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Guida ai sentieri nel - ilrifugiobb.it monti aurunci.pdf · Presentazione Il Parco Naturale dei Monti Aurunci si presenta ai visitatori con i suoi colori più belli, con i paesaggi

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Guida ai sentieri nel Parco dei Monti Aurunci

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DOCUP Obiettivo 2 Lazio, 2000-2006, Misura III.3 - Progetto cofinanziato dall’Unione EuropeaRegione Lazio - Assessorato Ambiente e Cooperazione tra i PopoliEnte Regionale Parco dei Monti Aurunci

Presidente Giovanni IalongoDirettore Giuseppe MarzanoDirigenteSettoreDPromozione,Fruizione,ComunicazioneeSviluppoSostenibile Corrado Boccia

Autori:Supervisione Giorgio Biddittu, Giuseppe MarzanoCoordinamentoeditoriale Daniela Di Fazio, Clelia Palombo, Antonio Tedeschi Testi Giorgio Biddittu, Daniela Di Fazio, Giuseppe Marzano, Clelia Palombo, Antonio Tedeschi; testo sull’introduzione alla geologia di Lucio De Filippis; testi sull’introduzione alla fauna e i box “Vedere con l’udito” e “Il ritorno del lupo” di Silvio D’AlessioAutoridelleFoto Giorgio Biddittu, Daniela Di Fazio, Antonio Masella, Clelia Palombo, Antonio Tedeschi, archivio EnteRaccoltadatiecartografie Daniela Di Fazio, Clelia Palombo, Antonio TedeschiProgettograficoeediting Domenico Carnevale, Daniela Di Fazio, Clelia Palombo, Antonio Tedeschi Realizzazionegrafica Imagestudio di Domenico Carnevale - Fondi (LT)Stampa Tipografia Graficart - Formia (LT)

La presente pubblicazione è il prodotto della collaborazione di tante persone che vi hanno contribuito in diversa misu-ra. In particolare il Dirigente del Settore Promozione-Sviluppo Corrado Boccia; il Responsabile dell’Ufficio Vigilanza, Antonio Marzella, per aver coordinato il personale guardiaparco impegnato nel presente lavoro; Antonio Masella, Adriano Di Nitto; Clino Vallone dell’Associazione CAI sezione di Esperia.

I dati e le informazioni contenute nella guida sono aggiornate al mese di luglio 2006. Informazioni più dettagliate sono disponibili presso gli uffici dell’Ente Parco.

© Ente Regionale Parco dei Monti Aurunci Edizione 2008

Stampa su carta ecologica

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INDICE

Presentazioni ......................................................................................................

Il Territorio .........................................................................................................

La natura dei Monti Aurunci .......................................................................

Come si usa la guida .......................................................................................

Legenda ...............................................................................................................

Itinerari:

1. Anello Piana di Sant’Onofrio ............................................................

2. Monte Faggeto .......................................................................................

3. Piana di Polleca - La Valle ..................................................................

4. Anello Cerretello e Monte Fragoloso ..............................................

5. Valle Gaetana e Monte Fammera .....................................................

6. Monte Forte ............................................................................................

7. Campo di Venza ....................................................................................

8. La Valle e Monte Petrella ....................................................................

9. Canale di Faggeto - Monte Petrella .................................................

10. Piano Terruto ..........................................................................................

11. Fosso di Fabio e Monte Ruazzo ........................................................

12. Tratturo San Michele - Redentore e Monte Petrella ..................

13. Cresta di Monte Revole ......................................................................

14. Piana di Campello Vecchio e Monte Ruazzo ...............................

15. Piana di Campello ................................................................................

16. Santuario Madonna della Civita ......................................................

17. Antica Regina viarum ...........................................................................

18. Foresta Demaniale di Sant’Arcangelo .............................................

19. Valletonda ................................................................................................

20. Monte Appiolo - Monte Crispi ........................................................

21. Cima del Monte - Quercia del Monaco - Acquaviva .............................

22. Sentiero Natura e Giardino delle Farfalle ......................................

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Presentazione Il Parco Naturale dei Monti Aurunci si presenta ai visitatori con i suoi colori più belli,

con i paesaggi più suggestivi, con i valori naturalistici, storici e culturali più interessanti.

Un Parco, quello dei Monti Aurunci, dove si possono programmare e organizzare durante tutte

le stagioni dell’anno escursioni di particolare interesse.

La pubblicazione “Sentieri nel Parco dei Monti Aurunci” è certamente una guida utile per

poter scoprire e conoscere meglio i valori di questo territorio, ma è anche il primo tentativo

di suscitare soprattutto in chi vive in questa area protetta un nuovo e più forte senso di appar-

tenenza ad una terra straordinaria, tessuta con trame complesse, dove si leggono le relazioni

millenarie tra ambienti naturali, storia dell’uomo e delle sue attività tradizionali.

Una natura da conservare, da gestire e valorizzare con attenzione, per non perdere giorno dopo

giorno frammenti della sua bellezza, della sua complessità; per non rimpiangere il tempo pas-

sato e per guardare al futuro con la speranza e la certezza di poter rinnovare anche nelle genera-

zioni future le emozioni che oggi è in grado di suscitare, con i suoi paesaggi, le sue rocce, i suoi

prati ricchi di colori, i suoi boschi, la sua fauna ricca di specie, le sue emergenze archeologiche,

storiche e religiose, le sue tradizioni.

Un Parco da conoscere, un Parco dove la diversità è la regola: diversità di ambienti tra il mare e

le alte montagne; diversità di specie, di valori culturali e tradizionali; diversità e specificità dei

centri storici, da quelli più piccoli a quelli più sontuosi e ricchi di arte.

Un territorio da scoprire con il passo dell’antico viaggiatore, per non perdere quel mondo di

dettagli che fanno la differenza tra una visita superficiale e un coinvolgimento più profondo,

lungo i sentieri del Parco e delle emozioni.

Filiberto Zaratti

Assessore all’Ambiente della Regione Lazio

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Introduzione

In cammino sugli AurunciPercorrendo i sentieri dei Monti Aurunci può capitare di incontrare delle greggi e dei vecchi pa-

stori dal volto segnato dal tempo, scavato dall’arsura e dai sacrifici fatti per rendere ospitale una

terra dove gli elementi più selvaggi della natura dominano incontrastati. Sarà come un viaggio

nel tempo, in un luogo molto lontano dalla modernità delle nostre città, delle nostre case ricche

di agi e di tecnologie. Solo la vista delle mucche di razza podolica, agili arrampicatrici dei pendii

più scoscesi, delle capre di razza bianca, dei cavallini di Esperia, gli stessi di dieci, cento, mille

anni fa, con gli stessi ritmi di vita, le stesse esigenze, ci aiuterà a comprendere che gli uomini

che seguono le greggi non possono che essere uguali a tutti gli antichi abitanti di questi luoghi

come se, per loro, il tempo si fosse fermato.

Le emozioni che si provano ad osservare questi paesaggi e i suoi abitanti, in ogni stagione

dell’anno, sono così forti che a tutti, per un istante, verrebbe voglia di diventare pittore, poeta

o cineasta per comunicare agli altri ciò che si è provato.

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Come non rimanere inebriati dal profumo delle numerose piante aromatiche che resta nelle na-

rici alla fine di ogni escursione. Più di un costoso profumo, inventato da un grande personaggio

della moda, può l’elicriso, il timo, la salvia, la menta, il mirto.

Quando il sole dell’estate rende invivibile le città di pianura, passeggiare all’ombra dei faggi

di Monte Petrella, di Monte Forte, o del Faggeto di Campodimele crea una sensazione di be-

nessere che è difficile ripagare.

Percorrere i sentieri degli Aurunci, viaggiare con la mente tra i profumi, i colori, i suoni di

questi Monti è come entrare, da protagonista, in uno dei splendidi film che il regista Giuseppe

De Santis vi ha girato o sentirsi parte di un romanzo di Tommaso Landolfi.

Il viaggio della mente raggiunge spazi ancora più lontani nel tempo tra i resti dell’antico borgo

abbandonato di Campello, del Castello di Rocca Guglielma o sotto lo sperone roccioso di Santa

Maria in Valle Humana. E come non essere coinvolti dal fascino mistico della splendida chie-

setta rupestre dedicata a San Michele Arcangelo, incastonata nella roccia sotto il monte con la

statua del Cristo Redentore e sorprendersi a guardare, al suo interno, lo sgorgare dell’acqua da

ogni parte, in tanti millimetrici rivoli che però giungono ad abbeverare il bestiame e gli uomini

più assetati. Come una metafora, le singole gocce d’acqua sono gli uomini che amano la natura

e unendo le forze riescono a difenderla.

Questo testo vuole essere un invito a percorrere i sentieri dei Monti Aurunci, un invito alla loro

conoscenza, un invito ad amarli, un invito ad esplorare il meraviglioso universo aurunco, la sua

natura ma anche la storia delle vicende umane che nei secoli hanno contribuito a modellarlo.

Qualcuno, un giorno, ha detto: <<Non si potrà mai amare ciò che non si conosce, non si potrà

mai difendere ciò che non si ama>>.

Buone escursioni a tutti!

Giuseppe Marzano

Direttore

Giovanni Ialongo

Presidente

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Il TerritorioIl Parco Naturale dei Monti Aurunci, istituito con Legge della Regione Lazio n° 29 del 06/10/1997, si estende per 19.375 ettari di territorio compreso in una fascia altimetrica che va dalla pianura Pontina, a circa 30 m slm, fino alla quota di 1533 m slm della sua cima più alta, Monte Petrella, posta a poca distanza dalla costa. Comprende parte del territorio di 10 comuni: 4 in provincia di Frosinone (Ausonia, Esperia, Pico, Pontecorvo), 6 in provincia di Latina (Campodimele, Formia, Fondi, Itri, Lenola, Spigno Saturnia). È il Parco più meridionale del sistema delle aree naturali protette del Lazio, che oggi conta oltre 50 aree tra Parchi, Riserve e Monumenti Naturali. Situato a soli pochi chilometri dal mare, è vicino al Parco della Riviera d’Ulisse e, più a sud, è vicino al Parco Regionale di Rocca Monfi-na in Campania. Dalle sue cime più elevate (M. Petrella, M. Faggeto, ed altri) il suggestivo pa-norama permette di localizzare geograficamente il Parco rispetto al territorio. Infatti, la visuale spazia dalle Isole Ponziane (Riserve Statali) al promontorio del Circeo (Parco Nazionale), dalla Valle del Liri, ai Monti del Matese (Parco Regionale Campano) e ai Monti dell’Appennino con il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dal Vesuvio alle Isole del golfo di Napoli.L’Ente Regionale Parco dei Monti Aurunci gestisce inoltre due Monumenti Naturali: • “Mola della Corte - Settecannelle - Capodacqua” nel Comune di Fondi, istituito nel 2002, con una estensione di 4 ettari;• “Cima del Monte - Acquaviva - Quercia del Monaco” nei Comuni di Fondi, Lenola, Vallecorsa, istituito nel 2004, con una estensione di 240 ettari.

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La natura del Parco Naturale dei Monti Aurunci

Le originiLa natura geologica di un territorio che si attraversa, le forme ed i fenomeni che lo caratterizza-no costituiscono spesso la prima cosa che si percepisce e si tende ad analizzare. Di fronte a montagne ammantate da verdi prati o costituite per intero da rocce, ricoperte da una gelida coltre di neve oppure bruciate dal sole, prima di pensare agli agili e schivi animali che come il lupo, il tasso, la volpe vivono in questi luoghi, spesso non riusciamo ad evitare lo stu-pore e a provare il desiderio di sapere quando e come sono nate. Riuscire a fornire una risposta adeguata e scientifica a questa domanda vuol dire parlare di geologia.La continua contrapposizione tra forze endogene (che originate dall’interno del pianeta muo-vono le montagne verso l’alto, cioè agiscono contro la forza di gravità) e forze esogene (che si generano sulla superficie terrestre grazie ad agenti esterni come acqua, vento, ghiaccio, etc.) da un lato, e la natura litologica (calcare, sabbia, granito, etc.) dall’altro, determinano lo stato attuale della superficie terrestre, del paesaggio che si pone davanti al nostro sguardo.Quando ci troviamo a percorrere i sentieri del Parco, grazie ad uno sforzo di immaginazione, dobbiamo tenere presente che ci stiamo spostando al di sopra di una successione di depositi costituiti prevalentemente di calcare e di dolomia, una piattaforma spessa quasi 4000 metri che si sviluppa nell’ambito dell’era Mesozoica e precisamente dal Trias superiore (circa 200 MA) al Cretacico superiore (circa 85 MA).L’analisi scrupolosa dei fossili (coralli, bivalvi, gasteropodi, alghe marine, foraminiferi, etc.) contenuti al loro interno ci consente di affermare che queste rocce si sono de-positate sul fondale di un mare di acque tiepide, poco profonde e limpide (piat-taforma carbonatica), analoghe a quelle che oggi caratterizzano arcipelaghi co-rallini intertropicali, come ad esempio le Isole Bahamas e Sharm El Sheik, nel Mar Rosso. Questo mare si estendeva per gran parte dell’odierna Europa ed il Mediterraneo ne rappresenta attual-mente il lembo estremo.In questo paleoambiente vivevano tan-ti microrganismi, e molluschi come le rudiste, ovvero dei bivalvi, adattati alla vita di scogliera e vissuti nel Cretacico superiore ed estinti alla fine del Meso-zoico, molto particolari dal momento che una valva assumeva la forma di un cono rettilineo e l’altra fungeva come una specie di coperchio. I resti di que-ste specie, depositandosi sul fondo ma-rino, formarono una fanghiglia bianca

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che, sotto il peso delle acque, si solidificò dando vita alle rocce sulle quali oggi ci muoviamo. Forze endogene responsabili della collisione fra i margini continentali dell’Europa e della placca Africana e dell’apertura del Mar Tirreno, hanno determinato, nel corso di milioni di anni, il mutamento delle geometrie originali, e quindi la formazione delle catene montuose alpine ed appenniniche e anche il fenomeno dell’orogenesi (dal greco oros-montagna e genesis-nascita) dei Monti Aurunci.E così oggi a 1500 m di quota possiamo scoprire nei calcari delle montagne del Parco esemplari fossili di organismi marini vissuti milioni di anni fa: certamente un bel viaggio nel tempo e nello spazio. Ma appena emerse, il destino di queste rocce è già segnato: infatti da un punto di vista chimico sono costituite prevalentemente da carbonato di calcio (CaCO3), un composto poco solubile in acqua ma che può trasformarsi facilmente in alcune condizioni, diventando al contrario molto solubile, e pertanto in grado di viaggiare con l’acqua.Ecco perché nel territorio del Parco si esplica con notevole successo un fenomeno di natu-ra fisico-chimico di modellamento della superficie terrestre, noto con il termine di carsismo: il carbonato di calcio (CaCO3), in presenza di acqua (H2O) derivante dalle piogge, arricchi-te di anidride carbonica (CO2) di origine atmosferica, si trasforma in bicarbonato di calcio [Ca(HCO3)2] solubile in acqua. Generalmente le rocce carbonatiche contengono quantità più o meno rilevanti di argilla, di colore rosso mattone per gli ossidi di ferro che contengono, note come terre rosse, che si con-centrano nelle zone topograficamente depresse originando un suolo molto fertile grazie anche alla capacità di trattenere l’acqua meteorica.Il fenomeno carsico può svilupparsi sia in superficie (c. epigeo) che in profondità nel sottosuolo (c. ipogeo). Nel primo caso si originano forme di dimensioni molto variabili, da qualche centi-metro al metro, come i solchi carsici (karren o lapiez) e le vaschette di corrosione. Poi vi sono al-tre forme che convogliano l’acqua nel sottosuolo, solitamente di dimensioni maggiori, come gli inghiottitoi e le doline (cavità di forma circolare con uno o più punti di assorbimento idrico). Queste cavità possono assumere varie forme da quella a pozzo, a imbuto, a scodella e altre. Altre forme sono i polje, ovvero bacini chiusi di dimensioni chilometriche con versanti ripidi e fondo appiattito, oppure le valli cieche in cui vi è un corso d’acqua che poi improvvisamente viene inghiottito da una cavità e si perde nel sottosuolo. Un’altra forma molto comune è la gola carsica: una profonda incisione con fianchi ripidi, dovu-ta al fatto che l’azione erosiva viene compiuta principalmente sul fondo.Invece per quanto riguarda il carsismo ipogeo, nel sottosuolo si formano una serie di cunicoli, grotte, gallerie e pozzi che possono unirsi a formare una ragnatela tridimensionale di cavità. L’unità orografica dei Monti Aurunci conta, considerando solo quelle censite, circa 130 cavità carsiche. Tra le più importanti, sia per quanto riguarda gli aspetti geospeleologici che quelli biospeleologici, vale la pena menzionare l’Abisso Ciauchella (-296m) nell’area del M. Ruazzo; l’Abisso Shish Mahal (-315m), la Ciauca di Cesa gliu Vicciu (-80m) e l’Abisso del Vallaroce (-401m) nell’area del M. Petrella. Il primato per quanto riguarda la maggiore e più estesa cavità carsica presente sul territorio dei M. Aurunci, spetta alla Grava dei Serini (-62m, sviluppo 2240 m) che si apre all’interno del bacino chiuso di Polleca nel Comune di Esperia.Il fenomeno del carsismo, quindi, caratterizza in maniera significativa il Parco Naturale dei Monti Aurunci, conferendo al territorio un particolare valore, soprattutto per il suo importante patrimonio speleologico che, oltre ad assumere rilevante interesse idrogeologico e paesaggistico

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(geodiversità), rappresenta anche l’habitat per preziose comunità cavernicole di elevato signifi-cato sia dal punto di vista evoluzionistico, sia biogeografico, in gran parte ancora da scoprire.

La flora Creature silenziose e discrete, le piante sono una presenza costante lungo ciascun sentiero del Parco: effimere o vecchie di secoli, minuscole o imponenti, coloratissime o quasi mimetiche, le incontrerete ovunque ci sia una superficie da colonizzare, sia essa una parete rocciosa, la cima di una montagna sferzata dai venti di tramontana, un pendio assolato e sassoso, un prato ricoperto dal manto gelido della neve. Vincolate alle caratteristiche del territorio in misura maggiore degli animali, le piante scelgono il loro ambiente in modo estremamente selettivo e la composizione in specie delle co-munità non è mai casuale. Il territorio del Parco dei Monti Aurunci racchiude una grande varietà di ambienti, ciascuno caratterizzato da una particolare tipo di vegetazione. Lungo i sen-tieri proposti avrete l’occasione di apprezzare le differenze tra le varie comunità anche se non sie-te esperti botanici! Basta infatti lasciarsi guidare dai sensi e osser-vare lo spettacolo cangiante della natura nelle varie stagioni con occhio curioso e attento. Così per godere della fresca ombra della faggeta dovrete risalire fino alla vetta del Monte Faggeto, passeggiare sui versanti settentrionali di Monte Petrella o arrivare fino a Fossa del Lago, dove vi aspetta l’incontro con uno dei più maestosi esemplari di faggio (Fagus sylvatica) del Parco. E nel sottobosco sarà immancabile l’incontro con l’agrigfoglio (Ilex aquifolium) o con la dafne della faggeta (Daphne laureola). Percorrendo il pianoro di Valle Gaetana sarete accompagnati da colonnari alberi di cerro (Quer-cus cerris) e stenterete a riconoscere piante di mele e pere di dimensioni davvero considerevoli. Castagni (Castanea sativa) da fiaba vi attendono all’inizio del percorso per Campo di Venza mentre i soleggiati boschi di roverella (Quercus pubescens), con il sottobosco arricchito dall’en-demica olivella (Daphne sericea), fanno da cornice al pianoro di Sant’Onofrio e a quello di Valle Vona. Le forti radici del carpino nero (Ostrya carpinifolia), stabilizzano invece i versanti con ele-vate pendenze come quello di Monte Appiolo mentre quelle del leccio (Quercus ilex) affondano nel suolo sassoso di Monte Tuonaco. Leccete e ostrieti hanno ormai l’aspetto di una boscaglia in quanto soggette da secoli alla pratica della ceduazione. Il primato in biodiversità spetta invece ai boschi misti di querce e aceri (Acer napolitanum, A. campestre) che ammantano i versanti di Monte Le Pezze e Monte Trina; con il susseguirsi del-le stagioni è possibile osservare piante sempre diverse: dai primi di marzo si susseguono come in una staffetta l’elleboro puzzolente (Helleborus foetidus) e il bucaneve (Galanthus nivalis), l’ane-

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mone (Anemone apennina, A. hortensis) e lo zafferano maggiore (Crocus napolitanus), il ciclami-no primaverile (Cyclamen hederifolium) e la violetta (Viola tricolor). Riposante per lo sguardo è la verde distesa d’erba che ricopre i grandi pianori carsici di Campello, Polleca e La Valle, dove si incontrano piante particolarissime come il giunco (Juncus inflexus) o la rara peonia maschio (Poeonia mascula). Se siete amanti di paesaggi aperti e soleggiati una semplice passeggiata lungo l’Appia antica o nella zona della Foresta Demaniale di Sant’Arcangelo vi permetterà di immer-gervi tra i cespugli della macchia mediterranea, dove lo sguardo viene immediatamente rapito dagli intensi colori delle ginestre (Spatium junceum) e dell’albero di giuda (Cercis siliquastrum), nonché dagli appariscenti fiori del mirto (Mirtus communis). Come non rimanere incantati poi davanti ai tappeti di violette e orchidee che rivestono i prati sassosi di Monte Sant’Angelo, Monte Ruazzo e Monte Altino! Di grande effetto sono anche le fioriture primaverili della valeriana (Valeriana officinalis) che tingono di rosa le grigie pareti del Fammera o la valle del Rio Polleca. Difficile dimenticare poi gli intensi profumi che si sprigionano sotto il sole caldo di giugno dalle garighe a salvia (Salvia officinalis) ed elicriso (Helicrisum italicum) che ricoprono i versanti pietrosi di Monte Forte e Monte Strampaduro! Questi ambienti sono il regno delle orchidee, vanto di quest’area protetta! Appariscenti come la serapide cuoriforme (Serapias cordigera) e l’orchidea maggiore (Orchis purpurea), bizzarre come l’uomo nudo (Orchis italica) e la ballerina (Aceras anthropophorum), imitatrici di insetti come l’Ophrys bombyliflora, le oltre 50 specie del Parco attendono quanti sapranno percorrere questi sentieri con rispetto e ammirazione!

La faunaL’incontro con un animale selvatico nel suo ambiente naturale è sempre un evento che lascia un segno indelebile nella memoria: l’avvistamento di una volpe poco schiva o di un istrice in cerca di cibo può lasciare lo spettatore senza fiato. Percorrendo i sentieri in primavera si può osservare la moltitudine di insetti che popola i prati, i boschi e perfino i coltivi di questa zona. Di grande interesse due specie di Lepidotteri: la bian-conera italiana (Melanargia arge) e la mnemosine (Parnassius mnemosyne), farfalle comuni sui versanti di Monte Altino o Monte Revole. Il settore meridionale del Parco è crocevia delle importanti rotte migratrici primaverili e rap-presenta un punto di sosta per lo stuolo di uccelli migratori che arrivano stremati dall’Africa in cerca di cibo. In questo periodo dell’anno l’area protetta risuona dei canti degli uccelli: il suono aspro del rigogolo (Oriolus oriolus), il verso dolce e penetrante del cuculo (Cuculus canorus) e le urla stridule di uccelli sociali come le rondini (Hirundo rustica). Nel silenzio della notte si ode il canto ricco e forte dell’usignolo (Lascinia megarhynchos) e il grido monotono del succiacapre (Caprimulgus europaeus). I grandi occhi di civette (Athene noctua), gufi (Asio otus) e barbagianni (Tyto alba) sembrano scrutarci di notte nelle vallate di Campello o di Polleca, dove si ode anche il fischio melanco-nico dell’assiolo (Otus scops) e il verso tremolante dell’allocco (Strix aluco). Nel cielo azzurro si stagliano le sagome dei grandi rapaci, il falco pellegrino (Falco peregrinus) o la poiana (Buteo buteo), che abbandonano i nidi sui versanti scoscesi di Monte Sant’Angelo e Monte Fammera, per monitorare con sguardo vigile il territorio in cerca di prede. D’estate, infatti, è facile scor-gere sulle rocce assolate o sui sentieri di montagna la lucertola comune (Podarcis muralis) o il

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ramarro (Lacerta viridis). Il biacco (Coluber viridiflavus) o il cervone (Elaphe quatourlinea-ta), serpenti innocui ed alleati dell’uomo nel controllo naturale dei roditori, si dileguano inve-ce a gran velocità tra i cespugli. Più rara da avvistare è la vipera (Vipera aspis), che utilizza il suo veleno solo per cacciare le prede o per difendersi dall’attacco di qualche predatore. I mammiferi del Parco hanno nel folto della vegetazione un riparo sicuro per il giorno e fanno del buio della notte un prezioso alleato per i loro spostamenti in cerca di cibo. Può capitare di scorgere le tracce di alcuni di loro, come i lunghi aculei dell’istrice (Hystrix cristata). Frequente è l’incontro con animali che di notte osano avvicinarsi ai centri abitati come la faina (Martes foina), la volpe (Vulpes vulpes) e il misterioso gatto selvatico (Felis silvestris), i quali al levar del sole ritornano nel folto di boschi intricati come quello della Foresta Demaniale di Sant’Arcangelo. Nei boschi di Monte Ruazzo o di Monte Faggeto il moscardino (Muscardinus avellanarius) e il ghiro (Glis glis) lasciano sul terreno i resti di qualche nocciola o faggiola rosicchiata in fretta. D’inverno è facile scovare i segni della presenza animale sul manto bianco della neve che ci ap-parirà come le pagine di un libro su cui gli animali tracciano la propria storia. Leggeremo allora di animali solitari, come il tasso (Meles meles), che approfittano di qualche giorno assolato per uscire dai loro rifugi, o di gruppi di cinghiali (Sus scrofa), o della eterna rincorsa della volpe sulla lepre. Anche il lupo (Canis lupus), ormai da qualche anno, è tornato a segnalare la sua presenza nelle aree più selvagge del Parco, come la vetta di M. Petrella a 1533 m slm. Avvistare questo grande predatore rappresenta per ogni amante e conoscitore della natura un incontro ricco di straordinarie emozioni! Degna di nota è anche la presenza nell’area parco di 19 specie di Chi-rettori, più del 60% delle specie italiane.Per concludere questo nostro viaggio tra gli animali del Parco possiamo immergerci nelle fre-sche pozze d’acqua delle sorgenti (Acquaviva, Fontana di Canale, F. di Tozzo, etc..) di cui sono costellate i Monti Aurunci, luogo di incontro degli anfibi, legati in modo indissolubile all’am-biente acquatico e per questo vulnerabili a causa della fragilità dei loro habitat: tritoni (Triturus vulgaris, T. italicus, T. carnifex), salamandrine dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) e rospi (Bufo bufo).

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Come si usa la guida: informazioni utili prima di intraprendere l’escursione

La rete dei sentieriIl territorio del Parco Naturale dei Monti Aurunci è principalmente montano, situato tra la zona costiera e quella dell’entroterra. In tutto il territorio si estende una rete di tratturi che collegano le varie zone anticamente abitate dalle comunità di pastori locali per le attività econo-miche principali tipiche dell’ambiente montano, quelle agro-silvo-pastorali. La rete di sentieri veniva utilizzata anche come via di collegamento più breve per le attività commerciali tra la costa e la zona interna o come vie militari e itinerari di culto.Numerose le testimonianze storiche del passaggio dell’uomo fin dai tempi più remoti, dalla an-tica regina viarum, la via Appia, costruita dai romani, alle chiese benedettine dell’età medievale, ai resti di antichi nuclei abitativi con architetture tipiche come le mandre o le cisterne per la raccolta delle acque piovane, ai pozzi della neve. La rete di sentieri, che si sviluppa per oltre 100 km, consente oggi di visitare tutto il gruppo montuoso in tutta la sua estensione utilizzando proprio i vecchi tratturi.La guida ai sentieri vuole esse-re un primo appuntamento per l’Ente Parco che si pone come obiettivi quelli di valorizzare il territorio e di farlo conoscere.

La numerazioneI sentieri promossi dall’Ente Par-co spesso hanno già una nume-razione e/o una nomenclatura realizzata dal Club Alpino Italia-no (CAI) o da alcuni Comuni, come Campodimele e Spigno Saturnia. Gran parte dei percorsi, infatti, sono identificati con le tipiche bandierine bianco-rosse del C.A.I. e con il numero del sentiero, posti spesso sugli alberi o sulle rocce, note a tutti gli escursionisti. La numerazione dei sentieri riportata in questa guida nasce dall’esigenza, di conservare, dove possibile la segnaletica esistente allo scopo di limitare l’impat-to visivo di segnavia diversi, che potrebbero creare solo confusione nei visitatori.In particolare, per definire un’unica numerazione, si sta valutando con il CAI, l’opportunità di istituire e catalogare ufficialmente nel catasto regionale ciascun tratto di percorso ricadente nel territorio dell’area protetta. Nella descrizione di ciascun itinerario, quindi, alla voce numerazione del sentiero è riportato il settore regionale CAI di appartenenza della porzione del territorio in cui ricade il percorso, ed il numero che specifica quest’ultimo. Il territorio del Parco dei Monti Aurunci, insieme ad una porzione dei Monti Lepini e Ausoni, è incluso interamente nel settore 9, ed i sentieri sono numerati da 1 a 100. Quelli già esistenti e segnati mantengono la stessa numerazione, altri prenderanno un nuovo numero di identificazione.

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Grado di difficoltàCon l’obiettivo di facilitare la scelta della meta dell’escursione, gli itinerari descritti sono con-trassegnati da un grado di difficoltà con le voci bassa, media e alta a seconda dell’impegno che richiedono:bassaescursione facile su tracciati marcati con deboli pendenze, adatta a tutti.media escursione su tracciati agevoli anche se poco marcati e brevi tratti su versanti rocciosi ma facil-mente percorribili, dislivelli compresi tra i 200 e 400 metri.altaescursione impegnativa su tracciati non sempre marcati, con dislivelli e distanze notevoli, con possibile presenza di dirupi e tratti rocciosi, consigliata ad escursionisti esperti e in buona forma fisica.

Tempi di percorrenza I tempi indicati, calcolati per la sola andata, corrispondono a valori medi di percorrenza e dipendono dall’età e dalla forma fisica. Vanno inoltre tenuti presente fattori quali il tempo atmosferico e la stagione. La lunghezza del sentiero indicata è riferita al solo percorso di andata.

Come raggiungere il Parco In auto Da Roma o da Napoli la Via Appia S.S. n.7 attraversa i Comuni di Fondi, Itri e Formia (LT) L’Autostrada A1 è situata a Nord del Parco e le uscite più vicine sono Ceprano e Pontecorvo, ma anche le uscite di Cassino e Frosinone permettono di arrivare ai Comuni del Parco; In trenoLa linea ferroviaria tratta Roma-Napoli:“via Formia” per i Comuni in provincia di Latina “via Cassino” per i Comuni in provincia di FrosinoneDalle stazioni ferroviarie i Comuni dell’interland del Parco sono collegati con i mezzi di linea dell’Azienda di Trasporto Pubblico CO.TRA.L. Con l’autobus di lineaDa Frosinone e Latina utilizzare gli autobus di trasporto pubblico regionale CO.TRA.L. (www.cotralspa.it Numero Verde 800-150008) che raggiungono i Comuni del Parco.

Come comportarsi in un’area protettaPer visitare il Parco Naturale dei Monti Aurunci è necessario attenersi a semplici regole di com-portamento che consentono all’Ente Parco di tutelare più efficaciemente il territorio e conser-varlo intatto, consentendo così anche alle generazioni future di poterne godere le risorse.

1. parcheggiate l’auto in appositi spazi o lungo le strade senza intralciare il passaggio di altre autovetture; 2. percorrete sempre i sentieri segnalati e/o tracciati, evitando scorciatoie che potrebbero creare nuove piste, con conseguenze negative sul paesaggio e sulla stabilità dei versanti;

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3. ascoltate i suoni della natura ed evitate di coprirli parlando ad alta voce o con emissioni sonore di qualunque natura che arrecherebbero disturbo alla fauna selvatica; 4. accendete i fuochi solo nelle aree pic-nic attrezzate, ed accertatevi, prima di andare via, che siano spenti;5. non danneggiate in alcun modo la vegetazione spontanea: non raccogliere fiori, piante e muschi, non tagliare i rami, ecc.;6. non abbandonate rifiuti di qualsiasi tipo (anche quelli biodegradabili), lungo i percorsi o in posti dove non ne è prevista la raccolta organizzata;7. non rimuovete le rocce, anche quelle più piccole, che spesso nascondono numerose forme di vita, attuali o passate.

Lasciate qualsiasi luogo così come lo avete trovato.

LEGENDA

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ANELLO PIANA DI SANT’ONOFRIO Campodimele (LT) - Pico (FR)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 04Difficoltà: bassaQuote: inizio sentiero 670 m s.l.m. Travettini 718 m s.l.m.Convento di Sant’Onofrio 677 m s.l.m.Lunghezza: 4,800 kmTempo di percorrenza: 2 h Dislivello: 48 m Rif. cartogr.: CTR 412150 - IGM F. 160/IIIS.O. Lenola - F. 160/III N.O. PicoSegnaletica: segnaletica del Parco, segnavia a terra e sugli alberi riportanti il percorso n° 4 segnalato dal Comune di CampodimeleCoord. geografiche punto di partenza: 41°24’92” – 13°32’42”Coord. geografiche punto di arrivo: coincidente con partenzaPeriodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

In auto, 500 metri prima di raggiungere il centro di Campodimele, si svolta a destra in via Portelle. Al bivio dopo le

cisterne di località Pozzi la Valle, si seguono le indicazioni per il convento di Sant’Onofrio. Si percorre la strada per circa 3 km fino alla Chiesa di Sant’Onofrio e proseguendo per altri 800 metri si può parcheggiare l’auto sul bordo della strada. Sulla sinistra della strada è presente l’indicazione del sentiero n. 4, punto d’inizio del percorso.

Descrizione percorso.Il sentiero è un itinerario ad anello di facile percorrenza, ben visibile sul terreno ed in molti tratti è delimitato sul bordo da stac-cionate in legno e pietre. Attraversa boschi di cerro (Quercus cerris), di carpino nero (Ostrya carpinifolia), noccioleti (Corylus avellana) cresciuti su vecchi terrazzamenti abbandonati, dove si praticava un’agricol-tura con metodi tradizionali.

Il percorso inizia alla fine della fertile piana di Sant’Onofrio con le sue antiche cisterne in pietra. Il primo tratto del sentiero n. 4 attraversa un bosco di querce a prevalenza di cerri dove non è difficile osservare nidi dei picchi (Picus viridis) scavati soprattut-to sugli alberi più grandi. La zona è inoltre frequentata da coppie d’uccelli rapaci nidi-ficanti, soprattutto poiane (Buteo buteo) e gheppi (Falco tinninculus). In diversi punti del bosco si aprono radu-re che consentono di ammirare in basso i pianori di Valle Vona nel comune di Pico e sullo sfondo, in lontananza, i Monti delle Mainarde. Proseguendo si passa in un fre-sco bosco di carpini e più avanti si apre un suggestivo scorcio sulla sottostante Valle del Liri, con il laghetto della Riserva Re-gionale di San Giovanni Incarico, e sullo sfondo i Monti Ernici. In questo punto il percorso incrocia una stradina brecciata proveniente da Pico. Bisogna proseguire seguendo i segnali del sentiero n. 4 posti sugli alberi, superando un piccolo cancello in filo spinato. Dopo circa 300 metri le indicazioni del sentiero n. 4 sugli alberi conducono a de-stra verso un tratto aperto lungo la colli-netta di Monticelli di Sant’Onofrio.

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Quindi la passeggiata continua su un trat-turo ben evidente nel bosco ceduo in dire-zione sud.Lungo il tracciato s’incontra poi un inse-diamento antico, i cui resti sono ancora oggi in buone condizioni di conservazione costituiti da una casa, l’aia antistante e la mandra in pietra a secco. Da qui il percorso prosegue sul crinale del-la collina Serra di Sant’Onofrio da dove si può ammirare la valle sotto l’abitato di Campodimele, racchiusa dai versanti di Monte Appiolo (901 m), Monte Crispi (803 m) e Monte Le Vele (956 m). Lungo la strada s’incontrano gli stabili di un’azienda zootecnica tradizionale, abitata solo in estate, dove con un po’ di fortuna si possono trovare i proprietari intenti alla produzione del formaggio locale. Prose-guendo lungo la staccionata che borda il sen-

tiero, il percorso si conclude collegandosi alla strada brecciata per il convento di Sant’Ono-frio, che si trova a 400 metri sulla sinistra, da dove si prosegue per riprendere l’auto.

La Poiana (Bueto buteo).Uccello rapace diurno comune e diffuso in zone boscose o coltivate, in montagna o colli-na. È un uccello di notevoli dimensioni (50-55 cm.) con ali larghe, coda bruna barrata e arrotondata, e collo corto. Il piumaggio è in genere bruno scuro, con ventre macchiettato di bianco e bordo alare n e r o marcato. È possibile osservarla, spes-so, in volo planato, con le ali immobili, la coda allargata e le punte ripiegate verso l’alto per sfruttare al me-glio le correnti ascensionali. L’accoppiamento avviene tra aprile e luglio, con tipi-ci voli di corteggiamento e richiami acuti. Nidifica sugli alberi ma anche su spor-genze e picchi rocciosi e i piccoli abbando-nano il nido dopo 6 settimane. Si nutre di piccoli mammiferi, rettili, coleotte-ri, ma non disdegna piccoli uccelli e carogne.

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ITINERARIO n.1: ANELLO PIANA DI SANT’ONOFRIO

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MONTE FAGGETO Campodimele (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 06Difficoltà: bassaQuote: piazzola per parcheggio 1117 m s.l.m.rifugio Monte Faggeto 1150 m s.l.m.Monte Faggeto 1259 m s.l.m.Lunghezza: 1,800 km Tempo di percorrenza: 1,30 h Dislivello: 142 m. Rif. cartogr.: CTR 415030 - IGM F. 160/III S.O.LenolaSegnaletica: segnaletica del ParcoCoord. geografiche punto di partenza: 41°22’57” – 13°32’95”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°22’09” – 13°33’77”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

In auto 500 metri prima di raggiunge-re il centro di Campodimele si svolta in prossimità del cimitero si prende la

strada sulla destra per il Monte Faggeto, percorrendo circa 3 Km di strada asfaltata ed altrettanti chilometri di strada bianca. Si lascia l’auto al margine del bosco, in prossimità di un tornante a destra segna-lato con tabella perimetrale del Parco, si prosegue a piedi verso la vetta di Monte Faggeto lungo la strada bianca.

Descrizione percorso. Estremamente vario per gli ambienti at-traversati, di facile percorrenza e ricco di spunti per l’osservazione (panorami, fiori-ture primaverili, avvistamenti di numerosi uccelli tra cui rapaci e corvidi), questo per-corso è di certo uno dei più interessanti e adatti anche all’escursionista inesperto o ai ragazzi. Il sentiero è molto suggestivo an-che nelle notti estive di luna piena, quando il bagliore della luna si riflette sulle candide rocce calcaree, o nelle giornate invernali,

quando sul manto nevoso si possono osser-vare le tracce dei mammiferi che popolano la zona, soprattutto volpi (Vulpes vulpes) e cinghiali (Sus scrofa) sempre difficili da os-servare in pieno giorno! Il tornante dove si può parcheggiare l’auto segna l’inizio di un tratto che si snoda lun-go il versante nord-orientale di Monte Fag-geto e attraversa, con debole pendenza, il bosco misto di carpini (Ostrya carpinifolia) e aceri (Acer opalus). Percorsi pochi metri, il clima più fresco favorisce la presenza del bosco di faggio (Fagus sylvatica). Dopo un tratto in cui si può godere della frescura del bosco anche in piena estate, si incontra una biforcazione. Il sentiero a sinistra conduce più in basso, verso un rifugio forestale dove si può orga-nizzare una merenda all’aria aperta;

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salendo verso destra, invece, si esce dal bosco e si percorre l’ultimo tratto della pista battuta, circondati da ampie garighe a salvia (Salvia officinalis), spettacolari so-prattutto durante il periodo della fioritura per le intense profumazioni e la diversità d’insetti che visitano i fiori. Dove termina il sentiero battuto, si può fare una sosta nell’ampia dolina presente sulla sinistra. Seguendo il crinale si raggiunge la cima del Monte Faggeto. Ci troviamo nel cuore del Parco, in uno dei punti più pa-noramici che consente di osservare l’intera area protetta: la vista spazia dal Mar Tir-reno e la Piana di Fondi fino alla Valle del Liri e ai Monti dell’Appennino. È un luogo ideale per osservare i verdi pianori carsici di Campello che si estendono ai piedi di questa vetta: Piana dei Pozzi, Valle Piana e Piana del Campo.

La Volpe (Vulpes vulpes).Questo mammifero carnivoro è noto a tutti per le storie che lo descrivono come protago-nista furbo e astuto. In effetti, è un animale

molto versatile, intelligente e curioso, che con il tempo ha imparato a convivere con l’uo-mo. Caccia soprattutto di notte

e si nutre di piccoli roditori, co-

nigli, uccelli, insetti, uova, carogne e perfino rifiuti. Nei periodi di scarsità di cibo integra la sua dieta con frutta e bacche. È facilmente riconoscibile per il colore mar-rone rossastro della pelliccia, per la coda mol-to folta e la punta bianca, il muso aguzzo e le orecchie larghe appuntite. Raggiunge di solito i 65 cm di lunghezza e la coda può essere lunga quanto la metà del corpo. Vive nei boschi e nelle zone cespugliose, ma anche nelle campagne aperte e non di rado si spinge fino in città. È presente in tutta Eu-ropa, eccetto che in Islanda, nell’Africa del Nord, in tutta l’Asia temperata ed in buona parte dell’America Settentrionale insieme con le altre specie dello stesso genere.

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ITINERARIO n.2: MONTE FAGGETO

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Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 63Difficoltà: mediaQuote: località Piana di Polleca 644 m s.l.m. La Valle 1050 m s.l.m.Lunghezza: 5,300 km Tempo di percorrenza: 3 h Dislivello: 406 m Rif. cartogr.: CTR 415040 - 415080 - 416050 IGM F. 160/III S.E. EsperiaSegnaletica: segnaletica del Parco e segnavia bianco e rosso del CAI Coord. geografiche punto di partenza: 41°21’24” – 13°37’69”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°20’22” – 13°40’60”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Dal centro di Esperia (FR), si pren-de la strada per la montagna in direzione di Polleca, attraversando

la Gola del Rio Polleca segnata da evidenti fenomeni carsici. Dopo circa 7 km si arriva in località Polleca ad un bivio segnato da una cisterna per la raccolta d’acqua piova-na. Si prende a sinistra e, dopo circa 50 metri dal bivio, si può lasciare l’auto lungo il bordo della strada e incamminarsi, sem-pre sulla sinistra, lungo una stradina brec-ciata, inizio del sentiero. I segni bianchi e rossi del CAI segnano tutto il percorso.

Descrizione percorso. Il sentiero è situato nella parte settentrio-nale del Parco tra le pendici di Serra Ca-priola, M. Belvedere e M. Coculo, e segue il corso dell’impluvio di “Canale Scaricati” ricco d’acqua durante l’inverno, immerso nel bosco fitto di latifoglie che caratterizza quasi tutti i versanti settentrionali dell’area protetta. Il sentiero congiunge la rigoglio-sa Piana di Polleca, racchiusa tra il Monte

Revole e il gruppo montuoso di Monte Pe-trella, con l’altopiano di La Valle, circon-data dalle pendici boscate della parte nord di Monte Petrella. Questi pianori, fertili grazie alla loro natura argillosa, erano col-tivati e abitati da comunità di pastori.I due pianori sono in realtà ampi campi carsici con evidenti fenomeni tipici della lenta e continua attività di erosione del-l’acqua sulla roccia carbonatica. Numerosi gli inghiottitoi, le piccole doline, gli hum e i karren che contraddistinguono il sugge-stivo paesaggio dei Monti Aurunci. Lasciata l’auto al bivio di Polleca ci si in-cammina sulla stradina sterrata, che costeg-gia campi coltivati, superando una piccola sbarra in legno posta all’ingresso. Il sentie-ro ricalca il vecchio tratturo comunale che consentiva ai pastori nel periodo estivo di raggiungere le mandrie che pascolavano in alta montagna. Dopo circa 800 metri si in-contra un’altra sbarra, oltrepassando la qua-lesi arriva ad un casolare privato. Il nostro sentiero svolta a destra prima della sbarra, costeggiando brevi terrazzamenti coltivati e passando così dal versante di Costa dei Serini a quello di Serra Capriola. Il tracciato è ben evidente a terra e segnato anche dal CAI con i segni bianchi e rossi. Si attraversa prima un bosco di carpini neri (Ostrya carpinifolia) e poi una faggeta (Fa-gus sylvatica). Usciti dal canale si percorro-no i primi pianori in località Morroncelli,

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caratterizzati dalla presenza della cisterna denominata “Cupa”, da dove ha inizio uno degli altopiani a maggiore quota altime-trica del Parco, a circa 1050 m s.l.m., tra verdi pianori e aridi rilievi rocciosi. Da qui si lascia il sentiero tracciato con i segni del CAI e ci si dirige in direzione sud sui pia-nori che si susseguono. Il pianoro della Valle è oggi uno dei luo-ghi più belli e suggestivi del Parco, dove si conservano meglio flora e fauna grazie alla scarsa antropizzazione della zona, anche se, in più punti, non mancano testimonianze di attività legate alla pastorizia, come ci-sterne e mandre. Nella valle sono numero-se le tracce di animali e fioriscono specie rare o a rischio di estinzione sugli Aurunci, come la rara Peonia mascula.Attraversando tutto il pianoro di “La Valle” si raggiunge l’omonimo rifugio forestale e l’area pic-nic adiacente, raggiungibile an-che da Spigno Saturnia.

Vedere con l’uditoI Chirotteri, meglio noti col nome di Pipi-strelli, sono tra i vertebrati meglio specializ-zati del mondo animale. Unici mammiferi dotati di volo attivo, hanno la capacità di vedere nella massima oscurità grazie ad un particolare sistema di emissione e recezione di ultrasuoni, detto ecolocalizzazione. I Chirotteri utilizzano cavità carsiche (grot-te od abissi), alberi cavi, vecchi edifici come rifugi dove trascorrere le ore diurne per poi

uscire a caccia a partire dal crepuscolo. Diversificano i rifugi utilizzati nel periodo estivo da quelli selezionati per passare il pe-riodo invernale, quando entrano in uno stato di ibernazione per superare indenni le bas-se temperature e la scarsa quantità di prede: sono ghiotti di insetti e alcune specie arrivano a cacciare circa 1000 zanzare a notte. Ancora radicate nella cultura popolare, sono le false leggende legate alla scarsa conoscenza dell’ecologia di questi animali ai quali ven-gono attribuiti comportamenti improbabili (si attaccano ai capelli, succhiano sangue, ect…). Recenti ricerche individuano nell’area Parco 19 specie di Chirotteri, vale a dire più del 60% delle specie (31) presenti in Italia. Delle specie presenti nel Parco, 9 sono di interesse comunitario (Allegato II direttiva 92/43 CEE) la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazio-ne (SIC) poiché a rischio d’estinzione e sono: tre specie di Rinolofo (Rhinolophus euryale, R. ferrumequinum, R. hipposideros), il Bar-bastello (Barbastella barbastellus), il Miniot-tero (Miniopterus schreibersi) e quattro spe-cie di vespertili (Myotis bechsteini, M. blythi, M. emarginatus, M. myotis).I Chirotteri, se opportunamente monitorati, costituiscono una sorta di termometro che fornisce indicazioni importanti sullo stato di salute dell’ambiente. Grazie alle peculia-rità ecologiche sopra esposte e a causa della diminuzione o alterazione dei loro ambienti di caccia e di ricovero questi animali sono inseriti dall’Ente Parco in programmi di con-servazione ritenuti prioritari.

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ITINERARIO n.3: PIANA DI POLLECA - LA VALLE

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Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 07Difficoltà: medio - altaQuote: località Portella 644 m s.l.m. Monte Fragoloso 1100 m s.l.m.Lunghezza: 7,500 km Tempo di percorrenza: 5 h Dislivello: 456 m Rif. cartogr.: CTR 415040 – 415080 - IGM F.160/III S.E. EsperiaSegnaletica: segnaletica del Parco e segnaviabianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°21’64” –13°37’17”Coord. geografiche punto di arrivo: coincidente con partenzaPeriodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

La località Portella è raggiungibi-le, dalla Piana di Polleca (itinerario n°3), svoltando a destra al bivio po-

sto a 7 km dal paese di Esperia Superiore e seguendo le indicazioni per la località. Percorso 1 km circa dal bivio si lascia l’auto sul bordo della strada o presso il Rifugio del CAI. Si continua in discesa e dopo circa 120 me-tri si prende la stradina bianca sulla sini-stra, che costituisce l’inizio del sentiero.

La località di partenza è raggiungibile anche dalla località San Martino. Dal pae-se di Esperia in direzione Pontecorvo, in prossimità del primo tornante, si prende la stradina in discesa che porta a Valle Piana. Dopo circa 300 metri si svolta a sinistra e subito dopo a destra, salendo per circa 9 km, si arriva in località del valico di Portella.

Descrizione percorso. Il percorso si compone di due tratti princi-pali, a diversa difficoltà. Nel primo tratto, si segue un sentiero brec-ciato con deboli pendenze, che si snoda sui versanti occidentali di Monte Malvicino e Monte Mauriello. Nei punti in cui i carpini neri (Ostrya car-pinifolia), gli ornelli (Fraxinus ornus) e i lecci (Quercus ilex) si diradano, si aprono ampi scorci fino ai monti dell’Abruzzo: in primo piano sulla sinistra si alzano le vette di Monte Faggeto e Serra Macera, mentre alle spalle si lascia la piana di Sant’Oliva e sullo sfondo la valle del Sacco, le propaggi-ni delle Mainarde e i Monti Ernici. Dopo circa 1 km si giunge in località Cer-retello: l’inizio del pianoro è segnato dalla presenza di alberi vetusti e da antichi ter-razzamenti, un tempo destinati all’agricol-tura; oggi ospitano ancora diversi alberi da frutto come meli (Malus domestica) e peri (Pyrus communis), spesso inselvatichiti, che fanno ombra a cavalli e vacche che pascola-no allo stato brado. Verso la metà del 1800 la zona era usata come rifugio dai briganti che godevano della protezione delle popo-lazioni locali.Al termine del pianoro, sulla sinistra, con-tinua un tratturo ben evidente, segnalato dal CAI, che s’inoltra nei boschi di carpino nero che circondano il pianoro carsico. Il sentiero continua verso la sella tra Monte Mauriello e Monte Faleca, per poi snodar-si lungo i versanti di nord-ovest di Monte Faleca e le propaggini di Monte Revole. Nel bosco di faggio (Fagus sylvatica) che

ANELLO CERRETELLO E MONTE FRAGOLOSO Esper ia (FR) iti

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si attraversa è presente una piccola dolina e si possono osservare alberi secolari e al-meno quattro piazzole un tempo usate per le carbonaie. Sul percorso desta stupore la presenza di un albero di pero di dimensioni davvero notevoli e i resti di una probabile “nevera”, un pozzo artificiale in cui veni-va conservata la neve fino ad estate inol-trata. Giunti alla sella tra Monte Revole e Monte Fragoloso (Forcella di Faleca) si sale sulla destra verso la cima di quest’ultimo, seguendo anche i segni del CAI. Arrivati sulla vetta si apre un vasto panorama e con lo sguardo si può abbracciare l’orizzonte da Monte Ruazzo a Monte Faggeto. Al di sotto

si può ammirare l’area di Campello, Trasta e Piana del Campo. Sulla vetta di Monte Fragoloso il sentiero marcato s’interrompe, ma i più esperti in orientamento e carto-grafia possono scendere lungo il versante a nord-ovest (tenere come riferimento la di-rezione di Monte Faggeto) sotto il bosco di carpino, seguendo la recinzione metallica. Giunti alla sella tra il Monte Fragoloso e Serra Macera s’incontra il vecchio sentiero. Si scende a destra mantenendosi sempre con le spalle a Monte Fragoloso. Giunti ad un piccolo valico si prosegue nella valle che scende ad Est fino a ricongiungersi al per-corso principale nel pianoro di Cerretello.

Il Cerro-sugheraLe querce sono tra le specie arboree più diffu-se nei boschi italiani. Sono alberi longevi che raggiungono facilmente i 25 metri di altezza e possono essere sempreverdi o caducifoglie. Nel Parco sono presenti 5 specie: la roverella (Quercus pubescens), il cerro (Quercus cer-ris), il farnetto (Quercus frainetto), la sughe-ra (Quercus suber) e il leccio (Quercus ilex), ognuna delle quali ha foglie, frutti e cortecce caratteristiche che rendono possibile il loro riconoscimento. Eppure ve ne sono alcune capaci di sorpren-dere anche i botanici più esperti. Non è dif-ficile, infatti, trovarsi di fronte ad alberi che sembrerebbero a primo sguardo delle sughere per la vistosa corteccia, spessa e rugosa, ma le cui foglie hanno un margine lobato simile a quelle del cerro. Sono piante caducifoglie, ma a primavera inoltrata capita di trovare le foglie dell’anno precedente ancora tutte attac-cate ai rami. Le ghiande, più grandi di quelle della sughe-ra ma con una cupola solo in parte dotata di squame arricciate, tipiche del cerro, ren-dono questi alberi assolutamente particolari. Gli studiosi le considerano ibridi naturali tra le sughere e i cerri. Alcuni scienziati, però, classificano tali pian-te come una nuova specie denominata Quer-cus crenata. L’esistenza dei cerri-sughera è un’ulteriore dimostrazione della ricchezza floristica e vegetazionale dei Monti Aurunci.

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ITINERARIO n.4: ANELLO CERRETELLO E MONTE FRAGOLOSO

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Come raggiungere la località di partenza.

Da Esperia superiore si prende la stra-dina che porta al Castello di Rocca-guglielma, si prosegue in direzione

della montagna e dopo circa 3 km al bivio in località Tasso si prende la strada a sinistra. La strada in salita termina con un piccolo slar-go in prossimità di un’abitazione, dove è pos-sibile lasciare l’automobile. Da qui si scende a piedi sul pianoro di Valle Gaetana.

Descrizione percorso.Il pianoro di Valle Gaetana è una delle por-te di accesso per raggiungere la sommità di Monte Fammera. Il rilievo, che si estende tra i comuni di Esperia, Ausonia e Spigno Superio-re, rappresenta il confine orientale del Parco, che con la sua parete di roccia a strapiombo domina a nord sulla sottostante Valle del Liri, e a est sulla Valle dell’Ausente che arriva fino al mare. Il sentiero è suddiviso in due percorsi a diversa difficoltà: il primo tratto è di agevole percorrenza e attraversa il pianoro in tutta la sua lunghezza, mentre il secondo tratto che conduce alla vetta di Monte Fammera è un

percorso accidentato che si sviluppa su una ripida pietraia. Dal punto in cui si lascia l’auto, si scende nella valle seguendo il tracciato che coincide per un breve tratto con la mulattiera comuna-le che collega Esperia con Spigno Superiore camminando all’ombra di colonnari alberi di cerro (Quercus cerris) e carpino (Ostrya carpini-folia). Dopo circa 200 metri si prende il trac-ciato a sinistra e si percorre il vecchio tratturo che univa Esperia con il borgo di Selvacava, frazione di Ausonia. Diversi cespugli di rosa (Rosa sp.pl.) bordano il percorso e durante la fioritura costituisco-no un punto privilegiato di osservazione di numerosi insetti tra cui la Cetonia aurata, un magnifico coleottero dagli iridescenti colori. Quasi al margine del pianoro si incontra un annoso esemplare di castagno, completamen-te cavitato alla base, con il tronco compene-trato nella roccia su cui è cresciuto. Proseguendo, sempre sulla sinistra, si con-servano ancora piccoli terrazzamenti su cui si possono esaminare i resti ben conservati di mandre e capanne di pastori, con annessa aia e cisterna per la raccolta dell’acqua. Il percorso, attraversando tutta la valle, termi-na sullo strapiombo roccioso che caratterizza il versante est e nord-est del Monte Fammera. Lo scenario sulle pareti rocciose è davvero mozzafiato e si domina la sottostante Valle dell’Ausente fino alla linea di costa.Da qui prendendo a sinistra inizia il secondo

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 70Difficoltà: media - altaQuote: inizio sentiero 870 m s.l.m. Monte Fammera 1168 m s.l.m.Lunghezza: 2,300 KmTempo di percorrenza: 2,30 hDislivello: 298 m Rif. cartogr.: CTR 416010 - IGM F. 160/III S.E.Esperia - F. 160/II S.O. San Giorgio a LiriSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°21’32” – 13°41’94”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°21’51”– 13°42’72”Periodo consigliato: marzo-ottobre

Caratteristiche tecniche

VALLE GAETANA E MONTE FAMMERA Esperia e Ausonia (FR) - Spigno (LT)iti

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tratto del percorso con una salita verso la vetta che costeggia lo strapiombo, marcato con le bandierine del CAI che segnalano il percorso dell’Alta Via degli Aurunci. Questo tratto è adatto ad escursionisti esperti per il percorso accidentato quasi tutto su roccia e la presenza di alcuni burroni. Si consiglia infatti di percorrerlo con cautela e nei periodi in cui non è innevato. La salita è impegnativa ma molto interessante. Dal pun-to di vista naturalistico nella stagione prima-verile e fino a giugno tra le rocce fioriscono il lino, il cisto (Cistus salvifolius), diverse orchi-dee tra cui la vistosa Serapias cordigera, i pro-fumati cespugli della salvia (Salvia officinalis) e numerose piante grasse come le borracine (Sedum sp.pl.). Queste fioriture richiamano una moltitudine di insetti e di farfalle tra cui l’elegante podali-rio (Iphiclides podalirius), la vanessa del cardo (Cynthia cardui) e le azzurre licene, per citar-ne solo alcune. Dal punto di vista geologico il Fammera rap-presenta una grande linea di faglia dovuta ai movimenti della crosta terrestre che hanno caratterizzato il gruppo montuoso degli Au-runci. La parte sommitale del Fammera è for-mata da due vette. Sulla prima è presente una croce di legno e una piccola cavità della roccia in cui è stata posizionata una piccola statua in onore della Madonna. La cima che ricade sullo strapiombo, rende il panorama più suggestivo e le sottostanti valli dell’Ausente, del Liri e del Sacco, sembrano viste da un volo. Proseguendo per pochi metri ancora, si raggiunge la zona più alta di que-sto imponente massiccio calcareo. Da questa posizione il lungo pianoro di Valle Gaetana e Fammera di Spigno sembra un piccolo faz-zoletto verde steso tra le verdeggianti cime di Monte Chiavica, di Monte Forte e Monte Fammera. Più in lontananza si staglia sul-l’orizzonte il profilo del gruppo del Monte Petrella e del Monte Faggeto.

Il carsismo Con il termine carsismo o fenomeno carsico si intende una serie di processi di modellamento della superficie terrestre che interessa le rocce

formate da carbonato di calcio, i calcari, e da carbonato di calcio e magnesio, le dolomie. Il termine deriva dal nome della regione ita-liana in cui questo fenomeno è più eviden-te ed è stato studiato per la prima volta sul triestino, il Carso (la radice indoeuropea Kar significa roccia, pietra). Attraverso un processo di soluzione chimica, legato alla presenza di anidride carbonica nell’acqua naturale che viene a contatto con le rocce, i calcari vengono corrosi e disciolti, e gli ioni che ne derivano (ioni calcio e ioni bicarbonato) vengono allontanati nella solu-zione acquosa e trasportati altrove. La dissoluzione delle rocce carbonatiche crea nel tempo forme e strutture superficiali, os-servabili direttamente, e forme ipogee, ossia modellate in profondità, nello spessore delle rocce. Tra le prime troviamo i Karren o sol-chi di corrosione, larghi pochi cm, le doline o conche depresse, con varie forme (a piatto, a imbuto, a ciotola) e dimensione nell’ordine di pochi metri, e i polje o campi carsici, lunghi anche km e derivanti dalla fusione di più do-line. Tra le forme ipogee troviamo cavità sub-verticali (inghiottitoi, pozzi e abissi), fiumi e laghi sotterranei e le spettacolari grotte, di cui anche nel Parco troviamo numerosi esempi. Quando l’acqua carica di bicarbonato viene a trovarsi in condizioni chimico-fisiche adat-te, si libera della CO2 e lascia precipitare il carbonato di calcio che, depositandosi, nel tempo forma strutture spettacolari, come le stalattiti, le stalagmiti e i festoni, che in ge-nere adornano le pareti delle grotte.

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ITINERARIO n.5: VALLE GAETANA E MONTE FAMMERA

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Come raggiungere la località di partenza.

La stradina di montagna che arriva in lo-calità Tasso da Esperia, si biforca a circa 3 km dal Castello di Roccaguglielma,

a sinistra si raggiunge Valle Gaetana, a destra dopo circa 200 metri si può lasciare l’auto e iniziare a salire lungo il percorso brecciato seguendo i segni bianco e rossi del CAI.

Descrizione percorso. Il percorso che attraversa i Pianori di Guado del Faggeto e conduce alla cima di Monte Forte è immerso nella fitta e rigogliosa vege-tazione che caratterizza la zona settentriona-le dei Monti Aurunci. Il clima tipicamente temperato (fresco nel periodo estivo e freddo nel periodo invernale, con forti venti di tra-montana e frequenti nevicate) e una presenza antropica più discreta e rispettosa rispetto ad altre zone del Parco, hanno favorito in questa località la conservazione di habitat montani tipici dei rilievi più interni del Lazio, come i boschi di faggio (Fagus sylvatica), regolati da delicati e spesso fragili equilibri. La prima

parte del sentiero che parte da località Tasso è quella più utilizzata dai pastori in prima-vera per raggiungere i pascoli estivi di Cam-podivenza, Guado del Faggeto e La Valle. Il primo tratto che sale a Guado del Faggeto è affascinante per la presenza di maestosi casta-gni (Castanea sativa) secolari che proiettano l’escursionista in un’atmosfera fiabesca. Supe-rato il castagneto e il primo tratto di faggeta si arriva al primo pianoro di Guado del Fag-geto. Da qui si prende a sinistra in direzione di Monte Forte. Il tracciato del sentiero che attraversa i pianori è ben evidente a terra, sca-vato tra prati rigogliosi, che si susseguono su più livelli e a primavera danno l’idea di un grande giardino variopinto. Nella cornice na-turale appaiono discreti i segni delle antiche attività dei pastori, mandre e cisterne.La traccia a terra conduce in direzione est sud-est. Una volta attraversati tutti i piano-ri di Guado del Faggeto, compreso l’ultimo segnato da una cisterna al centro, si sale in direzione est entrando nel bosco di faggi. Il sentiero, che ha acquistato una leggera pen-denza, segue il versate settentrionale di Monte Forte, fino ad arrivare ad una sella tra lo stesso e Monte Chiavica (m 1195), il rilievo sulla sinistra. Si sale a destra seguendo il crinale e si arriva ad una prima cima priva di alberi da dove guardando indietro, la visuale si apre su Monte Chiavica, su uno scorcio di Monte Fammera (m 1168) e sullo sfondo i Monti di Coreno Ausonio. La zona non è molto frequentata ed il sentiero non è sempre evidente, quindi occorre tener d’occhio i segni bianco-rossi del CAI sugli al-beri o sui massi a terra. Nel periodo di maggio e giugno si può apprezzare la grande ricchezza di specie vegetali che esplodono in un tripu-dio di forme e colori: orchidacee, composite, labiate sono tra le famiglie più rappresentate. Superata la seconda sella si cambia versante e ci si ritrova di fronte alla cima di Monte Forte, meta finale del percorso, che continua con lieve pendenza in direzione sud. Prima di immergersi di nuovo nel bosco di faggi, sulla

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 67Difficoltà: media Quote: località Tasso 675 m s.l.m. Guado del Faggeto 1013 m s.l.m.Monte Forte 1321 m s.l.m.Lunghezza: 4,900 KmTempo di percorrenza: 2,30 hDislivello: 646 m Rif. cartogr.: CTR 416010 – 416050 IGM F. 160/III S.E. EsperiaSegnaletica: segnaletica del Parco, bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°21’82” – 13°40’87”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°20’41”– 13°40’93”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

MONTE FORTE Esper i a (FR) iti

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destra si passa accanto ad un piccolo bosco di pioppi tremuli (Populus tremula). Da qui si cammina mantenendosi a quota costante dirigendoci verso il versante sud di Monte Forte fino ad intercettare un impluvio che si deve risalire fino ad un valico. Un tratto di pietraia che sale a destra ci conduce fino alla cima di Monte Forte (m 1321). Dal valico si può scendere anche sul pianoro de La Valle, nei pressi del valico dello Strampaduro, per raggiungere il rifugio forestale o continuare per il Monte Petrella (m 1533).

Pioppo tremolo (Populus tremula).Il nome deriva dal frequente tremolio delle foglie di quest’albero, dovuto ai piccioli molto sottili e schiacciati che favoriscono il movimento del-le foglie ad ogni minima folata di vento. Tra i pioppi che vivono in Europa è la specie più mon-tana è che più tollera la lontananza dai corsi d’acqua. Ha un portamento slanciato e dritto, raggiunge i 20-25 metri di altezza, con chioma alta e compatta. Sugli Aurunci il pioppo tremo-lo si trova molto spesso nella zona della fagge-ta. È specie frugale ma predilige suoli freschi ed

è colonizzatrice di aree disboscate o soggette a eventi franosi. Si comporta come vicariante del faggio: laddove quest’ultimo per vari mo-tivi scompare, tagliato o schiantato per eventi meteorici, occupa lo spazio libero formando dei nuclei che in breve svettano sulle chiome dei fag-gi circostanti. È una pianta che ama la luce, cre-sce rapidamente e si riproduce anche per polloni radicali. La tradizione popolare tramanda che l’uomo febbricitante, salendo sul tremolo, guari-sce trasmettendo il proprio malessere all’albero che inizierà a tremare.

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ITINERARIO n.6: MONTE FORTE

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CAMPO DI VENZA Esper ia (FR)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 67 aDifficoltà: mediaQuote: località Tasso 675 m s.l.m. Guado del Faggeto 1013 m s.l.m. Campodivenza 1057m s.l.m.Lunghezza: 3,800 km Tempo di percorrenza: 2,50 hDislivello: 382 m Rif. cartogr.: CTR 415040 - 415080 - 416010IGM F. 160/III S.E. EsperiaSegnaletica: segnaletica del Parco e segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°21’82” – 13°40’87” Coord. geografiche punto di arrivo: 41°20’90” – 13°39’02”Periodo consigliato: marzo-ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Ilpuntodipartenzadelpercorsositrovain localitàTasso (vedi descrizione perMonteForte).Ilprimotrattodisentie-

roinsalitaconduceaipianoridiGuadodelFaggeto,dadovesiraggiungelalocalitàdiCampodiVenza.

Descrizione percorso.Il percorso è utilizzato da secoli per rag-giungere i pianori di Guado del Faggeto,CampodiVenzaeicoltiviricavatisuiter-razzamenti costruiti conmaestria lungo ilcanalonechescendedalversanteorientalediMonteFinitizie.Lo spettacolo che si presenta agli occhidell’escursionistagiàall’iniziodel sentieroè davvero da fiaba: maestosi alberi di ca-stagno (Castanea sativa) pluricentenari sistagliano alti e imponenti come a guardiadell’accessoalla localitàconi lorotronchicavitati e dalle circonferenze (tre-quattrometri) che sorprendono chiunque provi amisurarle!Dopoaver attraversatounodei

rari castagneti del Parco, il sentiero pro-segue suuna serie di terrazzamenti che lespeciearboreestannogradualmentericon-quistando dopo l’abbandono dell’agricol-turanellezonemontane.Quindi ci si addentra nel fresco bosco difaggio(Fagus sylvatica),doveilpercorsori-sultaatrattiaccidentatoperlapresenzadinumerosimassichesisonodepositatilun-golalineadiimpluvio.Quasi bruscamente, la salita termina sulpianorodiGuadodelFaggeto, dove sonopresenti doline e inghiottitoi, a volte na-scostidaunfoltotappetodifelciaquilina(Pteridium aquilinum).Daqui,sisalesulladestralungountratturobattuto, raggiungendo il vasto e splendidoaltopianodiCampodiVenza,segnatopro-fondamentedal fenomenocarsico che creadoline,campicarreggiatiescultureoriginalinellerocce.Ilpianoroèinoltrecaratterizzatodallapre-senzadelletradizionalicapannedeipastori,conparetiinnalzateconpietrelocalietettosostenutodapalidilegnoconcoperturainstrameopaglia.Sui pascoli, alcuni pastori della zona con-tinuano, infaticabili, la millenaria attivitàdi allevamento della capra e delle mucche,condotta conmetodi e tempidiunavolta.IlpianoroterminanellasellatraMonteBel-vedere eMonteCoculo,dove si domina la

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VallediPolleca,mentre sullo sfondosi sta-glianoilMontePetrellaeMonteRevole.

Il castagno (Castanea sativa).Il castagno è un membro della famiglia Fa-gacee o “Cupulifere”, insieme alle querce e al faggio, in quanto i suoi frutti, le castagne, sono avvolte da una membrana di protezione, la cupula, che nel castagno è rappresentato da un riccio irsuto contenente due o tre frutti. Il castagno è un albero molto longevo (può superare agevolmente i cinquecento anni) e di portamento maestoso e imponente: può raggiungere i trenta metri di altezza e cir-conferenze superiori ai quattro metri! Predi-lige i terreni silicei o comunque a reazione acida, freschi e profondi, ricchi di potassio e fosforo; per questo motivo veniva considerata una specie dipendente da terreni vulcanici, ma si è dimostrato che può dare ottimi risul-tati anche su suoli carbonatici, come quelli del Parco, quando gli ioni calcio non siano disponibili o quando vengano continuamente diluiti dalle piogge. In Italia è coltivato da secoli nella fascia collinare e submontana, in quanto rappresenta una delle specie più utili per l’uomo, fornendo legname, frutti freschi e farina da conservare, miele e tannino per la concia delle pelli. Il castagno è l’unica specie

tra le Fagacee a essere visitata da insetti im-pollinatori richiamati dall’odore penetrante di trimetilammina e dal nettare presente nei fiori maschili. Tuttavia non si tratta di un’im-pollinazione strettamente insetto-dipendente, nel senso corretto del termine, in quanto gli insetti visitano solo i fiori maschili e non quelli femminili: tanto basta per ricavarne un ottimo miele!

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ITINERARIO n.7: CAMPO DI VENZA

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LA VALLE E MONTE PETRELLA Spigno Saturnia Vecchio (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 68 Difficoltà: medio - altaQuote: località Biviano 450 m s.l.m. Termine strada carrabile 920 m s.l.m.Sella di Monte Strampaduro 1135 m s.l.m.La Valle 1050 m s.l.m.Fossa Joanna 1317 m s.l.m.Monte Petrella 1533 m s.l.m.Lunghezza: Loc. Biviano - La Valle 3,400 KmLoc. Sella Strampaduro - M. Petrella 3,550 KmTempo di percorrenza: 2 h fino a La Valle2 h fino alla vetta del M. PetrellaDislivello: 1083 mRif. cartogr.: CTR 416050 – 415080 IGM F. 160/III S.E. Esperia - F. 171/IV N.E. FormiaSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°19’97” – 13°41’17”Coord. geografiche punto di arrivo: La Valle 41°20’22”– 13°40’60”Monte Petrella 41°19’39”– 13°39’98”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Dal paese di Spigno Superiore Vec-chio, svoltando in via del Campo, verso la località Biviano, si percor-

re in auto la strada per la montagna fino a quota 920 m, dove si può lasciare l’auto in uno slargo, 500 metri prima della fine della strada carrabile e dell’inizio del sentiero. In alternativa un sentiero percorribile a piedi, che taglia la strada in diversi punti, consente di iniziare il percorso già a quota 450 m, percorrendo il canalone di Cemme-retelle, poco dopo l’uscita dal paese (il pun-to di inizio è segnalato dalla capannina con la carta del Parco).

Descrizione percorso. Dalla località Biviano inizia uno dei sentie-ri più impegnativi che attraversa il Parco,

in quanto il percorso è tutto in salita fino al Monte Petrella. Il tratto che porta da quo-ta 450 m a quota 920 m, segnalato in più punti da corrimano in legno, si inerpica attraverso tratti di macchia mediterranea e frammenti di boschi di roverella (Quercus pubescens) e carpini neri (Ostrya carpinifo-lia). Dal punto in cui si lascia la macchina (a quota 920 m) alla fine della strada car-rabile, si costeggia un margine roccioso su cui crescono diverse specie rupicole come le felci (Pteridium aquilinum), il ciomboli-no (Cymbalaria muralis) e diverse piante di maggiociondolo (Laburnum anagyroides), che all’inizio di giugno creano una cornice dorata davvero splendida. Il sentiero prosegue salendo a zig-zag nel bosco di carpini, aceri (Acer opalus) e or-nielli (Fraxinus ornus) per poi attraversare uno dei tratti più incantevoli del percorso: un caratteristico tappeto di salvia (Salvia officinalis), che ricopre il versante sul lato destro, poco prima della Sella della Valle tra Monte Strampaduro e Monte Forte; a

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primavera si colora con le fioriture di deci-ne di piante diverse, tra cui numerosissime orchidee, vanto di quest’area naturale pro-tetta. Giunti alla Sella della Valle il sentiero si biforca. Scendendo sulla destra si può proseguire la passeggiata in un suggestivo pianoro carsi-co, dove numerosi sono i resti di cisterne e antiche abitazioni montane usate dalle gen-ti del posto quando un tempo La Valle era tutta coltivata. Oggi sul pianoro pascolano numerosi cavalli e mucche allevati allo sta-to brado. Per uno spuntino si può utilizzare l’area pic-nic annessa al rifugio forestale da poco restaurato. Per arrivare alla vetta del Monte Petrella, invece, dalla Sella della Valle si segue il sen-tiero sulla sinistra, segnato sui tronchi dal CAI con il n. 68, che attraversa un bosco fitto di faggi (Fagus sylvatica), fino ad arri-vare alla grande dolina di Fossa Joanna, luo-go leggendario di streghe e rituali magici. Seguendo i segni bianchi e rossi attraver-sando la fossa si sale verso la sommità di Serra Capriola per poi proseguire sulla si-nistra verso M. Petrella la cima più elevata del Parco. Da qui il suggestivo panorama

permette di localizzare geograficamente il Parco rispetto al territorio. Infatti, la vi-suale spazia dalle Isole Ponziane (Riserve Statali) al promontorio del Circeo (Parco Nazionale), dalla Valle del Liri, ai Monti del Matese (Parco Regionale Campano) e ai Monti dell’Appennino con il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dal Vesuvio (Parco Nazionale) alle Isole del golfo di Napoli.

La salviaLa salvia (Salvia officinalis) è una “camefita”, os-sia una pianta legnosa perenne in cui le gem-me che danno origine a foglie e fiori si svilup-pano ad una distanza dal suolo inferiore ai 30 cm. Le caratteristiche più appariscenti di questa specie sono la peluria lanuginosa che riveste le foglie e il fusto, e la corolla in cui i petali violetti sono fusi a formare due lab-bra: il labbro superiore è convesso e presenta l’aspetto di cappuccio mentre quello inferiore, il labello, è sporgente e trilobato, piatto e di-sposto quasi orizzontalmente, per permettere agli insetti impollinatori di “atterrare” sopra il fiore e favorire in questo modo l’impollina-zione incrociata. La salvia appartiene al gruppo delle Labia-te, una famiglia che comprende moltissime specie aromatiche molto preziose nella fitote-rapia tradizionale e che ancora oggi trovano un vasto impiego in cucina (Rosmarino, Ba-silico, Origano, Timo, Santoreggia, Salvia) in farmacia (Menta, Timo, Melissa, Salvia, Issopo) e in profumeria (Lavanda). Le proprietà terapeutiche della salvia erano note già agli antichi Romani, tanto da lascia-re un segno nel suo nome che significa appun-to “salvare, sanare”. Da sempre è stata usata per curare le infiam-mazioni, soprattutto quelle del cavo orale, ma anche per i disturbi della menopausa e per sbiancare i denti. Nel territorio del Parco sono presenti altre 5 specie di salvia, tra cui la S. pratensis, tipi-ca anch’essa dei prati aridi, e la S. glutinosa, che è una pianta vischiosa con i fiori gialli, che vive di preferenza nei boschi.

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ITINERARIO n.8: LA VALLE E MONTE PETRELLA

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Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 13Difficoltà: altaQuote: Inizio del sentiero 412 m s.l.m.Monte Petrella 1533 m s.l.m.Lunghezza: 5,300 KmTempo di percorrenza: 4,50 hDislivello: 1121 m Rif. cartogr.: CTR 416050 – 415080 IGM F. 171/IV N.E. Formia Segnaletica: segnaletica del ParcoCoord. geografiche punto di partenza: 41°18’87” – 13°42’23”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°19’39” – 13°39’98”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Dal paese di Spigno Superiore Nuo-vo o dalla località Penitro sulla S.S.630 si prende la provinciale

per Spigno Saturnia Vecchio. Arrivati al paese di Spigno Saturnia Vec-chio, svoltando in via del Campo, verso la località Biviano, si percorre in auto la stra-da per la montagna; dopo circa 500 metri dal paese sulla sinistra inizia il sentiero per il M. Petrella: il punto di inizio è segnalato dalla capannina con la carta del Parco.

Descrizione percorso. Questo sentiero è uno dei più impegnativi del Parco per via del dislivello da superare: oltre mille metri. Battuto e ben visibile a terra fino ad alte quote, con filari di pie-tre e gradoni che ne indicano la direzione, ripercorre l’antico tracciato all’interno del Canale di Faggeto nel Comune di Spigno Saturnia; un tempo il sentiero era utiliz-zato dalle popolazioni locali per portare a valle i prodotti del bosco, soprattutto legna e carbone. All’interno di questo ca-nale era presente anche una teleferica uti-

lizzata per il trasporto veloce della legna ta-gliata. Testimoni di questa attività sono le numerose carbonaie che si possono ancora osservare lungo il tracciato. Il percorso inizia su una stradina sterra-ta per poi diventare un tipico sentiero di montagna. Salendo in quota si attraversano ambienti diversi, caratterizzati ciascuno da un tipo di vegetazione dominante: dopo un tratto in un bosco di conifere di nuovo impianto, si passa in un bosco misto in cui prevalgono roverelle (Quercus pubescens), castagni (Castanea sativa), carpini (Ostrya carpinifolia), ma anche lecci (Quercus ilex) e olmi (Ulmus glabra). Ultimo in quota, oltre i 1000 metri, è il bosco di faggio (Fagus sylvatica), usciti dal quale si cammina su una pietraia fino alla sommità del Monte Petrella. Numerose sono gli alberi vetusti, di dimen-sioni impressionanti, principalmente casta-gni e faggi. All’inizio del percorso si incon-trano delle formazioni carsiche dette hum, picchi di roccia bianco-grigia che si ergono dal terreno; queste strutture naturali rap-presentano le porzioni residuali di rocce calcaree più resistenti all’opera demolitrice dell’acqua; spesso, infatti, sono profonda-mente incisi da solchi di varie dimensioni (karren) scavati dalla millenaria azione del-l’acqua di scorrimento superficiale.A seguito del progressivo abbandono delle attività per l’utilizzo delle risorse del bo-sco, si può percorrere il sentiero immersi nel silenzio della natura, rotto soltanto dal suono dei campanacci degli animali al pa-scolo e dagli acuti richiami degli uccelli ra-paci. Trovandosi in un canale chiuso e con forti pendenze, col passare delle stagioni è possibile osservare gli effetti dell’azione degli eventi atmosferici come la neve o il vento, che modificano incessantemente la natura e la morfologia dei versanti.Usciti dal bosco che nasconde il Canale di Faggeto, il panorama si apre sui monti: a sini-stra si staglia il Monte Sant’Angelo (1402 m),

CANALE DI FAGGETO – MONTE PETRELLA Spigno Saturnia Vecchio (LT)iti

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in basso il Monte Vomero (1196 m) e il Monte Sorgenza (1114 m). Un tratto a zig-zag sulla pietraia, suggestivo soprattutto in primavera quando si possono osservare le sgargianti fioriture di crochi e viole, ci fa raggiungere la vetta più alta del Parco degli Aurunci, Monte Petrella (1533 m).

Faggio (Fagus sylvatica).E’ l’albero che sui Monti Aurunci caratterizza i boschi presenti alle quote più elevate, in genere oltre i mille metri di quota fino a millecinquecen-to metri. Lembi di faggeta o singoli esemplari di faggio si possono trovare anche a quote inferiori lungo le linee di impluvio, in valloni profondi o ai margini di doline e pianori situati nelle zone interne dei gruppi montuosi. In questi ambienti, infatti, il faggio ritrova le caratteristiche climati-che essenziali per il suo sviluppo, temperature bas-se anche in estate ed elevata umidità atmosferica. Il faggio può raggiungere i 40 metri di altezza, ha portamento slanciato e robusto che negli esempla-

ri che hanno un’età avanzata assume un aspetto di maestosa eleganza. Il faggio costituisce boschi dove sono presenti poche altre specie arboree e il sottobosco appare particolarmente spoglio. Tra le specie accompagnatrici non è rara la pre-senza dell’agrifoglio, sia con singoli individui ad habitus quasi arboreo che con forme arbustive sparse. Le faggete degli Aurunci sono costituite da boschi un tempo intensamente ceduati per la pro-duzione di legna da ardere e carbonella. Non mancano boschi governati ad alto fusto. In questi casi si ricavava legname da lavoro, utilizzato dai falegnami dell’area per la realiz-zazione di vari manufatti. La particolarità delle faggete di questi monti è che si trovano tanto vici-no alla costa che può capitare di osservare il mare del golfo di Gaeta con tutti i suoi tesori fatti di storia, natura e opere dell’uomo stando all’ombra di un faggio. I frutti di questi alberi, dette fag-giole, in tempi di carestia, oltre che dal bestiame, erano consumate, dopo adeguata cottura, dalle stesse popolazioni umane montane.

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ITINERARIO n.9: CANALE DI FAGGETO - M. PETRELLA

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PIANO TERRUTO Formia (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 55Difficoltà: mediaQuote: Rifugio di Acquaviva 805 m s.l.m. Piano Terruto 905 m s.l.m.Monte Tuonaco 1176 m s.l.m.Lunghezza: 4,500 km Tempo di percorrenza: 2 h Dislivello: 371 mRif. cartogr.: CTR 415080 - 415120 - 415110 IGM F. 171/IV N.E. FormiaSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°18’25” - 13°35’73”Coord. geografiche punto di arrivo:41°17’23” – 13°35’24”Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

In auto dal centro di Formia, vicino l’ospedale, si segue la strada provinciale per il borgo di Maranola; da qui, per-

corsi altri 5 km, seguendo le indicazioni per il Redentore, si raggiunge il “quadri-vio” di Monte Campone, dove è presente anche un’area pic-nic. A poche decine di metri dal bivio si prende la strada a sinistra, si prosegue per altri 2 km su una pista bianca fino al rifugio di Acquaviva. Quindi, si lascia l’auto e si sale sulla sinistra del fontanile alimentato dalla sorgente di Acquaviva, e si prosegue lungo un sentiero ben evidente.

Descrizione percorso.Il sentiero che parte dalla sorgente di Ac-quaviva e arriva a Piana Terruto, offre un offre un incantevole quadro della natura di questo territorio, incastonato tra montagna e mare. Agevole per il minimo dislivello af-frontato, il percorso è un piacevole susse-guirsi di scorci e di ampi panorami che si aprono sul Golfo di Gaeta: nelle giornate

di tramontana, la vista spazia dal Circeo fino a Capo Miseno. Dopo aver attraversato il bosco di leccio (Quercus ilex) di Valle Cupa, sul fianco orientale di Monte Ruazzo e Monte Tuo-naco, si prosegue mantenendosi a quota costante lungo il versante meridionale di Monte Tuonaco, dove non è difficile osser-vare i volteggi di gheppi (Falco tinninculus) e poiane (Buteo buteo) alla ricerca di prede.I prati aridi e sassosi sui quali continua il sentiero, sono ricchi di specie di rilievo come l’Asphodeline lutea e la rara Ophrys fusca. Raggiunto il vallone di Valle Piana il sentiero offre la possibilità di salire ver-so la vetta di Monte Tuonaco o scendere nel pianoro carsico di Piano Terruto dove sono ben evidenti gli effetti del carsismo superficiale. In zona sono presenti diverse sorgenti non permanenti e cisterne di raccolta di acqua molto importanti soprattutto negli anni passati, quando Piano Terruto era intera-mente coltivato, e che oggi rivestono par-ticolare importanza per l’allevamento del bestiame.

Le sorgenti.Una sorgente è un affioramento spontaneo di acqua sotterranea. Le sorgenti possono essere perenni, quando l’acqua vi sgorga costante-mente per tutto l’anno, o intermittenti, se l’acqua è presente solo nel periodo in cui sono abbondanti le precipitazioni. L’acqua che penetra nel suolo e tende a scorre-re sotto la superficie può essere immagazzina-ta in particolari ambienti che diventano dei grandi serbatoi naturali. Infatti alcuni strati o ammassi rocciosi rie-scono a contenere grandi quantità d’acqua grazie alla loro porosità o all’elevato grado di fatturazione: sono perciò definiti acquiferi. Molti acquiferi sono limitati inferiormente e/o superiormente da strati di argille o rocce a bassa permeabilità che si comportano come piani impermeabili, che bloccano la disce-

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sa di acqua a maggiori profondità. In que-sto caso l’acqua tende a scorrere sullo strato impermeabile o tra i due strati e il serbatoio prende il nome rispettivamente di falda so-spesa o falda imprigionata. La maggior parte delle sorgenti disseminate sui rilievi degli Aurunci sono originate da acqua raccolta in una falda sospesa, in cui il tappeto impermeabile è uno strato marnoso conosciuto come “livello a Orbitolina”, dal nome del fossile che lo caratterizza. Le acque in circolazione nelle rocce calcaree, incontrando questo strato vengono fermate lungo la sua superficie e convogliate lungo la direzione di massima pendenza e/o attraverso alcune faglie, fino ad emergere all’aperto. La loro portata è esigua e variabile stagional-mente. Ne sono un esempio le sorgenti di quo-ta di Fontana Acquaviva, Fontana di Cana-le, quelle del gruppo Ottorile-Pontumella e quella di San Michele.

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ITINERARIO n.10: PIANO TERRUTO

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Come raggiungere la località di partenza.

Dal Rifugio di Acquaviva, raggiungibi-le da Maranola e dal “quadrivio” di Campone (vedi descrizione per Pia-

no Terruto), si lascia la macchiana nello spiaz-

zo antistante il fontanile, e ci si incammina sul sentiero a destra del rifugio seguendo le indicazioni per Monte Ruazzo.

Descrizione percorso.L’itinerario ci conduce in una zona del Parco di grande interesse per gli amanti della spe-leologia (lo studio delle grotte e delle cavità naturali) e della geologia, grazie alla presenza di numerosi inghiottitoi, grotte e sorgenti. Ci si incammina quindi sulla destra, in dire-zione nord, all’ombra di un bosco ceduo di lecci (Quercus ilex). Una deviazione sulla destra dopo pochi mi-nuti ci permette di arrivare alla nota grotta della Ciauchella, un inghiottitoio carsico fra i più profondi del Parco (296 m), accessibile solo ad esperti speleologi. Oltre il bosco di leccio il sentiero continua at-traversando una estesa formazione di cespugli di salvia (Salvia officinalis), che caratterizza il tratto che sale fino a Monte Mesole. Da qui si prosegue verso nord-ovest. Si entra nuovamente nel bosco di faggi (Fagus sylvatica) che copre un’area pressoché pianeg-giante, tappezzata da numerose doline.

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 56Difficoltà: media Quote: Rifugio di Acquaviva 805 m s.l.m.Le Mesole 1050 m s.l.m.Monte Ruazzo 1314 m s.l.m.Lunghezza: 3,500 KmTempo di percorrenza: 2,30 hDislivello: 509 m Rif. cartogr.: CTR 415070 - 415080;IGM F. 171/IV N.E. FormiaSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°18’25” – 13°35’73”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°18’61”– 13°35’01”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

FOSSO DI FABIO E MONTE RUAZZO Formia(LT)

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Nella faggeta, seguendo i segni del CAI, si può raggiungere il famoso inghiottitoio car-sico noto in zona soprattutto tra i pastori: la grotta del Fabio. Dalla sella tra monte Farrazzano e Monte Ruazzo ci si arrampica versa la vetta di que-st’ultimo seguendo la segnaletica del CAI, per-correndo un tratto sassoso e assolato. Arrivati in cima la fatica è ricompensata dal magnifico panorama e da una rigenerante boccata di aria pura e piacevolmente fredda.

La mandraLa mandra era un tipo di abitazione-ricovero di montagna tipico delle zone montuose del-l’Appennino. Lungo i sentieri del Parco degli Aurunci capita spesso di incontrare queste co-struzioni (o i loro resti) che ci riportano ad un passato non troppo remoto, quando i pa-scoli montani erano meta della transumanza e intere famiglie si spostavano nel periodo estivo dalla città alla montagna. Le mandre erano adibite ad abitazioni per i pastori o a ricovero per gli animali. Avevano forma rettangolare o quadrata, più raramen-te ovale. Venivano costruite interamente con materiale naturale presente sul posto: blocchi

di pietra calcarea, legno, paglia o erba. Il muro perimetrale era spesso almeno 50 cm e formato da due strati di pietre giustapposte a secco, in modo da proteggere dal caldo du-rante il giorno e dal freddo nelle ore nottur-ne. Su una parete, all’interno, veniva lasciata una piccola nicchia per riporre le vivande e proteggerle dalla sporcizia e dagli animali. L’entrata, unica, era bassa e stretta, per non disperdere il calore interno e per rendere più difendibile l’abitazione. Il tetto, sorretto da travi di legno, era fatto con paglia o con la “stramma”, ossia con le resistenti foglie dell’ampelodesma (Ampelode-smos mauritanicus), una pianta molto diffu-sa in zona. Il pavimento era lasciato in terra battuta, raramente rivestito di pietre. All’interno venivano costruite delle brande: pali di legno orizzontali adagiati su forcel-le sostituivano la rete, mentre il “materasso” era fatto con uno strato di teneri ramoscelli, frasche e da uno strato di felci secche (Pteri-dium aquilinum) su cui veniva posata una coperta.

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ITINERARIO n.11: FOSSO DI FABIO E MONTE RUAZZO

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TRATTURO SAN MICHELE - REDENTORE E MONTE PETRELLA Formia (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 60 e 61Difficoltà: medio - altaQuote: Rifugio di Pornito 810 m s.l.m.Eremo di San Michele 1220 m s.l.m.Il Redentore 1252 m s.l.m.Monte Petrella 1533 m s.l.m.Monte Sant’Angelo 1404 m s.l.m.Lunghezza: Pornito - M. Redentore 3,500 KmAnello M. Redentore - M. Petrella 4,800 KmLa Valliera - Pornito 5,000 KmTempo di percorrenza: 6,30 h Dislivello: 723 m Rif. cartogr.: CTR 415080 – IGM F. 171/IV N.E.Formia Segnaletica: segnaletica del Parco e segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°18’42” – 13°37’21”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°19’39” – 13°39’98”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Dal quadrivio di Monte Campo-ne, si prende la strada a destra e dopo circa 1 Km si arriva in loca-

lità Pornito dove si può lasciare l’auto in prossimità del rifugio forestale. La località è raggiungibile anche a piedi seguendo il tradizionale tratturo che da Maranola, in-tersecando la strada in più punti, conduce al quadrivio di Monte Campone.

Descrizione percorso San Michele e Redentore. Quello che conduce al piccolo santuario Chiesa di San Michele e al Redentore è il percorso dove natura, bellezze paesag-gistiche, storia, religione e tradizioni si incontrano in un felice connubio. Percor-so ogni anno da numerosi escursionisti, pellegrini e pastori, il sentiero nel primo tratto si snoda a mezza costa sul versante

meridionale di Monte Altino, attraversan-do assolate pietraie colonizzate dalla salvia (Salvia officinalis) e dall’elicriso (Helichry-sum italicum), tra le poche specie vegetali che riescono a sopravvivere con successo in questo ambiente duro e inospitale. Prima di salire a zig-zag per un tratto abbastanza impegnativo, il sentiero passa sotto le due più imponenti pareti rocciose del settore meridionale del Parco, Roccia Spaccata e Roccia Laolatra, costituite da calcare com-patto (a causa del rischio di caduta massi vi raccomandiamo la massima prudenza, soprattutto in inverno!). Roccia Laolatra, con i suoi 200 metri di lunghezza e un salto di circa 300 metri, ospita diverse rarità botaniche, come il lino alpino (Linum alpinum) e la vedovina crenata (Scabiosa crenata), ed è un rifugio sicuro per il velocissimo falco pellegrino (Falco peregrinus) e per il corvo imperia-le (Corvus corax) che nidificano in zona. Dopo la ripida salita, attraverso una devia-

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zione sulla destra, si giunge alla chiesetta di San Michele, incastonata nella roccia. Una facciata di pietre chiude infatti una ca-vità naturale e pare custodire con sacralità la fresca acqua che sgorga dalle sue pareti. Ripreso il sentiero principale si sale fino a quota 1226 m, e da Sella Sola si procede fino alla vetta del Monte Redentore, dove la statua del Cristo, collocata nell’attuale posizione nell’anno giubilare 1900, domina dall’alto il Golfo di Gaeta e sembra acco-gliere con un ampio abbraccio il tratto di Mar Tirreno che si estende dal Promon-torio del Circeo e le Isole Pontine fino al Vesuvio. Da qui è possibile raggiungere il Monte Petrella, la cima più alta degli Au-runci, seguendo il sentiero a nord-est dal Redentore. Si arriva ad un’area pic-nic in località la Valliera, dove si gode della fre-scura del bosco di faggio (Fagus sylvatica). L’area pic-nic si raggiunge anche in macchi-na percorrendo la strada sterrata non sem-pre agevole superando la località Pornito.

Descrizione percorso Monte Petrella.Dalla località La Valliera, seguendo la car-rareccia, si attraversa il bosco di faggio fino a Fontana Canale, la sorgente perenne più alta in quota tra le tante del Parco. Abbar-bicata sulla parete rocciosa da cui sgorga l’acqua fiorisce una splendida campanula, l’Edrianthus graminifolius. Sulla sinistra dello spiazzo antistante la sor-gente parte il percorso per il Monte Petrel-la. Si possono seguire i segni bianchi e rossi del CAI e percorrere un tratto più breve e ripido lungo un pendio sassoso, oppure seguire una mulattiera battuta dal bestiame che si ricongiunge al sentiero segnato del CAI fino ad una sella, dove su un masso a terra si trovano le indicazioni per Spigno e per la vetta del Petrella. Proseguendo in direzione Spigno si scen-de verso una grande dolina immersa nella faggeta, Fossa Juanna, dove la suggestiva atmosfera ha da sempre ispirato storie di streghe e riti magici. Volendo raggiungere

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la vetta del Petrella, dalla sella si prende il sentiero segnato a destra. Si attraversa un tratto di bosco di conifere, per poi prose-guire su un tratto pianeggiante. Una volta usciti dal bosco ci si trova di fronte la vetta del Petrella e si sale a vista fino alla sommi-tà, dove il panorama domina tutte le vette circostanti del gruppo montuoso degli Au-runci. L’escursione continua in direzione di Monte Campetelle e Monte Sant’Angelo posti a sud di Monte Petrella. Dalla cima quindi si ritorna indietro di 200 metri, e si prende a sinistra in direzione sud. Attraver-

sando di nuovo la faggeta si supera la cima del Monte Campetelle e ci si dirige verso il Monte Sant’Angelo, da dove la visuale ci restituisce il profilo inconfondibile del Redentore. Scendiamo mantenendo sulla sinistra la rupe di Monte Sant’ Angelo, fino a raggiungere un sistema di pianori carsici; dopo averli attraversati si prende a destra, e si ritorna sulla strada che scende verso la località La Valliera.

La statua di San Michele ArcangeloLa posizione della cappella dedicata a San Michele Arcangelo alle pendici di Monte Altino è legata ad un antico racconto po-polare secondo il quale fu la statua stessa del Santo ad indicare il luogo in cui voleva essere venerata. Collocata originariamente in una grotta lungo il litorale di Gianola, pare che la statua, risentita per il linguag-gio poco pio dei marinai dell’epoca, se ne andò su Monte Sant’Angelo, nel territorio di Spigno. Purtroppo anche dalla nuova posizione (a 1252 m di quota, su una pa-rete rocciosa rivolta verso il mare) vedeva i marinai, per cui decise di spostarsi, su Monte Altino in una cavità della roccia rivolta ad occidente. Gli abitanti di Spigno cercarono più volte di riportarla nel loro territorio ma miraco-losamente la statua ritornava sempre nel-l’attuale posizione, nel territorio di Mara-nola. Si costruì allora la piccola cappella in onore di San Michele Arcangelo e da allora tutti gli anni nell’ultima domeni-ca di giugno una solenne processione ac-compagna la statua in peperino nero nella chiesetta in montagna, portata a spalla dagli uomini di Maranola. Dopo essere rimasta in montagna tutta l’estate, il 29 settembre, festa di San Mi-chele, un altro corteo di devoti la riporta a valle, dove viene custodita e venerata per tutto l’inverno nella Chiesa dell’Annun-ziata. Leggende a parte, la singolarità e la bellezza dei luoghi di questa storia im-primono nell’animo di chi li ammira un sentimento di stupore e incanto che ha il sapore del miracolo!

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ITINERARIO n.12: SAN MICHELE, REDENTORE E M. PETRELLA

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Come raggiungere la località di partenza.

Dal quadrivio di Monte Campo-ne, prendendo la strada a destra, si raggiunge il rifugio di Pornito

dove è possibile lasciare l’auto e proseguire a piedi per 2 Km fino a Forcella di Fraile, località riconoscibile per la presenza di una grossa cisterna per l’acqua piovana subito dopo uno stretto tornante a gomito. Alla stessa località si può arrivare anche in macchina, da Pornito, continuando sulla strada brecciata e si può parcheggiare lungo il margine della stessa, in alcuni piccoli slar-ghi. Vi è inoltre la possibilità di raggiungere Forcella di Fraile dal centro di Esperia su-periore, prendendo la strada per la Piana di Polleca e proseguendo per 7 Km. Giunti ad un bivio si prosegue dritto fino alla Piana di Fraile da dove, nel tratto ini-ziale, comincia sulla destra una stradina bianca che poi diviene sentiero e che arriva direttamente alla Forcella di Fraile attra-versando il versante Est di Monte Revole.

Descrizione del sentiero.Il tracciato di questo sentiero corre lungo la parte sommitale di Costa di Monte Revo-le fino a raggiungere la cima dell’omonimo monte. È un percorso ideale per chi ama am-mirare il paesaggio dall’alto. Il percorso infatti offre la possibilità di os-servare i pianori carsici più estesi del Parco, dalla Piana di Campello alla Valle di Polleca, a Filetto e Gegne. Per raggiungere la vetta si cammina per circa 2 Km sul crinale brullo e sassoso di Monte Revole. Quello che colpisce immediatamente è la netta distinzione tra l’aspetto del versan-te orientale che affaccia sulla valle di Polleca e quello occidentale che circonda la valle di Filetto. La vegetazione risente infatti dell’ef-fetto esposizione. A nord-est si estende un fitto bosco ceduo di carpino nero (Ostrya car-pinifolia) che si interrompe bruscamente sullo spartiacque per lasciare il posto, sul versante esposto a sud-ovest, ad una vegetazione erba-cea discontinua che cresce nelle piccole sacche di suolo rimaste tra i sassi e gli spuntoni di

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 59Difficoltà: mediaQuote: Forcella di Fraile 990 m s.l.m. Rifugio di Pornito 810 m s.l.m. Piana di Polleca - Fraile 760 m s.l.m. Monte Revole 1285 m s.l.m.Lunghezza: 2,200 KmTempo di percorrenza: 1,30 hDislivello: 525 m Rif. cartogr.: CTR 415080 IGM F. 160/III S.E. Esperia - F. 171/IV N.E. FormiaSegnaletica: segnaletica del Parco e segnaviabianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°19’32” – 13°37’00”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°20’29” – 13°36’22”Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

CRESTA DI MONTE REVOLE Formia (LT) - Esper ia (FR)

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roccia. Anche se a prima vista può sembrare un ambiente arido e inospitale, questo versan-te è in realtà l’habitat esclusivo di alcune tra le più rare specie di orchidee del Parco, come l’Ophrys terrae laboris, un ibrido tra l’Oprys promontorii e l’Ophrys sphecodes. Queste pian-te, veri capolavori della natura, si rendono vi-sibili a quanti sanno scrutare con pazienza e attenzione tra i radi fili d’erba. Ben più visibili sono invece le fioriture delle violette e della poligala (Polygala major), degli asfodeli e della valeriana (Centranthus ruber). È un laboratorio a cielo aperto anche per gli appassionati di insetti, in particolare farfalle e coleotteri, numerosissimi sui capolini dei cardi e dei cisti.

Le orchidee.Le orchidee hanno, tra le piante della flora italiana, i fiori più spettacolari e complessi. Eppure queste straordinarie creature sono com-parse sulla terra in tempi abbastanza recenti ri-spetto alle altre piante: tracce fossili soprattutto del loro polline fanno datare la loro origine tra l’Eocene inferiore (-53 ma) e il Pliocene-plei-

stocene (-5; -2 ma). Le orchidee spontanee del nostro territorio sono ben diverse per forma e dimensione da quelle che abbelliscono i nostri appartamenti, incroci di specie provenienti dalle zone tropicali. Le specie italiane ed eu-ropee sono piante erbacee bulbose o tuberose, con radici dalle forme più varie, che arrivano al max a 70 cm di altezza e hanno fiori gran-di al massimo 2-3 cm. Eppure sono dei veri e propri capolavori in miniatura, coevolute con gli insetti pronubi (Imenotteri e Lepidot-teri) che le impollinano: se il fiore del genere Anacamptis sp. ha un lungo sperone adattato all’apparato boccale delle farfalle, quello del genere Ophrys sp. è un’eccellente imitazione del corpo di api, vespe e calabroni, di cui ri-produce perfino la peluria che riveste il cor-po di questi insetti! Le orchidee italiane sono quasi tutte terrestri e autotrofe, cioè autosuf-ficienti in quanto compiono la fotosintesi, ma esistono specie parassite dei funghi del suolo. La maggior parte delle specie predilige prati soleggiati e garighe, dal mare fino alle vette più alte, anche se non mancano orchidee che vivono nei boschi caducifogli.

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ITINERARIO n.13: CRESTA DI MONTE REVOLE

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PIANA DI CAMPELLO VECCHIO E MONTE RUAZZO It r i (LT)

SENTIERO CAMPELLO VECCHIONumerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 51Difficoltà: bassaQuote: località Stremigna 770 m s.l.m. Forcella di Campello Vecchio 841 m s.l.m.Piana di Campello Vecchio 845 m s.l.m.Piana Fossa del Lago 890 m s.l.m.Lunghezza: 2,400 kmTempo di percorrenza: 1,30 h Dislivello: 120 m Rif. cartogr.: CTR 415070 - 415080IGM F. 171/IV N.O. Itri - F. 171/IV N.E. FormiaSegnaletica: segnaletica del Parco e segnavia bianco e rosso del CAI Coord. geografiche punto di partenza: 41°19’33” – 13°33’88”Coord. geografiche punto di arrivo:41°19’83” – 13°35’32”Periodo consigliato: tutto l’anno

SENTIERO “POZZI DELLA NEVE” E M. RUAZZONumerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 20Difficoltà: altaQuote: Località Stremigna 770 m s.l.m. Valle Ferrazzano 1000 m s.l.m.Pozzo Sambuco 1070 m s.l.m.Sella di Fosso di Fabio 1167 m s.l.m.Monte Ruazzo 1314 m s.l.m.Lunghezza: 6,000 km Tempo di percorrenza: 3,00 h Dislivello: 544 m Rif. cartogr.: CTR 415070 - 415080IGM F. 171/IV N.O. Itri - F. 171/IV N.E. FormiaSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°19’33” – 13°33’88”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°18’61” – 13°35’01”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche Come raggiungere la località di partenza.

In auto da Itri si percorre la S.R.82 Val-le del Liri verso Campodimele e dal-l’uscita del paese, dopo circa 600 metri,

si prende la stradina a destra per località Marciano e località Tozze. Dall’inizio della strada si percorrono circa 6,5 Km. In località Stremigna, in prossimità di un tornante a circa 500 metri dal rifugio di Tozze, è possibile lasciare l’auto in un pic-colo slargo a destra, al margine della strada da dove inizia il sentiero. La zona prevede la possibilità di percorreredue sentieri che hanno un tratto in comu-ne, quello da Itri fino alla Forcella di Cam-pello Vecchio.

Descrizione percorso.L’itinerario dei sentieri escursionistici pro-posti ricalca l’antico tratturo della transu-manza utilizzato dai pastori del comune di Itri per raggiungere i verdi pascoli monta-ni nel periodo primaverile-estivo, percor-so poi a ritroso prima del sopraggiungere dell’inverno. Intere famiglie si spostavano insieme al bestiame e creavano dei veri e propri centri abitati, caratterizzati dalla presenza di capanne, cisterne, stalle e man-dre. L’antico sentiero è ancora ben visibile e interseca in più punti la strada attuale, costruita solo nella seconda metà del 1900. Lungo il suo tracciato sono ancora evidenti i luoghi di abbeveraggio del bestiame, co-stituiti da pozzi naturali che raccoglievano l’acqua piovana, cisterne in pietra e fonta-nili, tra cui fontana di Tozze, da cui sgorga l’acqua dell’omonima sorgente.Le carovane della transumanza partivano in-fatti dal centro di Itri, all’altezza dell’attuale via Lentisco, risalivano la Valle di Tozze, fino ad arrivare alla località Stremigna. Da qui i vari nuclei familiari potevano raggiungere i vasti pianori di piana del Campo o Valle Pia-na, o sostare direttamente in quelli di Cam-pello vecchio e Fossa del Lago. Con l’auto oggi è possibile arrivare fino

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alla località Stremigna, prima del rifugio di Tozze, e continuare a piedi lungo il sentie-ro sulla destra segnato con i segni identifi-cativi del CAI. Il sentiero, che nel primo tratto attraversa un bosco di lecci, arriva a Forcella di Campello vecchio: da qui gli escursionisti “in erba” possono proseguire nella piana sottostante fino ad arrivare a Fossa del Lago; i più esperti possono invece intraprendere la scalata del Monte Ruazzo.

Campello Vecchio.Da Forcella di Campello si ammira tutta la piana con i numerosi resti degli antichi abitati, delle mandre e dei coltivi. Il percorso attraversa due distinte valli modellate dal fenomeno carsico: quella di Campello vecchio, con diversi inghiotti-toi, anche di recente formazione, e quella di Fossa del Lago che è un enorme dolina destinata al pascolo degli animali e ben ri-conoscibile da qualsiasi punto di osserva-zione per la presenza di un pozzo situato proprio al centro. La passeggiata è agevole anche per i meno esperti essendo quasi del tutto pianeggiante. Suggestivo è il percorso durante l’inverno quando appare netto il contatto tra il bosco misto, dominato da cerri (Quercus cerris), carpini neri (Ostrya carpinifolia), aceri (Acer opalus) e ornielli (Fraxinus ornus), spoglio in questa stagio-ne, e il sempreverde bosco di leccio. Lungo il sentiero si attraversano in più punti an-tichi terrazzamenti, dove si possono ancora ammirare i resti di alcune coltivazioni anti-che come viti e piante da frutto.

Poco dopo Fossa del Lago, quasi a guar-dia di questa località, si erge imponente un magnifico esemplare centenario di faggio (Fagus sylvatica).

“I pozzi della neve” e Monte Ruazzo.Il sentiero che inizia sulla destra di Forcel-la di Campello attraversa una porzione del territorio del Parco molto varia sia per gli scorci paesaggistici che per gli aspetti natu-ralistici ed antropici. Il percorso è segnato solo per un piccolo tratto, quindi bisogna essere abili nell’orientamento e nella lettu-ra delle carte topografiche. Le indicazioni che seguono potranno co-munque essere di aiuto per chi affronta il percorso per la prima volta. Nel primo tratto il sentiero, ben visibile, attraversa un bosco misto di carpini e lecci, e porta impressi i segni della presenza dell’uomo come gli evidenti spiazzi utilizzati per le carbonaie. Il primo pianoro che s’incontra uscendo dal bosco è Valle Ferrazzano. Si percorre tutto il pianoro verso est fino

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ad un grosso albero di ciliegio. Da qui si sale a vista verso la sella che si trova sulla sinistra guardando il Monte Ferrazzano. Arrivati sulla Sella (1070 m) si può abbrac-ciare con lo sguardo in tutta la sua esten-sione la Piana di Campello, situata a nord nord-ovest. Si può scendere per una breve sosta verso una piccola dolina con un poz-zo (località Pozzo sambuco). Volendo proseguire per Monte Ruazzo, occorre camminare mantenendoci alla stes-sa quota della sella in direzione sud sud-est lungo il versante occidentale di Monte Fer-razzano. Lungo il tragitto si superano dei primi pozzi sulla destra, al disotto della no-stra quota, se ne incontra un altro sulla si-nistra del percorso (1090 m) in corrispon-denza di un largo vallone, oltre il quale si sale in direzione sud fino in cresta alla Sella di Fosso di Fabio. Monte Ruazzo da qui sembra vicino, e se-guendo il crinale arriviamo sulla vetta dove il paesaggio, dal mare ai monti e alle locali-tà sottostanti, è così suggestivo che merita una sosta. Quindi si scende nuovamente sulla Sella di Fosso di Fabio e si prosegue lungo l’omo-nimo Fosso, camminando tra le numerose doline immerse nella faggeta e seguendo i

segni bianco rossi CAI del sentiero n. 56. Dopo circa 500 metri il sentiero si biforca. A destra continua il percorso CAI che scende verso Acquaviva di Maranola, rag-giungendo dopo pochi metri uno tra i più profondi inghiottitoi carsici del Parco, una ampia voragine immersa nel bosco, la grotta del Fabio. A sinistra si continua l’anello verso un ampio pianoro, camminando tra il ver-sante orientale di Monte Farrazzano e i terrazzamenti di località Mesole sulla destra. Al termine del pianoro carsico ci troviamo sulla sella tra Monte Viola e Monte Ferrazzano; qui si incrocia un vec-chio tratturo che ci porta direttamente ad ammirare un segno dei tempi, tempi in cui non esistevano i congelatori e si conservava la neve per la stagione estiva in pozzi in quota, le “nevere”. Se ne può ancora ammirarne l’architettura circolare in pietre a secco, con le scalette che scen-dono all’interno. Da questo punto il sentiero, sempre ben evidente, scende in direzione ovest nel bosco misto di carpini e lecci, arrivando esattamente al punto di partenza di For-cella di Campello vecchio.

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ITINERARIO n.14: PIANA DI CAMPELLO VECCHIO E M. RUAZZO

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PIANA DI CAMPELLO It r i (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 53 a) e b)Difficoltà: bassaQuote: località San Nicola 630 m s.l.m. Piana dei Pozzi 720 m s.l.m.Area pic-nic 845 m s.l.m.Ruderi di Campello 915 m s.l.m.Valle Piana 808 m s.l.m.Fossa del Lago 890 m s.l.m.Lunghezza: 8,00 km fino a Fossa del LagoTempo di percorrenza: 4,50 h Dislivello: 285 m Rif. cartogr.: CTR 415030 – 415040 – 415080IGM F. 160/III S.O. Lenola; F. 160/III S.E. Esperia;F. 171/IV N. E. FormiaSegnaletica: segnaletica del Parco e segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza: 41°21’08” – 13°31’52”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°19’97” – 13°35’61”Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

In auto da Itri si percorre la S.R.82 Val-le del Liri verso Pico. Passato il bivio per il Santuario della Madonna della

Civita, si prosegue fino al deposito ANAS che si trova sul valico in località San Nico-la, tra Itri e Campodimele. La località si raggiunge anche da Lenola o da Pico, in direzione di Campodimele dove, giunti al bivio che sale in paese, si prosegue sulla strada principale per altri 2,5 km fino al valico di San Nicola. Qui si può lasciare la macchina proseguen-do a piedi per circa 8 km attraversando la piana per tutta la sua lunghezza. In alternativa si può andare in auto fino all’area pic-nic del Parco, raggiungibile se-guendo le indicazioni per località Campel-lo, percorrendo 4,8 km di strada solo in parte asfaltata.

Descrizione percorso. Da Località San Nicola ha inizio una pas-seggiata piacevole in tutte le stagioni con un percorso semplice e interessante che si mantiene pressoché a quota costante, at-traversando valli e boschi della Piana di Campello, da località Piana dei Pozzi, alla Pineta di Campello, ai resti dell’antico bor-go medievale di Campello, alla Valle Piana, alla sorgente del Colle fino ad arrivare alla Fossa del Lago. L’escursione porta alla scoperta di mol-tissime peculiarità del Parco dei Monti Aurunci, e permette di apprezzare la ric-chezza floristica della zona, di ammirare gli elementi più spettacolari del fenomeno carsico superficiale come doline e inghiot-titoi, di osservare con discrezione la vita di alcuni tra gli animali più rari del Lazio, i tritoni (Triturus vulgaris meridionalis, T. carnifex, T. italicus), legati ad ambien-ti umidi che rischiano di scomparire, e di rivivere la vita passata nei borghi e antichi insediamenti abitativi.La passeggiata inizia con una immersione nell’ombroso bosco di lecci (Quercus ilex) di San Nicola che, al variare dell’esposizio-ne, lascia posto al bosco misto formato da specie più mesofile come gli aceri (Acer opa-lus), i cerri (Quercus cerris) e i carpini (Ostrya carpinifolia), fino ad arrivare ai faggi (Fagus sylvatica) situati ai piedi del Monte Revole. Anche il sottobosco è popolato da un nume-

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ro maggiore di specie tra cui il protetto agri-foglio (Ilex aquifolium) e numerose specie di orchidee tra cui la “Nido d’uccello” (Neottia nidus-avis). Percorrendo tutta la Piana si arriva alla sella che sovrasta Fossa del Lago: salendo a sinistra si arriva alla Forcella di Campello nuovo dando la possibilità di scendere sulla sottostante piana di Filetto e raggiungere l’abitato di Maranola di For-mia seguendo la strada; andando dritto e attraversando Fossa del Lago, superando la Forcella di Campello vecchio si raggiunge l’abitato di Itri scendendo lungo la strada che percorre il Canale di Tozze. Piana dei Pozzi.A circa 3 km da San Nicola s’incontra una prima diramazione che porta alla Piana dei Pozzi. Scesi nella piana ci si ritrova al-l’interno di una grande dolina ovale, una depressione formata in migliaia d’anni dall’acqua piovana che scorrendo in super-ficie scioglie le rocce carbonatiche per poi precipitare nelle viscere della terra in cor-rispondenza di voragini, più o meno evi-denti, che costituiscono gli inghiottitoi. Un chiaro esempio d’inghiottitoio si può osservare sul lato nord della dolina, ripara-to da alberi di nocciolo (Corylus avellana), carpino e cespugli di biancospino (Cra-taegus monogyna). Per trovarlo con facilità basta seguire il letto del piccolo ruscello (alimentato fino al periodo primaverile) che si origina da una sorgente situata tra le rocce del bordo orientale della dolina. Al centro della piana si trovano due an-tiche cisterne artificiali costruite in pietra a secco che raccolgono l’acqua di falda, usata dagli allevatori per dissetare mucche e cavalli allevati allo stato brado. Queste raccolte d’acqua sono anche il sito di riproduzione, sviluppo e svernamento di tre specie di anfibi urodeli, i tritoni, che convivono in questi microambienti da centinaia d’anni.

Mura di Campello.La deviazione poco prima dell’area pic-nic consente di raggiungere i resti di un anti-

co insediamento che risale probabilmente al 700 d.C. quando, in seguito alla caduta dell’Impero Romano e alle invasioni bar-bariche le popolazioni abbandonarono le città in pianura o lungo le principali vie di comunicazione per rifugiarsi nei territori montani, dove si dedicarono all’agricoltura e all’allevamento. Oggi dell’insediamento abitativo sono ri-masti davvero pochi resti, in parte ricoperti dalla vegetazione, da cui si può dedurre che nel periodo di massimo sviluppo Campello doveva ospitare un castello usato a scopo difensivo, una cinta muraria con piccole torri e ancora abitazioni a capanna, rico-veri per gli animali, e presumibilmente una piccola chiesa. Nel 1176 l’insediamento di Campello do-veva avere già un suo peso se ne risultava barone Raulle di Carta, che partecipò alla prima Crociata in Palestina inviando cin-que suoi uomini di Campello. Nel 1269, da un censimento a scopo tassativo, Cam-pello risultava possedere 33 fuochi ossia 33 nuclei familiari per un probabile totale di 200 abitanti. La data definitiva dell’abbandono del sito è stimata attorno alla seconda metà del 1400, anche se nel 1478 la località era presumibilmente abitata, perché vi figura come arciprete il sacerdote Giovanni Paga-nelli di Itri. Riferimenti storici tratti dal volume di Albi-no CECE: “I Longobardi, la Foresta, Ulfari-no e Campello” edizione 2005.

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ITINERARIO n.15: PIANA DI CAMPELLO

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SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA CIVITA It r i (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 49Difficoltà: bassaQuote: località Raino 275 m s.l.m. Santuario Madonna della Civita 675 m s.l.m.Lunghezza: 2,200 kmTempo di percorrenza: 1 h Dislivello: 400 m Rif. cartogr.: CTR 415070 - IGM F. 171/IVN.O. ItriSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAI Coord. geografiche punto di partenza: 41°19’31” – 13°31’56”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°19’29” – 13°31’57” Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Dal centro di Itri si prende la S.R.82 Valle del Liri in direzione Pico e dopo 1,7 km, si svolta sulla sini-

stra al bivio per località Raino, situato su una curva dopo il Vivaio-Falegnameria del Parco. Si prosegue per 1,5 km e si parcheg-gia l’auto in una piazzola sulla sinistra. Una piccola cappella e le prime stazioni della Via Crucis segnano l’inizio del sentiero.

Descrizione percorso.Il culto mariano è stato sempre uno dei momenti principali della tradizione reli-giosa delle popolazioni locali del Parco. Il Santuario della Madonna della Civita, situato nella parte meridionale del Parco, ne rappresenta uno dei luoghi di culto più frequentati. La venerazione della Vergine Maria in questo luogo sembra legata al ri-trovamento, nell’XI sec., di un’immagine sacra che la rappresenta.Da allora migliaia di pellegrini si sono av-vicendati lungo un comodo sentiero, fian-cheggiato dalle stazioni della Via Crucis, che inizia nella Valle di Itri, tra oliveti e

giardini, per poi risalire il versante meri-dionale di Monte Fusco, serpeggiando tra i profumati cespugli della macchia medi-terranea. L’ultimo tratto, subito prima del Santuario, si snoda all’ombra del bosco ce-duo di leccio (Quercus ilex).Il sentiero proposto coincide con lo storico itinerario religioso, percorso a piedi (spesso scalzi) da centinaia di persone, che arrivano in questa località per pregare e ringraziare la Madonna per la concessione di grazie particolari. Prova ne sono i numerosissimi ex voto conservati nella Chiesa del Santua-rio. Ogni anno, il 21 luglio, il rito del pel-legrinaggio si ripete con grande devozione, rappresentando un momento di raccolta di tutti i devoti dei paesi limitrofi.Giunti alla terrazza antistante la chiesa si può godere di un magnifico panorama: nelle limpide giornate invernali, verso ovest si raggiunge con lo sguardo il golfo di Gaeta con Monte Orlando, la piana di Fondi con il suo lago, e il promontorio del Circeo; mentre verso est si può seguire il profilo dei Monti Aurunci dalla vetta del Monte Ruazzo fino a Monte Faggeto, alle spalle di Campodimele.

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ITINERARIO n.16: SANTUARIO MADONNA DELLA CIVITA

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ANTICA Regina viarum It r i - Fondi (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 25Difficoltà: bassaQuote: inizio sentiero lato Itri 200 m s.l.m Fortino di Sant’Andrea 130 m s.l.m.inizio sentiero lato Fondi 80 m s.l.m.Lunghezza: 1,800 km Tempo di percorrenza: 1,5 h Dislivello: 120 m Rif. cartogr.: CTR 415060 - IGM F. 171/IV N.O. ItriSegnaletica: segnaletica del ParcoCoord. geografiche punto di partenza: 41°19’10” – 13°28’91”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°18’54” – 13°29’67”Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Il tracciato dell’Appia antica costeggia l’Appia nuova (S.S.7), a metà strada tra i comuni di Fondi e Itri, in località

Sant’Andrea. L’inizio del percorso proposto, coincide con l’accesso da Itri al km 128,500 della S.S.7, servito da un ampio e comodo parcheggio in cui si può lasciare l’auto o il pulman. Un secondo accesso, raggiungibile attra-verso una strada sterrata, si trova sempre lungo l’Appia (S.S.7), superato il centro di Fondi, al km 125,900, sulla destra dopo un’edicola votiva.

Descrizione percorso. Questo percorso, facilmente accessibile a persone di ogni fascia di età, si snoda lungo l’antico tracciato della Via Appia che attra-versa la Valle di Sant’Andrea; offre l’oppor-tunità di rivivere secoli di storia, grandi eventi e aneddoti di vita quotidiana, in una deliziosa cornice naturale. Il percorso pre-senta stupefacenti testimonianze della sto-ria antica e moderna: tratti ben conservati

dell’originario lastricato, sostenuti da pos-senti mura poligonali, ci conducono alla scoperta di stazioni di servizio o “poste”, dove messaggeri e viandanti potevano cam-biare il cavallo dopo un faticoso viaggio; e ancora mausolei, grandiosi terrazzamenti, resti di ville e ponti che attraversano il fos-so di Sant’Andrea in più punti. Lungo il primo tratto, si possono ammi-rare numerose piante tipiche dell’area me-diterranea come il leccio (Quercus ilex), il corbezzolo (Arbutus unedo), l’alaterno (Rhamnus alaternus) e l’euforbia (Euphor-bia cyparissias), che crescono tenacemente aggrappate alle rocce calcaree dell’antica tagliata romana. Dopo aver percorso 1,5 Km, si giunge al fortino Sant’Andrea, dove la valle si apre sulla piana di Fondi. Lo scenario e l’atmosfera sono molto sug-gestivi, soprattutto se si tiene conto che il fortino, di età napoleonica, sorge sui resti di un grandioso tempio dedicato ad Apollo (IV – I secolo a.C.). Oltre all’area sacra il

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complesso ospitava anche terme e alloggi per i pellegrini. Oggi l’unico pellegrino ri-masto è il falco omonimo (Falco peregrinus), che nelle ore più calde del giorno, volteggia in questa zona alla ricerca di prede. Oltre il fortino, il percorso verso Fondi continua attraverso uliveti e agrumeti e termina al grandioso ponte eretto nel 1568 da Filippo II, re di Spagna.

Appia Antica.L’Appia antica, che collegava Roma a Brin-disi, fu realizzata dal censore Appio Clau-dio nel 311 a.C. e divenne presto la Regina viarum, in quanto rappresentava il più im-portante canale di comunicazione e scambi commerciali tra Roma e le città dell’Italia meridionale, la Grecia e l’Oriente. Per la sua importanza strategica e commer-ciale, è rimasta in uso fino al XVIII secolo, e nel tempo è stata restaurata e sistemata diverse volte. Tra gli interventi di cui si conserva traccia, ricordiamo il restauro voluto da Caracalla nel 216 a.C., quello effettuato dal governo spagnolo nel 1568 e quello risalente all’epo-ca borbonica (1767-1768). Completamente abbandonato dopo la seconda guerra mon-diale, l’antico tracciato è stato recuperato di recente (2002).

Della struttura originaria della strada si può ancora ammirare il lastricato di basoli, il muro ad opera poligonale che sostiene il tracciato lungo la forra di Sant’Andrea e il basamento dell’antico tempio dedicato ad Apollo, sviluppato su una serie di terrazza-menti contenenti grandiose cisterne. La carreggiata della strada romana, compo-sta da 4 strati principali (statumen, rudus, nucleus, summum dursum), misurava 4,10 m, mentre i marciapiedi erano larghi da 1,10 a 2,40 m.

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ITINERARIO n.17: ANTICA VIA APPIA

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1. Ponte borbonico eretto da Ferdinando IV nel 1768

2. La strada nell’imbrecciata borbonica del 1768 sostenuta da una colossale muraglia in opera quadrata del II-I sec. a.C.

3. Tratto lastricato dell’età di Caracalla (216 a.C.), con muro di sostegno della via in opera quadrata del II sec. a.C.

4. Fortino di Sant’Andrea eretto in età napoleonica sui colossali avanzi di un tempio di Apollo, già esistente nel IV sec. a.C.

5. Antica stazione di sosta

6. Strada lastricata dell’età di Caracalla e miliario borbonico

7. Strada lastricata dovuta ad un restauro di Filippo II re di Spagna nel 1568

8. Grandioso ponte di Filippo re di Spagna eretto nel 1568, e ricostruito nel 2004

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Come raggiungere la località di partenza.

Da Fondi, da via Appia si prende via Arnale Rosso, passando accanto allo Stadio comunale e si prosegue lun-

go la S.P. Querce di Cesare, in direzione della frazione omonima. Si segue la strada che sale attraverso una serie di tornanti e a circa 4 km da Fondi s’incontra sulla destra una sbarra che chiude l’accesso alla foresta dema-niale di Sant’Arcangelo, punto d’inizio del sentiero. Lasciata la macchina lungo la strada, ci si incammina a piedi. Da Campodimele, dalla frazione Taverna, si prende la strada di fronte al distributore di benzina e, attraversata la piana, si sale fino al passo delle Crocette. Da qui, proseguendo in direzione Fondi per circa 500 metri, s’in-contra l’accesso alla foresta di S. Arcangelo oppure si può lasciare l’auto al valico delle Crocette e scendere a piedi verso Fondi. Da Lenola la stessa località si raggiunge dalla S.P. Fondi-Lenola, dalla quale si imbocca la S.P. di Camposerianni in direzione Monte

Appiolo, che sale fino al valico delle Crocette.Il sentiero è anche un buon percorso per gli amanti di mountain bike, e vi si può acce-dere dalla S.S.7 Via Appia lato Itri a Fondi località Sant’Andrea, in corrispondenza di un’edicola votiva sulla sinistra. La località è raggiungibile anche da pulman di piccole dimensioni o da quelli da 50 posti, da Cam-podimele e Lenola, fermandosi allo spiazzo delle Crocette di fronte all’area pic-nic.

Descrizione “sentiero natura” - Santa Maria Romana. Dall’ingresso di Sant’Arcangelo, chiuso da una sbarra, si prosegue a piedi per circa 2,5 km su una comoda sterrata a debole pen-denza, fino a raggiungere l’area pic-nic e l’entrata dell’Orto Botanico dedicato al medico naturalista originario di Lenola, Francescantonio Notarianni. Il primo trat-to del sentiero è dominato da alti cespugli di specie tipiche della macchia mediterranea, come la ginestra (Spartium junceum); vi fio-riscono numerose orchidee e si può ammi-

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 26 - 27Difficoltà: medio - bassaQuote: inizio sentiero 458 m s.l.m. Orto Botanico 504 m s.l.m.Loc. San Vennitto 588 m s.l.m.Lunghezza: inizio - orto botanico: 1,850 Km anello S. Maria Romana: 2,050 km orto botanico - S. Vennitto: 1,250 KmTempo di percorrenza: 3,00 hDislivello: 130 m Rif. cartogr.: CTR 415020 – 415030 – 415060415070 - IGM F. 160/III S.O. LenolaSegnaletica: indicazioni del ParcoCoord. geografiche punto di partenza: 41°21’82” – 13°29’89”Coord. geografiche punto di arrivo: San Vennitto 41°20’85”– 13°30’05”Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

FORESTA DEMANIALE DI SANT’ARCANGELO Fondi (LT)

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rare l’olivella (Daphne sericea), una pianta tipica del Lazio meridionale. Quindi il sen-tiero attraversa rimboschimenti a conifere e un tratto più fresco nel bosco misto, in cui fiorisce il dorato maggiociondolo (Laburnum anagyroides). L’Orto botanico è la parte ini-ziale del Sentiero natura, un percorso ad anel-lo adatto ad ogni età, che attraversa diversi ambienti, come cespuglieti, la pineta a pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e il bosco misto di cerri (Quercus cerris), aceri (Acer opalus) e carpini (Ostrya carpinifolia), fino a scoprire i ruderi dell’antica chiesetta di Santa Maria in Vallumana (più nota come Santa Maria Ro-mana). La chiesa si erige su un roccione alla cui base vi è l’omonima sorgente, nella quale l’acqua che affiora si raccoglie in un incavo della roccia, formando un habitat adatto ad ospitare uno degli animali più rari del parco, la salamandrina dagli occhiali (Salamndrina terdigitata). Lungo il percorso e nello spazio antistante la chiesa crescono inoltre esempla-ri centenari di roverella (Quercus pubescens) e della Quercus crenata, un particolare ibri-do tra il cerro (Quercus cerris) e la sughera (Quercus suber). Il percorso torna indietro all’orto botanico lungo una comoda strada forestale. Quest’ultimo tratto offre l’occasio-ne di ammirare il paesaggio sulla Valle delle Querce di Cesare e Monte Valletonda, e di os-servare da vicino le strutture di modellamento delle rocce calcaree. Non di rado si trovano nei frammenti di roccia i fossili di rudista e di altri molluschi bivalvi.

Descrizione sentiero per Ruderi San Vennitto.Subito prima dell’area pic-nic, sulla sinistra parte il sentiero che conduce ai ruderi di San Vennitto. Il sentiero è ben evidente a terra e attraversa un rimboschimento a conifere e va-rie piante di querce. Dopo circa 1,5 km si arriva su un prato pascolo a quota 588 m dove sono presenti i ruderi dell’antichissima chiesetta di San Vennitto o Unnitto (San Benedetto) ultime testimonianze di quello che un tempo era probabilmente un nucleo abitato. Dall’architettura di tipo romanico dei ruderi della chiesa di Santa Maria Romana e di quel-

li di San Vennitto si può affermare che essi risalgono all’epoca medievale. L’escursione termina sul belvedere del pianoro di San Ven-nitto dove la vista si apre sulla piana di Fondi, con il lago omonimo, sul Tempio di Giove di Terracina, fino ad arrivare al promontorio del Circeo. Gli escursionisti più allenati possono prosegui-re verso la cima di Monte Vele (956 m) e verso il Santuario della Madonna della Civita.

La salamandrina dagli occhiali (Salamandri-na terdigitata).Anfibio Urodelo (= con la coda) endemico del-l’Appennino, la salamandrina vive in acque fresche e limpide, come quelle delle sorgenti, delle piccole pozze, dei torrentelli, ma anche in fontanili ed abbeveratoi. Si nutre in genere di piccoli invertebrati. Due caratteristiche ana-tomiche rendono quest’anfibio inconfondibile: le zampe posteriori, che hanno solo 4 dita invece che 5 come negli altri salamandridi (da qui il nome scientifico Salamandrina terdigitata), e un’evidente “mascherina” a forma di V tra gli occhi, che gli vale il nome di salamandrina da-gli occhiali. La vivace colorazione aposematica, rossa o gialla, della coda e delle zampe viene uti-lizzata dall’animale per disorientare i predatori, insieme all’atteggiamento di tanatosi, ovvero di finta morte. Il periodo di riproduzione coincide con l’inizio della primavera; gli individui del Lazio Meridionale depongono le uova anche in autunno, durante le abbondanti piogge di novembre, prevenendo il rischio di prosciuga-mento delle pozze artificiali o seminaturali in cui depongono le uova.

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ITINERARIO n.18: FORESTA DEMANIALE DI SANT’ARCANGELO

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VALLETONDA Fondi - Lenola (LT)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 34Difficoltà: bassaQuote: località Le Crocette 500 m s.l.m. località La Ripa 387 m s.l.m.Lunghezza: 5,100 kmTempo di percorrenza: 2 h Dislivello: 113 m Rif. cartogr.: CTR 415020 - IGM F. 160/IIIS.O. LenolaSegnaletica: segnaletica del Parco Coord. geografiche punto di partenza: 41°22’17” – 13°29’88”Coord. geografiche punto di arrivo: 41°22’65” – 13°27’61” Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

La località Le Crocette si trova sul con-fine comunale di tre Comuni, Cam-podimele, Lenola e Fondi e coincide

con l’incrocio della S.P. Querce di Cesare che congiunge Fondi con Campodimele e la S.P. Camposerianni da Lenola. La località è raggiungibile anche da pullman di piccole dimensioni o da quelli da 50 po-sti, da Campodimele e Lenola, fermandosi allo spiazzo delle Crocette di fronte all’area pic-nic (vedi itinerario n. 18).

Descrizione percorso.Sulla sinistra dell’area pic-nic delle Crocet-te, chiuso da una sbarra metallica, parte il sentiero di Valletonda, un tratto pianeg-giante e di facile percorrenza che raggiunge la pineta omonima, dove è presente una seconda area pic-nic. Il percorso consente di ammirare dall’alto la piana di Fondi. La presenza di numerose specie resistenti al fuoco, come l’ampelode-sma (Amphelodesmos mauritanicus), l’erica (Erica arborea, E. multiflora), i cisti (Cistus salvifolius, C. monspeliensis), ci indica che

la zona è stata soggetta a frequenti incendi nel periodo estivo. Il frequente passaggio del fuoco ha distrutto infatti la vegetazio-ne originaria rendendo necessari in passato interventi di riforestazione realizzati con la messa in posto di conifere tra cui il pino domestico (Pinus pinea). Gli incendi provocano anche instabilità dei versanti, che risultano più soggetti a frane e movimenti del suolo. Per questo la zona è stata oggetto di interventi di sistemazio-ne e consolidamento dei versanti realizzati con materiali naturali e tecniche rispettose dell’ambiente, a basso impatto ambientale. Lungo il sentiero sono ben visibili palizzate e griglie realizzate con pali di legno, anco-rate attraverso le robuste radici di specie cespugliose autoctone. Dall’area attrezzata, dopo una sosta, si può continuare la passeggiata lungo il versante meridionale di Valletonda, su un piccolo sentiero battuto, incorniciato dai profuma-ti arbusti della macchia mediterranea come le ginestre (Spartium junceum), fino alla località La Ripa, raggiungibile anche dalla via Camposerianni a Lenola.

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ITINERARIO n.19: VALLETONDA

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Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 33Difficoltà: mediaQuote: Rifugio 704 m s.l.m.Monte Appiolo 901 m s.l.m.Monte Crispi 802 m s.l.m.Lunghezza: rifugio - Monte Appiolo 0.850 Kmrifugio - Monte Crispi 4,300 KmTempo di percorrenza: 3,00 hDislivello: 197 m Rif. cartogr.: CTR 402140 - 415020 - 415030IGM F. 160/III S.O. LenolaSegnaletica: segnaletica del ParcoCoord. geografiche punto di partenza: 41°24’75” - 13°29’35”Coord. geografiche punto di arrivo: M. Appiolo: 41°24’69” - 13°29’63”M. Crispi: 41°22’72” - 13°30’44”Periodo consigliato: marzo - ottobre

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Da Fondi si prende la S.P. Fondi-Le-nola e si svolta sulla destra prima dell’abitato di Lenola, seguendo

la S.P. Camposerianni in direzione Monte Appiolo. Dopo circa 5 km si sale a sinistra lungo una strada brecciata, asfaltata, solo nel primo tratto; seguendo le indicazioni per il rifugio di Monte Appiolo. È consi-gliabile lasciare la macchina nel primo slar-

go sulla destra e salire a piedi. La stessa loca-lità si raggiunge da Campodimele e da Fondi arrivando al passo delle Crocette e seguendo poi le indicazioni per Monte Appiolo.

Descrizione percorso. Il percorso che parte sulla sinistra, spalle al rifugio, si inerpica per un primo tratto in una fitta boscaglia di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e leccio (Quercus ilex) e rag-giunge la parte sommitale di Vallefunnana, dove è presente un’ampia cisterna. A sinistra si prosegue per la cima di Monte Appiolo. A destra, dopo la fatica iniziale, ci si incammina lungo l’ondulato crinale for-mato dalla parte sommitale di Monte Sca-roli e Monte Reginatonda, per concludere il percorso su Monte Crispi. Questa sequenza di colline dal morbido profilo ci restituisce a sud-ovest un’ampia panoramica sulla parte più mediterranea del Parco, in particolare sulla zona di Fondi, mentre a est e nord-est si estendono i rilievi ricoperti di boschi di Monte Vele, Monte Le Pezze e Monte Faggeto, che fanno da cornice al caratteristico abitato di Campo-dimele con la sua verde vallata sottostante, Valle Taverna. Al ritorno il nostro sguardo è proiettato invece sui Monti Ausoni. D’inverno il sentiero è spesso ricoperto dal-la neve che, sebbene poco durevole a causa del clima, consente ugualmente di osservare le tracce delle lepri (Lepus corsicanus) e del-le volpi (Vulpes vulpes). In primavera poi, i fazzoletti di prato e le piccole valli tra le cime si colorano di rosa e violetto quando fioriscono anemoni (Anemone apennina) e crochi (Crocus napolitanus). Tra Reginaton-da e Monte Crispi, in località Fossa degli Occhi, esistono ancora i resti di un antico nucleo abitato (antiche cisterne, muretti a secco e mandre) ora a tratti ricoperti dalla vegetazione che gradualmente sta ripren-dendosi il suo spazio originario. Ritornati al rifugio è possibile scendere fino a Valle Taverna, ammirata dall’alto, attraver-

MONTE APPIOLO - MONTE CRISPI Lenola - Campodimele (LT)

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so una mulattiera, non sempre agevole, che parte sulla destra, oltre la sbarra metallica.

Il ritorno del Lupo.Il lupo era diffuso in Italia fino a circa la se-conda metà dell’800, quando è stato stermi-nato nelle Alpi, ma è sopravvissuto su gran parte dell’arco appenninico. La specie ha su-bito una forte riduzione negli anni a partire dalla seconda guerra mondiale, come conse-guenza della persecuzione umana e della ra-refazione della fauna selvatica che costituisce la sua preda naturale. Diversi fattori hanno contributo alla ripresa della popolazione di lupi in Italia: l’abbandono delle montagne da parte dell’uomo, il regime di protezione della specie, la riqualificazione ambientale di alcune aree dell’Appennino permessa dalla creazione di aree protette, la reintroduzione e i ripopolamenti di ungulati selvatici. La distribuzione attuale del lupo in Italia interessa l’intera catena appenninica, dal-l’Aspromonte fino alle Alpi Marittime, con importanti ramificazioni in corrispondenza del Lazio settentrionale e della Toscana cen-tro-meridionale. La ricerca di alcuni segni di presenza (tracce su neve, accertamenti di pre-

dazione, etc...) ed accurate analisi genetiche effettuate su escrementi e peli di canidi hanno permesso di accertare la presenza del lupo nel-l’area Parco dei Monti Aurunci (massimo due o tre individui) a partire dal 2004. In Ita-lia la legge nazionale 968/77 e la successiva 157/92 hanno definitivamente dichiarato il lupo specie pienamente e particolarmente pro-tetta. D’altro canto il lupo è ancora fortemente minacciato, principalmente per i conflitti con alcune attività economiche e la conseguente percezione negativa che l’uomo associa alla presenza di questo grande predatore. Infatti, nonostante in generale l’opinione del-l’uomo rispetto al lupo sia molto migliorata rispetto al passato, una percezione negativa continua a persistere in molte comunità locali sia per l’effettivo impatto che il lupo esercita su alcune attività produttive, sia per il per-manere di una visione della natura basata ancora sull’atavica paura del “lupo cattivo” e su miti popolari ereditati dal passato. Proseguire l’opera d’educazione e comunica-zione volta a presentare un’immagine positiva del lupo rappresenta un importante obiettivo dell’Ente Parco allo scopo di promuovere la coesistenza tra uomo e predatore.

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ITINERARIO n.20: CRESTA M. APPIOLO - M. CRISPI

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MONUMENTO NATURALE CIMA DEL MONTE - ACQUAVIVA QUERCIA DEL MONACO Fondi-Lenola (LT) - Val lecorsa (FR)

Numerazione sentiero: settore regionale CAI 9 n° 40Difficoltà: medio - bassaQuote: Quercia del Monaco 525 m s.l.m. Ruderi di Acquaviva 612 m s.l.m.Cima del Monte 806 m s.l.m.Lunghezza: 2,000 km per Cima del Monte4,600 km per Ruderi AcquavivaTempo di percorrenza: 1,20 h per Cima del Monte; 1,30 h per Acquaviva Dislivello: 281 m Rif. cartogr.: CTR 402130 - 402140 - 415010IGM F. 159/II S.E. FondiSegnaletica: segnavia bianco e rosso del CAICoord. geografiche punto di partenza:41°23’90” - 13°25’60”Coord. geografiche punto di arrivo: Cima del Monte 41°23’87”- 13°24’81” Acquaviva 41°24’18”- 13°24’25” Periodo consigliato: tutto l’anno

Caratteristiche tecniche

Come raggiungere la località di partenza.

Il passo Quercia del Monaco si trova sulla S.S.637 al km 36 tra il paese di Lenola e Vallecorsa. Qui si può lasciare

l’auto in uno slargo in cui è presente una croce in ferro. Dal piazzale partono due sentieri che attraversano quest’area, dichia-rata nel 2004 Monumento Naturale dalla Regione Lazio, percorribili anche ad anello ed adatti per una piacevole passeggiata nei mesi primaverili ed autunnali.

Descrizione percorso per Acquaviva.Il sentiero sulla destra del piazzale, subito sotto la strada principale, conduce ai ruderi di Acquaviva, un antico insediamento che risale all’XI sec d.C. e di cui oggi rimango-no i resti di una piccola fortezza difensiva. Il primo tratto attraversa poderi e coltivi e fiancheggia un piccolo fossato. Dopo 2,5 km si scende sulla sinistra, pas-sando su un piccolo ponticello. Quindi

si sale per circa 2,1 km lungo una strada bianca e si giunge fino al valico tra il ver-sante di Vallecorsa e quello di Fondi. Da qui ci si dirige sulla sinistra percorren-do a vista il crinale fino ai ruderi del ca-stello di Acquaviva, da cui prende il nome la località, saccheggiato e semidistrutto alla fine del XVI secolo dalla banda del famoso brigante abruzzese Marco Sciarpa. Terra di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico e teatro di eventi legati al fenomeno del brigantaggio nei secoli a cavallo dell’unità d’Italia, la collina di Ac-quaviva è un magnifica terrazza sulla piana di Fondi, sul lago omonimo e sui promon-tori di Terracina e del Circeo. Il versante a nord ospita una boscaglia di

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carpino nero (Ostrya carpinifolia) e carpi-no orientale (Carpinus orientalis) mentre quello a sud è ricoperto da densi cespugli di lentisco (Pistacia lentiscus), ampelode-sma (Ampelodesmos mauritanicus) e mirto (Myrtus communis). Tra le particolarità della vegetazione vi sono i bulbi della squilla (Urginea mari-tima) che emergono dal suolo e la dafne bianca (Daphne gnidium), con le sue carat-teristiche bacche color arancio. Sui ruderi dell’antico abitato hanno affon-dato le robuste radici alcuni esemplari di acero minore (Acer monspessulanum), dalla tipica foglia trilobata.

Descrizione percorso per Cima del Monte.Il sentiero sulla sinistra del piazzale porta alla sommità di Cima del Monte. Dopo circa 700 metri si giunge ad un abbevera-toio per il bestiame. Da questo punto, noto come “Belvedere”, si ha una eccellente visuale sulla piana di Fondi e sulla sottostante valle chiamata “la Vanniballe” cioè la valle di Annibale, per-ché vi transitarono le truppe del condot-tiero cartaginese in ritirata da Fondi. Alle spalle dell’abbeveratoio inizia il sentiero per la vetta, che dopo un tratto di terreno spoglio, continua all’interno di un rimbo-schimento a conifere. Appena fuori dal bosco si sale a vista lungo la cresta, per un tratto un po’ accidentato, fino ad arrivare alla parte più alta (860 m),

dominata da grandi massi rocciosi, da dove si possono osservare i monti della provin-cia di Frosinone e quelli spesso innevati dell’Abruzzo. Sul versante di nord-ovest si ammirano dall’alto i ruderi dell’abitato di Acquaviva che si possono raggiungere per poi tornare al punto di partenza attraverso il primo percorso.

Il confine tra Stato pontificio e Regno Bor-bonico.Lungo il percorso che conduce ad Acquaviva e a Cima del Monte si incontrano tre colonnine lapidee (la n° 48, 49 e 50), che individuava-no il confine tra lo Stato Borbonico e il Regno Pontificio e che oggi delimitano il limite tra le province di Latina e Frosinone, e tra i co-muni di Lenola, Fondi e Vallecorsa. Alte 1,60 m e con un diametro di 40 cm, portano scolpito da un lato il giglio simbolo della famiglia dei Borboni e la data di depo-sizione sul luogo; dalla parte opposta le chiavi decussate di San Pietro e il numero progres-sivo. Sulla base superiore e arrotondata della colonnina è inoltre incisa una linea retta che indica l’andamento del confine. Un tempo queste colonnine erano certamen-te più numerose. Purtroppo molte sono state rimosse ed asportate, o adagiate a terra per trafugare quei famosi medaglioni di bronzo detti testimoni, che venivano posti come sigil-li sotto la base interrata della colonna. I medaglioni portavano inciso l’editto che sanciva il confine tra i due Stati.

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ITINERARIO n.21: CIMA DEL MONTE E RUDERI DI ACQUAVIVA

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SENTIERO NATURA E GIARDINO DELLE FARFALLE It r i (LT )

Come raggiungere la località di partenza.

In auto da Itri si prende la S.R.82 Valle del Liri verso Campodimele. Dall’uscita del paese si percorrono altri

700 metri, superando a destra il bivio per località Marciano e località Tozze. Il Vivaio - Falegnameria si trova pochi me-tri più avanti sulla sinistra, dopo l’edificio della scuola dell’infanzia.

Descrizione percorso.Adiacente ai locali del Vivaio e Falegname-ria del Parco, il “Sentiero Natura per tutti e Giardino delle farfalle” è stato realizzato con particolare attenzione ai diversamen-te abili in carrozzella e alle persone non vedenti, e conduce alla scoperta di pian-te, animali e ambienti del Parco in modo alternativo e originale! In soli 400 metri, attraverso un percorso circolare, con debo-le pendenza e bordato da un corrimano in legno per non vedenti, si ha la possibilità di apprezzare la natura attraverso i sensi in genere meno usati come l’olfatto, il tatto e l’udito. Lungo il tracciato di questo sen-tiero sono presenti 13 pannelli illustrativi, molti dei quali con spiegazioni nel linguag-gio Braille, scatole interattive realizzate con soggetti in rilievo e materiali innovativi, bacheche tematiche e un piccolo stagno di-dattico. Una parte del percorso è dedicata

interamente alla conoscenza delle farfalle, della loro biologia e della loro biodiversità. Oltre a pannelli e scatole tematiche che il-lustrano la loro biologia è stata creata una zona in cui è possibile osservarle dal vivo in ogni stagione, libere e intente a nutrirsi sui fiori di specie vegetali del Parco e non, piantate per attirare e permettere loro di compiere interamente il ciclo vitale. La passeggiata può concludersi con una visita al Vivaio del Parco, dove vengono riprodotte da seme le principali essenze arboree ed arbustive dell’area; alla Fale-gnameria, dove si lavora principalmente il legno derivato da alberi tagliati durante lavori di bonifica e recupero effettuati nel-l’area Parco, e al piccolo laboratorio dove si realizzano oggetti con la strame ed altre specie arboree del Parco.

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