delmar Rosso).

Non risulta facile lasciarsi condurredal Signore (cf l’esperienza del popolod’Israele, dei discepoli…). Quanto im-pegno formativo ha dovuto investire ilSignore Gesù per spingere all’altra rivai suoi discepoli, per far lasciare il portodella loro mentalità e scoprire nuoviorizzonti di vita… Fino a obbligarli (“licostrinse”: cf Mc 6, 45). Lo SpiritoSanto e ci illumina, ci consola, ci con-forta, ci aiuta ad interiorizzare tutto ilCristo e tutta la Parola; ci spinge a farecontinue svolte nella vita e nell’aposto-

COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

20

Istituto Gesù Sacerdote

lato (cf cammino della Chiesa negli Atti); ma la Graziae lo Spirito non agiscono in modo magico e non dispen-sano l’uomo dalla fatica della ricerca, della sequela,della configurazione più piena a Cristo con scelte signi-ficative secondo il Vangelo.

Incontri formativi

Riguardo ai vari impegni per dare una valida colla-borazione all’azione dello Spirito del Signore, è neces-sario non disattendere la partecipazione a qualcuno de-gli Incontri di formazione permanente che vengono pro-grammati (organizzati dalla Diocesi, dalla CEI, dal-l’IGS…). Al riguardo vorrei informarvi che nelle gior-nate 2-4 gennaio 2012, presso la nostra Casa “don Ste-fano Lamera”, in Circonvallazione Appia 162, si è svol-to il primo Incontro formativo (programmato da tempoe più volte segnalato), con la partecipazione di un grup-petto di sacerdoti dell’Istituto.

Nei lavori del Consiglio nazionale (24 novembre2011) abbiamo deciso di orientarci nella valorizzazionedella nostra Casa per questi incontri formativi: non soloperché risulta difficile trovare adesioni di grandi numeriper andare in Case di accoglienza esterne; soprattuttoperché i sacerdoti novizi dell’Istituto o coloro che deside-rano accostarsi all’Istituto, possano conoscerci meglio,frequentando anche la nostra Casa. Ricordo che l’impo-stazione dell’Incontro prevede un indovinato equilibriotra comunicazioni da parte membri esperti dell’IGS (sul-la consacrazione secolare, sulla spiritualità apostolica disan Paolo, sui nuovi linguaggi e mezzi per portare il Van-gelo a tutti), spazi di riflessione personale e momenti dicondivisione, di preghiera, di fraternità.

Sento di evidenziare quanto sopra con trepidazione,ma anche con convinzione (ringraziandone il Signore),perché è quanto hanno manifestato con sincera gratitu-dine coloro che vi hanno partecipato. Auguro che pos-sano trasmettere la loro gioia così che altri membri del-l’Istituto siano invogliati ad iscriversi ai prossimi in-contri formativi.

Ricordo che dall’11 al 13 aprile2012 si svolgerà il secondo Incontro:sono già iscritti 5 novizi (dei 6 che nel2011 sono entrati in Noviziato: il novi-zio don Matteo ha già partecipato al-l’incontro di gennaio). Anche se pres-so la nostra Casa possiamo ospitare so-lo una decina di persone, c’è ancorapossibilità di accogliere la richiesta dialtri sacerdoti che desiderano fare que-sta esperienza. I nostri Incontri forma-tivi (sia in queste date che in altre cheprogrammeremo quando si individue-rà un gruppetto disponibile), continue-ranno anche nei prossimi anni.

Coltiviamo la fiducia che il “cari-sma” (spiritualità, formazione umano-cristiano-paolina, zelo apostolico-pa-storale…) che ha vissuto e ci ha lascia-to il beato don Giacomo Alberione at-tingendo alla spiritualità apostolica disan Paolo, ci da modo di ravvivare ul-teriormente il dono ricevuto del mini-stero sacerdotale diocesano. Infatti laspiritualità paolina non si limita tantoad una religiosità formale, ma se beninteriorizzata, trasforma e configuracontinuamente la nostra vita, aiutando-ci a raggiungere una personalità apo-stolica autorevole, adulta, capace dicollaborare con gli altri (preti e laici),investendo tutte le proprie energie nel-l’annuncio del Vangelo a tutti con imezzi più efficaci e nel celebrare consempre maggiore decoro i “misteri disalvezza” di Cristo.

Che il Signore ci benedica sempre etutti!

don Emilio CICCONI,Delegato nazionale IGS

[email protected]

21

Aspetti del carisma paolino

Nel consegnarci l’eredità spirituale dellasua vocazione carismatica, don Alberione

si preoccupa sempre di indicarci Gesù Mae-stro, la Regina degli Apostoli, San Paolo Apo-stolo. Per tutti noi questa è la certezza sicurache la nostra origine è dall’Eucaristia. Impres-siona riascoltare queste parole:

«La vita della Famiglia Paolina viene dal-l’Eucaristia; ma comunicata da san Paolo. Lariconoscenza più viva va a Gesù, Maestro Di-vino, nel suo Sacramento di luce e di amore;alla Regina Apostolorum Madre nostra e diogni apostolato; a san Paolo Apostolo, che è ilvero Fondatore dell’Istituzione. Infatti egli neè il Padre, Maestro, esemplare, protettore. Eglisi è fatta questa famiglia con un intervento co-sì fisico e spirituale che neppure ora, a riflet-terci, si può intendere bene; e tanto meno spie-gare. Tutto è suo. Di Lui, il più completo inter-prete del Maestro Divino, che applicò il Van-gelo alle nazioni e chiamò le nazioni a Cristo»(San Paolo, luglio-agosto 1954).

San Paolo, infatti, ha unito santità ed apo-stolato. Avvicinarci con cuore rinnovato a

Paolo è gustare in profondità la ricchezza delcarisma che il nostro Fondatore ci ha conse-gnato.

Paolo “modello e forma”

Don Alberione ci ricorda che per Paolo lavita interiore è il vero ed autentico segreto direalizzazione di sé e della sua chiamata:

«San Paolo è uno dei santi che giorno pergiorno ringiovaniscono e dominano e conqui-stano: perché? Il perché va ricercato nellasua vita interiore. È qui il suo segreto. I pal-loni pieni d’aria, gonfi, in un giorno svani-scono, si svuotano, ma quando vi è la ricchez-za, quando vi è la vera vita interiore, si diven-ta germe.

La pianta rimane qualche tempo nascosta,perché tutto è chiuso in un embrione, messasotto terra. Ma quando l’embrione si sviluppa,il germe si manifesta prima in una pianticella,poi in un arboscello, quindi in una grande ma-gnifica pianta. Ebbene l’Apostolo Paolo era digrande vita interiore» (Prediche del PrimoMaestro, in Pensieri, p. 58).

La vocazione e la vita interiore dell’apostolo Paolo

«L’originale per noi è Gesù Cristo, la forma è san Paolo. E san Paolo dice: “ut forma da-retur”, ha voluto darsi una forma; san Paolo è stato la “forma” e noi dobbiamo formar-ci in lui. Vivere, cioè, pensare, operare, zelare, come egli ha pensato, come egli ha opera-to, come egli ha zelato la salute delle anime, come egli ha pregato. Essere veramente Pao-lini. Paolini!» (Predica del Primo Maestro in occasione del 40° di fondazione dell’Isti-tuto della Società San Paolo - 20 agosto 1954).

22

E nel Donec Formetur il Primo Maestro siesprime in questo modo nelle Sue note intimee personali:

«La fede, operando per mezzo della carità,ci unisce a Gesù Cristo in cui si è incarnata lasantità, la vita divina. Essa fa di più: crea innoi l’essere nuovo, animato dallo spirito di Ge-sù Cristo. Uniti, abbandonati in Lui per questavita, noi possiamo fare e facciamo ciò che egliha fatto; noi moriamo in Lui alla carne e alpeccato, per rinascere alla vita spirituale. Par-lando più esattamente. Il Cristo solo vive, pen-sa, opera, ama vuole, prega, soffre, muore e ri-suscita in noi. Capo dell’umanità rigenerata,Egli forma, di tutti i credenti, un corpo misticole cui membra sono strettamente unite dalla ca-rità che anima una medesima vita, ove batte unsol cuore, il Cuore di Gesù Cristo» (p. 64).

Proprio perché san Paolo ha vissuto in mo-do eminente l’esperienza di uomo “nuovo”,realizzato dall’opera dello Spirito di Gesù Cri-sto, ogni membro della Famiglia Paolina potràmodellarsi su di lui. Per don Alberione il no-stro impegno di santificazione nella nostra vo-cazione unica ed irripetibile, approda “nellatrasformazione nostra in Dio”.

Questa meta è quella che Paolo nel suo con-tinuo rispondere a Cristo è riuscito a raggiun-gere, proponendoci il suo stesso cammino:“Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cri-sto”. Una imitazione come relazione trasfor-mante: in essa vita e missione sono le due fac-ce di una stessa medaglia. Questa trasforma-zione si vive come dono di Dio che richiede lanostra fedele collaborazione.

La vita interiore per Paolo è:

1) Essere con Cristo, essere trovato in Lui:Fil 3,7-14: per cui tutto è “skybala- sterco”.

«Ma queste cose, che per me erano guada-gni, io le ho considerate una perdita a motivodi Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdi-ta a motivo della sublimità della conoscenza diCristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciatoperdere tutte queste cose e le considero spaz-zatura, per guadagnare Cristo ed essere trova-to in lui, avendo come mia giustizia non quel-la derivante dalla Legge, ma quella che vienedalla fede in Cristo, la giustizia che viene daDio, basata sulla fede: perché io possa cono-scere lui, la potenza della sua risurrezione, lacomunione alle sue sofferenze, facendomi con-forme alla sua morte, nella speranza di giun-gere alla risurrezione dai morti.

Non ho certo raggiunto la mèta, non sonoarrivato alla perfezione; ma mi sforzo di corre-re per conquistarla, perché anch’io sono statoconquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ri-tengo ancora di averla conquistata. So soltantoquesto: dimenticando ciò che mi sta alle spallee proteso verso ciò che mi sta di fronte, corroverso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ri-cevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,7-14).

2) Vivere in Lui: Gal 2, 19b-20: l’Io diPaolo passa dall’Io egolatrico all’Io kenoticoper cui l’Io di Paolo è nell’Io di Gesù.

«Sono stato crocifisso con Cristo, e non vi-vo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita,che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Fi-glio di Dio, che mi ha amato e ha consegnatose stesso per me» (Gal 2,19-20).

3) Consumarsi per Lui: “libero da tutto misono fatto tutto a tutti”: 1Cor 9,19; Gal 5,13-15.

«Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a li-bertà. Che questa libertà non divenga però unpretesto per la carne; mediante l’amore siateinvece a servizio gli uni degli altri. Tutta laLegge infatti trova la sua pienezza in un solo

La vocazione e la vita interiore dell’apostolo Paolo

23

ASPETTI DEL CARISMA PAOLINO

precetto: Amerai il tuo prossimo come te stes-so. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda,

badate almeno di non distruggervi del tutto gliuni gli altri!» (Gal 5,13-15).

I figli come il padre

Don Alberione continua a provocarci con ilsuo amore di Padre: «I figli devono rassomi-gliare al Padre. Tutti gli amici di san Paolo de-vono guardare a lui e conoscere il suo spirito.Quanto più si leggono e si penetrano le Episto-le di san Paolo e la sua vita, tanto più si amae si entra nella vera via della santità e nel ve-ro spirito dell’apostolato» (Prediche del PrimoMaestro, Spiritualità Paolina, pp. 260-261).

«Tutte le anime che presero gusto nel leggeresan Paolo divennero anime robuste» (Predichedel Primo Maestro, Spiritualità Paolina, p. 414).

«Chi si avvicina a san Paolo a poco a pocosi trasforma, impara a vivere come lui, a pre-gare come lui. Chi ama san Paolo dilata pre-sto il suo cuore, diventa generoso, largo nellesue vedute» (È necessario pregare sempre / 2[1940, p. 362).

Don Fabrizio PIERI igs

Allora, così davvero il Cristo solo:• Vive (Fil 1,21)• Pensa (1Cor 2,16)• Opera (Gal 2,20)• Ama (2Cor 5,14)• Vuole (At 22,10) IN NOI• Prega (Rm 8,26-27)• Soffre (Fil 1,29)• Muore (Gal 2,19b; Rm 6,6)• Risuscita (2Cor 5,17)

San Paolo scrive la lettera ai Romani(Vetrata, Chiesa S. Paolo in Alba)

}

24

Spiritualità mariana

In questo articolo della Rivista descriveremoalcuni paradigmi o valori esistenziali comu-

ni a ogni forma di vita consacrata; poi cerche-remo di comprendere meglio la nozione teolo-gica di “secolarità” alla luce della vicenda del-la Madre del Signore; nei numeri seguenti del-la Rivista, proporremo una lettura dei consiglievangelici caratterizzati dalla spiritualità ma-riana.

I valori esistenzialidella consacrazione

La consacrazione nei consigli evangelici haassunto nei secoli forme molteplici. A frontedella legittima ricchezza e pluralità dei cari-smi, bisogna anche ammettere che la loro pro-liferazione è stata causata più da condizionistorico-geografiche che da vera originalità. Seil Concilio Vaticano II ha invitato ogni istitutoa riscoprire il carisma dei fondatori, nel con-tempo ha voluto anche offrire gli elementi co-muni della vita consacrata.

Come è noto le forme storiche della seque-la nei consigli evangelici sono state sostanzial-mente tre: vita anacoretica; vita monastica; vi-ta diaconale. La vita anacoretica è propria de-

gli eremiti; la vita monastica è vissuta da colo-ro che militano sotto l’obbedienza a una rego-la in un luogo comune che è il cenobio; la vitadiaconale è incarnata dai fratelli degli ordinimendicanti che si mettono a servizio dell’altrocon la predicazione e la carità.

«I religiosi dunque, fedeli alla loro profes-sione, lasciando ogni cosa per amore di Cristo(cf Mc 10,28), lo seguono (cf Mt 19,21) comel’unica cosa necessaria (cf Lc 10,42), ascol-tandone le parole (cf Lc 10,39), pieni di solle-citudine per le cose sue (cf 1Cor 7,32). Perciòè necessario che i membri di qualsiasi istituto,avendo di mira unicamente e sopra ogni cosaDio, uniscano la contemplazione, con cui ade-riscono a Dio con la mente e col cuore, e l’ar-dore apostolico, con cui si sforzano di collabo-rare all’opera della redenzione e dilatare il re-gno di Dio» (Perfectae Caritatis, n. 5).

Il testo presenta come essenziale a ogni for-ma di consacrazione il rinunciare (anacoresi),la ricerca dell’Unico (monachesimo), il servi-zio apostolico (diaconia). Il richiamo ad appro-fondire il carisma dei fondatori è, invece, pre-sente al n. 2 dello stesso Decreto.

Da questa unità di orizzonti segue natural-mente che anche il consacrato nell’istituto divita secolare è a suo modo chiamato a vivere

Consacratinel mondo con Maria

Dall’articolo precedentemente riportato in Gesù Maestro (n. 4/2011), possiamo trarrealcune conclusioni capaci di illuminare – alla luce della mariologia e della spiritualitàmariana – quello speciale stato di vita che è la consacrazione secolare e che oggi coin-volge nel mondo migliaia di battezzati.

25

la donazione totale a Dio facendosi condurredallo Spirito attraverso le tappe dell’anacore-si, della solitudine davanti all’Unico, della fra-ternità diaconale; infatti, anch’egli lascia lamentalità peccaminosa e idolatrica del mondo,si pone al cuore del rapporto con Dio, dove ri-fulge il segreto della sua identità profonda, sifa prossimo al fratello condividendo la suastessa vita professionale.

Maria, in quanto eminente ed esem-plare modello della sequela radicale, havissuto i tre “paradigmi antropologicidella consacrazione”, certamente nonnella loro forma storico-istituzionale,ma in maniera del tutto originale:

• la Vergine ha lasciato la mentalitàdel clan familiare quando, giunta aCafarnao con i suoi ha dovutoascoltare il diniego del Figlio: «Chiè mia madre e chi sono i miei fratel-li?» (Mc 3,33); da quel momento haabbandonato le pretese genitoriali ei diritti di sangue e si è fatta uditri-ce della Parola;

• ha vissuto la solitudine di fronte al-la difficoltà di comprendere l’iden-tità del Figlio dopo averlo smarritoe ritrovato nel Tempio di Gerusa-lemme (cf Lc 2,41-50); si è ritrova-ta con la sua indicibile solitudine dimadre sotto la Croce del Figlio, fi-nito come un malfattore (cf Gv19,25); sola, rivolgendo il pensiero al Diodei Padri, avrà atteso l’adempimento dellepromesse, dopo essersi lasciata il sepolcroalle spalle;

• ha accolto la dimensione diaconale dellasua maternità al Calvario e nel giorno di

Pentecoste divenendo la madre dei discepo-li di suo Figlio (cf Gv 19,27; At 1,14).

Anche la “pericolosa memoria” della vi-cenda storica della Discepola di Nazareth det-ta le regole comuni a ogni battezzato che vo-glia incamminarsi sulla via dei consigli evan-gelici: non c’è consacrazione senza rinuncia;

non c’è consacrazione senza nostalgia del-l’Unico necessario; non c’è consacrazionesenza servizio al Regno.

Circa la secolarità, è interessante quantoscrive G. Kirschner (Il tempo dell’esilio. Cri-stiani in minoranza oggi in Europa, EMI 2008,pp. 103-104): «I discepoli di Gesù non sono

Madre della tenerezza

CONSACRATI NEL MONDO CON MARIA

26

del mondo, perché portano in sé uno spirito di-verso, una vita diversa, che spesso non puòadeguarsi a quello che il mondo propone. Maal tempo stesso, se pur così diversi da questomondo, non possono però ritagliarsi una vita aparte, pura e libera dalle tentazioni e dai com-promessi con i quali ogni giorno si scontrano.Essi devono restare in questo mondo nel qualeGesù li ha posti con una missione ben precisa,quella di continuare ciò che lui ha fatto: far in-contrare ad ogni uomo l’amore di Dio.

Maria prototipodella consacrazione

Di certo è opportuno vedere in Maria aspet-ti compiuti delle forme istituzionali della con-sacrazione: la Vergine è, insieme a Cristo, ilprototipo della consacrazione. Possiamo affer-mare che la Vergine abbia seguito Cristo nellatotale dedizione e, per quel che ne sappiamo,fuori da strutture di vita comunitaria. Maria èrimasta la vergine eletta, memoria vivente del-l’incarnazione del Verbo, dentro la comunità diGerusalemme, non “a parte”.

Come affermava von Balthasar, la vita diMaria è “autentica vita nel mondo” sicuramentealmeno fino agli avvenimenti della Pentecoste.

Quindi, con quali atteggiamenti Maria havissuto la sua consacrazione nel mondo chela circondava? Un suggerimento indiretto civiene dal discorso di Benedetto XVI ai parte-cipanti alla Conferenza mondiale degli Istitu-ti secolari del 3 febbraio 2007. L’attuale Pon-tefice argomenta che il cammino di santitàdel consacrato secolare si modula su tre at-teggiamenti fondamentali: «L’adesione obla-tiva al disegno salvifico manifestato nella Pa-rola rivelata, la solidarietà con la storia, la ri-cerca della volontà del Signore iscritta nelle

vicende umane governate dalla sua provvi-denza». Infatti:

• l’adesione oblativa alla Parola rivelata, co-me mostra il racconto dell’Annunciazione,è tipica di Maria che si è fatta serva e ancel-la (cf Lc 1,38);

• la solidarietà con le vicende umane trovanelle icone giovannee di Maria a Cana esotto la Croce (cf Gv 2,1-12; 19,25), un ri-ferimento di alto valore esistenziale; laDonna di Nazareth è presente in quelle si-tuazioni, in cui l’umano sembra eclissarsidietro i fallimenti;

• lo sforzo continuo di leggere i segni delprogetto di Dio nel dipanarsi della storia èmeravigliosamente attribuito alla Verginedall’evangelista Luca in più pericopi (cf Lc2,19.51): Maria discerne il passaggio diDio, mettendo a confronto quel che accadecon la Parola ascoltata.

Certamente, i modi sopraelencati di starenel mondo non sono esclusivi di Maria o deiconsacrati secolari. Qui non si tratta di stabi-lire primati o di innalzare steccati, bensì diaccentuazioni o, per meglio dire, di concen-trazioni qualitative: tutti siamo chiamati allaperfezione della carità, ma di fatto non tuttiviviamo gli stessi valori con la medesima in-tensità. C’è un “di più” legato ai doni dellagrazia che Dio elargisce liberamente e chenon si può offuscare in nome di una visionegeneralista della sequela (cf G. FORLAI, Inquesto mondo benedetto. La consacrazionesecolare nella luce di Maria di Nazareth, SanPaolo 2011, pp. 39-54).

Don Giuseppe FORLAI igs

Spiritualità mariana

27

Il 2012 ci avvicina con gioiosa consapevolez-za al Centenario di fondazione della Fami-

glia Paolina. Così, anche quest’anno ci vieneofferta l’opportunità di approfondire un aspet-to importante del carisma paolino per viverlo erenderlo presente ai nostri giorni.

Mi pare, pertanto, significativo, in questoinizio del nuovo anno, tenendo presente la me-ravigliosa storia della Famiglia Paolina, ricol-ma delle abbondanti ricchezze di grazia, acco-gliere l’invito pressante del beato GiovanniPaolo II di prendere il largo: “Duc in altum!, innovità di vita.

Queste parole, risuonate in tutta la Chiesa al-l’inizio del Millennio, ravvivano in noi il deside-rio di una più intensa vita evangelica, spalancan-do gli orizzonti del cuore e del nostro impegno.

Forse mai come oggi l’invito di Gesù a pren-dere il largo appare come risposta concreta aldramma dell’umanità disorientata e vittima dipaure e di infinite incertezze del mondo d’oggi.

“Ripartire da Cristo”, sempre, ogni giorno,sia dunque il nostro programma di coppie con-sacrate! Lo stile di vita radicato nel Vangelo ela ricerca di Dio diventa così una terapia spiri-tuale per i mali del nostro tempo.

Occorre lasciarsi condurre dallo Spirito allascoperta sempre rinnovata di Dio e della suaParola.

Si tratta di puntare sulla spiritualità intesanel senso più forte del termine, ossia la vita se-condo lo Spirito…

È lo Spirito che ci fa riconoscere in Gesù diNazareth il Signore (cf 1Cor 12,3), che fa udi-re la chiamata alla sua sequela e ci immedesi-ma in Lui… La vita di ogni consacrato esigeuna rinnovata tensione alla santità che, nellasemplicità della vita di ogni giorno, abbia dimira il radicalismo del discorso della monta-gna (le Beatitudini), dell’amore esigente, vis-suto nel rapporto personale con il Signore,nella vita di comunione fraterna, nel serviziodell’uomo di oggi…

La chiamata a ritrovare le proprie radici e leproprie scelte nella spiritualità del Vangelo edel carisma dell’Istituto apre cammini verso ilfuturo… Il senso dinamico della spiritualità of-fre l’opportunità di approfondire una spiritua-lità più ecclesiale e comunitaria (meno intimi-stica), più esigente e matura nel reciproco aiu-to verso il raggiungimento della santità e piùgenerosa nelle scelte della vita… (cf Ripartireda Cristo, n. 20).

È necessario, quindi, “educarci” a stare conLui [dal greco: “essere con Lui”] (Mc 3,13-14), seguire e aderire sempre più a Cristo, cen-tro della vita consacrata e riprendere con vigo-re un cammino di rinnovamento e di consoli-damento della nostra appartenenza a Cristo (cfRipartire da Cristo, n. 21).

Lettera del Delegato

“Mai dimenticheròla tua Parola”

ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

28

Istituto “Santa Famiglia”

In considerazione di tutto ciò, si comprendeanche meglio l’insistenza, durante gli EserciziSpirituali, di uscire da quella esperienza di gra-zia e di luce con un piccolo “Progetto spiritua-le di coppia”, scaturito dalla continua risco-perta della Parola di Dio che costantemente de-ve accompagnare il nostro cammino vocazio-nale e di consacrazione.

«La santità – diceva Giovanni Paolo II –non è concepibile se non a partire da un rinno-vato ascolto della Parola di Dio… In particola-re è necessario che l’ascolto della Parola diven-ti un incontro vitale che fa cogliere nel testo bi-blico la parola viva che interpella, orienta, pla-sma l’esistenza» (Novo Millennio ineunte, 39).

Anche nella predicazione di don Alberionetroviamo l’insistente idea che la Parola di Dioè all’origine dell’uomo di Dio, con l’espressi-vo commento: «Affinché l’uomo di Dio siacompleto» (cf 2Tm 3,17). L’espressione usatadal beato Fondatore [“ut perfectus sit homoDei”] è vista con la chiave di lettura di tuttol’impegno formativo di quanti seguono CristoMaestro, Via Verità e Vita, nella “nuova via”da lui tracciata nel Vangelo e come il segretodella vitalità e della stabilità della nostra vita edella Famiglia Paolina nell’insieme dei carismie della missione della Chiesa.

La Parola di Dio,“il fondamento saldo”

A commento di quanto detto sul valore dellaformazione radicata sulla Parola di Dio, lascia-taci dal Fondatore nel corso di Esercizi di unmese nel 1960 e che risponde anche all’esigen-za del secondo anno del triennio (Una storia davivere), ecco una bellissima presentazione bibli-ca del sacerdote paolino don Primo Gironi, sul-la Parola di Dio, fondamento della nostra fede.

Scrive don Primo Gironi: «È un importantetesto della seconda Lettera a Timoteo lo sfon-do dell’espressione con cui don Alberione havoluto siglare il contenuto della predicazioneofferta ai Paolini lungo tutto l’arco del mese diaprile 1960. Eccolo: “Tu però rimani saldo inquello che hai imparato e di cui sei convinto,sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’in-fanzia conosci le Sacre Scritture: queste posso-no istruirti per la salvezza, che si ottiene permezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrit-tura infatti è ispirata da Dio e utile per insegna-re, convincere, correggere e formare alla giu-stizia, perché l’uomo di Dio sia completo [Utperfectus sit homo Dei] e ben preparato perogni opera buona” (2Tm 3,14-17).

Le due Lettere a Timoteo e quella inviata aTito sono conosciute come “Lettere pastorali”.La preoccupazione dell’Autore (Paolo o forsequalche suo discepolo) è quella di edificare laComunità di fede e il singolo cristiano (è que-sti infatti “l’uomo di Dio”) sul fondamentodella Parola di Dio (“le Sacre Scritture”). Èquesta Parola “il fondamento saldo” (cf 2Tm2,19) di fronte alla precarietà e alla pericolosi-tà delle “false dottrine” e dei “falsi maestri” (cf1Tm 4,1-5; 6,3-5; 2Tm 4,1-4). Le Lettere pa-storali amano chiamare questo fondamento “ildeposito”. Nella lingua greca, il termine corri-spondente perathéke indica qualcosa di prezio-so, che va custodito intatto e trasmesso fedel-mente: “So infatti a chi ho creduto e sono con-vinto che egli è capace di conservare fino aquel giorno il deposito che mi è stato affida-to… Custodisci il buon deposito con l’aiutodello Spirito Santo che abita in noi” (2Tm1,12.14; cf anche 1Tm 6,20: “O Timoteo, cu-stodisci il deposito”).

Simile è anche la preoccupazione del nostroFondatore. Il dono di grazia ricevuto dallo Spi-rito, cioè il carisma che è alla base dell’evange-

29

MAI DIMENTICHERÒ LA TUA PAROLA

lizzazione di un mondo nuovo (e tale è il no-stro) con mezzi nuovi (quali quelli della comu-nicazione al servizio del Vangelo), va “custodi-to” intatto da coloro che presiedono alla forma-zione e all’orientamento degli Istituti della Fa-miglia Paolina e va trasmesso con fedeltà.

Quel richiamo, così frequente nelle Letterepastorali, agli “ultimi tempi” e ai “momentidifficili” (cf 2Tm 3,1-9, dove indicano un’epo-ca di gravi crisi), nei quali la Comunità cristia-na rischia il disorientamento dottrinale e il sin-golo cristiano rischia di non percepire più lapropria identità di “uomo di Dio”, è un richia-mo costante anche sulle labbra del Fondatore.Per lui il rischio più grave è quello di perdereil senso originario della nostra missione apo-

stolica, trasformandola in “commercio” e di ri-durre l’uomo di Dio (l’apostolo di oggi) a “uo-mo del mondo” (l’uomo secolarizzato).

Per lui l’impegno più assillante era quellodi formare nelle sue Comunità apostolichel’autentico “uomo di Dio” che, attualizzandole immagini delle Lettere pastorali, “combat-te la nuova battaglia della fede”, cioè si man-tiene sempre nella dimensione di Dio, crescenelle virtù evangeliche e rifugge dal solo oriz-zonte umano dell’effimero, delle mode cor-renti e del compromesso con “questo mondo”(cf 1Tm 6,11-12, dove è presentato il “pro-gramma di vita” dell’uomo di Dio: “Ma tu,uomo di Dio, fuggi queste cose, tendi allagiustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla

30

Istituto “Santa Famiglia”

pazienza, alla mitezza. Combatti la buonabattaglia della fede”)».

La Parola di Dioe la formazione dell’uomo in Dio

Continua don Primo: «Il contesto immedia-to dell’espressione Ut perfectus sit homo Dei èquello della centralità della Parola di Dio che,in forza dell’ispirazione divina, rivela all’uo-mo tutta la sua potenza e tutta la sua efficacia,poiché essa sola “è utile per insegnare, convin-cere, correggere e formare alla giustizia, per-ché l’uomo di Dio sia completo”.

La cultura greca, sia quella classica sia quel-la contemporanea ai tempi del Nuovo Testa-mento, vedeva nella paidéia (la “formazione”,come è reso nel testo greco il verbo “insegna-re”) l’ideale dell’uomo perfetto. Essa consistevasoprattutto nell’armonia esterna del corpo, nel-l’equilibrio del ragionamento filosofico e nellaviva percezione dell’arte e della bellezza esteti-ca. La paidéia biblica è quella che, invece, ope-ra all’interno dell’uomo, che lo costruisce nellasua interiorità, proponendo un ideale di forma-zione che si ispira all’uomo di Dio piuttosto cheall’uomo fruitore della sola bellezza esterna odella sola armonia del corpo e del cosmo.

Modello di questa paidéia sono coloro chela Bibbia ama chiamare “uomini di Dio”: Mo-sè (Dt 33,1: «Mosè, uomo di Dio»), Samuele(1Sam 9,6-7: «In questa città c’è un uomo diDio») e i Profeti (cf 1Sam 2,27).

All’origine di questa identità di “uomo diDio” che il cristiano di ogni tempo deve custo-dire e ravvivare, le Lettere pastorali collocanola Parola di Dio. Si tratta infatti di formare“l’uomo nuovo”, di plasmare “l’uomo trattodalla terra” nell’uomo “in cui abita lo Spirito”,di trasformare questo “corpo di carne” nel

“tempio dello Spirito Santo”. Solo la Parola diDio, nella quale è vivo il soffio dello Spirito,ha questa capacità di trasformare “l’uomo diterra” che è ciascuno di noi “nell’uomo di Dio”rivelato nel progetto della creazione biblica edella novità della Pasqua di Gesù».

Ecco, carissimi, l’orientamento che dovre-mo tenere presente nel Nuovo Anno di Grazia2012, incamminati verso il Centenario di Fon-dazione della Famiglia Paolina.

Sono gli elementi essenziali che devono ca-ratterizzare la nostra vita di Paolini, in tempicosì confusi e incerti! Costruire il nostro vissu-to come persone attorno alla Parola di Dio ciporta a mirare alla nostra identità e alla nostraconsistenza spirituale. Ogni altra dinamica psi-cologica o sensazionalistica (il voler vederecose strepitose!) ci porterebbe fuori strada!

La Parola di Dio che salva, quindi, è trop-po importante per noi: su di essa l’uomo diogni tempo può costruire il suo presente e ilsuo destino, la sua esistenza di ogni giorno,secondo quelle indicazioni meravigliose dellaBibbia, espresse nel Salmo 119: «La tua Pa-rola mi fa vivere» (v. 50). «La mia ragiond’essere è custodire la tua Parola» (v. 57).«Tengo lontani i miei passi da ogni via catti-va per custodire la tua Parola» (v. 101).«Lampada ai miei passi è la tua Parola e lu-ce sul mio cammino» (v. 105). «La tua Paro-la nel rivelarsi illumina» (v. 129). «Io sperosulla tua Parola» (v. 147). «Mai dimentiche-rò la tua Parola» (v. 16).

Queste riflessioni, ci accompagnino lungotutto l’arco di tempo che il Signore ci dona nel-l’anno che abbiamo iniziato.

Don Olinto CRESPI, Delegato [email protected]

31

Nati dal Tabernacolo

I fecondi frutti dell’Eucaristia

Giovanni Paolo II nell’’Enciclica “Eccle-sia de Eucharistia” (nn. 5-6) scrive:

«Contemplare Cristo implica saperlo ricono-scere dovunque egli si manifesta, nelle suemolteplici presenze, ma soprattutto nel Sacra-mento vivo del suo Corpo e del suo Sangue. LaChiesa vive del Cristo eucaristico… Ogni vol-ta che la Chiesa celebra, i fedeli possono rivi-vere in qualche modo l’esperienza dei due di-scepoli di Emmaus: “Si aprirono loro gli oc-chi e lo riconobbero”».

Chi possono essere i due discepoli, a cuiGesù si affianca? Luca fa il nome di uno solo:Cleopa. Alcuni studiosi dicono che, parlandodi una coppia di sposi, di solito si fa solo il no-me dello sposo. Questo fatto ha fatto pensareche i due fossero una coppia di sposi, che ave-vano seguito Gesù e si erano messi al suo ser-vizio, proprio come i membri dell’Istituto“Santa Famiglia”. Può essere vera questa inter-pretazione? Non lo sappiamo, ma è affascinan-te, perché potete maggiormente comprenderequali effetti mirabili ha l’Eucaristia nella vitadi coppia e di famiglia.

In quella coppia, che percorre con Gesù iquasi 12 km che da Gerusalemme portano adEmmaus, succede qualcosa di stupendo! Av-vinti dalla Parola ascoltata durante il viaggio,chiedono a Gesù: «Resta con noi perché si fasera e il giorno volge al declino». “Si fa sera”:non è solo una annotazione temporale. Nel lo-ro cuore non era “notte”, come nel cuore diGiuda quando uscì per il tradimento (cf Gv13,30); di certo era “ancora sera”, cioè non viera luce piena. Ma tutto si squaderna allorchéin quella “piccola chiesa”, che era diventata laloro casa (“chiesa domestica”, dirà il Conci-

lio), Gesù «prese il pane, disse la benedizione,lo spezzò e lo diede loro». Nel cuore dei duediscepoli si illuminarono quattro ambiti dellavita di fede, che possiamo chiamare i frutti piùbelli dell’Eucaristia. Quali?

Riconobbero Gesù

Pare la cosa più normale. È invece il donopiù straordinario che possa essere concesso auna coppia, ad un nucleo familiare. I due ave-vano già “conosciuto” Gesù; ma, pur percor-rendo con lui quasi 12 km, non lo hanno “rico-nosciuto”. Anche gli altri discepoli, in più oc-casioni, non lo riconoscono: la Maddalena loscambia per l’ortolano, i discepoli nel cenaco-lo e sulla spiaggia per un fantasma. Il fatto dinon riconoscerlo manifesta che la loro cono-scenza non era autentica.

Quale la differenza tra “conoscere” e “rico-noscere”? Nel linguaggio biblico, in pratica,non vi è differenza! Però, solo la vera “cono-scenza” porta naturalmente alla “riconoscenza”.

a) La “conoscenza del Signore” è sempreconnessa alla hesed di Dio, cioè alla sua benevo-lenza ed esprime la fedeltà assoluta di Dio chestabilisce con la creatura un’unione detta “spon-sale”. Quindi, la “conoscenza” della fedeltà diDio porta ognuno alla convinzione che il veroamore o è per sempre o non è vero amore.

La costatazione di questo Amore fedele diDio provoca nella vostra vita di coppia la ri-sposta di fedeltà! Conquistati dalla fedeltà diDio, vi abbandonate fiduciosamente nel suoabbraccio, vi lasciate avvolgere dal suo amorenel desiderio di corrispondervi fedelmente. Unpo’ alla volta la vostra vita è illuminata da una

32

Nati dal Tabernacolo

sottomissione gioiosa alla volontà di Dio, nonpiù sentita come “dipendenza schiavizzante”,ma “dipendenza d’amore”. Di conseguenzal’amore tra di voi e verso gli altri si fa semprepiù vero, perché si scopre l’immagine di Dionell’altro; e la sottomissione vicendevole di-venta un valore.

b) La “conoscenza del Signore” fa fiorirenel cuore la “riconoscenza”. Come coppiagiungete a “conoscere Dio”, impegnandovi nel-la fedeltà reciproca, e soprattutto ri-conoscen-dolo nei fatti della vita. Il “conoscere” diventa“riconoscere” con gratitudine l’azione di Dio.

Evidentemente il “conoscere” non va maidato per scontato per la ragione che lo posso “ri-conoscere” ora in questo contesto, ma non “ri-conoscere” più in un contesto più difficile o disofferenza. Se la “conoscenza” non si esercitacontinuamente nella “ri-conoscenza”, diventasolo più “scienza” (sapère), ma non sapienza,esperienza di vita (sàpere). Questa riconoscenzaporta alla gratitudine, cioè al continuo “renderegrazie” (l’Eucaristia che continua nella vita).

Capirono la storia come storiadella salvezza

In quel momento non solo gli occhi dellatesta, ma anche quelli della mente e del cuoresi aprirono e i due sposi compresero «i passidella Bibbia che lo riguardavano», comincian-do dai libri di Mosè fino agli scritti di tutti iprofeti. Tutto si illumina, non tanto perché siconvinsero che era giusto quello che era suc-cesso (un’ingiustizia non può mai diventaregiusta); ma perché compresero che nella sto-ria, e in ogni fatto di essa, è presente Dio conla sua misericordiosa provvidenza.

Ecco il frutto sapiente della celebrazione: lastoria in generale, e prima ancora la vostra pic-cola storia di coppia e di famiglia, non è solo

una “cronologia” di fatti che si susseguono, avolte gioiosi e molto più spesso dolorosi, a vol-te giusti e molto più sovente ingiusti; ma è unastupenda “kairologia”. Che cosa significa?

Nella sua prima predica – ammirabile sia perla sua profondità come per la sua brevità – Gesùannunzia che «il tempo è compiuto, il regno diDio è vicino; convertitevi e credete al vangelo»(Mc 1,15). Gesù. per annunziare il compimentodel tempo, non usa “kronos”, ma “kairòs”.

- kronos: è il tempo materiale, composto disecondi, minuti, ore e giorni. Questo temponon si compie, ma scorre inesorabile;

- kairòs: è invece ciò che dà senso pieno altempo materiale che scorre.

Esemplificando: un’ora ad ascoltare unconferenziere noioso e un’ora di due fidanzati-ni a guardarsi negli occhi dicendosi in silenzioil loro amore. Come “tempo materiale” sonosempre 60 minuti, ma ben diverso è ciò che dàsenso e significato a quel tempo: l’ora adascoltare il predicatore noioso non passa mai,quella dei due fidanzatini passa in un attimo.

Cleopa e moglie compresero allo “spezzardel pane” che ormai tutto era “kairòs”: nessunfatto della storia era frutto del caso, né unica-mente provocato o dalla cattiveria o dalla bon-tà delle persone; in ogni evento l’amore del Pa-dre si fa sempre presente, impegnato a «farconcorrere tutto al bene di coloro che amanoDio» (Rm 8,28).

L’Eucaristia – dice il beato Alberione – ci fa«vivere il tempo biblicamente». Il frutto piùbello è un sano ottimismo, che vi pone nei con-fronti dei fatti della vita nell’ottica di Dio. Nonci lascia mai seppellire da notizie di superficie.

Visione profonda della loro identità

Allo “spezzar del pane” i due discepoli usci-rono dalla penosa crisi di identità e riscopriro-

33

no il valore della loro vita e soprattutto della lo-ro sequela. Lo “sperabamus”, buttato in facciaa Gesù («Noi speravamo che…»: v 21) manife-stava quanto la loro sequela si era oscurata,smarrendo di conseguenza il senso della vita. Inquel momento la loro sequela divenne lumino-sa, perché il centro d’interesse non era più la lo-ro situazione, le loro attese, ma il piano di Dioche si svolge anche e nonostante il fallimento.

Quanto è necessario oggi celebrare con fe-de l’Eucaristia per accendere in noi e negli al-tri un’esperienza sempre più forte dell’amore.La crisi di senso, che affligge l’uomo contem-poraneo, è molto grave; la crisi di appartenen-za, che attanaglia le famiglie, le comunità cri-stiane, anche religiose, rende pesante il viverecomune. L’era moderna ha messo fuori causaDio come garante ovvio del senso della vita, loha dichiarato morto. Alla fede in Dio è suben-trata la fede nell’“io” personale e collettivo; al-la fede nella preghiera è subentrata la fede nelprogresso, nell’efficienza.

Solo l’Eucaristia, vissuta come esperienzad’amore, aiuta la famiglia a vivere in profondi-tà l’appartenenza a Cristo, che per voi è nonsolo appartenenza ad una comunità parrocchia-le, ma all’Istituto “Santa Famiglia”, dono mi-rabile di Dio, che ha nell’Eucaristia, possibil-mente quotidiana, la sua piena evidenza.

Diventarono testimonie missionari dell’amore

Quell’ardore che avevano sentito confusa-mente prima dello “spezzar del pane”, esplode.Prendono coscienza così viva delle “mirabiliaDei” che sentono un bisogno incontenibile di te-stimoniare e annunziare ciò che avevano udito,visto e toccato. Da come Luca racconta il fatto,sembra immediata la decisione di ritornare aGerusalemme per racconta l’esperienza vissuta.

L’Eucaristia celebrata e adorata vi porta ascoprire e a vivere intensamente l’apostolatofamiliare: comunicare l’Amore sperimentatonella celebrazione. L’Eucaristia, vissuta comeesperienza d’amore, suscita in tutti il desideriodell’annunzio.

L’integrazione nella vita del dono che Dioha fatto di sé e della sua presenza, vi fa viverel’Eucaristia non solo come un rito o una par-cella da pagare; vi guida, invece, a vivere ilgiusto equilibrio tra contemplazione e azione:l’postolato deve necessariamente fiorire dallacontemplazione e, quanto più è comunicazionedi ciò che abbiamo sperimentato, vi riporta al-la contemplazione, e quindi alla celebrazioneeucaristica.

L’Eucaristia diventa centro e forma dellasingola persona e della coppia, fonte e culminedella stessa evangelizzazione.

Don Venanzio FLORIANO ssp

I FECONDI FRUTTI DELL’EUCARISTIA

I discepoli di Emmaus

34

Note di Liturgia

La Preghiera eucaristica è la parte centraledella Celebrazione, nella quale si celebra

il sacrificio di Cristo, anzi, si fa memoria dellaPasqua di Cristo e si invoca lo Spirito Santoper formare il corpo ecclesiale.

I riti di Comunione sono parte integrantedella Celebrazione, perché la Messa è banchet-to sacrificale, ma anche conviviale; è insieme“olocausto” (tutta la vittima è offerta a Dio) e“sacrificio di comunione” (dove i partecipantimangiano la vittima sacrificata). È quindi logi-co che i fedeli partecipino alla Celebrazionemangiando il Corpo e il Sangue del Signore,cioè comunicando al sacrificio.

Il Padre nostro. – La preghiera del Signoreè collocata qui come ulteriore elemento peni-tenziale: non si può andare alla comunione conCristo se non si è pronti a formare un solo cor-po con i fratelli e quindi a perdonare scambie-volmente le offese. Il Padre nostro viene reci-tato o cantato da tutta l’assemblea. La CEI sug-gerisce che tutti possono tenere le mani alzatepoiché è il gesto classico dell’orante.

Il rito della pace. – È un gesto molto anti-co, raccomandato anche da san Paolo (Rm16,16). La collocazione prima della Comunio-ne, propria del rito romano, sembra dargli un

senso ben preciso: non si esprime la pace chenoi diamo, ma la pace che Cristo ci ha dato inconsonanza con la preghiera appena detta dalsacerdote: «Signore Gesù Cristo, che hai dettoai tuoi apostoli: vi lascio la pace, vi do la miapace…». Dopo la Preghiera eucaristica, dal-l’altare viene donata la pace di Cristo che noici scambiamo. Il gesto di un inchino o stretta dimano va scambiato soltanto con chi è a fiancose è un semplice fratello o sorella in Cristo, maalla moglie o al figlio si può dare un vero eproprio abbraccio di pace.

La frazione del pane. – Il sacerdote spez-za l’ostia: è segno di condivisione. È Cristoche spezza il pane per noi: indica che tutti ifedeli costituiscono un corpo solo in quantopartecipi dell’unico pane. Le ostie piccolesono pane già spezzato, ma ove è possibile èsignificativo avere un solo pane che si spez-za per tutti.

Il canto dell’Agnello di Dio, che si può ri-petere anche più di tre volte finché dura la fra-zione, vuole esprimere la fede nel Cristo che èvivo e che non si spezza.

Una particella di pane viene staccata dal sa-cerdote e posta nel calice. Anticamente il sa-cerdote metteva nel calice un pezzetto di paneconsacrato che il Vescovo aveva mandato a lui

Riti di Comunione e di conclusione

Nel concludere questa rubrica sulla Liturgia della Messa siamo convinti di aver contri-buito a risvegliare nei cuori quello che Giovanni Paolo II ha chiamato lo “stupore eu-caristico” e quindi a far comprendere il senso divino della Liturgia, così da essere vericoncelebranti del mistero.

35

RITI DI COMUNIONE E DI CONCLUSIONE

e a tutti i presbiteri della sua diocesi in segnodi comunione.

L’invito al banchetto. – Dopo una preghie-ra personale il sacerdote presenta il pane e ilvino all’assemblea: «Beati gli invitati alla cenadel Signore, ecco l’Agnello di Dio…». Gesù èl’Agnello che si lascia mangiare per trasfor-marci in Lui. La Comunione eucaristica è unatto di amore e di unione intima tra Gesù eognuno di noi, quale pregustazione del ban-chetto escatologico.

Quando il sacerdote dice “corpo di Cri-sto” l’“amen” del fedele non è semplicemen-te un atto di fede (io credo che quello è il cor-po di Cristo), ma è un “sì” sponsale. Acco-gliendo il corpo sacramentale di Cristo si di-venta uno con Lui. Ed è Lui che trasforma lanostra piccola vita nella sua vita divina, do-nandoci il suo corpo spirituale: nell’Eucari-stia, infatti, non riceviamo soltanto il corpodi Cristo, ma anche il suo spirito, cioè lo Spi-rito Santo.

Durante la processione di Comunione – cheesprime come la nostra vita sia un andare in-contro al Signore tutti insieme – si canta. Nonsi può partecipare ad un banchetto di nozze insilenzio. Il canto esprime la gioia per la bontàdel Signore che si va a gustare.

Il silenzio di ringraziamento. – Si tratta diun tempo che permette l’appropriazione, l’as-similazione e il ringraziamento. Ognuno riflet-te, parla, si incontra con il suo Signore restan-do seduti o in ginocchio. Se ci sono bambiniche non sanno custodire il silenzio si può fareun canto di ringraziamento.

Riti di conclusione. – Sono il saluto, la be-nedizione e il congedo. Prima si possono darealcuni brevi avvisi necessari alla vita della co-

munità. La benedizione può essere impartita intre modi.

• Il primo è la benedizione semplice.

• Oppure c’è quella solenne, indicata nelMessale, per le grandi feste con una tripliceinvocazione trinitaria. Il popolo rispondeAmen.

• Il terzo modo di dare la benedizione è quel-lo più tipicamente romano: una preghiera dibenedizione sul popolo. Il sacerdote si ri-volge a Dio con una preghiera e domandache Dio benedica questo popolo: «Scendala tua benedizione…». La preghiera è rivol-ta a Dio.

Da ultimo viene la formula ufficiale dicongedo. Tradizionalmente è stata: Ite, Missaest. La parola Messa viene proprio da questafrase che equivale a Ite, dimissio est. Anda-te… è il congedo, come per dire: l’assembleaè sciolta.

È una formula ufficiale, protocollare, concui si scioglie l’assemblea.

Benedetto XVI ha detto che la frase si è ca-ricata lungo i secoli di una valenza missiona-ria: Ite, missio est. Non dimissio, lo sciogli-mento dell’assemblea, ma l’invio in missione.

L’ultima parola che si dice nella Messa è larisposta del popolo al congedo ed è un’Eucari-stia, poiché il popolo risponde ringraziando:“Rendiamo grazie a Dio”. Sempre dobbiamorendere grazie a Dio ed è dall’Eucaristia cheimpariamo a vivere in continuo rendimento digrazie.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

36

Per quanto riguarda la musica e il canto inparticolare, impiegati nelle nostre Celebra-

zioni liturgiche, siamo a volte ad un livello co-sì infimo da far impietrire anche… i sassi! Percui il celebre motto agostiniano: “Chi canta be-ne, prega due volte” si capovolgerebbe in “chicanta male, prega a metà”.

Le fonti. – Chiunque voglia occuparsi delcanto e/o della musica sacra nella liturgia deveconoscere quanto in materia prescrive la Costi-tuzione conciliare Sacrosanctum Concilium ela relativa istruzione Musicam Sacram, ema-nata dalla C.E.I nel 1967. Importanti sono an-che la Costituzione Apostolica Laudis Canti-cum di Paolo VI, i Principi e Norme per la Li-turgia delle Ore (PNLO) e l’Istruzione genera-le del Messale Romano (IGMR), tutti docu-menti che danno indicazioni fondamentali perl’attuazione della Costituzione conciliare.

L’importanza del canto nella Liturgia. –Poiché «il fine della Musica sacra è la gloria diDio e la santificazione dei fedeli» (SC, n. 112),«l’azione liturgica riveste una forma più nobilequando i divini Uffici sono celebrati solenne-mente in canto, con i sacri ministri e la parteci-pazione attiva del popolo» (SC, n. 113). «Il can-to non si deve considerare come un certo orna-mento che si aggiunge alla preghiera quasi dal-l’esterno, ma piuttosto come qualcosa che scatu-risce dal profondo dell’anima che prega Dio emanifesta in modo pieno e perfetto il caratterecomunitario del culto cristiano (PNLO, n. 270).

La situazione attuale. – Purtroppo il cantonelle nostre Chiese è sovente improntato ad asso-luta banalità. Banalità nei testi e banalità nelle mu-siche, che si rifanno a ritmi rock, impraticabili

dalle assemblee, o a linee di canto melensi, stile“Sanremo”, o talvolta, a melodie copiate da filmwestern. «Si deve evitare diligentemente di am-mettere delle canzonette popolari, che non hannonessun valore artistico e che in verità non si addi-cono alla dignità della Liturgia» (PNLO, n. 178).

Cosa cantare. – In Italia quasi ogni parroc-chia ha un proprio libretto di canti; il che nonfavorisce l’unità della grande comunità cristia-na; se poi anche i testi e le musiche non si adat-tano alla celebrazione, l’unità è ancor più pre-giudicata. Che cosa c’entra il rock con la Paro-la e il Mistero che si celebrano? È penosa lasensazione di sentirsi in discoteca, anche perl’assordante volume sparato! Un tentativo dirimediare è stato fatto recentemente dalla CEIcon la pubblicazione del nuovo “Repertorio dicanti per la Liturgia”. Le musiche non sonosempre di qualità, ma sicuramente i testi sonoadatti al rito. Il gruppo di Vicenza nel prepara-re un proprio agile libretto di canti, ha messoinsieme un piccolo repertorio, tratto dalla cita-ta pubblicazione dei Vescovi italiani.

Come cantare. – «Il nostro Salvatore nel-l’ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì ilSacrificio eucaristico del suo Corpo e del suoSangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suoritorno, il Sacrificio della Croce e per affidarecosì alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il Memo-riale della sua Morte e della sua Risurrezione:sacramento di pietà, segno di unità, vincolo dicarità, convito pasquale, nel quale si riceveCristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci èdato il pegno della gloria futura» (SC, n. 47).Questo paragrafo della Costituzione conciliareinvita l’assemblea ad essere consapevole diquanto sta vivendo nella Celebrazione. È vero,

Note di Liturgia

Il canto nelle celebrazioni liturgiche

37

IL CANTO NELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE

di certo è “convito pasquale”, ma vissuto sic etsimpliciter come “festa”, rischia di essere “fe-sta pagana” e – Dio non voglia – il canto con ilsuo accompagnamento strumentale assomigliad un vero e proprio baccanale.

Nell’episodio biblico della sfida che il pro-feta Elia lancia ai profeti di Baal nell’invocareil fuoco sull’offerta posta sull’altare è detto chei sacerdoti di Baal «continuavano a saltellareda una parte e dall’altra intorno all’altare cheavevano eretto… gridarono a gran voce e si fe-cero incisioni… ma non vi fu né voce, né rispo-

sta” (1Re 18,26-29). Penoso ridurre la Cele-brazione quasi a questo livello! Occorre tenereviva la coscienza che siamo davanti a Dio!Quindi proprio per questo le risposte dell’as-semblea, sia in canto, sia in parole, non devo-no essere gridate o bisbigliate o addirittura ta-ciute, ma cantate e proclamate con voce som-messa, anche se del tutto chiara e comprensibi-le. In questo modo canto e risposte dei fedelidiventano preghiera.

A cura di Giannantonio CAVEDON isf

La cura della Celebrazione eucaristicaPrimo momento importante per radunare in

unità la comunità è l’accoglienza: è da incorag-giare la prassi di accogliere i fedeli indicandoloro il posto.

Va curato poi lo spazio celebrativo ornando-lo con gusto; non sfarzo, ma nobile semplicità:la pulizia e il profumo di pulito della chiesa, letovaglie pulite, l’ambone e l’altare debitamenteornati non con troppi fiori o candelieri.

Preziosa è la cura del canto. Nelle nostrechiese in genere si canta, ma non sempre in mo-do appropriato. Bisogna educare i fedeli al fattoche, in primo luogo, si canta con il cuore: il canto è gioia che esce dal cuore. Il canto non deve di-sturbare l’assemblea. Si canta con il cuore ascoltandosi reciprocamente, senza gridare. È importan-te ci sia un esperto di canto che formi un gruppo o schola per animare l’assemblea.

I lettori devono essere preparati: è un ministero che non si può improvvisare. Il lettore dovrà sa-pere per tempo che cosa e quando leggere per poter assimilare la Parola e comunicarla all’assem-blea in modo efficace e comprensibile. La Parola di Dio va ascoltata e il salmo responsoriale va can-tato, almeno il ritornello.

Importanti sono anche le monizioni: il sacerdote introduce la Celebrazione dopo il saluto; cosìpure durante la Celebrazione, quando è necessario, con criterio, buon senso e sobrietà, nei momen-ti previsti può dire una parola che coinvolga l’assemblea, susciti attenzione e tensione spirituale.

All’accoglienza iniziale fa riscontro un momento di fraternità dopo la celebrazione davanti allachiesa sul sagrato che è spazio adatto per l’accoglienza. Quello che si celebra nella Messa bisognache continui nella vita per cui la comunità deve proseguire la comunione anche nella vita della set-timana. Sono benedette quindi tutte le iniziative che promuovono la vita fraterna e comunitaria nel-la parrocchia così che la Messa non sia percepita come un’osservanza.

38

Elementi di formazione: le piccole virtù umane

L’uomo infelice

C’era una volta un tagliapietre scontentoper la fatica e la misera paga. Desiderò co-

sì tanto diventare ricco che il suo desiderio siavverò. Ma divenne ben presto infelice al ve-der passare un re più potente di lui in quantodominava i sudditi e così chiese di diventare ree fu esaudito immediatamente.

Tornò però l’insoddisfazione che lo portò apensare: «Voglio ancora di più. Voglio essereil sole che è ancora più potente di me!». Ed ec-co che divenne sole. Mentre gustava la suagrandezza e importanza si accorse che sotto dilui le nuvole gli impedivano di vedere il pae-saggio. Provò invidia e allora fu subito tra-sformato in nube sospesa nell’aria, mobile evaporosa.

Non si era ancora divertito abbastanza chela nuvola si condensò in goccioloni di pioggiache andarono a colpire una roccia di granito.Questa era forte, dura e solida mentre le gocced’acqua sparivano in fretta nel terreno. Vollediventare roccia e così avvenne. Ora sembravasicuro e felice poiché era accarezzato dai raggidel sole mentre il vento e le gocce d’acqua lorinfrescavano.

Un giorno però vide un tagliapietre che colsuo martello cominciò a batterlo. «Come vor-rei essere il tagliapietre», pensò. E subito di-venne ciò che era in origine, ma questa voltadavvero felice per la sua arte. In sogno ebbeuna meravigliosa visione della cattedrale chele sue pietre avrebbero contribuito a formare.

Gli pareva che non ci fosse niente di meglioche essere ciò che era. Era una rivelazione bel-lissima. Era la gratitudine.

La vicenda di quest’uomo scontento sem-bra la nostra, poiché anche noi siamo costante-mente insoddisfatti e proiettati al di fuori dinoi, a confrontarci con gli altri, a misurare noistessi e le nostre vicende secondo i criteri del-la normalità o della maggioranza. Ci esce sem-pre più raramente dalla bocca la parola “gra-zie” quasi che tutto sia scontato e dovuto. Ad-dirittura ci pare che meno bisogno abbiamo de-gli altri e meglio è, poiché l’orgoglio esaltal’aspirazione di potercela fare da soli. Abbia-mo smarrito così la gioia della fraternità, del-l’aver bisogno gli uni degli altri, dell’essereparte di un tutto più grande di noi dove l’altroè prezioso.

Ingrati perché ciechi

La gratitudine è la capacità di riconoscereil valore di ciò che già ora, qui, la vita ci offre.È un’operazione della mente che, però, pre-senta anche una particolare intensità emotiva.Se riconosciamo il valore di ciò che abbiamo,ci sentiamo ricchi e fortunati; se non lo rico-nosciamo, ci sentiamo poveri e infelici. Non èraro sentirsi come il tagliapietre prima manie-ra: non ce ne va bene una! Lo scontento ci ro-de, il brontolio è il rumore di sottofondo cheaccompagna le nostre giornate. Del resto secritichiamo di continuo noi stessi e gli altri,non facciamo che trovare ciò che va male e ci

La gratitudine,una premura del cuore

3939

commiseriamo, non possiamo pretendere poidi essere allegri…

Ci sono persone che sembrano aver avutotutto dalla vita, ma che sono perennementescontente perché non vedono la bellezza di ciòche hanno e si concentrano su ciò che vorreb-bero o sulla propriainsoddisfazione. In-vece altri, magari me-no fortunati, apprez-zano le cose semplici– un sorriso, una bel-la giornata, la salute –che molti danno perscontate. I loro occhisono aperti al valoredi ciò che vedono. Lasituazione in cui vo-gliono essere è pro-prio quella in cui so-no.

Per essere gratibisogna essere senza difese e rinunciare adogni forma di orgoglio fino a riconoscere chela nostra felicità dipende da qualcun altro. Hoconosciuto un uomo che non era capace di ri-cevere regali. Ogni volta che qualcuno gli re-galava qualcosa, una penna o una cravatta peresempio, lo dimenticava lì come se non voles-se riconoscere di essere debitore. Così peròquel tizio non solo non apprezzava il dono,ma neppure riusciva ad aprirsi ad un’altrapersona. Un altro sperava assolutamente dinon ammalarsi mai per non dover dipenderedagli altri.

Secondo il professor Silvano Petrosino, do-cente di semiotica all’Università Cattolica diMilano, si può essere in difficoltà nel dire“grazie”, in quanto questo atto significa accet-tare di non essersi fatti da sé, accettare di acco-gliere, in totale passività, qualcosa che non si

può restituire: e ciò, per alcune persone, è in-sopportabile.

Un anziano docente universitario nel corsodi un dibattito, mentre un relatore sostenevache “Gesù salva tutti”, esclamò: «Io non voglioessere salvato da nessuno!». Questa frase rac-

conta il perenne e tra-gico desiderio di tota-le autonomia dell’uo-mo. Gesù invece èl’archetipo dell’uomograto, perché vive lavita contento che ilPadre ci sia, contentodi dipendere e ricevertutto da Lui. Gesù èl’uomo che accoglieil fatto di non essersicostruito da sé e vivequesta condizionenon nella forma dellimite e della priva-

zione ma della gioia e della pace.La gratitudine è per definizione antieroica.

Non dipende da quanto io sono bravo o forte ospeciale. È anzi basata sulla mia mancanza esulla mia capacità di ricevere aiuto. Se non na-scondo a me stesso quanto sono vulnerabile eincompleto, allora posso ricevere il beneficioche la vita mi offre ed essere grato. Il sollievoche la gratitudine può dare deriva proprio daquesto: mi rendo conto che da solo non possofarcela; non devo più sforzarmi di essere unsuperuomo o una superdonna, ma va bene cosìcome sono.

Grati verso tanti

Quando una persona prova sentimenti digratitudine vuol dire che sta bene, che i suoicanali di comunicazione sono aperti, che non si

LA GRATITUDINE, UNA PREMURA DEL CUORE

L’arte della gratitudine è una buona abitudineche richiede molto esercizio

40

Elementi di formazione: le piccole virtù umane

sopravvaluta (perché sa di aver bisogno deglialtri) e non si sottovaluta (perché sa di merita-re ciò che riceve). Significa che è capace di ri-conoscere il valore della situazione in cui sitrova e di capire come gli altri contribuisconoal suo benessere. Vuol dire che è in grado diapprezzare ciò che c’è di buono nella sua vita.

Se pensiamo alle persone della nostra vitaverso cui essere grati ci accorgiamo che tuttociò che abbiamo – beni, capacità, tratti del ca-rattere, idee, prerogative – ci viene dagli altri.Oppure, se è proprio nostro, è stato attivatodalla loro presenza.

• Dai genitori abbiamo avuto sostegno e sicu-rezza dell’affetto;

• i vari maestri ci hanno dato strumenti es-senziali per il lavoro, idee, ispirazione;

• gli amici ci hanno fatto sentire bene con noistessi;

• alcuni colleghi ci hanno insegnato i trucchidel mestiere;

• altre persone ci hanno aperto al mondo e alprossimo;

• la nostra famiglia ci ha regalato amore esorprese in abbondanza.

L’elenco potrebbe proseguire… Ci rendia-mo conto che ogni mattone della nostra casa èstato dato da qualcuno e i nostri mattoni, a lo-ro volta, hanno contribuito a molte altre case.Siamo in debito verso tutti.

Come educare

Qual è il modo migliore per educare allagratitudine? È nelle relazioni familiari co-struite sulla gratuità il grembo nel quale i

bambini imparano. È coltivando queste rela-zioni che i piccoli diventano capaci di aprirsiad accogliere anche una gratuità più grande,quella di Dio, che è la fonte di tutte le relazio-ni interumane gratuite. Non a caso nel lin-guaggio religioso si parla di “grazia”: Dio èfonte della grazia, intesa non nel senso di unsingolo dono particolare, ma della grazia pereccellenza che è la vita. Accoglierla è il cuo-re dell’esperienza religiosa, tutto il resto vie-ne dopo. Purtroppo la nostra società che vivedi prestazioni, interessi economici, scambi econtratti non aiuta l’educazione alla gratuità enon agevola la gratitudine.

Poiché la maggior parte delle persone tendea dare tutto per dovuto, ciò che più frequente-mente educa è purtroppo la sofferenza. Quan-do si attraversa, ad esempio, una malattia dolo-rosa, ci si accorge di quanto abbiamo dato perscontato: respirare, deglutire, camminare,muovere gli arti; atti cui prima neppure si ba-dava, improvvisamente vengono consideratidoni preziosi.

Decisivo e imprescindibile è l’esempio:un bambino diventa capace di ringraziareperché cresce attorniato da adulti che fannodella gratitudine uno stile di vita, adulti feli-ci di esprimerla agli altri e a Dio per il dono

LA GRATITUDINE, UNA PREMURA DEL CUORE

41

dell’esistenza, del respiro che non si sono da-ti da soli.

La gratitudine, che fiorisce dallo stupore edalla gratuità, che implica l’accettazione deipropri limiti e della propria incompletezza,che attesta la presenza in ciascuno di noi deisemi offerti dagli altri, richiama anche adun’altra cosa: i “grazie” che ci diciamo gli unigli altri e rivolgiamo a Dio raccontano che afarci vivere sono i legami buoni, i legami diamore fraterno. Che sono da nutrire, proteg-gere e custodire.

Ricordare

Aiutiamo nostro figlio a “ri-cordare”(cioè a rimettere nel cuore) durante il viaggio

della vita non solo le delusioni, ma l’acquascaturita un giorno all’improvviso mentrenon se l’aspettava, la manna discesa dal cie-lo sotto forma di un amico quando credeva dinon avere più forza.

Aiutiamo a ricordare momenti in cui,mentre era quasi disperato, improvvisi squar-ci si sono aperti in un cielo chiuso, ad annun-ciare che non viviamo da soli, ma che c’è unAmore che percuote i confini della nostrastoria e che viene sempre, creando continuesorprese.

Ricordare è importante e vitale control’oblio che è la radice di tutti i mali.

Don Roberto ROVERAN ssp

ALLENAMENTO. Una singola, semplice e positiva azione può cambiare la vita di unapersona. Una delle semplici azioni in grado di sortire un effetto straordinario nellavita è la realizzazione del potere della gratitudine. Ecco alcuni suggerimenti per farsì che la gratitudine diventi parte integrante della tua vita.

• Saluta il nuovo giorno con un ringraziamento.

• Quando stai vivendo una giornata dura… fai una lista delle cose di cui sei ricono-scente.

• Invece di agire con rabbia, mostra gratitudine.

• Invece di criticare il tuo partner, mostragli gratitudine.

• Invece di lamentarti dei tuoi figli, sii riconoscente per il fatto di averli.

• Quando affronti una sfida ardua nella tua vita, cerca di esserne riconoscente.

• Quando una tragedia ti colpisce, sii grato per la vita che ancora hai vicino a te.

• Invece di guardare a ciò che ti manca, apprezza quello che hai.

In margine al Convegno mondiale

42

Èil tema del VII Incontro mondiale dellefamiglie, che si terra a Milano dal 30 mag-

gio al 3 giugno. Il tema è stato così presentatoda Benedetto XVI in una lettera al card. Anto-nelli, presidente del Pontificio Consiglio per lafamiglia: «Il lavoro e la festa sono intimamentecollegati con la vita delle famiglie: ne condizio-nano le scelte, influenzano le relazioni tra i co-niugi e tra i genitori e i figli, incidono sul rap-porto della famiglia con la società e con laChiesa. La Sacra Scrittura (cf Gen 1-2) ci diceche famiglia, lavoro e giorno festivo sono donie benedizioni di Dio per aiutarci a vivereun’esistenza pienamente umana. L’esperienzaquotidiana attesta che lo sviluppo autentico del-la persona comprende sia la dimensione indivi-duale, familiare e comunitaria, sia le attività ele relazioni funzionali, come pure l’apertura al-la speranza e al Bene senza limiti».

Nella stessa lettera, Benedetto XVI si soffer-ma anche sul programma dell’Incontro: «Il VIIIncontro mondiale avrà come i precedenti unadurata di cinque giorni e culminerà il sabato se-ra (2 giugno) con la “Festa delle testimonianze”e domenica mattina (3 giugno) con la Messa so-lenne. Queste due celebrazioni, da me presiedu-

te, ci vedranno tutti riuniti come “famiglia di fa-miglie”. Lo svolgimento complessivo dell’even-to sarà curato in modo da armonizzare compiu-tamente le varie dimensioni: preghiera comuni-taria, riflessione teologica e pastorale, momentidi fraternità e di scambio fra le famiglie ospiticon quelle del territorio, risonanza mediatica».

Il nuovo arcivescovo di Milano, card. Ange-lo Scola, pochi giorni dopo il suo ingresso in cit-tà, ha indirizzato alla diocesi la sua prima Lette-ra con lo sguardo rivolto all’evento più impor-tante che attende la Chiesa ambrosiana: «La fa-miglia è la via maestra e la prima, insostituibi-le “scuola” di comunione, la cui legge è il do-no totale di sé. I cristiani, proponendola in tut-ta la sua bellezza, al di là delle loro fragilità, in-tendono testimoniare a uomini e donne del no-stro tempo, qualunque sia la loro visione dellavita, che l’oggettivo desiderio di infinito che staal cuore di ogni esperienza di amore si può rea-lizzare. La famiglia così concepita è un patri-monio prezioso per l’intera società».

«L’Incontro mondiale delle famiglie – scriveancora il cardinale – ci chiama a ri-scoprire piùprofondamente la bellezza, la bontà e la veritàdella famiglia».

“La famiglia, il lavoro e la festa”

43

Preghiera per il VII Incontro mondiale delle famiglie(Card. Dionigi Tettamanzi)

Padre del Signore Gesù Cristo e Padre nostro,noi ti adoriamo, Fonte di ogni comunione;

custodisci le nostre famiglie nella tua benedizioneperché siano luoghi di comunione tra gli sposi

e di vita piena reciprocamente donata tra genitori e figli.

Noi ti contempliamo, Artefice di ogni perfezione e di ogni bellezza;

concedi ad ogni famiglia un lavoro giusto e dignitoso,

perché possano avere il necessario nutrimentoe gustare il privilegio di essere tuoi collaboratori

nell’edificare il mondo.

Noi ti glorifichiamo,Motivo della gioia e della festa;apri anche alle nostre famiglie le vie della letizia e del riposo

per gustare fin d’ora quella gioia perfettache ci hai donato nel Cristo risorto.

Così i nostri giorni, laboriosi e fraterni,saranno spiraglio aperto

sul tuo mistero di amore e di luceche il Cristo tuo Figlio ci ha rivelato

e lo Spirito Vivificante ci ha anticipato.E vivremo lieti di essere la tua famiglia,

in cammino verso di Te, Dio Benedetto nei secoli. Amen.

“LA FAMIGLIA, IL LAVORO E LA FESTA”

44

Il legame familiare – al di là di ciò che si pen-sa e si dice – non è qualcosa di aggiunto al-

la nostra identità, ma è il cuore della nostraidentità. Il lungo cammino educativo ha qui lasua fonte e il suo obiettivo: quello di rendercicompiutamente persone, di far sviluppare efiorire il nostro essere frutto di una relazionegenerativa.

La famiglia, che vive di cose concretissime,produce, insieme e attraverso di esse, un beneimmateriale e cioè il legame e la relazione cheoggi, come non mai, vogliamo poco costrittivi,liberi da copioni e capaci di esprimersi in ma-niera affettivamente ricca. Questo è il valoreaggiunto della famiglia rispetto ad altre formeorganizzate di vita, il dono e la prospettiva chela famiglia dà all’educazione: quello di genera-re umanizzando, di “personalizzare”, dando acoloro che genera il senso dell’unicità e irripe-tibilità entro un’appartenenza significativa.

La famiglia non riproduce ma genera, dàsenso creativo (pro-creare), dà un volto speci-fico ai suoi nati. Ogni persona, ogni figlio havalore assoluto e assoluta dignità; è insostitui-bile, come ciascuno di noi capisce immediata-mente pensando alla sua famiglia. Ciascuno dinoi appartiene alla sua famiglia non solo per ilruolo che ricopre o per l’abilità che possiede,ma nella totalità e unicità del suo essere.

Per i genitori, per i nonni e per tutta la fa-miglia ogni figlio è unico, speciale anche seprovato dalla sorte nel fisico o nella mente.Nessun gruppo umano ha una tale radicalità:per questo le relazioni familiari sono primarie,cioè alla radice di tutte le altre. Nella famigliaavviene questo processo “miracoloso” di uma-nizzazione e personalizzazione: sono le rela-

zioni familiari, il legame uomo-donna, genito-ri-figli, tra generazioni passate e presenti cheproducono questo bene unico e prezioso.

Comprendiamo meglio il compito insosti-tuibile della famiglia nell’educazione se pro-viamo ad immaginare un mondo senza fami-glia. Un noto pensatore, David Cooper, qual-che decennio fa ci ha provato. Ha intitolato unsuo libro La morte della famiglia (Einaudi, To-rino 1972): finalmente liberi dai lacci di rela-zioni vincolanti e costrittive, finalmente unarealizzazione libera. Un mondo avanzato, per-ché no?, potrebbe fornire accadimenti efficaciai bambini piccoli. Un sistema scolastico effi-ciente potrebbe fornire istruzione adeguata aipiù grandi, un mercato del lavoro attrezzato,una realizzazione lavorativa e ognuno potreb-be legarsi e slegarsi, intrecciare relazioni inti-me con chi è più a sé sintonico fin quando larelazione serve e soddisfa. Che mondo sareb-be? Una società di individui, non una società dipersone. Una società efficiente ma fredda, pie-na di soggetti soli e sperduti, anche se disinvol-ti e abili a negoziare nelle loro mutevoli sceltefatte in funzione di sé, della propria autorealiz-zazione, uomini e donne che si sono attrezzatia calcolare la convenienza nelle relazioni maincapaci di fidarsi.

Dove sperimentare la fiducia, imparare a fi-darsi, poter mostrare gli aspetti deboli del sésenza per questo essere espulso? Dove poterfar conto su relazioni affidabili? Dove trovarequel luogo dove siamo unici, speciali e insosti-tuibili? Dove essere riaccolti e perdonati? Do-ve imparare la capacità di sviluppare relazioniche non siano solo strumentali ma che conten-gano gratuità? Da dove, se non dalla famiglia,

In margine al Convegno mondiale

La famiglia, scuola di umanità

LA FAMIGLIA, SCUOLA DI UMANITÀ

45

la società potrà mai attingere quel capitale so-ciale primario che innerva le relazioni sociali?L’esperienza delle relazioni vissuta nella fami-glia è esportabile e diventerà, con le dovutedifferenziazioni, il modello per altre esperien-ze relazionali di vita sociale.

Questo è il valore aggiunto che la famiglia,“scuola di umanità”, generatrice di umanità dàalla società; questo l’apporto specifico dato al-l’educazione. L’uomo può amare, se è statoamato per quello che è. La famiglia è il luogodove il soggetto umano fa l’esperienza affettivae morale elementare, basilare, dove sperimentache ciò che vale ha valore per se stesso. Qui stal’origine profonda, non artificiale, di quella cheoggi, con termine alla moda, si dice autostima:una stima che non viene autoprodotta o rinfor-zata dall’esterno, ma che nasce dall’esperienzaamorosa di essere riconosciuti soggetti di di-gnità, degni. Molto più, quindi, di un argine al-la nostra insicurezza. L’avventura educativapuò svilupparsi a partire da questa base sicurafamiliare, da questa esperienza relazionale ba-silare che è affettiva e morale al tempo stesso.

Il soggetto umano per poter essere se stes-so, per riconoscersi, deve poter essere ricono-sciuto da un padre e da una madre, deve avereun posto reale e simbolico nella storia familia-re. Può costruire la propria identità se si puòidentificare con presenze familiari generative,il padre e la madre o chi ne esercita responsa-bilmente la funzione. Solo dentro l’esperienzafamiliare egli apprende insieme alla linguamadre il linguaggio delle relazioni, egli inte-riorizza non solo la figura del padre e dellamadre ma la loro relazione, il loro legame equel complesso di legami che si snodano etengono insieme le relazioni familiari, che so-no il corpo familiare.

Se scomparisse la famiglia dovremmo ri-crearla; se è debole dobbiamo rinvigorirla; seè poco riconoscibile dobbiamo riportarla allaluce (Da La sfida educativa. Rapporto-propo-sta sull’educazione, a cura del Comitato per ilprogetto culturale della CEI, Laterza, Bari2010, pp. 38-41).

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Igenitori di oggi, utilizzando una metaforaaltrui divenuta ormai famosa, quella della

liquidità, possono essere definiti “genitori li-quidi”. Si tratta di genitori che appartengonoalla generazione-di-mezzo, capaci di utilizza-re la tecnologia digitale e anzi da essa affasci-nati, che hanno un profilo su Facebook comei loro figli, che scimmiottano i figli stessi uti-lizzando il dialetto tecnologico degli adole-scenti e che sono pienamente avvolti dalle di-namiche narcisistiche del contesto attuale.

Sono genitori affettuosi, preoccupati per i lo-ro figli, accudenti, ma hanno rinunciato aeducare, cioè a trasmettere visioni della vita,narrazioni, assetti valoriali e di significato, ri-flessioni di senso.

In altri termini vogliono bene ai loro figli,sono affettuosi, accudenti ma non educanti.Perciò i genitori liquidi non sanno essere népermissivi né autoritari. Tutt’al più sono rinun-ciatari e silenti.

I nuovi genitori

46

In margine al Convegno mondiale

Il rapporto educativo è sempre l’incontrotra due libertà, tuttavia nell’ambito del rap-porto genitori-figli esiste uno sbilanciamen-to, progressivamente riequilibrato, propriodei due ruoli. Il genitore liquido però subisceil tema dell’ambiguità, dellafluidità dei ruoli, del narcisismoe del bisogno di emozioni e larelazione educativa ne risultasbiadita proprio nella sua essen-za. In questo senso il genitoreliquido è un genitore silente,che rinuncia a narrare e a nar-rarsi, rinuncia a trasmettere unavisione della vita, a dare criteridi senso per le scelte, limitandosi a offrireuna molteplicità di scelte che non possononon determinare un profondo smarrimentonel figlio.

D’altro canto la generazione attuale vivedue fenomeni a tenaglia, capaci di spegnereprogressivamente la fiducia e la speranza. - Il primo fenomeno è il silenziamento del

desiderio: il bambino “viziato” è quelbambino, i cui desideri sono soddisfattiprima ancora che li possa manifestare, so-no cioè prevenuti e pertanto privi di desi-deri.

- Il secondo fenomeno è caratterizzato dal-l’affermarsi di una visione del futuro nel-la quale il futuro stesso è percepito comeuna minaccia e non come una attesa.

I due fenomeni sono alla base di un nichi-lismo psicologico, che si aggira fra i giovanicome un fantasma inquietante e che penetranelle profondità dell’anima. In questo sensopotremmo definire questa epoca come l’epo-ca delle passioni tristi, in cui sta crescendouna generazione orfana di maestri, profonda-mente segregata dal mondo degli adulti e, pe-

rò, capace di riorganizzarsi attraverso comu-nità tecnoreferenziate, dotate di propri sape-ri, percorsi, costruzioni della conoscenza evisioni grazie a una tecnologia capace di co-struire ragnatele relazionali nuove, liquide,

leggere e infinite.Gli adulti da almeno un de-

cennio hanno progressivamenterinunciato a educare. Ma cosasignifica educare, se non farsicarico dell’altro attraverso unarelazione autentica, piena, auto-revole e aperta alla trasmissionedi una visione valoriale e densadi significati della vita? In que-

sto senso educare vuol dire riscoprire il valo-re della relazione e avviene attraverso la ri-scoperta della narrazione. Narrare se stessi,la propria vita, la vita della famiglia e dellasocietà nella quale viviamo significa trasmet-tere valori e visioni della vita. Questo richie-de agli adulti una capacità innanzitutto di sta-re con i figli, di essere-per e di essere-con, dientrarci in relazione, di essere significativi eanche affascinanti. Educare vuol dire ancheaccettare il rischio della libertà dell’altro, chepuò determinare momenti difficili e conflit-tuali. Educare vuol dire trasmettere qualcosache ci è proprio, che è fatto nostro e dunquesignifica anche mettersi in discussione, per-ché educare vuol dire essere autorevoli, equindi competenti, esperti, ma soprattuttocoerenti e responsabili. Se dopo il tempo del-la liquidità, tornerà il tempo della riscopertadel valore del legame e della relazione, que-sto sarà perché alcuni adulti coraggiosiavranno accettato la sfida dell’educazione,restituendo così all’umanità del terzo millen-nio la fiducia nella vita e la speranza nel fu-turo.

Tonino CANTELMI

47

Testimonianze

ABrindisi, in due giornate di intensa parte-cipazione, è stata commemorata la figura

del beato Giacomo Alberione, fondatore dellaFamiglia Paolina, a quarant’anni dalla sua na-scita al cielo avvenuta il 26 novembre 1971.Ad organizzarla la vicaria di Brindisi e gli ap-partenenti agli Istituti aggregati alla SocietàSan Paolo della Diocesi.

Le celebrazioni hanno avuto inizio il 24 no-vembre presso i nuovi locali della Libreria

Paoline, con l’intervento di donDomenico Soliman, sacerdote dellaSocietà San Paolo.

Tema dell’appuntamento: “Tuttofaccio per il Vangelo”. La LibreriaPaoline luogo di incontro e di edu-cazione alla Parola.

Alla presenza di mons. RoccoTalucci si è svolto il rito di preghie-ra e la cerimonia di intitolazionedella piazzetta Giacomo Alberione(foto in alto). Questa, ubicata alla fi-

ne del lungomare Regina Margherita e a con-tatto con la più grande piazza dedicata al com-patrono della città di Brindisi, San Teodoro,ha suscitato singolari e profonde riflessioni daparte dell’Arcivescovo che ha accostato le“mura (insieme di pietre disuguali)” sullequali è stata posta l’artistica targa toponoma-stica in ceramica, prodotta dal laboratorioromano delle Pie Discepole del Divin Mae-stro, alle fondamenta stesse della Chiesa. La

vicinanza e la presenza del “mare”hanno invece fatto ricordare l’impegnoprofetico e la grande “apertura” apo-stolica del beato Alberione che, comesan Paolo, nella “Missio ad gentes” ar-deva di una duplice fiamma di un mede-simo incendio: lo zelo per Dio ed il suoCristo, e per gli uomini d’ogni paese.

La Famiglia Paolinaricorda don Alberione

Anche a Verona (zona Borgo Milano), sabato 26 novembre 2011, festa delbeato Giacomo Alberione, è stata dedicata una piazzetta al Fondatore dellaFamiglia Paolina nel 40° anniversario della sua nascita al cielo.

In Libreria

48

La meravigliadi un sorrisoIl mio primo anno

da papàdi Roberto Allegri – Paoline

Il volume raccoglie le emo-zioni, ma soprattutto le riflessio-

ni, che hanno in-vaso l’animo del-l’Autore quandoè diventato pa-dre. «Perché unacosa così “nor-male, eppure“immensa”, nonpuò accaderesenza provocare

domande e scatenare pensieri sul-la vita, sul futuro, sulla morte,persino su Dio stesso».

Mese dopo mese, seguendo lacrescita del piccolo Francesco,Roberto Allegri si è scoperto di-verso ogni volta, sempre in muta-mento, mentre cercava di rispon-dere alle esigenze e ai desideri delfiglio. E ha voluto registrare talicambiamenti in questo libro, dacui emerge il ritratto di un uomoper il quale essere genitori èun’occasione per migliorare sestessi e una missione fondamenta-le da compiere.

L’artedi essere genitoriOrientare e consolidarela relazione con i figli

di Ricardo Enrique FacciSan Paolo

In queste pagine l’autore si ri-volge ai genitori con figli fino al-l’adolescenza, offrendo un piccoloma prezioso e concreto compendio

sul tema dell’educazione secondouna prospettiva cristiana.

Spesso i genitori chiedono ri-sposte in tema di educazione:

questo libro con-tiene le più im-portanti, oltre al-le principali “li-nee guida” persvolgere adegua-tamente il “com-pito educativo”,cioè il ruolo digenitori.

Oltre a suggerire risposte il vo-lume aiuta a riflettere e analizzarela propria azione educativa; a sco-prire dentro di sé le risorse per at-tuarla; a dialogare in coppia permeglio capire e agire come educa-tori dei figli e portare questa re-sponsabilità davanti a Dio nellapreghiera.

Strutturato in brevi capitoletti ericco di domande utili per la rifles-sione personale e di coppia, il librosi presta a essere letto poco allavolta venendo incontro alle esigen-ze delle famiglie moderne.

Conoscerela Bibbia

Piccola guidadi Silvia Zanconato - Paoline

Si tratta di un opuscolo utileper la catechesi ol’insegnamentodella religionecattolica. Aiuta aconoscere la Bib-bia attraverso unlinguaggio linea-re, ricco di nozio-ni e curiosità,

spiegate in modo didattico, discor-sivo, di larga divulgazione. Si sno-da in più parti:

• introduzione, con alcune no-zioni generali;

• le lingue della Bibbia;• come nasce e quali sono i libri

dell’Antico Testamento;• come nasce e quali sono i libri

del Nuovo Testamento;• approfondimento in particolare

dei Vangeli e delle Lettere.

La sfidaeducativa di Gesù

Il camminocon i discepoli

nel Vangelo di Marcodi Luca Violoni – San Paolo

Un volume che affronta la sfi-da educativa muovendo i passi dal-l’esempio di Gesù.

Si parla spesso di sfida edu-cativa e di emergenza educativa,

e giustamente in-tervengono gior-nalisti, insegnan-ti, sociologi, pe-dagogisti, psico-logi, filosofi,teologi, ecc.

In questo am-pio dibattito cisembra quanto

mai necessario provare sempli-cemente a ripercorrere come ilSignore Gesù ha educato alla fe-de i suoi discepoli. È quanto cer-chiamo di fare in questo contri-buto, stando al racconto del Van-gelo di Marco.

Fino a scoprire e a mostrarecome questo itinerario presentinon poche sorprese per i creden-ti e sia capace di illuminare eprovocare davvero chiunque ab-bia a cuore l’educazione, anchein termini non strettamente reli-giosi.

In Libreria

49

In Libreria

Liturgia dell’amoreMatrimonio cristiano e

sessualitàdi Olivier Belleil - Paoline

Non sempre il pensiero dellaChiesa sulla sessualità nel matri-

monio è ben com-preso e accolto.Nel libro l’Autoreesprime la con-vinzione che ilVangelo è per lecoppie una “buo-na notizia” in tut-te le dimensionidel loro amore,

quindi anche nella sessualità. «E Dio vide che era cosa buo-

na». Questa parola biblica è lo sfon-do su cui si muove il libro che propo-ne una lettura affascinante e origina-le del sacramento del matrimonio,celebrazione dell’amore tra l’uomo ela donna, alla luce dell’Eucaristia, sa-cramento che celebra l’amore di Cri-sto per l’umanità: due sacramenti in-centrati sul dono del corpo.

L’autore propone un avvicina-mento tra il rapporto coniugale el’Eucaristia nelle sue differenti fa-si: richiesta di perdono, liturgiadella Parola, offertorio, comunio-ne, rendimento di grazie, invio inmissione, proprio per aiutare glisposi a percepire che la risposta diDio all’amore è una benedizione.

Adolescenti:trasgressivi forse,

cattivi nodi Lorenzo Ferraroli – San Paolo

Gli adolescenti non sono solo,né soprattutto, quei ragazzi chefanno parlare di sé per le trasgres-

sioni di cui sonoprotagonisti. I“nostri” adole-scenti sono moltodi più e moltomeglio. Stare conloro significa an-dare oltre l’appa-rente spavalderia

per arrivare a scoprire quelle fragi-lità che si portano dentro e che ri-velano solo se accostati in modoempatico e discreto.

Ma come accostarli? Come ar-rivare a non deludere i loro bisognie le loro attese, soprattutto quandovengono espresse in modo provo-catorio, polemico e difficilmentecomprensibile?

L’autore cerca di dare una ri-sposta a queste domande, prenden-do spunto dall’ascolto dei tanti ra-gazzi, giovani e adolescenti, che haavvicinato nel corso della sua espe-rienza e con i quali ha condivisoprogetti, sogni, gioie e delusioni.

Vangeloper la famiglia

Testo CEIdi AA.VV. – San Paolo

Questa edizione dei vangeli èpensata per accompagnare le fami-glie nel loro percorso di formazio-

ne cristiana e cre-scita umana e spi-rituale. Nel for-mato classico eagile dei vangeli-ni, è corredato diintroduzioni, notee commenti pen-sati specificata-

mente per la famiglia. Nel volume:- “Voi, primi annunciatori della Paro-

la di Dio” (Benedetto XVI);- introduzione generale ai Vangeli per

consentire a tutti di comprendere ilcontesto in cui sono stati scritti;

- “carta d’identità di ogni Vangelo”;- introduzione a ogni libro, con lin-

guaggio chiaro e schematico;- testo nella nuova traduzione CEI,

con divisione in sezioni e brevecommento a ogni sezione;

- note esegetiche;- al termine di ogni Vangelo: “La fa-

miglia in dialogo con il Vangelo”,schede di approfondimento a curadei coniugi Gillini e Zattoni suipassi più significativi per la fami-glia;

- appendice “Per continuare il cam-mino”, una “lettera al lettore” per

coltivare la presenza della Parolanella propria vita;

- testo a due colori con segnacolo abordo pagina.

Camminoverso la santitàdi Jonas Abib – San Paolo

Questo libro èun cammino peruna vita guidata dal-la fede e dalla fidu-cia nella potenza diDio e invita il letto-re a percorrere lastrada che conducealla libertà. Un per-

corso verso la pace, la felicità, e diconseguenza, la guarigione del cuo-re. Una proposta per iniziare una vitanuova, un’esperienza nella quale,sulla base delle proprie scelte, saràpossibile raggiungere la pienezzaspirituale.

Leggendo,cantando, pregando

con i salmidella Quaresima

di Giuseppe Sacino – LDC

Il volume si caratterizza anzi-tutto per essere dedicato ai Salmidella liturgia quaresimale, dal

Mercoledì delle Ce-neri alla Veglia diPasqua.

L’autore, parro-co, scrittore e gior-nalista, introduce almondo dei Salmi eaiuta a coglierne

l’ambientazione liturgica. Il testomostra come i Salmi siano specchiodei sentimenti umani più universali.In appendice ai singoli commenti,anche una ventina di biografie didonne e uomini che si sono fattiesegesi vivente delle Scritture. Infi-ne, il commento si fa preghiera: na-ti come lode o come lamentazione,i Salmi nutrono la preghiera liturgi-ca e ne generano una quotidiana.

50

Video

Film:

IL RAGAZZOCON LA BICICLETTAdi J. Pierre e Luc Dardenne – durata: 87 minuti

Cyril, ospite a 12 anni di un centro per minori, non può ac-cettare inerme il rifiuto del padre. In sella alla sua biciclet-

ta non concede tregua al giovane uomo che dovrebbe assumersila sua responsabilità educativa.Nella sua lenta ma inevitabile separazione coinvolge anche Sa-mantha, una donna conosciuta per caso, che non riesce a sottrar-si alla richiesta di bene e di futuro del giovane ragazzo.Il desiderio di Cyril di crescere in una famiglia sarà più forte deldisagio che sente pulsare dentro di sé.Un film sul tema della genitorialità e della paternità ferita nella

società contemporanea.

Film:

TUTTI PER UNOdi Romain Goupil – durata: 90 minuti

In Francia, almeno al cinema, le politiche sull’immigrazionevengono decise dai bambini.

Cosa accade se in una classe alcuni ragazzi immigrati senza per-messo di soggiorno rischiano il rimpatrio forzato? Dei modernimoschettieri in bilico tra pirateria e furti di liquirizie cercano lesoluzioni in nascondigli segreti dove l’amicizia e l’umanità tro-vano riparo dalle decisioni governative.La storia di Milana salvata dal basso è una fiaba per gli adultiche non sanno più trovare soluzioni dignitose.La famiglia si riappropria del suo diritto di custodire i figli di tutti.

51

Video

Film:

UN PASSO DAL CIELORegia: Enrico Oldoini

Interpreti: Terence Hill, Enrico Ianniello, Gaia Bermani Amaral,Francesco Salvi, Katia Ricciarelli

P ietro è a capo della squadra del corpo forestale: in passato èstato un grande scalatore fino a quando un tragico inciden-

te non lo ha segnato nel profondo ed ha scelto di ritirarsi tra lemontagne per recuperare pace e ritrovare se stesso.

Trasferito nella stessa località di montagna, arriva Vincen-zo, poliziotto napoletano in carriera, abituato ai ritmi freneticidi città, infastidito dall’eccessiva tranquillità di Pietro ma so-prattutto in perpetuo disaccordo con Silvia, la veterinaria delpaese che collabora anche con la forestale. Uno scontro che dallavoro si trasferisce anche nella vita privata perché i due si tro-vano a dividere gli alloggi della caserma che ospita tempora-

neamente la Polizia e la Forestale.Indagando su casi insoliti e a volte bizzarri, costretto a decifrare gli indizi nascosti

nella natura, lo scontro-incontro con Pietro e la sua filosofia porterà Vincenzo ad ama-re questi luoghi incantati, tanto da rimettere in discussione la sua vita. Intorno ai perso-naggi principali vive il mondo di una comunità di montagna con i suoi personaggi e lesue tradizioni.

Una storia che unisce in sé l’epicità degli intramontabili eroi del western, ad una nar-razione ricca di avventura in uno scenario naturale “da favola”. Detection e commedia,drammi e storie d’amore e d’amicizia, segreti che emergono dal passato, un confrontotra la natura, gli animali e gli uomini legati all’unico filo di una narrazione ricca di av-ventura.

Messaggio del Santo Padre BENEDETTO XVIper la XLVI Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

[Domenica, 20 maggio 2012]

Tema: “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”

52

ALTOBELLO ANNAVia Trieste, 4070020 CASSANO DELLE MURGE (BA)Tel. 080/776098 – Cell. 347/6857462

ASSANELLI MAURIZIO CARLO E MARILENAVia Attimo, 420021 BOLLATE (MI)Tel. 02/3503183 – Cell. 333/8979936

BEBBA ANTONINO E ANGELINAC.da Ciccirello San Filippo Sup.98144 MESSINATel. 090/611433 – Cell. 340/2878044

BELLA VINCENZO E GRAZIAVia De Cosimi, 195123 MESSINATel. 095/359953 – Cell. 333/8670257

BOTTA MAURIZIO E ANNAVia Attimo, 420021 BOLLATE (MI)Tel. 02/3502130 – Cell. 347/2953589

DAGOSTINO PAOLO E MARIA VITTORIAVia Toselli, 5570054 GIOVINAZZO (BA)Tel. 080/3948231 – Cell. 349/4273679

FIORITA GIUSEPPE E RITAVia C. Del Prete, 10473043 COPERTINO (LE)Tel. 0832/931329

GALIGNANO GIUSEPPE E DANIELAVia G. La Pira, 2073043 COPERTINO (BA)Tel. 0832/931186

GAZZILLO LEONARDO E MARGHERITAVia Morelli, 4470031 ANDRIA (BA)Cell. 333/1209245

LAGANÀ NUNZIO ANTONINO E ANNAVia G. Del tifano, 298124 MESSINATel. 090/2001488 – Cell. 349/6142254

LAZZARO GIUSEPPE E DONATELLAVia Gerobino Pilli, 86/B98149 MESSINATel. 090/406927 – Cell. 347/3382284

MACALUSO SALVATORE E CARMELAVia San Sebastiano90038 PRIZZI (PA)Tel. 091/8346990 - Cell. 327/2834379

MARINO DEMETRIO E FRANCESCAVia Ciccarello, 3089133 REGGIO CALABRIATel 349/6422901

MARINO DOMENICO E SALVATRICEVia Don Salvatore Governali, 1890034 CORLEONE (PA)Tel. 091/8464152 – Cell. 329/4112208

ANNO 2008

In attesa del nuovo indirizzario

L’Istituto Santa Famiglia cresce

È in cantiere il nuovo indirizzario, da cui mancano gli indirizzi delle nuove coppie en-trate a far parte dell’Istituto dal 2008 al 2011. Di seguito pubblichiamo il loro indirizzo.Si pregano i Responsabili di gruppo di verificare se è corretto il loro indirizzo.

MARINO LORENZO E MARIA CATIUSCIAVia Torino, 2070054 GIOVINAZZO (BA)Cell. 349/3713289

MARVULLI GIUSEPPE E ROSAVia Generale Cialdini, 670022 ALTAMURA (BA)Tel. 080/3113461 – Cell. 333/2056817

MONTEPELOSO DOMENICO E MARIA TERESAVia Panni, 4870024 GRAVINA IN PUGLIA (BA)Tel. 080/3268645

MONTESANTI VINCENZO E ROSINAVia Milazzo, 188046 LAMEZIA TERME (CZ)Cell. 338/8207140

MORO MAURIZIO E OLGAVia Alessandro Manzoni08040 TALANA (OG)Cell. 347/3675012

NICOLIS GIANPAOLO E STEFANIAVia Santuario della Salute, 2937137 VERONATel. 045/8621675 – Cell. 328/0518470

ORTU EZIO E CARLAVia Pontano, 2109128 CAGLIARITel. 0748/68877 – Cell. 349/5196476

PALAZZO ANDREA E LUISAVia Della Solidarietà, 4641013 CASTELFRANCO EMILIA (MO)Cell. 346/3454880

PANICO MAURO E ANNA PAOLAVia San Giacomo. 1009070 NURACHI (OR)Cell. 347/7821857

PASTORINI PIERLUIGI E MARIA CARMELAVia De Gasperi, 7192024 CANICATTÌTel. 0922/830927 – Cell. 347/4083369

PIUMELLI GIOVANNI E PASQUINAVia De Turcolis, 5270054 GIOVINAZZO (BA)Cell. 349/8069886

PIZZATO STEFANO E FILOMENAVia G. Quattrucci, 152/A00046 GROTTAFERRATA (RM)Tel. 06/94548012 – Cell. 347/1504242

SANGUINELLI NICCOLÒ E TERESAVia Cervere, 512048 SOMMARIVA BOSCO (CN)Cell. 392/6414293

SPAGNOLO SCURTI LUIGI E MARIA LUISAVia Panareo, 11373010 VEGLIE (LE)Tel. 0832/970234 – Cell. 338/8052591

TEMPESTA ANTONIO E RITAVia Armando Diaz, 5173043 COPERTINO (LE)Tel. 0832/931206

TRAMUTOLA LUCIANO E MARIA ROSARIAVia Londra, 3785100 POTENZACell. 333/1131563

ZENARI MASSIMO E SARAVia Arno, 2837136 VERONATel. 045/953034 – Cell. 393/2660467

ALBA PIERPAOLO E LUCIAVia Londra, 8785100 POTENZATel 0971/650400 – Cell. 335/8223833

BUCCINÀ VINCENZO E SIMONAContrada Ciccia89843 SANT’ONOFRIO (VB)Cell. 347/2380584

CAPOZZOLO MICHELE E DOMENICAVia E. Duse, 547822 SANT’ARCANGELO (RI)Tel. 041/750795 – Cell. 339/8643869

CONCORDIA CLAUDIO E ANGELAVia Del Milite Ignoto, 8665123 PESCARATel. 085/28377 – Cell. 335/295811

ANNO 2009

53

L’ISTITUTO “S. FAMIGLIA” CRESCE

54

FILIPPONI PIETRO E RITAVia Aldo Moro, 12060044 FABRIANO (AN)Tel. 0732/625053

GELARDI PIETRO E ARCANGELAVia Rosario Pirrello, 8790034 CORLEONE (PA)Tel. 091/8461444

GIOFRÈ GIUSEPPE E MARIA PASQUALINALocalità Feudotto – Cond. Rosada89843 VIBO VALENTIACell. 348/6703207

IERIA STEFANO E MARIA ROSARIAVia Scopelliti Nino Giudice, 4189018 VILLA SAN Giovanni (RG)Tel. 0965/751718 – Cell. 339/6492231

LA VECCHIA LUCIO E VALENTINA CONCETTALargo Buon Sangue, 892024 CANICATTÌTel. 0922/854116 – Cell. 347/9676141

PAOLINI TOMMASO E MANUELAVia Mazzini, 6166020 SAN GIOVANNI TEATINO (CH)Tel. 085/4465119 – Cell. 335/5883379

SCIONTI ARCANGELO E OLIMPIAVia Affaccio V. – Traversa n. 789043 VIBO VALENTIACell. 347/9472418

SIGISMONDI ATTILIO E DANIELAVia Brunelleschi, 764039 VALLE VOMANO (TE)Tel. 0861/650847 – Cell. 338/8901981

TETTI FRANCESCO E VERAVia Pierluigi Da Palestrina, 4608028 OROSEI (NU)Cell. 380/5128301

TIMPANI ROBERTO E DORINAVia Tanaro, 386039 TERMOLITel. 0875/701724

TRIGGIANESE MICHELE E CARMELAVia Stazione, 683030 ARIANO IRPINO (AV)Tel. 0825/881174

VETRUGNO GIOVANNI E LUCIAVia U. Nobile, 4573010 VEGLIE (LE)Tel. 0832/969312 – Cell. 328/1359196

ASCHERI GIORGIO E SIMONAVia Mombasiglio, 312073 CEVA (CN)Tel. 0174/721311 – Cell. 339/7937069

BUDAU ADRIAN E MIHAELAVia La Loggia10134 TORINOCell. 349/0774806

BULAI DOMINICI E CARMENVia Paisiello, 410042 NICHELINO (TO)Cell. 389/9634859

CAMISA GIUSEPPE E ADELEVia Carlo D’Angiò73043 COPERTINO (LE)Tel. 0832/935088 – Cell. 339/7122452

FACCHINI SERGIO E SUSANNAVia Prima Traversa Crocifisso, 1770054 GIOVINAZZO (BA)Tel. 080/3941391 – Cell. 347/5457990

FERNANDEZ MARCELO EMILIO E ENRICHETTAVia Cardinale Bertazzoli, 1248022 LUGO (RA)Tel. 0545/27523 – Cell. 348/1506065

GALEANO FRANCO E CARMELAVia Sparagonà, 1098028 SANTA TERESA DI RIVA (ME)Tel. 0942/793547 – Cell. 329/5348839

GENNERO LUIGI E TIZIANAVia Gorizia, 4412042 BRA (CN)Tel 0172/432832

GIAMPIETRO ATTILIO E ROSARIAVia Gallero Sn65128 PESCARATel. 085/4310757 – Cell. 347/5137460

ANNO 2010

In attesa del nuovo indirizzario

GIROLOMETTI MARIO E ANGIOLINAVia Varese, 861030 CALCINELLI DI SALTARATel. 0721/895145 – Cell. 335/1603627

MARASCO VITTORIO E LINAVia B. Strozzi, 7/1116136 GENOVACell. 349/4905536

MAROTTA SALVATORE E SONIAVia N. Colaianni, 25093100 CALTANISSETTACell. 329/8861602

PATELLA CARLO E GEMMAVia Varese, 4461030 CALCINELLI DI SALTARA (PU)Cell. 339/8371163

PERFIDO COSIMO E ANTONELLAVia Mosca, 1572100 BRINDISITel. 0831/260132 – Cell. 392/1945404

PICONE ARMANDO E ROSAVia P/2, 4190036 MISILMERI (PA)Tel. 091/8733995 – Cell. 380/6808010

PINNA SPERANZAVia Giotto, 609121 CAGLIARI Tel. 070/540552

PRINCIPI GIANLUCA E GIUSEPPINAVia Puccini, 461030 LUCREZIA (PU)Tel. 0721/877233

SPINA SALVATORE E CATERINAVia Asfodelo, 4209134 CAGLIARITel. 070/506274 – Cell. 347/0449733

SQUILLACI CONCETTO E FRANCESCAVia Giudice, 198154 SALICE (ME)Tel. 090/845417 – Cell. 347/8069868

TADDEO GIANFRANCO E NUNZIAVia P. Nenni, 4883017 ROTONDI (AV)Tel 0824/843770 – Cell. 339/4504501

ARZU MARIA GABRIELLACase Sparse Sant’Efisio08040 TALANA (OG)Cell. 328/3691708

BERARDINELLI GIULIANO e MIRANDAVia San Giacomo della Marca, 361030 SAN GIORGIO DI PESARO (PU)Tel. e Fax 0721/970514 – Cell. 339/2690881

BERLINI RICCARDO ALESSANDRO e DANIELAVia Marino, 447900 RIMINI (RN)Tel. 0541/386855 – Cell. 340/3703691

BOCHICCHIO VINCENZO e MARIA CATERINADa Piani del Mattino, 5/A85100 POTENZA (PZ)Cell. 392/5295410 - 338/9547394

BURDESE DOMENICO e VINCENZAVia Risorgimento, 3912042 BRA (CN)Tel. 0172/425496 – Cell. 366/1503025

CAGNAZZO PINO e PINAVia C. Monteverdi, SNC73043 COPERTINO (LE)Tel. 0832/948626 – Cell. 338/9470876

CAPACCI MASSIMO e FRANCESCAVia cento, 2348022 LUGO (RA)Tel. 0545/26202 – Cell. 334/3148792

CRICO ANTONINO e MARIA LUISAVia Briatico, 4889018 VILLA SAN GIOVANNI (RC)Tel. 0965/756937 – Cell. 349/2660714

DE BENEDETTO PAOLO e LUIGIAVia Trapezi Trav. Neri, 1789134 REGGIO CALABRIA (RC)Tel. 0965/643529 – Cell. 3493326491

GAMBINO ANGELO e ANGELAVia 4 Aprile, 7193019 SOMMATINO (CL)Tel. 0922/871925 – Cell. 389/4347848 - 389/4347849

ANNO 2011

55

L’ISTITUTO “S. FAMIGLIA” CRESCE

56

GATTO FILIPPO e ANNAViale A. Moro – Traversa Delfino, 2589100 REGGIO CALBRIA (RC)Tel. 0965/920384 – Cell. 349/8391845

GOLÈ DAVIDE e MARIA GRAZIAVia Orfanotrofio, 21E12045 FOSSANO (CN)Cell. 338/1273067

IACHETTI ANGELO e PIACENTINAVia Nazionale64037 CERMIGNANO (TE)Tel. 0861/667180 – Cell. 349/7729074

LADDAGA CARMINE e ROSAVia Bari, 3870024 GRAVINA (BA)Tel. 080/3269597 - 080/4032869 Fax - 338/3138191

MAGGIOLINI COSIMO e LUCIAVia Cappuccini, 66 - Scala D72100 BRINDISI (BR)Tel. 0831/520306 – Cell. 340/1448550

MARCHETTA NICOLÒ e GIUSEPPINAVia Torino, 492026 FAVARA (AG)Tel. 092/234598 – Cell. 329/1847989

NOTARNICOLA LUIGI e MARIA ROSARIAVia 4 Novembre, 4573010 VEGLIE (LE)Tel. 0832/969011

SALVAGGIO EUGENIO e LISAContrada Vignazza SNC93010 DELIA (CL)Tel. 0922/820695 – Cell. 335/7515563

SAPIO MAURIZIO MICHELE e CINZIAVia Domenico Toto, 1170025 GRUMO APPULA (BA)Cell. 339/4799746

ZARRO FABIO e ANNA MARIAVia Fanfulla da Lodi. 663074 SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP)Tel. 0861/760549 – Cell. 393/9705910

Ultimo corso di Esercizi spirituali, tenutosi ad Ariccia dall’1 al 4 dicembre 2011.A coronamento è entrata in noviziato una nuova coppia di Villa San Giovanni,

Crico Antonino e Maria Luisa (i due a destra)

In attesa del nuovo indirizzario

57

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

ITALIANO GIOVANNIdel Gruppo di Delia

* 01-01-1933 – † 29-03-2011

Il nostro fratello Giovanni è tornato alla casa del Padre dopo tre lunghi mesi di grandi sofferenze,che ha accettato e vissuto serenamente, nella preghiera e circondato dall’affetto dei suoi cari. Possia-mo dire con grande gioia spirituale che il nostro fratello è stato assistito sia nel corpo che nello spiri-to dai suoi familiari; la figlia e la moglie gli stavano più accanto accudendolo e prestandogli tutte lacure necessarie e i tre figli maschi che vivono in Canada hanno assistito il padre pregando ogni gior-no il Santo Rosario in famiglia, digiunando e partecipando quotidianamente alla Santa Messa.

Giovanni con la moglie sono entrati nell’Istituto nel 1973 proprio ai suoi primordi.La loro casa da subito è diventata una casa di incontri di preghiera, poiché accoglievano con gran-

de amore il carissimo e indimenticabile don Stefano Lamera. Il nostro fratello Giovanni è stato un ma-rito e un padre veramente speciale, un grande lavoratore, sia in Canada, dove ha vissuto alcuni anniassieme a tutti i suoi familiari, sia a Delia. È stato un uomo di preghiera: non trascurava la Santa Mes-sa quotidiana, l’Ora di adorazione settimanale, il Ritiro e gli Esercizi spirituali.

Lascia in tutti un grande vuoto, ma nello stesso tempo un grande esempio di virtù, di preghiera, dionestà, di laboriosità e di fedeltà profonda verso tutta la famiglia. Lo ricordiamo con affetto e con lapreghiera, perché il Signore lo accolga nel suo regno di pace e di gioia.

Il Gruppo di Delia

MARTORANA GRAZIA in CURTOdel Gruppo di Canicattì

* 24.02.1939 – † 26.12.2011

La nostra carissima Grazia è tornata alla casa del Padre.In questi ultimi mesi è stata provata da grandi sofferenze, dovute ad una malattia scoperta solo po-

che settimane prima della sua dipartita.Il suo carattere allegro e una profonda fede avevano dato un tono forte e coraggioso a tutte le sue

azioni. Ha dedicato impegno, amore e premura ad una bella famiglia (sposo, quattro figli e tanti ni-poti) e all’alta missione di insegnante. Benvoluta da tutti.

Aveva chiesto di far parte dell’Istituto “Santa Famiglia” insieme allo sposo Giuseppe nel 1986 edentrambi hanno emesso i voti perpetui a Lourdes nel 1993.

Sempre puntuali agli Esercizi spirituali, ai ritiri mensili alle ore di adorazione, ai vari incontri e atutte le attività proposte dal gruppo. È stata sempre forte tanto da accogliere la sofferenza con moltocoraggio e fiducia. La preghiera era costante, anche durante le varie terapie. Qualche giorno primadella sua nascita in cielo, a don Giuseppe Argento, nostra guida spirituale, accorso al suo capezzale,ha confidato di essere pronta per l’incontro con il volto paterno e misericordioso di Dio.

Nell’affidare la sua anima a Dio, chiediamo preghiere, affinché i suoi cari familiari trovino con-forto e si sentano sempre accompagnati dalla sua presenza amorosa nel cammino di fede che ancheloro hanno intrapreso. Ora noi chiediamo alla nostra carissima sorella Grazia che dal Cielo intercedaper il nostro gruppo e per tutto l’Istituto Santa Famiglia.

Il Gruppo di Canicattì

IOVINE ANTONIOdel Gruppo di Termoli

* 08-12-1928 – † 04-10-2011

Il 4 ottobre 2011 è tornato alla casa del Padre il nostro caro fratello Antonio.Giovanissimo, insieme alla moglie e alla figlia, si trasferisce in Svizzera, dove la famiglia si allar-

ga con la nascita di altri due figli. Abituato, in patria, al duro lavoro dei campi, non si lascia sorpren-dere dalle difficoltà di un nuovo lavoro, nel quale riesce a farsi apprezzare per la rettitudine e l’one-stà dei comportamenti.

Tornato a Guardialfiera, suo paese d’origine, conosce l’Istituto Santa Famiglia e il 26 agosto 1988,a Campitello Matese, entra a far parte di questa grande famiglia insieme alla moglie Antonietta. Illu-minato interiormente da una spiritualità semplice e genuina, inizia un cammino di fede, partecipandoassiduamente ai ritiri mensili, agli esercizi spirituali e alle ore di adorazione.

Sollecito nell’ascolto della Parola, traduce gli insegnamenti del Vangelo nella vita quotidiana,compiendo gesti di fraternità e condivisione.

È bello ricordare a noi tutti dell’Istituto Santa Famiglia la sua iniziativa di visitare, con la moglie,i Frati anche in località distanti da Guardialfiera, per offrire loro gioia e compagnia, insieme al pran-zo e ai frutti della terra di sua proprietà. Costantemente alla ricerca di Dio, partecipa più volte a pel-legrinaggi in Terra Santa e in luoghi di culto mariano, da cui riporta esperienze spirituali da condivi-dere in famiglia e nel gruppo. Purtroppo come accade nella vita di ogni uomo, anche il nostro Anto-nio deve incrociarsi con il dolore e la sofferenza, a causa di interventi chirurgici molto seri.

Dopo un difficile intervento al cuore, il nostro caro Antonio accoglie la sofferenza con serenità nel-la convinzione che la croce debba essere vissuta come strumento di salvezza. La relazione con Gesùè intima e profonda, tanto che le sue condizioni fisiche precarie non incrinano la speranza che “..lagrazia e la potenza del Signore possono raggiungere l’uomo in ogni situazione, anche le più diffici-li..” (Benedetto XVl – Incontro con le famiglie e i sacerdoti).

La sua morte ha lasciato un grande vuoto. Abbiamo perduto l’amico e il compagno esemplare delnostro cammino spirituale. Siamo sicuri che dal cielo continuerà a camminare con noi e confidiamonella sua preghiera, affinché ogni difficoltà diventi, per tutti noi, motivo di crescita nel cammino checi orienta verso Dio.

Maurizio e Anna Grimaldi

58

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

Ricordo dei Defunti

59

AnniversarioGennaio

CANFAROTTA M. Cristina 02/01/2000 PalermoSERAFINI Ulderico 02/01/2010 Grottaferrata (RM)PANICO Gianna 03/01/2006 San Vero Milis (OR)TOMASELLO Amalia 04/01/2000 BeneventoFALCIONI Paterniano 05/01/1995 Lucrezia (PU)ROMANO Alfonso 05/01/2000 SalernoSDRUBOLINI Esuperanzio 06/01/1987 Grottaferrata (RM)DESIATO Emilia 08/01/1995 Montefalcone (CB)BUDETTA Michele 09/01/1997 SalernoMELOTTO Lucia 09/01/1994 Legnago (VR)CARLINI Cesarino 10/01/2006 Rocca Priora (RM)GIANFREDA Maria Irene 15/01/2011 TarantoLAGHETTO Lucia 16/01/2009 Thiene – Loc. Rozzampia (VI)PAULUZZI Giuseppina 16/01/1998 TriestePIERRI Cosimo 16/01/2011 VegliePIETROFESO Mario 18/01/2004 SalernoZACCARIA Matteo 19/01/1994 TriesteVITALE Leda 20/01/1998 BrindisiCORTESE Teresa 21/01/1999 Giovinazzo (BA)LA VECCHIA Antonio 23/01/1986 Canicattì (AG)GRANDO Amabile 26/01/1987 TriesteSECCHIAROLI Pietro 26/01/2000 Orciano (PU)GULLINO Giuseppe 29/01/1997 Bandito – Bra (CN)IULIANO Raffaele 30/01/2008 Baronissi (SA)

Febbraio

ADAMO Corradina 01/02/2004 RiminiMANCINFORTE Giancarlo 01/02/2006 Camerano (AN)BALLARDIN Santo 02/02/1994 Thiene (VI)BOI Virginia 03/02/1993 CagliariSATTA Lidia 03/02/2005 CagliariBERTOLA Francesca 05/02/2009 Palermo

60

URBANI Angela 09/02/1986 Allumiere (RM)VITI Maria 10/02/1987 RomaPIGIONA Giuseppina 11/02/2002 TriesteBARRIA Luigi 14/02/2008 Macomer (NU)GRAMAGLIA Domenico 15/02/2011 S. Vittoria d’Alba (CN)PERRUCCI Laura 15/02/2003 Pavona (RM)MARCHI Maria 15/02/2010 TriestePITACCO Domenico 16/02/2011 TriesteBARTOLINI Alfio 17/02/2009 Saltara (PU)PARENZAN Domenico 17/02/0995 TriesteSCHENA Angela 18/02/1977 S. Zeno Di M. (VR)GIANNOTTA Gioconda 19/02/1991 Salice Salentino (LE)RICCA Alfonso 19/02/2005 Alba (CN)AMBROGIONI Augusto 22/02/2009 Grottaferrata (RM)MUNER Riccardo 22/02/1983 Caneva Di Tolmezzo (UD)SIGNORETTI Rina 22/02/2010 Bellocchi fraz. di Fano (PU)OMICCIOLI Augusta 24/02/1993 Saltara (PU)BASCIANI Maria Pia 24/02/2006 Rocca Priora (RM)USAI Rosa 25/02/1983 Talana (NU)CORIGLIANO Cosimo 28/02/1998 Salice Salentino (LE)MARTINA M. Giovanna 28/02/1987 Veglie (LE)SERLI Ettore 28/02/2003 Trieste

Marzo

MAGRO Anna 01/03/2001 Delia (CL)RAGAZZINI Teresa 01/03/1987 Traversara (RA)MENCARINI Angelina 02/03/2004 Lucrezia (PU)DE VITA Ettore 04/03/1993 BeneventoROBERTI Luigi 04/03/2011 Montefalcone (CB)LUPERTO Francesco 05/03/1992 Veglie (LE)CASTIGLIA Salvatore 06/03/2003 Canicattì (AG)PICCININNI Michele 07/03/2003 Bitetto (BA)DI CARO Giuseppe 09/03/2001 Delia (CL)GIORGI Regina 09/03/1998 TriesteROSSETTI Severina 09/03/2004 S. Giorgio (PU)GRECO Chiara 10/03/2008 Palata (CB)

Ricordo dei Defunti

61

Ricordo dei Defunti

PASQUINI Ubaldo 10/03/1992 Lucrezia (PU)DELLERBA Domenica 13/03/1995 Palo Del Colle (BA)IAVAZZI Raffaele 13/03/2011 Palese (BA)FAI Cesario 14/03/1980 Veglie (LE)MORCIANO Giuseppina 14/03/1986 S. Giorgio Jonico (TA)TOMMASO Maria 14/03/1996 Salice Salentino (LE)AIRÒ Placido 15/03/1982 TarantoZACCARIA Marianna 15/03/2000 TriesteBERETTA Italo 16/03/2002 Orbassano (TO)CIERI Giovanni 17/03/2008 RomaSEBASTIANELLI Domenico 18/03/1987 Fano (PU)DEPLANO Rosa 19/03/1995 RomaFESTA Pasquale 20/03/2009 Casalecchio Di Reno (BO)TOMASSINI Emilio 20/03/1993 Lucrezia (PU)SCHENA Marcellino 21/03/1990 S. Zeno Di M. (VR)ANDREONI Luciano 22/03/2008 AnconaIZZI Giuseppe 22/03/2006 Grottaferrata (RM)PODDI Antonietta 22/03/2010 Cabras (OR)ALESSI Angelo 26/03/2008 Sommatino (CL)GRAMAGLIA Assunta 27/03/2002 S. Vittoria D’alba (CN)ITALIANO Giovanni 29/03/2011 Delia (CL)PITZUS Egidio 29/03/1997 OristanoBOSIO Guido 31/03/2007 Bozzolo (MN)GIACCIO Luigi Giovanni 31/03/2006 Palata (CB)

62

IL VALORE DELLA SANTA MESSA

«La Chiesa, che è il Corpo di Cristo, partecipa all’offerta del suo Signore. Il sacrificiodi Cristo presente sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essereuniti alla sua offerta» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1368).

«Niente è più grande dell’Eucaristia!... Quando noi vogliamo liberare dal Purgatoriouna persona cara e invocare la benedizione sulle nostre famiglie, offriamo a Dio il santoSacrificio del suo Figlio diletto, con tutti i meriti della sua passione e della sua morte. Egli,Dio Padre, non potrà non ascoltarci…» (Santo Curato d’Ars).

OPERA SANTE MESSE PERPETUE

Si tratta di 2400 Messe che ogni anno vengono celebrate dai Sacerdoti Paolini per tutti gliiscritti vivi e defunti.Tale Opera è stata voluta da don Giacomo Alberione come segno di riconoscenza versotutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

Norme per l’iscrizione

1. Ogni iscrizione si riferisce a una singola persona, sia viva che defunta.2. Per ogni iscritto si rilascia una pagellina-ricordo con il nome e la data d’iscrizione.3. Gli iscritti godono del beneficio di sei Sante Messe che ogni giorno vengono cele-

brate esclusivamente per loro.4. L’offerta per ogni iscrizione è di Euro 20,00 ed ha valore perpetuo.

Nota bene

• Celebrazione di Sante Messe secondo le intenzioni dell’offerente: € 10,00.

• Celebrazione di un Corso di Messe Gregoriane l’offerta è di € 350,00.

Inoltrare le prenotazioni delle intenzioni di Messe all’Istituto “Santa Famiglia”,Circonvallazione Appia 162 – 00179 ROMA – ccp n. 95135000.

ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “Santa Famiglia”per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S. Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n. 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”IBAN: IT34K0832703201000000034764

63

M aria è colei che ha fatto tutto il cammino della fede e della sequela di Cristo Signore perprima; ora è nella gloria ma ha lasciato a noi un modello, un modo di camminare perché

anche noi percorriamo il suo stesso percorso. La preghiera dell’Angelus siamo invitati a farla tre volte al giorno. Ebbene, essa non è una

preghiera, non è una semplice invocazione, ma molto di più…

1. L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed ella concepì per opera dello Spirito Santo…

La mattina quando si alza l’alba aprite la finestra e il primo raggio di luce che vedete è l’an-gelo che vi porta la volontà di Dio da compiere in quel giorno, scritta nei vostri programmi divita. Come viene concepito questo progetto di Dio su ciascuno di noi? Attraverso il dono delloSpirito Santo (“ed ella concepì per opera dello Spirito Santo”). Se avete un’attesa la mattinaquando fate questa preghiera la prima domanda da farsi è: allora Signore cosa vuoi concreta-mente oggi da me? Come faccio a fare tutto questo? Lo Spirito Santo lo concepisce.

2. Eccomi, sono la serva del Signore. Si compia in me la tua Parola…

Questo è il nostro atteggiamento. Lui ci porta un messaggio, Lui ci dà lo Spirito santo per conce-pirlo ed incarnarlo ma cosa devo fare io? Né più né meno di quello che ha fatto Maria: “Eccomi!”.Non cominciare a dire: eh ma… poi… se… dopo cosa mi succede… No. “Eccomi, sono la serva delSignore. Si compia in me la tua Parola”. Qui giochiamo tutti, sapete! La riflessione sulla fede si deverealizzare nelle piccole e grandi cose di ogni giorno. Qual è il risultato?

3. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi…

La Parola, il messaggio, la volontà di Dio diventa visibile e cammina in mezzo a noi. Standocosì le cose ed essendo noi molto fragili e deboli chiediamo l’intervento di Maria. Questa quindinon è una preghiera che facciamo per la Madonna ma un richiamo su di noi. Alla fine noi chiedia-mo a lei che è tutta bella là nella gloria che intervenga con la sua preghiera…

4. Prega per noi, santa Madre di Dio perché siamo resi degni delle promesse di Cristo.

Proprio perché noi non siamo neanche degni di incarnare Lui. La stessa cosa vale anche per la preghiera dell’Ave Maria: la prima parte ci ricorda la storia

di Maria (“Ave Maria, piena di grazia, ecc. diventerai la madre di Dio”). Ma quello sono io og-gi, al posto di Maria ci devo mettere il nome mio, il nome di mio marito, del mio gruppo, del-la mia comunità, della Chiesa perché in Maria queste cose sono avvenute. E’ in noi che devo-no avvenire. E allora capisco la seconda parte dell’Ave Maria dove si dice: “Santa Maria Ma-dre di Dio, prega per noi peccatori adesso”… Qual è il mio “adesso”? Ognuno di noi ha il suo“adesso”. Quali difficoltà sto vivendo adesso, quali problemi e impegni ho adesso? Poi la pre-ghiera si conclude con “nell’ora della morte”.

Non sono le tante parole che servono, ci ripete Gesù, ma siamo noi i deboli che abbiamo bi-sogno di essere sostenuti da Maria.

don Aldo Pieroni igs,parroco di Camerano (AN)

Esercizi spirituali a Spicello, giugno 2011

L’Angelus e l’impegno quotidiano

Gesù adolescentecon Maria e GiuseppeGesù adolescentecon Maria e Giuseppe