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Guerra e propaganda Prof. Giovambattista Fatelli

Guerra e propaganda...La prima guerra mondiale è la prima guerra “totale” e rappresenta un punto di svolta importante per lo sviluppo della comunicazione. Svolta comunicativa

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Guerra e

propaganda

Prof. Giovambattista Fatelli

La prima guerra mondiale

La prima guerra mondiale è la

prima guerra “totale” e rappresenta

un punto di svolta importante per lo

sviluppo della comunicazione.

Svolta comunicativa

• Viene sperimentata per la prima volta su vasta scala la propaganda di tipo moderno

• Progrediscono notevolmente le tecniche di comunicazione ad ampio raggio

• Si inizia ad apprezzare, perfino troppo, il valore “politico” della circolazione delle informazioni.

Progresso tecnologico

Il progresso tecnologico della comunicazione è

sollecitato da esigenze militari, ma anche in politica

dalla necessità di governare organizzazioni anche

molto complesse e tenere unite grandi popolazioni

alle prese con una guerra lunga e sfibrante.

Consapevolezza

Ma il punto veramente notevole è il maturare di una

consapevolezza nuova delle potenzialità della

comunicazione di massa che produrrà nei decenni

successivi notevoli risultati in termini di riflessione

teorica e applicazione pratica.

Il fronte “interno”

Tutti i Paesi si trovano ad affrontare,

sebbene con la piccola variabilità

legata al livello del loro sviluppo, i

medesimi problemi di

comunicazione:

Gestire l’informazione

sull’andamento del conflitto;

Rappresentare e legittimare

l’impegno della propria

nazione in guerra.

Il fronte “interno”

Anche i principali obiettivi che si prefiggono i governi vengono sostanzialmente a coincidere: Mantenere l’immagine positiva della propria politica

sul piano internazionale;

Tenere alto il morale della nazione e il sostegno allo sforzo bellico, soprattutto esaltando lo spirito patriottico e le motivazioni della lotta.

Il fronte “interno”

Perfino l’articolazione degli strumenti adottati da quasi tutti i paesi per affrontare la questione appare simile: Imposizione di un severo regime di controllo sulle

notizie, gestito solitamente dall’esercito;

Creazione di strutture centralizzate deputate alla diffusione di materiale propagandistico.

Entusiasmo patriottico

All’inizio del conflitto nessuno sembra avere un’idea

precisa di quello che succederà in seguito. Sul

piano militare tutti pensano a una rapida e gloriosa

avventura. Sul piano sociale domina un entusiasmo

poco ragionevole. Anche sul piano propagandistico

spiccano l’inesperienza, l’estemporaneità e l’estro.

Entusiasmo patriottico

Infatti, l’iniziale ondata di patriottismo da un lato

squalifica e sommerge le rare voci contrarie alla

guerra e dall’altro fomenta l’esaltazione dei giovani,

dando in entrambi i casi l’impressione perfino della

inutilità di un forte apparato propagandistico. Tanto

più che nessuno pensa a una guerra molto lunga…

Al di sopra della mischia

Allo scoppio della guerra, lo scrittore francese Romain Rolland lancia dalla Svizzera un appello ai belligeranti che invoca la pace in nome dei comuni valori di civiltà: Au-dessus de la mêlée (raccolta di articoli pubblicati sul Journal de Genève). Nel 1915 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura.

Al di sopra della mischia

«Élite europea, noi abbiamo due città: la nostra patria

terrena, la città di Dio. Dell’una siamo gli ospiti; dell’altra i

costruttori. Diamo alla prima i nostri corpi e i nostri cuori

fedeli. Ma nulla di ciò che amiamo, famiglia, amici, patria,

nulla ha diritti sullo spirito. Lo spirito è la luce».

Al di sopra della mischia

«Il dovere è quello di elevarlo al di sopra delle tempeste

e di fugare le nubi che cercano di oscurarlo. Il dovere è

quello di costruire, sia più larghe sia più alte, e capaci di

dominare le ingiustizie e gli odî nazionali, le mura della

città dove devono raccogliersi le anime fraterne e libere

del mondo intiero».

Il comando verrà…

«Non c’è propaganda che persuada un popolo alla guerra, la guerra è una imposizione o un’eroica rassegnazione. La guerra è un comando. Il comando verrà. E la nazione sarà un esercito…»

Scipio Slataper

Stampa di massa

L’unico vero apparato di intermediazione fra la macchina statale, l’opinione pubblica e le masse popolari è la grande stampa, uno strumento di cui si conoscono ormai le grandi potenzialità ma di cui resta ancora poco collaudata la disponibilità a uniformarsi in modo funzionale con gli obiettivi politico-militari del governo.

Francis Luis Mora, Evening News, 1914

La propaganda

Se in tutti i Paesi in guerra sarà fondamentale per la gestione del consenso il ruolo della stampa, essa sarà tuttavia ovunque affiancata, talvolta superata, da apparati di propaganda più o meno improvvisati, più o meno efficaci, che svolgeranno perlopiù il ruolo di amplificazione e diffusione delle politiche e delle ideologie governative.

La propaganda

Soprattutto nei Paesi più sviluppati, come Gran

Bretagna e Stati Uniti, questi apparati diventeranno

una macchina in grado di implementare una visione

«professionale» della persuasione su vasta scala

che prefigura gran parte del successivo percorso

sociale della comunicazione di massa.

Ma le macchine propagandistiche più agguerrite ed

efficaci si sviluppano nei paesi anglosassoni. I

motivi di questo predominio sono molteplici, legati in

parte alle circostanze, alla diversa determinazione e

una più lungimirante astuzia politica. Tuttavia un

fattore decisivo è sicuramente costituito dal

contesto, caratterizzato da un elevato livello di

sviluppo della società e del sistema

dell’informazione e da un’attenzione diffusa e non

banale per i fenomeni di massa e mediatici.

Fleet Street, Londra

La forza della propaganda

«Una delle principali domande che si pongono sul ruolo dei giornali in questo conflitto è se il loro modo di riflettere le notizie abbia contribuito in maniera rilevante alla scelta americana per l’impegno militare. Tradizionalmente si è sostenuto che i potenti proprietari di giornali abbiano provocato l’intervento americano promovendo un’atmosfera di isteria nazionale e che questo sia stato uno dei primi esempi di coinvolgimento dei media in questioni militari».

Gorman-McLean,

Media e società nel

mondo

contemporaneo, pp.

26s.

Livelli di efficacia

Tuttavia durante il conflitto,

in merito all’organizzazione

delle attività di propaganda

e al loro grado di efficacia,

affiorano delle differenze

che - con l’evoluzione delle

tecniche e delle mentalità

– seppure non

determinano in modo

diretto l’esito della guerra,

ne influenzano il corso in

modo consistente.

Obiettivi

L’organizzazione di queste attività inizia a partire

dagli obiettivi che si ritengono più urgenti e usando i

metodi con cui si ha più consuetudine: non si deve

permettere che i mezzi di informazione, già

considerati come un notevole catalizzatore

dell’opinione pubblica, raccontino la guerra a modo

loro, intralciando l’azione del governo.

Occorre quindi rinforzare il controllo sulle comunicazioni e arginare il prevedibile tentativo dei governi nemici di far valere le proprie ragioni nei confronti dell’opinione pubblica inglese, evento del resto assai improbabile, ma soprattutto di quella dei paesi neutrali.

Soprattutto vengono a mescolarsi più o meno

inestricabilmente lo sforzo di controllare gli organi di

diffusione delle notizie e la produzione d’ogni tipo di

materiale destinato a orientare l’opinione pubblica.

Strumenti

I Pamphlets

All’inizio della guerra i tedeschi sono i primi a

distribuire nei paesi neutrali opuscoli in cui cercano

di spiegare le loro ragioni. In quel momento la gran

parte dei messaggi propagandistici viaggia ancora

attraverso le pubblicazioni scritte, in gran parte di

minuscolo formato (volantini, fascicoletti, pieghevoli

e libelli), trovando il suo veicolo privilegiato nel

pamphlets, piccolo libro di argomento polemico.

La necessità di raggiungere strati sempre più vasti

della popolazione, in gran parte alfabetizzati solo

sommariamente, mette ben presto in luce

l’importanza della suggestione visiva e il valore

sintetico e diretto dello slogan, rispetto alIe

argomentazioni scritte dei pamphlets che richiedono

invece una cultura alfabetica meno superficiale.

Sono quindi i manifesti e le cartoline postali a guadagnare la scena, rivelandosi lo strumento più importante ed efficace dell’attività propagandistica, ancor più dei film, che non assicurano ancora una presenza massiccia, sono più complessi da elaborare e richiedono una concentrazione maggiore.

Contenuti

In tutti i paesi un guerra si avviano forme di propaganda essenzialmente su due versanti. L’illustrazione delle proprie buone ragioni e l’appello alla partecipazione con ogni mezzo allo sforzo bellico, da un lato, e dall’altro, la raffigurazione della cattiveria del nemico con acclusa necessità di batterlo ad ogni costo.

Il reclutamento

Differenze

• Contenuto Ideologia e cultura che motivano

la scelta dei temi

• Stile Struttura e confezione del

messaggio

• Potenza Disponibilità di strumenti

comunicativi e amplificazione

• Canale Mezzi e tecniche di distribuzione

• Target Attenzione nei confronti del

pubblico, diversificazione.

Demonizzazione

Effetti

Il boom della propaganda nell’area anglo-sassone trova uno dei suoi motivi principali nell’intreccio con l’emergente industria culturale, sia nel collaudo di alcuni meccanismi di base che nella verifica su larga scala di strumenti moderni e settori tematici nuovi.

Anzitutto l’ingranaggio della produzione culturale di massa rivela una grande affidabilità nell’individuare le scorciatoie che consentono a larghi strati della popolazione un accesso «facilitato» all’integrazione sociale e alla vita politica, dando luogo a una sfera pubblica allargata e semplificata.

Il funzionamento di questi meccanismi e la grande efficacia della propaganda trovano una spiegazione nella «verginità» del grande pubblico, attirato dagli strumenti della comunicazione di massa ma ancora ignaro dei loro «effetti». Sono infatti ampiamente diffuse la fede nella «sincerità» della stampa e l’uso di ragionare in termini rigidamente etnocentrici.

Football Crowd, 1912

Considerata anche la cornice di fervore patriottico e

di nazionalismo, da tutti vissuti come una necessità,

si capisce come la propaganda, innestata su un

terreno di coltura così favorevole, sia riuscita con

tanta facilità a inorridire il suo pubblico e a indurre

un odio violento verso i tedeschi.

Restringendo i processi di acculturazione in percorsi abbreviati e più rapidi (quelli individuati poi nella Dialettica dell’illuminismo) e «insaccando» i canali di partecipazione dentro forme sintetiche (operazioni in cui recitano una parte decisiva le comunicazioni di massa), le persone possono più facilmente venir annesse alla sfera sociale in modo astratto, in qualità di consumatori, audience, portatori «sani» di atteggiamenti, opinioni e interessi, ostaggi dei partiti e fornitori di consenso.

In secondo luogo, la produzione culturale di massa rivela un talento straordinario nel tradurre in termini popolari i fermenti e le istanze maturati nei piani alti della società, come già aveva intuito Le Bon.

Chris Jordan, fotografo e attivista culturale impegnato sul

tema dei detriti della cultura di massa.

Le produzioni ispirate da questo tipo di operazione presentano in generale una miscela agrodolce che riflette la contraddittorietà delle spinte che animano l’industria culturale, secondo la fortunata interpretazione offerta da Edgar Morin nel 1962.

Secondo lo studioso francese, i sogni collettivi messi in scena dall’industria dell’immaginario mescolano realtà e desiderio, una produzione mirata al consumo e aspettative inconsce, in una continua collaborazione, spesso inconsapevole, tra chi produce e chi fruisce.

Il sistema di produzione culturale legato a logiche di mercato e i bisogni culturali dei consumatori subiscono un processo di reciproco adattamento e la ferrea organizzazione del prodotto mediante strutture costanti, forme archetipiche e stereotipi, lascia inevitabilmente spazio anche alla sperimentazione di nuovi e imprevisti significati. http://www.sapere.it/enciclopedia

Questa capacità di conciliare voglia di novità e

conformismo standardizzato forma anche il telaio

che trasferisce le istanze emergenti dalla sfera

sociale privilegiata a quella subordinata e di massa.

E fra le tematiche più visibili nella società di inizio

secolo figura certamente l’insofferenza per le regole

sociali istituite dalla società borghese dell’Ottocento.

La spinta verso l’emancipazione e la ridefinizione

dell’ordine sociale elaborata nel mondo dell’arte si

propaga in tutti gli ambiti e viene galvanizzata dalla

guerra, producendo innalzamenti delle soglie di

tolleranza, eruzione di energie e atteggiamenti

originali, reazioni e scosse di assestamento.

Nel filtro dei mezzi di comunicazione di massa questa pressione deve perciò da un lato scontare la tendenza al conformismo di un apparato compresso entro modi assai convenzionali per compiacere l’establishment, superare il gap che tiene lontana la vera cultura, rinforzare una legittimazione ancora precaria.

Tuttavia l’insieme visuale offerto dal cinema, dagli spettacoli dal vivo, dalle riviste illustrate, dai fumetti e dalle copertine dei pulp magazines, proteso a procacciarsi pubblico nuovo, ancora grezzo, e a soddisfare le richieste di maggiore vivacità, viene a formare, magari ai margini del sistema, un’area più o meno vasta che tende a un continuo allargamento dei confini della visualità.

Ciò è particolarmente evidente nelle nuove forme di colonizzazione dell’immaginario che riflettono la tendenza a valorizzare il corpo (pratica di naturismo e nudismo, diffusione della ginnastica e della cultura fisica) e a liberare le energie naturali e la sensualità.

Reale Società Ginnastica di Torino, esercizi di equilibrio (1894)

La zona d’ombra della semi-clandestinità e della supposta inoffensività, induce alcuni settori a tradurre la rottura delle etichette convenzionali, la sfida ai formalismi e alle tradizioni, l’appello alla passione e alla «dinamicità» nei linguaggi peculiari della produzione di massa e secondo modalità che in seguito saranno definite exploitation.

Matura così una versione della modernità triviale e

plebea, che traduce la sfida alle convenzioni sociali,

l’elisione dei limiti imposti da una morale antiquata,

con il richiamo alla soggettività e alle emozioni,

l’affrancamento dalla serietà dei contenuti, la banale

licenziosità e la legittimazione del trash.

Artisti e modelle

Nel 1915 il moralismo del pubblico americano è scosso dal film Inspiration, di George Foster Platt, che narra di un’ingenua ragazza di campagna innamorata dello scultore per cui posa, interpretata da Audrey Munson, giovane modella di rara bellezza che per prima si mostra senza veli, per pochi istanti, al pubblico del cinematografo.

Dive

È ancora il cinema americano a lanciare la prime dive in storie esotiche e «peccaminose» che aprono la via all’esibizione delle forme femminili.

Theda Bara in Cleopatra (1917)

Betty Blythe in The queen of Sheba (1921)

Damsels in distress

Ma lo stereotipo più sottile e potente che costituisce il trait d’union più evidente fra le immagini usate dalla propaganda e il consumo culturale di massa sono le immagini di fanciulle discinte insidiate da un bruto che formano un tema iconico ben preciso: le damsels in distress.

Femme fatale

Da una di queste serie, prodotta però in Francia (Les Vampires, 1915), emerge un’antieroina che si batte con astuzia e passione per il trionfo del male: la Irma Vep interpretata da Musidora, giovane bella, colta e spregiudicata che porta la sua femme fatale a diventare un’icona della modernità.

Nel contesto di adeguamento delle strutture narrative e iconiche dell’industria culturale vanno collocate le suggestioni specifiche introdotte dalle vicende belliche, a loro volta capaci di mobilitare le risorse emotive, stimolare la nascita di sentimenti collettivi, spostare l’attenzione, grazie alla propaganda, su temi e questioni particolari.

In particolar modo, soprattutto nella cultura inglese,

emergono durante la guerra determinate tematiche

che si ricollegano alla manifestazione del desiderio,

allo sdoganamento dell’erotismo e, in generale,

all’evoluzione delle abitudini sessuali.

Marzo 1916, Donne della Women’s Fire Brigade col loro comandante

Al di là dell’infatuazione per le divise all’inizio del

conflitto, sintetizzata nell’espressione «febbre

khaki», e delle problematiche legate, a guerra finita,

al reinserimento dei veterani nella vita civile, il

fenomeno più interessante, sotto questo profilo è la

bagarre scatenata sulle atrocità di guerra.

Donne in una fabbrica di munizioni a Chilwell, Nottinghamshire, 1917

Secondo molti studiosi, infatti, la valanga di orrori

che la propaganda riversa sulle masse avrebbe

prodotto echi significativi nell’immaginario collettivo

in relazione alla percezione della sessualità.

Molti studiosi ritengono infatti che le storie di atrocità riversate dalla propaganda sulla società occidentale abbia avuto echi significativi nell’immaginario collettivo in relazione all’evolversi del costume e alla percezione della sessualità.

Le storie di atrocità

Se alcuni fenomeni raccontano già una consapevolezza nuova del desiderio sessuale e della indipendenza delle donne, le storie di atrocità introducono nel discorso pubblico, in modo palese e quasi aggressivo, i temi dello stupro e della violenza sessuale.

Quando le complicate polemiche sulla violazione dei trattati e sulle regole della diplomazia cedono il passo alla più semplice e diretta «denuncia» delle atrocità (soprattutto stupri, violenze e torture), subito s’impone la figura della donna profanata come il simbolo della violazione del confine belga.

«Il Belgio diventa una fragile fanciulla stuprata,

spezzata e piangente mentre un Ulano abbandona

la stanza» (Harris, 180). Nelle versioni più ottimiste

le donne belghe o francesi in balia degli aguzzini

mostrano invece un atteggiamento fiero e virtuoso.

Ruth Harris, “The Child of the

Barbarian. Rape, Race and

Nationalism in France during the

First World War”, Past and

Present, vol.141, 1993.