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M.E.I.C. (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale - Gruppo di Torino) Gli interventi degli esperti Con il contributo di

Gli interventi degli esperti · rase. Le esperienze infantili sono importanti nel determinare le caratteristiche della persona adulta. È responsabilità degli adulti “mettere”

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M.E.I.C.

(Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale - Gruppo di Torino)

Gli interventi degli

esperti

Con il contributo di

Nel corso dell’anno 2009-10 si sono svolti i laboratori di cittadinanza attiva “PROGETTARE IL

FUTURO IN FAMIGLIA E A SCUOLA. PERCORSI DI APPROFONDIMENTO E DI CONFRONTO SULLA

FAMIGLIA E L’EDUCAZIONE DEI FIGLI IN TERRA DI MIGRAZIONE”.

A conclusione dei lavori abbiamo proposto alle partecipanti cinque incontri con esperte che

hanno proposto loro contributi specifici seguenti temi:

1. che senso dare alla parola “educare” (dott.ssa D. Viroglio)

2. lo sviluppo del bambino, le tappe evolutive (dott.ssa S. Valperga)

3. il periodo dell’adolescenza (dott.ssa A. Simonetto)

4. i diritti dell’infanzia (prof.ssa M. Cancedda)

5. confrontarsi con l’educazione in Italia e in Marocco (dott.sse N. Rafiq e F. Khayari)

Nelle pagine che seguono forniamo le relazioni degli incontri

EDUCARE

Dott.ssa Daniela Viroglio

Il compito educativo è della famiglia, nonostante ci siano nel corso della vita, altri spazi

educativi che i bambini e i ragazzi frequentano, come la scuola, i centri ricreativi, i gruppi

sportivi, ecc… entrambi i genitori vengono chiamati a camminare insieme, come coppia,

nella crescita dei figli.

L’educazione alla vita del maschio e della femmina comporta variabili inevitabili,

dovendo rispettare le caratteristiche di genere, ma deve dare ad entrambi la stessa

possibilità di successo nella vita! Nascere maschi o nascere femmine comporta una

diversità fisica, ma non necessariamente una diversità caratteriale, nonostante esistano

delle caratteristiche che si attribuiscono maggiormente alla femmina o al maschio.

Viene chiesto alle partecipanti di elencare queste caratteristiche pensando ai loro bambini.

MASCHIO FEMMINA

Aggressivo Dolce

Vivace Vivace

Narcisista/vanitoso Narcisista/vanitosa

Vuole di più Vuole di più

Disobbediente Disobbediente

A volte affettuoso Più affettuosa

Poca concentrazione Più concentrata

Proprio dalle osservazioni su questo elenco, si possono notare i punti in comune e le

diversità. Si può dire che maschi e femmine sono uguali per:

- Bisogni

- Desideri

- Educazione

- Autonomia

Una delle parole chiave nell’educazione è flessibilità. Non esistono infatti norme rigide ed

insindacabili valide per tutti, ma con ogni bambino/a si deve cercare un punto di

congiunzione tra ciò che si ritiene giusto per lui/lei e ciò che aiuta a diventare sempre più

autonomi nel rispetto della personalità. Le regole che vengono date ai bambini ed ai

ragazzi devono sempre essere contestualizzate e spiegate, solo così si potranno crescere

persone autonome e libere di scegliere. I divieti come le concessioni vanno spiegate.

Insieme ai figli si cercano dei punti di incontro e questo è possibile solo attraverso il

dialogo.

Dialogare non significa “fare la predica”, ma porsi in un atteggiamento di ascolto e di

confronto, scambiare pensieri e proporre soluzioni, discutere, magari scontrarsi, ma senza

mai perdere la profonda affettività innata che segna il rapporto tra genitore e figlio ed il

rispetto e la consapevolezza dei ruoli. Il dialogo inizia con il concepimento, e si consolida

fin da piccoli perché i bambini hanno una loro idea del mondo e cercano conferme e

spiegazioni. Fondamentale per costruire un buon rapporto con i propri figli è quello di

“fare insieme per stare insieme”, trovare delle modalità di contatto e incontro che siano

pratiche, agite, votate al fare. Questo permette uno scambio di opinioni, di comportamenti

e pratica dell’agire nel percorso di crescita.

Essere un modello per i propri figli è il miglior modo possibile di far passare loro dei

contenuti educativi forti come la coerenza, la rettitudine, l’onestà. È inutile ad esempio che

un padre insista che il figlio non fumi mentre tiene una sigaretta in mano… In età

adolescenziale è facile che il ragazzo si opponga alle regole che gli sono imposte, ma

questo atteggiamento provocatorio è il modo che l’adolescente conosce per far sue proprio

quelle regole contro cui si ostina a lottare.

Per esempio, se ciascuno di noi pensa alla propria infanzia e adolescenza troverà nel

proprio passato delle figure che sono state particolarmente significative, che per qualche

motivo sono rimaste nella memoria e a cui ancora si pensa nei momenti di difficoltà. Può

essere stata un’insegnante, una nonna, un’amica di famiglia, … di ognuna di loro ci sono

aspetti positivi o negativi che abbiamo in memoria , qualcosa di loro è rimasto in ciascuno

di noi. Proviamo a pensare cosa e troveremo alcune di quelle caratteristiche in noi

Una problematica che si riscontra oggi nel rapporto con i figli è quello della loro

“sfacciataggine”. I bambini e i ragazzi sono istintivi , si esprimono spesso senza mezzi

termini, senza nascondersi o moderarsi, hanno in corpo e nell’animo qualcosa che si

muove e lo devono lanciare fuori, spesso anche con arroganza. E i genitori sono il

bersaglio più facile. Questo spesso spaventa gli adulti. Li irrigidisce e li indispone al punto

che le uniche soluzioni sembrano essere il castigo e la fermezza. Questo atteggiamento

provoca in loro dolore e smarrimento e non riescono a vedere che i loro figli stanno

chiedendo, risposte, conferme, sicurezze. E dove c’è una richiesta è indispensabile aprire

un dialogo, ancora più importante è cogliere il bisogno che sta dietro il silenzio.

Ricordiamo chi siamo stati, i nostri desideri, le nostre paure i nostri sentimenti, ma

soprattutto ricordiamo che cosa ci è mancato e avremmo voluto sul piano dell’affetto della

vicinanza e della sicurezza nell’agire.

La perfezione non ci appartiene, non ci sono manuali per genitori, la nostra guida è

l’equilibrio tra il buon senso e l’amore.

Il pensiero che i no di oggi saranno la forza per reagire alle negazioni di domani, la parola

e il dialogo dedicati oggi saranno la capacità di relazionarsi con gli altri.

LO SVILUPPO DEL BAMBINO

Dott.ssa Sara Valperga

La psicologia dell’infanzia ha una storia relativamente recente. L’interesse e soprattutto

l’approfondimento della psiche infantile ha inizio solo con la fine dell’800. Tuttavia, prima che il

mondo si riempisse di approcci teorici sullo studio e la terapia rivolti all’infanzia, ci sono stati

periodi in cui il bambino era considerato in modi molto diversi.

Alcune definizioni passate ci permettono di trarre delle considerazioni generali su quale tipo di

investimento e quale tipo di atteggiamento esistesse nei confronti dei bambini:

peccato originale – medio evo, i bambini appena nati sono visti come malvagi. Educazione:

offrire la salvezza, rimuovere il peccato originale, riportare sulla retta via.

tabula rasa – (Jhon Locke filosofo britannico metà '1600) bambini come tavolette raschiate,

rase. Le esperienze infantili sono importanti nel determinare le caratteristiche della persona

adulta. È responsabilità degli adulti “mettere” nei bambini i giusti valori e le giuste idee.

bontà innata (J.J.Rousseau, 1700) bambini innatamente buoni, dovrebbero crescere in modo

naturale limitando restrizioni e controlli. Affermava che l'uomo fosse, in natura, buono, un

"buon selvaggio", ma che fosse stato corrotto in seguito dalla società civile e colta; vedeva

questa come un prodotto artificiale nocivo per il benessere degli individui, portandoli alla

degenerazione e al vizio. L'Emilio è il suo capolavoro pedagogico.

piccoli adulti – atteggiamento generale prima dell'800, i bambini come degli adulti piccoli

di statura.

Attraverso lo studio approfondito dello sviluppo del bambino sono state individuati dei periodi in cui è possibile dividere i primi anni di vita.

I periodi evolutivi sono:

periodo prenatale: concepimento - nascita

prima infanzia: nascita a 18-24 mesi

seconda infanzia: fino 5-6 anni età prescolare

fanciullezza: fino agli 11 anni

adolescenza: 12-22 circa

Lo sviluppo dura tutta la vita, ma in questa sede il campo di interesse è rivolto a questo primo periodo della vita.

Questi periodi si susseguono in modo lineare solo da un punto di vista cronologico, ma

ogni tappa evolutiva viene raggiunta in modo assolutamente personalizzato da ogni

singolo bambino! Per questo motivo l’approccio stadiale viene oggi superato

dall’approccio dei percorsi possibili in cui viene considerata la variabilità

interindividuale ed intraindividuale dei bambini. Non è possibile infatti individuare una

sequenza obbligata di sviluppo, cronologicamente uguale per tutti I bambini e non tutti i bambini

della stessa età ragionano allo stesso modo o utilizzano le stesse modalità di interazione sociale!

Graficamente si può rappresentare così:

bambino Marco A B

bambina Jasmine A B

In questo modo si vede come sia Marco che Jasmine arrivino all’ipotetico punto B, ma attraverso

un percorso individuale, seguendo la propria andatura.

Ma cos’è che influenza il percorso? Quali sono i fattori che intervengono durante il cammino?

Alcune risposte date dalle partecipanti sono:

le condizioni di vita

lo stato di salute

le possibilità del bambino

le cure ricevute

la composizione della famiglia

Tutte queste risposte sono corrette; sono infatti molti i fattori che intervengono nella costruzione

della personalità del bambino. Per facilitare la comprensione di questi fattori, è possibile

raggrupparli in tre categorie le quali determinano l’unicità del bambino. Queste sono:

1. i processi biologici

2. i processi cognitivi

3. i processi socio-emotivi

Per quanto riguarda gli aspetti socio-ambientali è importante fare una distinzione tra :

AMBIENTE e CULTURA

Il luogo fisico in cui si vive L’insieme di credenze, conoscenze,

modelli, valori che si tramandano di

generazione in generazione.

Ne consegue che all’interno di uno stesso ambiente (come ad esempio un palazzo) convivano persone appartenenti a culture diverse (come quella marocchina, senegalese, cinese, italiana, ecc…).

I genitori sono i primi mediatori culturali che il bambino incontra. È attraverso i propri genitori che imparerà la sua cultura e conoscerà il suo ambiente. Tuttavia, nel lungo percorso della costruzione della propria identità, ci sarà un momento particolare, che coincide quasi sempre con il periodo dell’adolescenza, in cui ogni conoscenza acquisita verrà messa in discussione, a volte anche in modo violento, per poter approdare ad una propria posizione. Come giustamente ha fatto notare una delle partecipanti, anche se diversi fratelli vivono immersi nello stesso spazio fisico e culturale, una volta cresciuti, avranno comportamenti diversi, idee diverse, modi di vivere diversi. Questo succede perche nonostante ci siano dei fattori comuni, ognuno di loro ha un proprio modo di elaborare le informazioni ricevute perché è un insieme unico di fattori biologici, cognitivi e socio-emotivi. Con questo bagaglio acquisito, potrà scegliere come gestire la propria vita, dove, con chi e cosa trasmettere ai propri figli una volta divenuto genitore lui stesso.

I capisaldi

Nel tempo sono state elaborate diverse teorie riguardo lo sviluppo del bambino, da diversi punti di vista, ma alcune considerazioni sono da considerarsi trasversali a tutte queste teorie e costituiscono i capisaldi della psicologia del bambino. Questi sono:

l'infanzia è la base per la vita adulta : il bambino di oggi sarà il giovane e l’adulto di domani! Si pongono le basi di quello che diventerà nei primi anni di vita! Intorno ai 5 anni la personalità de bambino è già formata.

l’infanzia è diversa dalla vita adulta: i bambini hanno un linguaggio totalmente distinto rispetto all’adulto ed è compito dell’adulto quello di comprenderlo ed adeguarsi al suo, non il contrario!

l’infanzia è dipendente dalla vita adulta: i bambini dipendono totalmente dagli adulti, sia per quanto riguarda le loro necessità primarie (sopravvivenza fisica) che per lo sviluppo psicologico, sociale e relazionale.

Neuropsichiatria infantile

Quando si è parlato di percorsi possibili, è importante dare voce a tutti i percorsi! Ogni bambino ha dentro di sé un potenziale che gli permetterà di fare un percorso personale, aiutato dal mondo esterno e sollecitato da tanti stimoli per la sua crescita. Esistono bambini che hanno maggiori difficoltà, che per motivi sia biologici (malattie) che psicologici (blocchi emtivi, traumi) che cognitivi (ritardo mentale) non raggiungono gli stessi obiettivi della maggioranaza dei bambini e che anzi spesso ne sono del tutto

incapaci. Tuttavia esiste anche per questi bambini una possibilità di recupero e di sostegno, nel rispetto dei loro limiti e capacità. La Neuropsichiatria infantile si occupa di questi bambini e mette a loro disposizione degli strumenti specialistici e tecnici. Alcune figure professionali che collaborano con il neuropsichiatra sono:

pediatra

psicologo

psicomotricista

logopedista

educatore

assistente sociale

Testimoniaza dal gruppo: la bambina di una amica di una partecipante al gruppo attraverso l’uso corretto dei servizi, sta riuscendo a fare dei piccoli ma significativi progressi nell’inserimento a scuola e nel superamento di ostacoli personali molto grossi. Il percorso è difficile ma possibile!

INFO UTILI

Per fare in modo che sempre più bambini abbiano la possibilità di essere aiutati nel loro percorso, segnalo qui di seguito alcuni importanti indirizzi della circoscrizione 6 a cui è possibile rivolgersi in caso di necessità.

NPI (Neuropsichiatria Infantile): via Tamagno 5 - Tel. 011 2485517

Consultori famigliari

via Montanaro 80 - Tel. 011 2402536 via degli Abeti 16 - Tel. 011 2622124 via Maddalene 35/a - Tel. 011 284738

Consultori pediatrici

via degli Abeti 16 - Tel. 011 2622124

via Maddalene 35/a - Tel. 011 859000

via Tamagno 5 - Tel. 011 2485517

via Scotellaro 7 - Tel. 011 202809

via Leoncavallo 17 - Tel. 011 2487002

Servizi Sociali: Via Leoncavallo 17 – tel. 011 4431211-011 4431212

ADOLESCENZA

Dott.ssa Alessandra Simonetto

Si considera che la vita di un uomo possa essere divisa in periodi di circa 10 anni. In

particolare si considera infanzia quella che va da 0 a 10 anni, adolescenza da 10 a

20…Ovviamente ognuna di queste fasi è ancora ulteriormente divisibile.

Ogni passaggio da un periodo all’altro, se fatto bene, aiuterà quello successivo.

L’adolescenza si situa tra il primo periodo dell’infanzia, nel quale le preoccupazioni e

l’impegno dei genitori riguardano essenzialmente l’accudimento psico-fisico, e l’ultimo

della giovinezza in cui i ragazzi hanno maturato una loro visione del mondo ed una

personale modalità di interazione con esso.

La posizione dell’adolescenza è a cavallo tra il mondo interno della famiglia e quello

esterno della casa, che può essere così rappresentato:

Legenda: P/M Papà e Mamma con fratelli eventuali

In questa posizione intermedia l’adolescente sente una forte attrazione e curiosità nei

confronti del mondo esterno, ma certamente avverte anche un grande senso di paura e

incertezza per ciò che non conosce.

La paura sarà però più attenuata se nel periodo precedente il bambino ha ricevuto un

modello educativo solido e vincente. I modelli che gli sono stati trasmessi rimangono

dentro di lui e lo aiutano ad affrontare le nuove sfide della vita.

Un grosso rischio è costituito dal fatto che il modello interno si discosti troppo, fino ad

essere totalmente opposto, a quello proposto dal mondo esterno. Il rischio è che

l’adolescente si trovi in un crocevia che non dà scampo né da una parte né dall’altra, e

soprattutto che si trovi in un crocevia nel quale le strade non comunicano fra loro, nel

quale non si possono trovare mediazioni e compromessi. I ragazzi rischiano così di sentirsi

divisi a metà, sentendo rischioso sia il farsi proteggere dalla famiglia perché impedisce di

confrontarsi con il mondo esterno, sia aprirsi al mondo esterno perché non si sentono

accompagnati e sostenuti dai genitori. Il riferimento familiare rischia di diventare il regno

del NO mentre le attrazioni esterne rischiano di diventare il mondo del SI, dove ogni cosa

è possibile.

L’unica strada percorribile per aiutare i propri figli in questo difficile passaggio è il

dialogo. In questa fase della crescita dei ragazzi, gli adulti sono molto in difficoltà perché

le richieste e le preoccupazioni dei ragazzi spesso coincidono o sono molto simili a quelle

dei genitori stessi. Esempi: paura del futuro, di essere accettati, di far valere le proprie

capacità, di trovare un posto nel mondo, …

Quando si deve affrontare una richiesta da parte dei ragazzi sarebbe opportuno analizzare

la loro domanda con un doppio punto di vista

- Cosa c’è di bello in questa richiesta e cosa mi fa paura?

- Quello che mi chiede è davvero pericoloso? O è una mia paura che possa diventare

pericoloso?

Le soluzioni a queste richieste si trovano solitamente nelle “vie dei compromessi”, le terre

di mezzo in cui sicurezza e libertà trovano una loro espressione.

Alcuni di esempi che sono nati dalla discussione a partire da situazioni concrete di ragazzi

conosciuti e dei propri figli:

1) “Questa estate voglio andare in vacanza con la mia amica a Rimini” (16 anni)

Di bello per lei: spinta verso l’ autonomia, amicizia

Di pauroso per me: impreparata al mondo, incapacità di tutelarsi

Il compromesso: 2 settimane a casa dei parenti in campagna con la tua amica

2) “Voglio le scarpe di 150 euro che ha il mio compagno di classe”

Di bello per lui: la cura di sé e l’ambizione, la somiglianza agli altri

Di pauroso per me: l’incapacità di un’analisi critica, il voler fare come gli altri, il non

rendersi conto del valore del denaro.

Il compromesso: scarpe che ti piacciono e che possiamo permetterci

3) “Anche se so che è pericoloso voglio farlo lo stesso! ”

A volte i ragazzi conoscono il rischio che corrono, ma sono disposti ad affrontarlo

nonostante tutto. In questo caso è opportuno chiedersi: c’è il rischio concreto di

incolumità fisica? Se il rischio non c’è o è ridotto è possibile aprire una negoziazione

che prevede anche un’analisi su “a cosa posso rinunciare e a cosa non posso

rinunciare”.

4) ”Me ne vado!”

Davanti a forti provocazioni come quella di lasciare la propria casa, è utile riportare

il ragazzo ad un esame di realtà con domande del tipo “E dove vai? Dove dormi? E

domani cosa mangi? Come ti procuri il cibo?”. In queste situazioni diventa

essenziale la figura del padre. Il figlio infatti sta chiedendo delle risposte autorevoli

ed è il padre che deve fornirgliele, non terze persone. Se il padre tentenna, è

insicuro, delega o non se ne occupa, il figlio non percepirà i confini e rischierà di

volerli sperimentare da solo, magari mettendosi in pericolo veramente. Il padre

dovrebbe trasmettere la fiducia nel futuro, la curiosità nella scoperta del mondo, la

sicurezza dei confini.

La sessualità e la verginità

Una grossa preoccupazione riportata dalle partecipanti riguarda la facilità con cui le

ragazze possono perdere la verginità.

Il rischio però è che vengano sovrapposti due temi molto importanti: la verginità e la

conoscenza del mondo. Come se la conoscenza del mondo, delle sue opportunità, dei

contesti possibili, sia sinonimo di pericolo e perdita dell’onore. Le ragazze, come i ragazzi,

devono essere educate alla fiducia attraverso il modello familiare e attraverso la

spiegazione delle regole trasmesse, spesso strettamente collegate alla cultura di

appartenenza. Una madre che ha fiducia nella figlia educherà una figlia che non tradirà la

fiducia concessa. Anche se si trovasse in situazioni di “pericolo” o forse meglio dire di

tentazione.

Per quanto riguarda i maschi, anche loro dovrebbero essere educati fin da giovani al

rispetto per l’altro sesso e quindi alla salvaguardia della sessualità della ragazza. Anche in

questa occasione, come per l’autorità, sarebbero di grande aiuto i padri. Come

l’educazione alla sessualità delle ragazza è nelle mani delle madri, l’educazione sessuale

dei maschi dovrebbe passare attraverso i padri.

Non è mai superfluo però sottolineare che i ragazzi imparano il rispetto tra maschi e

femmine osservando come si comportano tra loro i propri genitori. Come il proprio padre

tratta la donna con cui ha avuto dei figli. E come la propria madre tratta l’uomo con cui

vive. Questo modello di riferimento sarà quello che si imprimerà fortemente, in modo

costruttivo o distruttivo, a seconda delle situazioni, nella mente e nel cuore dei ragazzi e

delle ragazze.

CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA prof.ssa Marina Cancedda

Si chiama così una voluminosa “carta “ di ben 54 articoli, più un lungo preambolo,

emanata dalle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York sugli indiscutibili diritti

dei bambini.

Come vedete è una data decisamente recente, perché recente è la storia dei diritti dei

bambini e nasce da una evoluzione del concetto stesso di bambino, del modo in cui

gli adulti lo vedono, del ruolo che di volta in volta gli assegnano nella società.

Nel mondo occidentale oggi noi sappiamo che un bambino è portatore di diritti, ma se

ripercorriamo per sommi capi la nostra storia sociale, ci accorgiamo che il posto

occupato dai bambini è stato molto marginale almeno fino al 19° mo secolo.

Solo con la nascita della famiglia borghese e la rivoluzione industriale, si forma una

nuova cultura del bambino che, a poco a poco, prende un posto centrale all’interno

della famiglia; diventa destinatario di cure, attenzioni e aspettative.

La famiglia è però ancora la sua unica garanzia.

Chi ha la sfortuna di nascere in una famiglia povera o affettivamente disastrata o

rimane orfano, non ha alcuna tutela giuridica che lo protegga.

Infatti è solo nel ventesimo secolo che l’attenzione per il bambino si appoggia allo

Stato e agli Organismi internazionali.

Forse vi farà piacere sapere che la prima dichiarazione dei diritti dell’infanzia fu

emanata nel 1222 dal re Manden, sovrano del Mali che, in sette punti, stabilisce i

diritti fondamentali dei bambini.

Nei tempi moderni il primo organismo internazionale ad occuparsi dei bambini,

chiamato il “comitato di protezione dell’infanzia”, fu costituito nel 1919 dalla

Società delle Nazioni (organismo poi tramutatosi poi in ONU).

Nel 1924 a Ginevra fu proclamata la prima “dichiarazione dei diritti dell’infanzia” che

precisa la responsabilità degli adulti nei confronti dei minori.

Altre date importanti da ricordare sono:

1946 nasce l’UNICEF, una struttura creata dall’ONU specializzata per l’infanzia

che nel 1953 diventa una organizzazione internazionale permanente;

1959 l’ONU proclama all’unanimità la “Dichiarazione dei diritti dell’infanzia” che

in 10 principi precisa gli obiettivi da perseguire per proteggere ed aiutare i

bambini. E’ un passo molto importante anche se ancora il bambino è

considerato oggetto di cure e non soggetto di diritto;

1989 avviene appunto il salto con l’adozione, da parte dell’ONU, della

Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia che, oltre ad essere un

punto di arrivo, ha costituito anche un punto di partenza, o meglio di

riferimento, per tutta una serie di iniziative legislative ed operative interne agli

Stati a favore dei bambini

Sul piano simbolico, inoltre, la Convenzione ha segnato un’evoluzione fondamentale

per il cammino della civiltà dando finalmente all’infanzia la priorità che le spetta nella

società umana.

I suoi principi sono stati inseriti nel testo di 14 Stati e sono diventati programma di

studio in tanti Paesi.

Quando si parla di Dichiarazione si intende un testo in cui si affermano i

valori e i diritti che in un particolare momento storico sono ritenuti un punto

di riferimento della comunità internazionale senza tuttavia avere carattere di

obbligatorietà.

Quando invece si parla di Convenzione si intende un testo scritto che, una

volta approvato dagli Stati, non solo diventa vincolante, ma lo stesso Stato

diventa responsabile per eventuali inadempienze delle norme nei confronti di

tutti gli altri Stati che lo hanno approvato.

A questa Convenzione fanno esplicito riferimento

- la Convenzione europea nell’esercizio dei diritti dell’infanzia 1996

- la carta africana sui diritti e il benessere dei bambini

- la Convenzione dell’Aia per la tutela dei minori in materia di adozioni

internazionali 1993

- la dichiarazione di Madrid sugli aiuti umanitari 1995

- la dichiarazione di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei bambini 1996

- la Convenzione ILO n° 182 sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro

minorile 1999

- la risoluzione del Parlamento Europeo sul traffico dei bambini 2001

1.1 CARATTERISTICHE DELLA CONVENZIONE

E’ il primo documento internazionale che si occupa nello stesso tempo di diritti

civili e politici, economici, sociali e culturali.

E’ il primo documento che dà una precisa definizione di bambino (child), cioè

chi non ha ancora compiuto 18 anni, tranne che secondo le leggi del proprio

Stato non sia maggiorenne.

E’ l’unico documento internazionale ratificato

da tutti gli Stati, ad eccezione di due: gli Stati

Uniti (che lo hanno solo firmato) e la Somalia.

E’ un documento veramente internazionale, vi

si legge una forte attenzione per i bisogni

materiali dei bambini, si dà importanza alla

cooperazione internazionale a sostegno delle

politiche per l’infanzia nei paesi poveri.

C’è anche qualche accenno a forme specifiche

previste dal diritto islamico ad esempio la

famiglia allargata (art.20)

1.1.1 CONTENUTI

E’ formato da un preambolo e da 54 articoli:

Nel preambolo leggiamo le enunciazioni di principio su cui si baserà la stesura:

- L’infanzia ha diritto a un aiuto e una assistenza particolari;

- La famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita e il

benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli, deve ricevere la

protezione e l’assistenza di cui necessita;

- Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso e completo della sua personalità, deve

crescere in un clima familiare di pace, amore e comprensione;

- Il fanciullo deve essere preparato ad avere una sua vita individuale nella società,

essere educato nello spirito di pace, dignità, tolleranza e libertà;

- Il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale necessita di

protezione e cure particolari, compresa una protezione legale appropriata, sia prima

che dopo la nascita;

- In tutti i Paesi del mondo ci sono fanciulli che vivono in condizioni particolarmente

difficili ed è necessario prestare loro una particolare attenzione;

- Si deve tener conto dell’importanza delle tradizioni e dei valori culturali di ciascun

popolo per la protezione e lo sviluppo armonioso del fanciullo;

- Si deve riconoscere l’importanza della cooperazione internazionale per il

miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli in tutti i Paesi, in particolare nei

Paesi in via di sviluppo. Seguono gli articoli divisi in tre sezioni:

1) articoli 1-41: contiene la lista dei diritti

riconosciuti

2) articoli 42-45: istituisce un comitato

internazionale a cui tutti gli Stati parte

dovranno sottoporre un periodico rapporto sullo

stato di attuazione della Convenzione

3) articoli 46-54: indica gli adempimenti

burocratici per la ratifica, le riserve o le

proposte di cambiamenti del documento

Tutti gli articoli sono di uguale importanza, non se ne può fare una graduatoria e tutti

devono rispettare i due principi generali del “miglior interesse per il bambino” e

della “non discriminazione”

Come chiave per semplificarne la lettura e sintetizzare i vari diritti è stato proposto lo

schema delle 3 P:

Provision (provvedimento, misura)

Protection (protezione, difesa)

Promotion (promozione).

Il primo gruppo Provision riguarda il diritto di nascere e crescere in modo sano, di

avere assicurati tutti gli elementi base per la sopravvivenza, di avere l’insegnamento

primario obbligatorio e gratuito, che la disciplina scolastica sia applicata in maniera

compatibile con la dignità del fanciullo, di potersi esprimere liberamente sulle

questioni che lo riguardano,il diritto alla riservatezza o privacy, il diritto alla libertà di

pensiero, di coscienza e di religione.

Il secondo, Protection, tenendo conto dello stato di minorità del bambino, riguarda

tutti i diritti legati alla protezione da abusi e negligenza, sfruttamento economico e

sessuale, che possa beneficiare, nello stato di rifugiato, della protezione e

dell’assistenza umanitaria che gli necessitano, che nessun fanciullo sia sottoposto a

tortura o a pene degradanti, privato della libertà in maniera illegale.

Il terzo, Promotion, prevede i diritti per la promozione del bambino come cittadino

quali il diritto all’espressione, alla partecipazione, alla libertà di pensiero e

associazione, il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco ed attività

ricreative, partecipare alla vita culturale ed artistica ed, infine, per un bambino

disabile, a godere di una vita dignitosa.

Sono ancora in via di approvazione, a discrezione dei vari Stati, i protocolli cosiddetti

opzionali sul coinvolgimento dei minori nelle guerre, sulla vendita dei minori, la

prostituzione e la pornografia minorile

Il coinvolgimento dei minori nei conflitti armati si riferisce ad un fenomeno

tristemente attuale e l’art. 38 della Convenzione prevede che “nessuno di età inferiore

ai 15 anni possa prendere parte attiva ad un conflitto armato”.

Questo articolo, l’unico su cui la commissione preparatoria del testo non aveva trovato

l’unanimità, era stato frutto di un compromesso e, da subito, fu chiaro a tutti che

permettendo ai bambini di prendere parte alle guerre si contraddiceva lo spirito di

fondo della Convenzione stessa.

La possibilità di modificarlo si concretizzò solo nel 1994 quando fu costituito un gruppo

di lavoro con lo scopo di redigere il testo di un protocollo facoltativo su questo

argomento. Il lavoro di stesura non fu facile a dimostrazione di quanto alcuni Stati

tenessero alle loro modalità di reclutamento e non volessero metterle in discussione.

Solo nel gennaio del 2000 il testo fu pronto e approvato nel maggio successivo.

Nel testo si proibisce agli Stati il reclutamento obbligatorio dei minori (inferiori ai 18

anni) nelle loro forze armate; si lascia però aperta la possibilità di reclutare volontari

dai 16 anni, ma in questo caso sono previste alcune garanzie per limitare gli abusi: si

deve essere certi per esempio, della volontarietà della recluta, della sua età, del

consenso dei genitori.

Perché questo protocollo entri in vigore, è necessario che abbia la ratifica di 10 Stati,

ma ancora oggi siamo ben lontani da questo traguardo.

Il protocollo opzionale si interessa anche alla vendita dei minori, la prostituzione e la

pornografia minorile. Dopo aver definito cosa si debba intendere per i tre ambiti, il

protocollo chiede agli Stati parte di proibirli nel proprio diritto penale.

Importanti sono anche le garanzie previste per la tutela del minore durante le

indagini, i processi in vista di un risarcimento: in ogni fase si ribadisce che l’atto deve

essere guidato dal principio “dell’interesse superiore del fanciullo” (art 40).

1.2 LA LEGISLAZIONE ITALIANA

L’Italia ha ratificato la Convenzione internazionale dei diritti dei minori il 27

maggio 1991 con la legge numero 176;

Ha firmato, ma non ancora ratificato i due protocolli internazionali;

Il 3 agosto 1998 ha emanato la legge n. 269 “Norme contro lo sfruttamento

sessuale dei minori quale nuova forma di riduzione in schiavitù”;

Il 31 dicembre 98 con la legge n.476 ha ratificato la Convenzione dell’Aia per la

tutela dei minori in materia di convenzioni internazionali;

Ha ratificato anche la Convenzione ILO;

Queste le leggi sulla carta ed era ora che ci fossero, ma la realtà, come tutti

sappiamo, è ancora molto distante dal rispettarle.

Da Mani Tese (organizzazione umanitaria) apprendiamo con orrore che negli ultimi 10

anni le guerre, in varie parti del mondo, hanno ucciso 2 milioni di bambini, ne hanno

reso disabili 5 milioni, orfani più di 1 milione e almeno 10 milioni sono

psicologicamente traumatizzati.

Se sopravvivono ai conflitti etnici, religiosi, alle guerre di sterminio, i bambini ne

portano il segno nel corpo e nella mente per tutta la vita.

In paesi usciti da guerre disastrose o estremamente poveri, si assiste al fenomeno dei

cosiddetti “bambini di strada”, sono orfani o abbandonati, analfabeti, vivono di

espedienti per strada e spesso sono oggetto di violenza fino all’uccisione per

prelevarne gli organi o trasformati in manovalanza criminale.

E che dire dei bambini soldato?

Da un rapporto Unicef si apprende che nel 1990 in Liberia hanno combattuto bambini

di 7 anni perché “quelli col fucile possono mangiare”.

Basta scorrere la cronaca quotidiana per apprendere con orrore di carestie e malattie

che portano alla denutrizione di intere nazioni del cosiddetto Sud del mondo e di una

mortalità infantile intollerabile. Apprendiamo la loro impossibilità di accedere

all’istruzione, alle cure sanitarie, lo sfruttamento sul lavoro, lo sfruttamento sessuale,

la pedofilia, i maltrattamenti.

No, la Convenzione non è rispettata ed è disattesa non solo in queste forme eclatanti

nei paesi con problemi politici, sociali, economici, ma è tuttora disattesa o comunque

non sempre garantita neppure nei paesi a democrazia avanzata.

All’interno della società del benessere, sacche di povertà materiale o di malessere

sociale provocano ugualmente effetti devastanti. Sono i “bambini dimenticati” (felice

espressione di Ernesto Caffo fondatore di telefono azzurro), anche quelli che vivono

all’interno di famiglie affettivamente inadeguate, di scuole disattente ai loro bisogni e

di luoghi urbani senza verde e luoghi di aggregazione. Sono i bambini vittime di abusi,

ignorati o condizionati da pubblicità e televisione.

La condizione fondamentale per il benessere del bambino è una famiglia ricca di

rapporti e relazioni comunicative positive ma, come afferma Caffo “non tutti gli adulti

sono in grado di diventare genitori sufficientemente buoni”…

Ma questo è un altro argomento.

UNA RIFLESSIONE SUL SENSO DELL'EDUCAZIONE

IN MAROCCO E IN ITALIA Incontro con Naima Rafiq e Fatima Khayari

Operatrici sociali per l’alfabetizzazione e la promozione delle donne a Khouribga (Marocco)

L’incontro con Naima e Fatima è iniziato con l’augurio di Fatima per un buon 8 marzo che a suo

parere non è tanto una festa quanto un giorno in cui le donne manifestano e mostrano tutto quello

che hanno realizzato in un anno intero.

E’ stato poi chiesto alle donne che cosa si aspettavano dall’incontro ed ognuna di loro ha potuto

esprimere un parola o una domanda:

conoscenza,

insegnamento della lingua araba e della religione ai bambini marocchini,

comunicazione con l’altro,

situazione della donna in Marocco

creazione di associazioni o spazi per le donne,

situazioni e problemi dei bambini immigrati in Italia,

prospettive dopo il corso di lingua italiana,

l’opinione della gente verso le donne che non parlano italiano,

i mezzi che permettono alla donna di essere indipendente,

situazione delle donne immigrate in Italia: problemi, violenze,

situazione delle donne trasferite dal marito nel paese d’origine.

Fatima e Naima hanno provato a sviluppare delle risposte:

1. Comunicazione con l’altro. Fatima e Naima hanno incitato le donne a:

imparare la lingua italiana come prima cosa, perché senza lingua non può

esserci nè dialogo nè contatto con l’altro;

uscire di casa e non rimanere chiuse nelle mura domestiche, aprirsi e

provare a frequentare altre persone, italiane e no, perché è grazie alla

comunicazione che la persona può imparare, creare, cambiare e integrarsi;

provare a creare nuove iniziative ed invitare le persone a partecipare in

modo da far conoscere il Marocco (cultura, costumi, vistiti, cibo…).

2. Creazione di associazioni o spazi per le donne:

sono le donne che devono muoversi in questa direzione, non devono

aspettare che gli altri facciano sempre qualcosa per loro, sono loro che

devono cercare di creare - con l’aiuto evidentemente di

persone qualificate – delle associazioni e degli spazi per le donne e

anche per i bambini.

3. La situazione della donna in Marocco: le nostre ospiti hanno spiegato che la

donna marocchina in questi ultimi decenni ha fatto un salto in avanti molto importane,

nel senso che grazie alle lotte ed alle manifestazioni delle associazioni femminili, le

donne sono riuscite a ottenere un grande cambiamento nella società, hanno contribuito al

cambiamento della vecchia moudawana nel nuovo codice di famiglia che tratta tutto

quello che riguarda la donna, i bambini e la famiglia in generale.

Grazie a questi cambiamenti la donna ha guadagnato molto, è riuscita a conquistare dei

posti che fino a poco tempo fa erano riservati ai soli uomini (ministro, giudice, consiglio

di Ulama…).

Alcune donne presenti all’incontro hanno contestato il fatto che le donne diventino

giudici, perché secondo loro non possono essere neutrali nella pronuncia del verdetto in

quanto usano il sentimento prima di tutto. Fatima e Naima invece le hanno rassicurate e

hanno precisato che da quando le donne marocchine sono diventate giudici le loro

sentenze sono impeccabili, e hanno detto che la società civile e le associazioni femminile

continuano ancora la lotta per assicurare l’applicazione e la comprensione giusta del

nuovo codice di famiglia.

4. Insegnamento della lingua araba e della religione ai bambini. Fatima ha

spiegato che ogni donna deve iniziare per conto suo nel senso che le cose

fondamentali di cui il bambino ha bisogno può impararle a casa. Ha quindi

consigliato vivamente le donne di:

- cercare tra le persone immigrate qualcuno adatto ad occuparsi di questo

insegnamento,

- staccarsi gradualmente dai loro figli; un attaccamento troppo forte e

duraturo non aiuta una crescita sana dei bambini, un distacco tardivo farà male

sia alla mamma che al bambino che potrebbe avere difficoltà a costruire

legami sani e costruttivi con le altre persone.

5. Situazioni e problemi dei figli immigrati in Italia: Fatima e Naima hanno detto

che non sono solo le famiglie immigrate che affrontano certi problemi, ma ci sono

questioni comuni a tutte le famiglie; tuttavia i bambini di famiglie immigrate vivono

una condizione particolare a cui bisogna prestare particolare attenzione, essi infatti si

trovano a cavallo tra due culture diverse, due lingue diverse, due civilizzazioni

diverse; bisogna saperli accogliere sempre a braccia aperte, seguirli, controllarli

senza però soffocarli. Fatima ha raccontato la storia di un mamma marocchina di

Khouribga che ha fatto di tutto per proteggere la figlia. Questa madre per assicurare

il futuro di sua figlia ha aperto un conto corrente a nome di questa figlia (minorenne)

e una volta al mese depositava 100 euro, dopo qualche mese la madre è andata

controllare il conto e ha trovato un cifra di 25.000 euro, non ha capito né come né da

dove erano arrivati questi soldi. Lei era sicura che sua figlia non facesse niente di

sbagliato perché era sempre chiusa in camera sua davanti al computer, alla fine la

madre ha scoperto che sua figlia vendeva il suo corpo su internet… Questo per dire

che i controlli sono inutili. Che è meglio cercare di creare fiducia e confidenza con i

figli.

6. L’ indipendenza della donna, violenza e problemi:

- imparare la lingua italiana per poter entrare nel mondo del

lavoro perché grazie alle risorse economiche personali la donna può acquisire la

sua indipendenza totale. Le donne arabe in generale sono sottomesse e

dipendono sempre dai loro mariti, anche se le condizioni sono migliorate e

spesso ora le donne contribuiscono anche loro alla vita quotidiana.

- bisogna lottare per i propri diritti, non subire violenze e stare

zitte ma agire, ci sono molte associazioni italiane che possono aiutare a

superare tutto questo.

- la donna deve essere molto astuta nel senso che deve sapere

proteggersi soprattutto per ciò che riguarda i documenti (passaporto, permesso

di soggiorno…) perché tante donne si sono trovate in situazioni disastrose, si

sono fatte ingannare dai loro mariti che le hanno portate giù in Marocco dopo

di che sono tornati da soli in Italia ed hanno lasciato le mogli sole senza

documenti e quindi senza la possibilità di chiedere aiuto alle associazioni.

Fatima ha incitato le donne – precisando che lei non cerca di metterle contro i

loro mariti ma sta cercando a metterle al corrente di una realtà che vivono

decine di donne – a conservare sempre una copia dei loro documenti a casa loro

o da una amica oppure portarli a una associazione che si occupa delle donne.

7. Prospettive dopo i corsi di lingua italiana:

La lingua è una cosa fondamentale per il fatto che senza lingua la persona non può

comunicare, rivolgersi ai servizi pubblici e sanitari, iscriversi a corsi di formazione,

mettersi in contatto con gli insegnanti dei suoi figli per poter seguirli nel loro

percorso scolastico, aiutarli a fare i compiti.

Relazione redatta da Amina Elmotassime