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Retina Suisse Giornale - Journal 2-3/2015 esce tre volte l'anno L ' a s s o c i a zi o n e d ' a i u t o r e c i p r o c o d i p e r s on e c o n r e t i ni t e pig m e n t o s a ( R P ) , d e g e ne r a z i o n e m a c ula r e , s ind r o m e d i U she r e al t r e m al a t t ie d e g e n e r a ti v e d e ll a r e t in a

Giornale - Journal 2-3/2015 esce tre volte l'anno · d’orientamento e mobilità nelle ore serali. Novembre e dicembre sono anche i mesi delle serate fuori di casa, degli incontri

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Retina Suisse

Giornale - Journal 2-3/2015 esce tre volte l'anno

L'associazione d'aiuto reciproco di persone con retinitepigmentosa (RP), degenerazione maculare, sindrome diUsher e altre malattie degenerative della retina

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Impressum

Redazione:Christina Fasser, Uta Buhl, Renata Martinoni rrRetina Suisse, Ausstellungsstrasse 36, 8005 ZurigoTel. 044 444 10 77, fax 044 444 10 70 [email protected], www.retina.ch

Testo italiano:TTRenata Martinoni

Impaginazione e stampa:Roda Fratelli SA, TaveTT rne (TI)

Giornale parlato:Centro di produzione Unitas, 6900 Lugano

Abbonamento annuo:è compreso nella tassa sociale

Il Giornale esce:in italiano, francese e tedesco, in versione scritta eparlata

Conto postale 80-1620-2 IBAN CH42 0900 0000 8000 1620 2Siamo grati per ogni offerta!

No. 126-127, dicembre 2015

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Giornale2/3-2015

27 gennaio 2016: Serata pubblica su «La degenerazione maculare correlata all’età» a Locarno (in lingua tedesca).

28 gennaio 2016: Serata pubblica su «La degenerazione maculare correlata all’età» a Lugano, Casa Andreina.

9 aprile 2016: Assemblea generale di Retina Suisse a Friburgo (lingue: francese/tedesco).

Agenda

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Sommario

Editoriale (Ch. Fasser) ................................................................ 4

Ci congratuliamo Premio di ricerca retinite pigmentosa 2015 ................. 6

Medicina e ricerca Prima terapia genica per la coroideremia in Germania:

nuove speranze nella lotta contro una rara malattia degli occhi (A. J. Voormann) ...................................... 9

Primo intervento con cellule staminali per la AMD in Inghilterra ................................................................. 11

AMD: Danni da luce e terapia. Una ricerca in Germania e Svizzera.................................................. 14 Visione distorta a causa di trazione sulla retina ........ 16

Sperimentazioni cliniche: come prepararci per partecipare? (C. Moret) ........................................... 19

Vitamina A, malattia di Stargardt e distrofia dei coni e dei bastoncelli (AkF) ........................................... 21

Vivere con... Aspetti psicologici di una degenerazione retinica che progredisce (M.-P. Assimacopoulos) ........................... 26 I gruppi di parola, utili e apprezzati (E. Nüssli) ...... 32 Lungo il fiume Emme da Bätterkinden a Soletta (U. Kaiser) ................................................................ 35

Guardare e non toccare… qui non vale (M. Klaus) ................................................................ 38 La camicia nuova (H. Nerstheimer) ..................... ..... 43

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Dalla direzione di Retina Suisse Uno sguardo dietro le quinte del servizio di consulenza (S. Hüsler e M. L. Mauron) .......................................... 46 Informazione interna (S. Hüsler) .............................. 49

Mezzi ausiliari Il bastone laser, una bella esperienza (S. Hofmann) .......................................................... 50

Per stirare da professionisti (Ch. Fasser) ................. 52 Il ricettario dei «vasetti da joghurt» ....................... 53

Milestone 312 ACE ................................................... 54

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Care lettrici, cari lettori,cari membri

Sto scrivendo quest’editoriale sulla mia terrazza, al sole, sotto un luminoso cielo azzurro e di fronte a boschi di tutti i colori, insomma una splendida giornata autunnale. Vario-pinte come gli alberi sono anche le notizie che ci giungono da tutto il mondo. Quando sfoglierete il presente giornale, in Germania il primo tentativo di terapia genica per l’acro-matopsia sarà ormai storia, i dati conclusivi dello studio cli-nico sul gene RPE65 saranno stati pubblicati, altri risultati promessi saranno noti e nuove pietre miliari sulla via delle scoperte scientifiche raggiunte. Che qualcosa si muova è evidente e deve infonderci speranza. Tuttavia le persone con una degenerazione retinica progressiva non possono limitarsi a incrociare le braccia in attesa degli eventi. Devo-no piuttosto guardare in faccia alla realtà e vedersela con la situazione del momento.

Con l’autunno che avanza, questo significa che il giorno sorge più tardi e la notte cala prima. Una situazione che dovrebbe essere motivo sufficiente per fare un training d’orientamento e mobilità nelle ore serali. Novembre e dicembre sono anche i mesi delle serate fuori di casa, degli incontri con amici e colleghi di lavoro, dei mercatini nata-lizi, dei cortei con i lumini. E allora non lasciatevi rovinare la voglia di partecipare solo perché la notte è nera e lunga. Festeggiate e se del caso concedetevi il taxi per rientrare a casa.

Editoriale

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Auguro a tutte e tutti voi gioiose feste e un felice anno nuovo.

Con molta cordialità

Christina Fasser

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Premio di ricerca retinite pigmentosa 2015

Il Premio di ricerca retinite pigmentosa di PRO RETINA Deutschland e. V. e di Retina Suisse per il 2015 è stato conferito al dott. rer. nat. Karsten Boldt dell’Istituto di ricerca oftalmologica dell’Università di Tübingen. La cerimonia si è svolta a Berlino nel contesto del 113esi-mo Congresso della Società tedesca di oftalmologia, la Deutsche Ophthalmologische Gesellschaft (DOG). L’as-segnazione è in relazione con le seguenti pubblicazioni: * Boldt K, Mans DA, Won J, van Reeuwijk J, Vogt A, Kinkl N, Letteboer SJF, Hicks WL, Hurd RE, Naggert JK, Texier Y, den Hollander AI, Koenekoop RK, Bennett J, Cremers FP, Gloeckner CJ, Nishina PM, Roepman R, Ma-rius Ueffing (2011). Disruption of intraflagellar protein transport in photoreceptor cilia causes Leber congeni-tal amaurosis in humans and mice. Journal of Clinical Investigation. 121: 2169-80* Texier Y, Toedt G, Gorza M, Mans DA, van Reeuwijk J, Horn N, Willer J, Katsanis N, Roepman R, Gibson TJ, Ueffing M, Boldt K. (2014) EPASIS: Elution profile analysis of SDS-induced sub-complexes by quantitative mass spectrometry. Molecular and Cellular Proteomics 13:1382-91

Nelle loro ricerche, il dottor Boldt e i suoi co-autori hanno dimostrato che in una determinata forma dell’a-

Ci congratuliamo

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maurosi congenita di Leber, la LCA5, la proteina non interagiva più correttamente perché mutata. Nel caso specifico, si tratta della «lebercillina», una proteina di rilievo nei processi di trasporto all’interno dello strato dei fotoricettori. La scoperta del meccanismo alla base della malattia ha fatto l’oggetto di una pubblicazione sul rinomatissimo «Journal of Clinical Investigation». In un apposito editoriale dello stesso numero della rivista, l’articolo in questione è stato definito come importan-te contributo per la comprensione delle degenerazioni retiniche ereditarie. In un suo altro lavoro di ricerca, il dott. Boldt ha poi potuto utilizzare nuovamente il concetto analitico applicato per la prima volta per la LCA5. Lo scopo era di studiare e capire il ruolo di altre proteine di rilievo patologico e il loro coinvolgimento nei meccanismi delle malattie retiniche. Partendo da quelle esperienze, Boldt ha sviluppato un metodo d’a-nalisi specifico che permette, in relazione con algoritmi e spettrometria di massa, di esaminare insiemi di pro-teine nei segmenti esterni dei fotoricettori. I riconosci-menti emersi in dette ricerche hanno permesso di fare un grande passo avanti nella conoscenza dei meccani-smi della malattia e spianato la via per nuovi approcci terapeutici. Grazie ai suoi lavori, il dott. Boldt ha potu-to realizzare approfondite cooperazioni internazionali da cui sono poi scaturite ulteriori importanti pubblica-zioni.

Dopo gli studi di biologia cellulare e molecolare nonché di immunologia presso l’Università di Tübingen, il dott. Karsten Boldt ha conseguito il dottorato presso l’Uni-versità tecnica di Monaco di Baviera. Parallelamente ha

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lavorato anche per il Dipartimento «Proteomics and Si-gnal Transduction» dell’Università di Glasgow. Dal 2010 il dott. Boldt dirige il Centro di proteomica dell’Istituto di ricerca oftalmologica dell’Università di Tübingen. Il suo portfolio scientifico comprende venticinque pub-blicazioni su prestigiose riviste scientifiche quali, per esempio, Nature Genetics, PNAS, Nature Communica-tions and Nature Cell Biology. Tutto ciò permette di af-fermare che il dott. Boldt è il più promettente giovane scienziato attivo nell’ambito della ricerca oftalmologica sperimentale in Germania.

PRO RETINA Deutschland e. V. e Retina Suisse si congra-tulano con il dott. Karsten Boldt e gli augurano tanto successo per il suo lavoro con il professor Ueffing pres-so l’Istituto di ricerca oftalmologica dell’Università di Tübingen. Il Premio di ricerca consiste di un contributo finanziario di 2’000 Euro in contanti nonché di un con-tributo di 1’500 € per partecipare a un congresso oltre-mare.

Fonte: PRO RETINA Deutschland e. V.

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Prima terapia genica per la coroideremia in Germania: nuove speranze nella lotta contro una rara malattia degli occhi

Anna Julia Voormann, Ufficio stampa, Società tedesca di oftalmologia DOG

La Clinica oftalmologica dell’Università di Tübingen sottoporrà presumibilmente ancora quest’anno pazien-ti con coroideremia, una rara affezione degli occhi, a terapia genica. Per la Società tedesca di oftalmologia (Deutsche Ophthalmologische Gesellschaft DOG) que-sto tentativo terapeutico marca l’inizio di una nuova era. L’associazione professionale delle e degli oculisti tedeschi prevede la messa a punto di altre terapie ge-niche. Perciò ha anche fatto della terapia genica il tema principale del Congresso 2015 della DOG, svoltosi dal primo al 4 ottobre 2015 a Berlino. I pazienti ammessi alla ricerca genica di Tübingen sof-frono fin dalla prima infanzia di una malattia degli occhi. In un primo tempo è la visione al buio e nella penombra che peggiora, più tardi interviene una pro-gressiva limitazione del campo visivo e per finire viene meno la capacità visiva. «La maggior parte dei pazienti perde la vista prima del 50esimo anno d’età», spiega il medico professor Ulrich Bartz-Schmidt, che ha presiedu-to il congresso.

Medicina e ricerca

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Nel caso della coroideremia la lenta e inarrestabile per-dita della capacità visiva è dovuta a un difetto in uno dei circa 200 geni responsabili del funzionamento della retina. «In Germania la coroideremia riguarda soltanto un migliaio di persone», afferma Bartz-Schmidt. Secon-do le stime, in Svizzera sono affette da coroideremia circa 100 persone (N.d.r.). Per il direttore sanitario della Clinica oftalmologica universitaria di Tübingen, la coroi-deremia può servire da modello per un numero impor-tante di difetti genetici rari oggi inguaribili, per i quali una terapia genica potrebbe rappresentare una prima assoluta in termini di prospettive terapeutiche.

La terapia genica per la coroideremia consiste nell’in-trodurre nelle cellule della retina una versione sana del gene. Per trasportare il gene nella retina, gli scienziati impiegano un virus come veicolo. «I virus cosiddetti adeno-associati non provocano nessuna malattia, non possono moltiplicarsi da sé e perciò sono considerati si-curi», fa notare Bartz-Schmidt. Le terapie geniche sono particolarmente indicate per la cura di malattie oftal-mologiche. Gli occhi sono ben delimitati verso l’esterno e i virus che trasportano il gene si possono iniettare direttamente sotto la retina mediante un intervento chirurgico. Di regola non insorgono reazioni di difesa o rigetto del sistema immunitario.

Un gruppo di lavoro diretto dal medico professor Ro-bert MacLaren dell’Università di Oxford ha sviluppato la terapia genica per la coroideremia e l’anno scorso ha presentato i primi risultati. Dopo l’intervento, in due dei sei pazienti trattati l’acuità visiva è migliorata men-

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tre negli altri quattro, l’acuità visiva di 0,63 o maggiore è rimasta immutata. «La nostra speranza è che la tera-pia genica aiuti a procrastinare l’instaurarsi della cecità o addirittura a interrompere il decorso della malattia», dichiara Bartz-Schmidt. Accanto alla terapia genica per la coroideremia, al mo-mento sono in corso ricerche sperimentali con terapie geniche per altre affezioni ereditarie della retina quali l’acromatopsia, la malattia di Stargardt, la retinite pig-mentosa e la forma umida della degenerazione macula-re correlata all’età.

Primo intervento con cellule staminali per la AMD in Inghilterra

Presso il Moorfields Hospital di Londra, recentemente una paziente sessantenne affetta dalla forma umida della degenerazione maculare correlata all’età (AMD) è stata sottoposta a un’operazione di trapianto di cellule staminali. I tessuti trapiantati provenivano da cellule d’epitelio pigmentato retinico (cellule RPE) d’origine em-brionale. Le cellule donate sono state coltivate in labo-ratorio per ottenere un «Patch trapiantabile» e poi piaz-zate dietro la retina mediante un’operazione chirurgica.

La «tecnica del Patch» con cellule staminali embrionali è stata impiegata per la prima volta allo scopo di ripristi-nare la capacità visiva di una paziente. L’autore dell’o-perazione chirurgica, il prof. Lyndon Da Cruz del Moor-

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fields Eye Hospital di Londra afferma: «Siamo ansiosi di vedere i risultati perché siamo stati capaci di riprodurre una copia perfetta dello strato cellulare e poi di trapian-tarlo».

La ricerca londinese non è finalizzata unicamente al test della sicurezza, ma deve verificare anche l’efficacia del trapianto. Intanto è già prevista una valutazione dopo i primi pochi trapianti effettuati.

Ricerca con pazienti con la forma umida della AMDIl prof. Da Cruz ha iniziato la sua ricerca con pazienti affetti da una AMD di forma umida. La paziente operata è la prima di dieci probandi ammessi allo studio. L’ope-razione è riuscita, ma se la paziente recupererà effet-tivamente la capacità visiva e in quale misura si vedrà soltanto dopo qualche mese. Per la sua ricerca il prof. Da Cruz ha selezionato pazienti affetti da AMD umida (e non di altre forme) poiché essa permette di vedere rapidamente i risultati della terapia. Infatti, in caso di AMD umida la perdita della vista si manifesta improvvisamente o nel giro di sei settimane. I chirurghi pensano che la tecnica applicata funzioni an-che in pazienti con una forma secca di degenerazione maculare correlata all’età.

Una terapia anche per altre retinopatie legate all’epitelio pigmentato retinico? La terapia con cellule staminali è stata messa a pun-to per pazienti con la forma umida e per pazienti con la forma secca della AMD, dice il prof. M. Cheetham dell’associazione britannica «RP-Fighting Blindness». Se

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la terapia dovesse effettivamente funzionare, in futu-ro si potrebbe impiegarla anche per quei pazienti con retinite pigmentosa (RP), la cui perdita di capacità visi-va è da mettere in relazione con problemi delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico (RPE) mentre non è il caso per le forme di RP connesse con le cellule sensibi-li alla luce (i fotoricettori). A titolo di esempio, il prof. Cheetham menziona determinate forme di RP quali la distrofia del fondo di Sorbsys, disturbi funzionali del ci-clo visivo (p.es. RPE65, LRAT) e la malattia di Best (BEST 1). Lo stesso tipo di trattamento potrebbe entrare in considerazione anche per affezioni quali la malattia di Stargardt (mutazioni del gene ABCA4, fotoricettori che «avvelenano» l’epitelio pigmentato retinico RPE) e la coroideremia (coinvolgimento di fotoricettori e RPE).

Tuttavia occorre considerare che per la maggior parte delle forme di RP nelle quali sono compromessi in prima linea i fotoricettori, il trattamento ora sperimentato e altre terapie con cellule staminali sono ancora musica del futuro. Se però la ricerca in corso fosse coronata da successo, anche le altre opzioni farebbero dei pro-gressi. La ricerca in corso è documentata con il numero NCT01691261 [1] nella banca-dati statunitense clinical.trials.gov. Fonti: RP Fighting Blindness, [2] the guardian [3]

Riferimenti: [1] https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT01691261?term=%22AMD%22+AND+%22Stem+cell%22+AND+%2 2Moorfields%22&rank=2 [2] http://www.rpfightingblindness.org.uk/newsevent.php?tln=newsevents&newseventid=458 [3] http://www.theguardian.

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com/science/2015/sep/29/first-uk-patient-receives-stem-cell-treatment-to- cure-sight-loss

Fonte: Pro Retina News 2015

AMD: danni da luce e terapia immunolo- gica, una ricerca in Germania e Svizzera

RiassuntoUn progetto comune in corso in Germania e Svizzera studia i danni alla retina provocati da forti irradiazioni luminose e sperimenta l’efficacia di nuovi farmaci per la regolazione del sistema immunitario. Una forte irra-diazione luminosa sugli occhi e processi immunologici cronici sono importanti fattori di rischio per la degene-razione maculare correlata all’età (AMD).

Un nuovo progetto Un progetto di ricerca che accomuna ricercatori tedeschi e svizzeri sta studiando la relazione tra la luce intensa, il sistema immunitario e la retina che sta invecchiando. Diretto dal professor Thomas Langmann della Clinica universitaria di Colonia e promosso da una fondazione svizzera, il progetto è una prima scientifica in assoluto.

Impostato come ricerca preclinica, lo studio esamina in modo approfondito i danni alla retina prodotti da for-ti irradiazioni luminose e sperimenta l’efficacia di un nuovo tipo di farmaci per la regolazione del sistema im-

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munitario con l’intento di trovare dei modi per proteg-gere la retina. Il responsabile del progetto, il professor Thomas Langmann, è titolare della cattedra di immuno-logia sperimentale dell’occhio presso il Centro d’oftal-mologia della Clinica universitaria di Colonia. Associato alla ricerca è il Laboratorio di biologia cellulare della retina del professor Christian Grimm (Clinica oculisti-ca dell’Ospedale universitario di Zurigo). Partendo dai risultati della loro ricerca, gli studiosi intendono svilup-pare un nuovo e innovativo approccio terapeutico per la cura della degenerazione maculare correlata all’età.

Protezione dai danni da luceIn Germania le persone colpite da degenerazione ma-culare correlata all’età (AMD) sono quasi due milioni, in Svizzera sono più di 40'000 quelle a uno stadio mol-to avanzato (N.d.red.). La malattia distrugge le cellule visive della retina soprattutto nella zona della massima acuità visiva, la cosiddetta macula. Per vederci nitido, la macula deve essere intatta. Oltre all’età che avanza, i principali fattori di rischio per un’affezione della ma-cula sono il fumo, determinate modifiche genetiche del sistema immunitario rispettivamente processi immuni-tari cronici e forti irradiazioni luminose direttamente sugli occhi.

Dal 2010 al 2012 il professor Thomas Langmann è sta-to titolare della cattedra sponsorizzata da PRO RETINA presso l’Università di Regensburg (Germania).

Fonte: «Ophthalmologische Nachrichten online» dell’11.6.2015

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Visione distorta a causa di trazione sulla retina

Linee diritte che diventano improvvisamente ondulate o distorte non sono sempre segno di una forma umida di degenerazione maculare correlata all’età. Anche altre af-fezioni oculari possono causare linee oblique o distorte spiega il professor Anselm Kampik. Le affezioni in que-stione sono riunite sotto il termine generale di «maculo-patie da trazione». Maculopatie da trazione e invecchiamento anoma-lo del corpo vitreoLe malattie cui facciamo riferimento insorgono quando l’invecchiamento naturale del corpo vitreo non procede come si deve. Il corpo vitreo è una sostanza a consisten-za gelatinosa, trasparente e incolore, che riempie la cavi-tà interna del bulbo oculare aderendo alla retina. Esso è composto d’acqua, sali, fibre collagene e altre sostanze quali l’acido ialuronico. A partire da circa 50 anni, il cor-po vitreo comincia a invecchiare. Esso diventa più liquido e le fibre collagene possono formare dei grumi, percepiti come puntini scuri «svolazzanti» nel campo visivo, le cosiddette «mouches volantes» (mosche volanti). In pari tempo il corpo vitreo con le sue fibre collagene si stacca dalla superficie della retina. Si parla allora del cosiddet-to distacco posteriore del vitreo, che però non è sempre totale. Singole fibre collagene e cellule possono rimane-re incollate alla retina, moltiplicarsi e produrre ulteriori fibre. Ne nascono delle bande di fibre o delle membrane che per finire esercitano una trazione sulla retina.

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Quadri clinici diversiI quadri clinici che possono insorgere sono diversi. Pos-sono formarsi delle membrane che ricoprono la retina (membrana epiretinica o «pucker maculare», dall'ingle-se pucker = grinza o ruga), che creano delle notevoli limitazioni della visione. Se nella zona della macula il corpo vitreo rimane qua e là attaccato alla retina e vi esercita trazione si avrà una condizione oculare nota come «trazione vitreomaculare» (VMT). Le forze svilup-pate dalla trazione possono addirittura generare dei buchi nella retina in zona macula, il cosiddetto foro ma-culare. Infine può insorgere anche un «edema maculare trazionale». La trazione non è l’unica causa di edema maculare, esso può infatti manifestarsi anche a seguito di altre affezioni oculari quali la retinopatia diabetica o l’uveite (infiammazione della sottile membrana vasco-lare composta da tre foglietti oculari - coroide, corpo ciliare e cristallino - che separano la cornea e la sclera dalla retina).

Opportunità terapeutichePer la cura delle maculopatie trazionali, oggi la medici-na conosce due modalità: l’eliminazione microchirurgica del corpo vitreo con il distacco meccanico delle aderen-ze dalla retina e – come nuova opzione terapeutica – l’i-niezione una tantum di un farmaco nel corpo vitreo. La sostanza, chiamata ocriplasmina, ha l’effetto di un en-zima e dissolve tutte le parti del corpo vitreo che aderi-scono alla retina. Essa conferisce, in altre parole, nuovo slancio al processo d’invecchiamento del corpo vitreo. Il trattamento farmacologico, cioè l’iniezione, ha senso quando le aderenze del corpo vitreo hanno dimensioni

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non superiori a 1500 millesimi di millimetro (1500 µm) o quando è presente un piccolo foro maculare di meno di 400 millesimi di millimetro (400 µm). Il trattamento far-macologico permette all’oculista di intervenire precoce-mente sul processo patologico e, rispetto all’intervento chirurgico, riduce al minimo rischi e effetti collaterali. Un intervento chirurgico è indicato quando una vasta aderenza di tessuto davanti alla retina ha già prodotto notevoli effetti negativi.

Un’accurata diagnosi aiuta a decidere quale tipo di trat-tamento conviene per quale paziente. Oltre all’esatto racconto dei sintomi e problemi soggettivi e dell’esame del fondo dell’occhio, particolare rilievo è conferito alla visualizzazione per mezzo della tomografia a coerenza ottica (OCT). Grazie all’OCT si possono infatti rappre-sentare in dettaglio le modifiche presenti sulla retina.

Fonte: Retina Aktuell, Nr. 136, 2015

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Sperimentazioni cliniche: come prepararci per partecipare?

Céline Moret MSc, Institut Ethique Histoire Humanités, Faculté de médecine, Université de Genève

RiassuntoLa scelta di partecipare o non a una sperimentazione clinica è una decisione importante. Prima di decidere occorre riflettere bene e allora è utile avere delle cono-scenze inerenti al settore della ricerca medica.

DefinizioniUna sperimentazione clinica è un progetto di ricerca finalizzato alla valutazione degli effetti d’un intervento sanitario in relazione con la salute. Il ruolo del ricer-catore è d'ottenere delle conoscenze generalizzabili e che siano utili alla medicina. Non deve invece offrire al singolo paziente le migliori cure possibili. Il promotore decide, gestisce e finanzia una sperimentazione clinica mentre lo scienziato è responsabile della sua realizza-zione concreta. Le sperimentazioni cliniche sottostanno inoltre alla sorveglianza delle commissioni etiche can-tonali e di Swissmedic, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici (https://www.swissmedic.ch).

Basi legaliPer le sperimentazioni cliniche attuate in Svizzera valgono le disposizioni della «Legge federale concer-nente la ricerca sull’essere umano» (Legge sulla ricer-ca umana, LRUm). Determinati punti della legge sono

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precisati nell’«Ordinanza concernente le sperimenta-zioni cliniche nella ricerca umana» (OSRUm). Entrambi i testi e altri documenti sono consultabili all’indirizzo Internet http://www.bag.admin.ch/themen/medi-zin/00701/00702/07558/index.html?lang=it

Diritto all’informazioneLa Legge sulla ricerca umana (LRUm) sottolinea che una persona, per essere associata a un progetto di ricerca, deve dare il suo esplicito consenso dopo un periodo di riflessione sufficientemente lungo. Il consenso deve essere libero (esente da pressioni), informato (basato su un’informazione completa e ben comprensibile) e revocabile in ogni momento senza conseguenze per la persona. La persona intenzionata a partecipare a una ricerca deve ricevere determinate informazioni quali la natura, lo scopo, la durata e lo svolgimento del pro-getto di ricerca, i rischi e gli incomodi prevedibili come pure il beneficio che può averne.

Benefici e rischiI benefici non sono mai garantiti essendo lo scopo della ricerca precisamente quello di valutare gli eventuali bene-fici. È allora buona cosa informarsi di quale fase della ricer-ca si tratti e dell’eventuale ricorso a sostanze placebo. Se possibile è inoltre utile informarsi presso altri partecipanti o ex-partecipanti. Scopo di una sperimentazione clinica è di verificare la sicu-rezza d’un trattamento e quindi non tutti i rischi sono già noti a priori. Per questo motivo bisogna anche attendersi certe complicazioni (denominate avvenimenti indesidera-bili). La legge (LRUm) precisa che il promotore è responsa-

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bile della presa a carico dei danni riconducibili allo studio sopraggiunti fino a dieci anni dopo la sua conclusione.

Per concludere, partecipare a una sperimentazione clinica implica la volontà d’accettare notevoli incertezze per quanto riguarda l'effetto dell’intervento sanitario sottoposto a test. In pari tempo è importante che per-sone informate e motivate si impegnino in simili ricer-che alfine di permettere alla medicina di progredire. Senza sperimentazioni cliniche non si possono infatti sviluppare nuovi trattamenti.

(Esposto presentato al Congresso 2015 di Retina Suisse a Friburgo)

Vitamina A, malattia di Stargardt e distrofia dei coni e dei bastoncelli

Pazienti con malattia di Stargardt a ereditarietà autoso-mica-recessiva o con distrofia dei coni e dei bastoncelli non dovrebbero assumere quantità di vitamina A oltre-passanti le dosi giornaliere generalmente raccomanda-te.Dopo approfondite discussioni e una valutazione dei dati disponibili, i membri del Comitato scientifico del-la Foundation Fighting Blindness (FFB) e altri esperti esterni, raccomandano a pazienti con forme autosomi-che-recessive della malattia di Stargardt o con distrofia dei coni e dei bastoncelli, dovute spesso a mutazioni del gene ABCA4, di evitare di assumere vitamina A in

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quantità di superiori alle dosi generalmente raccoman-date.La presente raccomandazione scaturisce da analisi e valutazioni indicanti che un’assunzione supplementare di vitamina A potrebbe accrescere i danni alla retina di persone con affezioni retiniche causate da modifiche del gene ABCA4. Nei casi in cui la causa genetica del-la malattia di Stargardt o della distrofia dei coni e dei bastoncelli non fosse nota, le persone dovrebbero ri-volgersi all’oculista o a un/una genetista per informarsi sulle possibilità di fare i test genetici.

I fatti basilariGrazie alla progressiva identificazione dei geni coinvolti e alla creazione dei rispettivi modelli animali, le nostre conoscenze sulle degenerazioni retiniche ereditarie si sono estese in modo decisivo. Ne consegue che oggi si può prevedere notevolmente meglio il decorso delle malattie in questione.

La forma autosomica-recessiva della malattia di Star-gardt è una degenerazione maculare che può manife-starsi a diverse età e che è dovuta a mutazioni del gene ABCA4. Nei pazienti affetti dalla malattia, i fotoricettori (i coni e i bastoncelli) non sanno più svolgere in modo corretto il loro ruolo nel ciclo visivo. Detto più in detta-glio: il gene ABCA4 mutato produce dei disturbi nella parte del ciclo visivo nella quale la vitamina A, in una complessa successione di passi biochimici è trasformata e poi nuovamente ricondotta allo stato originale. Que-sti processi hanno luogo sia nei fotoricettori sia nell’a-diacente strato cellulare, l’epitelio pigmentato retinico

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(RPE). Quando il processo non si svolge correttamente, nell’epitelio pigmentato retinico si accumula una sotto-forma tossica della vitamina A, chiamata A2E. La so-stanza in questione, la lipofuscina, è visibile sul fondo dell’occhio in forma di depositi bianco-giallastri. Anche una distrofia dei coni e dei bastoncelli può essere cau-sata da mutazioni del gene ABCA4 e manifestarsi con depositi anormalmente elevati di lipofuscina nell’epite-lio pigmentato retinico.

Non esistono studi clinici mirati concernenti l’influsso della vitamina A su pazienti con malattia di Stargardt o con distrofia dei coni e dei bastoncelli riconducibili a mutazioni del gene ABCA4. Tuttavia i risultati di speri-mentazioni animali indicano bene che un’assunzione eccessiva di vitamina A porta a un ulteriore accumulo di lipofuscina nell’epitelio pigmentato retinico. La A2E della lipofuscina è tossica e può portare alla morte dei fotoricettori e quindi accelerare la perdita della capacità visiva. Pur non essendo dimostrato con assoluta certez-za che l’ulteriore accumulo di lipofuscina porta a un più rapido degrado della retina nei pazienti con mutazioni del gene ABCA4, le informazioni disponibili sono suffi-cienti per indurre gli scienziati a raccomandare ai pa-zienti interessati dalla questione di evitare di assumere quantità eccessive di vitamina A, cioè dosi giornaliere superiori a quelle generalmente raccomandate.

Basandosi sui risultati della ricerca su cavie animali gli scienziati consigliano inoltre alle persone con mutazio-ni del gene ABCA4 di proteggere gli occhi dalla forte esposizione alla luce del sole (p.es. NON andare all’a-

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perto senza occhiali da sole in giornate molto soleg-giate) perché potrebbe verificarsi un’accelerazione dei danni all’epitelio pigmentato retinico e ai fotoricettori. Per proteggere gli occhi si può portare un cappello a tesa larga o degli occhiali da sole con lenti filtranti pro-tettive che eliminano la luce blu e ultravioletta, entram-be potenzialmente molto dannose per la retina.

Le raccomandazioni della Foundation Fighting Blindness• Consideratiirisultatidirecentisperimentazioniani-

mali, i pazienti di tutti i gruppi d’età affetti da malat-tia di Stargardt autosomica-recessiva o distrofia dei coni e dei bastoncelli, dovute a mutazioni del gene ABCA4, dovrebbero sapere che l’assunzione supple-mentare di vitamina A oltrepassante la dose gior-naliera di ca. 3’000 U.I. (unità internazionali) per gli uomini e di 2’333 U.I. per le donne può rappresentare un rischio d’ulteriore peggioramento della loro capa-cità visiva.

• Purebasandosisuirisultatidisperimentazioniani-mali – risultati di assoluta evidenza umana non ne esistono – è chiaro che i pazienti sopra citati non dovrebbero esporsi a forte luce solare senza un’ade-guata protezione degli occhi.

• PazienticonmalattiadiStargardtautosomica-reces-siva o distrofia dei coni e dei bastoncelli, che non hanno ancora fatto esami di genetica molecolare, do-vrebbero prendere in considerazione un test genetico per appurare se nel loro caso ci sia una mutazione del gene ABCA4. Anche se non venisse identificata una mutazione del gene ABCA4, le raccomandazioni con-

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cernenti la vitamina A e l’esposizione alla luce sono comunque sensate perché oggi non è ancora possibi-le identificare tutte le mutazione del gene ABCA4.*)

• Primacheipazientisopramenzionatidecidanodimodificare la loro alimentazione e il loro stile di vita, dovrebbero parlarne con il medico di famiglia e l’ocu-lista curante. Questa raccomandazione vale per tutti i pazienti, indipendentemente dal fatto che conoscano o non conoscano la causa genetica della loro degene-razione retinica.

* Nel testo originale della FFB mancava il secondo pun-to di quest’elenco. Esso vi è stato aggiunto dal Grup-po di lavoro AKF di PRO RETINA Deutschland e Retina Suisse.

La presente presa di posizione della «Foundation Figh-ting Blindness (FFB)» del 29.10.2008 è stata modificata e aggiornata dal Gruppo di lavoro AKF di PRO RETINA Deutschland e Retina Suisse.

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Aspetti psicologici di una degenerazione retinica che progredisce

Marie-Pierre Assimacopoulos, psychologue FSP,1228 Plan-les-Ouates (GE) Avvertenza: questa conferenza non sarà corredata da nessun supporto visivo. Ciò alfine di assicurare parità di condizioni a tutti i presenti. Infatti, quando la vista diminuisce o vien meno, l'accesso all'informazione si fa problematico e io vorrei che ciascuno di voi potesse condividere il modo di afferrare le cose con l’udito qua-le sola via possibile. Tuttavia, su richiesta, dopo la con-ferenza metterò volentieri a disposizione il testo della stessa.

Dopo queste osservazioni di carattere generale vi pro-pongo di discutere insieme due citazioni che ho scelto per la loro pertinenza e riflessione, entrambe indicate per illustrare l'impatto psicologico provocato dal so-praggiungere dell’handicap sia per la persona colpita sia per il suo «entourage». Le due citazioni vi permet-teranno di considerare l'impatto del deficit visivo sul piano dell'identità (sono la stessa persona con o senza handicap?) come pure dal punto di vista delle relazioni (in quale modo il mio handicap modifica o non modifica i miei comportamenti e mi posiziona all’interno di un gruppo?) nonché delle situazioni «strane» che possono

Vivere con...

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nascere in seguito alla mancata percezione per es. degli aspetti non verbali (sguardo, mimica ecc.) durante una conversazione.

Partiamo da una domanda ricorrente: è più difficile aver perso la vista in un certo momento della vita o non vederci dalla nascita? È semplicemente diverso. Se il deficit visivo è presente dalla nascita si imparano le cose ragionando mentre gli altri bambini le imparano per imitazione. La consapevolezza d'una differenza ri-spetto agli altri bambini, l’impatto diverso dello sguar-do degli altri sono cose che si «imparano» facendone l’esperienza. Se invece il deficit visivo è acquisito, questo significa che qualcosa è andato PERSO. C’è un prima e un dopo, occorre imparare di nuovo gli atti quotidiani, ma si con-serva un’immagine dei luoghi, gli spostamenti sono più agevoli, quanto appreso rimane.

«L’handicap stesso non è importante quanto il modo di prenderne atto, di subirlo, di svincolare, di cancellarlo dalla propria realtà. Il «cieco» stan-dard non esiste, esistono delle persone [...] che vivono, ognuna a modo suo, la situazione di non vedenti.» (Jane Hervé) Prima di essere una persona diventata cieca o ipove-dente, ognuna e ognuno resta innanzitutto un indivi-duo con il suo vissuto, la sua storia, la sua personalità. Indipendentemente dalle considerazioni di carattere generale sull’handicap, occorre perciò tenere conto del vissuto della singola persona. Ed è proprio questo il senso intrinseco delle organizzazioni d’aiuto reciproco.

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Ma attenzione a non proporre troppo presto d’aderirvi perché la persona potrebbe non sentirsi ancora pronta. Infatti, quando l’handicap si manifesta, la persona lo considera dapprima come una cosa che non la riguarda. Soltanto con il passare del tempo integrerà l’handicap nel suo io e nel suo modo di definirsi. All’inizio pen-serà: <non ho bisogno di farvi parte perché preferisco frequentare persone senza handicap>, cioè manifesta il bisogno di differenziarsi, di non essere assimilata all’handicap, di non identificarsi con altre persone nella stessa situazione. Con il tempo e attraverso gli inter-rogativi che nascono, a volte il contatto è desiderato e auspicabile alfine di condividere i propri vissuti con altre persone. Interessi comuni da vivere in incontri di carattere informale quali gruppi sportivi e atelier del tempo libero possono essere utili approcci.

Quando l‘handicap si manifesta, per la persona inizia il processo d’integrazione, un processo paragonabile alle tappe dell’elaborazione di un lutto. Siccome la persona ha subito una PERDITA, nel nostro caso la perdita del-la vista, deve elaborare ciò che è sopraggiunto a volte repentinamente, a volte gradualmente. E allora la per-sona adulta può non più sentirsi tale perché dipende da terzi per cose che prima sapeva fare da sé. Se da un lato è evidente che la persona con un handicap di fresca data impara a chiedere aiuto, d’altra parte può spesso succedere che l’«entourage» impari a accettare d’aiutare, ma senza troppo fare o infantilizzare la per-sona con handicap oppure anche imparare a rifiutare l’aiuto quando la richiesta non arriva al momento giu-sto, senza però colpevolizzare o volere che la persona

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con handicap diventi a tutti i costi autonoma. Tuttavia, una cosa è la teoria e una è la pratica perché ognuno deve confrontarsi con le sue proprie difficoltà. E allora il dialogo diventa indispensabile.Per la persona toccata, l’individuazione dei suoi limiti farà parte del processo d'integrazione dell’handicap (v. anche Vincent Ducommun, specialista del ramo, che parla della ricerca permanente d'un punto d'equilibrio, diverso per ognuno e variabile a dipendenza delle si-tuazioni). La persona si muoverà allora tra «con il mio handicap più niente è possibile» (all’inizio o in fasi di scoramento) e «nonostante il mio handicap posso fare tutto, sono più forte io», insomma l’alternativa tra su-bire e assumere.

«Come accettare di distruggere la propria imma-gine esteriore per poi ricostruirsene a poco a poco una comprendente la nuova debolezza? Era quel-la la posta in gioco della mia esistenza costretta a affermarsi attraverso questa lotta interiore tra sé e contro di sé, un combattimento che sarebbe ancora durato anni.» (Jacques Semelin) Arriva un momento in cui le cose si giocano tra sé e sé (v. la questione dei limiti e del rapporto con l’handicap). Sebbene cieca dalla nascita, mi succede ancora di dire <oggi il mio handicap mi dà da pensare>. Un po’ come dire <ho mal di testa>. Penso di non essere da sola con questa reazione. La posta in gioco relazionale, il modo di funzionare all’interno di un gruppo dipende anche dalla propria autostima e dall’entità dell’handicap. Se si è ciechi: manca l’accesso ai comportamenti non-verbali (sguardi, mimica) molto importanti in un grup-

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po e allora si è spesso a margine e è difficile regolare il proprio modo d'interagire con gli altri. Chi ci sta at-torno può essere angosciato e – per i nuovi conoscenti – fare fatica nell’approccio alla persona cieca. Più facili sono i legami individuali. È però importante che l'en-tourage resti attento alla persona cieca, pur senza pri-varsi di quelle mimiche che fanno parte della complici-tà, ma essendo consapevoli che nella persona cieca può nascere un impressione d’esclusione. Se si è ipovedenti: ci si può sentire «né carne né pesce», si vede sì, ma non si vede tutto. Si tratta di uno stato più difficile da far capire che la cecità. La relazione con ciò che è visivo rimane e ci si aggrappa, per esempio è difficile cominciare a utilizzare le dita per certe attivi-tà quotidiane. Sul piano relazionale, una difficoltà sta nello spiegare il bisogno d’aiuto quando è buio ma non di giorno oppure perché per strada ci si muove con il bastone bianco e poi, una volta sul tram, lo si ripiega e ripone nella borsa e si legge il giornale. Posizionarsi è più difficile per la persona ipovedente che per la persona cieca. La tentazione di distanziarsi è ancora maggiore: <sono ipovedente e quindi posso aiutare quelli che vedono meno bene di me> oppure di mettersi in una posizione di potere per rassicurarsi, evitando così di evocare le proprie zone di dipendenza in cui necessita aiuto: <ne ho il diritto perché ci vedo ancora?> in opposizione a <posso accettare la mia vul-nerabilità o ho bisogno di <nascondermi> dietro il fatto che vedo ancora e quindi posso fare le cose come pri-ma>. Insomma è lecito chiedersi se non sia più difficile esse-re ipovedenti che ciechi. Lascio alle ascoltatrici e agli

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ascoltatori la riflessione e le risposte a questa doman-da.

ConclusionIIl tema del presente esposto era l'impatto psicologico di un deficit visivo. Tuttavia vorrei insistere sulle analogie sul piano psichico e su altri piani tra persone con handi-cap visivo e persone vedenti. Le difficoltà che ognuno già prima aveva sono esacerbate, ma non dovute pri-mariamente all’handicap.Vorrei inoltre ricordare la differenza tra menomazione e handicap perché permette di sottolineare gli adatta-menti dell’ambiente di vita e non di incentrare il tema unicamente sulla persona e sul suo deficit. Vorrei pure che ognuno e ognuna di voi ascoltatori ritenesse quan-to importante è il dialogo, il saper parlare del proprio handicap, le implicazioni che comporta, ma anche che le persone di riferimento possano far valere i loro limiti, bisogni e interrogativi in merito all’handicap stesso e a altri temi.Vorrei concludere il mio esposto con un’ultima citazione a proposito degli adolescenti: «L’handicap visivo COM-PLICA il diventare adulti, ma non lo DETERMINA. Siamo in grado di far capire questo fatto, di comunicarlo agli altri?»Questa citazione deve far riflettere sul fatto che se a volte le cose sono difficili non per questo sono impossi-bili.

(Esposto presentato al Congresso 2015 di Retina Suisse a Friburgo)

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I gruppi di parola, utili e apprezzati

Edith Nüssli, «Der Weg» /«Clin d’œil», 3/2015

La diagnosi di degenerazione maculare correlata all’e-tà e le ripercussioni concrete della malattia producono reazioni di vario genere. Una recente ricerca tedesca ha evidenziato che il fatto di poterne parlare è utile e dà sollievo alle persone colpite. Partecipare a specifici gruppi di parola è allora un’opportunità da cogliere.

A Lucerna, nella sala-riunioni di Pro Infirmis, il gruppo di parola AMD si incontra ogni primo lunedì del mese. Attorno a un grande tavolo rettangolare è riunita una dozzina di persone con degenerazione maculare corre-lata all’età. La maggior parte di esse ha più di 70 anni, il partecipante più anziano ne ha 91. Tutte e tutti con-cordano su un punto: il regolare scambio d’esperienze fa bene. Anche perché ognuna e ognuno sa come si vive con un handicap visivo. Chi ha delle preoccupa-zioni può parlarne apertamente e ha la certezza della piena comprensione altrui. Il gruppo di parola è diretto da Isabella Plüss, una signora di Engelberg, a sua vol-ta ipovedente. Quello di Lucerna non è l’unico gruppo organizzato e gestito da Retina Suisse. Analoghe rego-lari riunioni si tengono a Berna, Coira, Sion, San Gallo, Winterthur e Zurigo.

Si comincia sempre con un raccontoPer entrare in tema si comincia sempre con la lettura di un testo - un racconto o una poesia. Il giorno della mia

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visita si comincia con la storia di un uomo e di suo figlio che sono in viaggio con il loro asino. Indipendentemen-te dai fatti - entrambi o solo uno dei due è in groppa all’animale o padre e figlio camminano accanto all’asi-no - incrociano sempre qualcuno che li critica. Alla fine il padre dice apertamente quello che pensa: «Tocca a noi e soltanto a noi sapere cosa è giusto e cosa non lo è». Dopo aver letto la storia, Isabella Plüss chiede alle e ai presenti di esprimersi in merito. Il tema è «voler piace-re a tutti o avere una propria opinione e non lasciarsi influenzare da altri».

Precise regole per la discussioneImmediatamente ha inizio un vivace scambio d’opinio-ni. Isabella Plüss conduce il colloquio con rispettosa at-tenzione, incoraggia i più silenziosi a raccontare le loro esperienze, frena con discrezione chi «occupa troppo spazio» e riconduce al tema quando la discussione esce dal seminato.A conclusione dell’incontro, che dura un’ora e mez-zo, c’è sempre un po’ di tempo per parlare di un tema pratico in relazione con l’handicap visivo. Quel giorno, Isabella Plüss solleva la questione delle iniezioni negli occhi e se esse hanno senso quando si è affetti da una degenerazione maculare correlata all’età. Alcune delle persone presenti raccontano delle domande che si sono fatte e di come hanno poi deciso. La paura di perdere la vista se si smette con le iniezioni è largamente presen-te. Isabella Plüss, che è bene informata, afferma tran-quillizzante che «La degenerazione maculare correlata all’età non porta a cecità», ma che se la degenerazione

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maculare correlata è di forma umida è buona cosa farsi fare le punture che l’oculista propone.

Ognuno si impegna come puòI membri del gruppo sono una comunità legata da un destino comune. Ognuna e ognuno si impegna come meglio può. Margrit, che grazie alle punture ha conser-vato una discreta capacità visiva, legge per gli altri. Rita versa acqua nei bicchieri e, se necessario, accompagna al bagno chi fa fatica a trovare la strada. Jacques con-stata: «Siamo un gruppo molto positivo e ci sosteniamo tra di noi».Dopo l’incontro, molti si recano in un albergo poco lontano per fare pranzo assieme. Rita è sempre atten-ta a che Jill e Phillip stiano vicini perché sa che amano intrattenersi in inglese.

Informazioni e dettagli sui gruppi di parola AMD si ottengono presso la direzione di Retina Suisse, sul sito www.retina.ch o per telefono al numero 044 444 10 77.

Nota: È importante considerare gli aspetti psicolo-giciA tutt’oggi, sono disponibili solo poche ricerche concer-nenti le cosiddette intervenzioni psicosociali a favore di persone con una degenerazione maculare correlata all’età. Le intervenzioni psicosociali mirano a rafforzare sul piano mentale e psicologico le persone con AMD che si trovano in situazioni difficili. L’Università di Hei-delberg si è chinata su due tipi d’intervenzione: in un gruppo ha dato degli impulsi per risolvere i problemi presenti, nel secondo gruppo ha invece profuso consigli

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Lungo il fiume Emme da Bätterkinden a Soletta

Urs Kaiser, Soletta

Il presente testo racconta di un’escursione e dà indica-zioni per l’uso di un’applicazione per viandanti.Affrontare un percorso sconosciuto è sempre una sfida. Soprattutto se tutti i partecipanti all’escursione sono ciechi. Delle nostre gite a tre abbiamo già parlato più volte sul sito della Scuola della mela (www.apfelschule.ch - solo in tedesco). Infatti da diverso tempo Roger, Christian e io facciamo regolarmente delle escursioni a piedi. A parte il fatto che assieme ci troviamo proprio bene, abbiamo anche l’obiettivo di testare svariate applicazioni di sistemi di navigazione perché vogliamo

e suggerimenti per gestire le emozioni. Dai risultati ot-tenuti i ricercatori deducono che occorre dare maggiore considerazione agli aspetti psicologici in relazione con la salute in caso di malattie croniche nell’anzianità.

Il rendiconto sullo studio (in lingua tedesca) è disponi-bile sul sito www.nar.uni-heidelberg.de/pdf/newslet-ter/nl3_hww_amd_2006.pdf Sul Giornale Retina no. 2/3-2014 abbiamo pubblicato il lavoro «Degenerazione maculare umida: conoscerla per poterla accettare» di Stephan Hüsler e del prof. Holger Schmid della Scuola universitaria professionale FHNW, Olten.

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sapere se per noi persone cieche o fortemente meno-mate nella vista sono affidabili e utili. Bisogna però dire che non procediamo in modo sistematico, ma met-tiamo alla prova le proposte che ci arrivano per caso in mano o sui nostri iPhone. Dopo aver camminato molte volte con i sistemi Komoot e MyWay, recentemente ci siamo serviti soprattutto dell’App «Swiss Map Mobile». E anche questa volta è stato così, ma eravamo solo in due perché Roger, per motivi di salute non ha potuto accompagnarci che fino al punto di partenza dell’o-dierna escursione. Allora Christian e io ci siamo messi in cammino da soli. Avevamo caricato sull’App Swiss Map la Route 76.04 (la 4. tappa dell’escursione dal lago di Bienne a Soletta). Per sentirmi più sicuro, sullo sfon-do ho «fatto andare» anche Komoot, però Kommot e Swiss Map erano raramente della stessa opinione. Alla partenza avevamo concordato che questa volta, in caso di dubbio avremmo seguito le indicazioni di Swiss Map. E questa App non ci ha proprio mai piantati in asso. In alcuni posti ci ha comunicato in modo sorprenden-temente tempestivo che ci eravamo allontanati dalla giusta via e detto di fare dietrofront. Poi subito ci ha di nuovo guidati affidabilmente nella direzione prevista. Dopo quei «disguidi», qualche volta ho dovuto ricari-care la Route sul mio iPhone. Evidentemente il contrat-tempo gli faceva «mancare il fiato». Dopo un po’ anche quel problema si è però risolto. Dopo aver oltrepassato il castello di Landshut con il suo fossato ci siamo diretti verso il fiume Emme, che abbiamo velocemente costeg-giato sulla diga di destra. Nei pressi della cartiera di Utzenstorf l’App ci ha fatto attraversare il fiume Emme sopra un ponte di legno. Sull’altra riva il sentiero era

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un po’ più stretto ma sempre ancora facile da tastare con il bastone bianco. Grazie alle precisissime indicazio-ni dell’App, per esempio «dopo 40 metri girare legger-mente a sinistra e prendere la ripida salita», ci siamo potuti arrangiare molto bene. Una sfida tutta parti-colare è stata la traversata del riale Limp poco prima della sua confluenza con la Emme. Che a quel punto il sentiero doveva fare una strettissima curva a destra lo sapevamo già. Eppure dopo un po’ il sentiero era spa-rito e la punta del bastone scivolava nel vuoto lungo una soletta sassosa. La profondità del fosso e il rumore dell’acqua del ruscello ci hanno presto confermato che dovevamo essere veramente vicini al riale Limp. Dun-que ci toccava tastare il terreno per trovare il ponte e infatti dopo ca. un metro ci siamo arrivati. Era uno stretto pontile di cemento che, con nostro sollievo, sul lato destro aveva una ringhiera. Peccato che la nostra App non sapeva indicare i ponti e neppure i gradini! Dal riale Limp una leggera salita ci ha portati sull’Alti-sberg attraverso un rado boschetto, un percorso molto bello con la musica del fiume sottostante sulla destra. Nel bosco abbiamo però dovuto più volte cercare il sen-tiero con il bastone. Un’altra piccola sfida ci ha sorpresi sulla discesa dalla collina perché il sentiero era tutto a serpentine. Proprio in quella situazione abbiamo spe-rimentato quanto era precisa e utile l’indicazione del navigatore. Usciti dal bosco abbiamo trovato una pan-china dove abbiamo fatto una meritata pausa-pranzo. Il resto della gita è stato facile, il sentiero diritto come un fuso sulla diga della Emme ci ha portato fino al ponte autostradale di Biberist. Là abbiamo deciso che per quel giorno bastava e che il resto della gita l’avremmo fatto

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un’altra volta. Guidati da MyWay ci siamo diretti alla stazione di Biberist Ovest e grazie alla nuova funzione «orari dei mezzi pubblici» abbiamo anche subito saputo a che ora sarebbe partito il treno per Soletta. Soddisfat-ti e anche un po’ fieri per quanto fatto, nel primo po-meriggio siamo riapprodati a Soletta. Nota della redazione: chi ora vorrà saperne di più sull’App descritta può visitare il sito della Scuola della mela (www.apfelschule.ch - in tedesco). Là sono de-scritte altre escursioni e c’è una serie di utili consigli mentre la rubrica «NaviForum» è il luogo adatto per lo scambio d’esperienze con altri escursionisti e altre escursioniste.

Guardare e non toccare… qui non vale

Matthias Klaus, Germania

Per ciechi e deboli di vista, gli smartphone sono un ausilio quotidiano estremamente utile.

«Santo cielo, adesso ci tolgono pure i telefonini», avranno pensato molti ciechi una decina d’anni fa quando sempre più telefonini con lo schermo tattile stavano conquistando il mercato. Al Bancomat e con gli automatici per i biglietti dei mezzi di trasporto pub-blico, ciechi e deboli di vista avevano infatti vissuto in prima persona che i cosiddetti touchscreen - gli schermi tattili - rappresentavano degli ostacoli insormontabili.

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Ma (bella sorpresa!), nell’estate del 2009 è arrivato il primo iPhone con sintesi vocale di serie. Alla base sta un concetto tanto geniale quanto semplice: quando si tocca lo schermo con il dito una voce legge ciò che è visibile nel punto toccato. Se si picchietta due volte, si attiva una funzione, p.es. si apre un programma, o si prepara una chiamata telefonica.

Con pochi movimenti, picchiettare o far scorrere il dito, anche le persone cieche possono servirsi di uno schermo tattile – cosa in passato impossibile. Altri fabbricanti di programmi e apparecchi hanno presto seguito l’esempio dell’iPhone e oggi sul mercato si tro-vano pure degli smartphone android dotati di sintesi vocale. E persino i telefonini Windows e Blackberry si possono utilizzare senza bisogno di tenere d’occhio lo schermo.

Una persona cieca o debole di vista potrebbe anche dirsi «i telefonini intelligenti non mi interessano» oppure «non devo andare ogni momento in Internet e la smania di scrivere messaggini mi dà comunque ai nervi». D’accordo, non bisogna mica adottare ogni nuovo gingillo tecnico. Ma attenzione: proprio gli smartphone sanno offrire alle persone cieche e deboli di vista numerose possibilità di gestire la vita in modo autonomo, opportunità finora impensate e impensa-bili. Le più importanti sono senz’altro la fotocamera in dotazione e il modulo GPS. Io ne sono entusiasta: infatti fuori casa lo smartphone mi può rivelare dove mi trovo se mi sono perso da qualche parte, mi può indicare la direzione da seguire per trovare per esem-

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pio una panetteria, mi può spiegare dove si trova la più vicina fermata del bus oppure mi chiama un taxi se sono troppo stanco per rientrare a piedi. In casa lo smartphone mi serve per leggere la corri-spondenza. Quando cucino gli spaghetti, con lo scan-ner per i codici a barre posso controllare se nel barat-tolo c’è la salsa di pomodoro o la frutta sciroppata. La sera, prima di coricarmi, con il colortest mi preparo i vestiti per il giorno dopo e con il sensore-luminosità controllo se la luce è davvero spenta.

Un tempo, per tutte queste cose dovevo chiedere aiu-to a qualcuno. Certo, chiedere si può sempre e a volte fa anche piacere perché permette di essere a contatto con altra gente. Di tanto in tanto, però, e sicuramente ognuno di noi l’ha vissuto, non si ha più voglia di con-tinuare a chiedere qualche aiuto. Anche in tal senso lo smartphone è utile, chiedere aiuto funziona meglio. L’idea di lanciare una «rete di aiutanti», non l’ho avu-ta solo io. Tre anni fa anche Hans Jörgen Wiberg, un danese affetto da RP, ha deciso di creare una rete di persone pronte a dare una mano ogni qual volta un cieco o ipovedente ne sente il bisogno cioè quando non riesce a fare una cosa da sé o non ha voglia di chiedere l’ennesimo favore al gentile vicino di casa. Da quella riflessione è nata l’applicazione «Be my Eyes» («prestami i tuoi occhi»). Tramite video chat, le perso-ne cieche che abbisognano d’un aiuto sono messe in contatto con volontarie e volontari vedenti. La per-sona cieca può chiedere a chi l’aiuta se, per esempio,

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il latte è già scaduto, se le calzette sono veramente abbinate correttamente, di chi è la cartolina scritta a mano che c’era nella bucalettere e quant’altro. Da quando l’applicazione è arrivata sul mercato, nel gennaio scorso, si sono annunciati oltre 200’000 aiu-tanti vedenti. Fino a oggi le più di 18’000 persone cieche registrate hanno già fatto richiesta dell’ap-prezzatissimo servizio per 70'000 volte. Io stesso non vorrei mai più rinunciare a quel servizio cui accedo con l’iPhone, perché mi permette di fare sempre nuovi passi in direzione di una vita autonoma. Tuttavia una cosa è chiara: poterci vedere sarebbe più bello, ma se ci sono delle limitazioni bisogna fare il possibile per ridurne al minimo gli effetti. Come vedete mi sto en-tusiasmando di fronte a tutte le nuove libertà che ho conquistato. Ma non dimentico i tempi in cui per ogni lettera che ricevevo dovevo ricorrere a un lettore o a una lettrice. E ancora una cosa. Con l’iPhone una persona cieca può addirittura fare delle fotografie. La sintesi vocale dice quanti visi ci sono sulla foto, se la luce va bene o se la foto è sfocata. E allora, se prossimamente dalle vostre parti ci sarà un corso d’introduzione per l’uso dello smartphone (proposto da persone cieche!) non esitate a parteciparvi - anche se la tecnica non è il vostro for-te. Ne vale la pena.

Matthias Klaus ha 51 anni. Cieco dalla nascita, è as-solutamente convinto che negli scorsi 5 anni mai le persone cieche hanno avuto a disposizione ausili tec-

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nici altrettanto efficienti e finanziariamente accessibili come oggi.

Fonte: Retina Aktuell, no. 136, 2015

Nota della redazione: Nella Svizzera tedesca un paio d’anni fa è nata la «Scuola della mela» (Apfelschule), una rete creata da un gruppo di persone cieche e deboli di vista entusia-ste dei nuovi apparecchi Apple (iPhone, iPad, iPod o Mac), desiderose di contagiare con il loro entusiasmo altri (futuri) utenti. Le info si trovano sul sito www.apfelschule.ch (in tedesco).Nel frattempo è nato un gruppo anche nella Svizzera francese (www.ecoledelapomme.ch). Nella Svizzera italiana l’accesso ai nuovi mezzi tec-nologici è promosso dal Servizio informatica Unitas, telefono 091 735 69 03; email [email protected].

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La camicia nuova

Horst Nerstheimer, Germania

Stirare non è mai stato il mio forte. Neppure quan-do ci vedevo ancora assai bene. La poca passione per quell’incombenza domestica si rispecchia naturalmente nella qualità del lavoro. Jeans: abbastanza bene. Pul-lover: in ordine. Magliette: risultato discreto. Camicie dalle maniche corte: al limite. Camicie dalle maniche lunghe: risultato inaccettabile. Siccome ho la miglior moglie del mondo, di solito riesco a evitare la lotta con le camicie dalle maniche lunghe. In certe situazioni, però, devo affrontarla. E una simile situazione si è presentata recentemente. La miglior moglie del mondo era in libera uscita e io dormicchiavo davanti al televisore. Verso le 21.00 ho realizzato che non avevo ancora preparato i vestiti per il giorno successivo. Nell’armadio non c’era niente di buono. Che tutti gli abiti fossero in bucato? Un’occhiata in lavanderia ha purtroppo confermato i miei peggiori dubbi. Ma poi un lampo di genio: appesa ai fili dove-va esserci ancora la camicia nuova appena lavata. Una bella camicia azzurra. Lavata di fresco. Già asciutta. Ma non ancora stirata. Bé, mi sono detto, così terribile non sarà, l’ho presa e l’ho appoggiata all’asse da stiro. Per prima cosa il colletto. Ce l’ho fatta senza troppa fatica. E adesso la manica sinistra. Con un po’ di fatica sono ri-uscito a sistemare bene sull’asse quella parte indiscipli-nata della camicia. Infatti se la si prepara bene si è già

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a metà dell'opera. Poi ho stirato la parte davanti della manica sinistra. E ora tocca girarla con cautela, posarla bene sull’asse e stirarla anche dietro. Questa volta mi sembra che tutto è filato liscio, l’ho verificato passan-do delicatamente con le mani sulla manica stirata. Ma, questa cos’è? Un attimo fa questa piega non c’era an-cora. Sarebbe stato troppo bello farcela senza intoppi. E così ho steso di nuovo la manica sull’asse da stiro e facendo più pressione, pieno di rabbia sono andato di nuovo all’attacco della manica. La manica destra si è rivelata ancora più coriacea. Due pieghe apparse improvvisamente mi hanno impedito di stirare spedi-tamente, vergognosamente renitenti ai miei sforzi mi hanno fatto montare il sangue alla testa. Ma dopo dieci minuti anche la manica destra ha dovuto capitolare sotto i miei sforzi. Finalmente, a metà del lavoro, ero di nuovo motivato perché il buon esito dell’operazione si andava profilando. E ora, la parte davanti della camicia. Mi sono accorto presto che le cose andavano meglio se non mi accanivo per fare un lavoro perfetto. Sulle gran-di superfici il ferro da stiro svolazzava e la parte degli occhielli l’ho semplicemente ignorata. E così dopo soli cinque minuti ho potuto passare alla schiena della mia camicia – l’ultima fase della lotta.

In un batter d’occhio il lavoro è giunto a termine. Con delicatezza ho sistemato la camicia su un attaccapan-ni che ho appeso alla cornice della porta del corridoio. Non senza fierezza mi sono riaccomodato sul divano. Mi sono svegliato soltanto quando mia moglie, aperta la porta di casa ha gridato: «Ciao. Eccomi…» senza però finire la frase.

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Dopo un momentino di silenzio, ho sentito mia moglie ridere di gusto. Non riusciva più a smettere. C’entra-va forse la mia camicia? Di nuovo ho sentito il sangue montarmi alla testa e mi sono messo a vociare: «Non l’ho mica stirata tanto male no, la mia camicia!» «No, tutt’altro» ha risposto mia moglie. «Ma non era la tua camicia, bensì la mia camicetta».

Fonte: Retina Aktuell no. 135, 2015

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Uno sguardo dietro le quinte del servizio di consulenza

Stephan Hüsler e Mawoussi Léa Mauron Dal 1. gennaio 2015 Mawoussi Léa Mauron e Stephan Hüsler lavorano per il servizio di consulenza di Retina Suisse a Losanna rispettivamente a Zurigo. Tra i loro compiti c’è la consulenza alle persone con una malattia degenerativa della retina e ai rispettivi famigliari. Ac-canto alle molte domande sulle cause della malattia e sulle possibili cure per le diverse forme di degenerazio-ne retinica, sono spesso le prestazioni dell’assicurazio-ne-invalidità AI a tenere banco. Per questo motivo, nel presente e nei prossimi giornali, proponiamo un giro d’orizzonte su alcune prestazioni scelte dell’AI.

L’assegno per grandi invalidi AGIL’assegno per grandi invalidi (AGI) è una prestazione finanziaria dell’AI versata mensilmente alle/agli aventi diritto. Requisito per l’ottenimento di un assegno per grandi invalidi è il bisogno d’aiuto negli atti ordinari della vita quotidiana oppure d’assistenza o di cure da parte di terzi. La persona che richiede un AGI deve avere bisogno di sostegno in almeno due dei sei settori definiti come atti ordinari della vita quotidiana, segnatamente• alzarsi,sedersi,sdraiarsi

Dalla direzione di Retina Suisse

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• vestirsi,svestirsi• mangiare• igienepersonale• espletareibisognicorporali• spostarsi.Se la persona è fortemente limitata in due o in tre degli ambiti citati, le sarà erogato un assegno per grandi in-validi «di grado lieve». In caso di limitazioni in quattro o cinque ambiti l’assegno sarà di «grado medio» e se l’aiuto è necessario per tutti e sei gli atti ordinari della vita quotidiana sarà concesso un AGI «di grado eleva-to».

L’assegno per grandi invalidi in caso di handicap visivoPer persone con handicap visivo – in assenza di altre menomazioni – è erogato un AGI di grado lieve. I requi-siti per ottenere un AGI in caso di handicap visivo sono un’acuità visiva corretta di 0.2 al massimo o un campo visivo orizzontale con un diametro inferiore a 20 gradi. Se questi valori limite non sono raggiunti, l’effetto com-binato dei difetti del campo visivo e dell’acuità visiva potrebbe dare diritto a un AGI. La valutazione deve es-sere avallata con certificato medico di un/una oculista.

Per favorire i contatti socialiL’assegno per grandi invalidi ha lo scopo di favorire l’in-tegrazione sociale. Può servire, per esempio, per pagare una terza persona per una sua prestazione o un suo sostegno o per ringraziare qualcuno per l’aiuto ricevu-to. La somma potrebbe anche servire per permettersi la donna delle pulizie o per far fare il bucato. A differen-

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za del «contributo per l’assistenza dell’AI», la persona assicurata (questa è la denominazione che l’AI utilizza per tutte le persone da essa assicurate), con l’AGI può indennizzare anche famigliari/congiunti stretti che vi-vono nella sua stessa economia domestica. Sull’utilizzo dell’assegno per grandi invalidi, non bisogna fare nes-sun resoconto.

Versamento mensileL’assegno per grandi invalidi non è una rendita. Le per-sone cui era già stato assegnato un AGI di grado lieve in età AI – fino a 64 anni per le donne e a 65 per gli uomini – anche una volta raggiunta l’età regolare del-la pensione continuano a ricevere 470 franchi al mese. Chi vive in un istituto per invalidi riceve 118 franchi al mese. Per le persone il cui diritto all’assegno è inter-venuto soltanto in età AVS, la somma ammonta a 235 franchi al mese (in casa per anziani a 118 franchi). La somma è versata la prima volta al più presto un anno dopo che l’oculista ha confermato mediante certifica-to medico la limitazione visiva. Sull’AGI non si pagano tasse.

Inoltro della domandaPer richiedere un assegno per grandi invalidi bisogna rivolgersi all’ufficio AI dell’Istituto delle assicurazioni sociali del cantone di domicilio utilizzando l’apposito formulario. Il servizio di consulenza di Retina Suisse è volentieri a disposizione per aiutare a compilare la domanda. Nella Svizzera italiana ci si può rivolgere al Servizio tiflologico Unitas, telefono 091 735 69 02, fax 091 745 48 68, email [email protected]

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Informazione interna

Stephan Hüsler, direttore di Retina Suisse, Zurigo

Cara lettrice, caro lettore Dopo la spedizione del Giornale Retina (stampato e parlato) come pure quando scriviamo delle lettere o inviamo comunicazioni ai nostri membri, la posta ci ri-torna ogni volta molti «invii non recapitabili». E questo negli ultimi tempi capita sempre più spesso. Per noi, ri-trovare gli indirizzi giusti è spesso difficile e complesso, ci costa tempo e anche danaro e non sempre ci riesce. Perciò vi siamo grati se, in caso di cambio d’indirizzo, ce lo fate sapere tempestivamente. Se avete un indiriz-zo elettronico, inviateci per favore anche quello. Così facendo ci aiutate a risparmiare tempo e soldi e ci per-mettete di offrirvi un servizio più efficiente. Grazie.

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Il bastone laser, una bella esperienza

Stefan Hofmann, Winterthur;[email protected] Fin dall’infanzia per spostarmi ho bisogno del bastone bianco. Siccome uso abilmente il bastone lungo e di solito sono in giro a passo spedito, mi capitano assai spesso dolorosi «incontri-scontri» che mi regalano sbuc-ciature e ferite a livello di capo e o di petto. Alle assai frequenti e preoccupate domande dei miei amici, finora avevo l’abitudine di rispondere con una punta d’ironia: «Di quale ammaccatura parli?»Siccome lavoro nel settore dei mezzi ausiliari per cie-chi e ipovedenti, frequento regolarmente esposizioni e fiere. In quelle occasioni mi informo sempre sulle ultime invenzioni o novità. Nel 2013, quando ho scoperto un bastone bianco lungo con laser integrato nel manico me lo sono subito fatto spiegare in tutti i dettagli. La possibilità di proteggere meglio la testa da spiacevoli contatti mi attraeva molto. Ho allora potuto prendere in prestito il bastone laser per testarne qualità e van-taggi. Una breve fase di «familiarizzazione» mi ha con-vinto del fatto che non avrei mai più voluto rinunciarvi. Il bastone laser mi permette infatti di spostarmi con maggiore sicurezza e di individuare con più precisione gli ostacoli e quindi di girarci attorno senza rischi. Dopo aver fatto domanda all’AI e aver assicurato che come

Mezzi ausiliari

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contropartita avrei rinunciato a un cane-guida, l’assicu-razione-invalidità ha assunto i costi del bastone laser. Ora, dopo un po’ di tempo che lo uso, ho acquisito una tale abilità da riuscire persino a evitare i rami bagna-ti che sporgono sulla strada quando piove – e quindi anche di fare a meno di un’imprevista e indesiderata doccia per strada.

Descrizione succintaIl supporto laser viene applicato a un normale bastone bianco lungo. Nella parte inferiore del manico si tro-vano l’emittente e la ricevente laser. Appena il raggio laser cade su un ostacolo il manico comincia a vibrare. Con piccoli movimenti rotatori o laterali la persona che tiene in mano il bastone può riconoscere la presenza di ostacoli e evitarli – in particolare anche quelli posti in alto. in pratica ci si guadagna molto in sicurezza e quin-di anche in autonomia quando ci si muove in ambienti in continuo mutamento (cantieri sulla strada ecc.).

Ulteriori informazioniSono volentieri a disposizione di tutte le persone che vorrebbero una volta fare una prova con il bastone la-ser o vorrebbero ricevere maggiori informazioni. Sono raggiungibile per telefono allo 052 / 222 11 99 e per email ([email protected]).Informazioni si trovano anche sul mio sito Internet (www.tools4theblind.ch).

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Per stirare da professionista

Christina Fasser, 8753 Mollis; [email protected] Un po’ di tempo fa il mio ferro da stiro ha reso l’anima e allora ho dovuto mettermi alla ricerca di uno nuovo. Ne volevo ovviamente uno con il minor numero possi-bile di pulsanti, facile da regolare e da utilizzare e che in pari tempo stirasse perfettamente: insomma, una bella pretesa! E, meraviglia delle meraviglie, sono riu-scita a trovare un vero gioiellino, una stazione-stiratura che adempie tutti i requisiti. Basta schiacciare il pul-sante d’avvio, mettere l’acqua nel serbatoio e andare all’attacco dei panni da stirare. L’apparecchio sa ricono-scere i tessuti, quindi anche il lavoro di selezione pre-liminare dei capi. Appena a casa ho subito messo alla prova il nuovo ferro da stiro. Le istruzioni erano d’una semplicità disarmante: versare l’acqua, inserire la spina nella presa e aspettare. Con un breve suono l’apparec-chio indica che sta cominciando a scaldarsi e quando è pronto emette un lievissimo click. Devo ammettere che di primo acchito non mi sono fidata al cento per cento delle sue capacità e perciò ho cominciato a stira-re capi di lino che sono un po’ più sostenuti. Solo in un secondo tempo sono passata a tessuti più delicati quali la lana e la seta. E, effettivamente il nuovo ferro ha saputo mantenere tutte le sue promesse: non bisogna più regolare il calore e non si arrischia più di bruciare i tessuti! Il ferro, meglio la stazione-stiratura, si chiama PHILIPS PERFECTCARE GC9237/21 DAMPFSTation e è in vendita nei negozi specializzati e nei grandi magazzini.

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Il mio nuovo ferro da stiro è un prodotto perfetto per tutte le persone cieche e deboli di vista – donne e uo-mini –che amano (o devono) stirare. E ora attenti, pron-ti, via! Rispettando le regole di base - appoggiare bene i capi sull’asse da stiro, spianarli e lisciarli, passare il ferro sistematicamente – si avrà un bucato stirato alla perfezione. Pardon, stirato da un vero o una vera pro-fessionista.

Il ricettario dei «vasetti da joghurt»

50 ricette nel ricettario per ciechi, deboli di vista e quanti amano cucinare in fretta e semplicemente pie-tanze deliziose.

La nuova unità di misura - il vasetto da joghurt – ha lo scopo di rivoluzionare il modo di cucinare di ciechi e de-boli di vista. L’idea è nata nella mente di un vedente, il cuoco professionista Philipp Berthoud. Egli ha realizza-to un ricettario che si serve unicamente di vasetti da jo-ghurt, rinunciando del tutto alle indicazioni in grammi e decilitri. Philipp Berthoud ha infatti riconosciuto che la maggiore difficoltà che persone cieche e deboli di vi-sta incontrano quando cucinano sono i dosaggi. Perciò ha deciso di scrivere un ricettario che non doveva solo facilitare i vari passi e utilizzare meno ingredienti, bensì anche rinunciare del tutto alle indicazioni in grammi e decilitri. Il ricettario esiste in varie versioni. Quella per deboli di vista è in maxi-caratteri e le foto sono sempre su due pagine. Inoltre c’è una versione in Braille e una

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parlata. Purtroppo SOLO in tedesco e per ora non è sta annunciata l’intenzione di tradurre il ricettario.Il ricettario – in lingua tedesca - è disponibile presso l’Unione svizzera dei ciechi USC al prezzo di CHF 39 più porto e imballaggio. Oltre alla versione cartacea, esso è disponibile anche in Braille e come libro parlato Daisy. Ordinazioni a: www.blind.ch/kochbuch/ Telefono: 044 317 90 00Email: [email protected]

Milestone 312 ACE

Questo intelligente assistente è stato dotato di nuovi talenti: radio FM, funzione di vibrazione e sintesi vocale naturale. La sua memoria interna è sedici volte più ca-piente della precedente e grazie a una tecnologia ormai sperimentata la garanzia è stata estesa a quattro anni.

Insomma ora è possibile caricare sul Milestone 312 ACE le seguenti possibilità: ricevente radio, lettore di codici a barre, colortest, agenda e carta SD. Con il lancio di un’interfaccia di programmazione gratu-ita, sul Milestone 312 ACE si potranno realizzare i pro-pri giochi e applicazioni in linguaggio LUA.

Il Milestone 312 Ace è un vero gioiello dalle quasi insu-perabili capacità – un vero e proprio bambino prodigio.

Art. UCBC no. 03.891-02 (francese), 03.891-01 (tedesco), 03.891-03 (italiano)

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Prezzo UCBC: CHF 529.00 UCBC Mezzi ausiliari tecnici per ciechi e ipovedentiNiederlenzer Kirchweg 1, Gleis 1, 5600 LenzburgTel. 062 888 28 70; Fax 062 888 28 77Email: [email protected]

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Retina Suisse – Servizio di consulenza di ZurigoAusstellungsstrasse 36, CH-8005 ZurigoTel. 044 444 10 77, Fax 044 444 10 [email protected]

Retina Suisse – Servizio di consulenza di LosannaAv. de France 15, case postale 133CH-1007 LosannaTél. 021 626 86 52, [email protected]

Nella Svizzera italiana e nelle zone moltodiscoste, se richiesto, le consulenze sonoproposte sul posto.

Retina R SuisseL'associazione d'aiuto reciproco di persone con retinite pigmentosa (RP), degenerazione maculare, sindrome di Usher e altre malattie degenerative della ret a

Ausstellungsstrasse 36, CH-8005 ZurigoTel. 044 444 10 77, Fax 044 444 10 [email protected], www.retina.chConto postale 80-1620-2

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