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International Biocentric Foundation Scuola di Biodanza Rolando Toro del Triveneto 2° ciclo Grazie alla Biodanza Danzo La Mia Danza Monografia di: Roberta Dogo Direttrici: Raffaella Zanetto e Sandra Salmaso Relatrice: Franca Brolatti Anno 2007

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International Biocentric Foundation

Scuola di Biodanza Rolando Toro del Triveneto

2° ciclo

Grazie alla Biodanza Danzo La Mia Danza

Monografia di: Roberta Dogo

Direttrici: Raffaella Zanetto e Sandra Salmaso

Relatrice: Franca Brolatti

Anno 2007

International Biocentric Foundation

Scuola di Biodanza Rolando Toro del Triveneto

2° ciclo

Grazie alla Biodanza Danzo La Mia Danza

Monografia di: Roberta Dogo

Direttrici: Raffaella Zanetto e Sandra Salmaso

Relatrice: Franca Brolatti

Anno 2007

A Fosca, Claudia e Giampiero

Un Grazie affettuoso a:

Fosca e Giuseppe, mia madre e mio padre che mi hanno dato la vita, sono le mie radici.

Claudia, mia figlia che ancora sorride a dire Biodanza…, io sono una delle sue radici.

Rolando, uomo che parla con le Rose e con il Cuore che con grande conoscenza ha creato questo meraviglioso Sistema.

Franca, amica ed insegnante; durante la sua formazione mi parlò molto di Biodanza e il suo parlare mi portò ad incontrare: Enrica e Luisa, le mie prime insegnanti del settimanale.

Un grazie particolare a Giampiero, compagno di vita, per aver sempre creduto in me, incondizionatamente, per essere stato ed esserci al mio fianco attivamente, cara presenza fondamentale…

A tutti i compagni e compagne dei vari gruppi settimanali di cui ho fatto parte.

Sandra e Raffaella per avermi accompagnato con affetto e contribuito alla mia formazione.

Ai compagni del mitico 2 Ciclo Gruppo “Paradiso” con cui ho condiviso gli anni della Scuola di Formazione, esperienza indimenticabile.

Ai Didatti che via…via si sono succeduti nei vari stage di formazione.

A tutti i Tutor per il loro sostegno e disponibilità affettuosa.

Al mio straordinario Gruppo di Tirocinio.

A me stessa per avermi dato questa grande opportunità di apertura, nutrimento e crescita.

Grazie di Cuore a Tutti!!!!

Indice  Pag. Chi sono  1 Il Mio Sogno, la Danza, trova l’affinità e le risposte nella Biodanza  3 Scuola di formazione  5 Scelta e sviluppo del tema  6 “La Storia della Danza Inizia…”   

Dove nasce il movimento?  7 Cosa esprime il movimento di noi?  8 Il respiro  9 Come viene utilizzato il respiro nella danza?  9 La danza e le funzioni cerebrali  10 L’Azione della Biodanza sull’emisfero destro  12 

Storia della Danza dall’epoca primitiva fino alle soglie della nascita di una delle pioniere più importanti  13 

Accompagnamento ritmico relativo alle danze delle origini   14 Dal Cristianesimo  14 …al Rinascimento  17 

Viaggio attraverso i pionieri della danza, i creatori della danza moderna, la nuova danza, per arrivare alla “Danza della Vita: Biodanza” 

 

Isadora Duncan  18 Ted Shawn e Ruth Saint Denis  21 Loie Fuller  22 Ted Shawn e Delsarte  23 Martha Graham  26 Mary Wigman  30 Rodolf Von Laban  32 

Laban e la danza come espressione estetica, sociale ed antropologica  34 

Doris Humphrey  35 

A partire dal 1950 e più ancora dopo il 1960  38 Merce Cunningham  40 Jerome Robbins  42 Maurice Béjart  43 

Biodanza  Pag. 

Abitare i Gesti risiedere nelle parole  47 La realtà del sapere  47 La realtà dell’incontro  48 

Danza cosmica  50 L’ideatore di Biodanza  52 Come è nata la Biodanza: La Danza della Vita  53 

Perché Danza della Vita?  55 La Biodanza nel contesto storico e antropologico della danza   56 Uno dei motivi perché la Biodanza si differenzia da altre discipline  58 Vivençia  59 

Fisiologia delle Vivençia  60 Biodanza e Autoregolazione Organica  62 

… Verso la definizione di Biodanza  64 

Definizione di Biodanza: sistema di integrazione umana, rieducazione affettiva, rinnovamento organico e riapprendimento delle funzioni originarie della vita  65 Principio Biocentrico  67 

L’Istinto  68 Inconscio Vitale in Biodanza  70 

Sacralità  72 Modello Teorico della Biodanza  73 Lo sviluppo evolutivo delle potenzialità genetiche  76 

Integrazione e dissociazione  76 Esercizi di Azione Integrativa  77 La Gestalt:  78 

musica‐movimento‐vivençia ‐ un “insieme organizzato”  78 

Modello naturale di movimento: gesti archetipici  Esercizio: “Posizioni Generatrici di Danza”  79 

I gesti archetipici  79 Le “posizioni generatrici di Danza”  81 

Biodanza è per me:  83 Le mie danze di Biodanza  84 Stupore ed emozioni: il mio Gruppo di Tirocinio  86 

Emozioni di alcuni allievi  87 Conclusioni  90 Bibliografia  91 

 

 

Che cosa accadrebbe se, invece di limitarci a costruire la nostra

esistenza, avessimo la follia o la saggezza di danzarla?

Roger Garaudy – Cittadella Editrice 1999

 

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CHI SONO

Io sono Roberta, donna con la sua storia, una donna da sempre molto timida, timida al punto che se qualcuno mi rivolgeva la parola il mio viso diventava

color pomodoro. Piano, piano ho scoperto il mio lato ironico ed oggi né sorrido, anzi provo

tenerezza. Ho fatto pace con quelle parti di me che non amavo perché mi facevano sentire

più piccola, inferiore, impacciata, inadeguata e… Oggi c’è accettazione dell’ombra e della luce, di me stessa, sì Sono Io, Roberta nome “aperto” come

mi ha detto un musicista… Questa pace è avvenuta nel corso degli anni, vivendo la Vita, ma soprattutto

grazie alla Biodanza che ha permesso il mio riconoscimento come essere umano Unico e Irripetibile. Ho potuto riscoprire la mia Essenza.

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V i t a

Quattro sono le sillabe che contengono un oceano di respiri come onde un oceano di Vita

Vita, senza Vita non si può Vivere Fai battere il mio cuore

A volte mi doni la bellezza di un’alba e lo stupore di un tramonto e la meraviglia di un cielo stellato

illuminato da una calda luna A volte mi avvolgi come un mantello nero

pieno di tristezza, di malinconia ma sei sempre tu, Vita

Vita sei magia!

Roberta

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(Richard Doyle – acquarello – danza incantata 1875)

Un cerchio fatato, soave e armonioso, magico come

un cerchio di Biodanza…

Roberta

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IL MIO SOGNO, LA DANZA, TROVA L’AFFINITÀ E LE RISPOSTE NELLA BIODANZA

Il mio sogno segreto da sempre era quello di danzare, di volteggiare nello spazio, leggera, soave e sensuale, vitale e creativa, emozionata, essere tutt’uno con la musica: esprimere la mia essenza, danzare la mia anima. Avrei voluto “calcare le scene di un palcoscenico”. Ero ancora lontana dal capire che il palcoscenico è la Vita e la danza che io avrei voluto danzare era la “Danza della Vita” (Biodanza). Per tanti anni questo fu solo un sogno anche se qualche volta potei ballare alle feste o in discoteca. Ballando avevo comunque la sensazione di comunicare con una parte di me conosciuta e sconosciuta, piacevole, mi faceva stare bene, avevo la percezione di essere di essere proprio me stessa. A distanza di anni in un seminario ebbi l’esperienza di “Danza psichica” che mi dette conferma delle mie sensazioni e anche, a parere degli altri: danzando io cambiavo, diventavo “luminosa”. La Vita ha fatto in modo di allontanare l’intraprendere un sentiero o un altro per il mio processo di crescita, ma non ha mai scalfito la mia curiosità, la mia ricerca (leggevo molto e ritagliavo gli articoli che mi interessavano dai giornali e conservavo i volantini che mi attiravano). Non mancavano le lunghe chiacchierate con Franca, amica e in seguito insegnante di Biodanza. Circa 11 anni fa lei era sul sentiero della formazione, e mi parlava… parlava entusiasta di Biodanza. Io ascoltavo, credevo di comprendere, ma fu solo durante una serata a Mira (VE), con il gruppo settimanale di Enrica e Luisa, danzando una “danza di leggerezza con apertura dello spazio” che sentii il mio cuore aprirsi e dissi: “Finalmente!!!”. Fu magia! Ho ancora dentro di me la sensazione, l’emozione provata nell’aprirmi, nello sfiorare l’aria con leggerezza, percepire il mio viso, gli occhi splendenti che si specchiavano negli occhi dei compagni. Ora iniziavo a capire ed era possibile riprendere per mano la mia Vita. Partecipai a delle presentazioni e decisi d’iniziare il settimanale con Enrica e Luisa. Non ho più lasciato Biodanza, se non per un breve periodo. Successivamente ho avuto Raffaella e Franca come insegnanti. L’attesa, è stata lunga ma ne è valsa la pena. Mi è stato chiaro perché non mi sono mai avvicinata a certi balli o danze (ad esempio il tango, il flamenco, che tra l’altro mi piacciono, o il ballo latino-americano ed altro…), dove bisogna “imparare” dei passi, si entra in una gabbia di schemi dove le emozioni non sono espresse fino in fondo.

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La scoperta di Biodanza mi ha portato alla consapevolezza dell’affinità del mio sentire la danza con le danze di Biodanza, che sono guidate e uniche perché ognuno vivendo il proprio “qui ed ora” lascia che la danza si crei aiutati, stimolati dalla musica: le emozioni vivono, si lasciano vedere, sentire. La musica è una via “regia” entra nella profondità massima, nelle viscere, negli organi, nell’anima e il corpo si muove da solo, con movimenti dettati dalla permeabilità con la musica stessa e... danza... Grazie a Biodanza danzo la mia danza. Questa chiarezza, dopo tanta attesa, per me è stata il punto d’inizio del mio percorso che mi ha portato a intraprendere la…

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SCUOLA DI FORMAZIONE

Frequentare la Scuola di Formazione non è stato un passaggio immediato, sono trascorsi degli anni praticando il settimanale. Feci anche un’esperienza di yoga con una insegnante che aveva frequentato a suo tempo un corso di Biodanza. Spesso gli esercizi erano individuali, a coppie, in gruppo, a volte accompagnati dalla musica e gli sguardi erano coinvolti. Era come “quasi” non lasciare mai Biodanza. Nel 2003 presi questa grande decisione di frequentare la scuola di formazione dando soprattutto ascolto a quella voce interiore che mi diceva sì, è il momento giusto, non ascoltare la mente che è sempre capace di messaggiarti con un: “no, non ce la farai mai, non è per te, non sei proprio giovanissima e così via”. Ho ascoltato il mio cuore ed oggi ne sono felice e orgogliosa. Sono stati anni intensi, di ricchezza interiore, ogni persona fin dall’inizio è entrata nel mio cuore ed ognuno ha contribuito veramente a rinforzare la mia identità, all’evoluzione del mio processo di crescita. In ogni Concetto Teorico ho sentito la Vita al Centro e la mia meraviglia di trovarmi dentro a tutto ciò. Attraverso le vivençias “imparavo” come in un libro senza parole.1

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1 Monografia per la Titolazione: “La Poetica dell’Incontro Umano: una Rivelazione per l’Umanità” – Gabriella Gobbo

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SCELTA E SVILUPPO DEL TEMA

Enrica Silimbani, durante il mio percorso formativo, ha tenuto una conferenza sulla Storia della Danza. Ha portato tante conoscenze, molte delle quali a me sconosciute, ma soprattutto ha stuzzicato la mia curiosità di potermi avvicinare di più a questo mondo, che è vastissimo, fatto di ballerini, maestri, coreografi, registi, musicisti, filosofi e…, ognuno portatori e depositari delle loro tecniche, dei loro stili, dei loro talenti. Decisi subito che l’argomento della mia monografia sarebbe stato un viaggio attraverso la Storia della Danza dai suoi primordi, le sue evoluzioni, fino ai giorni nostri, arrivando ancora più consapevoli a Biodanza, potendo osservare un po’ più da vicino e anche cercando di immedesimarmi nelle varie epoche, nei personaggi, nei creatori considerati più significativi, per poter dire:

“la danza è la madre di tutte le arti” (Curt Sachs)

“la danza rende il dio presente e l’uomo potente” (Roger Garaudy). Non me ne vogliano le persone che non ho menzionato; ognuna di loro ha contribuito, ha lasciato qualcosa di sé nella evoluzione della storia della danza ma, la mia è stata solo una scelta personale di viaggio…

Grazie, Roberta

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“LA STORIA DELLA DANZA INIZIA…”

DOVE NASCE IL MOVIMENTO?   

  Il movimento nasce con la Vita stessa. Nel ventre della mamma il bebè si muove, non parla, non canta, non grida ma si muove e il suo movimento è già una danza: il bebè inizia a danzare la sua danza della Vita!  Tutto ciò che si muove è Vita e il movimento è presente in tutto l’Universo. 2 La  danza  sorge  dal  profondo  dell’essere  umano,  essa  è movimento  di  Vita, d’intimità, è impulso di unione alla specie. 3 Il  movimento  non  è  inteso  solo  come  movimento‐danza  ma  anche  come possibilità di  spostamento nello  spazio e quindi di  conoscenza,  sia nel  suo significato più esistenziale di cambiamento, di rinnovamento e di percorso evolutivo della coscienza. Osservando  la  natura  e  gli  animali,  scopriamo  che  istintivamente  ciò  che spinge a muoversi è l’andare verso fonti di nutrimento e di Vita come il cibo, la luce, la voglia di esplorare lo spazio ed incontrare individui della propria specie e di  interagire con  loro,  la necessità di soddisfare  i propri bisogni e desideri ed infine la ricerca del proprio cambiamento. Si  comprende  che  il  movimento  è  una  espressione  di  tutta  la  totalità dell’Essere Umano: motricità ‐ istinto ‐ emozione e pensiero. 

2 Monografia per la Titolazione di Enrica Silimbani – “ Biodanza: Quando il cuore abita il movimento” 3 Biodanza Rolando Toro - Edizioni Red

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COSA ESPRIME IL MOVIMENTO DI NOI? Il movimento esprime tutto di noi, le nostre emozioni, il nostro benessere, esprime la nostra luce ma anche la nostra ombra, le insicurezze, le paure e lascia “scoperte” le nostre repressioni. Il movimento è dissociato o non armonico quando il modo in cui il corpo si muove non è in sintonia con ciò che la totalità della persona pensa o sente. Non stiamo esprimendo noi stessi. La dissociazione del viso e del resto del corpo: dissociazione tra pensare e sentire - è una delle dissociazioni corporee più frequenti nelle persone. Esempio: viso indifferente e corpo con grande mobilità (ballerine classiche, modelli...). Per Rolando Toro “la dissociazione è la separazione della parti all’interno di una totalità, è la perdita di relazione tra la parte e il tutto e obiettivamente si rileva nel corpo, mentre l’integrazione si esprime come unione. La dissociazione è un sinonimo di malattia. Integrazione, invece è equivalente a salute. 4 Oggi l’uomo ha cultura, ha tecnologia, ha progresso, ha molto ego e come frutto di ciò ha portato se stesso ad essere dissociato: il corpo di qua, l’anima di là, il profano qui e là il sacro, a calpestare la natura con il conseguente allontanamento dell’uomo dalla natura, dell’uomo da se stesso e dalla sua specie. Biodanza si propone di rimediare a queste dissociazioni. Con esercizi specifici d’Integrazione, la Biodanza ci invita a riconnetterci a noi stessi, già, come pure agli altri, ci propone di trovare i legami che ci collegano alla Totalità. Ci aiuta e ci permette a sentire o a risentire il richiamo alla Vita, cioè riabilitare l’istinto, riconoscere il suo valore immenso per la conservazione della Vita. 5

4 Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 8 – Identità e Integrazione 5 Bruno Ribant “Mettere la Vita al Centro della nostra Vita” – per una cultura Biocentrica

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IL RESPIRO

Il movimento del respiro è dentro di noi e nasce con noi. La “piccola sculacciata”data al bebè per il primo vagito, permette al respiro, al movimento del respiro di prendere contatto col mondo esterno, avendo lasciato il ventre materno. Da questo momento il bebè inizia a respirare autonomamente. Di questo piccolo movimento, di questo ritmo, inspirare ed espirare spesso non né abbiamo la consapevolezza. Esso ha una forza autonoma e procede dentro di noi anche quando non vi poniamo attenzione. Se chiudiamo gli occhi portando l’attenzione sul respiro cercando di abbandonarsi ad esso, è possibile immergersi nell’ascolto dello scorrere delle cose, è possibile percepire il sottile, il mondo interno che va verso il mondo esterno e viceversa, in un continuo aprirsi e chiudersi della cassa toracica, dell’addome o delle spalle. È tensione e rilassamento, prendere e dare in uno scambio continuo tra se stessi e l’Universo intorno a se. È consapevolezza del patrimonio che è dentro e fuori di noi.

COME VIENE UTILIZZATO IL RESPIRO NELLA DANZA?

Nella danza classica il respiro è utilizzato soprattutto per ossigenare i muscoli. Questo tipo di danza è molto “controllato” perché l’obiettivo è tenere le posizioni attraverso l’allenamento muscolare, che permette di effettuare coreografie sempre più raffinate. Nell’inspirazione vi è la contrazione del movimento, mentre nell’espirazione vi è la perdita di forza, il rilasciare la posizione per poterne affrontare un’altra. Perciò nella danza classica il respiro è uno strumento importante per non incorrere in strappi muscolari e rovinose cadute.

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Nella danza contemporanea viene data importanza al movimento legato all’ascolto per raggiungere un contatto più “profondo” con se stessi. Il respiro, quindi, viene visto come energia, come via per innalzarsi, per aprirsi all’esterno e raggiungere livelli più elevati. Agli inizi del secolo con François Delsarte (1811- 1871considerato il padre della modern dance, sostenitore e motore della visione olistica del corpo) prende forma una nuova teoria: la legge del flusso e del riflusso di energia proiettata nel movimento del corpo del danzatore attraverso il battito cardiaco e il respiro. Il respiro è visto come movimento di opposizione, come due fasi che si dirigono in direzioni opposte, ma implicite l’una all’altra: nell’inspirazione l’energia si concentra sotto il diaframma, producendo il movimento opposto della vita all’indietro e del bacino in avanti, per poi distendersi nell’espirazione lungo tutto l’asse del busto con altrettanta potenza. L’espirazione, quindi, non è vista come perdita di forza ma, come un moto di energia del corpo6. Il respiro, il soffio vitale, anima il movimento e il ritmo e la Vita è il prodotto della sua attività: Rolando Toro non condivide interventi sull’atto respiratorio come in alcune discipline oggi molto conosciute. La Biodanza si basa sul rispetto profondo delle funzioni organiche naturali; in particolar modo ci sono due esercizi: “Respirazione Danzante” e “Respirazione Addominale” (la quale si utilizza principalmente come esercizio di riabilitazione respiratoria). La danza dell’esercizio “Respirazione Danzante” è armoniosa, sensibile, il movimento che nasce è minino e il risultato è massimo: è una sensazione di benessere in tutto il corpo, è sentire qualcosa di meraviglioso: il ritmo della Vita. Molti esercizi di Biodanza agiscono però indirettamente sul meccanismo respiratorio: nel diminuire l’angoscia e l’ansia, essi dissolvono le tensioni respiratorie.

LA DANZA E LE FUNZIONI CEREBRALI Risulta particolarmente interessante considerare quello che sappiamo a proposito del collegamento tra il cervello e la danza. Nel corso dell’evoluzione biologica, il cervello si è perfezionato a partire da due piccoli bulbi che si sono uniti per costituire il primo abbozzo degli emisferi cerebrali. Il cervello ha acquisito nella specie umana un volume e una differenziazione straordinari. La corteccia cerebrale, formata da circa 10 milioni di neuroni, è pieghettata, e forma delle circonvoluzioni separate da fessure e da solchi. Si trovano, nelle diverse regioni strutture specializzate nella percezione del mondo esterno, nel linguaggio, nella memoria, nella sensibilità e nella motricità.

6 http://www.italiadonna.it/danza - Internet

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Gli studi sulla complessità dei circuiti cerebrali hanno tuttavia messo in evidenza il coinvolgimento di altri punti del cervello in funzioni definite, quindi in realtà si vede, si parla e si ascolta con tutto il cervello. La neurodinamica ha sviluppato vari studi inerenti le emozioni definendo il sistema limbico ed in particolare l’ipotalamo come il centro interessato alle emozioni, all’istinto. La corteccia cerebrale e neoencefalica inibisce l’insieme delle strutture che costituiscono il cervello primitivo, sede delle funzioni automatiche, viscerali, dell’affettività, del desiderio sessuale, della fame e degli altri istinti. Questo complesso, che è separato tramite una fessura dagli altri lobi, è stato denominato “archeoencefalo” o “cervello primitivo”. La corteccia cerebrale integra la percezione del mondo esterno. Essa è la sede del pensiero, della coscienza e della riflessione, controlla l’attività motoria volontaria e coordina anche quella viscerale. Queste brevi considerazioni permettono di comprendere i diversi livelli di partecipazione neurologica coinvolti nella danza, in cui certi movimenti sono ordinati a partire dalla corteccia, perfettamente controllati dalla volontà e guidati dal pensiero, mentre altri, al contrario, sono legati agli impulsi e si impregnano di affettività e di emozione. Le ricerche attuali sulle funzioni cerebrali indicano una differenza di attività tra i due emisferi cerebrali che sono collegati tra loro dal corpo calloso. Alcune di esse tendono a dimostrare che i due emisferi funzionano, fino a un certo punto, come due cervelli separati e intervengono in modo diverso nel comportamento.

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L’emisfero sinistro è la sede del linguaggio così come pure di tutte le operazioni che richiedono un ordinamento lineare nel tempo; anche il pensiero analitico e le funzioni razionali e cognitive dipendono da questo emisfero. Si associano infatti al lobo sinistro le operazioni logiche, la matematica, l’attività simbolica, la capacità di captare il significato, il contenuto, il pensiero consequenziale, l’analisi e buona parte della coscienza. L’emisfero sinistro tenderebbe a discriminare, a segnalare le differenze più che a percepire le somiglianze. L’emisfero destro è specializzato nei processi e negli ordinamenti che non sono lineari ma spaziali: per esempio la geometria, la morfologia, le funzioni non verbali, tattili, la coscienza musicale, la percezione artistica, la similitudine, l’analogia, la forma, l’inconscio, la poetica. L’emisfero destro sarebbe dunque la sede delle funzioni unificanti, integranti, il luogo della dissoluzione delle differenze, della percezione gestaltica e olistica. Le attività in cui predomina questo emisfero sono per esempio ascoltare la musica, modellare dei materiali, danzare. Tutta l’attività creativa è collegata all’emisfero cerebrale destro, che è l’emisfero del linguaggio non verbale, dell’intuizione, dell’immaginazione, delle metafore, della musica, della Danza. Il sistema limbico-ipotalamico comprende dunque le formazioni neurologiche corrispondenti alla sfera del comportamento adattativi, dell’istintività, dell’affettività. I movimenti danzati compiuti in silenzio, con gli occhi chiusi e tramite movimenti lenti, comportano il rallentamento dell’attività visiva e della motricità volontaria, per consentire una maggiore espressione degli impulsi limbico-ipotalamici7. L’AZIONE DELLA BIODANZA SULL’EMISFERO DESTRO La Biodanza stimola prevalentemente l’emisfero destro, perché si serve di una metodologia non verbale, ha una funzione integrante, stimola la sensibilità tattile e la percezione musicale, in modo da compensare lo squilibrio provocato da una cultura che predilige le funzioni cognitive, razionali e analitiche (Funzioni dell’emisfero sinistro), a scapito di quelle inconsce, unificanti e integranti. 8

7http://www.italiadonna.it/danza - Internet 8 Biodanza Rolando Toro – Edizioni Red

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Storia della Danza dall’epoca primitiva fino alle soglie della nascita di una delle pioniere più importanti…

La danza è Vita e nasce con l’uomo, ed è presente in tutti i momenti e le occasioni più importanti della vita dell’uomo sia primitivo che antico. La danza è celebrazione, partecipazione, si collega alla magia e alla religione, al lavoro e alla festa, all’amore e alla morte. La danza in epoca primitiva fa spesso parte dei riti che assicurano la fertilità della natura e la caduta della pioggia; in molte danze della fertilità è indispensabile il salto: più alto si salta, più alte cresceranno le spighe del grano. Le danza di carattere collegate alle stelle, solari e lunari nascono nell’intento di garantire la regolarità dei fenomeni celesti e di assicurare quindi la continuazione della Vita e la fertilità sulla Terra. Qui la Danza nasce dalla scoperta stessa dell’astronomia e delle leggi che regolano il movimento dei pianeti, e l’alternarsi dei giorni e delle stagioni. La conoscenza dei riti della natura è essenziale per l’uomo soprattutto per i popoli agricoltori. Gli uomini hanno danzato in tutti i momenti solenni della loro esistenza: la guerra e la pace, il corteggiamento (le forme più antiche sono il doppio cerchio e il doppio fronte di uomini e donne contrapposti, che avanzano contemporaneamente e un motivo comune è quello del rapimento o della scelta della compagna nel cerchio delle donne, e del cambio del partner), il matrimonio, la nascita, la pubertà, il passaggio da adolescente all’età matura, la malattia, i funerali, la semina e le messi, danzavano gli animali per incorporarne le loro qualità. Esprimevano la totale connessione con la natura attraverso i movimenti delle loro danze perché la danza come ogni arte è comunicazione dell’estasi. Tutte queste danze venivano fatte in cerchio, come Biodanza. Presso le popolazioni primitive la danza e la musica svolgono un ruolo rilevante in tutti i momenti importanti della loro vita; rivestono un carattere di “necessità”

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e non solo semplici “divertimenti”, che la nostra società ha ormai da secoli dimenticato. Loro già danzavano “La Danza della Vita”.

Accompagnamento ritmico relativo alle danze delle origini

Ovunque il modo più naturale di segnare il tempo è stato il battere i piedi a terra, oppure battere le mani, o il percuotere con le mani parti specifiche del corpo. Dopo di che, l’uomo ha prodotto suoni vari con oggetti naturali o manufatti. I primi strumenti musicali sono stati il tamburo a fessura e il flauto: entrambi, a detta degli studiosi, concepiti ed utilizzati, sia per produrre ritmo, ma anche come simboli sessuali in danze legate alla fertilità. L’intervallo tra il ritmo e la melodia come accompagnamento della danza non è stato breve. Essa è apparsa tardi (va oltre la percezione istintuale in quanto viene elaborata dalla mente) e precisamente presso le tribù dell’Indonesia che già avevano una cultura contadina. Le prime melodie sono state di tipo cantato e non musicale. Le parole erano casuali senza attinenza con il tema della danza. Il parallelismo fra musica e danza è una conquista che si può considerare definitiva solo successivamente alla preistoria.9

GGG

La danza ha accompagnato la vita dell’uomo come momento di gioia e d’incontro con il divino, “entusiasmo religioso”, fino al diffondersi del cristianesimo (dopo la grande fioritura dell’ arte greca, i romani hanno avvilito tutto ciò che hanno toccato, hanno degradato la danza, come la poesia, la scrittura e la filosofia) che condanna “questa follia lasciva, chiamata danza, roba del diavolo”. Il Cristianesimo introduce Il concetto di separazione corpo-anima, bene-male. Il corpo è da disprezzare, è un ostacolo alla vita dell’anima. Tutto il male viene dalla carne. Viene così a decadere l’ufficialità della danza che rimane a livello popolare e liturgico (i salmi vengano danzati) fino al XII secolo. La danza poi verrà bandita anche dalla liturgia. Rimangono le “danze macabre”, danze della morte e contro la morte, danze delle streghe, in un’epoca di paura della carestia, della guerra e della peste. “La danza divenne una lingua morta”.

9 Sito web: www.amici.cc/.../scuoladiballo1

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Nel Rinascimento la danza può rifiorire: vengono esaltati i valori mondani della vita e del corpo. La danza esce dal ghetto (dove la tradizione si è conservata) e nel XV secolo il primo grande maestro di danza dell’Italia sarà Guglielmo Ebreo, che avrà un ruolo fondamentale nella creazione del balletto, come coreografo del duca di Urbino. È lui l’autore del primo trattato sulla danza in cui si definisce le qualità del danzatore: il tempo con cui si segue il ritmo, la memoria dei passi regolati e del loro concatenamento; il senso dello spazio per iscrivere le figure in un quadro limitato; l’essere arioso, arte del salto e della caduta elegante; la “maniera” cioè lo stile, l’eleganza e la coordinazione dei movimenti del corpo che si sposta con grazia e precisione. L’opera di Guglielmo Ebreo è all’origine della creazione del futuro balletto. Il coreografo della Corte di Firenze Baldassarre di Belgioioso opererà il passaggio dal balletto di corte al balletto teatrale e nel 1581 unendo per la prima volta, la danza, la musica e il dramma teatrale (tema mitologico dell’incantatrice Circe) con macchinari e getti d’acqua, compone uno spettacolo notturno di sei ore e il successo fu immenso. Era nato il balletto classico. Il ballo risponde a dei canoni già codificati, con coreografie molto precise ma poco emotive. La danza è più libera. Con la Rivoluzione Francese la danza passa dall’aristocrazia, dove era stata un divertimento, alla borghesia.

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Nell’ottocento, il balletto inizia ad esprimere emozioni impostate e l’abbigliamento, corsetti e punte, imponevano la rigidità del corpo. L’uomo viene svilito nella sua mascolinità, diventando un semplice “porteur” (uomo portatore) diventava strumento per portare ancora di più verso l’alto la donna, la “stella”, che s’innalzava come un’acrobata per prendere il volo (immagine dello spirituale). L’idolatria romantica della donna, non nella sua forma terrestre, ma come sogno inaccessibile per definizione, contribuì a sviluppare, nella danza di spettacolo il gusto della prodezza gratuita e del manierismo. Una tale concezione della danza, non potendo inserirsi nella vita reale, sceglie i suoi temi nel fiabesco, come fosse realismo, come si volesse sottolineare il contrasto fra la natura e il soprannaturale, fra sogno e realtà.

“La Silfide” danzata da Maria Taglioni nel 1832 all’Operà di Parigi riportandovi un trionfo è il prototipo del balletto romantico con le sue fate, gli elfi, i folletti, gli spettri. Seguirà poi Gisèle, ispirato da gli Elfi di Heine che riassume tutti i temi del balletto romantico. Tranne i fedeli a questa formula e ai suoi riti,l’infatuazione per il balletto diminuisce in Francia a partire dalla metà del XIX secolo. Il balletto classico, nato in Italia e poi trasformato in Francia, emigra per la Russia, insieme al primo ballerino dell’Opéra di Parigi Marius Petipa, dove ancora diviene l’ornamento

di un regime aristocratico. La Russia divenne il grande centro del balletto; importa altri coreografi dall’estero: Christian Johansen dalla Svezia, Enrico Ceccheti dall’Italia. È con loro, e soprattutto con Petipa, che si crea la danza Russa. Marius Petipa, primo ballerino dei teatri di Pietroburgo, diventa maestro di ballo nel 1862. Allestisce Il “Lago dei Cigni” e “La Bella Addormentata nel Bosco” in collaborazione con Cajkovskij. Eserciterà per più di mezzo secolo una vera dittatura coreografica sui balletti dettando momento per momento e la musica di cui aveva bisogno. Il pubblico della Scuola dei Teatri Imperiali Russi che ha un alto grado di perfezione tecnica, è particolarissimo: il sovrano, la corte, alti funzionari, aristocrazia del sangue o quella del denaro. Alla “Piccionaia” a cui si arriva dopo lunga attesa, qualche studente o impiegato. Il pubblico è conservatore ed esige un’immutabile perfezione. Questa tradizione è sopravvissuta in Russia ai più profondi sconvolgimenti.

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La danza all’inizio del XX secolo era divenuta un’arte decorativa, disumanizzata come una regina futile e graziosa, imbalsamata nella sua bara di cristallo. Era nella stessa situazione della bella addormentata nel bosco, assopita nell’immobilità di cento anni mentre il mondo attorno a lei cambiava vertiginosamente. Quale “Principe Azzurro” l’avrebbe svegliata? Occorreva per svegliarla il frastuono di un fiume. La storia si sfaldava alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX. Le certezze secolari vacillavano. Si viene a creare una destabilizzazione sia nei valori culturali che esistenziali. È l’età dell’ansia. Tutti i dogmi erano rimessi in discussione, nelle arti, nelle scienze, nella società e nelle religioni. Bisogna scoprire un nuovo linguaggio per esprimere un’altra forma di vedere la vita. La ricerca di vedere l’uomo nella sua totalità e da ogni punto di vista rifiutando la rigidità degli schemi. Prima attraverso la pittura poi, con la danza inizia la trasformazione, e di seguito la poesia, la musica, il romanzo, il teatro, il cinema, subirono la stessa metamorfosi con il cubismo, con l’espressionismo, il deismo, la musica dodecafonica, il surrealismo. Alla danza moderna se voleva partecipare all’umanizzazione della vita si poneva il primo problema: realizzare la prima grande inversione che la storia della danza abbia conosciuto dopo il Risorgimento: invece di fare partire in movimenti dal di fuori, come aveva accettato il balletto classico, ricreare i movimenti del corpo a partire dal di dentro. Al contrario della danza romantica del XIX secolo che era evasione dalla realtà industriale, la danza moderna non ha tentato di sfuggire al caos, ma di affrontare il caos per creare un ordine umano. La danza moderna ha messo in azione tutto il corpo, ha ridato all’uomo il senso del corpo risvegliando in noi il desiderio che il nostro essere intero si esprime esprimendo il mondo. Con la valorizzazione dell’espressione umana sono facilitati i cambi di Stile di Vita. Nel 1900 l’avvenire è tutto quello che i maestri del movimento ignoravano. A Montmartre in un atelier chiamato “Le Batrau Lavoir” (il battello-lavatoio) alcuni artisti riscoprivano la pittura attorno a Picasso, mentre a 10.000 chilometri di distanza, a San Francisco una ragazzina, Isadora Duncan si accingeva a diventare una pioniera e per molti la fondatrice della Danza Moderna.

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Viaggio attraverso i pionieri della danza, i creatori della danza moderna, la nuova danza, per arrivare alla “Danza della Vita: Biodanza”

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“Il corpo è il prolungamento della natura, il corpo è il fulcro della danza, il corpo è libero, il corpo è sacro.

Io so che Dio è dentro di me ma è un Dio perché danza” (Isadora Duncan)

Per Isadora Duncan (1878-1927) la danza non è solo un’arte che permetta all’anima umana di esprimersi in movimento, ma è anche la base di tutta una concezione di vita, più flessibile, più armonica, più naturale. È un mezzo e non un fine. La sua idea in fatto di danza è che bisogna esprimere i sentimenti e le emozioni dell’umanità. “La danza in quanto arte di liberazione” è un titolo di una conferenza tenuta da lei a Berlino che riassume le sue concezioni. Liberazione intesa non come solo sua personale ma di una lotta costante contro le istituzioni e i costumi di oppressione. “Ero danzatrice e rivoluzionaria”, è sempre pronta a servire la lotta rivoluzionaria. Per prima rifiutò tutti i convenzionalismi del balletto: le punte, le rotazione dei piedi in fuori, la rigidità dei movimenti, questo perché per lei la danza doveva essere il “linguaggio del proprio tempo”, esprimere il polso della propria epoca, un’epoca di grandi rivolgimenti sociali e di rivoluzioni (Isadora si recherà nella Russia sconvolta dalla guerra e dalla rivoluzione bolscevica per diffondere le sue idee e la sua danza).

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Tutto ciò non poteva essere espresso dal balletto classico, per lei il corpo doveva ritrovare il contatto con la vita e con la natura, essere specchio fedele dell’anima. Anche Isadora sembra essere influenzata dal pensiero di Delsarte (sostenitore della visione olistica del corpo - psiche e fisico sono uniti, cosicché il gesto diviene e si rileva nella comunicazione come un’unità, risultato di un’armonia di tutte le parti. Questa idea di unità passa da Delsarte alla danza e diviene cardine e motore delle rivoluzioni del Novecento). Gli anni della sua formazione coincidono con il momento di massima espressione del delsartismo. Isadora elabora un’estetica che parte dall’idea di un mitico stato originario di armonia naturale, dal quale l’uomo si sarebbe progressivamente allontanato e al quale deve ritornare se non vuole perdere la possibilità di redenzione e salvezza. Ritrovare l’ideale naturale, del nostro essere particolare con la dimensione dell’universo, significa lasciare ogni costrizione ed abitudine per riconquistare quella libertà e bellezza che sono all’origine della vita, significa rifiutare quegli “elementi accessori” che cultura e società hanno “sovrapposto al corpo e in particolare imposto al corpo della donna”. La Duncan ha un ideale di bellezza e grazia pure ed incontaminate: “dobbiamo ritrovare la bellezza della forma ed il movimento che l’accompagna. Dalla forma ideale si dovrà ritrovare la naturale plasticità del movimento. Le linee di una forma bella suggeriscono sempre il movimento, anche in stato di riposo; e le linee davvero belle del movimento suggeriscono sempre il riposo, anche nel movimento più rapido. È questa qualità di riposo dentro l’azione che dona al movimento un valore infinito”. Alla ricerca di un nuovo tipo di movimento, Isadora cerca ispirazione nei ritmi e nei movimenti dei fenomeni naturali, le onde, il vento, le nuvole e rivaluta tutti i modi spontanei di muoversi, correre e saltare. Studia le danze dell’antica Grecia in lunghe visite nei musei, ore e ore ad osservare le movenze e gli atteggiamenti dei danzatori e degli atleti raffigurati su vasi e bassorilievi, cercando di carpire il segreto della loro straordinaria armonia. Studiò i movimenti dei danzatori delle “Dionisie” sui vasi greci. Non per imitarli ma per imparare da loro a guardare la natura, per ritrovare attraverso a essi, i movimenti spontanei della vita. Lei vive queste danze “dal di dentro” così fortemente che fra i suoi movimenti e i loro ci sarà una sorta di continuità. La sua Grecia è immaginaria e romantica, utilizza musiche trascinanti, ricche di emotività e di sentimento, anche il suo abbigliamento s’ispirerà spesso a quest’epoca. Tutto ciò si traduce in una danza libera da schemi e tecniche in cui il danzatore segue unicamente la propria spinta interiore, assecondando attraverso un ascolto profondo, l’eterno moto del cosmo.

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Per Isadora, il centro propulsore del movimento, se si vuole che lo stesso obbedisca a una logica emozionale e non una logica meccanica (per la scuola di ballo la molla si trova al centro del dorso nella colonna vertebrale e da quest’asse partirebbero i liberi movimenti delle braccia, delle gambe, del tronco con il risultato di un burattino snodato), debba trovarsi là dove le emozioni e le passioni sono provate fisicamente con il massimo d’intensità: nei dintorni del plesso solare il quale “caricandosi di energia, irraggia nello spazio intorno, per onde successive, tutti i movimenti naturali del corpo diventato espressione dell’anima del danzatore”. Ed è quello che i suoi successori, da Ted Shawn e Martha Graham stabiliranno con precisione. Isadora Duncan poneva così, anche se in forma ancora confusa, il principio dell’espressività del movimento su cui è fondata tutta la danza moderna. Secondo la Duncan, solo un gesto libero e sincero può far sì che “la carne diventi luminosa e trasparente”, specchio della divinità. Isadora Duncan non ha lasciato né una scuola né un corpo di teorie, né una tecnica. Ha portato lo spirito nuovo che avrebbe reso possibile il grande rinnovamento, la nascita e lo sviluppo della danza moderna, ha persino abbozzato i principi della futura tecnica di questa danza e tutto inizia con la critica del balletto classico. Non usa scarpette, né tutù, danza scalza e fu scandalo: i piedi invece di sfuggire al suolo come nel balletto classico, alla pesantezza, alla realtà, diventano al contrario il punto di contatto essenziale con la terra carica di vita... e a partire da questo, da questa comunicazione con la terra, con la vita e i suoi ritmi primordiali, la musica s’impadronisce del corpo del danzatore ed è un nuovo sacrilegio: Isadora osa per prima danzare Bach, Chopin o Beethoven e insegna ai suoi alunni: “Ascoltate la musica con l’anima”. Con la sua volontà di ridare alla danza un significato umano, di farle dire la fede o la passione, la collera o la speranza, ha liberato il corpo, ha liberato il movimento, ristabilito un nuovo legame fra la danza e la musica. Libera materialmente il corpo da tutto ciò che lo comprime perché possa essere un mezzo di espressione. Appariva vestita di una leggera mussola: il corpo è un fulcro di energia il corpo è sacro. Isadora Duncan vuol far rivivere i movimenti delle danze dionisiache della Grecia, la tragedia, con la sua musica e i suoi cori. Lei fa cantare i cori della tragedia greca su musica bizantina. Dice: “la mia anima era un campo di battaglia di cui Apollo e Dionisio, Cristo, Nietzsche (fu il primo filosofo della danza) e Richard Wagner si disputavano il terreno”. Questa pagana sentiva intensamente la “la presenza del sacro”. Non sa il nome del dio che abita, in lei, ma è sicura che sia un dio danzante.

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La sua apertura fu determinante per l’avvenire ma anche durante la sua vita ha contribuito alla presa di coscienza di quello che saranno i creatori della danza moderna. “… il corpo diviene trasparente ed è solo l’interprete dell’anima e dello spirito”

Ted Shawn danza il dio Śiva Ruth Saint Denis Nel 1914 dall’incontro di Ted Shawn (1891-1972) e Ruth Saint Denis (1879-1968) nasce la prima scuola laboratorio per l’educazione al movimento e alla danza. Tentano di ricostruire la frattura fra il sacro e profano e riaffermare l’importanza della potenza maschile nella danza (Ted Shawn creò una troupe di danza composta esclusivamente di uomini). Quando Ted Shawn (studente di teologia divenuto ballerino) incontra Ruth (la quale attraverso la danza studia le religioni dell’umanità) e la vede danzare, capisce di non aver abbandonato la religione per la danza, ma che la cercava nella danza. La loro unione portò allo sviluppo della danza, due contributi fondamentali:

- un arricchimento del vocabolario, con l’integrazione dell’apporto delle danze non occidentali.

- Una teoria e una tecnica sistematica della danza in quanto espressione dei sentimenti e del valore dell’uomo.

“Nella danza non si tratta di dire ma di essere... e la danza é l’espressione più alta dell’essere”. Ted pensa che la danza debba essere al centro dell’educazione scolastica e universitaria e che sia alla radice viva, carnale, di ogni cultura perché è “materia” intrinseca dell’essere umano. Ruth S. Denis come Isadora Duncan, che considera “l’incarnazione del ritmo cosmico”, danza a piedi nudi, non sulle punte.

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Sia per lei e per Ted Shawn ogni danza è essenzialmente religiosa: si cancella la divisione fra il corpo e lo spirito, fra l’arte e la religione. In Occidente c’è ancora questa divisione e Ruth considera questa civiltà decadente, e si rivolge verso l’Oriente. Danzando Rhada, danza religiosa dell’India, non solo a piedi nudi, ma vestita solo con qualche gioiello di rame sul corpo nudo, non suscita meno scandalo di Isadora Duncan sotto i suoi veli trasparenti. Nelle danze orientali la tecnica che veicola l’emozione è quella della parte superiore del corpo, soprattutto le mani e il volto. La Meri (danzatrice americana che insegnava le danze non occidentali) l’iniziò al “Hasta Mudras” linguaggio danzato delle mani (54 movimenti delle mani) che risale ai riti legati agli anni del Rig Veda. Le insegnò anche la tecnica del volto (mukhaja), la più sottile di tutte, e quella dei movimenti del collo e del portamento della testa, legati al controllo della colonna vertebrale. Per comprendere queste danze ed eseguirle bisogna partire dallo spirito che le ha generate e non dalla tecnica. Ruth e Ted fecero una tournée in Asia avendo successo e Ted danzò le danze del Dio Śiva (simboleggia l’eterna trasformazione dell’universo, distruzione-creazione). Ruth sognava di creare un’università della danza che fosse la “cattedrale del futuro”, sintesi di tutte le arti non solo per ascoltare, ma per vedere e soprattutto partecipare. Riuscì, affrontando il dualismo cristiano a reintrodurre la danza nella liturgia in una delle più grandi chiese di New York, danzò con il suo gruppo mentre due preti leggevano il Vangelo e il coro cantava. Ted Shawn fin dal 1917 aveva danzato durante l’ufficio religioso a San Francisco. La danza così concepita era strettamente legata alla musica, benché Ruth S. Denis e Ted Shawn abbiano sperimentato il legame con la poesia, la danza senza accompagnamento, il corale, la percussione. Ted Shawn sosteneva: “La musica, stimola il sistema motorio ed è in stretta armonia con il principio di totalità”. Per Ruth S. Denis il problema era quello di rendere sensibile la struttura, il linguaggio e soprattutto il contenuto emozionale della musica: “visualizzare la musica”.

Loie Fuller (1862-1928) – danzatrice statunitense, tiene a battesimo la carriera sia di Isadora Duncan, sia di Ruth Saint-Denis, più giovani di lei. Fu lo specchio della rivoluzione scientifica del suo tempo. Le sue coreografie erano giochi di luce ed effetti che hanno influenzato fortemente anche il teatro contemporaneo. Divenne addirittura

un’esperta elettricista per riuscire a catturare le emozioni della luce.

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La Shirt Dance introduce il movimento del costume come fattore integrante del gesto coreico: indotte dalla danzatrice, le rotazioni e le oscillazioni della gonna fanno parte della danza. È questo il punto di partenza di Loie Fuller creatrice della danza serpentina, inaugurata nel 1891. Cancellando l’immagine della ballerina, Fuller esalta i tre coefficienti essenziali della danza che sono l’energia, lo spazio e il tempo. La musica non è più il filo conduttore, ma accompagna la danza come semplice metafora del movimento in atto. La danza serpentina è quindi un’astrazione. Con essa, il gesto coreico cessa di essere primordiale di espressione di una identità ontologica dell’umano. Per Loie Fuller la danza è un’arte cinetica, plastica, visiva, cromatica, ormai liberata da qualsiasi narratività. La sua danza serpentina è solo l’avvilupparsi nello spazio di un velo in movimento che filtra e trasuda la luce: il velo s’avvoltola, turbina, ondeggia, si distende, s’innalza, si chiude, si gonfia, tracciando varie forme volumetriche, mentre diventa subitamente incandescente, o si scolora a poco a poco, rendendosi spettrale, diafano, cangiante, scoppia come un fuoco d’artificio o svanisce adagio in un chiarore da tramonto. Il movimento è un valore autonomo, e la danza è modellata dal solo istinto plastico che regola l’accordo tra il gesto, la forma e la luce colorata. Lo spazio della performance e quello della scena nella sua totalità, includendone i mezzi tecnici. La danzatrice si esprime attraverso un medium esterno al suo corpo, azionandolo affinché diventi materia dinamica, plastica pura, arabesco coreografico disegnato tramite linee e volumi essenziali. Gli spettacoli della Fuller sono magici. Lei non ignora la tradizione più antica della danza, giacché s’ispira in particolare alla velificatio che accompagnava le cerimonie pubbliche, e anche a tutte le forme più antiche, asiatiche e arabo-orientali, delle danze che implicano il fluttuare di un tessuto, tra cui la “danza del velo”. La danza serpentina, la sua dimensione innovativa, è talmente in anticipo sui tempi storici che la sua rivoluzione sarà capita solo molto più tardi, soprattutto dai futuristi italiani. 10

GGG Ted Shawn tentò di danzare o di far danzare la melodia “a solo” da un uomo con movimenti femminili. Da una sua concezione i movimenti maschili allargano lo spazio, i femminili lo chiudono. Dalla musica e dalla danza dei negri d’America si sforzerà di far risaltare i grandi movimenti e i principali ritmi del jazz.

10 La Danza delle Avanguardie – Mart – Rovereto (TN)

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L’apporto più importante di Ted Shawn per la creazione della danza moderna e per la storia della danza fu lo studio sistematico dei movimenti del corpo umano e delle leggi dell’espressione delle emozioni e scrive che: “tutto quello che c’è di bello e di intelligente nella mia opera e in quella dei miei allievi, viene tutto direttamente da Delsarte”; commediografo, cantante, consacrò la sua vita all’osservazione dei gesti espressivi delle persone, in tutte le situazioni della vita. “Il gesto diceva Delsarte è più del discorso”.Il gesto è l’agente del cuore, l’agente persuasivo. Il gesto è lo spirito di cui il discorso è solo la lettera. Non vi è nulla di più brutto di un gesto senza significato e questo da solo mostra il cammino che la danza doveva percorrere per passare dal codice astratto del balletto classico alla danza di espressione e di azione. I due principi fondamentali della sua teoria sono il principio di corrispondenza: “A ogni funzione spirituale corrisponde una funzione del corpo e a ogni grande funzione del corpo corrisponde un atto spirituale” (superamento dualismo fra l’anima e il corpo) e il principio di trinità: “l’uomo, fatto a immagine di Dio, porta nel suo essere l’impronta sacra della sua triplice casualità”. Delsarte lo commenta così: “i tre principi del nostro essere: intelletto, anima, vita, formano un’unità”. Delsarte chiama le gambe “le bestie da soma” e le considera meno espressive; considera il torso come centro emozionale e morale e la testa come sede intellettuale. Questa gerarchia delle parti del corpo capovolge la concezione della danza classica dove le gambe avevano il primato. L’egemonia appartiene ormai al torso. Ogni parte del corpo qualifica la porzione di spazio a cui appartiene e, nell’analisi del significato dei gesti, Delsarte tiene conto della zona da cui parte e di quella in cui va. Egli distingue tre forme essenziali di movimenti: i movimenti di opposizione: sono quelli in cui due parti del corpo si muovono nello stesso tempo, ma in senso opposto. L’opposizione dà a un movimento il massimo di espressività. Se protendiamo un braccio o una mano per affermare o per convincere, è un gesto debole, ma se lo combiniamo con un movimento simultaneo del busto che si inarca, dell’altra spalla che indietreggia e della testa che si getta all’indietro, il gesto prende tutta la sua intensità, il suo rilievo la sua autorità. È una legge estetica molto generale, messa in opera anche da Michelangelo (per esempio: negli affreschi della Sistina, i movimenti di Dio che dà la vita ad Abramo e dell’uomo che la riceve) e anche da Rubens. Vi è parallelismo quando due parti del corpo si muovono allo stesso tempo e nella stessa direzione. È il gesto della supplica, dell’offerta, della preghiera (le braccia sono in avanti), il balletto classico ne faceva uso molto estensivo. Le successioni sono movimenti che percorrono tutto il corpo, animando ogni muscolo, ogni osso, ogni articolazione. Delsarte dice: “sono la forma privilegiata

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di espressione delle emozioni”. Alcune “successioni” partono dalla periferia per raggiungere il centro del corpo. Altre, quelle più forti si originano nel torso per irradiarsi nelle membra (esprimono più potenza). La successione fondamentale è quella che, partendo dal torso, mette in movimento la spalla, poi il braccio, poi il gomito, l’avambraccio, il polso, la mano, le dita mentre, l’impulso centrale mobilita il corpo intero con ondate successive rigorosamente dominate e controllate. L’uso cosciente di questa legge della successione fu uno dei maggiori principi su cui si basò la danza moderna per rinnovare la tecnica della danza. Le ricerche di Delsarte riguardavano essenzialmente il teatro, il mimo e il canto e, perciò come ha potuto Ted Shawn applicare questo insegnamento alla danza per cambiarne il linguaggio e il significato? Il significato della danza è cambiato perché il corpo viene coltivato non solo per dare prova di abilità ma soprattutto per esprimere con i suoi movimenti delle emozioni anche molto intense. Quanto al linguaggio, è stato arricchito dalle scoperte di Delsarte su quattro punti essenziali che contrapporranno ormai la danza moderna al balletto:1) il primato del ruolo del torso sorgente e centro primordiale di espressione a differenza del torso generalmente rigido del balletto classico, semplice punto di attacco e asse di equilibrio dei movimenti delle braccia e soprattutto delle gambe. 2) Il ruolo principale delle successioni che partono dal torso e percorrono tutto il corpo. “Che ogni vertebra,diceva Ted Shawn, sia mossa coscientemente e separatamente”, per far sentire il flusso di ogni sequenza di movimento. Da qui derivano gli esercizi fondamentali di formazione alla danza moderna: il corpo che cade e controlla la sua caduta, rotolandosi per terra e raddrizzandosi con una contorsione, mentre il tronco resta in tutte le fasi il motore essenziale dell’azione del danzatore. 3) L’uso cosciente e volontario, controllato e ritmico dell’alternanza della tensione e dell’estensione, fondata sulle leggi di Delsarte. Le parole inglesi, francesi concration (rigidezza) e release (abbandono - perdita di sé) impiegate nel corso della danza non danno un’immagine giusta di questa polarità. I termini tedeschi Anspannung, e Abspannung calzano meglio con la realtà da esprimere: quella del flusso e riflusso, della concentrazione e della diffusione dell’energia, diastole e sistole, legge del ritmo della vita scoperta da Delsarte. I due movimenti si contrappongono e si implicano insieme: ciascuno risulta dal precedente e acquista tutta la sua intensità solo in rapporto all’altro. Il balletto classico aveva privilegiato la tensione per non aver preso coscienza di questa dialettica del movimento umano e, per reazione Isadora Duncan, ha avuto tendenza a mettere unilateralmente l’accento sulla distensione. 4) Il riconoscimento del valore del peso del corpo, del rapporto dell’uomo con la terra, della gravità: il suolo non è solo qualcosa da cui ci si vuole distaccare, ma una realtà viva e resistente insieme, che nel contatto dei piedi nudi dà al danzatore tutta la sua densità terrestre, carnale, umana.

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Sulla base delle leggi dell’espressione di Delsarte, avendo formulato per primo i principi fondamentali di un nuovo insegnamento della danza, Ted Shawn con Ruth S. Denis sotto la sigla “Denishaw” ha potuto creare il “ vivaio” dal quale sono uscite tre generazioni di creatori della danza moderna: Martha Graham, Doris Humphrey, Charles Weideman, poi Merce Cunningham o Erick Hawkins, che furono formati come primi ballerini da Martha Graham, o Josè Limon da Doris Humphrey, poi ancora, alla terza generazione, dei danzatori come Taylor che dice: devo tutto a Marha Graham. La strada era aperta. La danza moderna poteva ormai nascere e svilupparsi, lo fece in altro momento di crisi della storia che esigeva da parte dei pionieri nuove iniziative per superare.

Martha Graham (1894-1991), fra gli esponenti più rappresentativi della cultura del novecento, viene considerata la madre della danza moderna. Lei è danzatrice, coreografa, drammaturga. Lei dice anche: “non mi sono mai chiamata coreografa; sono semplicemente uno strumento della Creazione”. Lei non vuole identificarsi né con il ritmo della natura né al misticismo di tutti i popoli: “io voglio dire i problemi del nostro secolo in cui la macchina sconvolge i ritmi del gesto umano e in cui la guerra ha frustato le emozioni, scatenato gli istinti”. “Nulla è più rilevatore del movimento, quello che tu sei prova la sua espressione in quello che tu fai”. Non si tratta solo dell’individuo, ma del suo paese e della sua epoca. “La danza rivela lo spirito del paese in cui ha radice”. L’anima del paese va ricercata nel suo movimento. La si sente come una forza drammatica di energia e di vitalità. “... permettere all’energia del mondo vivente e allo spirito dell’epoca di passare attraverso la propria opera e il proprio corpo e di animarli”.

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Martha Graham a cavallo tra la prima e seconda guerra mondiale, attraverso la danza, esprime il dolore, la sofferenza e il tormento dell’uomo di quell’epoca, con gestualità aggressiva e contratta. Isadora Duncan, Ruth S. Denis, Ted Shawn avevano espresso principalmente tutto quello che nella vita è bello e esaltante. Ma la prima guerra mondiale e poi la terribile crisi del 1929, hanno fatto affiorare anche l’amore e il terrore. Vi è l’amore ma anche l’odio. La gioia e il panico. E tutto questo non si può tralasciare ma lei sente di doverlo gridare intensamente e con passione. Lei aveva creato la danza dell’età dell’angoscia e della rivolta quando per quattro secoli, si credeva che l’arte potesse esprimere solo il piacere o il sogno. L’uomo è mostruoso e glorioso insieme e lei danza questo. La danza per lei non è lo specchio della vita, ma una partecipazione alla vita, una liberazione della vita attraverso il movimento. L’arte è fatta per essere vissuta e non compresa. “Credo che la danza abbia esercitato in ogni tempo un’attrattiva magica perché é il simbolo dell’atto di vivere”. La vita per lei è un’avventura contrariamente alla tradizione puritana e l’anima e il corpo né fanno parte indivisibilmente, e l’arte non può essere vissuta se non da un essere totale. Studiò i rituali del mondo antico degli indios attraverso cui può esprimere, con la massima intensità, il dramma del mondo, vissuto attraverso la sua condizione di donna; assimila gli apporti del jazz “quel colpo di fulmine che aveva rischiarato il cielo dell’arte” introdotto in America dai negri e quando la danza non le offre più modelli ai quali possa ispirarsi, si volge verso le altre arti: verso la pittura di Picasso, le ricerche astratte e i libri di Kandinsky, verso la musica di Bela Bortok, verso il surrealismo di T.S. Elliot e anche verso la psicanalisi di Freud e di Jung. La lettura di Platone l’aveva portata alla conclusione che la mitologia era la psicologia di un’altra epoca. Quella di Freud e poi Jung e della sua concezione degli “archetipi” le ispirò il desiderio, di “rendere visibili le realtà interiori nascoste sotto i simboli accettati”. Per la Graham ogni storia individuale reca sempre le tracce della memoria dell’umanità intera, vi è una memoria del sangue che ci parla .... In noi scorre un sangue millenario, con i suoi ricordi. “Per lei, la “danza, viene dalla profondità della natura dell’uomo, dall’inconscio dove abita la memoria... ed è diretta verso l’esperienza dell’uomo, dello spettatore per risvegliare in lui analogia e ricordi. L’arte è evocazione dell’intima natura dell’uomo. Attraverso l’arte, che trova le sue radici nell’inconscio, nella memoria del nostro genere, è la storia e la psiche del genere umano che viene messa a fuoco”. Come spiegare altrimenti quei gesti e pensieri istintivi che ci giungono non preparati né attesi? La sua danza scaturisce dal pulsare nella vita, che nasce dai ritmi vitali binari del respiro, del battito cardiaco, che racchiude in sé il mistero della vita e lo esprime

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attraverso gesti e movimenti che sgorgano da principi semplici e dinamici – “contraction and release, fall and recovery” - dall’equilibrio di forze libere e complementari ….Una danza che - come spiegò lei stessa nel film del 1957 “A Dancer World” - ricrei la comunicazione della propria esperienza attraverso i mezzi dell’azione, riveli il “paesaggio interiore” dell’uomo e sia lo specchio dei mutamenti della società ....11 In quasi settant’anni di palcoscenico, di impegno coreografico (ha creato oltre 180 titoli), di ricerca e di totale dedizione alla danza è riuscita a fare di questi ideali una tangibile realtà. La sua tecnica è stata comparata per importanza a quella classica, la sua Compagnia ed il suo Ensemble l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo, dall’America all’Europa, all’Oriente. Il suo “metodo”innovativo per la prima volta osava a liberare i ballerini dai passi stabiliti e dalle regole del balletto classico; tutto il corpo è coinvolto mirato a “riscoprirne le potenzialità naturali, la spontaneità”. “La danza ha due facce asseriva Martha Graham, una è la scienza del movimento, la tecnica che è una fredda scienza esatta e deve essere imparata accuratamente, e l’altra è la distorsione di questi principi, l’uso di questa tecnica costretta da un’emozione”. In questo modo la danza da lei creata diventa un’arte libera, espressiva e assolutamente moderna, influenzata dai corpi e dalle emozioni e dunque dal tempo, dalla società e dagli eventi.... Le sue coreografie raccontano d’amore ma anche di femminismo, di interiorità ma anche, soprattutto negli anni Quaranta, di nazionalismo e antimilitarismo … Impegno sociale, sentimento e interiorità sono i nodi tematici da cui non si è discostata mai, dedicandosi anche alla mitologia classica, agli archetipi, tragici e biblici riproposti anche sotto l’influenza del mondo della psiche e delle inconscio. “Inspirare, espirare, dentro fuori. La sua tecnica si basa sulla respirazione”. “Ho costruito tutto quello che ho fatto sul pulsare della vita, che per me corrisponde al pulsare del respiro”. Ogni movimento espressivo della vita prende così origine da questo ritmo primario dell’ispirazione e dell’espirazione, in questo riunirsi di forze in un centro motore seguito dalla sua irradiazione. Questo centro motore non è strettamente localizzato: in tutto il busto si annodano e snodano le forze della vita. Sotto il diaframma, che obbedisce alla dilatazione e alla contrazione dei polmoni, il punto d’appoggio di tutti i movimenti è nella ragione pelvica e genitale al centro della quale si agitano i tumulti del sesso. Vi è qui congiunzione fra le due grandi linee di forza di ogni vita; vita dell’individuo nella respirazione, vita della specie nella sessualità.

11 Tratto dal sito web www.trieste.com/spettacoli/news/rossetti_49.htlm

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La potenza della proiezione esterna e la sua espressività dipendono dalla carica di queste pulsioni e di queste pulsazioni primarie. Martha Graham porta così la soluzione al problema intravisto da Isadora Duncan: quello di un movimento chiave, dal quale si snobberebbero sequenze di movimenti. Una risposta anche alle domande poste dalle analisi di Delsarte e di Ted Shawn: non basta collocare genericamente nel torso l’origine del movimento e dell’espressione, e neppure definire, in una forma ancora più astratta i due poli dell’Anspannung, e dell’Abspannung, ma occorre scoprirne il significato vitale stabilendone il legame con i processi fondamentali della vita dell’individuo e della specie. Per Lei non era solo una regola dell’arte, questa tecnica, ma una regola di vita: “imparare a respirare sul ritmo del mondo o come dicevano i “nabis”di Israele e essere sotto il respiro, sotto il respiro di Dio”. Il secondo principio della tecnica di Marta Graham corrisponde all’esigenza di intensificare il dinamismo dell’atto. Il movimento della contrazione come quello della distensione porta delle proiezioni violente su tutto il corpo. Fondamentale è l’uso delle percussioni per assecondare fortemente questi battimenti, queste sospensioni, queste cadute e le vibrazioni che seguono, come in un gong cinese durante il periodo di recupero. Lei non maschera lo sforzo, le esitazioni, gli insuccessi, ma al contrario mostra a nudo l’uomo del nostro secolo che con difficoltà si apre un varco tra le forze che lo superano e lotta per dominarle. Il terzo principio del metodo è il rapporto con il suolo - lei ha un intenso rapporto e costante con la madre-terra. Diceva:”Camminate come se camminaste per la prima volta”.Affondare il tallone nella creta, sentire la linfa e il sangue e ritrovare con la terra il contatto vitale del cacciatore o del guerriero delle prime epoche. Martha Graham si ispira ai ritmi saltellanti osservati nelle danze rituali dell’Indios d’America. Essi battono il terreno come una molla, perché il corpo rimbalzi nell’aria ed è come una linea perpendicolare che collega la terra al cielo. “Il problema sta nel collegarvi le diverse parti del corpo”. Il principio di “totalità” è il quarto: tutto il corpo è uno strumento articolato, coordinato, orientato. Il torso, le spalle, le braccia, il volto, il ventre, le anche e le gambe formano un tutto unico, un insieme significante. Essere interamente quello che si è in tutto quello che si fa. Attraverso il metodo, attraverso il corpo si esprima una concezione della vita e del mondo, un senso profondo di ciò che può essere la comunicazione umana, la comunicazione diretta, da spirito a spirito. Tutto ci riguarda nella nostra interezza. Attraverso questa disciplina della danza esercitiamo l’irrinunciabile diritto alla riconquista di sé. Con Martha Graham la danza moderna, come forma di rapporto con gli uomini e con la loro storia, non è solo una nuova forma di comunicazione; diviene un aspetto della coscienza del mondo che si sta facendo.

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Martha Graham ha scoperto per la danza uno stile molto vicino alla pittura, all’architettura e alla poesia moderna e nella creazione poetica consiste il quinto principio del metodo. Come sono scomparse le infioriture dalla nostre case, come i pittori e gli architetti moderni, abbiamo gettato via gli orpelli decorativi, così la danza non ha più imbottiture: è meno graziosa, ma più reale. Come la poesia, come la pittura, la danza di Marta Graham raggiunge la monumentabilità usando pochissimi mezzi. La danza non è l’arte di evadere dalla realtà ma di identificarsi con essa. Qui sta la grandezza di Marta Graham che ha portato un fuoco sulla terra. Anche quando Martha Graham non danza più, è presente in tutti i ritmi di passione, di lotta e d’amore del nostro secolo. Negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, fiorì in Europa centrale, la danza espressionista.

La più importante rappresentante di quest’arte fu Mary Wigman (1886 -1973): danzatrice complessa le cui danze possono essere veramente comprese solo se vengono inquadrate nel periodo post bellico. La carneficina della guerra fu per i tedeschi uno spauracchio onnipresente e per Mary dire sì alla vita era una necessità per sopravvivere. Le sue danze, alquanto mai frivole, esprimevano il sacrificio, danza di sfida, di vita di fronte alla morte. Il movimento nella danza di Mary Wigman, non può essere compreso se non dalla partecipazione al tormento che la anima. La danzatrice tedesca ha una concezione radicalmente diversa dello spazio, del movimento, della musica rispetto a Martha Graham. Spazio illimitato in Martha - Spazio limitante in Mary Wigman. Lei lo vive come schiacciamento del danzatore, la danza risulta tormentata: la sua testa era spesso abbassata, le spalle cadenti e le braccia raramente si levavano; spesso è

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inginocchiata, rannicchiata o strisciante. Per lei lo spazio è un partner con il quale bisogna fare i conti, è un respiro che bisogna conquistare contro soffocanti pressioni. Forse vi è l’espressione estetica di quella sensazione della Germania che si sente oppressa, al centro dell’Europa, e che in due riprese nel 1914 e nel 1940 partirà alla conquista dello “spazio vitale”. Questo modo di vivere lo spazio determina una certa concezione del movimento: il punto di partenza non può essere come in Martha Graham l’atto di respirare perché il movimento non è essenzialmente un rapporto interno all’uomo ma un rapporto immediato fra l’uomo e l’ambiente minaccioso nel quale si dibatte. La “tensione” prende un senso nuovo: non è più una concentrazione del corpo su se stesso, ma un raccogliere le forze dell’uomo puntellato contro forze esterne. Vi sarà dunque in questo movimento meno continuità e più imprevisto, come nell’espressionismo tedesco che Mary Wigman conosce profondamente. La sua ricerca per “dare una forma al caos” è tormentata. Tutte le sue creazioni di danza nascevano dalla consapevolezza che il corpo era la manifestazione visibile di un essere che esiste solo in quanto è lo specchio fedele dell’umanità. Sebbene le sue danze avessero radici nella passione della sua mente, non erano danze intellettualistiche: Mary Wigman attingeva a ricche fonti scaturenti da origini primordiali e simboliche, e il suo lavoro mostrava una forte propensione a una fede mistica la cui profondità rimane elusiva quanto simbolica. Per Mary Wigman la musica non può preesistere alla danza né esserle appioppata dopo. Per lei deve venire composta contemporaneamente in una collaborazione creatrice tra il coreografo e il compositore. Per rispettare la specificità della danza, la musica deve nascere con essa, dai movimenti della vita. Capita che Mary danzi senza musica del tutto, e che il movimento sia rituato solo dalla percussione dei suoi piedi nudi sul suolo; oppure usa strumenti orientali, strumenti a vento, arcaici, tamburi indù, gong babilonesi. Talvolta s’ispirò alle danze dell’Africa e dell’Asia orientale e spesso fece uso delle maschere. Da ricerche arricchì la sua esperienza con quella del cubismo e dell’astrattismo in pittura, riterrà che la danza non deve, come la pantomima (espressione di gesti scenici), raccontare una storia ma, creare una realtà nuova della vita, un mito rilevatore dei possibili futuri dell’uomo e questa nuova realtà è il simbolo della realtà di tutti. Nel 1931 la più creatrice delle sue allieve Hanya Holm andrà a creare a New York una scuola di danza, Mary Wigman, operando così la congiunzione fra due grandi correnti innovatrici della danza moderna, in America e in Germania.

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Per Rodolf Von Laban (1879-1958) la danza è essenzialmente una poetica dei movimenti del corpo nello spazio. Le evoluzioni del danzatore costruiscono nello spazio un’architettura, ma la sua struttura scaturisce da significati interni dell’azione e dell’emozione e non da un codice di bellezza, da un estetica a priori. Lo spazio si concepisce quindi a partire dal corpo del danzatore e dai suoi limiti. Esprimere le emozioni attraverso il movimento del corpo umano è lo scopo di Laban come quello di Mary Wigman (studia la danza con lui durante la prima guerra mondiale in Svizzera), e di tutta la danza moderna. Egli non usa i movimenti per formare delle figure, come nel

balletto classico, né semplicemente per suggerire dei ritmi come Dalcroze (musicista austriaco che teorizzò e sperimentò una ginnastica ritmica come ausilio alla comprensione della musica): il movimento per lui è la manifestazione esteriore di un sentimento interiore. Sostiene:

“i movimenti della danza sono i movimenti della vita”. 12

L’uomo rivela, attraverso i movimenti, il suo desiderio di raggiungere uno scopo. Egli può, è vero, esprimerlo con la parola o col mimo. Laban sottolinea la specificità della danza: tutto ciò che il mimo dice può essere tradotto in parole; non altrettanto avviene per la danza. Il mimo è la prosa del linguaggio del movimento. La danza né la poesia. L’uno imita la realtà, l’altra penetra nel mondo del silenzio in cui l’uomo, al di là del gesto utile, anticipa il proprio avvenire. L’obiettivo è scoprire il senso stesso della nostra vita, delineare le possibili incognite, evocare desideri lontani in rapporto ai quali i desideri quotidiani acquistano un significato. Teatro e danza ci introducono alla realtà della vita interiore, delle decisioni da cui nascono i valori. Il principale problema della danza e di far sorgere la musica dai movimenti. Pensare per movimenti e non per parole o per mimi, significa andare al di là della realtà già esistente e scorgere una realtà che sta per nascere, per decidersi e poi per costruirsi nel cuore dell’uomo. Un solo movimento o una sequenza di movimenti deve rilevare contemporaneamente, il carattere di chi lo compie, lo scopo perseguito, gli ostacoli esterni e i conflitti interni che nascono da questo sforzo. Né parola né il mimo possono bastare a questo - come prima cosa va

12 (rif. I.B.F. Assessorato alla Metodologia - elenco ufficiale degli esercizi delle musiche e delle consegne 2005 Biodanza Sistema Rolando Toro)

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aggiunto il Ritmo: Laban nota che il ritmo da solo è un linguaggio particolare che può veicolare un significato senza ricorre alle parole. “È il corpo in movimento a generare il suo ritmo, la sua musica, a emettere un suono articolato o disarticolato, a generare, comunicare e comprendere il senso della parola poetica da esso pronunciata”. Per Laban la danza ha affinità con il lavoro; hanno un denominatore comune, di essere sforzi ritmici e compiono dei movimenti attraverso i quali l’uomo non si accontenta di riprodurre la vita quotidiana, ma produce una vita più alta trasformando insieme il mondo e l’uomo che trasforma il mondo. Per lui i movimenti del lavoro costituiscono la base degli esercizi della danza, e i movimenti della danza sono uno stimolo per l’uomo al lavoro e anche un mezzo per esaltare quello che vi è di specificatamente umano nell’uomo, dopo la tensione mortificante del lavoro ripetitivo a catena. Le radici della danza sono il lavoro e la preghiera. Durante la seconda guerra mondiale fu assunto come consulente di ergonomica dalle industrie inglesi “Marsi”: il problema era di dover sostituire nella catena di montaggio gli operai in guerra e perciò dover trasformare la manodopera femminile in efficienti operaie. Grazie all’educazione impartita loro dalla danza libera che sensibilizzava all’esecuzione di ritmi diversi, e dunque quello naturale del corpo sia quello artificiale imposto dalle macchine industriali, le nuove operaie riuscirono a salvare la produzione dimostrando nel contempo il grande potenziale applicativo della nuova danza. 13 Il lavoro rappresenta, attraverso la danza e la musica, le particelle elementari che costituiscono la materia dell’universo. 14 Laban distingue due tipi essenziali di movimento: “movimenti centrifughi (free flow) che partono dal centro del corpo, dal torso e si diramano verso la periferia, verso le estremità delle gambe o braccia, e i movimenti centripeti (baund flow) che partono invece dalle mani per rifluire verso il centro del corpo, in un movimento di ripiegamento su se stessi o di rapimento mentre il “free flow” è espansione o repulsione, sia sotto forma di ondulazione continua sia di brusca distensione. Il corpo reagisce come una totalità organica: ogni sua parte è coordinata con tutte le altre come un musicista all’orchestra. Rudolf Laban fu un uomo dotato di grande carisma e magnetismo. Danzatore, ricercatore e teorico della danza e del movimento, fondò la danza libera centroeuropea poi evolutasi nella danza moderna ed espressionistica tedesca.

13 http://www.airdanza.it/attivita/convcantieri.html 14 http://www.muspe.unibo.it/soffitta/1999/danza/appunta.htm

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Laban e la danza come espressione estetica, sociale ed antropologica La danza è per Laban un’arte con i propri valori estetici, e nel contempo esperienza di alto significato sociale e antropologico. Nel primo caso, si tratta di una disciplina del performer professionista, destinata ad una rappresentazione di fronte ad un pubblico, mentre nel secondo caso, Laban si confronta con le potenzialità sociali, pedagogiche e comunitarie insite nell’espressione danzata, in quanto esperienza di conoscenza di sé nella relazione, “danza corale” attraverso al quale ognuno può “mettersi in contatto con il movimento dell’universo e recuperare un senso di appartenenza”. Laban parlava di “Danza della Natura” ritenendo che la costruzione formale della natura avvenisse sulla base delle stesse leggi universali spaziali e fisiche che sono alla base della danza. La danza era quindi l’espressione del ritmo originario che da solo costituisce l’essenza del mondo. Inoltre, la danza per Laban è il frutto dell’incontro di due aspetti quali la sua libertà, intesa come liberazione da ogni condizionamento fisico, da ogni tecnica precostituita, da leggi esterne alla sua autonomia e fenomenologia, e la sua intima connessione con le altre forme espressive del corpo. Tale visione della danza era coniugata, in Laban e nel gruppo di intellettuali di cui faceva parte (che si riconoscevano nelle attività che si svolsero presso il Monte Verità, ad Ascona, in Svizzera, negli anni ‘20), ad una visione particolare dell’universo e del senso dell’uomo in esso. Laban scoprì che la struttura delle forme in natura (cristalli, piante, animali) è soggetta a leggi spaziali simili a quelle che soggiacciono al movimento armonico del corpo: il movimento umano è dunque una sorta di creazione continua di frammenti di forme cristalline. Nel suo studio del movimento Laban considerava come parametri fondamentali il peso, lo spazio, il flusso, il tempo e l’energia. Ogni dimensione veniva presa in considerazione nel suo significato fisico. 15 15 http://www.italiadonna.it/danza/rudolf_laban.htm

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Sviluppò anche un sistema di annotazione (scrittura) dei movimenti e coreografie (che prese il nome di “Labanotation”) che si basa sui principi generali della cinetica che regolano il movimento umano, al di là della tecnica utilizzata per danzare e conserva a tutt’oggi la sua efficacia e universalità. Uno tra coloro che con più forza hanno realizzato le teorie di Laban è Kurt Joss, assistente e primo ballerino di Laban quando nel 1921 dirigeva il teatro nazionale di Mannheim. Gli studi di Laban hanno avuto un’influenza profonda anche fuori dal campo della danza: per il teatro, gli studi sulla comunicazione non verbale, l’ergonomia, la psicoterapia, la pedagogia, la medicina della riabilitazione, lo sport e perfino il comportamento animale.16

Doris Humphrey (1895-1958) dice che “la danza si nutre dei movimenti della vita”. Studia i gesti che divide in gesti sociali, funzionali, rituali, emozionali. I gesti sociali sono quelli che esprimono, in modo diretto o simbolico, i rapporti fra gli uomini. I gesti funzionali sono, essenzialmente, i gesti del lavoro che non esprimono più soltanto un rapporto da uomo a uomo, ma un rapporto con la natura (nelle danze popolari soprattutto Laban ha ritrovato l’essenza dell’atto del lavoro). I gesti rituali esprimono nella vita religiosa il rapporto dell’uomo con le forze soprannaturali, con i suoi dei, i movimenti delle danze che furono spesso delle liturgie (oggi

sussistono ancora nelle cerimonie della vita profana civile con i cortei, alzarsi e sedersi, gli applausi scanditi, le grida collettive). I gesti emozionali, i più importanti per il danzatore, sono quelli che generano spontaneamente i nostri diversi sentimenti. Ma se la danza si nutre con i movimenti della vita, se ne scopre le radici, non mira mai al realismo: fa del gesto un movimento e questo gesto non è mimico ma ritmico. Come si opera questa metamorfosi? Il movimento deve trasformarsi qualitativamente, in esso deve esprimersi l’unità di una cultura e di una civiltà, lo spirito di un popolo o di un’epoca. Solo così si può acquistare lo “stile”. Un’opera non si realizza sovrapponendo in maniera eclettica elementi presi a prestito da altre forme di danza. Doris partecipò nel 1925-1926 alla grande tournée di diciotto mesi della Compagnia Denishawn in oriente, in Giappone, in Cina, Malesia, India, a Giava, provò grande ammirazione per le danze di ognuno di questi popoli, danze della loro cultura, che esprimevano l’essenza di una civiltà, ma insieme provò disagio davanti ai 16 Silvana Barbacci- Master in Comunicazione della Scienza - Sissa

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tentativi di Ruth S. Denis di usare la tale o talaltra tecnica delle danze dell’Asia perché esprimevano drammi a loro estranei. Era come perdere la loro forza: la loro autenticità. Doris aveva coscienza di non poter danzare come una cinese, una indù, una giavanese perché non poteva esprimere autenticamente il gesto, il movimento da dentro di sé perché lei era percossa da una corrente di tradizione differente. Ruppe con Denishawn per ragioni simili a quelle di Martha Graham, con la volontà di esprimere il suo popolo e il suo tempo. Il primo compito del coreografo secondo lei, è nutrirsi della linfa del mondo in cui vive, della sua cultura, dello slancio delle sua civiltà e l’artista imprime a quel movimento il ritmo volontario della sua vita creatrice e militante per l’avvento dell’uomo umano. Partecipare al dinamismo di questo mondo creando un’arte capace di contribuire alla sua umanizzazione. Martha Graham, Mary Wigman e Doris Humphrey hanno concepito questo ritmo in tre modi radicalmente diversi. Il ritmo fondamentale, per Martha Graham, è il ritmo respiratorio, quello dell’atto primario della vita biologica. Il conflitto, per lei, è interno all’uomo. Il ritmo fondamentale, in Mary Wigman, è il ritmo emozionale, quello che nasce da una passione dominata, dalla motivazione del gesto nello sforzo di strapparsi a una realtà esterna soffocante. Il conflitto è interno all’uomo, ma nel suo rapporto con un mondo esterno che lo schiaccia. Il ritmo fondamentale in Doris Humphrey, è il ritmo motore che si genera nel rapporto fra il corpo e lo spazio. Il movimento primario è, per lei, lo sforzo per resistere alla gravità, essendo la gravità simbolo di tutte le forze che minacciano l’equilibrio dell’uomo, la sua sicurezza. Il conflitto è fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda. Questa lotta contro la gravità non ha niente in comune con la pretesa del balletto classico di negare la gravità. Al centro di questa danza concepita come un dramma vi è il problema di affrontare questa gravità a cui non si sfugge con la grazia, ma con la quale si lotta con sforzo. La scoperta primordiale di Doris Humphrey sta nel collegare la danza e la sua tecnica alla legge stessa della vita: la tensione dell’uomo che si contrappone a un mondo che gli resiste, alla tentazione, al rischio permanente della caduta, del rilassamento, dell’abbandono. Movimento che non si ferma mai, né nella danza, né nella vita. Questa polarità dell’atto di cadere e di riprendersi (“fall and recovery”), della tensione e della distensione, è per Doris Humphrey la legge primaria tanto della danza quanto della vita. “Concepisco, il movimento usato dal danzatore, dice, come il risultato di un equilibrio. Tutta la mia tecnica si può ricondurre a queste due azioni: allontanarsi da una posizione di equilibrio e ritornarci”. Alla fine di entrambi movimenti c’è morte - la morte statica o equilibrio costante, o la morte dinamica in un movimento troppo spinto, lontano dall’equilibrio -. Il movimento

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che si crea tra queste due morti rappresenta simbolicamente la lotta dell’uomo per la sopravvivenza: l’essenza del movimento è rappresentata dalla dialettica “caduta e recupero” che la Humphrey legge non solo come vitale per il corpo fisico, bensì di grande rilevanza psicologica per le implicazioni che comporta. La danza come la vita, è il luogo di scontro fra Dionisio (desiderio d’infrangere ogni regola e ogni limite) e Apollo (senso della misura e dell’equilibrio). Quattro sono le dimensioni essenziali del movimento si cui Doris fonda la pratica e la teoria della composizione coreografica: la motivazione, anima di ogni composizione coreografica; il ritmo, quello che domina l’alternanza motrice della caduta e del ritorno all’equilibrio, è collegato come abbiamo visto alla gravità. È la gravità che produce “quel battere il passo” che è presente nella più elementare marcia umana. Il passo umano è il modello della caduta e della ripresa: equilibrio su una gamba mentre l’altra si alza e si piega, poi la gravità ha la meglio, l’uomo vi si abbandona e rimbalza per terra quando il piede la colpisce. La vita come la danza è fatta di cadute e riprese. La terza dimensione del movimento è il dinamismo, cioè i cambiamenti d’intensità. Scarica d’energia che può essere posta all’inizio, in mezzo o alla fine sempre in funzione delle motivazioni. Il disegno, cioè la forma visuale del movimento si sviluppa insieme nello spazio e nel tempo. La sua struttura nasce dall’esperienza quotidiana della vita, dell’ambiente che ci circonda, dalle abitudini impresse in noi dalle altre arti: l’architettura, l’arredamento, le macchine, la pittura. Questi disegni possono essere simmetrici, la simmetria suggerisce brio e riposo, o al contrario, asimmetrici, in quanto l’asimmetria appare come una caratteristica della nostra epoca, dei suoi confronti e delle sue contestazioni. Ogni disegno, simmetrico o asimmetrico, può essere fondato su un’opposizione (angoli) o su una successione (curva). Le linee contrapposte suggeriscono la forza: l’urto di due vettori drammatizza ed esalta la vitalità, l’energia. Il disegno è così al servizio del dramma: esso ha il compito di rendere visibile l’emozione. Le stesse leggi che regolano il disegno dei movimenti di un danzatore stabiliscono le evoluzioni di una coppia o di un gruppo. Anche qui il disegno deve essere leggibile: formare una curva continua o indicare degli urti. Uno spazio strutturato per costituire un disegno può essere quello della scena, per esempio: ogni punto del luogo teatrale ha una carica emozionale che il danzatore deve averne coscienza. Doris Humphrey elaborò non solo una teoria sistematica della composizione coreografica, ma realizzò un sistema di notazione (scrittura) più chiaro di quello di Laban; iscriveva su una striscia di carta che ruotava attorno a un tamburo, come uno schermo mobile, le tre “dimensioni” tecniche del movimento: su un registro si iscrivevano le forme spaziali, su un altro i ritmi; su un terzo con ba-stoncini che raffiguravano le posizioni delle braccia, delle gambe, del torso, la

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dinamica generale della danza. I danzatori potevano così seguire il loro “spartito” senza smettere di danzare. Infine la costituzione di una teoria generale rivela in tutta la sua ampiezza il ruolo educativo della danza moderna. Si può ora misurare il cammino percorso dopo Isadora Duncan. Isadora Duncan ha avuto la visione profetica di ciò che sarebbe stata la danza moderna: la realizzazione dell’unità fra la vita interiore e la vita esteriore integrate in un’unica azione. Sarebbe così terminata l’era del dualismo, soprattutto sulla separazione fra anima e corpo. La danza cessava di essere un “divertimento” per riportare invece l’uomo al centro di se stesso, dove egli s’interroga sui suoi fini e sul suo potere. La danza moderna, dando un nuovo centro al mondo, è l’arte che corrisponde a nuova epoca di civiltà. Sotto il nome di “danza moderna” la corrente che, da Isadora Duncan e Denishawn a Martha Graham, Mary Wigman, Doris Humphrey, ha assegnato alla danza nuove finalità: l’espressione drammatica delle emozioni e delle passioni, e ha elaborato una tecnica nuova del movimento corrispondente a questi fini. Ma la danza subirà ancora una metamorfosi corrispondente ai bisogni di un nuovo modo di esistere.

GGG

A partire dal 1950 e più ancora dopo il 1960, negli Stati Uniti come in tutta l’Europa, appare una rottura nei confronti della danza moderna. La danza, come tutte le arti è un tentativo di risposta alle domande poste da un’epoca. Gli sconvolgimenti dell’inizio del XX secolo hanno portato con Isadora Duncan e Denishawn a una negazione della danza classica e alla ricerca di nuovi significati e di un nuovo linguaggio. Gli sconvolgimenti della prima guerra mondiale, poi della grande crisi scoppiata nel 1929 ha esigito una nuova creazione, quella di Martha Graham e Doris Humphrey in America, di Mary Wigman e Von Laban in Germania, per elaborare le tecniche capaci di esprimere la tragedia del caos e gli sforzi per superarlo. Dopo la seconda guerra mondiale, di fronte alla perdita dei valori comincia a delinearsi una rimessa in questione fondamentale della danza moderna, la quale si è creata e si è sviluppata, respingendo l’indifferenza della danza classica per le passioni profonde e per la storia, la sua assenza di significato umano, e respingendone quindi il codice di movimenti prefissati che la rendeva una lingua morta. Da questa critica la danza si è assunta il compito di vivere intensamente quanto vi è di più significativo nelle angosce e nelle promesse del mondo moderno e di

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inventare i segni nuovi capaci di esprimerle. Ora nuovi coreografi i cui capofila sono in America Alwin Nikolais e Merce Cunningham, respingono tanto le motivazioni quanto i linguaggi della danza moderna anteriore:

- la danza non deve dare significato ma solo movimenti, movimento per se stesso, al di fuori di ogni “significato” come unica materia della danza: la danza deve esistere come una realtà autonoma, non deve “significare”.

- Le tecniche che derivano dalla volontà di esprimere terrore o estasi e di “significare” una esperienza della vita in questa prospettiva, non hanno più oggetto: né l’inspirazione – espirazione di Martha Graham, né la caduta e la ripresa di Doris Humphrey.

La danza moderna all’inizio del secolo è la prima negazione del balletto classico. A metà secolo appariva la negazione della negazione. Questi nuovi coreografi sono meno ostili alla danza classica dei loro predecessori, anche se non tornano né alle punte né alle favole mitologiche. Questo vuoto esistenziale, assenza di significato, interessa tutte le arti, è come si andasse verso un astrattismo globale: la parola non ha alcun valore, non c’è comunicazione, la pittura non ha bisogno di esprimersi, i segni e i colori hanno valore autonomo, e “tutto il mondo è un teatro”, formula di Shakespeare, viene invertita da Geneviève Serreau nel suo libro sul “nuovo teatro”: il teatro è un mondo, il mondo, o l’irrealtà del reale data in spettacolo, diventa il nostro reale. “Nuovo teatro”, “nuovo romanzo”, “nuova pittura” e “nuova danza” sono le espressioni delle nuove inversioni in un’epoca che sembra andare verso la distruzione dell’uomo da parte della società e verso la distruzione della società con l’olocausto nucleare. La fusione del cinema, della pittura e della danza si opera attraverso uno dei coreografi più caratteristici della “nuova danza”, Alwin Nikolais (1910-1993) musicista, compositore e pittore ha lavorato con Hanja Holm che aveva creato in America la prima scuola Mary Wigman. Gli viene fatto un rimprovero di: disumanizzare la danza, di renderla impersonale. Lui mescola le sue magie: movimento, colore e suono in cui però i danzatori hanno solo un ruolo aneddotico come forme colorate e danzanti senza che la loro umanità sia necessaria alla composizione. L’assenza del personaggio, dell’azione, caratterizza questa nuova danza come il nuovo romanzo o il nuovo cinema, e soprattutto la pop-art alla quale si avvicina più ancora la danza di Merce Cunningham.

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Merce Cunningham (1919) ha cominciato nella prospettiva drammatica di Martha Graham di cui fu per molto tempo il primo ballerino. Nel 1953 egli crea la sua Compagnia. Per Merce la danza non comincia dal sentimento ma dal movimento. Per lui non si tratta di esprimere un mondo né interno, né esterno. Presenta la caratteristica principale della nuova danza (che imparenta col nuovo teatro col nuovo romanzo, col nuovo cinema, con la pop-art): di considerare il movimento in sé come materia della danza. I movimenti coreografici di Cunningham nascono dal gesto quotidiano, dall’errore, dal “momento”, e non si adattano, bensì si confrontano con la traccia musicale. Ai propri danzatori, Cunningham affida il ruolo di veri e propri interpreti. Essi sono liberi di rallentare o velocizzare i movimenti, uscire ed entrare dalla scena, scegliere la successione delle frasi coreografiche da eseguire. Collaborando con John Cage (1912-1992), compositore d’avanguardia, col quale condivide il rifiuto dei metodi formali dell’arte del XIX secolo, sviluppa un approccio alla danza che vuol essere “altro” dalla musica, capace d’imporsi come sostanza a se stante dal suono e dall’immagine. La musica è indipendente dalla danza. Loro utilizzano metodi di lavoro basati sulla casualità. In “Radice di un non – centro 1944” Cunningham utilizza il metodo cinese dell’I’Ching (Il Libro dei mutamenti) per creare le proprie coreografie che tuttavia seguono la struttura ritmica della composizione musicale scritta da Cage. C’è una forte dose di improvvisazione unita ad un rigido formalismo. Nam June Paik (1932-2006) artista pioniere della video-arte, afferma che

“Merce sembra vagare sul palco senza uno scopo preciso, ma con un gran senso estetico”.

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Negli anni sessanta Cunningham è promotore dell’idea che il movimento debba essere liberato da qualsiasi sistema accademizzato. È in quel periodo che si sostituisce alla nozione classica di “spettacolo”, quella di “laboratorio” e “performance”. Cunningham, viene definito “Il grande padre” della danza post-moderna. È un innovatore anche dal punto di vista scenico: utilizza materiali in movimento, giochi di luce, strutture fisse o mobili, diapositive, spezzoni di filmati. 17 Le nuove tecnologie incuriosiscono e affascinano Merce il quale si interroga sul futuro della danza in rapporto alle stesse. Lui è già cosciente che le tecnologie arricchiranno il processo di creazione coreografica. La “tecnologia elettronica” ha introdotto un nuovo modo di vedere la realtà, di negoziare, di pensare e da questo Cunningham ipotizza un “sistema di notazione di elettronica immediata” che serve a mostrare i movimenti della danza, fermarli o rallentarli. Era necessario su tutti i piani questo spingersi al limite, per andare fino all’estremo dell’astrazione, poi per uscirne. In qualche modo è essere come a un anno zero della danza e questo aiuterà a ripensarne il senso, i principi, e i metodi dopo aver fatto piazza pulita di ogni pregiudizio. Si può iniziare a vedere il cielo più chiaro, si può intravvedere l’uscita da questo tunnel… La danza astratta come la pittura astratta era un momento necessario. L’astrazione deve essere non un termine ma un punto di partenza. Certo fu violenta la reazione di rigetto nei confronti del passato. Rifiutando i fini dell’arte anteriore se ne rigettavano anche le tecniche e, in mancanza di trovarne subito di nuove, si restava senza tecnica del tutto: il teatro cadeva nella “happening”, la pittura nell’imbrattamento e la danza nell’isterismo. La creazione di una nuova epoca dell’uomo e della sua arte sarà opera di rivoluzionari, di uomini e donne impregnati da tutta la cultura dell’umanità, da tutte le creazioni anteriori e animati da una passione così violenta dell’avvenire da essere pronti a morire per farlo vivere. La danza moderna ci ha insegnato che una rinascita è possibile.

17 http://it.wikipedia.org/wiki/Merce_Cunningham

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Jerome Robbins (1918-1998) ballerino, regista e coreografo statunitense è uno dei precursori della danza prospettiva. Ogni danza prospettiva, rivolta verso l’avvenire integra e rinnova il teatro. Sarà il teatro in cui “ha luogo”, trova posto, l’atto specificatamente umano della continua creazione dell’uomo da parte dell’uomo, e fin dalla prima coreografia (1944) Robbins orienta la danza in questa direzione. Formatosi col balletto classico integra gli apporti di tutta la danza moderna da Martha Graham a Mary Wigman, il jazz, il folclore e la grande tradizione del mimo in teatro. Coglie lo spirito del tempo e l’emergenza umana, desidera comunicare, comprendere e essere compreso. Egli ricrea così il “balletto d’azione” di Noverre (danzatore e Maestro di balletto 1727-1810). La danza vi è sostenuta dalla parola e dal canto. È un “teatro totale” in cui viene posto l’accento sul movimento. West side Story, nel 1957, è Romeo e Giulietta trasferito nel contesto delle bande e della mala che s’incontrano per le strade di New York. Il rituale della danza serve da elemento rilevatore dei significati della vita facendo fare allo spettatore l’esperienza del movimento. Danzare la propria vita, significa quindi, collocarsi nel cure delle cose al punto in cui scaturisce il futuro in procinto di nascere, e partecipare alla sua invenzione.

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“La parola divide la danza unisce” (Maurice Béjart)

Maurice Béjart (1927), ballerino, regista e coreografo direttore e maestro francese, riveste un ruolo fondamentale nell’ambito del teatro di danza del XX secolo. Figlio del filosofo Gaston Berger (1896-1960, ricercatore e studioso della filosofia più prospettiva del nostro tempo), affianca gli studi umanistici a una formazione artistica18. Maurice Béjart, aiuta la danza ad uscire dal tunnel. La danza prospettiva, nel suo

costante sforzo per partecipare all’invenzione del futuro non solo dell’avvenire della danza, ma dell’avvenire dell’uomo, non nega affatto il passato: anzi ne assimila le creazioni. Avviene così per ogni azione autenticamente rivoluzionaria; egli non si attiene né alla danza classica né alla danza moderna, ne è la sintesi: porta in se il germe di uno sviluppo incessante. È un uomo sintonizzato col movimento del nostro secolo, attento a svelare, in ogni momento, con una sensibilità sempre desta, quello che nella nostra epoca sta per morire e sta per nascere, non si è chiuso né in uno stile né in un sistema. Quest’uomo, non fermandosi di fronte alle barriere, farà saltare le antiche segregazioni: “la distinzione che si fa fra danza classica e danza moderna, dice, è un errore di fondo… bisogna prendere il buono dove si trova: la scuola accademica da una parte, la decontrazione, l’improvvisazione dall’altra, all’occorrenza la flessibilità orientale, lo slancio istintivo del folclore. La danza teatrale nelle sue diverse forme, è l’arte del movimento, libero e composto, organizzato in rapporto al tempo perché legato alla musica, al ritmo e allo spazio”. Alla passione per i voli della danza classica contrappone come la danza moderna, la gravità, il contatto tonico col suolo. Elimina le trame da fiaba, i tutù sono sostituiti da calzamaglia, che rilevano il corpo espressivo. La danza rimasta essenzialmente femminile con Balanchine (coreografo russo 1904-1983), con lui è virile. L’amore in tutte le sue dimensioni erotiche o mistiche e nella loro unità è il filo conduttore della ricerca coreografica di Maurice Béjart. La danza come la filosofia, come la fede, come tutte le arti è ricerca di quella particella di divino che è in noi.

18 http://www.balletto.net/giornale.php?articolo=103

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“L’erotismo,dice Béjart, è la volontà di negare la morte, l’affermazione della vita, quel voler vivere di cui parla Schopenhauer19….Malgrado la guerra, le epidemie, le distruzioni, le razze grazie lui sussistono, si espandono e si perpetuano. L’erotismo dipende allora dal sacro”. La volontà di dire le angosce, le rivolte, le speranze dell’uomo del XX secolo spingerà Béjart a mettere a punto un linguaggio adatto a esprimere tutto questo. Nel 1954 vedendo danzare Martha Graham al teatro dei Champs-Élysées, prende coscienza della necessità che il teatro si fondi con la danza: il ballo non sarà più un futile divertimento quando dirà ciò che solo il teatro può dire sull’uomo e sulla sua epoca e, il teatro si salverà dalla decadenza verbale solo ridivenendo gesto e danza con Eschilo, con Shakespeare, con la Commedia dell’arte, con Molière. Le sue prime coreografie si sviluppano proprio nell’universo di Shakespeare e nel 1966 crea Romeo e Giulietta. Viene considerato uno dei più importanti uomini di teatro. La danza offre oggi al teatro la sua migliore possibilità di rinascita, ha mostrato che la massima intensità d’espressione non nasce dalla parola ma dall’esteriorizzazione del gesto. Béjart ha la passione per un teatro che esprima i grandi miti che assillano l’inconscio collettivo e in cui la magia della danza amplifica il quotidiano e lo eleva alla grandezza degli archetipi. L’apertura della danza sulla vita e su una vita più intensa, più condensata e più grande della vita lo porta a integrare gli apporti dell’espressionismo tedesco e scandinavo, quello di Emil Nolde (1867-1956) e Edvard Munch (1863-1944), in pittura, quello di Mary Wigman nella danza, compreso il grido che esprime un parossismo emozionale e portato dal gesto al massimo della tensione. Dai suoi danzatori esige non solo la disciplina della danza classica ma la flessibilità e l’espressività della parte alta del corpo, delle braccia e delle mani che costituiscono la grandezza della danza indù, il carattere ieratico del “nô” giapponese, le note del jazz, il batter ritmato dei tacchi della danza spagnola, le contorsioni del “twist” che ama per il suo aspetto animale:

“Vorrei che si sapesse che l’uomo è un animale e un Dio”. Questa ricchezza del vocabolario della danza di Béjart è una volontà di pienezza, lo spinge a sognare una sintesi delle arti, ad avere nostalgia della tragedia greca, del mistero medioevale, del “nô” giapponese, della commedia dell’arte, ma anche di Wagner e di Djagilev, tutte avventure dell’arte che hanno in comune d’aver messo insieme non solo il canto, il poema e la danza, ma la pittura e la musica. A seguito delle sue frequentazioni col musicista Pierre Schaeffer, nel 1954 si accosta alla musica concreta (musica elettronica, basata su suoni registrati, non prodotti da strumenti musicali, la quale sembra raccogliere e interpretare le voci, i suoni, i passi e i rumori inquietanti della vita quotidiana del presente). 19 Filosofo polacco (1788- 1960)

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Béjart apprezza il potere di evocazione drammatica di questo tipo di musica, ma qualunque sia la musica con la quale lavora, quella di Shaeffer, di Webern, di Berg, di Xenakis, di Pierre Henry, o quella di Beethoven, di Berlioz, di Wagner, di Strawinsky, egli accorda al ritmo il primo posto, a volte alla semplice percussione per contrappuntare la melodia corporea. Prende in prestito dalla musica le leggi e fa della sua coreografia una musica.

Dice “È la musica che i danzatori ricevono in tutte le parti del corpo” e, lascia ai suoi danzatori piena libertà di riceverla. Egli scrive “in un’opera coreografica il danzatore è più importante della coreografia. Lui è l’autore mentre il coreografo ne è solo l’organizzatore”.

“Noi coreografi, siamo qui solo per permettere ai danzatori di partorire quello che portano in sé” di essere pienamente se stessi.

La sua cultura gli permette di scegliere i suoi temi d’ispirazione nella letteratura di tutti i tempi e di tutti i popoli e anche dalla cultura del circo per il quale prova amore e di cui dice: “L’Universo del clown è un universo poetico”.

Béjart vuol fare della danza non un divertimento ma una danza che parli alla gente. Si nutre di tutte le esperienze del nostro secolo che attraverso a lui diventano movimenti, espressività delle nostre emozioni e dei nostri desideri. Non per imporre a tutti la stessa visione del mondo o un modo imperioso di reagire, anzi per risvegliare: offre movimenti e forme che hanno un’alta carica di emozione, ma senza raccontarci una storia o illustrare una tesi in modo che ognuno possa proiettarvi i propri desideri latenti e viverli più intensamente e più coscientemente.

“Le persone ritrovano se stesse e non me, che interesso solo a me stesso”.

Vuole rendere ciascuno più cosciente, più desto alla responsabilità e alla rivolta, con un urto che lo costringa a interrogare se stesso, a prendere una decisione, a innestarsi sul reale e le sue lotte in un mondo in fusione: è la massima partecipazione di un artista alla necessaria “rivoluzione culturale”, cioè una mutazione che non comincia solo nelle istituzioni e i poteri ma anche negli spiriti. L’essenziale del fenomeno Béjart è questa potenza di urto: “Con gli urti si cresce…, io voglio urtare il pubblico perché non deve venire a teatro per digerire o dormire”.

Béjart vuole fare della danza un lievito della vita dei popoli ed egli ha potuto per la prima volta e unica nella storia della danza occidentale, e per tanti anni, riunire un vasto pubblico e un pubblico spesso popolare, alle sue tournée, non più negli usuali spazi teatrali ma, negli stadi, tendoni da circo e palasport, e la risposta raccolta è stata una risposta entusiasmante come per le partite di calcio o per i concerti di musica ideati per un pubblico di massa proprio negli stessi edifici. Nel 1964 allestisce la Nona Sinfonia di Beethoven. È un inno alle unità delle razze e delle culture, con lui e con il pubblico più diverso diventa una festa collettiva.

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“Non si tratta di un balletto scrive… ma di una partecipazione umana profonda a un’opera che appartiene all’umanità intera e che qui non è solo rappresentata e cantata, ma danzata, proprio come lo erano la tragedia greca e tutte le manifestazioni religiose, primitive o collettive”.

Il merito storico di Béjart è di aver risacralizzato la danza. Alla danza sono state restituite le sue dimensioni perdute e soprattutto il senso della grandezza. In questa ultima parte di secolo la danza può diventare la grande arte popolare del XX secolo e a questo compito è stata preparata perché ci sono state Isadora Duncan e Denishawn, perché c’è stata Martha Graham, Mary Wigman, Doris Humphrey, perché c’è Béjart. Lui cerca l’integrazione dell’uomo nella sua totalità, con le ritualità sacre uomo-cosmo. Studia le possibilità dell’uomo. Nel 1970 fonda a Bruxelles il Mudra, centro finalizzato alla formazione dell’uomo di Teatro completo, dove si insegnano tutte le tecniche dello spettacolo e nel 1992, dopo aver lasciato Bruxelles, fonderà a Losanna l’Ecole Atelier Rudra Béjart Lausanne, un centro d’addestramento simile al Mudra. Nel 1999 gli viene affidata la direzione del Festival Internazionale di Balletto “Torino Danza”. La sua arte s’intreccia anche con la moda in particolar modo con la moda di Gianni Versace (1946-1997 uno dei più grandi nomi della moda italiana nel mondo). Ha moltissime onorificenze tra le quali nel 2003 la nomina a Commendatore dell’Ordine delle Arti e delle Lettere di Francia. Maurice Béjart è il coreografo che ha più potentemente contribuito in Europa a dare alla danza il suo alto significato umano e un vasto pubblico. Anche se per certi aspetti la “nuova danza” si sviluppa in una marasma, come d’altronde tutte le altre arti, dalla pittura alla musica, dal teatro al cinema, l’acquisizione irreversibile della danza moderna è di aver ripristinato l’unità profonda fra la danza e la vita. Il sacro e profano, il corpo e l’anima, il sesso qui e la mente là, fanno parte della totalità dell’uomo e quando danza l’uomo esprime la sua totalità, la sua interezza senza mentire. La danza è un bisogno della nostra epoca, come ricerca di un’espressione e di una creazione che “disalieni” attraverso la presa di coscienza e l’incontro di sé e dell’altro. La danza non è un gioco, ma rivelazione dell’uomo all’uomo attraverso il suggerimento di ciò che è e di ciò che potrebbe essere. Ogni uomo nell’incontro di sé e dell’altro può creare e ricreare se stesso danzando la Danza della Vita: Biodanza…

III

Nel panorama della danza contemporanea l’uomo ha la possibilità di danzare se stesso come senso della propria Vita, nell’incontro

poetico della Danza della Vita:

Biodanza

      Distribuzione di diverse discipline all’interno del modello sistemico del movimento umano.  

 

Pablo Picasso

Biodanza vincerà la guerra  

“Biodanza propone una forma concreta di entrare nel sentire della vita. Nell’atto di danzare si ripete la pulsazione della nascita e la necessità 

assoluta di amore. L’obiettivo della Biodanza è suscitare il rinascimento della creatura umana pulsante: risorgere dal vecchio corpo inerte e trasformarsi in pura energia di connessione. Ritornare a se stessi come un feto 

galleggiante nella Galassia, per espandersi nell’abbraccio e convertirsi allo strumento dal più altro potere: la Vita. 

Danzare è apprendere a muoversi al ritmo dell’Universo. Biodanza è un cammino di illuminazione e di espansione di coscienza; i 

partecipanti realizzano dalle proprie danze l’atto di connettersi totalmente con la energia creatrice della vita. 

La danza è il sentiero più breve tra l’uomo come individuo e la sua specie; ed è anche il sentiero più breve per abbracciare l’estasi, il vincolo con il 

Tutto, che abbiamo tragicamente perduto”.  

  Rolando Toro 

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Biodanza è: la Poetica dell’Incontro Umano

“le mani lentamente si cercano,sono unite gli occhi dell’uno sono negli occhi dell’altro

stupiti e fiduciosi dolcemente si chiudono e, l’incontro è un abbraccio

è una poesia. nasce e rinasce un vincolo affettivo con sé,

con l’altro, con l’Universo.” Roberta

“(…) di fronte alla solitudine inesorabile dell’infinito, gli esseri umani cercano una risposta guardandosi negli occhi.

(…) nella radura paradisiaca della realtà, noi ci cerchiamo reciprocamente”..

Rolando Toro

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ABITARE I GESTI RISIEDERE NELLE PAROLE di Alain Antille

“Il nostro sapere è costituito da due realtà complementari:

la parola e il gesto. Le parole fondano e danno corpo al nostro sapere,

ma sarebbero niente senza l’esperienza sentita del corpo. Il vero sapere è nutrimento e legame

arriva ai sensi, tocca il cuore e genera il gesto. Integrare la parola al gesto significa

integrare il pensare con il sentire e la danza è la magnifica e coerente risultante in cui il nostro potenziale si esprime integro”.

Alain Antille (Sierre, 1990)

La realtà del sapere

La crisi del nostro tempo è la crisi di un modo di percezione, una crisi della sensibilità, di una rete di relazione che privilegia il rapporto di conoscenza e colloca l’individuo e il mondo nella realtà esclusiva del sapere. L’uomo è sommerso dagli obblighi e dai doveri ed è sottoposto ad una dimensione del tempo alterata dall’accelerazione. Perde il contatto con i ritmi naturali, ed organici, con la natura. È in stretto contatto con un nemico invisibile chiamato “stress” che altro non è: stanchezza, irritazione, ansia, insonnia, depressione .... L’uomo sviluppa le sue potenzialità tramite l’acquisizione di un’abilità, di una padronanza manuale e intellettuale di un saper fare, di un saper agire, per avere comunque un proprio potere. Ingabbiato nel proprio fare, nel proprio pensare, nel proprio potere, l’uomo perde l’istante. Pur perdendo il legame con l’essenza delle cose, con il cuore degli esseri viventi, perdendo anche la sensibilità che ci fa comprendere quanto abbiamo bisogno di riposare oppure di muoverci più agilmente o ancora, quando abbiamo bisogno di calore e di contatto umano, perché abbiamo a lungo privilegiato la conoscenza intellettuale, la razionalità, l’uomo può cercare di essere se stesso, di esprimere gli aspetti della propria identità vivendo la prova della suo essere in uno spazio che si è aperto, che ha preso le dimensioni del pianeta, dell’Universo. Uomo tra gli uomini, condivide uno stesso destino, deve cercare degli elementi che lo portino nella confluenza dei modi di pensare, del sapere, delle informazioni, delle culture e dei popoli.

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Vivendo tra gli esseri viventi, condivide lo stesso progetto, deve trovare il proprio posto nell’accettazione e nel rispetto dei legami che lo uniscono alla natura. La dinamica dell’apertura è accompagnata da un’abolizione progressiva delle distanze che colloca ogni individuo nella vicinanza dell’altro uomo e dell’essere vivente. Vivere i legami e mettersi alla prova, vedersi nella prospettiva dell’insieme si profila come compito e dignità dell’uomo dell’avvenire.

La realtà dell’incontro

“Cerchiamo di avere il coraggio di dimenticare tutte le nostre teorie per prendere sul serio quello che noi viviamo, quello che noi sentiamo all’istante.”

Karlfried Durckheim La Biodanza è tutta fondata sull’incontro, come un’esperienza singolare, un contatto immediato, sensibile ed intimo con se stessi, con l’altro, con la totalità cosmica. L’incontro è una realtà che ci colloca nella relazione, e nutre i legami che ci uniscono alla nostra essenza vitale, a quella dell’altro, e del cosmo. “Io mi incontro nel mio corpo vivente, che nella sua semplicità e purezza, si prolunga in un’emozione da condividere. In questa esperienza, io ricerco il gesto che mi appartiene, e che esprime le mie potenzialità.” 20 L’identità si manifesta solo a partire dall’incontro-confronto con l’altro, e cioè dallo scambio, dal confronto, dall’arricchimento reciproco. L’identità è immutabile e in permanente trasformazione. La Biodanza permette di “esprimere i momenti importanti della vita individuale e collettiva, provare e manifestare nel proprio corpo e nel corpo sociale il mistero indicibile della natura, le sue forze e i suoi dèi. È un itinerario che, dalle parole ai gesti, ricolloca il sapere nell’ottica di una prova singolare.” L’interesse della Biodanza consiste in questa inversione che restituisce alla esperienza del corpo e della sensibilità la priorità. “In un progetto di vita è importante lasciarsi toccare, sentire, ascoltare. La sensualità è in sé quella facoltà che permette di godere delle cose, di provarne il tenore.”

Il corpo nell’esercizio di Biodanza non è legato né allo sforzo né alla prova di sé, “ma è un corpo che dà e che riceve, il corpo che si apre e che si raccoglie, il corpo che respira e accoglie, il corpo che l’emozione prolunga nello spazio del gesto e in quello dell’incontro, del condividere. In scena, nella sua semplicità e purezza c’è il corpo vivente.” Il corpo che esprime la vita che lo sostiene.

20 La Poetica dell’Incontro Umano: una rivelazione per l’identità – Monografia Gabriella Gobbo.

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“Il corpo non è in sé una parte separata, massiccia e spessa, ma la totalità dell’essere sotto forma di sensibilità. Nel fondo della materia è linguaggio, quello che in sé, sempre, in contatto con le cose e gli esseri, si emoziona. È quello che tocca e viene toccato, quello che richiede il gesto e sempre lo crea. Si fa sentire nella pelle che delimita lo spazio particolare del mio essere e che, dal mondo raccoglie il tatto.

Abitare i gesti, risiedere nelle parole. Esprimere le potenzialità dei sensi e della sensibilità che il percorso dell’esistenza rivela. La Biodanza cerca di risvegliare in sé il dono dell’espressione e di ricollocare la esperienza dei linguaggi nella loro prospettiva originale e attuale: la creazione.” La forza creatrice dell’espressione si manifesta in modo più particolare nell’opera d’arte: ma prima di servire l’arte l’espressione serve la vita, il progetto che è nel fondo di ogni individuo. “La creazione, che essa prenda le forme delle parole o dei gesti è esistenziale prima di essere artistica. Essa è il segno di quello che, in ognuno, prende corpo e vita. È attraverso di questa che l’uomo, vivente tra ciò che è vivente, diventa un fattore di evoluzione. È ancora questa che fa dell’uomo un essere al presente, situato nel cuore delle cose e aperto tuttavia a questa dimensione che è nello stesso tempo il suo compito e la sua dignità: il possibile.”

Il Sistema Biodanza cerca una gestualità naturale che scaturisce dal movimento e dall’espressione più sincera di noi stessi dandoci la possibilità di danzare la propria vita nella interezza della propria unicità, in armonia con gli altri e con l’ambiente, per tentare di armonizzare nel vissuto il rapporto tra natura e cultura e, per abbandonarsi all’ascolto delle nostre percezioni ed emozioni.

“Sentire. Provare. Manifestare. Ciò che si dà nell’immediatezza dell’incontro. Con sé, con l’altro, con il mondo. Senza cercare di prendere, di capire. Semplicemente. Lasciare arrivare, lasciarsi toccare, lasciare la presa ed esprimere. Entrare nel movimento che, dal mondo a me e da me all’altro, sviluppa all’infinito la spirale della vita. L’incontro è un percorso autentico nel quale dobbiamo passo a passo nascere insieme, svegliarci alla vita. Il vero sapere non è presa e accumulo di dati obiettivi, ma riconoscimento dei legami che uniscono l’essere vivente alla vita. Il vero sapere è nutrimento e legame. Esso arriva ai sensi, tocca il cuore, genera il gesto. Si trova nell’incontro del corpo, del cuore e della mente. Sentire. Provare. Manifestare. L’incontro è l’occasione data di prendere radici e di lasciare dentro e fuori di sé l’espressione dell’essere vivente.”21

21 La realtà del sapere e La realtà dell’incontro da Biodanza: Rolando Toro – Red Edizioni Como 2000 – Alain Antille

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III

Oh giorno alzati...gli atomi danzano, le anime rapite dall’estasi danzano

la volta celeste a causa di questo essere, danza Ti dirò al l ’orecchio

verso dove conduce la loro danza tutti gli atomi che ci sono nell’aria e nel deserto comprendilo bene: sono innamorati come noi

ed ognuno di loro felice o disgraziato è abbagliato dal sole dell’anima incondizionata

Gialàl Al-Din Rumì (poeta persiano, XIII secolo) “Una sessione di Biodanza è un invito a partecipare alla “danza cosmica”, di cui parla il poeta sufi”:

La danza è l’espressione più estrema dell’Eros Primordiale, generatore di vita. L’abbandono nella danza all’armonia ed al ritmo, è l’atto piacevole e terribile di partecipazione ai grandi enigmi di trasformazione cosmica. È partecipare alla stessa vertigine della creazione, lasciando sorgere il movimento del millenario apprendimento del contatto, del lavoro e del gioco. La danza è non soltanto l’atto temerario di vincolo autocosmologico, ma anche la celebrazione della comunità con gli altri uomini.

La danza pertanto ha una doppia origine: una origine sacra ed una profana; un elemento di eternità ed uno di fugacità.

Di più, nella commovente vivençia che si produce nella danza, tutte le frontiere si abbattono. L’esterno e l’interno, lo spirituale ed il corporale, il trascendente e l’immanente non sono che aspetti di una sola ed unica realtà. Così nel movimento inafferrabile dei corpi, si combinano le energie del cuore con quelle del cosmo, del vento e delle stelle. Dall’innocenza che li muove, sorge la sensualità più incatenante perché il palpito della vita sempre un impulso di contatto. I corpi posseduti dall’impeto della danza, riproducono le burrasche del mare o il tremolio dei fiori nella brezza.

Quando una creatura realizza la “sua” danza, mai come allora é tanto profondamente una parte della totalità cosmica, “una particella delle particelle della grande anima incandescente”; un’armonia rinnovatrice dentro gli infiniti cicli dell’armonia cosmica, un ritmo vivo dentro al gigantesco Orologium; una

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melodia mai interrotta tra i millenari abbracci delle energie che si riuniscono per affinità. Così é stata compresa la danza sin dall’origine dei tempi.22

22 Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 3 – La Vivençia

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L’ideatore di Biodanza

Rolando Toro Araneda

…Uomo che parla con le rose…

L’ideatore è il professore Rolando Toro Araneda, nato in Cile nel 1924, è psicologo e pedagogo, antropologo, pittore, musicista e poeta. È stato docente del Centro di Antropologia medica alla Scuola di Medicina della Università del Cile, ha occupato la cattedra di Psicologia dell’arte e dell’espressione all’Istituto di Estetica Pontificia Università Cattolica del Cile; è professore emerito della Università Aperta Interamericana di Buenos Aires, in Argentina ed è stato candidato al Premio Nobel per la Pace nel 2002. Ha vissuto in Argentina, Brasile e Italia, ed è tornato in Cile nel 1998, dove ora coordina tutte le attività internazionali di Biodanza. Rolando è un uomo che parla con le rose e con il cuore alla gente, alla gente di quasi tutto il mondo: Biodanza è un movimento che conquista sempre più spazio:in molti paesi dell’America del Nord, America Centrale, con molto sviluppo nell’America del Sud. Comincia a svilupparsi anche in Africa del Sud, Australia, Giappone e Russia. In Europa è presente in Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera.

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Come è nata la Biodanza: La Danza della Vita

Rolando è un avanguardista. Lui dice che la Biodanza l’ha osservata, è andata incontro a lui che ha avuto la capacità di vedere. La Biodanza è nata a partire dalla sua esperienza personale di osservazione fenomenologica, descrizione e sperimentazione. Presto si è reso conto che la sua struttura poteva trovare le sue fondamenta nelle scienze che riguardano la Vita, in particolare la biologia, ma anche l’amore e l’arte. A Rolando piaceva tutto, la danza, la musica, la poesia, la matematica, la ginnastica, la letteratura, viaggiare e.... Era lui stesso sorpreso da tutti questi interessi, senza escludere l’amicizia, la famiglia, l’amore. Biodanza si può dire nacque così, con discrezione, tra amici nella frenesia della musica, prendendo lentamente sempre più forza, risvegliando l’interesse delle persone, creando soprattutto un sentimento di rinascita e speranza nella vita, soprattutto vedendo l’uomo, l’uomo stesso di cosa era capace, a quale distruzione e degrado poteva arrivare: la seconda guerra mondiale, l’Olocausto, le bombe atomiche di Hiroshima e di Nagasaki.... La cultura occidentale era in crisi e per Rolando l’Umanità era come fosse entrata in una pazzia e lui era disperato di tutto ciò: il vincolo tra gli esseri umani era perso. Rolando di fronte a questo abisso creato dalle contraddizioni umane sentiva il desiderio di accedere ad un mondo che assomigliasse al paradiso, ma un paradiso che fosse condiviso perché non poteva concepire un’evoluzione solitaria. Voleva incontrare le fonti “dell’Amore Originario”, perciò oltre a “quell’amore verso il prossimo”, ma quell’amore che ha inclusa anche la dimensione corporea, quella attiva, la carezza. Sentiva a volte, nel suo corpo, tutte le manifestazioni dell’estasi, dell’erotismo, della fraternità, dell’energia creatrice e dell’impeto vitale. Sentiva la possibilità del contatto puro con la realtà viva, attraverso il movimento, i gesti e l’espressione dei sentimenti. La musica era il linguaggio universale, l’unico che tutti nel mondo potevano comprendere; la danza era la forma ideale per integrare corpo e anima, e poteva comunicare a tutti i partecipanti felicità, tenerezza e forza; e Rolando volle condividere tutto ciò con tante persone. Da questo insieme di esperienze e sensazioni nacque il desiderio di formare piccoli gruppi per danzare, cantare e incontrarsi con la musica. La Biodanza era così, e continua ad essere un modo di convivenza con la bellezza. L’unità oggettiva si genera nello scambio di una energia intima con gli altri; in questo processo di approssimazione il contatto è essenziale.

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Ricerche realizzate ulteriormente sia con malati mentali, sia con persone sane, in un’epoca in cui lavorava presso il Centro Studi di Antropologia medica, alla Scuola di Medicina dell’Università del Cile, gli hanno permesso di strutturare un Modello Teorico, il quale rendeva possibile operare all’interno di una vasta gamma di risposte organiche e di comportamenti nuovi. Constatò che durante le danze apparivano modelli universali di espressione in relazione alle diverse emozioni. Così ha potuto dare una struttura al suo lavoro nella quale musica, movimento, emozione formavano una perfetta unità. Ha creato alcune danze ed esercizi a partire dagli gesti naturali dell’essere umano (movimenti naturali dell’essere umano: camminare, saltare, stiracchiarsi… e gesti connessi ai cosiddetti “riti sociativi”: dare la mano, abbracciare, cullare, accarezzare..., gesti archetipici cioè gesti “eterni”) con obbiettivi precisi finalizzati a stimolare la vitalità, la creatività, l’erotismo, la comunicazione affettiva tra le persone e il senso di appartenenza all’Universo.

La ricerca scientifica sulle risposte neurovegetative ha dimostrato che certi esercizi avevano un’azione regolatrice a livello viscerale, attivando il sistema simpatico-adrenergico oppure il parasimpatico colinergico. D’altra parte certi esercizi stimolavano emozioni specifiche che producevano effetti molto significativi sulla percezione di se stessi e sullo stile di comunicazione affettiva con le altre persone.

La Biodanza si è diffusa e in seguito è diventata anche vera e propria materia di un corso universitario nel dipartimento di Estetica della Pontificia Università Cattolica, del Cile, dove Rolando Toro occupava la cattedra di Psicologia della espressione.

Nel 1970 gli fu chiesto di creare la prima cattedra di “Psicodanza”, concetto che aveva il difetto di comportare una scissione: il prefisso “psiche”deriva dal greco psyché, che significa “anima”, quindi la Psicodanza sarebbe “la danza dell’anima”. Il termine conteneva la scissione platonica tra corpo e anima. Occorreva ristabilire il concetto originale di danza nella sua più vasta accezione: come movimento di vita, che non poteva tuttavia essere assimilato né al balletto classico né a un’altra forma di danza strutturata, come pure non potrebbe essere assimilato a una forma particolare di psicoterapia. Quest’idea s’avvicina chiaramente al concetto di “danzare la vita” proposto da Roger Garaudy (filosofo). A partire da questa riflessione, nel 1976 Rolando decise di chiamare “Biodanza” il metodo che aveva ideato: il prefisso “Bio”deriva dal greco bios, che significa “vita”. Il senso primordiale della parola “danza” e “movimento naturale”, connesso all’emozione e pieno di significati. Perciò: “Biodanza, la danza della vita”.

“Vivere la vita più che pensarla”

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Perché Danza della Vita? In Biodanza Realizzare la “propria danza” non significa emulare un movimento fino alla perfezione o imparare dei codici di movimento prestabiliti, realizzare la propria danza significa integrare il proprio sentire con il proprio agire, realizzare una comunione tra i sentimenti e le emozioni che ci animano e la loro espressione visibile del nostro muoverci nel mondo. Etimologicamente la parola danza significa “movimento pieno di significato, movimento animato da un senso profondo che spinge ad agire con grazia, armonia, coraggio, chiarezza, integrità, gioia di vivere”. Ciò che Biodanza propone è proprio il recupero di queste qualità dell’agire, ritenendo che “danzare la propria vita” sia una metafora bellissima e poetica per sottolineare l’importanza di questa integrità esistenziale e spirituale. Spesso sentiamo parlare di danze, tradizioni o rituali sacri, molto spesso (ovviamente non sempre) queste definizioni sottendono l’antica e devastante dicotomia23 a possedere un attitudine esistenziale che distingue rigidamente ciò che è sacro da ciò che è profano. La creazione della Biodanza è stata ispirata a Rolando Toro dall’accettazione profonda di un nuovo unificante paradigma, il Principio Biocentrico: principio che pone la vita, il suo mistero, e la sua intrinseca saggezza come riferimento costante per una sintonizzazione sempre più profonda dell’uomo con le grandi forze cosmiche generatrici di equilibrio e di vita. Possiamo dire di essere connessi con la vita soltanto quando siamo connessi con noi stessi, quando cioè prendiamo cellularmente coscienza di voler proteggere la “fiamma interna” che palpita nel nostro cuore. Ciò implica la meravigliosa percezione di sentirsi unici, la gioia di essere vivi e di procedere con dolcezza e determinazione verso valori e comportamenti che nutrono e proteggono la nostra vita. La danza in Biodanza è dunque soprattutto un esperienza di recupero dei gesti più semplici e della nostra espressività essenziale partendo dal presupposto che la vita intera è sacra, in ogni suo palpito, in ogni suo atto, in ogni sua manifestazione. Ogni semplice gesto, ogni movimento vissuto con pienezza e totalità diventa quindi una danza, assume un significato di eternità e di rigenerazione esistenziale: una madre che culla il suo bebè danza la propria maternità, due amici che si abbracciano danzano la propria fraternità, due amanti che si avvicinano danzano la propria sensualità, un uomo che protende le sue braccia aperte verso il cielo danza la propria forza e la propria gioia.

23 dicotomia: divisione in due parti - divisione di un concetto in due concetti contrari che ne esauriscono l’estensione – tratto da vocabolario:“Il nuovo Zingarelli”.

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È dunque in questa dimensione di riscoperta dell’ intimo piacere di vivere sé stessi che Biodanza si propone come nuova e rigenerante possibilità : essere ciò che siamo vivendo la nostra affettività, il nostro amore e il nostro legame con il mondo.

La Biodanza nel contesto storico e antropologico della danza Introduzione: In un senso originario la danza sorge dal profondo dell’essere umano: essa è movimento di vita, di intimità: é impulso di unione alla specie. In genere la danza è associata agli spettacoli di balletto classico, oppure ad altre forme simili strutturate secondo passi prestabiliti. Questa visione puramente formale della danza esclude il suo significato originario. È un modo di essere nel mondo che rappresenta una via privilegiata di accesso alla nostra identità originaria, ed è anche l’espressione dell’unità organica dell’uomo con l’Universo. Questa nozione della danza come “movimento integrante” è molto antica, essa era una modalità di comunicazione usata per esternare allegria, tristezza, per compiere celebrazioni e per esprimere omaggi religiosi o profani. Il processo di civilizzazione, di industrializzazione, ha molto contribuito alla scomparsa di questa manifestazione dell’esperienza della vita attraverso il movimento. “Personalmente, io credo in una danza organica, che risponda ai modelli di movimento naturali dell’essere umano: movimenti capaci di incorporare ar-monia musicale, gesti archetipici, realizzati in profonda risonanza con il cosmo. Ho cercato questa coerenza e l’ho trovata. Il mio proposito è rendere chiari i modelli di movimento funzionali a una profonda connessione con la vita”. Rolando Toro

GGG

Dal libro di Biodanza: Lo studio antropologico delle danze primitive ci permette di distinguerne, nella storia dell’umanità, due linee di sviluppo:

- una linea pagana e orgiastica, di orientamento dionisiaco; - una linea di danza artistica, di orientamento apollineo.

Qui di seguito ne sono elencate le principali manifestazioni.

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Linea pagana e orgiastica

- Danze del paleolitico e del neolitico; - danze primitive australiane e neozelandesi; - danze del Congo e della Guinea, dei tutsi e dei pigmei; - danze del vudù; - baccanali romani e lupercali; - danze popolari del Medioevo; - tarantella; - danze brasiliane di carnevale (samba) e del candomblé - balli tropicali in generale; - balli popolari derivati dal jazz; - nuovi ritmi popolari (rock and roll, soul, boogie-woogie).

Linea di danza artistica - Danze ritmiche rituali dell’antico Egitto; - danze indù; - danze della Birmania, del Pakistan, della Corea e dell’Indonesia; - danze “aristocratiche” del Medioevo; - danze popolari europee (contraddanza, minuetto, mazurca, valzer); - danza classica russa; - danze moderne.

Queste due linee rimasero separate nel corso della storia fino a quando, nel rinnovamento della danza, Apollo e Dionisio (fratelli inconciliabili), infine s’incontrano e si abbracciano nella danza moderna. Dal punto di vista psicologico le danze orgiastiche sono vincolate all’inconscio, e quelle artistiche alla coscienza. In Biodanza le danze orgiastiche sono rappresentate dalla trance musicale, mentre quelle artistiche hanno una relazione con il rafforzamento dell’identità. Esiste anche una terza linea di sviluppo che possiede alcune caratteristiche comuni alle due precedenti ed è rappresentata dalle cosiddette danze terapeutiche:

- danze curative sciamaniche, in particolare quelle dell’Asia, dell’Africa e della foresta amazzonica;

- danze terapeutiche egiziane, finalizzate a restituire la fertilità alle donne sterili; - danze curative di Delfi; - danze galattogene, finalizzate a provocare o accrescere la secrezione lattea,

realizzate da alcune tribù africane; - danze del ventre, realizzate nel Medio Oriente e finalizzate a tonificare le

funzioni organiche della maternità; - danze di liberazione dalle tensioni, praticate da diversi popoli primitivi;

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- danze terapeutiche contemporanee, come la Tersicoretranceterapia, la Danzaterapia e la Biodanza.

Infine le danze religiose e quelle guerriere costituiscono due gruppi di ma-nifestazioni importanti nella storia dell’umanità. Sin dalle origini la danza è legata anche alle cerimonie religiose come accade, per esempio, nelle danze orfiche greche, in quelle sacre dell’India, in quelle dei dervisci rotanti sufi e in quelle mandaliche. Il gruppo delle danze guerriere, dette “danze piriche”, comprende anche le arti marziali come il karate, il jujitsu e il taijiquan.

Biodanza porta una nuova visione del mondo, Biodanza è celebrare la vita e risvegliarla. Portiamo una Cerimonia, un senso di Iniziazione ad apprendere il mistero della vita, e questo si fa subito in ronda. La cerimonia induce una trasformazione interiore e il metodo è la Vivençia.

Uno dei motivi perché la Biodanza si differenzia da altre discipline

In Biodanza uno degli strumenti basilari di guarigione è il lavoro con il processo di “regressione” la quale è una funzione maturale dell’essere umano; la sua possibilità di risalire al passato e di connettersi con l’Origine. Per indurre la regressione, in Biodanza si utilizzano cerimonie di Trance Integrativa. Durante queste esperienze è necessario perdere la coscienza dell’identità, abbandonarsi ad un nuovo continente: il grembo del gruppo dove l’individuo rivive le sensazioni di calore, sicurezza, e armonia nutritiva. Nel processo di rinascita il gruppo restituisce all’individuo, amorevolmente, la sua identità. La trance implica un “transito” da uno stato di coscienza ad un altro. La trance in Biodanza permette all’individuo abbandonare la sua identità, lasciandola sciogliere nel gruppo per integrarsi in una unità più ampia e indifferenziata. La pelle realizza la funzione di “unire” e non compie solo la funzione di “separare”. La Vivençia che l’individuo ha nell’uscire dalla trance, è un profondo vincolo con sé stesso, con gli altri e con il cosmo. È un’esperienza che porta un sentimento di splendore e pienezza, di benessere corporeo. La regressione in Biodanza è salutare, progressiva e armonica, non soltanto perché integra e armonizza l’organismo (rinforza l’omeostasi o equilibrio interno), bensì perché connetta con l’essenza sana, senza le patologie culturali.24

24 Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 1 - Definizione di Biodanza e Modello Teorico

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Vivençia

“Le vivençias sono una porta attraverso la quale penetriamo nel puro spazio dell’essere,

dove il tempo smette di esistere e siamo “qui e ora” per sempre”

Rolando Toro La Vivençia è nella Biodanza, il punto di partenza: gli esercizi sono destinati appunto a vivençiare, cioè a suscitare emozioni e stati d’animo capaci di trasformarci, soltanto successivamente ne prendiamo coscienza. Nella vivençia non c’è conflitto; il conflitto sorge tra la coscienza e il mondo esterno. Biodanza è una sorgente di vivençias.

La vivençia è aprire delle porte alla nostra vita interiore. È l’espressione originaria di noi - cioè l’essenza.

Anche nella vita posso entrare in un andamento vivençiale: entro ed esco dallo stress che mi si può presentare. Il nostro stato culturale è depressivo. Danzando si comincia guarire. La vivençia è un atto creativo, è la vita per la vita. L’espressione è l’unica perché ognuno danza a modo suo. Gli esercizi alla fine sono sempre gli stessi ma cambiano perché noi cambiamo; si sviluppa sensibilità; piacere, cultura. La Vivençia è alla base della metodologia (termine spagnolo che trova traduzione solo in tedesco Erlebnis, fu usato per la prima volta dal filosofo tedesco W. Dilthey). Vivençia significa “esperienza vissuta con grande intensità da un individuo nel momento presente” e coinvolge la cinestesia, le funzioni viscerali ed emozionali. E’ l’esperienza soggettiva del “qui e ora” (genesi attuale). La metodologia di Biodanza prevede l’induzione di vivençia d’integrazione per attivare una profonda connessione con se stessi cui vengono associate situazioni piacevoli in base alla teoria di B. F. Skinner del rafforzamento positivo: un apprendimento si stabilizza incentivando il positivo piuttosto che castigando il negativo. Gli esercizi di Biodanza hanno un effetto vitalizzante e permettono l’espressione dei potenziali dell’Identità (Vitalità, Sessualità, Creatività, Affettività, Trascendenza) e il suo rafforzamento, attraverso la deflagrazione delle vivençias. A differenza delle terapie cognitive che lavorano a livello verbale su un percorso che va dai significati alle emozioni, Biodanza si basa sul percorso inverso: dalle emozioni ai significati. Biodanza è mossa da una sorta di “volontà di luce per illuminare l’insistente tenebra”: far crescere la “parte luminosa” anche di un ammalato, la “parte oscura”, tende a ridursi.

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Le caratteristiche della vivençia sono: 1. Espressione originaria: espressione dell’identità; 2. Anteriorità della coscienza; 3. Spontaneità: non è controllabile dalla coscienza; 4. Soggettività: si manifesta a partire dall’identità; 5. Intensità variabile: diminuendo l’attività di controllo, aumenta la sua

intensità; 6. Temporalità: la durata è passeggera; 7. Emozionalità: dà origine ad emozioni; 8. Dimensione cinestetica: è sempre accompagnata da sensazioni cinestetiche; 9. Dimensione ontologica: una conoscenza intima connessa con la percezione

di essere vivo; 10. Dimensione psicosomatica: è il punto di congiunzione tra psichico ed organico.

Rolando Toro distingue la vivençia dall’emozione e dal sentimento: la prima è una sensazione “qui e ora” con una forte componente cinestetica; l’emozione è una risposta psicofisica di coinvolgimento corporeo rappresentato da impulsi interni con orientamento centrifugo ed espressività; il sentimento è una risposta elaborata nei confronti del mondo e delle persone ed è duraturo nel tempo.

Fisiologia delle Vivençia

Le vivençias hanno la loro rappresentazione fisiologica nel sistema limbico-ipotalamico; inducono una diminuzione temporanea della funzione della corteccia cerebrale mediante la sospensione provvisoria del linguaggio verbale, il rallentamento dell’attività visiva (chiudere gli occhi) e della motricità volontaria (movimenti lenti). Le musiche usate sono ritmiche e gioiose per attivare il sistema simpatico, lente e melodiche per indurre stati di regressione e stimolare il sistema parasimpatico.

1. La vivençia aiuta il sistema neurovegetativo, potenziando la nostra unità, autenticità: la nostra parte Yang (principio maschile presente in ognuno di noi).

2. Aiuta il sistema immunitario, vivençiando lo andiamo a vivificare. 3. Aiuta il sistema parasimpatico andando a sciogliere le tensioni, l’allarme

fisiologico che la vita ci fa avere. Si lavora nella nostra parte Yin (elemento femminile che ognuno di noi abbiamo).

Lo stile di vita condizionato dalla cultura stimola prevalentemente le funzioni ergotrope (dal greco ergon “lavoro, attività”), a scapito delle funzioni trofotrope (dal greco trofé “nutrimento”, legata al riposo e alla riparazione organica). Biodanza ristabilisce l’equilibrio tra queste due azioni.

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Effetto della Vivençia sulle Funzioni Organiche

Vivençia è

Dilatazione del senso di spazio tempo Sentirsi parte del tutto

Sentirsi se stessi Gioia, affettività senza pregiudizi

Esprimere autenticità del proprio ritmo Voglia di vivere

Libertà di espressione Trasformazione

Incontro con l’altro per conoscere sé stessi Paradiso del qui ed ora

(parole riportate dal Gruppo “Paradiso”)

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Biodanza e Autoregolazione Organica

Biodanza è un metodo vivençiale che con un insieme di “esercizi-danza” o vivençias e di musiche selezionate, utilizza la capacità di sentire con intensità e coinvolgersi a livello corporale, permettendo l’affascinante esperienza del “qui ed ora”.

Si tratta di ritrovare il movimento pieno di senso, o il movimento vitale, con anima ed emozione. Integrare la percezione (il sentire) e la motricità (il fare), portando i nostri movimenti a divenire più integrati, e a riscattare il piacere e la motivazione per muoversi.

In Biodanza, secondo il Prof. Toro, si utilizzano questi esercizi-danza o “vivençias” per stimolare e integrare le funzioni originarie della vita, che sono le funzioni istintive del sistema neurovegetativo, i meccanismi di lotta e fuga, gli stati di veglia e sonno, la fame e la sazietà, la temperatura corporea, la funzione respiratoria e cardiocircolatoria, il tono muscolare, l’adattamento di protezione allo stress, i meccanismi di riposo, il ristoro biologico, ...

La proposta è di attivare in modo armonico gli impulsi istintivi, affettivi e vivençiali in modo da modificare le soglie delle risposte neurovegetative e rinforzare così, i meccanismi della regolazione viscerale.

Le proposte delle “vivençias” hanno lo scopo di attivare il sistema integratore-adattatore limbico-ipotalamico, e questo si ottiene con esercizi di diminuzione dell’attività corticale, ad esempio, rallentando il linguaggio verbale, l’attività visiva, la motricità volontaria.

In Biodanza, tutti i movimenti più tonici, che stimolano la vitalità, la forza, l’azione, come gli esercizi di espressione creativa, marcia sinergica, salti, danze ritmiche, giochi ludici, sono “vivençias” di attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico-adrenergico, che producono a livello organico fisiologico un aumento della pressione arteriosa sistemica e della frequenza cardiaca, vasocostrizione splenica e periferica, aumento coordinato della produzione di catecolamine, aumento del consumo di ossigeno e del metabolismo ossidativo, ipoglicemia, aumento notevole del flusso sanguigno nella muscolatura scheletrica, ipertonia muscolare, dilatazione pupillare, pilo-erezione, e altro ancora.

Invece, tutti gli esercizi con movimenti rallentati, individuali, a coppie o in gruppo, e anche quelli di stimolazione delle funzioni affettive, sono di attivazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico-colinergico, che producono diminuzione del consumo di ossigeno, diminuzione della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione arteriosa sistemica, dei tassi di lattosio nel sangue arterioso, una accentuata vasodilatazione periferica (aumento della sensibilità e calore nella pelle), attivazione del peristaltismo nel tratto digestivo,

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aumento della secrezione delle ghiandole digestive, diminuzione della secrezione di adrenalina (reazione di benessere e piacere), ...

Si verificano, tantissime reazioni organiche fisiologiche collegate ai nostri movimenti ed emozioni. Questo vuol dire che ogni volta che camminiamo si attivano i meccanismi fisiologici dei movimenti periferici espressivi, ed in ogni momento di riposo vengono stimolati tutti i movimenti metabolici, di assorbimento, di adattamento, di regolazione dell’armonia dei sistemi interni.

La Biodanza, quindi, attraverso il movimento integrato, stimola l’autoregolazione organica in tutte le sue diverse sfumature, rendendo l’organismo molto più sensibile e soddisfatto, dando un incentivo a ciò che è sano.

Quando ci muoviamo con piacere, riusciamo anche a dormire con pienezza, ossia, ci autoregoliamo. Quando i nostri movimenti quotidiani sono motivati da esigenze vitali, i momenti di rilassamento sono di un vero godimento che ci nutre. Se facciamo “vivençia” nell’azione facciamo “vivençia” nel riposo. Se ci muoviamo in modo automatico o senza emozione non riusciamo ad avere la “vivençia” di autoregolazione organica e rimaniamo in uno stato di “stress” fisico e psicologico.

La vita organica è una “vivençia” di pienezza, sia quando siamo in azione come nel magico attimo di scioglimento, nei momenti di lotta come in quelli di puro amore.

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Verso la definizione di Biodanza

“La qualità della vita non viene dal successo sociali o economico ma dalla connessione profonda alla vita”.

Rolando Toro Biodanza è un percorso alla ricerca di sé che si compie attraverso una sensibilizzazione profonda alla vita che è in se stessi, nell’altro e nella natura. La porta di accesso alla gioia di vivere è la sensibilità umana, funzione raffigurata tramite la quale possiamo aprire la percezione e amplificandola, ampliamo la nostra coscienza. Aprire la percezione significa “ri-apprendere” a: vedere i miracoli della vita: la rugiada, un fiore che sboccia, il sole che

nasce, tramonta, gli astri che illuminano la notte, i colori della natura, un bambino che tende la mano fiducioso, il sorriso di un amico;

ascoltare la musica delle parole, l’armonia della voce di un amico; gustare ogni gesto del quotidiano, assaporare la vita che è nella polpa sugosa

di una pesca, come in un bacio; odorare il profumo della schiuma fragrante di un cappuccino, della terra

bagnata, dell’erba appena tagliata; toccare accarezzare il manto morbido di un gatto, sfiorare la setosità di un

petalo di rosa, accarezzare la pelle dell’amato. Nell’atto di non guardare, di non toccare, di non ascoltare l’altro, lo spogliamo sottilmente della sua identità. La gioia di vivere è entrare in relazione empatica (l’empatia è il fatto di mettersi in modo immaginario al posto dell’altro per percepire ciò che percepisce, ma senza prendere il suo posto né agire al suo posto. È tentare di comprendere le cose dal punto di vista dell’altro, adoperando temporaneamente il suo dizionario, la sua cartina geografica. L’empatia serve ad agevolare l’accesso all’altro, alla diversità, per superare i conflitti e dissipare i malintesi. L’empatia serve a raggiungerli, e a raggiungerci)25 con tutto ciò che ci circonda e percepire il “vincolo vivente” fra noi e la natura, fra noi e l’universo, fra noi e gli altri esseri umani.

25 Da “Mettere la Vita al Centro della Nostra Vita” - per una Cultura Biocentrica di Bruno Ribant

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Non è possibile fare Biodanza da soli. La sua efficacia risiede proprio nel fatto di essere in un gruppo affettivamente integrato che offre molteplici possibilità di comunicazione e funge da “contenitore protettivo” durante la vivençia. Biodanza non propone un modello di comportamento. Ogni individuo che entra in contatto con se stesso in un processo di integrazione offre il proprio modello genetico di risposte vitali. Biodanza è rivolta a tutti: bambini, adolescenti, adulti, anziani, individui affetti da disturbi motori o dell’umore e ..., è rivolta all’essere umano, senza discriminazioni di sesso, razza, età, stato di salute, cultura o disponibilità di mezzi (Biodanza: Rolando Toro – Red Edizioni Como 2000).

III La Biodanza è una connessione di elementi in un tutto organico: per tale motivo è definita un sistema. Precisamente è un sistema di: integrazione umana, rieducazione affettiva, rinnovamento organico e riapprendimento delle funzioni originarie della vita. Integrazione umana Integrazione significa ristabilire l’unità perduta tra percezione, motricità, affettività e funzioni viscerali e accrescere la complessità del sistema umano con possibilità sempre nuove. Il nucleo integratore è secondo la Biodanza, l’affettività che influisce sui centro regolatori limbico-ipotalamici. Il processo di integrazione si attua mediante la stimolazione della funzione primordiale di connessione alla vita, che consente a ciascun individuo di integrarsi: a sé, riscattando l’unità psicofisica; alla specie, restaurando il vincolo originario con la specie come totalità biologica; all’universo, riscattando il legame primordiale che unisce l’uomo alla natura e nel riconoscersi parte di una totalità maggiore, il cosmo. Lo scopo della Biodanza è quello di trasformare l’uomo dissociato in un “oloide”. Rieducazione affettiva L’affettività nell’uomo moderno è spesso gravemente perturbata, già nell’infanzia, con gravi difficoltà all’interno delle relazioni, soprattutto per quanto riguarda la capacità di stabilire legami affettivi con le altre persone, fino ad esprimersi, spesso, in terribili atti di violenza. Malgrado gli sviluppi tecnologici abbiano migliorato notevolmente la qualità della vita di gran parte dell’umanità, essa si trova carente dal punto di vista affettivo. La proposta negli esercizi di Biodanza è partire dal nucleo affettivo per riscattare il nostro sentire e attivare l’integrazione.

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La Biodanza ha come scopo essenziale quello di stimolare l’affettività nell’essere umano fin dai primi anni di vita, mediante la sua applicazione nell’ambito dell’educazione. Rinnovamento organico I sistemi biologici possiedono capacità di autorganizzazione e ogni organismo vivo possiede la capacità di rinnovarsi e di stabilire nuovi livelli di equilibrio a partire da certi stati di disordine. In Biodanza il ringiovanimento organico avviene come effetto della stimolazione dell’omeostasi, o equilibrio interno, e della riduzione dei fattori di stress. La rigenerazione cellulare è stimolata mediante esercizi che inducono stati di trance e di regressione integranti, che attivano il processo di rinnovamento e regolazione globale delle funzioni biologiche, riducendo i fattori di disorganizzazione del sistema. Si tratta di integrazione e non di cambiamento: l’individuo resta quello che è, solo acquista nuove possibilità di espressione. Durante gli esercizi, nelle vivençia si riproducono parzialmente le condizioni fisiologiche inerenti alla prima infanzia, che hanno una relazione con il metabolismo cellulare del bambino, quindi più accelerato di quello di un adulto: in tali condizioni aumenta l’efficacia dei processi di riparazione organica. Riapprendimento delle funzioni originarie della vita. Consiste nella sensibilizzazione agli istinti di base, che sono una espressione della programmazione genetica. Gli istinti sono innati, ereditari e non richiedono apprendimento, ma si manifestano davanti a stimoli precisi. Essi hanno per obiettivo quello di conservare la vita, di permettere la sua continuità e la sua evoluzione. Esiste una tendenza culturale ad associare l’istinto alla razionalità. Invece la funzione istintiva rivela una sorta di saggezza biologica della specie che possiede la sua propria logica, per questo è necessario modularli appropriatamente. Molti istinti hanno i loro opposti complementari (per esempio, la fame ha come opposto complementare la sazietà). Questa bipolarità degli istinti è, in realtà, un’espressione della logica della vita, che permette di risolvere problemi di adattamento in una scala molto ampia. La forza dell’impulso istintivo diminuisce nella misura in cui esso si soddisfa. L’autoregolazione degli istinti ha una base organica costituita da una infrastruttura neuroendocrina di notevole precisione: per questa ragione la liberazione dagli istinti non rappresenta un pericolo, ma anzi, riscattare nel proprio stile di vita una coerenza con questi impulsi innati è un modo naturale per rispondere armonicamente alle necessità organiche e, quindi, mantenere la salute.26

26http://web.dsc.unibo.it/~bolognes/ig/homepage.html

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Principio Biocentrico

“Le nostre vite non sono lasciate al caso come delle meteoriti ardenti nello spazio concavo. Le nostre vite nascono dalla linfa millenaria del grande creatore della vita: l’utero cosmico che ci nutre e respira con l’amore degli elementi”. Rolando Toro Da un principio di caos c’è una grande forza organizzativa; basta vedere come si organizza una rosa, una formica e come si organizza un uomo con coscienza e amore. Siamo figli delle Stelle, il calcio delle nostre ossa, il ferro è simile alle stelle e questi elementi hanno dovuto organizzarsi a partire da un programma. Siamo vincolati all’universo e collegati da un filo sottile secondo del “Tutto”. Nell’universo “l’attrattore cosmico” è l’amore non è organizzato a caso.

La teoria della biodanza si struttura a partire da un assioma, il “Principio Biocentrico”, che nasce dalle scoperte realizzate nel campo della biologia genetica, della scienza dell’evoluzione, dello studio comparato di strutture morfologiche, della teoria dei sistemi di regolazione e dello studio biochimico della memoria. Il Principio Biocentrico è uno stile di pensare e di sentire il cui punto di riferimento è l’Universo considerato come un immenso sistema vivente. Secondo R. Toro, non sono solo le piante, gli animali, gli esseri umani e la terra che esprimono la vita. Tutto ciò che esiste, dalla particella-onda fino alle supernove, dai “rumori di fondo” cosmici al canto sonoro degli uccelli, dalle sabbie del deserto e le rocce delle montagne, gli animali, gli umani e i loro pensieri più sottili e le loro emozioni più oppressive, tutto è vita. “l’Universo esiste perché esiste la Vita, non il contrario, e le relazioni di trasformazione materia-energia sono livelli di integrazione della Vita”. L’evoluzione dell’Universo è in realtà l’evoluzione della vita. Il Principio Biocentrico entra in conflitto con la cultura antropocentrica della nostra società, spostando l’attenzione dall’uomo alla vita: è il movimento che genera la vita. L’uomo per spiegare i fenomeni della vita è costretto ad isolarli, così da poter osservarli e descriverli. Il punto è proprio questo: fermare i processi per osservarli significa osservare qualcosa perdendone l’essenziale, cioè il suo movimento. Il movimento è una continua trasformazione che è la vita stessa, ma se ogni cosa cambia in continuazione non ci è permesso descriverla. Infatti per descrivere il movimento è necessario uscire da esso: la nostra società antropocentrica esce così dal movimento e lo immobilizza.

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Il Principio Biocentrico, per la Biodanza, è alla base di ogni processo umano: politica, economia, scienza, legge, educazione, medicina, tutto deve ruotare intorno alla vita. I movimenti e le danze si organizzano come delle espressioni di vita e non come mezzi per raggiungere dei fini antropologici, politici o socio-economici: si sviluppano per creare più vita all’interno della vita. Se le situazioni sociali e culturali sono avverse, non possono essere cambiate con l’aiuto di ideologie e azioni politiche, ma ristabilendo a ogni istante nella nostra esistenza le condizioni perché sia protetta. Ciò che conta è la presenza dell’essere vivente che si manifesta in mezzo agli infiniti aspetti della realtà, poiché il senso della vita è nella vita stessa e prescinde dall’elaborazione di significati estrinseci: non conta “perché”, ma conta “come” si manifesta la vita. La danza della vita è il cambiamento: ogni cosa si muove e crea un cambiamento che influisce sugli altri. Non è possibile controllare il movimento, le cose accadono. È possibile però scegliere e decidere momento per momento, senza essere schiavi di scelte precedenti, perché il momento è cambiato e ogni individuo attimo dopo attimo non è più quello di prima. Attraverso il Principio Biocentrico arriviamo ai movimenti originari che vengono dalla vita e alla percezione fondamentale dei legami che essa intrattiene con sé stessa. Il principio biocentrico si fonda sulle leggi universali che conservano i sistemi viventi e che rendono possibile la loro evoluzione. È un nuovo modello per le scienze umane: la Vita è al Centro, tutto il resto è secondario. La motivazione: “vivere per vivere è assoluta”. Propone la Sacralità della vita per ogni persona in senso trascendente.

III

“L’uomo attinge in se stesso i suoi materiali e si costruisce, come una casa” Luigi Pirandello

Il Principio Biocentrico si manifesta nell’uomo attraverso l’istinto. Nella nostra cultura l’istinto è generalmente messo al bando, in quanto considerato pericoloso per l’uomo: un esempio concreto è la guerra, dove coloro che vi partecipano lo fanno vincendo l’istinto di conservazione. Anche altri istinti oggi si stanno disgregando, per esempio quello di nido, cioè di avere una casa, a causa del diffuso individualismo, o come l’istinto di solidarietà. La negazione dell’istinto da parte dell’uomo avviene attraverso la corteccia cerebrale che non è più in grado di modulare gli istinti ma solo di reprimerli. Per esempio se un uomo sente una forte attrazione per una donna, non le si butta addosso, perché dentro di noi c’è un meccanismo dovuto dalla corteccia cerebrale che suggerisce delle strategie socialmente accettabili per conquistarla.

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Tutti gli istinti possono essere modulati socialmente e molte volte questa modulazione è necessaria e auspicabile. Purtroppo, però, nel tempo la capacità della corteccia cerebrale di modulare gli istinti, si è trasformata in repressione. La Biodanza aiuta a rivalutare gli istinti e a restituire all’individuo la giusta misura della funzione di modulazione, superando la repressione. L’istinto può essere considerato come la “memoria della specie”, finalizzato a preservare la vita. Gli esseri viventi sono dei sistemi autoregolati, le cui funzioni automatiche hanno origine nella perfezione dei sistemi omeostatici, incaricati di conservare l’unità organica. Nei mammiferi superiori e specialmente nell’uomo esistono altri sistemi non autoregolati, che spesso interferiscono gravemente sull’unità funzionale. Anche l’autonomia dell’uomo, la sua libertà e capacità di scelta costituiscono un rischio per la sua sopravvivenza: il disordine dell’equilibrio ecologico prodotto dalla società umana sono un esempio. Il messaggio genetico contenuto nel DNA contiene un codice universale, che obbedisce a un piano biochimico basilare e comune a tutte le forme di vita. Una delle caratteristiche essenziali della vita è l’autorganizzazione, cioè un’autonomia biologica secondo cui le cellule sembrano “sapere” come spostarsi nel tempo e nello spazio per generare i diversi organi e svolgere funzioni vitali. Le cellule e i tessuti possiedono una sorta di “cognizione” che permette loro di organizzarsi: per definire questo processo Rolando usa il termine “inconscio vitale”. Gli organismi viventi seguono linee evolutive diverse in armonia con le condizioni ambientali, e a volte si mantengono all’interno di uno stesso modello strutturale per milioni di anni, altre si modificano e perfezionano le loro funzioni biologiche, altre falliscono nel processo di adattamento e si estinguono. Le specie degli esseri viventi si differenziano tra loro e all’interno di ogni specie il processo di differenziazione individuale si definisce secondo le possibilità di sviluppo offerte dall’ambiente e la selezione operata dal caso. Il potenziale genetico umano può essere stimolato in modo straordinario attraverso dei sistemi di sviluppo e di integrazione, come la Biodanza. I processi di apprendimento delle specie dipendono dalla memoria, in quanto l’apprendimento implica una modifica biochimica dell’organismo.

La connessione alla vita passa attraverso la connessione all’istinto, che è il garante della salute e della salute dell’intelligenza.

III

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Inconscio Vitale in Biodanza

L’Inconscio Vitale “è”, non c’è divisione, passa per tutto, è uguale per tutti. È quello che fa esistere le cose.

Gli studi biologici hanno evidenziato l’esistenza di un comportamento autonomo delle cellule e dei tessuti. Il concetto di “inconscio vitale” si riferisce allo “psichismo cellulare”, termine indicato per alludere all’analogia fra il comportamento autonomo delle cellule e il nostro comportamento psichico. Le cellule, infatti, svolgono delle funzioni simili alle nostre funzioni psichiche: hanno una forma di memoria, manifestano attività di rifiuto, solidarietà tra di loro, e si avvalgono di molteplici forme di comunicazione. Lo psichismo cellulare per la conservazione degli esseri viventi coordina le funzioni di regolazione organica e omeostasi. Ogni cellula, che contiene in sé tutto il mistero della vita, è completa come un organismo e ha la capacità di esser autonoma e conoscere il proprio ordine. L’umore parte da un benessere a livello cellulare che genera un’armonia interna dove le cellule preferiscono, non scelgono, automaticamente il benessere: questo fenomeno è detto “umore endogeno”. Questo benessere non si limita a rimanere dentro, ma viene portato fuori nel rapporto con gli altri danzando la vita ed entrando in armonia con il tutto. L’Inconscio Vitale è questo psichismo che genera regolarità e mantiene stabili le funzioni organiche. Esso ci permette di comprendere in profondità il Principio Biocentrico, come “tendenza” cosmica che genera la vita. L’Inconscio Vitale è in sintonia con l’essenza vivente dell’universo e possiede una grande autonomia rispetto alla coscienza e al comportamento umano. Nel quotidiano si manifesta con l’umore endogeno, il benessere cenestesico e lo stato generale di salute. Quando la sintonia viene turbata inizia la malattia. L’atto di guarigione è un movimento finalizzato a recuperare questa sintonia vitale con l’universo. Il concetto di Inconscio Vitale si colloca in relazione a quelli di “inconscio personale” di Sigmund Freud e quello di “inconscio collettivo” di Carl Gustav Jung. I tre stati di inconscio sono collegati. L’inconscio personale possiede dimensione biografica e si nutre della memoria di fatti vissuti soprattutto durante l’infanzia. L’inconscio collettivo si nutre della memoria della specie, studia gli archetipi comuni a tutta l’umanità e ha come obiettivo la rivelazione del Sé mediante il processo di individuazione. Le vie di accesso all’inconscio vitale sono l’alimentazione, i giochi, il buonumore, le risate, il massaggio, le carezze, l’erotismo, le vivençia di Biodanza in generale, specialmente quelle di regressione mediante la trance in acqua, indotte nell’ambito della Biodanza acquatica, Biodanza e argilla.

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Alcuni disturbi organici profondi sono espressioni di un inconscio vitale caotico. I sintomi elencati qui di seguito indicano che l’inconscio vitale si trova destrutturato: − astenia (mancanza di forze); − perversione27 degli istinti; − disturbi psicosomatici; − disturbi dell’umore endogeno (tendenze autodistruttive, mania, panico,

angustia endogena, depressione). La presenza di alcuni di questi sintomi (uno oppure alcuni) rende possibile la realizzazione di una lettura diagnostica che consente di prescrivere un trattamento coerente mediante una mobilitazione armoniosa di quei contenuti dell’inconscio vitale che si trovano bloccati. Esercizi specifici di Biodanza, come quelli dell’elenco che segue, possono agire sui differenti aspetti dell’inconscio vitale riferiti ai sintomi sopraccitati. − Astenia: esercizi della marcia e danze di espressione dell’energia e

dell’impeto vitale. − Perversione degli istinti: esercizi di espressione degli istinti come, per

esempio, la Danza yang (istinto di lotta e fuga); la Cerimonia dei frutti (istinto alimentare); Incontri ed esercizi di accarezzamento finalizzati a stimolare l’erotismo (istinto sessuale); Nido di gruppo (istinto territoriale); Danza con spostamento (istinto migratorio).

− Disturbi psicosomatici: esercizi di stimolazione armonica dei sistemi ergotropico e trofotropico come, per esempio, gli esercizi di estensione e di fluidità; gli esercizi di Biodanza acquatica; di Biodanza e argilla; e di Biodanza e massaggio.

− Disturbi dell’umore endogeno:esercizi di stimolazione della vitalità (come la Danza a due con ritmi tropicali e i Giochi di vitalità, per esempio); esercizi di accarezzamento; Danza di piacere cenestesico; esercizi di Biodanza acquatica; esercizi di Biodanza e massaggio.

L’unica via di accesso all’inconscio vitale è la vivençia, e la Biodanza è la via regia per indurre vivençia, capaci di migliorare l’umore endogeno.

(Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 2 – Inconscio Vitale e Principio Biocentrico)

27 Perversione degli istinti: l'autore utilizza qui il termine “perversione” per indicare il disturbo della funzione di autoregolazione intrinseca agli istinti (ndc).

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SACRALITÀ

La vita intera è sacra, in ogni suo palpito, in ogni suo atto, in ogni sua manifestazione. Non soltanto parti di essa, o attività alle quali conferiamo un significato superiore. Non soltanto parti di noi sono sacre e nobili, ogni nostro gesto porta in sé la fiamma della rivelazione. Percepire la sacralità della vita, della propria e di quella di ogni forma vivente è nella Biodanza quasi una trama sottile che ordisce un ricamo dell’esistenza come un incessante cantico di lode a se stessi, all’altro, all’universo. Sacralità per la vita è lo stupore, la meraviglia perenne, l’innocenza, l’apertura allo sconosciuto, l’affidarsi all’esistenza come ci abbandoniamo tra le braccia di chi ci ama e ci protegge. Riportare al centro dell’esperienza umana la sacralità dell’esistenza significa per la Biodanza ristabilire la funzione di connessione con la vita. Ci connettiamo con la vita quando ci connettiamo con noi stessi: quando cioè prendiamo cellularmente consapevolezza di voler proteggere la nostra “fiamma interna” che palpita nel cuore. Ciò implica la percezione meravigliosa del sentirsi unici, la gioia di essere vivi e di procedere con dolcezza e determinazione verso valori e comportamenti che proteggono e nutrono la vita; significa sapersi proteggere e andare istintivamente verso ciò che ci nutre e allontanare ciò che ci intossica, scegliere quotidianamente ciò che realizza il nostro benessere. Ci connettiamo con la vita quando ci connettiamo con l’altro; quando ci sentiamo capaci di profonda empatia, al punto che due esseri non ne formano più che uno soltanto, universale. “Il flusso e riflusso dell’energia vitale -scrive Rolando Toro - si stabilisce; gli sguardi si accendono nella passione degli occhi dell’altro, il contatto si intensifica, in uno stato di sincronizzazione totale, di eutonia, di fluidità, di ritmo unificatore”. Ci connettiamo con la vita, infine quando ci abbandoniamo profondamente alla sua pulsione originaria, e nel gruppo biodanzante facciamo esperienza del fluire nella totalità cosmica. “Una vivençia - annota Toro - di connessione con l’anonimo, con la vita originaria che mette in contatto, non più con un altro individuo, ma con la specie umana”. Le mani allacciate nel cerchio biodanzante comunicano questo tipo di connessione; il sentirsi parte di una comunità che va oltre l’io, supera i confini della coscienza, i confini del percepito, per divenire stato di estasi che è comprensione di essere vita piena e sacra in un universo senza limiti che ci accoglie. Tratto da: “l’Alfabeto della Vita – Poetica della Biodanza”

I

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Modello Teorico della Biodanza L’efficacia della biodanza si fonda sulla sua coerenza e sulla sua consistenza teorica. Rolando Toro ha elaborato un modello teorico che possiamo intendere come un contenitore all’interno del quale ci muoviamo in un processo di sviluppo che tende verso l’integrazione e quindi il benessere, per stare meglio con noi stessi e con gli altri. Nel 1965 Rolando Toro incomincia ad usare la danza con i malati dell’ospedale psichiatrico di Santiago del Cile. In quegli anni, per umanizzare la medicina si provavano tecniche psicoterapiche di gruppo secondo il modello di Carl Rogers, arteterapia, psicodramma ecc. Guidando degli incontri di danza con i malati, individua un continuum pulsante tra identità e trance e abbozza il primo asse del modello teorico.

Successivamente, nel Modello Teorico,”Trance” verrà sostituito con “Regressione”. Nell’arco di quarant’anni circa, il modello ha subito alcune modifiche conservando la struttura originaria.

Il “modello teorico della Biodanza”

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Il modello teorico si articola lungo due assi collocati all’interno di una spirale: l’asse verticale è stabile, quello orizzontale è pulsante. La spirale rappresenta l’apertura del modello ai processi universali. Il caos è il luogo di interazione dove si creano sistemi complessi, la vita è un processo creativo che va dal caos all’ordine. La filogenesi è la storia dello sviluppo delle specie viventi, nel modello teorico rappresenta l’eredità genetica. Alla base dell’asse verticale del modello si trova il potenziale genetico inteso come l’insieme delle potenzialità ereditate geneticamente contenute nei cromosomi, che si esprime lungo le seguenti linee di vivençia: 1) Vitalità: intesa come slancio vitale, salute, allegria. Comprende gli istinti di

fame, sete e conservazione, le risposte di lotta o fuga, la regolazione tra attività e riposo.

2) Sessualità: capacità di sentire il desiderio sessuale ed il piacere, compreso l’istinto di riproduzione. La possibilità di scoprire che il corpo è gentile, è tenero, e possiede un’armonia meravigliosa, è voluttuoso, è bello. Il piacere della vita; il piacere della danza in Biodanza è la prima apertura.

3) Creatività: capacità di rinnovamento applicata alla propria vita; comprende l’istinto di esplorazione e gli impulsi di innovazione. Noi siamo contemporaneamente il messaggio, la creatura, e il creatore.

4) Affettività: capacità di dare protezione; accettazione della diversità umana senza discriminazione; istinto di solidarietà, impulso gregario, altruismo. Origina sentimenti d’amore, amicizia, altruismo, solidarietà, maternità, paternità. Anche sentimenti come l’ira, la gelosia, l’insicurezza, l’invidia fanno parte di questa linea.

5) Trascendenza: capacità di andar al di là dell’Io ed identificarsi con la totalità cosmica; capacità di sperimentare gli stati di espansione della coscienza. Guardare negli occhi dell’altro con un altro sguardo.

Le linee di vivençia trovano origine nell’esperienza originaria, intrauterina, definita da Jung “esperienza oceanica”, la cui differenziazione genera le proto vivençias, cioè le esperienze che il neonato realizza nei primi sei mesi di vita, le prime risposte agli stimoli interni ed esterni. Gli eco-fattori sono stimoli dell’ambiente che possono ostacolare o favorire l’espressione genetica; Biodanza crea eco-fattori positivi per stimolare lo sviluppo del potenziale. L’integrazione nel modello è un processo a cuspide verso cui si dirige lo sviluppo delle suddette linee di vivençia e consiste nell’interazione reciproca, dinamica e creativa che si produce nell’espressione di queste cinque linee di impulsi innati. Relazionandosi tra loro si potenziano reciprocamente. Sull’asse orizzontale del modello si trova il continuum identità-regressione che rappresenta la naturale alternanza degli stati di coscienza. I due poli (dell’identità

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e della regressione) formano un circuito in perfetto movimento che progredisce a spirale verso l’integrazione. L’identità è la nostra essenza. È il centro a partire dal quale io mi sento il mondo e mi differenzio da esso. Cambia ad ogni istante e, tuttavia ne conserva l’essenza. Essa è innanzi tutto corporea. Nella dimensione corporea una delle caratteristiche dell’identità è il movimento: da qui proviene il collegamento stabilito tra l’identità e la danza. L’esperienza del ritorno all’indifferenziato dove essa viene avvertita come una parte del “Tutto”, costituisce il punto di unione tra identità e regressione. In Biodanza questo avviene in modo armonioso e progressivo. L’identità si manifesta solo attraverso l’altro; a questo proposito R. Toro cita M. Buber e la realtà del “Noi” e dell’esistenza dell’uomo non come creatura isolata ma relazionale. Il senso di comunione raggiunto attraverso la danza provoca una regressione, accompagnata da una perdita temporanea dell’identità.

Genesi della Vivençia nelle Proto-vivencie della Prima Infanzia

Protovivençia Vivençia

Movimento Vitalità Carezze Sessualità Espressione Creatività Sicurezza - Nutrimento Affettività Armonia Trascendenza

Linee di Vivençia

Protovivençia Linea di Vivençia Emozioni e sentimenti

Esperienze evolutive

Movimento Energia Vitalità

Allegria Impeto vitale Entusiasmo

Autonomia

Contatto Carezze Sessualità Desiderio

Piacere Fusione orgasmica

Voluttuosità

Libertà Creatività Esaltazione creativa Creazione artistica

Creazione scientifica

Amnios (sicurezza) Nutrizione (alimento)

Affettività Tenerezza

Amore Amicizia

Fraternità Autodonazione

eucaristica

Armonia Respirazione libera Trascendenza Beatitudine

Godimento supremo Estasi

In Biodanza la trance viene indotta mediante un processo di identificazione profonda con la musica, in cui l’individuo si lascia trasportare dal movimento

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fino ad annullare la percezione del confine tra l’esterno e l’interno e diventa la musica; egli non è posseduto ma semplicemente si integra in un’identità maggiore che è il gruppo; è uno stato dell’Io ridotto e la percezione del corpo è armoniosa, le tensioni muscolari spariscono, la sensibilità corporea si sposta verso la pelle che diventa più sensibile. Lo stato di trance è un fenomeno in cui l’individuo si abbandona agli altri. Il termine “trance” deriva dal latino transire e significa “passare” quindi un cambiamento di stato di coscienza accompagnato da modificazioni cinestetiche.

III

Lo sviluppo evolutivo delle potenzialità genetiche

La Biodanza stimola e promuove lo sviluppo evolutivo rinforzando l’espressione dei potenziali genetici rappresentati dalle Cinque linee di Vivençia tramite esercizi specifici per ognuna di queste, e facilitando il contatto con l’identità profonda, libera dalle maschere e dai ruoli che la cultura impone. Tutto questo processo si svolge nell’ambito del gruppo, non è un sviluppo solitario, ma attraverso l’altro e con l’altro. L’individuo normale sviluppa tutte e cinque le linee, se anche una sola di queste è assente o atrofizzata, egli è carente e può manifestare dei sintomi psicosomatici. Nella Biodanza il processo d’integrazione e sviluppo si compie mediante la realizzazione di esercizi specifici con i quali stimolare le linee di vivençia che non sono progredite. Si possono formulare le prescrizioni necessarie a ciascuno.

Integrazione e dissociazione In Biodanza il processo di integrazione si realizza mediante la stimolazione della funzione primordiale di connessione con la vita, la quale permette a ciascun individuo di indirizzarsi, con una forza selettiva intensa, verso delle forme di azione che rinforzano suo sviluppo e lo integrano a se stesso, alla specie, al cosmo. Integrazione è unione. L’integrazione proposta nella Biodanza parte da osservazioni sui diversi livelli di dissociazione manifestati dall’uomo contemporaneo. La dissociazione è la separazione delle parti all’interno di una totalità; dal punto di vista della “Gestalt”, essa designa la perdita di relazione tra la parte e il tutto. Le dissociazioni si manifestano come risposta a determinati conflitti interiori che anche se personali, sono propri dell’intera umanità. Le dissociazioni a livello corporeo riflettono una dissociazione psichica la quale si può leggere attraverso l’osservazione della postura assunta dal soggetto e dei suoi movimenti corporei. Le dissociazioni possono manifestarsi a livello motorio, sensitivo-motorio, affettivo-motorio, e ideo-motorio. Una delle più gravi è quella tra l’affettività e il pensiero astratto. Tale dissociazione è all’origine della ideologia, da essa scaturiscono i comportamenti crudeli e disumani.

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Esercizi di Azione Integrativa:

Gli esercizi di “Integrazione Motoria” hanno l’obbiettivo di superare le dissociazioni motorie ed affettivo motorie indotte dalla struttura culturale e dai conflitti personali. Esercizi di integrazione motoria: Marcia sinergica, marcia fisiologica, fluidità (serie 1,2,3), estensione massima, estensione armonica, elasticità integrativa, danza Yin, danza Yang, integrazione Yin-Yang. • Esercizi di integrazione sensorio-motoria: Si combinano i movimenti con

gli stimoli musicali; danze ritmiche, esercizi di variazioni ritmiche, danze con temi melodici.

• Esercizi di integrazione affettivo-motoria: Si associa l’affettività al movimento; Eutonia, esercizi di espressione affettiva, danze d’amore, fluidità in coppia, esercizio di integrazione petto-braccia.

Attraverso esercizi specifici di integrazione affettivo-motoria si permette di esprimere le proprie emozioni e di contattare l’altro come essere vivente portatore di vita. • Esercizi di integrazione sensitivo-motoria: Si abbina la motricità alla

sensibilità; Danza Yin, danza di contatto minimo, danze degli Angeli, esercizio di piacere cenestesico.

L’integrazione del gruppo si realizza mediante esercizi della linea di Affettività (incontro, gruppo compatto di culla, abbracci, ronde ed altri).

L’integrazione alla natura si realizza mediante esercizi della linea di Trascendenza. L’azione di Biodanza viene esercitata sui potenziali intrinseci di Vitalità, Sessualità, Creatività, Affettività e Trascendenza: esprimendo i suoi potenziali l’essere umano non rimane più vincolato solo al ruolo sociale e culturale ma tende allo sua natura profonda di essere vivente. “Recuperando la connessione con se stessi, con gli altri e con l’universo intero”.

La stimolazione dei potenziali genetici si realizza attraverso la vivencia: la nostra vita è pura manifestazione di potenziali latenti che stimolati positivamente dall’ambiente si realizzano pienamente nel mondo.

• La Biodanza si può considerare un “bombardamento” di ecofattori positivi, stimolando i nostri potenziali innati a fiorire e questo avviene attraverso la

musica, la danza e le situazioni di incontro con il gruppo. Le vivencias generate do questa “stimolazione guidata” modificano le funzioni limbico-

ipotalamiche influendo nella percezione del mondo.

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La Gestalt musica-movimento-vivençia - un “insieme organizzato”

“Un sistema le cui parti sono dinamicamente connesse, in modo tale che il

modificarsi di una parte produce un cambiamento in tutte le altre.” definizione di Kurt Lewin La funzionalità di Biodanza richiede la partecipazione simultanea dei tre elementi, quindi, una musica unita a movimenti corporei ad essa coerenti produrrà in ciascuno vivençias affini anche se con sfumature diverse. Ad esempio un allievo che ha più esperienza entrerà in vivençia con maggior intensità anche all’interno di un gruppo “principianti” in quanto la sua capacità di sentire è facilitata e la repressione diminuita. La musica è un elemento importante nella Gestalt di Biodanza. R. Toro distingue due livelli di esperienza musicale riferiti alla musica organica e a quella inorganica. La prima presenta attributi “biologici” e forma un tutto unico con l’emozione che contiene. La seconda è quella contemporanea che si caratterizza per essere sempre più riflessiva ed astratta e non ha coerenza emotiva. I movimenti naturali dell’essere umano (camminare, saltare, stiracchiarsi), i gesti connessi ai riti associativi (dare la mano, abbracciare, cullare) ed i gesti archetipici, costituiscono i modelli su cui vengono impostati gli esercizi, strutturati in relazione al modello teorico, e i loro effetti sono previsti e sempre sotto controllo. I tipi di esercizi sono:

- individuali, in coppia, in piccoli gruppi e che coinvolgono tutto il gruppo come unità;

- di integrazione, di sensibilizzazione e di espressione dei potenziali genetici; - con un simbolismo archetipico.

La maggior parte degli esercizi si esegue con la musica ma ci sono momenti in cui il partecipante si esprime con il canto o il silenzio.

Uno degli esercizi di Biodanza che deriva da un’azione abituale è camminare; si chiama marcia e deve adempiere a dei requisiti: sinergia, integrazione del movimento delle gambe con quello del tronco, integrazione del movimento della pelvi con quello del petto, motivazione affettiva e regolazione della velocità personale, attiva la vivençia di avanzare nell’esistenza con eleganza ed impeto

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vitale. Altro modello di movimento naturale è l’abbraccio e si chiama incontro. L’emozione legata a questo esercizio, comprende la fraternità, la comunione e la generosità: è il momento dell’incontro con sé e con l’altro. Ha carattere di rito sociativo, implica l’apprendimento dei comportamenti di avvicinamento, comunicazione e contatto; le persone si avvicinano progressivamente guardandosi negli occhi aiutati dalla musica, si abbracciano e dopo un attimo si congedano delicatamente. La condizione è la reciprocità dei gesti, cercare una forma di incontro che non comporti nessun tipo di imposizione; implica il rispetto e la sensibilità nei confronti dell’altro e la capacità di esprimere con chiarezza i propri limiti per non essere prevaricati. L’esercizio stimola una forma indifferenziata di affettività che poi nella vita quotidiana tenderà ad attenuare comportamenti discriminatori e pregiudizi. La funzione terapeutica del contatto possiede varie spiegazioni. Dal punto di vista psicologico riduce la repressione sessuale e la tendenza all’autoritarismo, facilitando l’integrazione e l’autostima. Il contatto avviene all’interno di un processo progressivo di comunicazione affettiva e di empatia, a volte raggiunge la qualità di carezza.

Modello naturale di movimento: gesti archetipici Esercizio: “Posizioni Generatrici di Danza”

I gesti archetipici A partire dal Potenziale Genetico Rolando ha cercato e trovato la strada per andare verso quella che Rolando ha definito la “Grazia”, serbatoio di gesti antichi che vengono chiamati archetipici – “gesti eterni” che l’uomo ha sempre fatto e perciò appartengono alla memoria dell’umanità. Appaiono nei bassorilievi, nelle sculture e nelle pitture di ogni epoca ed esprimono l’espressione della vita umana: adorazione, senso della maternità, intimità, attività arcaiche come l’agricoltura. L’archetipo è una immagine che ci abita e la proposta di Biodanza è integrare l’archetipo danzandolo. Nella danza, che è movimento emozionato, l’archetipo prende vita. Alla base di qualsiasi atto umano c’è un archetipo, ci sono un Dio e una Dea mitologici dietro a ogni nostro comportamento. Rodolfo Von Laban, ballerino, sostiene che i movimenti della danza sono i movimenti della vita. Etienne Decraux ha selezionato 22 posizioni di base che generano i movimenti dell’arte mimica classica. In Biodanza Rolando ha selezionato 22 gesti

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archetipici suddivisi in tre codici per la progressività, la cui combinazione permette di creare delle danze spontanee di grande ricchezza e profondità umana. I gesti archetipici appartengono all’Inconscio collettivo, descritto da C. G. Jung, e costituiscono delle vere matrici espressive.

SCHEMA DEI 3 CODICI DELLE POSIZIONI GENERATRICI

CODICE 1 CODICE 2 CODICE 3

1- Connessione con l’infinito

1- Fluttuare nel liquido amniotico

1- Ricevere la grazia

2-Intimità 2- Connessione con il primordiale

2- Elevazione

3-Valore 3- Autodonazione 3- Evocazione e liberazione dell'energia interna

4- Proteggere la vita 4-Espansione (Uomo Stella)

4-Magnetismo

5- Dare-Darsi 5- Atemporalità 5- Connessione Cielo-Terra

6- Ricevere 6- Determinazione 6- Ispirazione

7- Chiedere 7- Verso l'incontro con il fratello

7- Illuminazione

8- Il Lavoro

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Le “posizioni generatrici di Danza”

Rolando Toro ha chiamato questi gesti archetipici “posizioni generatrici di danza” perché la danza ci attiva una cenestesia che possiamo trasmutare anche in coreografie. A differenza della danza espressiva che è una combinazione di movimenti organizzati dalla personale emozione del ballerino, la danza che sorge dalla combinazione di posizioni generatrici, possiede una dimensione più universale e allude alla Grandezza dell’Uomo. Vibra molto di più.

Danza Espressiva

si esprime l’originalità della persona

Danza di Posizione Generatrice

Coreografie nascono spontanee a livello cellulare

Le Posizioni Generatrici hanno l’obiettivo di connetterci con la nostra parte sacra, con la nostra origine divina, con la nostra essenza. Appartengono alla Linea di Vivençia della Trascendenza. Ho avuto l’opportunità in uno stage di formazione permanente presso la mia scuola di poterle vivere tutte ventidue. Personalmente nel mio percorso biodanzante ne avevo danzate alcune, ma ventidue è stata un’esperienza trascendente al massimo, bellissima e commovente.

Vorrei fermarmi nell’esporre Biodanza anche se ci sarebbe ancora molto, proprio con questa esperienza così intensa, vissuta da poco tempo, ma che rimarrà sempre con me.

Grazie a Sandra e Raffaella che hanno reso possibile questo, e un grazie forte anche ai miei compagni.

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Codice 1 - Posizione Generatrice VALORE Pugni chiusi, braccia tese, testa diritta e atteggiamento sereno. Si incrociano le braccia con lentezza e fermezza sul petto, nell’atto di trattenere un potere e di difendere un valore interno. Il gesto si riferisce al valore interiore della persona intesa come creatura trascendente. Questa posizione favorisce danze d’identità nelle quali si rinforza il “sé”. Gli occhi guardano in avanti ed i piedi sono lievemente separati. Musica: Richard Strauss -. Così parlò Zaratustra,

Codice 1 - Posizione Generatrice

IL LAVORO Braccio destro all’indietro nell’atto di lanciare. Il gesto consiste nel dare un impulso vigoroso a qualcosa che si trova nella mano, tenuta semiaperta. Il braccio sinistro accompagna naturalmente il movimento, moderando la forza del braccio opposto. La gamba destra è all’indietro in un perfetto sinergismo. La posizione favorisce i movimenti del lavoro manuale, come i lavori agricoli, ed i movimenti dello sport. È interessante l’utilizzo di questa posizione per stimolare la sincronizzazione e l’euritmia del gruppo, creando spazio a coreografie libere relative a cerimonie collettive di lavoro. Musica: Pink Floyd - Wish you were here (Parte II)

(immagini e testo da:Rolando Toro – dispensa formazione docente “Le Posizioni Generatrici”).

              

   

Biodanza è … Biodanza è …  guardare il vostro danzare e sentire il cuore aprirsi, pronto a ricevere la vostra bellezza. 

 

  Biodanza è …   vedere la paura vinta dal coraggio di togliere i veli che nascondono 

  la vera natura e la reale espressione di ognuno di noi Biodanza è … disponibilità a donarsi e a donare i tesori migliori che ognuno porta con sé: chi la bellezza, chi la gioia di vivere, chi la forza, chi l’amicizia, chi la sensualità, chi la tenerezza, chi l’amore. 

                           

  Biodanza è …  ascoltare le vostre poesie che portano alla luce la forza e l’intensità dell’anima. Che hanno il potere di superare le dighe di sbarramento oltre alle quali scendono lacrime di liberazione e di amore profondo. 

 Biodanza è …  vedere e scoprire l’importanza del dono della creatività. Opere importanti che, nella loro semplicità, mandano messaggi di fratellanza e di unione; unione che nemmeno la distruzione può scalfire o cancellare. 

  

 

Biodanza è … capire quanto lontana è la mente dal cuore e quanto il cuore aiuti a conoscere meglio i nostri compagni di avventura. Di quanto siano belli e diversi da come la mente ce li propone, scoprendo che nel proprio intimo ognuno ha fonti limpide ed immense di nutrimento per una vita migliore. 

Biodanza è … sentire il bisogno di dire grazie a tutti voi per tutto ciò.  

Angelo  Padova, 24 giugno 2000  …da qualche anno Angelo danza assieme alle stelle 

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Biodanza è per me:

è la scoperta continua di me stessa è la possibilità di entrare dentro di me

per trovare dei tesori, a volte no e, poterli manifestare al mondo

facendolo partecipe è soprattutto aver capito, aver vissuto e, credere che la mia identità cambia ad

ogni istante ma non la mia essenza è non squalificare me stessa

è poter accarezzare abbracciare

è poter danzare è guardare negli occhi di un compagno

e vedere il suo mondo

Roberta

Silvia Pisani “La danza della vita”

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` Le mie danze di Biodanza

Non credo di aver potuto danzare tutte le danze di Biodanza, ma sono fiduciosa. Certo è che ogni danza in questi anni è stata vissuta intensamente ma, alcune sono dentro di me perché sono state danzate in particolari momenti della mia vita o hanno permesso che potessero avvenire dei cambiamenti. Vorrei provare a parlarne un po’ …

La prima danza in assoluto è stata “la danza di Leggerezza con Spostamento nello Spazio” con musica di Glenn Miller “Moonlight Serenade”, la quale mi ha permesso di lasciarmi andare, sentivo il mio corpo leggero, arioso, volava nello spazio, incontrando gli occhi dei compagni. Da questa danza è nata la decisione: far parte dei biodanzanti.

La Camminata per me è stata una danza di osservazione e trasformazione, osservazione perché soprattutto agli inizi mi trovavo ad osservarmi, e a percepirmi nei mie movimenti nella postura quando camminavo sia in sala ma soprattutto per la strada. Mi sembrava quasi impossibile ma lentamente delle trasformazioni ci sono state. Migliorando la postura, si migliora lo stile di vita.

Nel primo Progetto Minotauro come sfida personale ho Camminato per la Vita. I passi all’inizio erano incerti, avrei voluto quasi non camminare più, ma poi i passi sono diventati più sicuri, le spalle più diritte, gli occhi più vivi e l’abbraccio finale di tutti, una conferma.

La prima volta che danzai la danza del Marcare Il Territorio, il proprio spazio, quasi fu un disastro perché quale era il mio spazio? Successivamente provavo piacere a danzarla, marcavo il mio terreno ma, con animo sereno, senza aggressività.

La danza della Tigre, uno dei quattro animali in Biodanza non è stata semplice danzarla, ci sono stati dei passaggi. Non era facile né attaccare né sfuggire all’aggressione. È una danza bellissima dove esiste la sinergia delle caratteristiche proprie dell’animale: l’armonia del fellino, la potenza dei movimenti, l’agilità, la sinuosità. Come simbolismo è legata all’elemento fuoco. È una danza che sento molto mia. Ho imparato a danzarla sia come combattimento ma non con l’aggressività violenta verso un compagno o più compagni e danzarla con la possibilità decisionale di attaccare o no. È una danza vitale, creativa, sensuale vissuta sempre pienamente.

Il contatto con la terra, le danze di Terra, ma in particolare modo la danza dell’Elasticità Integrativa. È una danza che mi ha sempre fatto percepire la mia sensualità. Il mio corpo che si apre, si chiude, si tende assaporando la terra, mi ha portato a vivere momenti forti di sensualità.

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La danza dell’Accarezzamento delle proprie mani. La prima volta ho pianto perché accarezzandole sentivo la mia vita scorrere su di loro e non è stato facile.

Danzare la Samba all’interno di un cerchio di cinque persone è stata la scoperta del mio lasciarmi andare nel movimento di piacere.

L’Eutonia di dito in coppia, è una danza dove la coppia danza armoniosamente con i due indici che non devono mai staccarsi. La danza che nasce è delicata ti porta verso tanti spazi da esplorare insieme.

Nel secondo progetto Minotauro la sfida era cantare il mio nome con affettività, danzando. È nata una danza armonica e ancora non ci credo, la voce sembrava quella di un usignolo.

In una Ronda Concentrica di Sguardi davanti a me avevo un compagno. I nostri occhi altre volte si erano incontrati ma quella volta si sono visti in modo diverso per me a anche per lui: abbiamo visto le nostre anime. È stato molto commovente e trascendente, e lo è ancora.

Recentemente nella danza di Accarezzamento del Viso in coppia, in modo alternato, ho accarezzato il viso di Giampiero, mio compagno di vita, e lui ha accarezzato il mio. È stata un’emozione forte per entrambi. Quando si è assieme da anni diamo per scontato tanto di noi ma, in quel momento era tutto nuovo, diverso, accarezzavo il suo viso per la prima volta.

Sento di chiamare l’esercizio dell’Incontro-abbraccio, danza. Lentamente ogni abbraccio diveniva più abbraccio perché mi permettevo di rimanervi. Questa danza mi ha nutrita della sua poesia e ha guarito le mie ferite.

Con Rossella ho sempre danzato armoniosamente, è sempre esistita una sintonia che ci permetteva di cercarci, e trovarci per danzare assieme perché anche se eravamo una distante dall’altra, sapevamo che in quel momento dovevamo danzare assieme. In particolar modo una danza Yin, in coppia, con lei, mi ha fatto vivere la sensazione commovente e meravigliosa di fusione, estasi, con l’essere Umano, l’essere Universale.

Queste sono alcune delle danze che più di altre mi porto nel cuore, e mi permettono di dire: Grazie a Biodanza Danzo la mia Danza.

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Non credo che più del Sistema Biodanza Rolando Toro, esista in ogni

angolo del mondo disciplina o pratica, che permetta all’essere umano di conoscersi, esprimersi e vivere se stesso, creando una rete affettiva con il suo simile e con la natura; questo processo è una Danza, tante Danze.

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Stupore ed emozioni: il mio Gruppo di Tirocinio

Nei mesi precedenti all’inizio del corso in me e fuori di me c’era fibrillazione. Era quasi tutto pronto, volantini, stereo, musiche, le classi per le presentazioni, la sala in un bellissimo contesto: in un bosco, in mezzo alla natura. Le domande erano: Se mai arrivassero delle persone e decidessero di fermarsi, come saranno? Saprò parlare? (io amo molto di più scrivere) e, aiuto, saprò danzare? Andò tutto bene, ci fu una scintilla da subito, sembrava ci conoscessimo già, iniziammo a parlare come fossimo degli amici che si trovano a casa di amici. Esposi Biodanza senza difficoltà e la più stupita ero io, stupita del fatto che dopo tanta ansia, mi sentivo tranquilla e iniziammo a danzare. Le persone rimasero, e a due mesi dal termine del corso si aggiunsero: Silvia, futura mamma e, Giampiero, si proprio lui e, questo è stato lo stupore più grande perché pur vivendo dal di fuori, Biodanza, non aveva dato mai “segnali” di volerla praticare. La sua “entrata” all’inizio mi mise un po’ “sottosopra”, ma è stato solo un attimo. Qualche volta ha condiviso con il gruppo le sue emozioni e sentirlo parlare con il “dizionario di Biodanza” mi emozionava. Il Gruppo creatosi è stato un gruppo affettivo e integrato fin dall’inizio e nel tempo sempre di più. Sono stati dei mesi, per me, pieni di emozioni, unici. Mi chiamavano “maestra” ma, non mi sono mai sentita tale, anzi una di loro, come loro, solo magari con più pratica ma, che ha camminato con loro cercando di accompagnarli per un tratto di strada prendendoli per mano. Grazie di cuore ragazzi! Un Grande Abbraccio.

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Nelle pagine seguenti alcuni miei allievi hanno espresso le loro emozioni:

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Grigiore fuori e dentro me, ascolto stancamente il resoconto della presentazione di Sabato scorso,

vedo ancora più grigio. Iniziamo, ci prendiamo per mano,

ci siamo tutti più il supervisore di Roberta (Raffaella) in tuta rossa. La musica mi prende subito,

dolcissima e fluttuante come la magia che mi fa sentire un tutt’uno con il gruppo. Danziamo la nostra Ronda che oggi mi pare più nostra.

Mi sento onda tra le onde sospinta e cullata, mai abbandonata.

Franca 27.03.2007

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```

Ho intrapreso Biodanza consapevole che fosse giunto il mio momento.

Per anni pur “vivendola” attraverso Roberta pensavo però che potesse interessare più che altro il mondo femminile.

La consapevolezza nata nel tempo è, che l’interesse è verso l’essere umano, cioè tutti.

Mi sono presentato al gruppo spogliato della mia veste di marito e delle mie resistenze, senza paura del giudizio.

Sono stato accolto e da lì mi sono sentito sciogliere, lentamente la mia postura “rigida” iniziava ad essere più

vera. Con tutti i miei compagni, anche se per un breve periodo ho

condiviso delle vere Emozioni.

Giampiero

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Conclusioni

Anche la monografia è stata una vivençia. Una vivençia vissuta con stupore, emozione e amore.

Ho provato veramente amore per tutto quello che è, e non è contenuto.

È stata una ricerca di me stessa per manifestare me stessa. Questo ora per me è un punto di partenza verso un mondo,

verso degli orizzonti nuovi. Nel corso degli anni io sono cambiata, mi sento cambiata, è

cambiata la vita nella quotidianità. Ho anche osato in questo processo di cambiamento, come

essere creativo posso sempre “partorire me stessa”. Grazie …

Posizione Generatrice Codice 3

Connessione Cielo-Terra

matrimonio tra il cielo e la terra, ossia il matrimonio cosmico, simbolicamente l’unione tra il maschile e il femminile e

la fecondazione: due grandi forze della natura.

Per me la vita è questa pulsazione.

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Bibliografia

Rolando Toro Araneda – “Biodanza” - Edizioni Red - Como 2000 Rolando Toro Araneda – “L’Uomo che parla con le rose” Bruno Ribant – “Mettere la Vita al Centro della nostra Vita” – per una cultura

Biocentrica l’Alfabeto della Vita – Poetica della Biodanza Dispense formazione docente secondo ciclo –

Scuola di Biodanza RolandoToro del Triveneto I.B.F. Assessorato alla Metodologia - elenco ufficiale degli esercizi delle

musiche e delle consegne 2005 Biodanza Sistema Rolando Toro Roger Garaudy – “Danzare la Vita” – Cittadella Editrice Mart – “La Danza delle Avanguardie” – Rovereto 2005 Iain Zaczek – “Angeli e Fate – Sentieri d’Arte” – Logos – Modena 2006 “Parole per chi Ama la Danza” - Gruppo Editoriale EdiCart – Legnano (MI) Petra - Andrea Hinz - “Redoute’s Roses – Redoutés Rosen – Les Roses de

Redouté” – Edizione Taschen 2001 Monografie per la titolazione di:

- Enrica Silimbani: Biodanza: “Quando il cuore abita il Movimento”. - Gabriella Gobbo: “La Poetica dell’Incontro Umano: Una rivelazione per

l’identità. Un ringraziamento al mondo d’internet per l’apporto datomi.