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Guide dell’accademia Urbense

Montaldeo

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Memorie dell’Accadenia Urbense (nuova serie) n° 42Collana diretta da Alessandro Laguzzi

Impaginazione di Simona Vaga e Alessandro Laguzzi

Fotolito DRP - Alessandria

Segreteria: Giacomo Gastaldo

Le foto originali sono state fornite dal Signor Carlo Penna

L’autore ringrazia il Signor Carlo Penna non solo per le foto fornite ma

anche per la disponibilità e la cordialità con cui lo ha accolto e guidato

nei suoi sopraluoghi. Si ringrazia inoltre la Pro Loco che si è adoperata

fattivamente per la riuscita della guida.

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Guide dell’accademia urbense

alessandro laGuzzi

Guida

di Montaldeo

Associazione Oltregiogo

Accademia Urbense - Ovada

2002

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Montaldeo è un piccolo centrosituato a circa trecento metri sullivello del mare, in mezzo alle col-line che si innalzano dal Monferra-to verso l’appennino. Il paese, cir-condato da terrazzamenti a vigne-to, offre un paesaggio dai vastiorizzonti, che spazia dalla coronadelle alpi alla presenza familiaredel tobbio, soffermandosi sulleampie colline, popolate di borghi edi cascine. Il borgo è percorso dastrade e stradine, che all’uscita dal-l’abitato si trasformano in sentieritortuosi, i quali con continui sali-scendi, conducono a casolari sparsio terminano in boschi, prati, vigne-ti e campi coltivati.

la storIa

sebbene, la tradizione abbiaidentificato il luogo con il Mons

Alpherius cui fa riferimento und i p l o m aredatto fra il943 e il 947dalla cancel-leria dei reUgo e lota-rio, la primasicura men-zione delnostro Mon-

taldeo risale all’inizio del XIIIsecolo ed è dovuta alla politica chealessandria dovette mettere in attolungo le valli dell’orba, del Bormi-da e del lemme, fin dal periodoimmediatamente successivo allasua fondazione, dapprima peropporsi alle mire del Monferrato e,successivamente, per contrastarel’opera di penetrazione verso laPianura Padana condotta dalComune di Genova. nel caso spe-cifico si trattava di rispondere alcontrollo assunto da parte genove-se dei luoghi di tassarolo e Castel-letto d’orba.

Il 19 gennaio del 1202, nellachiesa di san Pietro ad alessan-dria, i consoli di Montaldeo: Ansel-

mus Culatius Montaldi, Iohannes

Ferrarius, Canigia e Willelmus de

Amelio giurano fedeltà ad opizzo-ne, podestà di alessandria, assog-

gettandosi aicarichi e aidoveri previ-sti; essi siimpegnano,fra l’altro, afar giurareanche gli abi-tanti di Volti-gnana, di

3Montaldeo

Montaldeo

Nella pagina la via che attraversail paese, sullo sfondo il Castello

Sopra, il Castello e la ChiesaParrocchiale in un affresco dellaChiesa di Santa Caterina (metàdel XVII sec.)

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Ponticello e di Mornese, mentre glialessandrini concedono a tutti l’e-senzione dal pedaggio e assicuranola loro protezione.

Questo episodio attesta come,già a quel tempo, Montaldeo fosseretto a comune rustico, uno stadioavanzato dell’autonomia locale,ché rendeva possibile agli alessan-drini un accordo diretto con lacomunità, come era già successo alerma e Capriata, e come sarebbesuccesso anche per Ussecio (Bel-forte).

l’insediamento di Montaldeoera tuttavia modesto, come èattestato dal Ghilini, nei suoiAnnali di Alessandria. nell’anno1224, infatti, scoppiata la guerrada anni ormai latente fra Genovaed alessandria, gli alessandriniattaccano Capriata, senza peròriuscire ad espugnarla; perciò: si

partirono con aver dato alla

meglio che potessero il guasto al

territorio di esso luogo.

La nova di questa tentata

impresa arrivò subito a Genova, et

Ansaldo da Bologna podestà di

quella repubblica, ... venne incon-

tro con buona compagnia di scelti

e animosi soldati a mettere sottoso-

pra i confini di Alessandria, e pri-

mieramente li condusse sotto Mon-

taldello, il quale, non pensando a

tale incontro, non s’era provveduto

di quelle munizioni che bisognava-

no; a talché i nemici con gran faci-

lità e senza contrasto alcuno l’oc-

cuparono, dandoli con poco gua-

dagno il sacco, per esser terra di

poca considerazione, di poi scorse-

ro con grandissima ingordigia tutti

gli circonvicini luoghi facendo in

essi un bottino d’ogni cosa et insie-

me una crudele strage di tutto ciò

che trovavano.

siamo di fronte ad una nuovadenominazione del nostro luogo, ecioè Montaldello, nata forse per

4 Montaldeo

In basso, panorama di Montaldeovisto da Tramontana

Nella pagina a lato, veduta aereadel Castello e della Parrocchiale

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distinguerlo, in base alla sua mino-re consistenza, dai vari Monsaltus

e Montaldus distribuiti in aree nonlontane.

In seguito, agli inizi del trecen-to, la località risulta gravitare nel-l’area di influenza del Monferrato.nel 1318, infatti, teodoro di Mon-ferrato, sconfitto da roberto d’an-giò, chiamava a raccolta la comu-nità di Castelletto d’orba, i signoridi Casaleggio, gli Zucchi di silva-no e infine i signori e la comunitàdi Montaudello, tenuti a fornire alduca un soldato a cavallo, comple-to di tutto l’armamento.

la signoria dei marchesi diMonferrato, però, andava facendo-

si ogni giorno più debole, a causadella spinta genovese nell’oltre-giogo e, intorno alla metà del seco-lo, delle mire espansionistiche delducato di Milano, nel periodo del-l’effimera signoria viscontea suGenova. tale situazione emersechiaramente nel 1355, quandoCarlo IV di Boemia riconobbe aGiovanni Paleologo i feudi dilerma, tagliolo, Montaldeo erocca Val d’orba, il monferrinoperò riusciva ad assicurarsi soltan-to il possesso lerma.

nel corso di questi conflitti,Montaldeo fu infeudato dall’impe-ratore Venceslao II a GiovanGaleazzo Visconti, per passare

5Montaldeo

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quindi, insieme con Gavi e Parodi,a Facino Cane, nel 1411, per quin-dicimila fiorini. Una decina d’annipiù tardi, il famigerato condottiero,lo vendette a Genova. la campa-gna milanese del 1431-35 portòinfine alla conquista dei luoghi ditagliolo, Montaldeo e roccagri-malda da parte di Francesco sfor-za.

I trottI sIGnorI dI Montaldeo

e la loro straGe

Pochi anni più tardi,compariva a Montal-deo una famiglia cheper anni ne avrebberetto le sorti. Galeazzotrotti, membro di unaillustre casata di origi-ne alessandrina, ilquale, a capo di unacompagnia di ventura,si era battuto a fiancodello sforza, ricevevainfatti, l’11 aprile del1433, il feudo di Mon-taldeo; seguiva a que-sta donazione l’infeu-damento, nel 1440,anche del castello diroccagrimalda, insegno di tangibile rin-graziamento per il pre-stito di 1.900 ducatifatto dal trotti a Filip-po Maria Visconti.

l’arrivo dei trotti a Montaldeosegnò l’inizio di un secolo di domi-nio quasi assoluto, secondo la lar-ghezza delle prerogative concesse,da parte di una famiglia legata pertradizione all’attività militare. leinvestiture per il feudo del castelloe del territorio furono regolarmenterinnovate nel 1470, la duchessaBona sforza, tutrice di Giangaleaz-zo, investiva andrea trotti neimodi seguiti per l’investitura del

6 Montaldeo

In basso, scorcio del Castello edei suoi contrafforti

Nella pagina a lato, Chiesadi San Michele, Madonna conBambino in grembo, affresco(fine sec. XV)

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1433, mentre pochi mesi più tardi,era già lo stesso duca, diventatomaggiorenne, ad investire i fratelliBernardino e antonio per la restan-te parte del castello.

Il feudo di Montaldeo, a causadella povertà delle sue colture edella sua dislocazione decentratarispetto alle grandi vie di comuni-cazione, doveva avere allora un’e-conomia particolarmente de- pres-sa, che costringeva i suoi abitanti ailimiti della sopravvivenza e spin-geva la comunità e i signori a con-tinue richieste di esenzioni e fran-chigie. nel 1524, ad esempio, Gio-van Cristoforo trotti chiedeva, peri suoi feudi di Montaldeo e di roc-cagrimalda, a causa della miseriache li affliggeva, la conferma diuna serie di immunità, quelle evi-dentemente riservate al padredurante l’investitura di FilippoMaria Visconti, nonché quelle con-cesse a lui stesso pochi anni primada Massimiliano sforza, che nel1515 aveva confermato “dicto

feudo Montis Aldei ac Rochae val-

lis Urbae” ulteriori privilegi.la tensione sociale, alimentata

dalla crisi economica, giunse intor-no ai primi decenni del secolo alsuo punto di rottura. Quattro annidopo la richiesta estensione delleesecuzioni da parte del trotti,infatti, si scatenava nel paese unaviolenta jacquerie. esasperato daicontinui soprusi e dalla rapacità deitrotti, un gruppo di Montaldesi,

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A lato, piatto in ottone rinvenutonel “Pozzo dei Trotti”

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dopo aver assalito e trucidato inchiesa, in occasione della messadomenicale, il feudatario e il figliomaggiore, penetrò in castello esterminò interamente la famigliadei feudatari, non arrestandosi nédi fronte ai bambini, né difrontealla moglie gravida. Poi i cadaveri,con parte dei beni saccheggiati incastello, furono gettati in un pozzoprofondissimo, che venne interrato.alla strage scampò solo un figlioperché assente dal paese.

ecco come il genovese lorenzoCapelloni, segretario di andreadoria, espose i fatti nei suoi Rag-

gionamenti pubblicati cinquant’an-ni dopo l’avvenimento: “Come

seguì già agli uomini di Montaldeo

verso Giovan Cristoforo Trotto

ch’era loro signore, il quale aven-

do moglie e molti figliuoli, col

viver stretto che gli dava il suo

feudo, vicino al Genovesato, e quel

pochi beni che aveva allodiali,

maltrattava quei suoi uomini,

offendendoli nella robba, e nell’o-

nor delle donne, atti ambedue

odiosissimi, e poco decenti, né con-

venevoli ad un uomo ben educato.

Perché né quei suoi sudditi aveva-

no una botte di buon vino, un vitel-

lo, un porchetto, e simili cose, con-

tro ragione gliele pigliava, facen-

dole sue proprie. Se alcuno di loro

maritava una figliuola (secondo

che già si vide in un criminal pro-

cesso formato contro gli uccisori),

voleva toccarla prima che il mari-

to. Talché si concitò contro molti di

quei sudditi, dei quali si congiun-

sero dodici, che datasi tra loro la

fede far l’uno come l’altro a bene-

ficio comune, l’uccisero una dome-

nica mattina, ch’egli andava a

messa, e Giulio suo figliuolo natu-

rale molto gagliardo ancora. Ed

andati al castello, intrati in quello,

uccisero la moglie gravida, e quan-

ti figliuoli (benché picciuli) ci fos-

sero. Né altro di quelli poté fuggir

la morte, se non uno nominato Ser-

torio, ch’era andato l’istessa mat-

tina a Castelletto, che ritornato al

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tardi, intese l’orribile eccesso con-

tro del padre, e di tutti i suoi, si

salvò vivo”.la notizia della strage fece scal-

pore. Per ironia della sorte, furonoproprio le truppe genovesi di Bar-tolomeo spinola, che aveva ripresoai trotti ovada per conto dellarepubblica, a riportare l’ordine aMontaldeo.

Il duca di Milano Francescosforza non potè inter-venire, perché in quelmomento era riparato aVenezia, ma, non appe-na venne reintegratodel suo stato, fece pro-cedere contro gli autoridella strage. I congiu-rati, in numero di dieci,furono così condanna-ti, nel 1532, all’esilio ealla confisca dei benida parte della Cameraducale. Come si puònotare, le pene inflittefurono sorprendente-mente lievi, specie separagonate a quellecomminate di solito achi si rendeva colpevo-le di gravi reati controla persona di un nobile.lo sforza, infatti, forseconsapevole deglieccessi perpetrati dalsuo vassallo, consigliò

probabilmente di usare clemenzanei confronti dei capi della rivolta,per non esasperare inutilmente lacomunità. Inoltre, il feudo venivadichiarato vacante e devoluto allaCamera ducale

assegnato pro tempore alvescovo di alessandria, il feudo fuquindi venduto, intorno al 1530, aGiovan Battista Grimaldi.

9Montaldeo

Nella pagina a lato,Montaldeoin un disegno tratto da“Il Monferrato”

In basso, Madonna in tronocon Bambino in grembo,affresco di un edicola votivadi Via Borgo Vecchio (finesec. XV)

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I dorIa sIGnorI dI Montaldeo

trent’anni più tardi, il castelloveniva venduto da niccolò Grimal-di, erede di Giovan Battista, a Pie-tro, Francesco e Giorgio, membridell’ importante famiglia genovesedei doria. nel 1566, conclusesi letrattative, i doria acquistavano,oltre al castello, circa sessanta etta-

ri di terreno e alcune case, per3.500 scudi d’oro, “che sono lire

quindicimila moneta di Genova”.Versato un acconto, i tre fratellientravano in possesso dei loro beniil 10 gennaio del 1567 e il 29novembre 1569 giuravano fedeltàall’imperatore, Carlo V dopo averconcluso l’acquisto il 17 maggio eaverne ricevuto l’approvazione

imperiale il 20 giu-gno.

C o n t i n u a v a n ointanto ad essere rin-novate le deroghefiscali, nella fruizionedelle quali Montaldeoera tradizionalmenteassociata a roccagri-malda, acquistatadagli stessi Grimaldinel 1572. nel 1599, aseguito delle richiestefatte dal comune dialessandria, che sol-lecitava l’imposizio-ne del mensuale aqueste due comunità,il magistrato ordina-rio dello stato diMilano confermavache “detto feudo... è

stato totalmente

essente non solamen-

te dal mensuale, ma

ancora da tutti e da

ogni sorta di carichi,

et in maniera che no

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In basso, Pieter Paul Rubens,Gio. Carlo Doria a cavallo

Nella pagina a lato, la moledel Castello si eleva al di sopradei tetti del paese

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fu né è obbligato pagar alla regia

ducale Camera cosa alcuna”. lacomunità era tenuta soltanto a ver-sare “lire sessanta sei moneta di

Genova che si pagano al feudata-

rio ab immemorabili”.Con il ritorno a Montaldeo di

una famiglia direttamente interes-sata all’andamento del feudo,riprendeva da parte signorile ilcomportamento vessatorio nei con-fronti dei contadini, benché perma-nesse il ricordo della strage perpe-trata nel 1528. Il dominio fondiariodei doria si ingrandiva a spese deicontadini: questi, costretti dallericorrenti crisi a chiedere denaro aprestito al signore, si trovavanospesso a dover cedere le terre datein pegno per questo motivo.

Forse anche allo scopo di dis-suadere la popolazione da improv-vise rivolte come quella avvenutaquarant’anni prima, i doria provvi-dero a fortificare e a munire la lorofortezza, dotandola fra l’altro dellebertesche fuciliere sugli spalti,visibili ancor oggi. ai primi del

seicento la dotazione era tuttaviaancora scarsa, comprendendo intutto dodici archibugi, un moschet-to, sette picche e due alabarde.

Fra i motivi che avevano spintola famiglia genovese ad acquistarel’imponente castello ci fu anche,come ricorda il doria, l’aspirazio-ne a nobilitare la famiglia, dotan-dola di tutto l’apparato feudale edel riconoscimento sociale cheesso implicava, foss’anche in unluogo povero e arretrato comeMontaldeo. nonostante l’oculatagestione del feudo, i doria infattispendevano ingenti cifre per, comesi direbbe ai giorni nostri, curare laloro immagine. Ciò risulta eviden-te, secondo l’autore, proprio dallamessinscena, peraltro molto co -mune in quegli anni, operata daidoria al loro arrivo al castello perla villeggiatura estiva. Fatta tappa aVoltaggio, da dove i patrizi contutto il loro seguito ripartivanoall’alba, essi giungevano in paesela domenica mattina, in tempo perla messa, e\ il sindaco li accoglieva

11Montaldeo

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dopo aver schierato per il salutotutti gli abitanti del luogo. talvoltal’incontro con i sudditi avvenivanon appena var cati i confini dellarepubblica, a Carosio, fatto chedivenne abituale nel corso del set-tecento.

durante il seicento, come quasidappertutto in Italia, anche perMontaldeo si apriva l’interminabileperiodo delle occupazioni stranie-re, con il loro strascico di requisi-zioni, saccheggi, devastazioni dellecoltivazioni. nel 1625 sono i Fran-cesi ad occupare il luogo, nel corsodella guerra fra la repubblica diGenova e i savoia; dieci anni piùtardi, sono le truppe spagnole aminacciare la zona. al loro coman-do è Galeazzo trotti, uno deidiscendenti della famiglia massa-crata dai paesani, il che fa temere

una rappresaglia a distanza di unsecolo. Fortunatamente però gliavvenimenti prendono una diversapiega. l’esito positivo dell’avveni-mento è attribuito dalla popolazio-ne ad un intervento miracoloso disanta Caterina, in onore dellaquale sarà eretta l’attuale chiesacimiteriale.

Fra il 1640 e il ‘55, poi, è unininterrotto passaggio di truppepiemontesi, tedesche, francesi. Inparticolare quest’ultime, nel ‘54raggiungono tagliolo e Montaldeo,occupandole a discrezione, ovveroa spese della comunità, non disde-gnando incursioni e razzie sulleterre vicine. e’ in quest’occasioneche alcuni soldati bruciano, nelCastello di Montaldeo, le scritturee gli atti notarili del MagnificoGuglielmo Gastaldo, fra i qualicerto figuravano documenti cheavrebbero interessato il Cardinale

Mazzarino, il potente primo mini-stro del giovane luigi XIV, i cuiantenati, profughi dalla sicilia,avevano trovato rifugio a Castellet-to e a Montaldeo. Proprio lui,messo al corrente degli avvenimen-ti, memore dei favori ricevuta dallafamiglia si affretta a scusarsi con ilfeudatario ed ad inviargli un salva-condotto:

“Illustre Si gnore, mi dispiacque

veramente in eterno il danno che

V.S. ricevette nel suo luogo di Mon-

12 Montaldeo

A lato, Chiesa di Santa Caterina,affresco con in alto cartigliodedicatorio (metà sec. XVII)

Nella pag. a lato in alto, Montaldeoraffigurato nell’Atlante Massarotti(metà sec. XVII)

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taldeo dalle trup-

pe del Re, e come

ho sempre deside-

rato di servirla,

ho voluto procu-

rarle in avvenire

un riparo dalla

licenza dei solda-

ti. Le invio per-

tanto questa sal-

vaguardia che in

ogni caso difenderà detto luogo”.Ma una carta anche se di tale

provenienza, non basta a far cam-biare le sorti del paese. nel disordi-ne e nella miseria, provocate daisoldati stranieri, Montaldeo divie-ne un covo di briganti, capitanati

da un certo robutto detto “ilmacellarotto”, della cui protezionesi mormorava essersi resa respon-sabile addirittura la marchesa Bet-tina di negro, vedova di Giorgiodoria.

Infine, passati ancora due annidi occupazione tedesca, sono lesalve di cento moschetti e di trecannoni che salutano dagli spaltidel castello la firma della Pace ditorino.

nel corso del settecento nonscomparvero tuttavia i timori deidoria, di dover fronteggiare unassalto banditesco al castello, comeè testimoniato dal costante aumen-to dell’arsenale. tali preoccupazio-ni non erano del tutto infondate. senel 1667, un gruppo di contadini,spinti dalla fame, aveva dato nottetempo la scalata alle mura delcastello, e, dopo averne forzate leporte, aveva cercato di penetrarvi,tale fatto era destinato a ripetersinel 1782.

13Montaldeo

In basso,l’entrataal Castello

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a questo stato di cose si reagivainasprendo con severità le penedella giustizia feudale. nel 1663,nonostante tre anni prima i sotter-ranei della fortezza fossero statimuniti di nuove prigioni, il podestàantonio Corto lamentava la loroinsufficienza, mentre nel 1688, ilfattore dei doria non sapeva piùcome tenere a bada le mogli e ledonne dei carcerati, che “si pongo-no a piangere dirottamente”, all’in-gresso del castello, lamentando lecondizioni in cui erano tenuti i lorofamiliari

nel 1736, con i preliminari deltrattato di Vienna, Montaldeo veni-va annesso agli stati sardi. Con ilpassaggio ai savoia la situazionecambiò sensibilmente, come delresto altrove nell’alto Monferrato,in quanto il rigido centralismointrodotto da Vittorio amedeo II e

proseguito da Carlo emma-nuele III mal tollerava leforze centrifughe provocatedall’arbitrio dei feudatari.l’amministrazione piemon-tese cercò infatti quasi subi-to di imporre anche a questelocalità alcuni nuovi carichifiscali, scontrandosi imme-diatamente con le secolariabitudini della comunità.

ancora nel 1751, comeera successo anche a rocca-grimalda, l’emanazione di

una serie di “editti sul sale, fissa-

zione delle piazze da notaio, diritto

d’insinuazione, consegna delle sete

et simiglianti”, provocava le vivelamentele dei membri della comu-nità, che supplicavano di potermantenere le loro franchigie. Ilparere del procuratore, il savoiardoMaistrèe, era che l’origine dellefranchigie non era valida, perché,essendo Montaldeo feudo imperia-le, esse non erano mai state conces-se da chi aveva l’autorità per farlo.da una parte e dall’altra si riesu-marono atti vecchi di secoli persuffragare le proprie tesi. I rappre-sentanti della comunità rispolvera-rono persino i patti stipulati nel1202 con gli alessandrini, fino aquando prevalse un compromesso.

né i savoia riservavano migliortrattamento ai feudatari, ed ognipretesto era buono per riaffermare

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A lato, Chiesa di SanMichele, pala con al centrol’Arcangelo Michele ei santi: Rita da Cascia,Antonio e Vincenzo Ferreri

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il potere dello stato. Così avvennenel 1764, in occasione della Fieradi san Martino, quando una rissa,provocata da alcuni soldati prove-nienti dai paesi circonvicini, finìper coinvolgere l’intera popolazio-ne del borgo. Il Governo, mentreperseguiva con severità apparentegli iniziatori dei tumulti, prendevail fatto a pretesto per inviare repar-ti di truppa in paese, a tutela del-

l’ordine pubblico. Poi, nel 1770,vista la vicinanza con le terre dellarepubblica di Genova, venivastanziato in paese un presidio stabi-le, il cui ufficiale comandantedovette essere ospitato in castello.

Il nuovo regime tuttavia nonaveva mutato di molto le abitudinidei doria, che durante il soggiornoestivo a Montaldeo, si dotavano diun cospicuo seguito, formato da

15Montaldeo

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trentacinque persone, di cui cinquepreti, un maestro di casa, settedonne, quattro camerieri, sei cuci-nieri, quattro paggi, quattro portan-tini, due cocchieri e due staffieri.

Il castello venne ingrandito pro-prio verso la metà del settecento,quando anche il parco venne abbel-lito con ninfei e oadiglioni. sulfinire del secolo, però, andavanoprospettandosi nuovi e ben piùradicali cambiamenti. nel 1790,mentre ancora la rivoluzione eraun fatto lontano e privo di conse-guenze sulla vita italiana, compar-ve a Montaldeo un nuovo perso-naggio, un certo de negri, prove-niente da Casella, nel Genovesato,il quale, con i proventi accumulaticon il traffico del vino, affittaval’intera tenuta dei doria, rapida-mente assumeva un ruolo predomi-

nante nel paese; pochi anni piùtardi, lo si trova addirittura insedia-to nell’antico maniero in veste diamministratore generale.

sotto l’abile politica del denegri, il castello rimase anche nelperiodo francese il centro indiscus-so della vita sociale del paese. equando ambrogio doria, figliodell’ultimo feudatario, Giorgio,arrivò in paese accompagnato daun alto ufficiale napoleonico,comandante militare della piazza dinovi, il de negri, abile diplomati-co, scriveva a Genova al vecchiomarchese: “L’istessa sera che

gionsero qui, il segretario della

comunità, alla testa di tutto il con-

siglio in corpo, vennero a far una

visita al signore Ambroggio, i quali

le ofersero la loro servitù e partiro-

no meravigliosamente con tenti per

16 Montaldeo

Alla pagina precedente in alto,il paese in una foto di fine ‘800

In basso, veduta del paese e delleterre che lo circondano

In basso, Scuole elementari(anni ‘30)

Nella pagina a lato, veduta aereadel Castello

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la generosità con cui li à acolti”; e,ancora, il 16 gennaio 1799:“Domenica prossima scorsa qui si

è piantato l’albero [della libertà] e

lunedì vi si è fatta solennità con

messa e vespro solenne […]. In

castello vi fu un pranzo patriottico

a spese di chi intervenne […] e

tutti questi individui si sono bacia-

ti, e si sono perdonate le offese”.Il de negri, divenuto maire del

paese, sarà fino alla restaurazioneil vero e proprio signore di Montal-deo, destreggiandosi fra le armatedi suvarov e di Massena, tra fran-cesi, austriaci, russi e polacchi,mentre il paese si avviava verso irapidi cambiamenti del XIX seco-lo.

Il vento della restaurazione peròspazzò via il tentativo di creare unaborghesia imprenditoriale e scarsicambiamenti caratterizzarono iprimi decenni dell’ottocento. Poi ilprezzo del vino sopravanzò quello

del grano, e allora si videro le pen-dici delle colline coprirsi di vignetispecializzati, il maggese cedere alfilare, mentre nelle aziende agrico-le ai granai si sostituivano le canti-ne e la produzione del fondo sivendeva sempre di più e si consu-mava sempre di meno. nel 1859,con l’unità del Paese, grazie adopportune leggi, iniziò il riscattodelle terre da parte degli affittuaried anche a Montaldeo venne costi-tuendosi la piccola proprietà conta-dina.

Vogliamo concludere questebrevi note storiche ricordando duepersonaggi di Montaldeo che siresero famosi. Il primo è don anto-

nio tagliafico, prevosto del paeseall’inizio dell’ottocento. donantonio, studioso di botanica edelle proprietà medicamentosedelle erbe officinali, si fece cono-scere per la sua opera a favore deicontadini, che egli curava non sol-

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tanto nello spirito, ma anche nelcorpo, ricorrendo ad impiastri, bal-sami, unguenti e decotti, che egliricavava dalla camomilla, dall’ar-temisia, dal sambuco, dal ginepro eda cento altre piante. la sua famadivenne tale che i malati accorreva-no da tutti i paesi circonvicini edegli li ospitava, anche per mesi,nella canonica, trasformata in unaspecie di clinica. Presto fra i suoipazienti comparve anche genteabbiente, alla ricerca di una curache la medicina del tempo non erain grado di fornire. I medici paten-tati della zona, preoccupati per laperdita dei clienti, lo denunciaronoalla commissione medica diparti-mentale, che intervenne redarguen-

dolo e proibendogli l’eserciziodella professione medica, per laquale non era abilitato. Ma pareche il sacerdote, pur adottandoqualche cautela, non abbia maiinterrotto la sua opera a favore deicorpi e non solo delle anime. rima-ne il dubbio che la fama delle suepozioni e dei suoi elisir abbia poicontribuito alla credenza, condivi-sa dai contadini dei paesi circonvi-cini, che le donne di Montaldeofossero ottime guaritrici e che leloro pratiche per “segnare” i malifossero particolarmente efficaci. Èun fatto che, sino a pochi anni fa,alcune di queste erano ancora inservizio, ed avevano affezionaticlienti.

la missione di andrea Pestari-

no (Montaldeo, 1854 - Viedma(Patagonia), 1933) fu invece rivol-ta all’evangelizzazione della Pata-gonia e a fugare le superstizioni diquei popoli primitivi. entrato nel-l’ordine salesiano a 24 anni, fuordinato sacerdote nel 1884 a Bue-nos aires, venendo poi assegnatoalle Missioni del rio negro (Pata-gonia), regione inospitale e a queltempo praticamente inesplorata.Padre andrea, fra il 1905 e 1912, sirese protagonista di ben cinque“escursioni apostoliche”, lungo lesponde del rio negro e all’internodel territorio circostante, redigendopoi di questi suoi viaggi dei reso-

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A lato, il campanile dellaParrocchiale di San Martino

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conti a metà fra la celebrazione deisuccessi ottenuti nel campo dell’e-vangelizzazione di quelle popola-zioni e la descrizione geograficoantropologica. la conoscenza delterritorio servirà inoltre a mettere apunto una serie di progetti di colo-nizzazione agricola che i salesianiattueranno in seguito con successo.

Il Castello

Il panorama del paese, da qua-lunque parte lo si guardi, è caratte-rizzato dalla presenza sovrastantedel castello, un’imponente strutturaa forma di parallelepipedo che, conla sua mole, pare sproporzionatorispetto alle modeste dimensionidell’abitato. Il massiccio edificioincombe infatti senza mascheraturedi sorta sulle case del borgo,rispecchiando con fedeltà, e più

che in altri luoghi, quella che persecoli fu la situazione economica esociale della zona, stretta fra lascarsezza di risorse materiali e ilpeso della gestione signorile.

la tipologia a corpo unico è

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A lato, scorcio del Castello,in primo piano una garittadi guardia

In basso, una sala del Castelloalla fine dell’800

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canonica per le residenze signorilifortificate in certe regioni, come laValle d’aosta. se ne trovano inve-ce rari esempi nel Piemonte setten-trionale e centrale. riappare, informa matura, nella serie deicastelli di famiglie genovesi checostellano l’alto Monferrato, daGavi a ovada. di questi, Montal-deo è senza discussione l’esempiopiù rilevante. rigidamente paralle-lepipedo, anzi, quasi cubico, a duepiani più quello di ronda (dotatointegralmente di apparato a spor-gere), sorge su un basamento a suavolta fortificato con garritte e resi-dui di antiche torri, ancora circon-dato su tre lati dal giardino. lasomiglianza, tipologica e formale,con il castello di Verrès è impres-sionante.

alla fabbrica si accede median-te una ripida salita acciottola-ta, che continua anche oltrel’arco acuto d’accesso, neipressi del quale si trova ilposto di guardia, e da cui sientra nel grande cortile rettan-golare.

Il primo piano è caratteriz-zato da un ampio salone, detto“degli stemmi”, fornito di uncamino tardo cinquecentesco,nonché dalla sala del tribuna-le, in cui veniva esercitata daifeudatari la bassa giustizia .

di particolare suggestione

sono i sotterranei, nei quali si con-servano le prigioni, a cui si accedeattraverso una serie di passaggilabirintici e scalette, ricavate nellospessore dei muri, né mancano ipozzi a trabocchetto e gli strumen-ti di tortura.

durante i mesi estivi il castelloè abitato dall’attuale proprietario, ilmarchese Clemente d’oria,discendente della famiglia, che persecoli ha dominato il paese, ilquale, con atto di liberalità, mette adisposizione della Comunità i cor-tili inferiori e i giardini, per mani-festazioni di intrattenimento orga-nizzate dalla Pro loco.

lo sPettro della MonaCa

al castello è legata una delleleggende più famose del nostroMonferrato. si narra che, nellenotti più burrascose dell’estate,

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Nella pagina a lato, vedutascenografica del Castello Doria

In basso, Castello di Montaldeo,l’entrata agli appartamentipadronali

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quando guizzano i lampi e la tem-pesta si scatena, o in quelle più lun-ghe dell’autunno o dell’Inverno,quando la pioggia scroscia controle vecchie mura o la neve, spintadalla bufera sibilante, turbina attra-verso i merli, lassù in alto, sul cam-minamento di guardia, apparia unafigura di donna, sfarzosamenteadornata, con una grande cuffia incapo. lo spettro, sprizzante fiam-me e fumo dagli occhi e dallabocca, fa parecchie volte il giro deimerli con incedere lento e solenne,poi, ad un tratto, la figura si con-verte in una striscia di luce e sidilegua, lasciando dietro di sè unlugubre lamento.

la tradizione ha identificatol’essere diabolico in suor CostanzaGentile, che fuggì dal monastero disan leonardo di Genova, nel 1699.

la giovane viene riconosciuta efermata a Voltaggio, ma l’interven-to di Clemente doria, signore diMontaldeo e suo amante segreto, lafece liberare. la storia d’amore,che la legava al nobile genovese eche l’aveva spinta alla fuga, sem-brava così concludersi felicemente.Fin qui la storia documentata; narrapoi la leggenda: «In una sera inver-nale di tormenta, giungendo inatte-so al castello, il marchese, introdot-tosi per un passaggio segreto, lasorprese fra le braccia di un nuovoamante. l’ira lo accecò ed egliordinò a due corsi della scorta diuccidere la donna e di murarne ilcadavere. Poi, incurante della neveche chiudeva i valichi, ripartì dalcastello per non tornarvi mai più.Morì parecchi anni dopo, caricod’onori, ma lontano dalla patria.da allora all’anima dannata dellamonachella lussuriosa, senza

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A lato, la Parrocchialededicata a San Martino di Tours

In basso, lo spettro dellaMonaca è il più celebredell’Alto Monferrato

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requie per il suo peccato mortale, èconsentito, solo nelle notti piùcupe, di ritornare a piangere latroppo breve e perduta felicità.

la ParroCChIale dI s. MartIno

l’unico edificio del paese, chesi possa rapportare, per le suedimensioni al castello, è la Parroc-chiale, che, per la sua vastità, risul-ta incongrua col numero attualedegli abitanti del borgo. Quali fos-sero le dimensioni e le forme origi-nali della Chiesa è raffigurato, inbasso, nell’affresco che orna l’alta-re della chiesa cimiteriale di s.Caterina.

la Parrocchiale, che è dedicata

a s. Martino di tours, vescovo, edha come compatrona la Madonnadel rosario, venne completatanelle forme odierne nei primi annidel novecento, periodo nel quale lapopolazione del borgo giunse asuperare largamente i mille abitan-ti. a fine ottocento, quando lapressione demografica sembravadestinata ad aumentare ulterior-mente, per soddisfare le mutate esi-genze pastorali si iniziarono i primilavori di ampliamento, che doveva-no protrarsi per circa trent’anni. lafabbrica venne allungata, conimponenti lavori di fondazione,verso nord mentre il tetto fu sopre-levato. successivamente si realizzò

la facciata e il sagrato, sulquale è indicato l’anno incui i lavori furono termina-ti. nel 1940 fu innalzato ilcampanile.

l’interno si presenta instile neoclassico a navataunica. sul lato sinistro siapre la cappella di s. Giu-seppe, un tempo separatadalla chiesa, notevole per ilmarmo rosa dell’altare set-tecentesco di juspatronatodella famiglia doria. anchel’altar maggiore in marmoè dono della stessa fami-glia, come attestano glistemmi gentilizi che loornano. dietro l’altare, al

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In basso, Chiesa di San Michele,Sant’Antonio abate e Madonnain trono con Bambino in grembo,affresco (fine del XV sec.)

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centro dell’abside, un quadro rap-presenta il santo patrono. si posso-no inoltre osservare un Crocefissoprocessionale del settecento con icanti in argento sbalzato e, sempre

di epoca barocca, una statua ligneadella Beata Vergine del rosario,sull’altare omonimo. sulla paretedi fondo, ai lati della porta princi-pale, due quadri raffigurano: l’As-

sunzione della Vergine e S. Mar-

tino Vescovo e S. Carlo. le telesono ricavate da uno stendardoprocessionale a due facce.

la ChIesa dI s. MIChele

dedicata a san Michelearcangelo, la Chiesa è postaall’entrata del paese, su di unpoggetto, a sinistra della stradaproveniente da Mornese. l’edifi-cio risale probabilmente al XIIsecolo, anche se vi è chi affermache la primitiva costruzionepossa addirittura datarsi al Xsecolo. ha forma a capannina emostra chiaramente, nel tessutomurario, i segni dei moltiampliamenti che ha subito nelcorso dei secoli per adeguarsialla crescita demografica dellapopolazione.

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Fu la prima parrocchiale diMontaldeo. al suo interno, ad unanavata, l’altare, di forme barocche,è posto contro la parete piana del-l’abside ed è sormontato da unaffresco trompe-l’oeil, raffigurante,fra due colonne, una pala con alcentro l’Arcangelo Michele, che

calpesta il demonio, e i santi Rita

da Cascia, Antonio e Vincenzo Fer-

reri. sulla parete sinistra dellanavata si conservano i resti di unaffresco raffigurante la Madonna

con Bambino, San Lorenzo, unafigurina su di un carro tra-scinato da due cavalli, un

frammento di figura a

cavallo (probabilmente s.Martino), Sant’Antonio

Abate e Madonna in trono

con Bambino. le figuresono molto abrase. nelcomplesso tutta la compo-sizione pare eseguita nellostesso periodo, che puòrisalire alla fine del XVsecolo. tali affreschi sem-brano inserirsi nel climaculturale che vide realizza-re sulla parete sinistradella chiesa di sant’Inno-cenzo di Castelletto d’orbale figure della Madonna in

trono, San Giovanni Batti-

sta, Santo Vescovo e Santa

Redegonda, nonché i santiaffrescati in basso a destra

sulla parete di fondo della stessachiesa.

ChIesa dI santa CaterIna

È posta ad alcune centinaia dimetri dall’abitato, sul lato destrodella strada che da Castellettod’orba conduce a Montaldeo. haforma a capannina ed è ad unanavata. Venne edificata nel 1653nel luogo di una preesistente cap-pella dedicata alla santa.

l’erezione della cappella èlegata, secondo il Martinengo, adun fatto avvenuto durante la mino-

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Nella pagina a lato, interno dellaChiesa di San Michele

In basso, la Chiesa di SanMichele, antica parrocchiale

In basso, pala dell’altare dellaChiesa di Santa Caterina:la Vergine con Bambino, SantaCaterina, Santa Lucia, Sant’Agatae Sant’Apollonia

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rità del duca di savoia, Carloemmanuele, quando la madredel duchino, Cristina di Francia,detta Madama reale, si contrap-pose ai cognati Maurizio e tom-maso, che volevano assumere lareggenza dello stato. la guerracivile, che insanguinò il Piemon-te e il Monferrato, vide i France-si schierati con i madamisti e glispagnoli schierarsi a fiancodegli zii del duchino.

nel 1643, durante un episo-dio del conflitto, gli spagnolioccuparono Castelletto, poiavanzarono su Montaldeo. lanotizia gettò la popolazione nelterrore, perché al comando diquelle truppe era Gian Galeazzotrotti, valente condottiero,discendente della famiglia ster-minata dai montaldesini centoanni prima, il quale, in più occa-sioni, aveva espresso l’intenzio-ne di vendicarsi del lontanotorto.

I soldati, però, giunti in pros-

simità della cappella di santa Cate-rina, inopinatamente retrocessero.Qualunque fosse stata la causa del-l’improvviso cambiamento, gli abi-tanti di Montaldeo lo attribuironoall’intervento della santa, che,secondo le più fervide fantasie,cinta la spada e agitando una lan-cia, alla testa di una torma di gigan-

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A lato, la Chiesa di SantaCaterina,oggi cappella cimiteriale

In basso, altare dell’Oratoriodei Battuti

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ti orribilmente armati, si era oppo-sta alle truppe che avanzavano ter-rorizzandole e gettandole in fugadisordinata. dieci anni dopo lacomunità faceva erigere sul poggiol’attuale chiesa, che venne poiaffiancata dal Cimitero. l’interno èspoglio, sulla parete dell’abside èdipinto un affresco, recentementere staurato, che raffigura l’altaresovrastato da una pala, che rappre-senta la Vergine con Bambino, S.

Caterina, S. Lucia, S. Agata e S.

Apollonia, in basso il castello di

Montaldeo, al di sopra della scenauna scritta in latino ricorda l’avve-nimento, che portò all’erezionedella chiesa.

oratorI e ChIesette

all’interno e all’esterno dell’abi-tato si incontrano altri edifici diculto. Poco prima di s. Michele,proveniendo da Mornese si incontrala Cappella di S. Gottardo, unsanto tedesco, il cui culto trova diffi-cilmente spiegazione in queste zone.

Quasi di fronte al Municipio sitrova l’oratorio di San Sebastia-

no, costruito nella seconda metàdell’ottocento in sostituzione diuno assai più antico, che vennedemolito per far posto alla realizza-zione della strada nuova, oggi notacome “la ringhiera”, che si era resanecessaria per far superare ai carriil forte dislivello esistente nel

punto in cui Via Borgo Vecchio sicongiungeva con l’attuale viaambrogio doria. sopra l’altare èdipinta l’immagine del santo, nelcatino dell’absidiola s. Carlo, s.rocco e s. defendente. a questachiesa è affidato, da sempre, ilcompito di accogliere per un ulti-mo saluto i defunti provenientidalle cascine.

Proprio là, dove Via Borgo Vec-chio è interrotta dalla nuova viache la sovrasta, in quel tratto dialcuni metri, si trova un’edicola,che conserva un affresco dellaMadonna in trono con il Bambino

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A lato, altaredell’Oratoriodi SanSebastiano

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in grembo, probabilmente risalentealla fine del secolo XV. l’imposta-zione del dipinto e i tratti dolcissi-mi del volto della Madonna richia-mano l’affresco presente in s.Michele.

a metà del Paese si incontral’oratorio dei Battuti. al centrodell’abside si eleva, in formebarocche, l’altare della Vergine, lacui statua è collocata fra due colon-ne tortili.

tradIZIonI ed aPPUntaMentI

tUrIstICI

la Pro loco di Montaldeo pro-muove durante l’anno alcune mani-festazioni a carattere turistico pro-mozionale: “la sagra del tacchinoe del dolcetto”, “la castagnata”, “Iltorneo di calcio”.

la manifestazione della sagra èormai giunta alla 28°edizione e sisvolge solitamente nella seconda

settimana di agosto. Questa è lamanifestazione turistica più impor-tante, in quanto richiede il maggiorsforzo organizzativo da parte ditutti i componenti e simpatizzantidella Pro loco. si tratta della clas-sica cena agreste all’aperto, concentralità data al tacchino. Pare chequest’animale fosse il piatto tipicodel natale dei Montaldesi. lamanifestazione ha durata di tregiorni (venerdì, sabato e domeni-ca). Con grossa soddisfazione gliorganizzatori possono affermareche ogni anno sono loro ospiti (tuttiperaltro molto soddisfatti) più di1500 persone. Considerato che iresidenti sono circa 320 ... comedargli torto?

la CastaGnata

l’11 novembre ricorre la festadi s. Martino, il santo patrono delPaese. Un tempo era “festa gros-

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Nella pagina a lato, un momentodella Castagnata

In basso, il campo sportivo

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sa”. Purtroppo per diverso temponessuno si è ricordato di questa tra-dizione, ma da alcuni anni la Proloco ha deciso di far rivivere l’an-tica ricorrenza organizzando unadistribuzione gratuita di caldarrostee vino novello del paese (natural-mente dolcetto). Certo è la manife-stazione più sentita dai paesani per-ché i numerosi anziani, che la ani-mano possono ricordare “i tempiandati” della loro giovinezza. Inol-tre per l’occasione la Famigliadoria concede “gentilmente” l’usodel cortile del castello, il quale dasolo richiama l’attenzione di nume-rosi visitatori, e anche questo èmotivo di soddisfazione per chiorganizza.

Il torneo dI CalCIo

nel 1970, grazie all’interessa-

mento dell’allora nuovo Parrocodon Mario e con il contributo ditutta la cittadinanza, da un costonedi duro scoglio è nato un bel campodi calcio per squadre di sette gioca-tori. l’impianto è interamente inerba con a fianco gli spogliatoi inmuratura ed un piccolo Bar sta-gionale. dopo pochi anni ha preso“vita” un combattuto torneo di cal-cio notturno, che si svolge tuttoranel mese di luglio. da alcuni anniquesto torneo ha preso il nome diun amico scomparso.

le PasseGGIate

Montaldeo gode, nei giornisereni e tersi, della veduta dellealpi, dal Monviso al Monte Biancoal rosa, mentre a sud la vista del-l’arco appenninico si estendeanche ai contrafforti della suaparte emiliana.

Una passeggiata piacevole esenza difficoltà, perché pianeg-giante e su strada asfaltata, si puòsvolgere ad est del paese, sul cri-nale della collina che corre paralle-la a quella di Montaldeo. durante ilpercorso si ammira, ad ovest, ilborgo in tutta la sua estensione,sovrastato dall’imponente mole delCastello, mentre a est, su altri cri-nali paralleli, si scorgono i paesi ditramontana, tramontanino, Paro-di, la reguardia, Bosio e Mornese.si costeggiano siti incolti e ai due

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A lato, un sentieroche si addentra nel bosco

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lati lo sguardo può spaziare a volod’uccello sulle due ampie valli,dopo circa un Km. si arriva allaCascina avezzona e, volendo pro-seguire, ci si inoltra nel bosco.

Un percorso tradizionale per chiha un minimo di allenamento èquello di Via Carrata, che scende infondo valle. la strada, percorribileanche in auto, costeggia prati evigneti e incontra nel suo percorsonumerose cascine, quasi tutte abi-tate, alcune ospitano cavalli eoffrono Bad & breakfast: Carrata,s.Giorgio, Casale, Pesce, leva,Bombrina, Gastaldo, Gazzera,Piaggio e Comuna. le valli sonoampie e fresche, perché moltoombreggiate da filari di pioppi, il

silenzio è rotto solo dal canto degliuccelli e da qualche macchina agri-cola. Con un po’ di fortuna ci sipuò imbattere in qualche volpe onei caprioli. allungando la passeg-giata, passando per Cascina Gastal-do, si raggiunge la torre dell’al-

barola.

esCUrsIone al Monte toBBIo

Per chi volesse cimentarsi,invece, in un’escursione vera epropria, suggeriamo una salita alMonte tobbio. anche se non è lamontagna più alta, il tobbio è sicu-ramente la montagna più caratteri-stica e frequentata della zona.Facilmente individuabile anchedalla pianura alessandrina per lasua forma conica e la cappellettasulla cima, offre un panoramastraordinario della cerchia alpina,sui rilievi appenninici e sul vicinoMar tirreno.

l’itinerario più breve per rag-giungere la sommità del Monte:

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A lato, il Tobbio si specchianel primo lago della Lavagnina

In basso, la Torre dell’Albarola

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segue la mulattiera realizzata pertrasportare i materiali necessariall’edificazione della cappella chesi trova sulla cima. dedicata anostra signora di Caravaggio, lachiesetta fu edificata sulla vettanuda e rocciosa nel 1897. annessoall’edificio religioso vi è un picco-lo rifugio del CaI di novi e ovada,mentre della costruzione, che sipuò vedere nelle antiche foto, nonrestano che poche tracce.

Salita. dal valico degli eremiti(593 m), in prossimità del trivio distrade che congiungono i centri diBosio, Capanne di Marcarolo eVoltaggio, si imbocca l’anticamulattiera (indicazioni) a destradella cappelletta a fianco della stra -da. Il sentiero nel primo tratto attra-versa un rimboschimento artificialedi pino nero, poi il cammino, fatto-si più ripido affronta il pietroso e

spoglio costone. Con una lungaserie di tornanti ci si immette (1 orae 30 mm.) sulla mulattiera che saledal passo della daiola. In breve siraggiunge quin di la panoramicavetta. la tradizione vuole che 1’ar-rivo in cima sia salutato dal rintoc-co della campana.

discesa. si ridiscende lungo ilmedesimo itinerario.

Per saperne di più:GIorGIo dorIa, Uomini e terre

di un borgo collinare, dal XVI al

XVIII secolo, Milano, Giuffré,1968.

GIorGIo dorIa, Una grande pro-

prietà e i contadini di Montaldeo nel

secolo XIX, in “Movimento operaio esocialista”, IX (1963), n. 1, 2-3.

accademia Urbense sito internet:http://www.accademiaurbense.it

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Questo volume, a cura dell’Accademia Urbense,

è stato impresso nel mese di Febbraio 2002

dalla tipografia Ferrando s.n.c. di Molare

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