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Parrocchia S. Maria Immacolata – Motte di Luino Via delle Motte, 21 – 21016 – Luino (Va) – tel. 0332 530306 Sito web: http://parrocchiamotteinluino.webnode.it/ email: [email protected]

Giornalino Parrocchiale N. 193 · volle prendere carne dalla mia discendenza, e perciò tu, figlia mia ... tu che sei stata specchio di ... voluto celebrare questa giornata in modo

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Parrocchia S. Maria Immacolata – Motte di Luino 

Via delle Motte, 21 – 21016 – Luino (Va) – tel. 0332 530306 

Sito web: http://parrocchia‐motte‐in‐luino.webnode.it/                                email: [email protected] 

 

In questi mesi ci sono stati dei fatti che avrebbero dovuto aver coinvolto anche la nostra parrocchia: 

L’oratorio estivo in collaborazione con la Valdumentina, che si è svolto per tutto il mese di luglio, ed 

ha visto la partecipazione di una sessantina di ragazzi 

e  ragazze  delle  scuole  elementari  e medie,  con  la 

collaborazione del diacono Giorgio Campoleoni  ed 

anche del chierico Marco di terza teologia, oltre alle 

animatrici  delle Motte  e  di  Dumenza,  e  di  alcuni 

giovani. Per  i momenti di  laboratorio  si è avuta  la 

collaborazione  del  CAI  di  Luino,  delle  Guardie 

Forestali, e di altre persone che si sono prestate ad 

insegnare cose pratiche ed utili oltre che a momenti 

di gioco e svago. Un vivo ringraziamento a tutte  le 

persone che hanno garantito la loro presenza. 

Il 28 luglio abbiamo celebrato la festa compatronale di S. Anna che si è svolta all’aperto per dare una 

maggiore  possibilità  di  partecipazione  sia  alla  S.  Messa  che  al  pranzo  comunitario,  con  una 

partecipazione più che lusinghiera.  Si è voluto dare un motivo di diversità rispetto al passato anche 

per accogliere diverse richieste di collocazione da parte di alcuni abitanti delle Motte. Questo anche 

in accoglimento dell’esortazione di Papa Francesco di andare verso “le periferie”, cioè per favorire 

coloro che identificano la chiesa come un edificio arcaico e chiuso. 

Le Giornate Mondiali  della Gioventù  in  Brasile  che  ci  hanno  richiamato  l’attenzione  alla  Chiesa 

giovane e per i giovani, anche nelle nostre comunità. 

Memoria a ricordo ad un anno dalla morte del 

Card. Carlo Maria Martini. Ricordo alcuni suoi 

insegnamenti: 

1. Non essere sorpreso dalle diversità ma 

accoglierle come un dono di Dio. 

2. Corri dei rischi per la fede, è il grande 

rischio della  vita:  “chi perderà  la  vita 

per  causa  mia  la  troverà”  (Matteo, 

16:25).  Fare  tutto  per  Cristo  e  per  il 

vangelo. 

3. Sii amico dei poveri e degli umili. 

4. Alimèntati con il vangelo perché il Pane di Dio è Colui che discende dal cielo e dà la Vita al 

mondo (Giovanni, 6:33) 

5. Queste quattro attitudini o esercizi – Lectio divina, Autocontrollo, Silenzio e Umiltà. 

6. Parlare con il cuore e con la vita uniti in Cristo ed a Dio 

7. A  tutti dico amatevi gli uni gli altri, così vivrete nella giustizia, nel perdono e nella pace. 

Servitevi con amore a vicenda  facendovi prossimi a  tutti, perché chi  rende  il più piccolo 

servizio al minimo di tutti i fratelli lo rende non solo al mistero della dignità umana ma a ciò 

che la fonda, cioè al mistero di Gesù. 

don Ilario 

 

Giornalino N. 193– luglio/agosto 2013

stampato in proprio ad uso parrocchiale 

Eventi di questi mesi

 

Nelle  Rivelazioni  di  S. Brigida  (l.  VI,  e.  104)'  si legge che la Santa ebbe in dono  dall'Abate  di  S. Paolo fuori mura di Roma una reliquia del Braccio di S.  Anna  che  conservasi colà  nella  ricca  cappella delle Reliquie. Ora mentre essa  pensava  al modo di collocare  tali  Reliquie della Santa Avola di Gesù per custodirle ed onorarle nel  modo  più  degno,  le 

apparve S. Anna stessa che  le disse: «  Io  sono Anna,  la Patrona di  tutti  i  coniugati  che furono prima delle legge di grazia; e sono la Madre di tutti i coniugati cristiani, perché Dio volle prendere carne dalla mia discendenza, e perciò tu, figlia mia, invocherai il Signore con questa  preghiera:  Sii  benedetto,  o Gesù,  Figlio  di  Dio  e  della  Vergine,  che  ti  degnasti eleggerti per Madre Colei che fu  il frutto del sacro coniugio di Anna e Gioacchino; per  le preghiere di entrambi abbi pietà di tutti coloro che vivono nello stato coniugale, affinché si accresca il numero dei glorificatori di Dio. Così sia.   

PREGHIERA PER LA PROTEZIONE DEI FIGLI

Gloriosa Sant'Anna, protettrice delle famiglie cristiane, a te io do i miei figli. So che li ho ricevuti da Dio e che a Dio appartengono. Pertanto ti prego di concedermi la grazia di accettare ciò che la Divina Provvidenza ha disposto per loro. Benedicili, o misericordiosa Sant’Anna e mettili sotto la tua protezione. Non ti chiedo per loro privilegi eccezionali. Solamente desidero consacrarti le loro anime e i loro corpi, affinché tu ci possa preservare da ogni male. A te affido le loro necessità temporali e la loro salvezza eterna. Imprimi nei loro cuori, o mia buona Sant'Anna, l'orrore del peccato, allontanali dal vizio, preservali dalla corruzione, conserva nelle loro anime la Fede, la rettitudine e i sentimenti cristiani ed insegna loro ad amare Dio sopra ogni cosa, come lo hai insegnato alla tua purissima Figlia, l'immacolata Vergine Maria. Sant'Anna, tu che sei stata specchio di pazienza, concedimi la virtù di affrontare con pazienza e amore le difficoltà che si presentano nell'educazione dei miei figli. Per loro e per me, chiedo la tua benedizione, o madre celeste piena di bontà. Che ti onoriamo sempre, come Gesù e Maria, che viviamo conformemente alla volontà di Dio e che dopo questa vita incontriamo la beatitudine nell'altra, riunendoci a te nella gloria per tutta l'eternità Così sia.

Preghiera a S. Anna

Domenica 28 luglio 2013. È una vera giornata di luglio con caldo afoso fin dal mattino. Il cielo 

limpido, il sole che fin dal mattino fa sentire i suoi effetti stagionali e la gente che s’incammina per 

la funzione religiosa con passo lento e leggermente affannoso. Quest’anno, per la prima volta, si è 

voluto celebrare questa giornata in modo un po’ diverso dal solito. Con la collaborazione fattiva 

degli amici del locale Asilo infantile, il tutto è stato organizzato e preparato direttamente al campo 

sportivo delle Motte.  

Per  l’occasione,  si  è  usufruito  del 

tendone che ogni anno viene allestito 

per  la  festa dell’asilo, che  si  svolge  la 

settimana  subito  successiva.  È  stato 

allestito  un  altare  proprio  per  le 

celebrazioni  all’aperto  posto  in 

posizione  ben  visibile.  Il  coro, 

posizionato  dietro  all’altare  sulla 

pedana rialzata, in modo strategico per 

essere  visto  e  ben  ascoltato  dalle 

persone presenti alla S. Messa. 

L’invito  a  partecipare  è  stato  esteso 

anche  alla  comunità  di  Dumenza,  ed 

all’omelia don  Ilario ha  ricordato una 

frase dell’emerito card. Dionigi Tettamanzi: “Ama  la parrocchia vicina come fosse  la tua”. È bello 

questo spirito comunitario in un tempo di disgregazione totale della società, dove i valori veri della 

vita vengono calpestati per dare spazio all’egoismo ed al relativismo. 

Alice, che per  la prima volta si è  impegnata all’organo da sola, per  l’accompagnamento del coro 

coadiuvata da Giovanni con la chitarra, per l’occasione ha presentato qualche musica nuova. Il tutto 

si è svolto con assoluta regolarità. Al termine si è avuto il consueto incanto dei doni. Si ringraziano 

tutte le donne che con amore e spirito di aiuto hanno provveduto a preparare le torte per questo 

gesto verso la parrocchia. Quest’anno l’introito è stato di circa € 900. 

Dopo  la  S.  Messa,  sempre  sotto  al  tendone  si  è  svolto  il  consueto  pranzo  comunitario.  La 

partecipazione è  stata buona, con  la presenza di oltre 250 persone. Gli amici dell’asilo avevano 

predisposto una cucina da campo ben attrezzata con menù tipico di una festa paesana: polenta e 

spezzatino, gelato e caffè. 

La parrocchia ringrazia tutti coloro che hanno prestato il loro impegno per la buona riuscita della 

festa, dimostrando che se si vuole si può ritrovare quello spirito che fa comunità, nel segno di aiuto 

reciproco. 

 

Essere “attuali” troppo spesso significa indulgere alla bassezza dei costumi.

Quando qualcuno ti dice che sei cambiato, normalmente significa che sei peggiorato.

Festa compatronale di S. Anna

 

In occasione della festa compatronale di S. Anna è ormai consuetudine ricordare anche le coppie di sposi della nostra parrocchia nei loro anniversari. Quest’anno la cerimonia si è tenuta al campo sportivo delle Motte, dove si è celebrata la S. Messa officiata dal parroco don Ilario. Come sempre ricordano questa ricorrenza le coppie che in questo anno ricordano il loro 1° anno di matrimonio e poi tutte quelle con 5 anni e successivamente sempre con un multiplo di 5. Sono state 10 le coppie che in questa occasione hanno rinnovato il ricordo della loro unione ed al termine della S. Messa hanno ricevuto un riconoscimento direttamente dalle mani del parroco. È stata una cerimonia semplice, ma sempre molto apprezzata, che aiuta con l’esempio a dimostrazione che anche in questa epoca imbevuta di relativismo è possibile far valere l’amore all’egoismo. La parrocchia ed i parrocchiani uniti porgono i loro auguri per una felice continuazione.

Le coppie di sposi che hanno ricordato il loro matrimonio sono: 1 anno Elena Nava e Alessandro Fleri 5 anni Deborah Lomonte e Giacomo Binda 20 anni Antonella Cozzi e Luca Pari 25 anni Susanna Orioli e Giovanni Ferrari 40 anni Carla Ambrosetti e Salvatore Montalto 45 anni Aureliana Saredi e Silvio Lischetti 50 anni Cristina Lucca e Giovanni Lozza 50 anni Maria Ballinari e Franco Pallavicini 55 anni FrancaBrigatti e Ettore Ferrari

Gli oratori più collaudati ed efficienti, meglio attrezzati ad interpretare le sfide dei nuovi tempi, esistono praticamente soltanto al nord dell’Italia (la

Lombardia ne può vantare circa la metà del totale). C’è il gioco, certo: ma l’oratorio non esiste soltanto come struttura per far giocare - con la

sottolineatura educativa specifica - chi lo frequenta.

Il  problema  fondamentale  è  quello dell’occupazione  intelligente  e diversificata del tempo  libero. Si tratta di offrire assistenza formativa nelle ore in cui i  genitori  sono  assenti  da  casa,  perché impegnati entrambi  sul  lavoro. E c’è, per esempio, la necessità di aiutare i ragazzi, in ogni  fascia  scolastica,  a  fare  i  compiti,  a preparare  le  lezioni  del  giorno  dopo...In molte  regioni  d’Italia,  assai  spesso, l’oratorio è  l’espressione di un sacerdote, che  si  mobilita  per  corsi  di  catechismo domenicali e per fare... gruppo (tra ragazzi e adolescenti), crea squadre di calcio e di pallavolo. L’oratorio a volte consiste in un “circolo”  di  giovani  volontari  che promuovono eventi e  iniziative  varie per animare  i  loro  paesi,  le  loro  comunità parrocchiali.  Questa panoramica generale degli oratori in  Italia,  per  fortuna,  sta  a  poco  a  poco cambiando. Anche nelle regioni del Centro e del Meridione del nostro Paese  stanno spuntando  istituzioni  proiettate  verso  il “modello lombardo”.  Ma,  lo  sviluppo  delle  nuove  realtà 

oratoriane  è  lento  e  faticoso,  perché 

queste  (nuove  realtà),  rispetto  a  quelle 

operanti  da  lunga  data,  hanno  sfide 

aggiuntive da vincere: come quelle ‐ oltre 

a  trovare  i  mezzi  per  costituirsi  e 

consolidarsi in contesti per lo più poveri ‐ 

di dover, magari, strappare  i  ragazzi e gli 

adolescenti  alla  camorra  e  tenerli  legati 

all’assolvimento  dell’obbligo  scolastico, 

prima di poter cominciare a formarli come 

cristiani,  come  uomini,  come  cittadini, 

come...  atleti.  Nell’autunno  dello  scorso 

anno, a Bergamo e Brescia si è tenuto un 

Happening  che  ha  riunito  1500  persone, 

provenienti  da  poco meno  di  500  centri 

della penisola e delle isole. Questo raduno 

ha  consentito  una  reciproca  conoscenza, 

uno scambio di esperienze, l’impostazione 

di  collaborazioni  o  il  consolidamento  di 

rapporti già  in atto. Durante assemblee o 

riunioni,  prima  a  Bergamo,  poi  a 

Montichiari,  infine  a  Brescia,  hanno 

parlato  vescovi,  dirigenti  della  pastorale 

giovanile  ai  diversi  livelli,  esperti  di 

pedagogia e di sociologia. Ogni estate, gli 

oratori  hanno  un  momento 

eccezionalmente  felice: nei C.R.E.  (Centri 

ricreativi estivi) e nei Grest (Gruppi estivi), 

formati  per  accogliere  e  tenere 

“impegnati” i ragazzi e gli adolescenti, nel 

periodo delle vacanze  scolastiche. Qui,  si 

registra una quotidiana presenza di  circa 

un milione e mezzo di ragazzi e di giovani, 

con tendenza all’aumento delle presenze. 

Sicuramente,  ha  il  suo  peso  la  crisi 

economica,  che  costringe  tante  famiglie, 

impossibilitate a concedersi un soggiorno 

al  mare  o  sui  monti,  a  mandare  i  figli 

almeno a... ricrearsi all’oratorio.  

Da  tale  scelta  viene  anche  la 

dimostrazione  che  l’oratorio  è  tuttora 

percepito  come  realtà  viva  e  attiva, 

adeguata,  “utile”.  Sta  quindi  all’oratorio, 

con una  intelligente  impostazione, con  le 

sue  proposte  e  con  le  sue  iniziative, 

rendersi “attraente”, “accattivante” anche 

al  di  là  delle  emergenze  economiche  e 

sociali.  E  come  può  fare  centro  in  tale 

prospettiva? Nei  giorni dell’Happening,  a 

Bergamo  e  a  Brescia,  è  stato messo  sul 

tappeto  anche  questo  cruciale 

interrogativo. Qualcuno ha fatto osservare 

che ‐ anche se contano molto gli ambienti, 

le  attrezzature  funzionali  e 

all’avanguardia,  le  “aperture”  alla 

modernità nelle  iniziative  ‐  in un oratorio 

come  si  deve  occorrono  primariamente 

persone, disposte e preparate a prendersi 

cura, con costanza e passione, di  ragazzi, 

ragazze,  adolescenti,  bisognosi  di  un 

amorevole  accompagnamento  nella  loro 

età evolutiva. 

Dumenza, giovedì 18 Luglio 2013 

Noi  ragazzi dell’oratorio di Dumenza e Motte ci  siamo  recati  in gita al castello di Venegono 

Superiore, per trascorrere un’entusiasmante giornata in compagnia dei missionari comboniani. 

Appena scesi dal pullman siamo stati sorpresi da una leggera pioggia estiva che tuttavia non ha 

rovinato la nostra giornata di giochi. 

Siamo poi stati accolti dai padri missionari 

Maurizio  e  Massimo  che  ci  hanno 

accompagnato  in un coinvolgente viaggio 

virtuale  in  Mozambico,  ripercorrendo  la 

vita  di  Fratel  Alfredo  Fiorini,  un  medico 

volontario ucciso durante  la guerra civile. 

Prima di dare inizio alle attività siamo stati 

divisi in due squadre: quella di Maputo, dal 

nome  della  capitale  del  Mozambico,  e 

quella  di  Zambesi,  come  l’importante 

fiume che attraversa il paese. Ogni gruppo 

ha  ricevuto  una  busta  contenente 

istruzioni per svolgere al meglio le attività: noi ragazzi ci siamo cimentati in prove di recitazione, 

memoria  e  scrittura  creativa.  Nel  pomeriggio  ci  siamo messi  in  gioco  con  gare  di  agilità, 

prontezza di riflessi e velocità. L’ultima attività è stata la caccia al tesoro nel parco del castello, 

al termine della quale è risultato un pareggio tra le due squadre. Vista la situazione, i padri hanno 

allora deciso di porci alcune domande riguardo la vita di Fratel Alfredo, al termine delle quali 

abbiamo decretato il vincitore dei giochi: la squadra Zambesi. 

Al termine della giornata abbiamo fatto ritorno a casa stanchi ma felici. 

Le animatrici dell’oratorio estivo 

Gita a Venegono Superiore

E  sempre  Antonio  racconta  che  una  volta  era 

abbastanza  rischioso  avventurarsi  verso 

Longhirolo,  a  causa  del  forte  campanilismo 

esistente  in quella  zona.  Lo  stesso  valeva  anche 

per recarsi a Dumenza, ed allora ci si organizzava 

per  poterci  andare,  ma  solo  costituendo  un 

gruppo  di  persone  perché  dopo  il  ponte  del 

“Colombè”  diventava  zona  pericolosa.  Questa 

purtroppo  era  una  prerogativa  non  solo  delle 

Motte in generale ma una specie di salvaguardia a 

protezione  del  proprio  piccolo  territorio. 

Continuando  con  il  suo  racconto  ricorda di  aver 

avuto una maestra che si faceva pettinare i capelli 

e lavare i piedi. 

Raccontando 

poi  dei  tempi 

prima  della 

seconda guerra 

mondiale  lui 

ricorda  quali 

erano  gli 

obblighi  ed  i 

comportamenti 

di quel periodo. 

Sono sempre le 

sue  parole 

quando  dice 

che:  “allora, 

durante  il 

tempo di guerra, eravamo i balilla, ci vestivano con 

la  divisa  appropriata  e  ci  ponevano  in  testa  un 

cappello con un fiocco e poi tutti in cortile e per le 

strade  a  fare  le  passeggiate,  rigorosamente  in 

formazione  come  le  squadre.  Già  da  piccoli 

venivamo  inquadrati  come  le  squadre  fasciste, 

tutti vestiti  in ordine e  fare ginnastica e, quando 

interrogati,  dovevamo  fare  il  saluto  al  duce”. 

Questi  sono  sprazzi  dei  ricordi  di Antonio  che  li 

racconta  con  un  po’  di  emozione  negli  occhi. 

Continuando nel suo racconto dice: “a quei tempi 

c’era  il  regime e  se  facevi qualche cosa che non 

rispecchiava  le  leggi  eri  portato  via  e  finivi  nei 

campi  di  concentramento,  dove  nessuno  qui 

sapeva che cosa succedeva”. 

Qui  il suo racconto si sposta verso altri momenti 

vissuti: “mio padre” dice ancora Antonio “è andato 

tre  volte  in America  portandosi  appresso  la  sua 

accetta,  perché  faceva  il  boscaiolo,  e  la  almeno 

poteva  guadagnare dei  soldi, mentre qui era un 

lavoro che non dava alcun sostentamento. Con  i 

soldi  che ha  guadagnato è  riuscito a  comperarsi 

una masseria al Paü e con l’aiuto di mio nonno era 

riuscito ad avere 35 mucche, 2 cavalli diventando 

tra  le persone benestanti della zona”. Poi ci  fu  il 

periodo  del  militare,  ed  allora  la  ferma 

obbligatoria  era  di  18  mesi,  e  per  spostarsi  in 

montagna si usavano  i muli che venivano caricati 

per il trasporto dei materiali. 

A  questo  punto,  nella  chiacchierata  interviene 

anche  la  signora Marisa, perché  anche  lei  vuole 

raccontare qualche cosa che ricorda con piacere. I 

suoi  ricordi  si collocano a quando ha  conosciuto 

suo marito  e dice:  “io  avevo 16  anni  e  ci  siamo 

conosciuti  al  mese  di  maggio.  Mio  padre  non 

voleva  che  ci  vedessimo  perché  diceva  che  ero 

troppo  giovane.  Ovviamente,  come  tutti  gli 

innamorati, anche noi avevamo escogitato i nostri 

segnali convenzionali e quando volevamo vederci 

Antonio faceva un fischio ed io capivo subito e poi 

mi chiamava sottovoce. Allora aspettavo che mio 

padre  andasse  alla  stalla  e  così  avevamo  un 

momento per stare assieme. Solo pochi minuti ma 

erano  sufficienti  per  avere  un  nostro momento 

tutto per noi. Lui aveva 3 anni più di me ma per un 

uomo,  prima  di  mettersi  con  una  donna, 

passavano  anche  2  o  3  anni,  e  noi  siamo  stati 

fidanzati per 6 anni e mezzo. Poi venne il tempo di 

pensare  alla  nostra  casa  e  siccome  non  c’era  la 

strada,  che  fu  fatta  solo  nel  1970,  con  forza  e 

pazienza  e  con  la  “gerla”  in  spalla  ce  la  siamo 

costruita tutta da soli. 

Nella  nostra  famiglia  eravamo  in  6  e  la  mia 

mamma,  per  il  troppo  lavoro,  ha  perso  un 

bambino. Il fatto non poteva rimanere nascosto e 

fu  fatta  debita  denuncia.  A  quel  tempo,  prima 

della guerra, chi non denunciava fatti del genere 

era passibile di fucilazione. Come in ogni periodo 

storico anche allora c’erano  leggi buone e meno 

buone ma tra quelle positive ricordo le leggi per la 

maternità  e  l’infanzia,  le  200  ore,  le  leggi 

riguardanti  la pensione, di cui oggi se ne godono 

pienamente  i risultati, e  le ferie. Fino ad allora si 

lavorava fin quando una persona poteva resistere 

ed aveva la forza per continuare a lavorare. 

Alice (continua 2) 

Baden Powell diceva che “la religione si può cogliere d’intuito, non insegnare. Non è un abito esteriore da indossare la domenica”. Deve essere qualcosa di profondo, fa parte del carattere. É

strano che dicesse che già al suo tempo (inizio 1900) che “le azioni di un gran numero dei nostri giovani sono guidate in minima parte da convinzioni religiose” e aggiunge una cosa importante, ancora attuale:”ciò si può attribuire al fatto che nella formazione religiosa del ragazzo ci si è preoccupati di istruirlo anziché di educarlo”. Baden Powell, era molto concreto e pratico e con la sua esperienza di educatore vedeva delle cose che oggi, nel documento del decennio dei Vescovi Italiani vengono riprese. Lui ci dice che la religione viene dall’interno, dalla coscienza, dall’osservazione, dall’amore e pervade tutte le azioni del ragazzo. E non è una formalità e non deve essere insegnata come una lezione. Per questo insiste che la religione non si può insegnare, ma si può coglierla d’istinto e la natura, ce lo ricorda, ci può aiutare ad incontrare Dio in ogni momento. Interessante questa riflessione “la religione può e deve essere insegnata al fanciullo, non in modo sdolcinato o misterioso o lugubre. Il ragazzo è prontissimo ad accoglierla, se

gli viene presentata nel suo aspetto eroico e come una naturale e quotidiana dimensione di ogni uomo autentico”. Lui parlava dopo la prima guerra mondiale e si vedeva il calo della frequenza religiosa in tutte le chiese. Insiste dicendo che “la religione non è qualcosa di collaterale alla vita, ma la vita stessa nella sua forma migliore”. Bellissima e chiara, una volta per tutte, questa frase: “Nessun uomo può essere veramente buono, se non crede in Dio e non obbedisce alla Sue leggi. Per questo, tutti gli Scout devono avere una religione”. Cita pure una frase di Abramo Lincoln “quando vedo una Chiesa con scritto sull’altare le parole: amerai il Signore Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e, inoltre, amerai il prossimo tuo come te stesso, quella è la Chiesa alla quale sento di appartenere”. Fa una considerazione che, credo, possa essere attuale anche per oggi “i giovani non tollerano più di essere governati da dogmi, ma sono pronti a cercare da soli le conoscenze e le motivazioni della loro fede. Essi ricercano i principi fondamentali piuttosto che le varie forme in cui tali principi si trovano ad essere camuffati”. Per finire questa frase di un

vescovo di Birmingham ci fa riflettere molto “non possiamo fare un mondo nuovo, presentando uomini vestiti in abiti vecchi. Gesù ha un messaggio per ogni tempo, un messaggio di importanza vitale per la nostra epoca”. Leggendo Baden Powell non si può non pensare come sia attuale quello che pensa ed è per questo che gli scout, e non solo loro, farebbero tesoro di queste riflessioni.

Giovanni

il mondo SCOUT

Moralità a perdere Le due facce di un vivere paradossale

Il paradosso del nostro tempo nella storia è che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità sempre più basse. Autostrade sempre più larghe, ma orizzonti sempre più ristretti. Spendiamo di più, ma abbiamo meno, compriamo di più, ma godiamo meno. Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo. Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio. Più esperti, e ancor più problemi, più medicine, ma meno benessere. Beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco. Guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi, vediamo troppa TV. E preghiamo di rado.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori. Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso. Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere. Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni. Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa. Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno. Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito l’aria, ma inquinato l’anima.

Abbiamo dominato l’atomo, ma non i pregiudizi. Scriviamo di più, ma impariamo meno. Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare. Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno. Questi sono i tempi del fast-food e della digestione lenta, ricchi profitti e povere relazioni. Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle, ma famiglie distrutte. Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal rallegrarti al calmarti, all’ucciderti”.

George Carlin

Il santo si serve della verità per trovare la giusta direzione, il moralista se ne serve come di una spada 

contro gli altri e coprire così la sua ipocrisia. 

Quando la nostra mente è meno luminosa, il nostro cuore meno generoso, noi diventiamo ostinati; 

l’ostinazione nasce dalla povertà dell’animo.