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incontri in Libreria, edizione speciale - gennaio 2012 Ufficio comunicazione istituzionale giorno della memoria 27 gennaio 2012 Sembra assurdo, ma il vuoto di ragione, umanità, carità che determinò le atrocità di allora, può ancora minacciare il nostro futuro. Renato Schifani (Presidente del Senato) Libreria del Senato

gi dea e ia · 2013-12-20 · i n c o n t r i i n L i b r e r ia, e d i z i o n e s p e c i a l e-g e n n a i o 2 0 1 2 Ufficio comunicazione istituzionale gi de a e ia 27 ge ai 2012

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2012

Ufficio comunicazione istituzionale

giorno della memoria27 gennaio 2012

Sembra assurdo, ma il vuoto di ragione, umanità, carità che determinò le atrocità di allora, può ancora minacciare il nostro futuro. Renato Schifani (Presidente del Senato)

Libreria del Senato

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A cura dell’Ufficio comunicazione istituzionale del Senato della Repubblica.

© 2012 Senato della RepubblicaFinito di stampare nel mese di gennaio 2012 presso il Centro riproduzione documenti.

La presente pubblicazione è edita dal Senato della Repubblica. Non èdestinata alla vendita ed è utilizzata solo per scopi di comunicazioneistituzionale.

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In occasione del “Giorno della

Memoria”, il 27 gennaio 2012, gli

studenti in visita alla Libreria del

Senato, partecipano ad un appo-

sito workshop.

Ai partecipanti agli incontri

viene distribuito questo fascicolo

che riporta un’introduzione del

presidente del Senato Renato

Schifani, la prefazione di Giovan-

ni Spadolini (Presidente del Sena-

to dal 2 luglio 1987 al 14 aprile

1994) al volume “L’abrogazione

delle leggi razziali in Italia

(1943-1987)” edito dal Senato

della Repubblica nel 1988 e il

testo della legge n. 211 del 20

luglio 2000.

giorno della memoria27 gennaio 2012

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Cari ragazzi e care ragazze,

il 27 gennaio 1945 le truppe russe entravano nel campodi sterminio di Auschwitz-Birkenau, abbandonato dai nazi-sti in fuga.

L'apertura dei cancelli restituì la libertà alle migliaia disopravvissuti allo sterminio, e mostrò a tutto il mondo quan-to era accaduto in quei luoghi di dolore.

Con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 la Repubblica ita-liana riconosce il 27 gennaio quale “Giorno della Memoria",al fine di ricordare lo sterminio del popolo ebraico, l'infamiadelle leggi razziali, la persecuzione dei cittadini di religioneebraica e di tutti gli italiani che hanno subìto la deportazio-ne, la prigionia e la morte nei campi nazisti.

Fare memoria significa oggi “considerare che questo èstato", secondo le parole di Primo Levi.

Significa interrogarsi sulle ragioni storiche, politiche eculturali che permisero al sentimento antisemita, radicato insettori della società tedesca ed europea, di tramutarsi dappri-ma nel cuore dell'ideologia nazista, e poi in un lucido edeterminato disegno di persecuzione e di sterminio.

Significa riconoscere che quell'orrore si sviluppò all’inter-no della civiltà europea, dissipando, insieme alla dignitàumana di quanti caddero vittime della persecuzione e dellosterminio, quel patrimonio di principi e di valori che la stes-sa Europa aveva faticosamente e coraggiosamente costruito.

Significa non stancarsi di denunciare il sentimento anti-semita tuttora purtroppo non ancora completamente sopito,a volte camuffato sotto la terribile maschera dell'antisioni-

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smo, cioè dell'atteggiamento di chi non riconosce allo Statod'Israele neppure il diritto di esistere.

Come scrisse Vittorio Foa nella prefazione all’opera diPrimo Levi: “Nel momento in cui, nella politica e nella socie-tà, si iniziasse a pensare al diverso da sé come un nemico daabbattere, allora si porrebbero le premesse di una catena ine-sorabile, al cui termine c'è il lager".

Fare memoria significa anche onorare il valore di quantiriuscirono, in quei difficili momenti, a rimanere fedeli allapropria natura umana e ad opporsi con coraggio a quel-l'odioso sistematico progetto di morte, adoperandosi, conrischio della propria vita e in un silenzio operoso, per sot-trarre anche un solo fratello perseguitato al suo terribiledestino.

Per onorare la memoria di questi uomini “giusti", accan-to a quella di quanti patirono nel corpo e nello spirito glieffetti di quella brutale violenza, rivolgo a voi giovani l’in-vito a conoscere e a non dimenticare mai.

Renato Schifani(Presidente del Senato della Repubblica)

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Il razzismo è in radiceincompatibile con qualun-que Stato di diritto. L'egua-glianza di tutti i cittadinidavanti alla legge - proprioil solenne princìpio espressodall'articolo 3 della Costitu-zione repubblicana - è unaeguaglianza inscindibile dalvalore della tolleranza.

È una estraneità, quellafra il costituzionalismodemocratico e l'intolleranzarazzista, che i padri fondato-ri della nostra Repubblicavollero non a caso riaffer-mare all'Assemblea Costi-tuente, quando era ancoravivo, con tutta la propriadrammaticità, il ricordodella tragedia dell'Olocau-

sto; quando doveva esserecompletato il riscatto dellanuova democrazia dallainfamia delle leggi razzialidel '38.

«Il princìpio dell'egua-glianza di fronte alla legge -scrisse nel '47 MeuccioRuini, presidente della Com-missione dei 75 - conquistadelle antiche Carte costitu-zionali, è riaffermato conpiù concreta espressione,dopo le recenti violazioniper motivi politici o razziali,e trova ogni nuovo e piùampio sviluppo con l'egua-glianza piena, anche nelcampo politico, dei cittadi-ni».

Era il princìpio che aveva

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Prefazione di Giovanni Spadolini al volume “L’abrogazione delle leggi razziali in Italia

(1943-1987)”

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intrecciato primo e secondoRisorgimento nel segno diuno Stato che fosse semprepiù casa comune di tutti icittadini. Era il valore fon-damentale in cui si eranosempre riconosciuti gli ebreid'Italia in attesa che la dia-spora si concludesse con lanascita di un proprio Stato:il sogno di Herzl che sarebbediventato realtà solo nel1947, dopo le persecuzioniantisemitiche condotte dairegimi totalitari.

Proprio nel '47, quandoRuini lavorava al progetto diCostituzione per la nuovaItalia e pronunciava quellesolenni parole contro il raz-zismo ed ogni tipo di discri-minazione dei cittadini dellaRepubblica, l'Italia nonaveva ancora concluso lalunga opera di integralerimozione degli effetti nefa-sti prodotti nel nostro ordi-namento giuridico dalleleggi del '38: le leggi chestabilirono la completaemarginazione degli ebrei

dalla vita civile italiana,mentre Mussolini si avviavaad unirsi ad Hitler nell'ag-gressione alle democrazieeuropee.

«L'abrogazione delle leggirazziali». È la ricerca signifi-cativa che il servizio studidel Senato, proprio nel cin-quantenario delle leggi del'38, dedica alla politica legi-slativa svolta dall'Italia,dopo la caduta del fascismo,per liberare con più di ottan-ta nuove leggi il nostro ordi-namento da tutte le normeche avevano consumato ildramma dell'antisemitismo apartire dalla fine degli annitrenta. Norme che avevanochiuso un'epoca della vitaitaliana: quella cominciatacon le «Interdizioni israeliti-che» di Carlo Cattaneo e congli editti sugli ebrei di CarloAlberto.

Era stata un'epoca cheaveva risparmiato sempreagli ebrei la violenza deli-rante del nazionalismo e deldecadentismo irrazionalista.

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Con la conseguenza chela cancellazione delle leggirazziali, a partire dal '44,avrebbe segnato il ritorno aivalori del Risorgimento.

Ma quella rimozione dinorme illiberali è stata unaopera che si è svolta perquasi un quarantennio inter-venendo sia nella sfera deidiritti civili sia nella sferadei diritti politici, con dispo-sizioni che cominciarono adessere varate nel gennaio'44, proprio pochi mesi dopola tragedia dell'8 settembre,quando fu Badoglio a detta-re le prime norme che dove-vano rendere finalmentegiustizia agli ebrei, con lostrumento del regio decretolegge. Quasi un atto ripara-tore di Casa Savoia versoquelle leggi razziali di cuiera stata complice; ma unatto riparatore che certo nonpoteva assolvere la monar-chia dalle proprie gravissimeresponsabilità verso l'ascesae il consolidamento delfascismo.

Continuò Bonomi, nelquadro di quell'esperienzaciellenistica che avrebbecondotto alla convocazionedell'Assemblea costituente;una partecipazione dei parti-ti antifascisti alla direzionepolitica del paese che con-sentì di approvare, fra il '44e il '47, ventidue leggi che,oltre a rispristinare i diritticivili e politici degli ebrei,liberavano il mondo univer-sitario da ogni barriera anti-semitica. E l'opera di rimo-zione, sia pure per quantoriguardava gli aspetti legi-slativi meno rilevanti e cen-trali, è proseguita per idecenni successivi: fino alfebbraio '87.

Cioè quasi fino al quaran-tennale della Repubblica. Lanostra Repubblica che oggiha saldato per intero il pro-prio debito con gli ebrei.

In Italia non c'era maistata una tradizione antise-mita. In Italia non c'era statoun Gobineau (e le variazionidialettali del razzismo d'ol-

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tralpe non avevano raggiun-to neanche, con Preziosi, lesoglie del dilettantismo, siapure arrogante e sopraffatto-re). Nell'Italia fascista nonc’era poi nessun Rosenbergdi turno.

Mussolini non era statoantisemita almeno fino al1936. Aveva trattato col sio-nismo con grande apertura espregiudicatezza, ogni voltache gli era stato utile nellasua prospettiva di penetra-zione nel Medio Oriente.Aveva esaltato nei colloquicon Emil Ludwig (poi fatico-samente ritirati dalle librerie,in omaggio all'Asse) il con-tributo degli ebrei al Risorgi-mento italiano, e in partico-lare alle forze armate italia-ne.

La svolta antisemita del1938 deriva da un comples-so di elementi nazionali, incui prevale l'emulazione conla Germania nazista (che maichiese all'Italia di Mussolini,almeno in quegli anni, diadeguarsi alla legislazione

antiebraica). E il complessodi provvedimenti discrimi-natori - vera vergogna per lanazione italiana - fu prece-duto da un manifesto degliintellettuali, si fa·per dire,antisemiti che fu divulgato il14 luglio 1938, forse nel-l'odio inconsumabile per iprincipi del 1789. Cinquantaanni fa esatti.

Manifesto che ebbe unasua storia fra comica e tragi-ca, pur essendo nell'insiemeun documento tragico, desti-nato a prolungare i suoiestremi frutti nei campi diFossoli e nella Risiera di SanSabba.

Undici giorni dopo lapubblicazione del manifesto,il 25 luglio (altra singolaritàdelle date!) un comunicatodel partito nazionale fascistarendeva noti i nomi degliestensori del testo, chiarendoche il tutto era stato redatto«sotto l'egida del Ministerodella cultura popolare».

Fra i nomi degli scienzia-ti evocati dal fascismo (e

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tenuti nascosti per undicigiorni) non mancavano gio-vani assistenti universitarialla ricerca purchessia dellacarriera; solitari e degradatispiccavano due soli catte-dratici di rilievo nazionale,come Nicola Pende e SabatoVisco. E neanche è sicuroche il testo definitivo delmanifesto, rimaneggiato daMussolini, fosse stato daloro approvato. Ma pocoimportava. La loro protesta,se ci fu, fu soffocata; il loroavallo intellettuale rimaseintero con tutte le conse-guenze che verranno; fune-ste e dissolvitrici.

«Gli ebrei non apparten-gono alla razza italiana». Ilpunto nove del manifesto neriassumeva l'intera logica,opposta a tutta la culturaitaliana, anche a quella dellastagione positivista. Semprecauta in materia di razze esempre ostile a identificarele ricerche sull'«etnos» con lepassioni e le deviazioni delrazzismo.

Gli ebrei in Italia eranoquarantacinquemila, su unapopolazione di quaranta-quattromilioni di abitanti:appena l'1,3 per mille. E soloin odio a quella minoranzaminuscola e generosa, che siera identificata con la causanazionale e risorgimentale,furono scomodati tutti gliarchivi dell'intolleranza edella barbarie: «Il concettodelle razze è concetto pura-mente biologico» (con laripulsa dei concetti e deiprincìpi di popolo e nazione:addio Mazzini), «esistonorazze grandi e razze piccole»,«esiste ormai una pura razzaitaliana», «è tempo che gliitaliani si proclamino fran-camente razzisti!». I servitoridella cattedra andavanooltre lo stesso cinismo deldittatore.

Arnaldo Momigliano - ilgrande intellettuale che fuvittima di quelle misure - hascritto, poco prima di mori-re, una pagina mirabile sugliebrei italiani. E il danno che

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fu apportato all'universitàdel nostro Paese con quelpogrom ufficiale non fu cal-colabile.

Taluni ritorni (penso adAttilio Momigliano nell'Ate-neo fiorentino) furono solca-ti da tale malinconia da nonconsentire più l'esercizio delmandato.

Ma per quella culturalibera che rifiutava di asso-ciarsi alla campagna antise-mita restava un grandepunto di riferimento: “LaCritica” di Benedetto Croce,la rivista dove nel '38 il filo-sofo della religione dellalibertà condannò l'interafollia di una intolleranza checostituiva la più completanegazione degli ideali dilibertà e di umanità.

E proprio Croce, davantiad un collega di una univer-sità della Germania che esal-tava «la mano sicura delFührer» nella costruzionedell'«Uomo tedesco», senzaesitazione disse: «Carosignore, all'umanità importa

l'uomo e non l'uomo tede-sco, l'uomo e non l'animale,o una nuova varietà di ani-male; e, se nell'uomo persi-ste, o di nuovo si formal'animale, l'umanità dovràlavorare a dissolverlo erisolverlo in sé».

Erano quelle le parole diCroce che non a caso Erne-sto Rossi, l'esponente di Giu-stizia e Libertà, ricordava dalcarcere. E proprio sulla rivi-sta omonima del movimentoantifascista di Rossi e diBauer, un grande combat-tente democratico, Max Sal-vadori, il 16 settembre 1938lanciava una inquietanteprevisione per quanto sareb-be avvenuto dopo le leggirazziali: «la campagna anti-semita in Italia andrà fino infondo e alle sofferenze degliebrei di Germania, diAustria, d'Ungheria e diRomania, si aggiungerannoquelle dei quarantamilaebrei italiani».

Si ribellava a quella invo-luzione legislativa Piero

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Calamandrei: perché il giuri-sta «sente a maneggiarequelle leggi oppressive loschifo del contatto immon-do, e prende in odio percolpa di esse la stessa scien-za giuridica».

Già nel luglio '38, era ini-ziata l'espulsione da tutte lescuole italiane, parallela-mente alla nascita dellaDirezione generale del Con-siglio superiore per la demo-grafia e la razza.

L'offensiva contro gliebrei presto si spostò all'in-terno della burocrazia mini-steriale, con il licenziamentodei dipendenti dello Stato edegli enti pubblici. Ma lediscriminazioni antisemitenon si fermarono lì: investi-rono le stesse libere profes-sioni, di fatto precluse almondo ebraico.

Fu solo una discrimina-zione legislativa? C'era dipiù in quella svolta del '38perchè «non dobbiamo maidimenticare - ha scrittoAlessandro Galante Garrone

-, quando prendiamo inesame le leggi antisemite del1938 e le liste degli israelitiche furono burocraticamentecompilate in attuazione diquelle leggi e lo zelo deifunzionari, che la supremainfamia del grande olocau-sto degli ebrei è cominciatain Italia proprio con quelleleggi, e con tutto quello chele accompagnò e le seguì.Tra queste leggi del 1938-39e l'ecatombe di alcuni annidopo c'è una diretta conti-nuità».

Ma quelle leggi non riu-scirono a condizionare pro-fondamente la coscienzacollettiva degli italiani, dalmomento che i provvedi-menti del '39 si collocavanopur sempre in una realtànazionale che era semprerimasta estranea all'antise-mitismo: al contrario dellaGermania dove il razzismoera stato già espresso da unintero filone culturaledell'800 che si sarebbe poiriflesso nella stessa forma-

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zione delle nuove generazio-ni.

In Italia l'antisemitismoera sempre rimasto estraneoalla cultura e allo stessocostume degli italiani. Conla conseguenza che «durantela guerra - ha ricordatoSimon Wiesenthal - non homai sentito parlare di casi incui degli ebrei fossero statimaltrattati da soldati italia-ni». E, dopo la guerra «non cirisultarono mai - sono sem-pre parole di Wiesenthal -nei numerosi casi a cono-scenza del nostro Centro, deiriferimenti a maltrattamentidi soldati italiani sul fronteorientale».

Ma la mano sugli ebrei,con tante e degradanti com-plicità intellettuali, anticipòpur sempre la rovina dellapatria. E il suo riscatto coin-cise - non dimentichiamolomai - col «no» risoluto adogni razzismo, comunque

mascherato e comunque dis-simulato.

La rimozione di quelleleggi che avevano negato iprincìpi stessi dello Stato didiritto ha contribuito a ricu-perare l'eredità risorgimen-tale nella «nuova Italia» cheusciva dalla drammaticaesperienza della dittatura.Un ritorno a quel primoRisorgimento che non a casoaveva costituito per TeodoroHerzl un fondamentalepunto di riferimento: versouna democrazia israeliticache non sarebbe stata possi-bile senza la nostra demo-crazia risorgimentale: unbinomio inscindibile chetocca a noi rafforzare controle vecchie e le nuove intolle-ranze. Perché l'antisemiti-smo non torni più a minac-ciare la civile convivenzadegli italiani.

GIOVANNI SPADOLINI

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La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hannoapprovato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAPromulga

la seguente legge:Art. 1

1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data del-l'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria", alfine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi raz-ziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hannosubito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che,anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto disterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite eprotetto i perseguitati.

Art. 21. In occasione del “Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1,

sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni dinarrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole diogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e aideportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da con-servare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro perio-do della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventinon possano mai più accadere.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nellaRaccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osserva-re come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 20 luglio 2000

CIAMPI

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