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Rivista quadrimestrale Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Viterbo Aut. C/VT/069/2010 Rassegna di studi e giurisprudenza numero 1.2010 anno XVII in questo numero Paolo Morozzo della Rocca, Giandonato Caggiano, Matteo Marchini, Mario Carta, Lorenzo Balestra, Chiara Gabrielli, Marco Ferrero, Giuseppe Manfredi, Ernesto Maria Ruffini, Roberta Bonini, Cesare Castellani, Annapaola Specchio, Gabriele Marra, Antonietta Picardi, Ilaria Ottaviano 1

Gli Stranieri

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Rassegna di studi e giurisprudenza

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Rassegna di studi e giurisprudenza

numero 1.2010 anno XVII

in questo numero

Paolo Morozzo della Rocca, Giandonato Caggiano,Matteo Marchini, Mario Carta, Lorenzo Balestra,Chiara Gabrielli, Marco Ferrero, Giuseppe Manfredi,Ernesto Maria Ruffini, Roberta Bonini,Cesare Castellani, Annapaola Specchio,Gabriele Marra, Antonietta Picardi, Ilaria Ottaviano

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Rassegna di studi e giurisprudenza

numero 1.2010 anno XVII

Foto di copertina:© Mario Farinato, Storie e sguardimenzione speciale di Studio Immigrazione.

Dalla prima edizione del concorso fotografico nazionaleIdentità e culture di una Italia multietnicaorganizzato da Progetto ImmigrazioneOggi Onlus.

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Comitato scientifico

Paolo Benvenuti, Università Roma TreLuciano Eusebi, Università Cattolica del Sacro CuoreGilda Ferrando, Università di GenovaAdriano Giovannelli, Università di GenovaBruno Nascimbene, Università di MilanoSandro Staiano, Università di Napoli

Direzione

Giandonato Caggiano, Università Roma TreAristide Canepa, Università di GenovaPaolo Morozzo della Rocca, Università di Urbino

Fondatore e direttore responsabile

Raffaele Miele

Comitato di redazione

Roberta Bonini, Chiara Gabrielli, Matteo Marchini, Ilaria Ottaviano

Segreteria di redazione

Sabrina Manfredie-mail: [email protected]

Progetto grafico e impaginazione

Massimo Giacci

Redazione e amministrazione

Studio immigrazione sasVia del Giglio, 3 - 01100 ViterboTel. 0761 326685 - Fax 0761 290507www.studioimmigrazione.ite-mail: [email protected]

Editore e proprietario della testata

Studio immigrazione sas

ISSN in attesa assegnazioneRegistrazione Tribunale di Viterbo, n. 406 del 20 marzo 1994

Gli articoli firmati esprimono il pensiero dell’Autore e non impegnano la Rivista.

Rassegna di studi e giurisprudenzaquadrimestrale

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Presentazione

Articoli

Paolo MOROZZO DELLA ROCCA

La cittadinanza delle seconde generazioni. Disciplina attuale ed esigenzedi riforma

Giandonato CAGGIANO

Attività e prospettive di intervento dell’Agenzia Frontex nel Mediterraneo

Matteo MARCHINI

Tempus regit actum: alcune applicazioni in tema di immigrazione e cittadinanza

Mario CARTA

Lo smuggling nel Mediterraneo tra strumenti internazionali ed europeidi prevenzione e di contrasto

Commenti

Lorenzo BALESTRAMatrimoni plurinazionali e opponibilità ai terzi del regime patrimonialedella famiglia (a proposito dell’annotazione nel quadro “D” della nota ditrascrizione)

Chiara GABRIELLI

L’obbligo di salvataggio in mare nelle attività dell’Agenzia Frontex secondole decisioni del Consiglio dell’Unione

Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

Amministrativa

Marco FERREROIl TAR Lazio censura i trasferimenti di richiedenti asilo verso la GreciaNota alla sentenza del Tar Lazio, Sez. II quater, 16 febbraio 2010, n. 2249

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4 Gli Stranieri - Numero 1/2010

Giuseppe MANFREDI

La revoca del permesso di soggiornoNota alla sentenza del Tar Toscana, Sez. II, 5 febbraio 2010, n. 200

Ernesto Maria RUFFINI

Brevi note in tema di disponibilità reddituale per il rinnovo del permessodi soggiornoNota alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1238

Civile

Roberta BONINILa tardiva presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiornonon impedisce la celebrazione del matrimonio ex art. 116 cod. civ.Nota al decreto del Tribunale di Ragusa, 16 aprile 2010

Cesare CASTELLANI

Prove di nomofilachia sull’art. 31, co. 3 D.Lgs. 286/1998, aspettando le sezioniunite sull’interesse del minoreNota alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione I civile, 10 marzo 2010, n. 5856

Annapaola SPECCHIOBrevi riflessioni sul diritto all’unità familiare e sulla vexata quaestiodella competenza del Giudice di Pace in materia di immigrazioneNota all’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. I civile, 22 gennaio 2010, n. 1243

Penale

Gabriele MARRA

Il trattamento penale dell’immigrato irregolare al vaglio della Cortecostituzionale. Una decisione ragionevole per una norma irragionevole.Nota all’ordinanza della Corte Costituzionale del 24 febbraio 2010, n. 66

Antonietta PICARDIPerché il reato di ingresso clandestino non si applica al minore di etàNota all’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Bari dell’11 dicembre 2009

Unione europea

Chiara GABRIELLI, Ilaria OTTAVIANO

Osservatorio sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia

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www.glistranieri.it

Dopo sedici anni di attività, questo fascicolo inaugura una nuovaserie della rivista Gli Stranieri. Sarà rafforzato l’approfondimentosistematico, mentre resta prioritaria la prospettiva dell’aggiornamentosugli sviluppi della materia, soprattutto a livello giurisprudenziale.In questi anni, il diritto dell’immigrazione ha assunto un rilievocrescente che richiede impegno e lavoro comune da parte degli studiosied esperti delle diverse discipline giuridiche interessate.Il panorama editoriale italiano vede già altre riviste, guidateda prestigiose direzioni, che si dedicano in maniera efficace agliobiettivi di informazione e riflessione. La complessità e la sensibilitàistituzionale delle questioni giuridiche relative ai migranti giustificacertamente una pluralità di strumenti editoriali.L’intenzione è quella di ampliare ulteriormente il dibattito in materiae promuovere al massimo la conoscenza tecnica degli operatoridel diritto e degli ambienti interessati.

Raffaele MieleGiandonato CaggianoAristide CanepaPaolo Morozzo della Rocca

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Articoli

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1.A partire dall’estate del 2009 in Italia siamo tornati a parlare di riforma della leggesulla cittadinanza. Il tema è ricomparso nell’agenda parlamentare per effetto di unaproposta di legge non confondibile con le altre, pur numerose e di fattura assai va-riegata, perché caratterizzata da una trasversalità perfetta, iniziando dai due propo-nenti: Sarubbi (deputato Pd di matrice cattolica) e Granata (deputato “finiano” delPdl) e proseguendo con i 50 sottoscrittori: 20 deputati Pdl, 20 del Pd, 5 dell’Udc e 5dell’Idv. Sono dunque equilibratamente rappresentate tutte le componenti parla-mentari osservando una par condicio quasi perfetta, se non fosse per l’assenza dellaLega, che non squilibra però il disegno di legge né a destra né a sinistra, essendo notala posizione “ageometrica” del partito padano (federalista e basta), pur saldamente ne-goziata, nel tempo presente, a sostegno del Pdl.

L’aspetto più interessante della proposta Sarubbi-Granata non deriva, quindi, solo dalsuo contenuto (peraltro complessivamente apprezzabile e nonmolto distante dal disegnodi legge unificato che avrebbe probabilmente già condotto il nostro paese a dotarsi di unariforma bipartisan, se solo la precedente legislatura non si fosse anzitempo conclusa).

Il vero è che in molti speriamo, ormai, che i due grandi temi della cittadinanza edell’immigrazione smettano di essere totalmente ostaggio elettorale delle etichettepolitiche contrapposte 1.

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Paolo Morozzo della Rocca

La cittadinanza delle seconde generazioni.Disciplina attuale ed esigenze di riforma

SOMMARIO: 1. L’Italia e la cittadinanza che non va. - 2. La cittadinanza delle seconde generazioni.- 3. L’opzione di cittadinanza del nato in Italia ed i problemi suscitati dal requisito di residenzalegale. - 4. Le prassi amministrative nella soluzione dei casi “dubbi”. - 5. Un caso (poco) dub-bio: il minore temporaneamente cancellato dall’anagrafe. - 6. Le proposte di riforma

1 L’auspicio è invece che destra e sinistra continuino (o riprendano) a differenziarsi, ma anche a con-taminarsi, per il bene della democrazia ed in modo costruttivo, su altro. Il tema è caro a coloro che, nelledue grandi macroaree culturali, vorrebbero valorizzare percezioni di senso complessive. Emblematica-mente: M. VENEZIANI,Comunitari o liberal. La prossima alternativa?Roma-Bari, 1999, passim; M. RE-VELLI, Sinistra destra. L’identità smarrita, Roma-Bari, 2007, passim.

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Non è certo una necessità ontologica, infatti, che la destra sia ostile all’inclusionenella cittadinanza di una parte degli immigrati e dei loro figli, a fronte di una sinistrache sarebbe invece sempre solidale e inclusiva.

I termini del dibattito potrebbero piuttosto essere – e in realtà talvolta già sono –oggetto di confronto non tanto tra destra e sinistra ma, di volta in volta, tra difensoria oltranza del ius sanguinis e prudenti sperimentatori, tra nostalgici della “comunitàetnica” e interpreti di questo nostro presente globalizzato, gli uni e gli altri dissemi-nati nei diversi schieramenti elettorali.

Auspici e premesse devono però lasciare il passo al tema; ed in primo luogo aisuoi numeri.

L’Italia, secondo i dati ad oggi disponibili, occupa la ventesima posizione, nel-l’Europa dei 27, riguardo agli indici di naturalizzazione della popolazione stranieraresidente.

Il dato non appare però nella sua oggettiva significatività se non si considerano lemaggiori similitudini dell’Italia con paesi come la Francia, l’Austria, la Spagna, il Bel-gio, la Germania o la stessa Gran Bretagna, risultando forse per noi meno emblema-tico il confronto, pur utile, con paesi come la Slovenia, la Romania, la Lettonia, laLituania ed altri ancora, la cui storia immigratoria è segnata da dinamiche, numeri etempi non confrontabili con i nostri, nemmeno su scala.

In effetti le statistiche ci dicono che sino ad oggi qualcosa non sembra avere benfunzionato in casa nostra: l’Italia del 1 gennaio 2008 contava, infatti, 3.432.651 resi-denti stranieri, a fronte dei 3.674.000 stranieri residenti in Francia. Cifre assoluta-mente equivalenti se si considera il modesto ma non irrilevante differenziale tra lapopolazione francese e quella italiana. Infatti gli stranieri soggiornanti risultavanocostituire, sia in Francia che in Italia, esattamente il 5,8% della popolazione com-plessiva.

Non era invece assolutamente paragonabile il numero delle naturalizzazioni rea-lizzatesi nel 2006 nei due paesi, almeno secondo le ultime rilevazioni disponibili daEurostat ed elaborate dal dossier statistico Caritas/Migrantes del 2009: 147.868 inFrancia a fronte di sole 35.266 in Italia 2 (comunque abbondantissime, se paragonatealle 28.659 del 2005 e alle 19.140 del 2004) 3. Le comparazioni Eurostat purtroppo nonvanno oltre il 2006, ma è verosimile che l’Italia, passata nel 2007 a 38.466 acquisti dicittadinanza per naturalizzazione o matrimonio e giunta nel 2008 a 39.484, abbia,

2 CARITAS/MIGRANTES, Immigrazione. Dossier Statistico 2009, Pomezia, 2009, p. 32.3 Il trend in aumento andrebbe a questo punto confrontato con i dati relativi agli anni 2007-2010, nonancora disponibili, per verificare se l’exploit del 2006 (e forse del 2007) corrispondo alla buona gestionedell’ufficio cittadinanza del Ministero dell’interno in quel periodo e in quella cornice politica o se, vi-ceversa, si tratti di una tendenza di più largo respiro.

Articoli

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1. Questo lavoro ha per oggetto il significato giuridico delle frontiere nelle politichedell’Unione in riferimento ai Paesi terzi, all’attività di controllo funzionale dei flussimigratori nel Mediterraneo ed alla prospettive dell’Agenzia Frontex.

L’Unione europea ha adottato sinora un approccio differenziato per il contrastodell’immigrazione irregolare e la disciplina dell’immigrazione regolare 1. Il controllodelle frontiere, funzionale al governo di entrambi i fenomeni 2, è però considerato, adesempio nel Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo (2008), quale strumento esclu-

Giandonato Caggiano

Attività e prospettive di interventodell’Agenzia Frontex nel Mediteranneo *

SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il coinvolgimento dei Paesi terzi del Mediterraneo nel controllodelle migrazioni. - 3. Il quadro giuridico del controllo delle frontiere nel TFUE e negli atti de-rivati. - 4. Origine e sviluppo della politica comune delle frontiere. - 5. Limiti attuali e propostadi riforma del funzionamento e dei poteri di Frontex. - 6. La tutela giurisdizionale dei diritti.- 7. Segue: in occasione dell’intercettazione delle navi in alto mare senza approdo. - 8. Il prin-cipio di solidarietà tra Stati. - 9. Conclusione.

* Il presente studio, destinato agli atti del XXIV Convegno SIDI, rientra nel progetto di ricerca na-zionale PRIN 2007 «Cittadinanza europea e diritti fondamentali nell’attuale fase del processo di inte-grazione» (Responsabile nazionale, prof. Ennio Triggiani), Unità dell’Università Roma Tre, il cuiprogramma di lavoro è dedicato allo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia (PROT. 2007ETKBLF).1 Per approfondimenti, ci sia consentito rinviare al nostro lavoro, L’integrazione europea «a due ve-locità» in materia di immigrazione legale ed illegale, in Dir. pubbl. comp. eur., 2008, p. 1098 ss. Perun’analisi della materia, v. per tutti CONDINANZI, LANG, NASCIMBENE, Cittadinanza dell’Unione e li-bera circolazione delle persone2, Milano, 2006; CELLAMARE, La disciplina dell’immigrazione nell’Unioneeuropea, Torino, 2006. Per una prima riflessione su alcuni dei temi oggetto di questo lavoro, v. Migra-zioni, frontiere, diritti. Atti del convegno su «Esternalizzazione dei controlli di frontiera, accordi di ri-ammissione e diritti fondamentali dei migranti» (a cura di Cuttitta, Vassallo Paleologo), Napoli, 2006.2 COM(2009)263 def., del 10 giugno 2009, Giustizia, Libertà e Sicurezza in Europa. Dal 2005: Valu-tazione del Programma e del Piano D’azione dell’Aia, Capo III.1.5 Gestione delle frontiere: «Gestirel’immigrazione richiede frontiere sicure. I valichi designati per l’ingresso nel territorio dell’UE sono 1636. Nel 2006 il numero di attraversamenti delle frontiere esterne è stato stimato a 900 milioni e il nu-mero di immigrati irregolari nell’UE-25 a 8 milioni. Nello stesso anno, sono stati fermati nell’UE500.000 immigrati irregolari, il 40% dei quali è stato rimpatriato».

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3 V. art. 2 del Regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da partedelle persone (codice frontiere Schengen), in G.U.U.E. 13 aprile 2006 L 105, p. 1 ss.4 L’affermazione definitiva è quella del Consiglio Giustizia e affari interni, Lussemburgo, 4-5 dicem-bre 2006, doc. 15801/06.5 V. KOSTAKOPOULOU, THOMAS,Unweaving the Threads: Territoriality, National Ownership of Landand Asylum Policy, in European Journal of Migration and Law, 2004, p. 17. Per un’analisi dei limiti del-l’applicabilità nei vari settori del diritto dell’Unione, v. The outer limits of European law (a cura di Bar-nard, Odudu), Oxford, 2009.6 Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (SLSG) as-sicura «la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controllialle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione e la lotta della criminalità» (art. 3, par. 1, delTUE). Per un inquadramento generale, v. il nostro lavoro: L’evoluzione dello Spazio di libertà, sicurezzae giustizia nella prospettiva di un’Unione di diritto”, in Studi sull’integrazione eur., 2007, p. 335 ss.7 LANG,Giustizia e affari interni, in Trattato di diritto amministrativo europeo, Parte speciale 2 (a curadi Chiti, Greco), II, Milano, 2007, p. 1143 ss.8 Nella seconda Commissione Barroso, vi sono due commissari con incarichi correlati alle materieSLSG: il responsabile di giustizia, diritti fondamentali e libertà civili ed il responsabile degli affari internie sicurezza, che si occupa anche di immigrazione e asilo.

sivo della politica comune dell’immigrazione «clandestina». Al contrario, le questionidell’immigrazione per motivi di lavoro e l’integrazione dei cittadini degli Stati terzipossono invece essere gestite «secondo esigenze e capacità d’accoglienza stabilite daciascuno Stato membro».

I confini degli Stati Schengen con gli Stati terzi sono spesso definiti come «fron-tiera/e esterna dell’Unione» 3. Il regime di «gestione integrata delle frontiere» del-l’Unione 4 si distingue dal concetto di «confine», quale elemento tradizionale delladefinizione della sovranità statale. Tale regime non presenta più un esclusivo colle-gamento con la materialità o territorialità delle frontiere 5. La gestione è definita «in-tegrata» in quanto comprende quattro livelli di attività: controlli alle frontiere suidocumenti e sulle banche dati; controlli all’interno, inclusi i rimpatri; rilascio di vistie lotta alla tratta degli esseri umani nei Paesi terzi; cooperazione con i Paesi vicini.

La materia in parola rientra nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (SLSG) 6.Nei documenti dell’Unione assume tuttavia un preciso significato semantico l’usodella formula «giustizia e interni» (cooperazione GAI) 7, mai del tutto abbandonataa favore del trinomio «libertà, sicurezza e giustizia». Dal punto di vista istituzionale,la formazione della seconda Commissione Barroso presenta poi uno sdoppiamentodelle relative funzioni: la politica dell’immigrazione è associata alle esigenze di sicu-rezza; il focus dei diritti è posto sulla cittadinanza dell’Unione 8.

La politica comune delle frontiere è l’unica politica dell’Unione che comprendela cooperazione di polizia nell’ambito delle materie del precedente primo pilastro (a

Articoli

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1. La recente legge 15 luglio 2009, n. 94 (cosiddetto “pacchetto sicurezza”), tra levarie ed eterogenee innovazioni che ha introdotto, ha modificato sia la disciplina del-l’immigrazione sia quella concernente l’acquisto della cittadinanza italiana. L’assenzadi una disciplina legislativa idonea a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuovanormativa ha prodotto non pochi problemi interpretativi, non ultimo dei quali quellodi capire cosa succede nel caso in cui un soggetto possieda tutti i requisiti previstidalla legge al tempo della presentazione della domanda (di ricongiungimento fami-liare, di permesso di soggiorno per motivi familiari 1 o di acquisto della cittadinanzaitaliana) ma, nelle more del procedimento amministrativo, la normativa subisca dellemodifiche, richiedendo ulteriori e più onerosi adempimenti.

2. La disciplina dell’immigrazione e le norme sulla condizione dello straniero sonoattualmente contenute nel d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (altrimenti noto come Testo

Matteo Marchini *

Tempus regit actum: alcune applicazioniin tema di immigrazione e cittadinanza

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Testo Unico sull’immigrazione e sue modifiche. - 3. Novità in mate-ria di acquisto della cittadinanza italiana. - 4. Assenza di una disciplina di diritto transitorionegli interventi normativi esaminati. - 5. L’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile.- 6. Tempus regit actum e procedimento amministrativo. - 7. Una possibile soluzione ai pro-blemi di diritto intertemporale. - 8. Obiezioni alla tesi del tempus regit actionem. - 9. Applica-zioni concrete. - 10. Considerazioni finali.

* Dottorando di ricerca in Diritto civile, Università di Urbino1 Si tratta dello speciale permesso di soggiorno per motivi di famiglia correlato al divieto di espulsionedi cui all’art. 19, comma 2, lett. c ) T. U. immigrazione (da leggersi in combinato disposto con l’art. 28,comma 1, lett. b) del regolamento di attuazione), che, per la sua specifica finalità, non deve essere con-fuso con quello disciplinato all’art. 30, comma 1, T. U., come chiarisce TAR Veneto, Venezia, Sez. III,21/1/2008 n. 140.In dottrina, sul tema delle inespellibilità riconducibili alla tutela della vita privata e familiare, più am-piamente si sofferma P. MOROZZO DELLA ROCCA, Inespellibilità e regolarizzazione dello stranieropresente sul territorio nazionale, in Immigrazione e cittadinanza. Profili normativi e orientamenti giu-risprudenziali, in P. MOROZZO DELLA ROCCA (a cura di ), Torino, 2008, p. 198 ss..

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2 Al quale è stata data attuazione mediante regolamento governativo, il D. p. r. 31 agosto 1999, n. 394,successivamente modificato, allo scopo di adeguarlo alle novità della legge Bossi-Fini, dal D.p.r. 18 ot-tobre 2004, n. 334. In tema, G. BELLAGAMBA - G. CARITI, La disciplina dell’immigrazione. Commentoper articolo al Testo Unico 25 luglio 1998, n. 286, Milano, 2005. Esamina la tematica dell’immigrazionedal punto di vista del diritto amministrativo, G. D’AURIA, voce Immigrazione (dir. amm.), inDiziona-rio di diritto pubblico, in S. CASSESE (diretto da), IV, Milano, 2006, p. 2879 ss..3 In senso critico A. ADINOLFI, Tecniche legislative e rispetto di obblighi comunitari nei recenti inter-venti normativi in materia di immigrazione, in Osservatorio sulle fonti, 2008, 1 (reperibile on line:www.osservatoriosullefonti.it) ritiene che le modifiche normative in questa delicata materia rispondanopiù ad esigenze di retorica politica che a meditate riforme del quadro legislativo, C. CORSI, Le novitàin materia di ricongiungimento familiare, in P. MOROZZO DELLA ROCCA (a cura di), Immigrazione e cit-tadinanza. Profili normativi e orientamenti giurisprudenziali. Aggiornamento alla legge 15 luglio 2009,n. 94. Disposizioni in materia di pubblica sicurezza, Torino, 2009, p. 53.4 Sul punto, P. MOROZZO DELLA ROCCA, I familiari inespellibili ai sensi dell’art. 19 del Testo Unico(modifiche normative incidenti sul paragrafo 1), in Immigrazione, op. cit., p. 69.5 Lamenta vari aspetti di illegittimità costituzionale della normativa in questione, P. MOROZZO DELLA

ROCCA, I genitori a carico e i diversi commi dell’art. 10 Cost., in Fam. e dir., 2005, p. 583 ss., soprattuttosotto il profilo del rispetto, in questo caso da parte della legge Bossi-Fini, della tutela costituzionaledella famiglia. Ciò, peraltro, in contrasto con quanto sancito dalla Consulta nella pronuncia commen-

Unico sull’immigrazione) 2, il quale è stato oggetto, anche in tempi recenti, di vari in-terventi correttivi da parte del legislatore. Tali modificazioni normative, tuttavia, ap-paiono prive di organicità e non esenti da rilievi critici, soprattutto in relazione allatecnica legislativa utilizzata 3.

Tra le modifiche del Testo Unico sull’immigrazione merita di essere segnalata lanovità apportata all’art. 19, comma 2, lett. c) dalla legge n. 94/2009: la clausola di ine-spellibilità là prevista è stata limitata agli stranieri conviventi con parenti italiani entroil secondo grado, mentre fino alla recente innovazione il divieto di espulsione era ga-rantito fino al quarto grado di parentela. Per effetto della nuova formulazione dellanorma in commento restano pertanto esclusi dalla garanzia le seguenti categorie di fa-miliari: nipoti in linea collaterale, zii, pronipoti, bisnonni e cugini 4.

Nell’ambito delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione nonsono mancati adeguamenti pure in materia di ricongiungimenti familiari: il “pac-chetto sicurezza” è solo l’ultimo di una lunga serie di interventi normativi che si sonosucceduti negli anni recenti e che, soprattutto in un non lontano passato, hanno postogravi problemi di diritto transitorio. Infatti, dapprima il legislatore è intervenuto conla l. 30 luglio 2002, n. 189 (cosiddetta legge Bossi-Fini), quindi con il d. lgs. 8 gennaio2007, n. 5 (che ha recepito la direttiva comunitaria 2003/86/CE), poi corretto dal d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 160 e, da ultimo, con la l. n. 94/2009.

Questi interventi legislativi hanno suscitato, nella dottrina che si è occupata deltema, non poche perplessità: alcuni ritengono che l’attuale normativa che regola i ri-congiungimenti familiari presenti diversi profili di illegittimità costituzionale 5, non-

Articoli

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1. Il ruolo svolto dalle misure di contrasto al traffico di migranti via mare nel con-trollo e nella gestione dei flussi migratori, per essere correttamente inquadrato e con-sentire così di delinearne i relativi limiti, richiede una brevissima ma necessariapremessa: qualsiasi loro esame impone di considerare tali azioni quale una delle com-ponenti di quell’approccio integrato o globale o coordinato di governo del fenomenomigratorio che, tra gli altri strumenti fondamentali, annovera le attività di preven-zione, la conclusione di accordi di cooperazione, anche a carattere economico, con ipaesi vicini di provenienza o di transito, l’assistenza alle vittime, la tutela dei dirittifondamentali, solo per citarne alcune; la stretta relazione ed interazione esistente tratali elementi, che rende il fenomeno migratorio un fenomeno «complesso», è d’al-tronde un fattore ricorrente negli atti e nelle convenzioni internazionali in materia 1.Il dato forse più significativo a tal riguardo è fornito da quelle disposizioni che, purpreordinate ad affrontare gli aspetti specificamente «repressivi» o di contrasto del fe-

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Mario Carta *

Lo smuggling nel Mediterraneotra strumenti internazionali ed europeidi prevenzione e contrasto

SOMMARIO: 1. Le varie componenti dell’approccio globale al fenomeno migratorio via mare. - 2.Brevi cenni sul dispositivo di contrasto disegnato nel Protocollo contro il traffico di migrantiallegato alla Convenzione di Palermo delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzatatransnazionale. - 3. Diritto di visita e «misure appropriate» sulla nave dedita allo smuggling se-condo il diritto internazionale ed interno. - 4. L’ambito di applicazione del diritto penale qualemisura di contrasto secondo la normativa internazionale. - 5. Considerazioni conclusive.

* Professore aggregato di diritto dell’Unione europea, Università di Roma UniTelma-Sapienza.1 Tale impostazione appare in maniera particolarmente evidente nel contesto dell’Unione europea dovel’approccio globale all’immigrazione è stato definito nel Programma dell’Aja (in G.U.U.E. 3 marzo2005 C 53) e nel relativo Piano di azione del Consiglio e della Commissione (10 giugno 2005) che deli-neano gli obiettivi principali della politica di immigrazione ed asilo per gli anni dal 2004-2009. Lo svi-luppo dei punti individuati con l’Aja è ora garantita dal Programma di Stoccolma per gli anni 2010-2014(Consiglio europeo, 11 dicembre 2009 Bruxelles, DOC/09/6) ove la dimensione esterna della politicamigratoria dell’UE è assicurata, tra l’altro, dal dialogo e dal partenariato con i Paesi terzi, sulla base diinteressi comuni.

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nomeno, e quindi di azioni che hanno un impatto nel breve termine 2, non tralascianoper questo di dedicare un’attenzione più ampia al fenomeno considerato nella suaglobalità ed in una prospettiva di medio/lungo termine. È il caso, ad esempio, delProtocollo contro il traffico di migranti allegato alla Convenzione di Palermo delleNazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale 3 dove nel Pream-bolo si afferma che un’«efficace azione di prevenzione richiede un approccio inter-nazionale globale che include la cooperazione, lo scambio di informazioni ed altremisure adeguate, comprese misure di carattere socio-economico al fine di affrontarele cause che ne sono alla base, specialmente quelle connesse alla povertà ed a massi-mizzare i vantaggi della migrazione internazionale per gli interessati». Un approccioassai simile è presente persino negli strumenti operativi di diritto interno espressa-mente ed esclusivamente dedicati al contrasto all’immigrazione clandestina: il de-creto interministeriale del 14 luglio 2003 4 con il quale sono dettate le direttive e lelinee d’azione per il controllo della frontiera marittima individua, quale prima delletre fasi nelle quali articolare tale intervento, l’attività di prevenzione nei «Paesi di ori-

Articoli

2 Sull’argomento vedi: T. SCOVAZZI, La lotta all’immigrazione clandestina alla luce del diritto inter-nazionale del mare, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2003, pp. 48 e ss.; N. RONZITTI, CoastalState Jurisdiction over Refugees and Migrants at Sea, in Liber Amicorum Judge Siregu Oda (a cura diN. Ando), The Hague, 2002, pp. 1271 ss.; G. PALMISANO, Il contrasto al traffico di migranti clandestinidal punto di vista del diritto internazionale, in Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali (a curadi P. Benvenuti), L’Aquila, 2008, pp. 75-99; L. SICO, Contrasto internazionale all’immigrazione clan-destina, in Le migrazioni, una sfida per il diritto internazionale comunitario e interno, (a cura di U. Le-anza), Napoli, 2005, pp. 133 e ss.; L. SALAMONE, La disciplina giuridica transnazionale dell’immigrazioneclandestina via mare, in Il Diritto marittimo, 2007, pp. 70 ss.; Infine sia consentito il richiamo a M.CARTA, Misure di contrasto al traffico di migranti via mare, in Il contrasto a traffico di migranti. Nel di-ritto internazionale, comunitario e interno (a cura di G. Palmisano), Milano, 2008, pp. 81 e ss.3 Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air, supplementing the United Na-tions Convention against Transnational Organized Crime: la Convenzione ed i Protocolli delle Na-zioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale adottati dall’Assemblea Generale il 15novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 sono stati ratificati dall’Italia, che vi ha altresì dato esecuzione,con legge 16 marzo 2006 n. 146 (pubblicata inG.U. 11 aprile 2006, n. 85 Suppl. ord. n. 91). In partico-lare il Protocollo, aperto alla firma a Palermo dal 12 al 15 dicembre 2000 e poi nella sede ONU di NewYork fino al 12 dicembre 2002, in applicazione dell’art. 22 è entrato in vigore il 28 gennaio 2004; al di-cembre del 2009 vincola 122 Stati. Esso è stato approvato anche dall’UE con la decisione 2006/617/CEdel 24 luglio 2006, nella quale è precisato che, nel contesto del diritto dell’UE, esso si applica nella mi-sura in cui le sue disposizioni rientrano nell’ambito di applicazione della Parte III, titolo IV, del TCE.Sul Protocollo vedi V. DELICATO, Il Protocollo sul traffico dei migranti, inCriminalità organizzata tran-snazionale e sistema penale italiano. La Convenzione ONU di Palermo (a cura di E. Rosi), Milano,2007, p. 402, e L. SICO, Misure di contrasto all’immigrazione clandestina via mare, in Immigrazione,frontiere esterne, diritti umani (a cura di M. Carta), Roma 2009.4 Il decreto, pubblicato sullaG.U. 22 settembre 2003 n. 220, è stato specificato da due protocolli tec-nici del 6 luglio 2004 e del 14 settembre 2005.

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1. È noto quanto le problematiche internazional-privatistiche presentino difficoltàapplicative nel contesto dei regimi patrimoniali della famiglia. Nel campo di appli-cazione della legge 31 maggio 1995, n. 218 è in primo luogo l’art. 30, in combinatodisposto con l’art. 29 a costituire il riferimento normativo principale nella regola-mentazione dei rapporti familiari (personali e patrimoniali).

L’applicazione di queste due norme presuppone però l’indagine sui cosiddetti cri-teri di collegamento, che operano secondo la ben nota modalità del “rinvio”; l’ope-ratore deve innanzitutto individuare l’ordinamento straniero al quale rinvia il criteriodi collegamento, quindi deve verificare se le norme di diritto internazionale privatodell’ordinamento così individuato accettino il rinvio o, a loro volta, rinviino ad unaltro ordinamento.

A sua volta, il rinvio ad altro ordinamento può essere direttamente all’ordina-mento italiano (rinvio “indietro”) o ad un terzo ordinamento (rinvio “oltre”).

L’art. 30, poi, stanti le difficoltà nel conoscere sia i criteri di collegamento, sia ilcontenuto della legge straniera applicabile, sia il regime matrimoniale in concretooperante, stabilisce che non sono opponibili i regimi patrimoniali fra i coniugi rego-lati da legge straniera quando i terzi non ne abbiano avuto conoscenza o non li ab-biano ignorati per loro colpa (principio di scusabilità dell’ignoranza incolpevole).

Bisogna altresì evidenziare che il predetto articolo fa riferimento non solo allalegge straniera astrattamente individuabile (secondo i criteri di collegamento indicatinell’articolo 29 e ivi richiamati), ma anche alla legge eventualmente scelta dai coniugia mezzo di “convenzione” (art. 30, co. 1° e 2°).

Lorenzo Balestra *

Matrimoni plurinazionali e opponibilitàai terzi del regime patrimoniale dellafamiglia (a proposito dell’annotazionenel quadro “D” della nota di trascrizione)

SOMMARIO: 1. La normativa nazionale di riferimento. - 2. Il coordinamento con le norme codici-stiche. - 3. La convenzione matrimoniale e il cosiddetto “accordo di scelta”. - 4. Il problemadella opponibilità del regime patrimoniale prescelto: i diritti reali immobiliari. - 5. Una consi-derazione di “sistema”.

* Avvocato in Pesaro.

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1 Un’autorità amministrativa (che non indicheremo per l’esigenza di tutela della privacy) alla finedegli anni novanta, ha considerato che una convenzione matrimoniale stipulata in Germania per attopubblico fra un cittadino italiano e la sua consorte tedesca (rinnovata con atto pubblico presso un no-taio italiano) non potesse essere annotata a margine dell’atto di matrimonio, ai sensi dell’art. 162 c.c., so-stanzialmente per tre ordini di motivi. In primo luogo conteneva un generico riferimento al regimepatrimoniale legale tedesco della Zugewinngemeinschaft (consistente in una comunione differita degliincrementi patrimoniali, i quali alla fine del rapporto vengono reciprocamente compensati, residuandouna posizione di credito) senza alcuna specificazione delle regole che disciplinano tale regime ma con“contorno” di altre regole volte ad integrarlo e modificarlo. In secondo luogo in tale situazione, la fun-zione pubblicitaria che in diritto italiano deve avere l’annotazione delle convenzioni in margine del-l’atto di matrimonio sarebbe stata completamente privata di significato e avrebbe contrastato, fra l’altro,con il disposto dell’art. 161 c.c. In terzo luogo perché l’annotazione potesse effettuarsi, sempre secondola citata autorità, l’atto stipulato dai coniugi avrebbe dovuto essere congruamente integrato e specificato,fatto sempre salvo il principio che le convenzioni in contrasto con i principi di ordine pubblico del-l’ordinamento italiano non potrebbero avere valore nel nostro paese.

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Da ultimo, quale premessa, bisogna osservare che lo stesso art. 30, con l’espres-sione “regime dei rapporti patrimoniali”, si riferisce sia al regime legale (astratta-mente previsto dalla legge straniera applicabile), sia a quello convenzionaleeffettivamente scelto dai coniugi.

Orbene, l’applicabilità del regime patrimoniale della famiglia, per essere opposto,deve essere, per il nostro ordinamento, conoscibile ed a questo scopo è prevista l’an-notazione a margine dell’atto di matrimonio.

2. Vi è un annoso problema: quello del coordinamento fra le norme di diritto inter-nazionale privato e le norme codicistiche.

Ai sensi dell’art. 161 c.c., il richiamo alla normativa prescelta non dovrebbe esseregenerico ma specifico, con l’indicazione puntuale della regolamentazione che si vuoleadottare.

Ciò è quanto si evince chiaramente dal testo normativo, ove si afferma che “Glisposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali sianoin tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma de-vono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono rego-lare questi loro rapporti” (art. 161 c.c.).

Ancora, il regime prescelto dovrà essere annotato a margine dell’atto di matri-monio perché sia conoscibile e quindi opponibile ai terzi e dovrà risultare da attopubblico, a pena di nullità: è quanto recita l’art. 162 c.c.

All’indomani dell’entrata in vigore della legge 218/1995 si sono posti numerosiproblemi applicativi, proprio per le difficoltà interpretative di tali norme con quellecodicistiche in materia 1.

Si tratta di stabilire, quindi, la corretta modalità di richiamo della legislazione stra-niera e con riferimento all’art. 30 della legge 218, non sembra sussistere alcun ob-

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1. Tra le questioni giuridiche relative all’immigrazione, una delle più discusse è quelladella definizione dei poteri e degli obblighi degli Stati per il salvataggio di persone alladeriva su imbarcazioni in alto mare 1.

Oggetto di questo lavoro è un primo commento alla decisione del 26 aprile 2010del Consiglio dell’Unione sulla sorveglianza delle frontiere marittime esterne nelcontesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia Frontex 2. La deci-sione ha carattere non vincolante e riguarda solo le operazioni Frontex, ma può rap-presentare una tappa dell’evoluzione di diritto comunitario per consentire di superarei contrasti esistenti tra gli Stati membri e, soprattutto, cercare unmodus operandi ri-spettoso del diritto alla vita dei migranti e del diritto di non respingimento dei ri-chiedenti asilo in situazioni simili a quelle che hanno avuto luogo nel Mediterraneonegli ultimi anni. Tra queste, si ricorda il soccorso della nave privata Pinar con ban-diera panamense ad un gruppo di migranti naufraghi su due barconi nelle acque in-

Chiara Gabrielli *

L’obbligo di salvataggio in marenelle attività dell’Agenzia Frontex secondola decisione del Consiglio dell’Unione

SOMMARIO: 1. La competenza degli Stati membri per il salvataggio in mare e l’interpretazione delleconvenzioni internazionali. - 2. Il fallimento della procedura di comitologia per l’adozione di mi-sure di attuazione del Codice frontiere Shengen. - 3. L’adozione delle misure nella forma di una de-cisione del Consiglio e la mozione contraria della Commissione LIBE (non approvata dall’Assemblea)del Parlamento europeo. - 4. Il contenuto della decisione. - 5. Prospettiva di adozione di un atto uni-forme vincolante.

* Dottoranda di ricerca, Università Roma Tre1 V. S. TREVISANUT, L’Europa e l’immigrazione clandestina via mare: Frontex e diritto internazionale,in Diritto dell’Unione Europea, 2008, p. 367 ss.2 Decisione del Consiglio, del 26 aprile 2010, che integra il codice frontiere Schengen per quanto ri-guarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa co-ordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degliStati membri dell’Unione europea, in GUUE L 111, del 4 maggio 2010, p. 20.

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3 Il soccorso dei naufraghi è avvenuto il 16 aprile 2009 a 40 miglia a sud dell’isola di Lampedusa e a112 miglia a sud di Malta. Negli ultimi anni, situazioni di crisi sono state frequenti al limite delle acqueterritoriali italiane a sud dell’isola di Lampedusa nella zona di salvataggio in mare (SAR) di competenzadi Malta. Occorre ricordare che Lampedusa è leggermente meno distante dalla Sicilia (Porto Empedo-cle) che da Malta (Punta Delimara): rispettivamente 205 Km e 220 Km. Numerosi casi simili sono av-venuti in altre zone del Mediterraneo. Il precedente più noto è quello della naveCap Anamur, una navedi proprietà di un’associazione umanitaria tedesca. Il capitano, dopo lunghe inutili trattative, decise diforzare il blocco e di attraccare in Sicilia contro la volontà delle autorità italiane, per poi essere incri-minato per il reato di immigrazione illegale clandestina, v. S. TREVISANUT, Le Cap Anamur: profils dedroit international et de droit de la mer, in Annuaire du droit de la mer, 2004, p. 49 ss.4 La Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (SOLAS), firmata aLondra, il 1° novembre 1974 ed entrata in vigore il 25 maggio 1980, è vincolante per l’Italia dall’11 giu-gno 1980. Secondo il Capitolo V, Regolamento 7(1), gli Stati contraenti devono “(… ) garantire che ven-gano presi gli accordi necessari per le comunicazioni di pericolo e per il coordinamento nella propriaarea di responsabilità e per il soccorso di persone in pericolo in mare lungo le loro coste. Tali accordidovranno comprendere l’istituzione, l’attivazione ed il mantenimento di tali strutture di ricerca e soc-corso, quando esse vengano ritenute praticabili e necessarie…”, cfr. Status of Multilateral Conventionsand Instruments in Respect of which the International Maritime Organization or its Secretary-Gene-ral performs Depositary or other Functions, as at 31 December 2008, p. 17 ss.La Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare del 1979 (SAR), firmata ad Amburgoil 27 aprile 1979 ed entrata in vigore il 22 giugno 1985, è vincolante per l’Italia dal 2 giugno 1989. Essaobbliga gli Stati contraenti a garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare,senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali talepersona viene trovata (Allegato, cap. 2. 1. 10) ed a fornire le prime cure mediche o di altro genere ed a tra-sferirla in un posto sicuro (Allegato, cap. 1. 3. 2), cfr. Status of Multilateral Conventions, cit., p. 378 ss.Le due convenzioni sono state modificate, con effetto dal 20 maggio 2004, tramite emendamenti di iden-tico tenore: la convenzione SOLAS (art. 4.1.1, come modificato dalla risoluzione MSC.153 (78)) e laConvenzione SAR (art. 3.1.9, come emendato dalla risoluzione MSC.155 (78)). Vi si prevede che il go-verno che esercita il controllo deve esercitare la responsabilità primaria di garantire tale coordinamentoe che la cooperazione si verifichi, in modo che i sopravvissuti assistiti siano sbarcati dalla nave di assi-stenza e consegnati in un posto sicuro, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso e delle lineeguida elaborate dall’Organizzazione IMO.

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ternazionali del canale di Sicilia, che ha dato luogo ad un’aspra controversia tra Ita-lia e Malta 3.

Secondo il diritto internazionale, tutti gli Stati costieri hanno l’obbligo di pro-muovere l’istituzione, l’attivazione ed il mantenimento di un adeguato ed effettivoservizio di ricerca e soccorso relativo alla sicurezza in mare entro una determinatazona SAR (Search and Rescue) 4. Gli Stati costieri hanno l’obbligo di cooperare a talfine attraverso accordi regionali con gli Stati limitrofi per la delimitazione tra Statifrontisti o contigui. Gli accordi regionali di mutua assistenza con gli Stati confinantisono basati sul principio che le autorità dello Stato costiero, qualora vengano infor-mate dalle autorità di un altro Stato che vi sono persone in pericolo di vita nella zona

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Rassegna di giurisprudenzaannotata e commentata

Amministrativa

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Con la sentenza n. 2249 del 16 febbraio 2010 1, il TAR Lazio interviene sulla delicatamateria dei trasferimenti di richiedenti asilo verso la Grecia ai sensi del regolamentoDublino, operati dall’Italia nonostante le reiterate raccomandazioni contrarie pro-venienti dalle organizzazioni umanitarie internazionali relative alla preoccupante si-tuazione in cui versano i richiedenti la protezione internazionale in quel Paese. Dopodiverse pronunce di rigetto di altrettante istanze di sospensiva accolte invece dal Con-siglio di Stato 2, finalmente il TAR del Lazio ha annullato un provvedimento di tra-sferimento verso la Grecia, consentendo al richiedente asilo di presentare la richiestain Italia.Nella fattispecie, la pronuncia in commento si riferisce ad un cittadino ira-niano che aveva presentato richiesta di asilo in Italia nell’ottobre 2008, risultato re-gistrato nel sistema europeo di rilevazione delle impronte digitali (EURODAC), inquanto aveva già presentato in precedenza analoga richiesta in Grecia. Interessatodalle autorità italiane l’ufficio preposto all’individuazione dello stato membro com-petente per l’esame delle domande di protezione internazionale ai sensi dell’art. 16.1del Reg. CE 343/2003 (Unità Dublino), ha disposto il trasferimento del ricorrente perla disamina della sua domanda di protezione. A seguito dell’accettazione implicitadella Grecia, il richiedente ha presentato ricorso al Giudice Amministrativo, lamen-tando che l’amministrazione non avrebbe tenuto conto né delle raccomandazionidell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), né della pre-cedente giurisprudenza nazionale oltre che della Corte Europea dei Diritti del-

Marco Ferrero *

Il TAR Lazio censura i trasferimentidi richiedenti asilo verso la Grecia

NOTA alla sentenza Tar Lazio, Sez. II quater, 16 febbraio 2010, n. 2249

* Avvocato in Padova, professore a contratto di diritto dell’immigrazione all’Università Ca’ FoscariVenezia.1 Tar Lazio, Sez. II quater, Sent. n. 2249 del 16 febbraio 2010.2 Cons. Stato, Sez. VI, ordinanze n. 666/09, 667/09, 668/09.

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata - Amministrativa

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l’Uomo. fra cui una decisione. La Grecia infatti è da tempo sotto accusa per lo scarsonumero di riconoscimenti di asilo e la difficoltà di accesso alla procedura.

Nella sentenza di accoglimento del ricorso il TAR del Lazio ha argomentato chel’Amministrazione ha omesso di prendere in esame gli elementi conoscitivi resi notida organismi internazionali come l’UNHCR che ha più volte espresso “preoccupa-zione per le difficoltà che i richiedenti asilo incontrano nell’accesso e nel godimentodi una protezione effettiva” e “raccomanda i governi di non rinviare in Grecia”. Delresto, prosegue la sentenza, le problematiche sul sistema di asilo in Grecia avevanogià indotto la Norvegia e la Finlandia a sospendere i trasferimenti e l’Unione Euro-pea a promuovere una procedura di infrazione contro Atene.

La pronuncia pone in rilievo diversi profili di interesse, segnatamente: il dies aquo per l’impugnazione a seguito dell’accettazione implicita della Grecia; la compe-tenza del TAR Lazio sui provvedimenti dell’Unità Dublino; la definizione della Gre-cia come paese sicuro; l’applicazione dell’art. 3 par. 1 e 2 del regolamento Dublino,che permette agli Stati di esaminare una richiesta di asilo anche quando questo esamenon sarebbe di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal regolamento stesso.

Quanto al primo profilo, è l’art. 18, comma 7 del Regolamento CE 343/2003 (c.d.Dublino II), che prevede due possibili termini entro i quali lo Stato membro richie-sto delibera sulla richiesta di presa in carico di un richiedente, rispettivamente entrodue mesi nei casi ordinari (comma 1) e entro un mese se lo Stato membro richie-dente ha invocato l’urgenza (comma 2). Peraltro “in casi eccezionali, quando è pos-sibile dimostrare che l’esame di una richiesta ai fini della presa in carico di unrichiedente è particolarmente complessa, lo Stato membro richiesto può fornire larisposta dopo il termine richiesto, ma comunque entro un mese”. In tali situazioni loStato membro richiesto deve comunicare la propria decisione di differire la rispostaallo Stato richiedente entro il termine originariamente richiesto.

La mancata risposta entro la scadenza del termine equivale all’accettazione dellarichiesta, e fa decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di trasfe-rimento del richiedente asilo.

La sentenza in commento, ha il pregio di affermare correttamente, sia pure im-plicitamente, la competenza per territorio sull’impugnazione dei provvedimenti del-l’Unità Dublino in capo al TAR Lazio, sulla scorta della collocazione dell’Ufficiopreposto all’individuazione dello stato membro competente ai sensi dell’art. 16.1 delReg. CE 343/2003 in seno al Ministero dell’Interno. Siffatta individuazione appareaddirittura ovvia e non meriterebbe nemmeno di essere sottolineata se non fosse peril precedente costituito dall’unica altra pronuncia intervenuta su questa materia daparte del TAR Puglia, Sez. Lecce n. 1870/08, che in maniera apodittica si era eviden-temente ritenuto competente sulla base della notifica di analogo provvedimento ditrasferimento da parte della Questura di Brindisi.

Quanto alla natura della Grecia di paese terzo sicuro, ai sensi di numeri da 17 a

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1. La sentenza del T.A.R. Toscana che qui si annota tocca una serie di questioni di ri-lievo sistematico e applicativo tutt’altro che irrilevanti, perché si occupa di valutarecome la revoca e il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno si rapportino agliistituti dell’autotutela amministrativa e ne trae importanti conseguenze in ordine al-l’estensione del potere di ritiro dei titoli di soggiorno.

È per tale ragione che prima di esaminare i contenuti della pronunzia in discorsoè opportuno fare una breve premessa sull’autotutela amministrativa, e sulle figureche possono essere effettivamente ricondotte a questa nozione: in caso contrario,quanto si dirà risulterebbe difficilmente comprensibile.

Ora, ciò che generalmente viene definito come autotutela da sempre sconta conun’ampia dose di perplessità l’origine giurisprudenziale (e dottrinale) che la caratte-rizza.

Istituti quali la revoca e l’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi fino apoco tempo fa per certi versi erano quasi come l’araba fenice.

Nessuno ha mai dubitato della loro esistenza: la pubblica amministrazione li hasempre utilizzati ampiamente, e la dottrina li studia, e approfonditamente, da almenoun secolo.

Ciò nondimeno, questi istituti hanno trovato espressa e compiuta disciplina legi-slativa solo da quando la legge n.15 del 2005 ha introdotto nella legge n. 241 del 1990gli articoli 21-quinquies e 21-nonies, dedicati appunto all’uno e all’altro istituto.

L’assenza di una compiuta regolamentazione durante la prima metà del novecentoaveva condotto a diffuse incertezze praticamente su ogni aspetto della disciplina di

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Giuseppe Manfredi *

La revoca del permesso di soggiorno

NOTA alla sentenza del Tar Toscana, Sez. II, 5 febbraio 2010, n. 200

SOMMARIO: 1. Le perplessità dell’autotutela. - 2. Autotutela e pseudo-autotutela. - 3. Revoca e an-nullamento del permesso di soggiorno. - 4. Revoca del permesso di soggiorno come pseudo-autotutela. Revoca del permesso di soggiorno e decorso del tempo.

* Associato di diritto amministrativo, Università Cattolica del Sacro Cuore.

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1 Così, delle tre monografie sull’annullamento d’ufficio pubblicate nel 1939, quella di Vincenzo Ro-manelli si schierava senz’altro nel senso dell’obbligatorietà dell’annullamento, mentre quella di Giu-seppe Codacci Pisanelli prendeva posizione in senso opposto. V., in proposito, per tutti, B. G.MATTARELLA,Autotutela amministrativa e principio di legalità, inRiv. dir. pubbl. com., 2007, 1223 e ss.2 V., in particolare, Autotutela (diritto amministrativo), voce in Enc. dir., Milano, IV, 1959, 537 e ss.3 A. CONTIERI, Il riesame del provvedimento amministrativo, Napoli, 1991, 75; v., in termini analo-ghi, G. LIGUGNANA, Profili evolutivi dell’autotutela amministrativa, Padova, 2004, passim.4 V., in particolare, G. LIGUGNANA, Profili evolutivi dell’autotutela amministrativa, cit., passim,5 V., per tutti, B. G. MATTARELLA, Autotutela, cit.6 F. G. SCOCA, Un’ipotesi di autotutela impropria, in Giur. cost., 2000, 810 e ss.7 V., per tutti, C. BARBATI, L’annullamento governativo degli atti regionali illegittimi: alla ricerca del<perché> di una scelta legislativa, in Le Regioni, 1990, 1207.8 Così, in particolare, G. CUGURRA, L’annullamento governativo come atto di alta amministrazione,in Riv. trim. dir. pubbl., 1970, 604 e ss.

Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata - Amministrativa

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questi istituti: basti solo ricordare che erano dibattuti gli stessi reciproci confini del-l’annullamento e della revoca, o che negli anni trenta si discuteva se il principio di le-galità imponesse o meno di restaurare la legalità violata dagli atti amministrativiillegittimi mediante la rimozione dei medesimi 1.

Ed è vero che a partire dagli anni cinquanta l’autotutela sembrava avere ricevutouna sistemazione definitiva grazie agli studi di Feliciano Benvenuti 2.

Ma è altrettanto vero che durante gli ultimi anni diverse linee di pensiero revocanoin dubbio la validità stessa del concetto, dato che, come noto, alcuni autori propon-gono di ascrivere l’annullamento e la revoca all’attività di amministrazione attiva, subspecie di potere di riesame dei provvedimenti già emanati, che “discende in ultima ana-lisi dal potere di provvedere e ne condivide le forme e gli strumenti di esercizio” 3, e,quindi, propongono di circoscrivere la nozione alla sola autotutela esecutiva 4; men-tre altri dall’autotutela tendono a escludere la revoca 5, etc.

2.Ora, sono probabilmente le perplessità che li connotano che hanno fatto sì che re-voca e annullamento si siano trovati a essere circondati da una sorta di spolverìo difigure che con essi spesso condividono molto poco, e, talora, solo il nome.

Volendo, si potrebbe indicare – con finalità meramente descrittive – questo ete-rogeneo insieme di figure con l’espressione di pseudo-autotutela, che Scoca ha im-piegato per l’annullamento previsto dal comma 17 dell’art. 6 della legge 127 del 19976; e vi si potrebbero ascrivere ad esempio anche l’annullamento governativo straor-dinario, attualmente disciplinato dall’art. 138 del Testo Unico degli enti locali n.267/2000, che la dottrina tende a escludere dal novero degli atti di autotutela 7, ri-conducendolo piuttosto al novero degli atti di alta amministrazione 8, oppure quali-ficandolo come espressione di un potere extra ordinem 9.

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Con ricorso innanzi al Tar della Liguria, un lavoratore autonomo extracomunitarioimpugnava il decreto di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno 1

emanato dal Questore di Genova, lamentandone l’illegittimità per violazione di leggeconnessa a sviamento di potere e carenza di istruttoria.

In particolare, il ricorrente lamentava che la Questura di Genova, nel valutare lasua disponibilità di mezzi economici di sostentamento, avrebbe omesso di tenere indebito conto che egli si sarebbe allontanato dal territorio nazionale per due mesiall’anno, nei quali non avrebbe potuto produrre reddito.

In tale prospettiva, quindi, secondo la difesa del ricorrente, la dimostrazione dellapercezione di un reddito annuo proveniente da fonti lecite, pari al livello minimoprevisto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria 2, stabilitodall’art. 26 del D.lgs. n. 286/1998, doveva essere rapportata all’effettivo periodo dipermanenza in Italia 3.

Il Tar ligure ha accolto l’interpretazione prospettata dal ricorrente, secondo cui il

Ernesto Maria Ruffini *

Brevi note in tema di disponibilitàreddituale per il rinnovo del permessodi soggiorno

NOTA alle sentenze Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1238

TAR Liguria - Sezione seconda, 16 gennaio 2004, n. 38

* Avvocato in Roma.1 In argomento, G. MANFREDI, Il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno, in P. MOROZZO

DELLA ROCCA (a cura di), Immigrazione e cittadinanza. Profili normativi e orientamenti giurispruden-ziali, Torino 2008, p. 67 ss..2 L’ingresso in Italia dello straniero per lavoro autonomo è subordinato alla verifica della sussistenzadi una serie di requisiti, sui quali si sofferma in maniera più approfondita P. COGNINI, La disciplina del-l’ingresso e del soggiorno per lavoro, in Immigrazione e cittadinanza, op. cit., p. 40 ss..3 Per un’analisi dettagliata del Testo Unico sull’immigrazione, si veda G. BELLAGAMBA, G. CARITI,La disciplina dell’immigrazione. Commento per articolo al Testo Unico 25 luglio 1998, n. 286, Milano,2005, in particolare sub art. 26, p. 240 ss..

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4 Sul tema della discrezionalità amministrativa si veda A. PIRAS, voceDiscrezionalità amministrativa,in Enc. dir., Milano, 1972, p. 70 ss.. Definisce la discrezionalità amministrativa come “lo spazio di scelta cheresidua allorché la normativa di azione non predetermini in modo completo tutti i comportamenti dell’am-ministrazione”, E. CASETTA,Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2008, p. 359.

Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata - Amministrativa

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livello reddituale richiesto dalla norma deve essere confrontato al periodo in cui il la-voratore è effettivamente presente nel territorio italiano e, pertanto, ha potuto eser-citare la propria attività di lavoro autonomo.

In particolare, secondo i giudici di prime cure, la dimostrazione del possesso delrequisito minimo predeterminato (che era di lire 8.826.000 per l’anno 2001) dovevaessere ragguagliata all’effettivo periodo di permanenza in Italia del ricorrente.

Pertanto, i giudici amministrativi hanno ritenuto che il reddito conseguito do-vesse essere parametrato al periodo di permanenza in Italia nel 2001, pari a dieci mesi,in ragione dell’allontanamento dello straniero dal territorio italiano per un periododi due mesi.

La predetta sentenza del T.A.R. della Liguria è stata impugnata dal Ministero del-l’Interno, secondo cui la formulazione dell’art. 26 del D.lgs. n. 286/1998 non con-sentirebbe un’interpretazione flessibile, modulabile secondo discrezionalità ammi-nistrativa 4, ma imporrebbe l’accertamento di un fatto, con effetti vincolati.

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il legislatore, laddove ha stabi-lito che lo straniero “deve comunque dimostrare” l’idoneità del proprio reddito, nonlasci spazi ad interpretazioni flessibili da parte della Pubblica Amministrazione nelvalutare i requisiti indispensabili per soggiornare lecitamente nel territorio dello Statoitaliano.

In tale prospettiva, si legge ancora nella decisione del Consiglio di Stato, il requi-sito del reddito minimo dello straniero attiene alla sostenibilità dell’ingresso dellostraniero nella comunità nazionale per ragioni di lavoro subordinato, laddove – in-vece – la fattispecie sottoposta all’esame dei giudici amministrativi riguardava un la-voratore autonomo.

Sulla base di tali premesse, il Consiglio di Stato ha concluso che:- il requisito reddituale deve essere posseduto e dimostrato alla data di adozione

del provvedimento di rinnovo, sulla cui legittimità non assume rilievo il mutamentodelle condizioni economiche dell’interessato sopravvenuto in un periodo successivo,con la conseguenza che correttamente deve ritenersi denegato il rinnovo del per-messo di soggiorno per difetto del requisito di possesso di un reddito sufficiente alsostentamento del nucleo familiare dell’interessato (cfr. Cons. St., sez. VI, 3 settem-bre 2009, n. 5192);

- nel caso in cui lo straniero abbia soggiornato solo per parte dell’anno, non puòammettersi una riduzione proporzionale dell’ammontare legalmente stabilito del red-dito minimo, atteso che ciò determinerebbe incertezza del diritto e costringerebbe

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Rassegna di giurisprudenzaannotata e commentata

Civile

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1. La sentenza trae origine dal ricorso presentato da un ventiquattrenne albanese a se-guito del rifiuto dell’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Ragusa di celebrare il ma-trimonio dello stesso con una coetanea italiana per mancanza dei requisiti di leggeprevisti dall’art. 116 del Codice Civile, come modificato dalla legge n. 94 del 2009.

Il giovane albanese infatti, pur essendo entrato regolarmente nel territorio ita-liano, nel giorno scelto per la celebrazione del matrimonio risultava possessore di unpermesso di soggiorno scaduto e il cui rinnovo era stato chiesto oltre il limite di legge.

Ad avviso dell’Ufficiale di Stato Civile, in applicazione dell’art. 116 del c.c. incombinato con la Circolare n. 19 del 2009 del Ministero dell’Interno, lo straniero eraquindi da considerarsi sprovvisto di “un documento attestante la regolarità del sog-giorno nel territorio italiano” e come tale irregolare.

Tale valutazione, inoltre, veniva fondata anche sulla circostanza che la circolare dequa impone agli Ufficiali di Stato Civile di richiedere allo straniero non solo la provadell’avvenuta presentazione dell’istanza di rinnovo, ma anche quella che la stessa siastata inoltrata nei termini di legge.

Il Tribunale di Ragusa con la sentenza in epigrafe ha dichiarato l’illegittimità delprovvedimento di rifiuto e ha conseguentemente ordinato all’Ufficiale di Stato Civiledi celebrare il matrimonio.

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Roberta Bonini *

La tardiva presentazione dell’istanzadi rinnovo del permesso di soggiorno nonimpedisce la celebrazione del matrimonioex art. 116 cod. civ. 1

NOTA al decreto del Tribunale di Ragusa, 16 aprile 2010

SOMMARIO: 1. Il caso. - 2. L’attenta interpretazione dell’art. 116 c.c. e della circolare 19/2009.

* Dottore di ricerca, professore a contratto di Diritto sportivo dell’Università di Urbino “Carlo Bo”1 Si ringrazia l’avv. Michele Maiellaro, del Foro di Foggia, per la cortese segnalazione della sentenzain commento e le preziose osservazioni al riguardo.

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Secondo il giudice ragusano, infatti, lo straniero che abbia presentato in ritardol’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno deve essere equiparato a quello che,entrato regolarmente in Italia, sia in attesa del permesso, condizione che la stessa sud-detta circolare ritiene idonea a soddisfare i requisiti di cui all’art. 116 del codicecivile.

Sarebbe infatti irragionevole e di dubbia costituzionalità ritenere che lo stranieroentrato regolarmente in Italia e in attesa di ottenere il permesso di soggiorno possacontrarre matrimonio, ex art. 116 C.C., in quanto ritenuto regolarmente soggior-nante nel territorio dello Stato e al tempo stesso negare tale possibilità a chi siaentrato regolarmente in Italia ed abbia conseguito il permesso di soggiorno e che,seppure con ritardo, ne abbia chiesto il rinnovo dopo la sua scadenza.

Tale soggetto, infatti, non è irregolare, ma semplicemente in attesa di un provve-dimento amministrativo che gli consenta di continuare regolarmente il suo soggiornoin Italia.

2. La legge n. 94 del 2009, nota come “pacchetto sicurezza”, è intervenuta anchesulla formulazione dell’art. 116 del c.c., modificando i requisiti richiesti allo stranieroper contrarre matrimonio.

Giova sottolineare, sebbene né il presente scritto né la sentenza in epigrafe volu-tamente affrontino la questione, come attenta dottrina abbia rilevato che l’art.116,così novellato, faccia ragionevolmente ipotizzare profili di illegittimità in riferimentoall’ambito comunitario, a quello nazionale e a quello della Convenzione europea perla salvaguardia dei diritti dell’uomo 2.

Il nuovo art. 116 c.c. richiede che “lo straniero che vuole contrarre matrimonionella Repubblica deve presentare all’Ufficiale di Stato Civile una dichiarazione del-l’Autorità competente del proprio Paese dalla quale risulti che giusta le leggi cui è sot-toposto nulla osta al matrimonio nonché un documento attestante la regolarità delsoggiorno nel territorio italiano”.

La presenza regolare in Italia diviene così una condizione essenziale ai fini dellacelebrazione stessa del matrimonio 3.

Dopo numerose richieste di chiarimento sull’argomento in data 7 agosto 2009 ilMinistero dell’Interno ha emanato la circolare n. 19 avente ad oggetto “Disposizioniin materia di sicurezza pubblica. Indicazioni in materia di anagrafe”, al fine di meglio

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata - Civile

2 Cfr. ampiamente sull’argomento P. MOROZZO DELLA ROCCA, Il matrimonio e gli atti di stato ci-vile, in P. MOROZZO DELLA ROCCA (a cura di), Immigrazione e cittadinanza, Profili normativi e orien-tamenti giurisprudenziali, Aggiornamento alla legge 15 luglio 2009, n. 94 Disposizioni in materia dipubblica sicurezza, AA. VV., Milano, 2009, p. 57 ss..3 Cfr. M. IUS, Modifica dell’art. 116 c.c. ad opera della legge n. 94/2009, in rapporto alla normativacomunitaria sulla libera circolazione, in Lo Stato Civile Italiano, 2009, p. 728 ss..

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1. La previsione dell’art. 31 d. lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (Testo Unico Immigrazione)in base alla quale il Tribunale per i minorenni può autorizzare, “per gravi motivi con-nessi con lo sviluppo psicofisico” e tenuto conto dell’età e delle condizioni del mi-nore che si trova in Italia, l’ingresso o la permanenza del familiare per un periodo ditempo determinato “anche in deroga alle disposizioni” del Testo Unico, è indubbia-mente formulata in modo troppo conciso e, se si considerano le interferenze con ildiritto dell’immigrazione e con la normativa, interna ed internazionale, a protezionedell’infanzia, scarsamente tecnico e continua, per tale motivo, e forse anche per la va-lenza degli interessi in gioco (sicurezza delle frontiere vs protezione dei legami fa-miliari del minore), ad essere oggetto di vivace confronto sia in dottrina 1, che nelleinterpretazioni dei giudici di merito (Tribunali per i minorenni e Corti d’Appello) edella stessa giurisprudenza di legittimità.

La formulazione dell’articolo non aiuta, in effetti, a chiarire in cosa debbano con-sistere i “gravi motivi” sussistendo i quali l’autorizzazione ai familiari del minore(non rileva se figlio legittimo o naturale) può essere rilasciata, né contiene indicazioniper ciò che concerne l’aspetto procedurale.

In ordine a quest’ultimo punto – mi sia consentito seguire questo ordine esposi-tivo – il compito dell’interprete appare abbastanza agevole, grazie all’intervento di

Cesare Castellani *

Prove di nomofilachia sull’art. 31, co. 3D.Lgs. 286/1998, aspettando le sezioni unitesull’interesse del minore

NOTA alla sentenza Corte di Cassazione, Sezione I civile, 10 marzo 2010, n. 5856

* Consigliere Corte d’Appello di Torino.1 L. D’ASCIA,Diritto degli stranieri e immigrazione, Percorsi giurisprudenziali, Milano, 2009, p. 304;M. G. DOMANICO, I gravi motivi connessi con lo sviluppo del bambino per farlo rimanere in Italia, Mi-nori Giustizia, 2008, p. 52; M. PASTORE,Codice della Famiglia, inM. SESTA (a cura di), Tomo III, p. 5665,con ampi riferimenti dottrinari, Milano, 2009.

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2 Si veda l’art. 4 R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404.3 Cass. 17.3.2009 n. 8519, Fam. e dir., 2009, p. 995, con nota di E. PATANIA. Ampiamente, pervenendoalle stesse conclusioni, Cass. SS. UU. 16.10.2006 n. 22216, in Diritto e Giustizia, 2006, 41, 28 con notadi M. R. SAN GIORGIO.4 Del quale vi è invece menzione nell’art. 30 comma 6 del d. lgs. 286/1998, ma, a sommesso avvisodi chi scrive, a titolo puramente esplicativo e senza che da tale differenza testuale si possano trarre par-ticolari argomenti per giungere a conclusioni di segno opposto a quella avanzata, sulla scorta di chiaririferimenti normativi, nel presente commento.5 Cass. 2.5.2007 n. 10140, in Guida al dir., 2007.

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alcune pronunce che hanno chiarito quale sia il rito da seguire e quali le prerogativedelle parti.

Non vi è dubbio che limitandosi la norma a stabilire la competenza del Tribunaleper i minorenni è al rito applicabile avanti al giudice specializzato che occorre fare ri-ferimento ed, in particolare, in assenza di indicazioni diverse, a quello “base”, abitual-mente seguito in materia di limitazione della potestà genitoriale (artt. 330 seg. c.c.),ossia al rito camerale per i procedimenti di volontaria giurisdizione (artt. 737 seg. c.p.c.).

Ne consegue che non sorgono particolari incertezze in ordine al potere di inizia-tiva non solo delle parti private interessate (familiari – si noti, non solo genitori – delminore), ma anche del pubblico ministero, come del resto espressamente prevedel’art. 336 c.c., per i procedimenti de potestate, trattandosi certamente di normativache tocca l’interesse del minore e quindi aspetti di rilevanza pubblicistica, rispetto aiquali il P.M., che al Tribunale per i minorenni ha precise competenze anche in sedecivile, 2 deve poter agire nell’interesse della legge.

Pare altresì difficilmente contestabile che il giudice delegato debba procedere al-l’audizione personale della parte ricorrente. È vero che il sintetico comma terzo nulladice sul punto, ma, opportunamente, la Suprema Corte ha in più occasioni precisatoche quello che origina dalla domanda ex art. 31 è un procedimento camerale, nel-l’ambito del quale vi è la necessità “di assicurare il diritto di difesa e di realizzare ilprincipio del contraddittorio in ogni stato e grado del giudizio” 3. E rispetto del con-traddittorio vuol dire che la parte ricorrente va sentita e deve avere la possibilità diesporre le proprie ragioni al giudice; dato che si è di fronte a regole processuali diportata generale, tanto più rinforzate dal dettato costituzionale sul “giusto processo”(art. 111 Costituzione), non era necessario esplicitare nel testo dell’art. 31, che, ripe-tesi, nulla dice sul piano processuale, questo passaggio 4.

Sul piano strettamente processuale è stato poi superato, in senso negativo, il que-sito circa la necessaria partecipazione al giudizio del Ministero dell’Interno, non re-putandosi che tale organo assuma la veste di litisconsorte necessario 5.

Infine giova sottolineare che dopo una fase di incertezza, viene ormai ammessa laproposizione, contro la decisione di merito sull’autorizzazione a norma dell’art. 31(sia essa concessa o negata), del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Co-

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Annapaola Specchio *

Brevi riflessioni sul diritto all’unitàfamiliare e sulla vexata quaestio dellacompetenza del Giudice di Pacein materia di immigrazione

NOTA all’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. I Civile, 22 gennaio 2010, n. 1243

* Avvocato in Roma.

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La Corte di Cassazione, sezione I civile, con l’ordinanza n. 1243 del 22 gennaio 2010ha confermato la decisione del Giudice di Pace di respingere il ricorso avverso il de-creto di espulsione emesso dal Prefetto di Vicenza sulla base di una assenza di rap-porti significativi tra il ricorrente ed i figli minori affidati alla nonna residente in Italia.

Dichiarando l’unico motivo di ricorso manifestamente infondato, la Corte ha av-valorato il convincimento del Giudice di Pace, fondato su una relazione dei Servizisociali che avevano descritto la figura del ricorrente come di un padre che “non rap-presenta un significativo riferimento educativo per i minori”.

Nel convincimento della Suprema Corte a nulla è valso il richiamo al procedi-mento pendente presso il Tribunale per i minorenni tendente alla dichiarazione dellasussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi del-l’articolo 31 TU 286/98.

Di particolare rilievo risulta poi il punto secondo cui non sarebbe emersa da partedel Giudice di Pace la necessità di interpellare il Tribunale minorile al fine di otteneremaggiori ragguagli in merito alla situazione familiare ed al rapporto genitoriale nonessendo stati “indicati gli elementi già acquisiti che da tali informazioni avrebberodovuto emergere e la loro rilevanza in ordine alla legittimità del provvedimento am-ministrativo”.

1. La lettura dell’ordinanza succitata stimola, per lo meno, due importanti riflessionisul diritto all’unità familiare e sulla vexata quaestio della competenza del Giudice diPace in materia di immigrazione.

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1 Ai sensi dell’art. 31, co. 3 TU 25 luglio 1998 n. 286 (GU. 18 agosto 1998 n. 191) e successive mo-difiche recante Disposizioni a favore dei minori, “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi con-nessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che sitrova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periododi tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L’autorizza-zione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività delfamiliare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sonocomunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettivacompetenza”.

Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata - Civile

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Il binomio che apparentemente non mostra evidenti segni di connessione in re-altà diviene inscindibile nella misura in cui un provvedimento dell’autorità giudi-ziaria possa a cascata produrre effetti nell’ambito delle relazioni parentali. Nel casodi specie, infatti, la decisione assunta dal Giudice di Pace – chiamato a rispondere inmerito ad un ricorso avverso un decreto di espulsione – racchiude nella sua moti-vazione, altresì, la valutazione di elementi attinenti ad una sfera delicata e di prima-ria rilevanza quale è quella dell’unità familiare. Se già è possibile considerare che –in un’accezione generale – ogni provvedimento amministrativo destinato ad inci-dere sullo status soggettivo della persona dovrà essere esaminato con una scrupolo-sità investigativa, ancor più tale indagine richiederà una precisione certosina qualoraemergano fatti o circostanze destinate ad incidere in materia di protezione dell’in-fanzia e della famiglia.

Considerata la particolarità della fattispecie, a parere di chi scrive, il Giudice diPace avendo omesso di svolgere ulteriori approfondimenti, avrebbe dovuto so-spendere l’esame derivante dall’impugnato decreto di espulsione di cui il ricorrenteera stato destinatario in attesa dell’esito del giudizio pendente davanti al Tribunaleper i minori. In mancanza di un intervento in tal senso, la Suprema Corte di cassa-zione, successivamente intitolata, avrebbe ben potuto rinviare la questione all’auto-rità giudiziaria competente ai fini di una istruttoria minuziosa e completa che,sembrerebbe, non emergere dalla motivazione dell’ordinanza in oggetto.

Di seguito verranno, pertanto, esaminati i principi basilari in materia di prote-zione dell’unità familiare ai sensi dell’art. 31, co. 3, TU 286/98 nonché le perplessitàlegate alla competenza del Giudice di Pace in materia di immigrazione.

2. L’art. 31, co. 3, Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’im-migrazione e norme sulla condizione dello straniero 1 attribuisce al Tribunale mino-rile la facoltà di autorizzare l’ingresso o la permanenza nel territorio italiano delfamiliare del minore che sia già ivi presente anche in modo irregolare in deroga alledisposizioni dello stesso Testo Unico.

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Penale

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1. La regolamentazione dei fenomeni migratori è materia politicamente sensibile,esposta agli umori del comune sentire, che, oggi, per maggioritaria opinione, bollal’immigrazione e quella irregolare, in specie, come fattore disgregante il senso di si-curezza individuale e collettiva 2. Rispondendo all’appello, il diritto penale dell’im-migrazione propone torsioni punitive per finalità simboliche e di rassicurazionesociale. Prospettive sulle quali il legislatore spesso indugia, sperimentando scelte dicriminalizzazione al riparo da analisi empiriche dei presupposti e risultati ed immunidal necessario vaglio di legittimità, muovendosi secondo canoni operativi omogeneialle direttrici proposte per fondare la “giuridicità” del c.d. “diritto penale del ne-mico” 3.

2.Quella appena descritta è una tendenza che, allo stato, ha raggiunto il suo puntodi massimo con l’introduzione, prima, della circostanza aggravante comune di cuiall’art. 61 n. 11 bis c.p. e poi con la previsione di un’autonoma fattispecie incrimi-natrice destinata a colpire l’ingresso “ed il soggiorno illegale nel territorio dello

Gabriele Marra *

Il trattamento penale dell’immigratoirregolare al vaglio della CorteCostituzionale. Una decisione ragionevoleper una norma irragionevole 1

NOTA all’ordinanza della Corte Costituzionale del 24 febbraio 2010, n. 66

SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Criticità. - 3. Illecita permanemza nel territorio nazionale. - 4. Que-stioni. - 5. Soluzioni. - 6. Prospettive. - 7. Efficacia e conseguenze. - 8. Alternative. - 9. Conclusioni.

* Associato di diritto penale, Università di Urbino “Carlo Bo”.1 Un ringraziamento particolare va al prof. Alessandro Bondi, per la sua ottima lettura di una pre-cedente stesura di questa nota.2 Z. BAUMAN, La paura che genera odio, in La Repubblica, 29 settembre 2009.3 G. JAKOBS,Diritto penale del nemico? Una analisi delle condizioni di giuridicità, in A. GAMBERINI,R. ORLANDI (a cura di), Delitto politico e diritto penale del nemico, Bologna, 2007, p. 109 ss.. V. ancheA. CAPUTO, Immigrazione, diritto penale e sicurezza, Questione giustizia, 2004, n. 2/3, p. 359 ss..

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4 T. PADOVANI, L’ennesimo intervento legislativo eterogeneo che non è in grado di risolvere i problemi,Guida al dir., n. 33, 2009, p. 15. Per una lettura generale v. G. L. GATTA,Modifiche in tema di circostanzedel reato, in Aa.Vv., “Decreto sicurezza”: tutte le novità,Milano, 2008, p. 27 ss.; L. MASERA, Le misuredel pacchetto sicurezza in materia di immigrazione, in O. MAZZA, F. VIGANÒ (a cura di), Misure ur-genti in tema di sicurezza pubblica, Torino, 2008, p. 5 ss.; F. FERRARO, Le modifiche la codice penale inmateria di immigrazione, in F. RAMACCI, G. SPANGHER (a cura di), Il sistema della sicurezza pubblica,Giuffrè, Milano, 2010, p. 99 ss..5 Vale in proposito notare l’enfasi sottesa alla mutazione della consueta formula codicistica “territo-rio dello Stato” (artt. 6; 241 c.p.) nel riferimento al “territorio nazionale” (art. 61, n. 11 bis c.p.). Elementoche, sul piano simbolico/comunicativo, rafforza la componente identitaria sottesa all’aggravante inesame. Lessico che, giova ricordarlo, risulta estraneo anche al linguaggio della specifica normativa di set-tore (artt. 2; 4; 10-bis, ecc. Dlgs n. 286/1998).6 V. ONIDA, Efficacia non scontata per il ricorso al penale, in Il Sole-24 Ore, 22/5/2008, p. 7; F. MAN-TOVANI, Migrazioni: problema epocale planetario, in Dir. pen. proc., 2010, p. 393 ss..7 Cfr. la sintetica ricostruzione di A. ALESSANDRI /E. GARAVAGLIA,Non passa lo straniero, www.lav-oce.info, 2.8 G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2010 6, p. 441 ss..9 F. D’AGOSTINI, Verità avvelenata, Torino, 2009, p. 43 ss., ma spec. p. 92 ss..

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Stato” (art. 10-bis, comma 1, comma 1 D.lgs 286/1998) 4. Previsioni che, sebbene inmisura diversa, sono il frutto di un dibattito politico miope, rancoroso ed egoistico,in prevalenza ispirato da logiche di esclusione sociale. Di scelte che, senza partico-lari scrupoli, non hanno esitato a rivitalizzare i sinistri cascami del “diritto penaled’autore” ed i retaggi positivistici di taluni suoi presupposti, per nascondere, dietrol’enfasi repressiva di norme contro i ‘clandestini’ – in quanto portatori di identità so-ciali e culturali diverse 5 – il preoccupante deficit di effettività preventiva e di ade-guatezza della soluzione sanzionatoria rispetto alla reale consistenza del problema 6.Nonostante l’aderenza che, almeno nel caso della contravvenzione da ultimo citata,la scelta legislativa dimostra rispetto a talune indicazioni provenienti dal quadrocomparatistico 7.

3. Limitando l’indagine alla specifica fattispecie devoluta al giudizio della Corte co-stituzionale, giova evidenziare che la disposizione nazionale si presenta come un uni-cum nel panorama penalistico europeo. Unica è altresì la quantità dei punti di frizionecon il quadro dei valori costituzionali che la caratterizza 8. Limitandosi ad una scarnaelencazione emergono, in primo luogo: i) il ricorso ad una generalizzazione artefattaper giustificare la necessità dell’intervento riformatore. Argomento fallace, fondatosu premesse prive di convincente radicamento statistico 9, che, in base all’osserva-zione del ripetuto comportamento illecito di taluni immigrati irregolari, arbitraria-mente marchia tutti i ‘clandestini’ come soggetti ad alta capacità criminale, risolvendocosì la ratio dell’aggravamento in uno stereotipato giudizio di generale pericolosità

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Il diritto alla tutela dei bambini (senza distinzione di nazionalità, sesso, religioneecc.), riconosciuto da tempo nel nostro Paese è risaltato nell’ordinanza del G.I.P. delTribunale di Bari del dicembre 2009.

La norma incriminatrice in esame (art. 10 bis T.U. immigrazione, introdotta dallalegge 15 luglio 2009, n. 94), che stigmatizza l’ingresso e la permanenza irregolare inItalia, non prevede eccezioni per la sua applicazione; soltanto attraverso una inter-pretazione adeguatrice della norma ai dettami della Costituzione ed alle numerosenorme convenzionali si può affermare che la condotta di ingresso e soggiorno illegalinon può essere contestata ad un minore di età.

Se da tempo si ambisce ad uno “statuto giuridico del minore” 1 di natura sopra-nazionale, ad oggi, soprattutto alla luce della nuova normativa sull’immigrazione 2,sembra un progetto ideale di difficile realizzazione, dovendo affrontarne prima leconcrete difficoltà di formulazione e di diversità delle singole legislazioni; per rea-lizzare un unico “statuto giuridico” è importante confrontare le realtà nazionali suidiritti dei bambini e riflettere sull’enorme flusso di ingresso nei singoli Stati di fan-ciulli soli. L’introduzione di norme dettate dalla sola esigenza del controllo delle fron-tiere, dimentiche della tutela del minore, ci rende insensibili alle esigenze di tutela edi cura riconosciute in ambito internazionale.

Antonietta Picardi *

Perché il reato di ingresso clandestinonon si applica al minore di età

NOTA all’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Bari dell’11 dicembre 2009

* Sostituto procuratore presso il Tribunale de L’Aquila1 Sull’argomento, in particolare, H. Bosse-Platière, Le statut de l’enfant et l’européanisation dessources en droit de la famille, in Le statut juridique de l’enfant dans l’espace européen diretto da DanielGabdin e Francis Kernaleguen, Bruxelles, Bruylant, 2004.2 Ci si riferisce alle modifiche legislative sul T.U. immigrazione (d. lgs. 286/89) apportate dalla legge15 luglio 2009 n. 94.

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Fino ad oggi il nostro ordinamento ha attribuito all’irregolarità una connotazionedi mero illecito amministrativo e la l. 15 luglio 2009, n. 94, consolidando tale indi-rizzo, ne ha previsto forme di tutela dello Stato ampiamente dilatate (con la deten-zione amministrativa fino a centottanta giorni) introducendo, contestualmente, laneo incriminazione dell’ingresso ed il soggiorno contra ius.

Il nostro legislatore, malgrado le innumerevoli variazioni al T.U. sull’immigra-zione, aveva sempre evitato di apportare modifiche in peius alla condizione del mi-nore clandestino mentre in quest’ultima occasione, forse distratto dalla particolareattenzione sociale sul fenomeno migratorio, ha ritenuto la norma applicabile a tutticoloro che fanno ingresso illegale nel territorio italiano. Senza alcuna eccezione, al-meno espressa, nei riguardi dei minori di età.

Contestualmente, però, nello stesso T.U. immigrazione (art. 19) vi è un divieto diespulsione ed un parallelo obbligo per lo Stato di assistere e curare il minore stra-niero non accompagnato.

In tale contesto, la norma in discussione affanna il giudice minorile; su di essa siè levato un coro di voci a tutela dei maggiorenni migranti e tale richiamo non può cheestendersi anche ai loro minori.

Per la prima volta dal 1948 nell’ordinamento italiano viene introdotto un reatoche pare in palese contrasto con principi costituzionali e che richiede per i minorimigranti una rigida ed orientata interpretazione.

Già numerose le ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale riferite al reatocommesso dagli adulti; in relazione a tale condotta tutte le procure per i minorennisi sono orientate per una richiesta di archiviazione, perché il fatto non è configura-bile se commesso da un minore di età.

Comune alle fattispecie incriminatrici dell’ingresso e del soggiorno illegale è anchel’analisi dell’elemento psicologico, che, data la natura contravvenzionale, è integratoanche dalla colpa. Allora, ancora a tutela del minore, il giudice nella sua decisionepotrebbe richiamare la sentenza della Corte costituzionale 364/1988 3 ritenendo, aisensi dell’art. 5 c.p., tale comportamento un errore scusabile.

Appare difficile ipotizzare l’ingresso da parte del minore nel nostro Paese, con-sapevole della rilevanza penale del suo comportamento.

La valutazione, imposta di volta in volta al giudice minorile sulla capacità e per-sonalità del minore (art. 9 D.P.R. 448/88), deve investire un giudizio sull’errore ‘scu-sabile’: il minore è giunto, sì clandestinamente nel nostro territorio, ma in condizionisicuramente disagiate.

Invero per la valutazione della rilevanza penale del comportamento del minorenon può soltanto farsi richiamo al generale potere del legislatore “di regolare la ma-teria dell’immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coin-

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata - Penale

3 In Foro it., 1988, I, p. 1385, con nota di G. Fiandaca.

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Gli Stranieri - Numero 1/2010 197

1. Cessazione dello status di rifugiato nel caso di mutamento delle circostanze chene avevano determinato il riconoscimento

La sentenza, di cui si riporta il dispositivo, riguarda la direttiva 2004/83/CE recantenorme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o dibeneficiario della protezione sussidiaria. La decisione statuisce sui presupposti per ilriconoscimento della qualifica di rifugiato e sulla cessazione dello status nel caso dimutamento delle circostanze che avevano determinato il riconoscimento. Una per-sona perde lo status di rifugiato quando, a seguito di un cambiamento significativo enon temporaneo delle circostanze nel paese terzo, vengano meno il fondato timoredella persona di essere perseguitata ed i motivi del riconoscimento dello status di ri-fugiato, e non sussistano altri motivi di timore di persecuzione. Il criterio di proba-bilità per l’esame del rischio derivante da dette altre circostanze è lo stesso criterioapplicato ai fini della concessione dello status di rifugiato. A tal fine, le autorità com-petenti dello Stato membro devono verificare, tenuto conto della situazione indivi-duale del rifugiato, che i soggetti che offrono protezione (anche organizzazioniinternazionali che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio,anche per mezzo della presenza di una forza multinazionale) abbiano un sistema giu-ridico che permetta di individuare, perseguire e punire penalmente eventuali atti per-secutori e ne consenta accesso alla persona che perde lo status di rifugiato. (I. O.)

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione), 2 marzo 2010 «Direttiva2004/83/CE –Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di ri-fugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Qualità di “rifugiato” – Art. 2,lett. c) – Cessazione dello status di rifugiato – Art. 11 – Cambiamento delle circo-stanze – Art. 11, n. 1, lett. e) – Rifugiato – Timore infondato di persecuzioni – Valu-tazione – Art. 11, n. 2 – Revoca dello status di rifugiato – Prova – Art. 14, n. 2». Causeriunite C 175/08, C 176/08, C 178/08 e C 179/08, aventi ad oggetto domande di pro-nuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, dal Bun-desverwaltungsgericht (Germania), nelle cause Aydin Salahadin Abdulla (C 175/08),Kamil Hasan (C 176/08), Ahmed Adem, Hamrin Mosa Rashi (C 178/08), Dler Jamal(C 179/08) c. Bundesrepublik Deutschland.(omissis)

Chiara Gabrielli, Ilaria Ottaviano

Osservatorio sulla giurisprudenzadella Corte di Giustizia

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Dispositivo1) L’art. 11, n. 1, lett. e), della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE,recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qua-lifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, non-ché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, deve essereinterpretato nel senso che: – una persona perde lo status di rifugiato quando, consi-derato un cambiamento delle circostanze avente un carattere significativo e una na-tura non temporanea, occorso nel paese terzo interessato, venganomeno le circostanzealla base del fondato timore della persona stessa di essere perseguitata a causa di unodei motivi di cui all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, motivi per i quali essa è statariconosciuta come rifugiata, e non sussistano altri motivi di timore di «essere perse-guitat[a]» ai sensi dell’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83; – ai fini della valutazionedi un cambiamento delle circostanze, le autorità competenti dello Stato membro de-vono verificare, tenuto conto della situazione individuale del rifugiato, che il soggettoo i soggetti che offrono protezione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2004/83 ab-biano adottato adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecu-tori, che quindi dispongano, in particolare, di un sistema giuridico effettivo chepermetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituisconopersecuzione e che il cittadino interessato, in caso di cessazione dello status di rifugiato,abbia accesso a detta protezione; – i soggetti che offrono protezione ex art. 7, n. 1, lett.b), della direttiva 2004/83 possono comprendere organizzazioni internazionali checontrollano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, anche per mezzo dellapresenza di una forza multinazionale su tale territorio.

2) Quando le circostanze in base alle quali lo status di rifugiato è stato riconosciutoabbiano cessato di sussistere e le autorità competenti dello Stato membro verifichinoche non ricorrono altre circostanze che giustifichino il fondato timore della personainteressata di essere perseguitata, per il medesimo motivo di quello inizialmente rile-vante o per uno degli altri motivi elencati all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, il cri-terio di probabilità per l’esame del rischio derivante da dette altre circostanze è lostesso criterio applicato ai fini della concessione dello status di rifugiato.

3) L’art. 4, n. 4, della direttiva, nella misura in cui fornisce indicazioni quanto allaportata, in termini di forza probatoria, di atti o minacce precedenti di persecuzione,può applicarsi quando le autorità competenti considerino di revocare lo status di ri-fugiato ai sensi dell’art. 11, n. 1, lett. e), della direttiva 2004/83 e l’interessato, per giu-stificare il permanere di un fondato timore di persecuzione, faccia valere circostanzediverse da quelle sulla cui base era stato riconosciuto come rifugiato. Tuttavia, ciò potràdi regola verificarsi solamente quando il motivo di persecuzione sia diverso da quelloconsiderato al momento del riconoscimento dello status di rifugiato e vi siano atti o mi-nacce precedenti di persecuzione i quali sono collegati al motivo di persecuzione esa-minato in tale fase.

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