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I Colori dell'Idromele - Con gli Occhi della Tigre...Idromele di Frutta Pag. 6 M3. Idromele Speziato Pag. 7 M4. Idromeli Speciali Pag. 8 IL MIELE Pag. 9 ... 2016 I Colori dell’Idromele

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Indice INTRODUZIONE Pag. 4 L’IDROMELE SECONDO IL BJCP 2015 Pag. 6

M1. Idromele Pag. 6 M2. Idromele di Frutta Pag. 6 M3. Idromele Speziato Pag. 7 M4. Idromeli Speciali Pag. 8

IL MIELE Pag. 9 Miele e Idromele Pag. 9 Breve guida ai mieli monoflorali Italiani Pag. 11

I LIEVITI Pag. 16 L’AGGIUNTA DI FRUTTA Pag. 19 LA PREPARAZIONE Pag. 21

Procedura Standard Pag. 22 Sanitizzazione Pag. 22 Travasi e Maturazione Pag. 23 Nota Finale sulla tappatura e sulla rifermentazione Pag. 24

APPENDICI Pag. 25 Appendice 1 Pag. 25 Appendice 2 Pag. 25 Appendice 3 Pag. 26 Appendice 4 Pag. 30

RINGRAZIAMENTI E FONTI Pag. 32

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Questa guida stilata dal sottoscritto Marco Parrini con il contributo, per quanto riguarda l’approfondimento sui mieli, di Valentina Palagi e di Riccardo Boccardi, analisti sensoriali del miele e neo­apicoltori, sulla base di un documento già presente online a firma Ottino Alberto non vuole essere una guida definitiva ai Melomeli, ma vuole solo essere un compendio, un riassunto ed un approfondimento legato a questo mondo e soprattutto vuole raccogliere le varie informazioni presenti online e sui vari manuali già diffusi e renderle usufruibili in un unico documento. Nella prima sezione ho analizzato quindi le varie tipologie di fermentati a base di miele e per far ciò ho deciso di seguire la linea del Bjcp 2015 che ho in parte tradotto e concentrato ed in parte implementato legandolo ancor di più alla realtà italiana. Segue l’excursus sui mieli già citato a cura di Valentina e Riccardo in cui si analizzano le caratteristiche principali dei mieli monoflorali italiani più diffusi, anche di quelli “sconsigliati” ai fini della produzione di fermentati (ma mai niente in questo mondo è veramente sconsigliato, secondo il mio modesto parere… è sempre bello e anche utile… “sperimentare”!) Poi sono passato ad esaminare quali lieviti sono consigliati e le loro modalità di impiego e la frutta che eventualmente possiamo aggiungere al mosto, evidenziando cosa apporta e come può essere utilizzata nel caso vogliamo creare un Melomele. Infine ho concesso un rapido excursus alla produzione facendo uno step by step generale, soffermandosi in particolare sulla preparazione degli ingredienti, la sanitizzazione e i tempi per i travasi e per la maturazione del prodotto finito. Dulcis in fundo delle appendici, completamente farina del mio sacco, legate ad uno speciale file Excel (da me creato) che consente di calcolare quanto miele / acqua / frutta usare per avere i litri desiderati di fermentato alla gradazione alcolica e col residuo zuccherino voluto, con buona approssimazione.

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L’IDROMELE SECONDO IL BJCP 2015

M1. IDROMELE: E' un fermentato di miele. Può essere secco, semidolce o dolce. E’ quello in cui più si può ricercare l’aromaticità della materia prima: il miele. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata e la forza aromatica, può essere indicata la tipologia di miele utilizzata e la dolcezza deve essere corrispondente alla tipologia indicata (M1A. Secco, M1B. Semidolce o M1C. Dolce, come già detto). M2. IDROMELE DI FRUTTA: E' un fermentato di miele con aggiunta di frutta. Può avere l’aggiunta di frutta, succo di frutta o addirittura fermentati di frutta. In base alla tipologia della stessa può avere differenti caratteristiche ed aromaticità ed in qualche caso nomi specifici. Di seguito quelli riconosciuti dal Bjcp 2015. M2A. Cyser: Melomele alle mele. Solitamente viene aggiunto in uno degli step di produzione Sidro (quindi si tratta del raro caso in cui un fermentato viene aggiunto ad un mosto che poi andrà a essere rifermentato). Di solito si percepisce in maniera spiccata sia l’aroma di mele che di miele e la presenza di tannini che bilanciano la dolcezza. Può essere base per altri melomeli alla frutta. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza, possono essere indicate le tipologie di miele e le varietà di mele, ma non necessariamente. M2B.Pyment: Melomele all’uva, generalmente succo d’uva non fermentato, ma anche chicchi di uva o mosto. Può essere bianco, rosso o rosato, dolce o secco. Carattere vinoso ben presente; prende spesso in maniera chiara e distinguibile i caratteri dell’uva utilizzata.

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Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza, possono essere indicate le tipologie di miele e i varietali di uva, ma non necessariamente. M2C. Berry Mead o Melomele di Bacche: Trattasi di Melomele con bacche di qualsiasi genere (per frutto a bacca si intende qualsiasi frutto rotondeggiante con membrana sottile e ricco di polpa all’interno; non ha guscio nè nocciolo, ma solo semi; può essere il frutto degli arbusti più disparati). Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica, la dolcezza e i frutti impiegati; possono essere indicate le tipologie di miele. M2D. Stone Fruit Mead o Melomele con Frutta a Nocciolo: Al contrario di sopra qui si tratta di frutta a nocciolo, dalla ciliegia al mango o qualsiasi combinazione. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica, la dolcezza e i frutti impiegati; possono essere indicate le tipologie di miele. M2E. Melomele: Quando l’idromele per la ricetta utilizzata, pur essendo a base solamente di frutta e miele, non rientra nelle precedenti categorie, allora si parla di Melomele. Può avere naturalmente caratteristiche le più disparate a seconda se utilizzato uno o più frutti diversi o altro. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza, possono essere indicate le tipologie di miele e necessariamente anche la tipologia di frutta utilizzata. M3. IDROMELE SPEZIATO: E’ la definizione dell’idromele ottenuto dalla fermentazione oltre che di miele o miele e frutta anche di spezie o erbe. Può essere anche lui secco, semidolce o dolce. A seconda dei prodotti utilizzati può rientrare in diverse categorie ed assumere nomi differenti. M3A. Idromele alla frutta e spezie: Ottenuto dalla fermentazione di miele, una o più tipologie di frutta e una o più spezie. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza e le tipologie di frutta e le spezie utilizzate (anche identificate con nomi di uso comune, come: le spezie per la Apple Pie Americana, quelle per il Panforte Senese); possono essere indicate anche le tipologie di miele. M3B. Idromele alle spezie, erbe o verdure: Materia prime del fermentato sono oltre al miele, spezie, erbe (aromatiche, officinali e quant’altro) e/o verdure (di qualsivoglia genere). Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza oltre ai vari ingredienti utilizzati (anche qui le spezie possono essere identificate come sopra da nomi di uso comune); possono essere indicate le tipologie di miele.

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M4.IDROMELI SPECIALI: Si tratta di Ricette speciali perlopiù di origine storica o riconducibili a fonti antiche documentate. M4A. Braggot: Trattasi di Idromele con malto come ulteriore materia fermentabile. Originariamente era un composto di Idromele e Birra. L’aroma di miele tende ad essere meno evidente, ma si riconoscono aromi maltati tipici di alcune birre. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza, possono essere indicate le tipologie di miele e anche lo stile delle birra utilizzata o i malti usati durante la fermentazione. M4B. Idromele storico o tradizionale: Sotto questa categoria possono essere inserite tutte le bevande a base di fermentati di miele tipici di un determinato territorio o di un periodo storico definito (ad es. il Tej Etiopico o i tipici idromeli Polacchi) M4C. Idromele sperimentale In questa categoria vanno inseriti tutti quei fermentati a base di miele che per vari motivi non rientrano nelle categorie precedenti. Ci sono quelli che hanno come base, oltre al miele, fermentabili diversi (sciroppo di Agave o d’Acero, melassa....), quelli che comprendono ingredienti extra fuori dalle categorie sopra indicate (liquori vari ad esempio), quelli che sfruttano processi diversi in fase di produzione (affumicatura, congelamento), o ancora quelli che utilizzano lieviti alternativi come batteri lattici, brettanomyces o altre lievitazioni spontanee. Non necessariamente rientrano in questa categoria gli idromele invecchiati in legno a meno che la botte non sia stata utilizzata precedentemente per invecchiare altro (Whiskey, Porto...) Possono comunque rientrare in questa categoria qualsiasi idromele dietro specifica motivazione. Da Bjcp 2015 va indicato obbligatoriamente la frizzantezza cercata, la forza aromatica e la dolcezza e anche le particolarità del fermentato per cui rientra in questa particolare categoria, possono essere indicate le tipologie di miele e se c’è un ingrediente estremamente caratterizzante.

Altri specifici nomi di Melomeli o Idromeli in base agli ingredienti utilizzati esclusi direttamente dal Bjcp, ma riconducibili di fatto ad alcune delle sezioni indicate:

Capsicumel: Habanero o peperoncini in genere ­ M3

Morat: More di Gelso ­ M2C Rhodomel: Rosa Canina ­ M3B Metheglin: petali di rosa ­ M4B Omphacomel: succo di frutta acerba ­ M2E Chouchenn: tipico della Bretagna, con miele di

grano saraceno ­ M1

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IL MIELE Il miele contiene in media il 17% di acqua, il 69% di zuccheri semplici (31% glucosio, 38%

fruttosio), l'8% di disaccaridi, il 2% di altri zuccheri e il 4% di altre sostanze quali: acidi, proteine e amminoacidi, sali minerali, enzimi e vitamine (C, B2, PP, B1, B6, H, acido folico e acido pantotenico) ed infine sostanze quali alcoli, aldeidi, chetoni e esteri, i quali rappresentano importanti costituenti dell'aroma. Sono proprio queste numerose essenze aromatiche, quasi tutte volatili, a determinare il profumo ed il sapore del miele, due delle fondamentali caratteristiche organolettiche, che possono diversificare profondamente un monoflora dall'altro e quindi caratterizzare uno specifico idromele. Si parla di miele monoflorale o uniflorale quando questo proviene principalmente da nettare derivante da una determinata specie

botanica, e ne risulta sufficientemente caratterizzato dal punto di vista della composizione e delle caratteristiche organolettiche, fisico­chimiche e microscopiche. Secondo i parametri dell'analisi chimica e melissopalinologica (la melissopalinologia è la disciplina scientifica che studia il polline presente nel miele, permettendo l'identificazione della provenienza botanica di tale polline), un miele può definirsi monoflora quando almeno il 45% del polline che contiene proviene da una determinata specie botanica. Tuttavia i controlli tradizionali non sono in grado di definire in maniera precisa ed univoca la tipologia e la qualità di un monoflora per le quali ci si affida all'analisi sensoriale del degustatore, condotta tramite l'esame visivo, olfattivo e gustativo. In Italia si producono più di cinquanta monoflora, tra i quali i principali diciotto sono i seguenti: robinia (acacia), rododendro, sulla, erba medica, girasole, agrumi, cardo, timo, tiglio, ailanto, eucalipto, tarassaco, colza, melata di abete, melata di metcalfa pruinosa, erica, castagno e corbezzolo. La maggior parte del miele prodotto e consumato nel territorio nazionale ricade comunque nella più ampia categoria del millefiori o poliflora, derivante dal nettare raccolto dalle api da svariate essenze botaniche. Data la variabilità geografica e botanica del nostro territorio, il millefiori può assumere differenti caratteristiche organolettiche, diversificandosi da zona a zona e di anno in anno. I poliflora non sono tuttavia mieli senza “carattere” o di minore qualità, semplicemente ogni millefiori possiede proprie peculiarità ed un bouquet sempre differente. Miele ed idromele Mieli con con caratteristiche organolettiche ben definite influenzeranno profondamente sia il colore che il profumo dell'idromele da esso derivato. Altro fattore che contribuisce all'aspetto visivo­olfattivo finale del prodotto è il tempo d'invecchiamento dell'idromele. Qualche esempio: un colore giallo paglierino ed un ricco bouquet fresco e floreale caratterizzano generalmente idromeli preparati con millefiori; l'idromele di castagno presenta invece tonalità calde, ambrate e bronzo­ramate, un odore pungente ed un gusto amarognolo, aromatico e tannico. Il miele di tiglio produce un idromele dal colore giallo chiaro con riflessi verdi e nel suo aroma

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richiama con evidenza alle erbe officinali dalle note balsamiche e mentolate; l'idromele di arancio si caratterizza per un colore giallo dorato carico, con riflessi ambrati, un profumo che rievoca la zagara, un aroma morbido ed un corpo rotondo, ma con l'invecchiamento, le note fresche e floreali lasciano spazio alle note fruttate; dal colore nocciola al marrone con tonalità rosate, il raro idromele di corbezzolo, presenta un profumo intenso, pungente e muffato, gusto amaro con note di caffè, erbe e muschio. Gli idromeli che si ritrovano in commercio sono generalmente quelli di millefiori, poiché si tratta del miele più economico e più facilmente reperibile. In media un idromele di monoflora può costare dal 25% al 35% in più rispetto all'idromele di millefiori. Il melomele, contraddistinto nel colore, profumo e gusto dalla frutta utilizzata, meglio s'incontra con mieli dall'aroma debole e delicato quali ad esempio il miele di acacia o rododendro, miele di leguminose (sulla, erba medica e trifoglio) oppure millefiori dal bouquet floreale e amabilmente vegetale. I toni chiari di questi mieli o la trasparenza dell'acacia lasceranno risaltare il colore naturale della frutta scelta per la specifica preparazione. In generale si consiglia di utilizzare una sola tipologia di miele evitando di mescolare mieli delicati con altri più intensi. Occorre inoltre porre attenzione alla temperatura di riscaldamento del miele, così da non perdere e volatilizzare gli aromi tanto ricercati e desiderati (più tardi approfondiremo

questo aspetto nel paragrafo della sanitizzazione). Tenendo presente che il miele è il componente principale e che le sue caratteristiche si riflettono nel prodotto finito, è preferibile scegliere mieli giovani, non pastorizzati, né miscelati. Inoltre è consigliabile utilizzare prodotti garantiti da consorzi di qualità riconosciuta, o scegliere mieli biologici certificati. Esistono inoltre piccoli produttori, talvolta

amatoriali che conducono apicoltura bee­friendly che offrono mieli millefiori dalle ottime caratteristiche organolettiche.

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Breve Guida ai mieli monoflorali italiani MIELE D'ACACIA (Robinia pseudoacacia) Viene prodotto un po' in tutta Italia nelle zone collinari, le Prealpi possono essere considerate la zona più tipica di provenienza. Colore: molto chiaro, tra i più chiari in assoluto. Cristallizzazione: assente. Odore: molto leggero, aroma di vaniglia. Sapore: molto delicato, vanigliato, ricorda il profumo dei fiori. Usi: miele molto pregiato, ottimo dolcificante naturale. MIELE DI AGRUMI (Citrus spp.)

Le maggiori produzioni si hanno negli agrumeti meridionali ed insulari. Si ottengono in genere mieli di agrumi misti, raramente partite provenienti da una singola varietà (arancio, limone, pompelmo, clementine). Colore: molto chiaro, bianco nel cristallizzato. Cristallizzazione: spesso con cristalli grossi e sabbiosi, cristallizzazione semi­rapida. Odore: intenso, floreale, ricorda i fiori di arancio. Sapore: miele di grande intensità aromatica, tra il floreale ed il fruttato.

Usi: è uno dei mieli da tavola universalmente più apprezzato. MIELE DI AILANTO (Ailanthus altissima) Specie invasiva di origine cinese, presente ovunque sul territorio nazionale con zone di produzione in aree fortemente antropizzate. Colore: chiaro, mediamente chiaro o tendente all'ambrato. Cristallizzazione: quasi assente. Odore: intensità media, nepitella, fruttato, note mentolate Sapore: intensità media, fruttato, uva moscato, the alla pesca. Retrogusto di ribes nero.

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MIELE DI CARDO (Galactites tomentosa)

Tipico della macchia mediterranea, si hanno produzioni uniflorali in aree di forte pastorizia, in particolare in Sardegna. Colore: da ambra chiaro a ambra. Cristallizzazione: spontanea alcuni mesi dopo il raccolto. Odore: media intensità, floreale con note putrescenti, ricorda l’odore di margherita e crisantemo. Sapore: duplice connotazione floreale/fruttato ma anche animale/acciuga sotto sale, leggero amaro.

MIELE DI CASTAGNO (Castanea sativa) Si produce in tutta l'Italia, dalle Alpi alla Sicilia, nelle zone di media montagna. Colore: da ambrato a quasi nero, secondo le zone di produzione. Cristallizzazione: in genere assente o a grossi cristalli. Odore: forte e penetrante, chimico e animale, tannico. Sapore: simile all'odore, pungente all'inizio, poi più o meno fortemente amaro a seconda dell'origine. Usi: sconsigliato come dolcificante, adatto invece a insaporire o aromatizzare, anche in abbinamento a ricotta e parmigiano o con carni di maiale.

MIELE DI COLZA (Brassica napus) Specie largamente coltivata per produrre foraggio e per l'olio dei suoi semi, monoflora relativamente raro in Italia e ben presente in Francia, Svizzera e Germania. Colore: ambra chiaro, beige con tonalità grigie quando cristallizzato. Cristallizzazione: molto rapida, cristalli fini e massa pastosa. Odore: media intensità, evidenti note sulfuree ed animali, canapa. Sapore: meno intenso e più gradevole dell'odore, nota lattea calda e sensazione rinfrescante.

MIELE DI CORBEZZOLO (Arbutus unedo) Questo miele particolare si produce in autunno, prevalentemente in Sardegna, e nella macchia mediterranea dell'Italia centrale. Colore: ambrato con tonalità grigio verdi. Cristallizzazione: quasi sempre irregolare; è un miele che fermenta piuttosto in fretta. Odore: pungente, piante verdi velenose, tostato forte, caffé. Sapore: decisamente amaro, verde, tostato e acido. Usi: usato tradizionalmente sulle seadas, si sposa bene con il caffè ed il suo dolce/amaro viene usato in bevande e liquori.

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MIELE DI ERBA MEDICA (Medicago sativa.) Specie foraggera tra le più coltivate, alla base di molti millefiori, dà produzioni uniflorali in particolare nella pianura Padana. Colore: da chiaro a ambra se liquido, beige se cristallizzato Cristallizzazione: spontanea alcuni mesi dopo il raccolto, tende a fermentare. Odore: debole intensità, nota fruttata e vegetale, vinosa. Sapore: debole intensità, fruttato e vegetale, cantina, moscato, acido.

MIELE DI ERICA (Erica arborea) Dalla Liguria alla Calabria (e nelle grandi isole) si può produrre miele di erica, in toscana conosciuto anche come “scopo”, in primavera, sulla tipica macchia mediterranea. Colore: ambra con tonalità arancioni. Cristallizzazione: fine, regolare e pastosa. Odore: forte, caramellato, anice. Sapore: forte, caratteristico, di caramella "mou", liquirizia, crème caramel. Usi: per preparare dolci a base di latticini, creme al cucchiaio, budini e gelati, ed anche torte, crostate e biscotti.

MIELE DI EUCALIPTO (Eucalyptus spp.) Viene prodotto nell'Italia centro­meridionale, dove gli eucalipti sono stati piantati come siepi frangivento o per rimboschimento. Colore: ambrato medio, nel cristallizzato tende al grigio. Cristallizzazione: a grana fine e consistenza compatta. Odore: medio, proteico, funghi secchi. Sapore: medio, simile all'odore, ma più gradevole, caramellato, maltato. Usi: nella preparazione di piatti salati o consumato tal quale

MIELE DI GIRASOLE (Helianthus annuus) La produzione di miele di girasole è in crescita, in particolare nel centro Italia. Colore: giallo vivo. Cristallizzazione: variabile ma sempre rapida. Odore: leggero, di frutta cotta, di paglia, di cera. Sapore:simile all'odore, frutta cotta, confettura, leggermente erbaceo. Usi: come miele da tavola, ma molto utilizzato anche in pasticceria e dall'industria alimentare.

MIELE DI LAVANDA (Lavandula spp.) Coltura diffusa prevalentemente in Francia e Spagna, mentre nella macchia mediterranea e in Sardegna si produce miele dalla lavanda selvatica (Lavandula stoechas), dall'aroma di tipo floreale/fruttato meno intenso ma più fine. Colore: da giallo paglierino ad ambrato. Cristallizzazione: generalmente fine.

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Odore: media intensità, fragrante e profumato di piante aromatiche, speziato, ricorda anche l’odore della pianta dopo infusione. Sapore: intensità media, odore di fico maturo, torrone di mandorla, note aromatiche Usi: è un finissimo miele da tavola. MIELE DI MELATA D'ABETE (Abies alba ) Prodotto nell'arco alpino e nell'Appennino tosco­romagnolo.

Colore: molto scuro, quasi nero, con una leggera fluorescenza verdastra. Cristallizzazione: in genere assente. Odore: aroma medio, resinato, pinolo, legno bruciato, zucchero caramellato. Sapore: media intensità, balsamico, di malto, latte condensato, scorza d'arancia candita. Usi: come miele da tavola per accompagnare salumi e lardo, in abbinamento con dolci e pane. MIELE DI MELATA da Metcalfa pruinosa o semplicemente MELATA Insetto che attacca molte piante diverse sia spontanee che coltivate e produce un'abbondante melata, raccolta dalle api che ne fanno un miele molto particolare. Colore: molto

scuro, quasi nero. Cristallizzazione: in genere assente. Odore: media intensità, vegetale, di verdura cotta, di marmellata di pomodori verdi. Sapore: media intensità, leggero salato, malto, verdura cotta, prugne secche, lievito. Usi: per dolcificare latte e latticini ed in sostituzione dell caramello.

MIELE DI RODODENDRO (Rhododendron spp.) Viene prodotto solo in montagna, sull'arco Alpino, dove le condizioni climatiche ne rendono incostante la produzione di anno in anno. Colore: molto chiaro, opalescente, bianco nel cristallizzato. Cristallizzazione: variabile, ma spesso in massa pastosa. Odore: molto leggero. Sapore: delicato, con un aroma molto leggero che ricorda la marmellata di piccoli frutti selvatici. Usi: miscelato con burro fresco di montagna, impreziosisce tartine di pane.

MIELE DI SULLA (Hedysarum coronarium) Pianta foraggera caratteristica dei terreni argillosi della regione mediterranea. Colore: chiaro, fino a quasi bianco.

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Cristallizzazione: in pasta bianca e compatta, non dura, con cristalli facilmente solubili. Odore: molto tenue, vegetale, poco caratteristico. Sapore: delicato con una gradevole nota caratteristica vegetale. Usi: per il gusto delicato si presta a qualsiasi uso. Il suo aroma viene esaltato in preparazioni con la frutta secca e nella ricetta di torroni tradizionali.

MIELE DI TARASSACO (Taraxacum officinale) Zone tipiche per la produzione di tarassaco sono la Lombardia e il Piemonte. Colore: giallo vivo Cristallizzazione: molto rapida e in genere a cristalli finissimi. Odore: intenso, ammoniaca, valerianico, camomilla. Sapore: più piacevole dell'odore, fior di camomilla, fruttato. Usi: come miele da tavola per accompagnare verdure amare e formaggi non molto stagionati.

MIELE DI TIGLIO (Tilia spp.) Viene prodotto principalmente sui tigli selvatici alle pendici delle Alpi. Colore: chiaro. Cristallizzazione: molto spesso a grana grossolana. Odore: forte, canforato, mentolato e resinoso. Sapore: forte, simile all'odore, medicinale, nocino, con leggero retrogusto. MIELE DI TIMO (Thymus capitatus)

Il miele di timo uniflorale si produce in Sicilia, nelle zone montuose dell'interno. Colore: ambrato medio. Cristallizzazione: variabile. Odore: medio fra il floreale e lo speziato, può forse ricordare il timolo, vino cotto, legno. Sapore: medio, simile all'odore, floreale, speziato, note canforate, sapore acido forte. Usi: in accostamento con yogurt greco, per marinare carne e pesce crudi.

MIELE DI TRIFOGLIO ALESSANDRINO (Trifolium alexandrinum) Comunemente coltivato in Italia centrale, si producono monoflora soprattutto in Toscana. Colore: molto chiaro. Cristallizzazione: molto veloce, cristalli fini. Odore: debole intensità, leggera nota vegetale. Sapore: debole intensità, leggera nota vegetale e floreale, tipo caramella.

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I LIEVITI Vanno inseriti in generale nella misura di 1 grammo per litro di bevanda. Anche se alcune scuole di pensiero (soprattutto chi viene dal mondo della birra) preferiscono stimolare una fermentazione più vigorosa iniziale imponendo ben 3 g/l di lievito, adducendo che ciò comporta una maggiore limpidezza finale, meno produzione di sentori non consoni o non voluti e una più difficile predisposizione alle infezioni. N.d.a. Non sempre questo è dimostrato o dimostrabile… perché spesso come dirò in seguito le persone che le seguono sono le stesse che preferiscono pastorizzare il miele ammostato... Inoltre al fine dei nostri calcoli va considerato che gli zuccheri contenuti nel miele (al contrario di quelli del mosto di birra) sono fermentabili al 100%. Per determinare quindi la dolcezza finale della bevanda si dovrà giocare sì sulla quantità di miele, ma anche sul tipo di lievito:

Molto secco: lievito molto attenuante, tipo champagne (Saccaromyces bayanus) Medio: lievito da vino generico, ne esistono di molteplici attenuazioni; meglio in genere da

vino bianco (Saccaromyces cerevisiae, ceppi isolati da bucce d'uva) Dolce: lievito poco attenuante, tipo birra (Saccaromyces cerevisiae specifici per birra,

ricordandosi infatti che hanno in genere una bassa tolleranza all’alcol) Tuttavia giocare sulle caratteristiche del lievito non è facile (spesso i valori di attenuazione indicati non vengono rispettati, o il lievito è stato mal conservato ed è meno vitale), inoltre il lievito da birra fornisce in genere risultati peggiori che il lievito da vino (a detta di quasi tutti i produttori). Una tecnica più semplice da seguire si basa sulla tolleranza all’alcol del lievito usato. Per esempio se sappiamo che il lievito raggiunge e sopporta massimo i 10° alcolici e noi mettiamo fermentabili per raggiungere 8­9° il risultato sarà sicuramente più secco, in quanto il lievito processerà certamente tutti gli zuccheri presenti. Se invece inseriamo miele per raggiungere i 12° teorici, sapendo che a 10° la fermentazione si interromperà, gli zuccheri residui conferiranno dolcezza alla bevanda. Sempre riguardo ai lieviti ci sono altre cose da non dimenticare. Innanzitutto esistono tre prodotti, 2 della Wyeast e 1 della White Labs, ottenuti negli anni da selezioni di ceppi di lieviti da vino: il n. 4632 (Wyeast) che da’ come risultati degli Idromeli secchi essendo molto attenuante e resistente alle alte gradazioni alcoliche (certificato fino 18°); invece il n. 4184 (Wyeast) e il WLP720 (White Labs) che mirano a produrli dolci avendo come massima tolleranza all’alcol rispettivamente 11° e 15°. Sono tre lieviti liquidi venduti a prezzi che vanno dagli 8 ai 10 euro per 125 ml di prodotto e che possono essere utilizzati secondo il produttore per 19 l ­ 24 l di mosto a seconda della Og prevista. I pareri a riguardo sono alquanto discordi. C’è chi non ne può fare a meno e chi invece li evita sia per il costo eccessivo che per i risultati. Dalle mie ricerche non ho trovato pareri comuni né tantomeno pareri intermedi; O vengono amati o odiati. Tra i lieviti secchi invece sono molto utilizzati e diffusi quelli della Lalvin (forse anche perché facilmente reperibili online in bustine da 5 g a basso prezzo). Li cito perché alcuni sono effettivamente molto indicati, ma non essendo specifici, probabilmente chi si approccia per le prime volte a questo mondo non li prende in considerazione anche perché spesso sono raccomandati espressamente solo per Vini Rossi o altri fermentati.

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Voglio prenderne in esame in particolare 4:

1. Lalvin D­47 ­ Normalmente indicato per vini bianchi, tende ad evidenziare le caratteristiche del miele; Indicato soprattutto per questo per gli Idromeli puri. Ha una fermentazione abbastanza rapida e con poca schiuma. Spesso si preferisce abbinargli dei nutrienti, ma non sono strettamente necessari. Adatto sia per prodotti secchi che per dolci in quanto ha tolleranza all’alcol del 14%. Temperatura di fermentazione consigliata 15­20°.

2. Lalvin EC­1118 ­ Lievito da Champagne. Ha il fattore K (vedi di seguito). Alta tolleranza, fermentazione vigorosa, ma poca schiuma. Influisce poco coi propri sentori sul prodotto finale, ma necessita di un lungo invecchiamento. Ampio margine di temperature per la fermentazione. Tolleranza certificata del 18% e Temperatura di fermentazione 7­35°.

3. Lalvin K1­V1116 ­ Vigoroso e con il fattore K. Molto adatto ai Melomeli perchè riesce a mantenere gli aromi primari della frutta e ad accentuarli sia al sapore che al naso. Necessita di un apporto importante di idrogeno che si può ottenere aggiungendo frutta (o nel caso sia già prevista, aumentando il quantitativo) e/o con i nutrienti. Tolleranza al 18% e temperatura di fermentazione 15­30°.

4. Lalvin 71B­1122 ­ Lievito per vini Rossi, che però è adatto ai Cyser e ai Melomeli delle categorie M2C e M2D in quanto riesce a metabolizzare l’acido malico presente nella frutta favorendo, tra le altre cose, una maturazione più veloce ed un gusto finale più rotondo e aromatico. Tolleranza all’alcol 14% e temperatura consigliata 15­30°.

La mia esperienza personale mi ha portato ad usare anche lieviti secchi specifici per il Sidro o addirittura per il Sidro dolce (si trovano facilmente in rete, io mi rifornisco spesso da un rivenditore inglese che ha una ampia disponibilità e varietà, prezzi contenuti e spedizione veloce) con buon risultati soprattutto dal punto di vista dell’apporto aromatico. Per concludere dato che siamo nell’ambito dei lieviti enologici vi è poi la possibilità di utilizzarne qualcuno con il cosiddetto fattore K (fattore

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Killer), una tossina che viene prodotta da alcuni ceppi, che ovviamente ne sono immuni, ma che è intollerabile per la stragrande maggioranza di quelli selvaggi. Tale tossina si conserva con la temperatura di fermentazione sotto i 32 gradi ed evita la proliferazione della stragrande maggioranza dei lieviti selvaggi che spesso si annidano sulla buccia della frutta (si parla quindi principalmente di Melomeli). Considerate però che non evita l’insorgere di Brettanomyces in quanto questi risultano resistenti a tale tossina. I ceppi killer vengono indicati in enologia con la lettera (K), quelli sensibili con la lettera (S). Ci sono anche i cosiddetti ceppi neutri (N) che non producono la tossina, ma non ne sono sensibili. N.b. La stessa scuola di pensiero (che qualcuno definisce anche Scuola Francese) che abbiamo citato già poco sopra (dove parlavamo dei lieviti) spesso aggiunge una punta di acido lattico o citrico e/o un po’ di nutrienti per favorire il lavoro dei lieviti e per raggiungere un profilo olfattivo finale più equilibrato. Soprattutto l’acido è sconsigliabile comunque nel caso di utilizzo di frutta perché il ph viene già abbassato dalla stessa una volta aggiunta al mosto, come vedremo in seguito. Elemento infatti da considerare è che il miele normalmente ha Ph intorno a 4 ed è quindi perfetto per essere fermentato, ma se aumentiamo ulteriormente l’acidità si rischia di fornire un ambiente poco favorevole allo sviluppo dei lieviti. Comunque nel caso si voglia procedere invece all’aggiunta dei nutrienti si consiglia un uso dilazionato nel tempo. Un esempio potrebbe essere questo:

¾ di un cucchiaino appena immesso il lievito ¾ 24 ore dopo l’inizio della fermentazione ¾ 48 ore dopo l’inizio ¾ quando il 30% dello zucchero è stato trasformato. Tutto ciò va fatto con molta cautela però perché può causare un incremento della co2 molto impattante nell’immediato, persino pericoloso; si consiglia quindi di procedere all’aggiunta introducendo al contempo anche, nel modo che più ci aggrada, quanto più ossigeno possibile… stando attenti però a non introdurlo troppo o troppo velocemente per non ossidare il mosto. Da quanto detto si capisce come non

sempre sia consigliabile questo utilizzo, spesso infatti i benefici che si potrebbero avere possono non valere la candela dei rischi corsi. Riguardo poi alle temperature di fermentazione bisogna specificare qualche dato. Un idromele che fermenta a 28/30°C avrà una fermentazione molto breve ed un aroma labile, inoltre sarà anche più soggetto a problemi fermentativi con probabile presenza di aromi secondari non graditi. A 12°C invece si otterrebbe un idromele di grande potenza aromatica ma la fermentazione sarà molto problematica, lunga e non è detto che vada a conclusione, con rischi anche collegati all’imbottigliamento (possibilità che una volta in vetro, con temperature più alte, riparta causando l’esplosione delle

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bottiglie), inoltre non tutti i lieviti ad alta sono adatti a temperature così basse. Quindi le soluzioni sono due: se avete un sistema di controllo della temperatura con una camera di ammostamento l’ideale è mantenersi, almeno per la fermentazione primaria a 18°C, altrimenti aspettare settembre o aprile quando in quasi tutta la penisola (salvo eccezioni) le temperature oscillano tra i 18 ed i 24°. L’AGGIUNTA DI FRUTTA NEI MELOMELI Approfondimento su quando e come aggiungere questo ingrediente In fermentazione primaria

Comporta una serie di benefici per la fermentazione. Aiuta a far scendere naturalmente il pH, aggiunge al mosto zuccheri, ma anche sali e altre sostanze nutritive che riducono la necessità di nutrienti chimici per i lieviti. La frutta rende la fermentazione primaria molto più rapida che nel normale idromele. Molte componenti aromatiche vengono però perse nella fermentazione tumultuosa. La frutta andrà poi eliminata con il primo travaso. Se proprio non vogliamo andare sui tecnicismi

(come faremo successivamente nelle appendici) e calcolare i quantitativi necessari per la gradazione alcolica / dolcezza desiderata di solito, se si vuole ottenere un Melomele extra secco e al contempo caratterizzare abbastanza con la nostra frutta il prodotto finito, si preferisce non rimanere sotto i 120 g/l, mentre si preferisce non andare mai oltre i 480 g/l nei Melomeli molto dolci. Di seguito le quantità di zucchero contenuto in alcuni dei frutti (e non solo) più comuni da utilizzare per il calcolo OG, ma va sempre considerato che questi dati sono abbastanza teorici perché si parla sempre di frutta al punto ottimale di maturazione; inoltre prendete l’uva tanto per fare un’esempio… ogni singolo varietale ha dei valori diversi, quindi questi dati vanno presi con le molle, anche se hanno una certa approssimazione utile per i nostri calcoli:

Pesche : 8­9% del peso Fragole : 5­7% del peso Albicocche: 9% del peso Mirtilli : 10­11% del peso Lamponi : 5­7% del peso Ciliegie : 13­14% del peso Uva: 16% del peso Radice di Ginger: 1,6% del peso Castagne fresche: 9,6% del peso Castagne arrostite: 10,7% del

peso Castagne secche: 16,1% del

peso

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Qui di seguito altri dati presi dal sito Maxbeer (http://www.maxbeer.org/ita/birre­alla­frutta.htm) Elaborati prima in ordine di zuccheri, poi in ordine alfabetico, poi per acidità.

In fermentazione secondaria Pratica opzionale, va a rinforzare l’aroma di frutta nel prodotto finito, in funzione della quantità che aggiungiamo. Quando andiamo ad aggiungere la frutta in questo momento il mosto avrà quasi ultimato la sua fermentazione, di solito si stima che sia completa o conclusa per ⅔. Questa aggiunta, grazie all’apporto dell’acqua e dello zucchero di cui la frutta è composta, fa sì che in alcuni casi il lievito si ritrovi a non essere più al suo livello di tolleranza alcolica massima (avviene una diluizione del mosto). Di conseguenza, in questi casi, la fermentazione si rinnoverà e velocizzerà volgendo a conclusione in tempi relativamente più rapidi. La frutta in questo caso si può inserire dopo il primo travaso, ma di solito si preferisce farlo tra il secondo e il terzo. Quali benefici apporta questa metodologia?

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Sicuramente la possibilità di controllare più facilmente la fermentazione primaria e tutti i suoi valori: dal ph, alla temperatura, all’acidità e quant’altro. D’altro canto però l’assemblaggio tra mosto iniziale e frutta avverrà con molta lentezza allungando quindi nuovamente i tempi di maturazione e chiarificazione del mosto finale. Qui di seguito alcuni valori consigliati basati più su esperienze e dati presi dalla rete che da calcoli empirici, anche perché apportiamo sì tenore zuccherino al mosto (difficilmente quantificabile, ma noi proveremo a farcene una idea… vedi appendice 3), ma non è detto che questo zucchero venga tradotto in alcol (vedi sempre appendice 3)

Pesche : da 144 g/l fino a 300 gr/l Fragole : da 144 g/l fino a 264 gr/l Mirtilli : da 180 g/l fino a 264 gr/l Lamponi : da 120 g/l fino a 216 gr/l Ciliegie : da 168 g/l fino a 216 gr/l

Aggiunta di succo di frutta o estratti E’ un’altra pratica abbastanza comune soprattutto nella grande distribuzione o nell’industria e fa capo alla cosiddetta Scuola Anglo­Americana. Parliamo di Grande Distribuzione perché per poter aggiungere prima dell’imbottigliamento zuccheri ed acqua (dopotutto si parla principalmente di questo) dobbiamo essere sicuri che i lieviti siano completamente morti, altrimenti il grosso rischio è che il prodotto finale esploda per la troppa pressione causata dalla rifermentazione in bottiglia. I metodi utilizzati di solito quindi sono: aggiungere anidride solforosa per uccidere il lievito e poi potassio sorbato per annullare la precedente oppure far invecchiare il fermentato per periodi estremamente lunghi e travasarlo moltissime volte prima di poter aggiungere il succo e imbottigliare. LA PREPARAZIONE: IDROMELE vs. MELOMELE Per prima cosa separiamo i 2 procedimenti: Se facciamo un Idromele nudo e crudo ci basterà seguire la seguente procedura standard dal punto 1 fino al 9.

Se invece vogliamo un Melomele o un Idromele Speziato o comunque prevediamo di aggiungere qualsiasi altra componente che apporti zucchero o fermentabili al mosto, si consiglia sempre di sbucciare e tagliare a pezzi grossolani la frutta (o, come detto, gli altri ingredienti), pesarla nelle giuste quantità e congelarla per 4­5 giorni. Questo processo, oltre a rendere i prodotti più “sicuri”, anche se non sanitizzati, serve a rompere le pareti cellulari favorendo il rilascio dei succhi. Si consiglia di inserire il tutto in un contenitore o un sacchetto gelo, in quanto una volta scongelato rilascerà molto succo che potrete cosi versare dal contenitore nella dama o nel fermentatore più facilmente utilizzando ad esempio un imbuto. Ricordarsi di toglierlo dal congelatore almeno 6 ore prima della preparazione del mosto in modo che si scongeli e raggiunga la temperatura ambiente.

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Procedura standard

1. Sanificare tutto ciò che verrà a contatto con il mosto 2. Reidratare il lievito secondo istruzioni (se necessario) 3. Sciogliere il miele in acqua in quantità 1:1 4. Raffreddare il più velocemente possibile sino a 20­25°C 5. Versare lo sciroppo raffreddato nella dama o nel fermentatore 6. Aggiungere la restante acqua ma lasciando, nel caso si produca un Melomele, spazio

sufficiente per la frutta (N.d.a. da esperienza personale in una dama da 5 litri entrano mosto e frutta per un fermentato da 3,5 l non di più, come si può vedere dall’immagine a lato con 4 litri di mosto e le fragole necessarie per una gradazione intorno ai 15°)

7. Inoculare il lievito 8. Agitare energicamente e a lungo per ossigenare

bene il mosto 9. Inserire la frutta scongelata e i succhi (vedi

anche la seconda parte del successivo punto A) 10. Portare a volume finale, se necessario, ed

agitare ancora per qualche secondo. 11. N.d.a. Alcuni consigliano di agitare

frequentemente (anche tre volte al giorno, bucando la copertura di frutta) il composto di miele, acqua e frutta durante la fermentazione primaria per consentire una miglior amalgama e per impedire che la temperatura del mosto sottostante al cappello di frutta salga troppo creando problemi fermentativi (inoltre la co2 che si forma è un ottimo fattore di sanitizzazione). Io da parte mia non lo credo strettamente necessario (se non eventualmente per prevenire infezioni per la frutta troppo esposta agli agenti esterni) perché, trattandosi di

lunghissime fermentazioni, la frutta tenderà a rilasciare tutti i propri zuccheri e nutrienti nel tempo concessole; ciò non toglie che possa essere la strada giusta da seguire, io parlo in questo caso riferendomi semplicemente alla mia esperienza personale.

N.B. Non inserisco nessuna ulteriore foto dei procedimenti per non allungare ulteriormente il Manualetto, ma sul mio Blog (www.congliocchidellatigre.it) potete e potrete vedere ogni volta le gallerie fotografiche (Portfolios) di ogni mia creazione. Non vi resta, se volete, che iscrivervi per avere ogni volta un aggiornamento. Sanitizzazione Un approfondimento sul punto 1 della procedura Qui però le scuole di pensiero sono molteplici: A) Chi produce miele o comunque ne ha una conoscenza approfondita fa notare come sopra i 60°

(addirittura c’è chi consiglia di non superare i 50°) si perdono alcune qualità e caratteristiche del miele. Questo non sempre viene accettato da tutti, tanto che online si possono trovare pareri

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discordanti e studi nell’uno o nell’altro senso. Comunque chi segue questa strada scioglie il miele a bassissima temperatura a bagnomaria o addirittura a temperatura ambiente se possibile (comunque non superando mai i 60° e scaldandolo solo per pochi minuti) e sanitizza solamente gli accessori. Nel caso di Melomeli c’è chi tenta la strada dell’aggiunta della frutta come da punto 10 (con rischio di infezioni e partenza di lieviti selvaggi, alcuni dei quali controllabili con lieviti con fattore k (vedi approfondimento al paragrafo sui lieviti), o chi, dopo aver scongelato la frutta, la aggiunge a poca acqua e la fa bollire qualche minuto o porta il composto a 65° per almeno 30 minuti e solo successivamente la aggiunge al miele dopo averla raffreddata abbastanza.

B) Chi proviene dal mondo delle fermentazioni o in particolare da quello delle Birre consiglia di bollire il composto di miele acqua e frutta per alcuni minuti o al limite di portarlo a 65° per almeno 30 minuti prima di raffreddarlo ed inoculare il lievito. Questa strada non può definirsi meno tradizionalista dell’altra, ma al contempo è la strada utilizzata spesso da coloro che aggiungono i

nutrienti e gli acidi o un maggior quantitativo di lievito al fine di favorire e velocizzare la prima fermentazione.

C) La terza strada è una via ibrida consigliata molto spesso online che consiste nel portare il composto a 65°C per 10­15 minuti. Questo metodo se da una parte non comporta grosse variazioni nel miele è altresì vero che non permette di effettuare una vera e propria “pastorizzazione” del mosto lasciando campo alle solite problematiche di infezioni e lieviti selvaggi.

Comunque, a parte la scelta nell’utilizzo del miele, ricordiamoci sempre di sanificare adeguatamente ogni contenitore o accessorio che verrà a contatto con il mosto. Io personalmente mi trovo molto bene con il Chemipro Oxi, capisco sia molto caro, ma mi risulta pratico ed efficace. Altrimenti potete usare mille altri prodotti, non vi resta che fare una breve ricerca su internet e vedrete che tutti hanno le proprie idee e ogni prodotto ha i suoi pro e i suoi contro. Travasi e Maturazione

Attenzione, le tempistiche riportate riguardano esclusivamente il melomele, dove, come detto, la frutta accelera sensibilmente la fermentazione. In particolare per il normale idromele la fermentazione primaria dovrà prolungarsi oltre le 3 settimane.

PRIMO TRAVASO: dopo 3 settimane dall’inizio del primo gorgogliamento;

SECONDO TRAVASO: (in questo manuale, seguendo la prassi utilizzata in rete, ho chiamato questa fase “Fermentazione

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secondaria”) dopo 30­45 gg dal primo travaso; normalmente, nel caso lo si voglia fare, è a questo punto che aggiungiamo di nuovo la frutta ed è in questa circostanza che possiamo verificare che la fermentazione sia completata per ⅔.

TERZO TRAVASO: dopo 30­45 gg dal secondo travaso; MATURAZIONE: da 3 mesi fino a 1 anno dal terzo travaso, a seconda del grado alcolico e

del livello di chiarificazione; se il composto non si schiarisce effettuare travasi aggiuntivi finchè necessario;

AFFINAMENTO IN BOTTIGLIA: almeno 6 mesi, ottimale oltre 1 anno Nota finale sulla tappatura e sulla rifermentazione Idromeli e Melomeli più invecchiano e più diventano fini ed eleganti. Questo è un dato di fatto che vale per la stragrande maggioranza di questi prodotti. E’ anche vero però che la capacità di invecchiamento dipende da molti fattori: dall’alcolicità e dall’acidità in primis. Se ci troviamo di fronte a un prodotto finito poco alcolico o con pochi mesi di fermentazione alle spalle, forse è meglio non esagerare con l’invecchiamento. In questo caso, se da una parte è più pratico utilizzare tappi a corona, d’altra parte possiamo anche tentare la via della rifermentazione in bottiglia per ottenere un prodotto frizzantino e piacevole, da gustare nel medio breve termine e quindi anche bottiglie più robuste e tappi adeguati; altrimenti in presenza di un prodotto in cui l’alcolicità o l’acidità la fanno da padrona, se ne abbiamo la possibilità, utilizziamo un tappo di sughero… e dimentichiamoci poialmeno alcune bottiglie in cantina… per qualche anno. Non ce ne pentiremo...

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APPENDICI Appendice 1 La tabella per il calcolo dell’Og Di seguito una tabella dove potete individuare la Og potenziale del mosto in base alla quantità di miele e di acqua iniziali con ottima approssimazione, assunto che il miele abbia og 1,270. Ai link in fondo alle appendici trovate la versione excel scaricabile con la possibilità di variare la og del mosto 1:1 per calcolare qualsiasi tipo di soluzione.

Appendice 2 Un breve cenno al come calcolare quanta frutta aggiungere al composto per ottenere la gradazione desiderata. Ipotesi: voglio ottenere un Melomele da 15°

A. 15° = (og­fg)/7,5 quindi 15 X 7.5 = og­fg og­fg = 122,50

B. ci vuole quindi un lievito che resista fino ai 15 gradi alcolici o oltre... quindi da vino (vedi paragrafo sui lieviti)...

C. prendo 1 kg di miele in 1 l di acqua la densità dovrebbe essere 1,270 (vedi tabella precedente) Se proprio vogliamo, ce ne accertiamo misurando col densimentro e sostituiamo il valore ottenuto nel file excel all’Appendice 1 (io da parte mia l’ho fatto con un miele di eucalipto non freschissimo ed ho ottenuto questo risultato… uguale a quello indicato online come valore medio; ma se qualcuno volesse prendere come dato il valore 1,350 indicato in altre fonti… ho messo il ragionamento conseguente all’appendice 4)

D. un lievito da vino che resiste a elevate alcolicità dovrà essere inserito quindi in un mosto che abbia og intorno ai 1122,50 (considerando ipoteticamente nel lungo periodo fg 1000 + 122,5 per i 15 gradi) in modo che pur con la lunga fermentazione del melomele si ottenga appunto quella gradazione

E. sappiamo la og del miele in 1 litro (continuiamo con l’ipotesi 1,270) Sappiamo che dobbiamo stare sotto i 1122,50 e che vogliamo avere 4 litri di mosto finale senza considerare la frutta. Guardiamo la colonna dei 4 litri e vediamo che 1 kg di miele da 1,068 e 2 kg 1,135. Prendiamolo inizialmente 1 solo kg. 1122,50 ­ 1068 = 54,50 la og da zuccheri fermentescibili da apportare con la frutta

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F. (2 ipotesi ulteriori da leggere SOLO alla fine del ragionamento: 1­Vogliamo calcolare 1,5 kg di miele in 4 litri ma non sono presenti in tabella le mezze misure, facciamo finta che siano 3 in 8 ed otteniamo lo stesso risultato, cioè 1,101) 2­Vogliamo ottenere un Idromele (quindi solo Miele) di 15 gradi Facciamo un rapporto 1135 : 2 = 1122,5 : X e otteniamo con media approssimazione una X (cioè i kg di miele richiesti) pari a 1,978 oppure con più grossa approssimazione guardiamo nella colonna dei 4 litri il valore più vicino a 1122,50)

G. sapendo infine quindi quanti zuccheri in percentuale nella frutta a piena maturazione abbiamo, non è difficile ottenere il peso della frutta da inserire in I fermentazione…

Facciamo l’esempio delle fragole: La tabella al paragrafo sulla frutta indica il 7% Sappiamo (dato riportato pressoché univocamente online) che 1 kg di zucchero in 1 litro di acqua da una og di 1,380 100 g = 1,038 e lo inseriamo nella tabella. Andiamo nuovamente nella riga dei 4 litri e cerchiamo il valore più vicino a 1,0545 che è pari a 7 cioè 700 g (1,057). Quindi dobbiamo apportare con le fragole 700 g di zucchero nel mosto; le fragole contengono al proprio interno il 7% di zucchero. 1 Kg (=1000 g) : 70 g = Y : 700 g Y = 10000 g = 10 kg di fragole A questo punto uno si può anche rendere conto che stiamo parlando veramente di tante fragole per un fermentato da 4 l… come rimediare? Aumentando il miele come nelle ipotesi del punto F. Così mettiamo invece di 1 kg di miele ne mettiamo 1,5. Ricordate? dava 1,101; di conseguenza la frutta dovrà apportare 21,50 (1,1225­1,1010= 1,02150) e dovrà dare quindi solo 200 g cioè 2,857 kg (1 : 70: Y : 200). Missione Compiuta Vogliamo farlo con l’Uva e 1 kg di miele? 1 Kg : 160 g = Z : 700 g ­> Z = 4,375 kg con miele a 1,5 kg 1 Kg : 160 g = Z : 200 g ­> Z = 1,25 kg Fichi e 1 kg 1 Kg : 150 g = Q : 700 g ­> Q = 4,66 kg con miele a 1,5 kg 1 Kg : 150 g = Q : 200 g ­> Q = 1,33 kg e così via… Adesso torniamo pure al punto F Appendice 3 Proviamo a calcolare l’apporto alcolico / zuccherino Abbiamo calcolato che raggiungeremo i 15° con l’aggiunta della prima dose di frutta in prima fermentazione. Ipotesi a) il lievito sopporta massimo 11° alcolici (o comuque meno dei 15 ottenuti)

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Aggiungiamo altra frutta alla fermentazione secondaria (N.b. con il termine fermentazione secondaria ho sempre considerato in questo documento quella dopo il secondo travaso, dopo circa due mesi dall’ammostamento); che succede? La fermentazione dell’idromele è molto lenta e difficilmente sarà già conclusa, ma come già detto sarà probabilmente molto avanzata (di solito empiricamente si può stimare in media come completata per ⅔).

Aggiungeremo quindi solamente i sentori primari della frutta e un grado zuccherino maggiore mentre il risultato finale si manterrà suppergiù sulla medesima alcolicità. Ipotesi b) il lievito è ad esempio uno di quelli enologici che sopporta le alte gradazioni.

Siamo già a 15° potenziali con (prendiamo l’esempio sopra delle fragole) con 200 g di frutta. Al termine del ragionamento riporto una tabella dove possiamo vedere la percentuale di acqua presente nella maggior parte della frutta in commercio tratta dal sito http://goo.gl/diIORI. A noi interessa la percentuale di acqua. Le fragole su 100 g hanno 90,5 grammi di acqua…Quindi 181 g su 200. in questo caso quindi abbiamo un aumento impercettibile o quasi del mosto… ma prendiamo il caso, che avevamo riportato, dell’eventualità di usare 10 kg di fragole… La densità presumibilmente sarà quella indicata 1122,50. Aggiungiamo quindi 800 g di fragole (56 g di zuccheri)… Ho considerato un valore medio tra quelli indicati in precedenza… 200 g/l (sui 4 iniziali) e andiamo in tabella 0,056 kg / 7,5 l è pari a 1 kg su 267,85… Con un semplice rapporto matematico in tabella possiamo vedere che già al valore di 1 su 50 il valore è 1,007… Quindi ecco che possiamo tranquillamente affermare che la densità, e quindi la gradazione che verrà apportata dalla frutta in fermentazione secondaria, (sempre che anche qui non si vada su aggiunte massicce di frutta) è pressoché trascurabile.

Tabelle composizione alimenti ­ Distribuzione chimica per 100 gr di parte consumabile

Frutta Acqua g

Proteine g

Grassi g

Carboid. g

Na mg

K mg

Mg mg

Fe mg

Ca mg

P mg

Vit.B1 mg

Vit.B2 mg

Vit.PP mg

Vit.A mg

Vit.C mg

Frutta fresca

Albicocche 86,3 0,4­0,9

0,1 6,8­12,8

1 350

9 0,5

16 16 0,03

0,03

0,50

360

13

Amarene 84,2 0,8 0 10,2 2 114

/ 0,4

15 17 0,03

0,05

0,40

24 7

Ananas 86,4 0,5 0 10 1 210

17 0,5

17 8 0,05

0,01

0,20

7 17

Arance 87,2 0,7 0,2 7,8­12

2 170

10 0,2

49 22 0,06

0,05

0,20

71 50

Avocado 64 4,4 23 1,8 2 450

/ 0,6

13 44 0,09

0,12

1,10

14 18

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Banane 76,8 1,2 0,3 15,5­22

1 380

31 0,8

7 28 0,06

0,06

0,70

45 16

Castagne 41 3,5 1,8 42,4 7 410

42 1,2

38 89 0,22

0,35

1,40

0 /

Ciliege 86,2 0,8 0,1 9­14 2 260

14 0,6

30 18 0,03

0,03

0,50

19 11

Cocomero 95,3 0,4 0 3,7 3 280

0,2

7 2 0,02

0,02

0,10

37 8

Fichi 81,9 0,9 0,2 11,2­16

2 190

21 0,5

43 25 0,03

0,04

0,04

15 7

Fragole 90,5 0,9 0,4 5,3­8,4

1 145

12 0,8

35 28 0,02

0,04

0,50

tracce

54

Kaki 82 0,6 0,3 16­19

6 174

8 0,3

8 16 0,02

0,03

0,30

237

23

Kiwi 84,6 1,2 0,6 9 5 400

/ 0,5

25 70 0,02

0,05

0,40

/ 85

Lamponi 84,6 1 0,6 6,5­13,6

3 190

23 1 49 52 0,05

0,02

0,50

13 25

Limoni 89,5 0,6 0 1,4­8

6 148

9 0,1

14 11 0,04

0,01

0,30

0 50

Mandaranci 85,3 0,8 0,2 12,8 2 160

/ 0,3

30 19 0,08

0,07

0,30

25 37

Mandarini 81,4 0,9 0,3 11­17,6

2 200

11 0,3

32 19 0,08

0,07

0,30

18 42

Mele 85,6 0,2 0,3 11­15

1 116

5 0,3

6 12 0,02

0,02

0,30

8 5

Melone 90,1 0,8 0,2 5,1­7,4

4 290

/ 0,3

19 13 0,05

0,04

0,60

180

32

Nespole 85,3 0,4 0,4 6,1­10,2

6 250

/ 0,3

16 11 0,04

0,05

0,40

27 1

Pere 85,2 0,3 0,4 9,5­15,5

2 129

9 0,3

6 11 0,01

0,03

0,10

tracce

4

Pesche 90,7 0,8 0,1 6,1­11,8

2 250

10 0,4

4 20 0,01

0,03

0,50

27 4

Pompelmi 91,2 0,6 0 5­9,8

2 210

10 0,3

17 16 0,05

0,03

0,20

tracce

40

Prugne 87,5 0,5 1 7,5­12,3

2 170

13 0,2

13 14 0,08

0,05

0,50

16 5

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Uva 80,3 0,5 1 15,6 2 200

7 0,4

27 4 0,03

0,03

0,40

4 6

Frutta secca

Arachidi tostate

2,3 29 50 8,5 5 710

181

3,5

64 283

0,16

0,08

14 0 0

Castagne secche

10,1 4,7 3 80,9 14 875

/ 2 52 90 0,33

0,40

2,30

0 /

Datteri 17,3 2,7 0,6 63,1­73

5 750

/ 2,7

69 65 0,08

0,15

2,20

5 0

Fichi secchi 19,4 3,5 2,7 66,6 34 950

82 3 186

111

0,14

0,10

0,60

8 0

Mandorle 11,7 16 51,5

4­19,5

3 690

252

4,6

236

508

0,30

0,44

2,10

0 tracce

Noci 6,3 15,8

63,7

3­6,3

4 450

134

2,1

83 380

0,45

0,10

0,90

8 tracce

Nocciole 5,7 13 62,9

1,8­5,3

8 618

150

3,3

150

322

0,51

0,10

2,80

30 4

Olive verdi 76,8 0,8 15 1 / / / 1,6

64 14 0,03

0,08

0,50

48 0

Olive nere 68,6 1,6 25,1

0,8 / / / 1,6

62 18 0,10

0,10

1,00

/ /

Pinoli 7,3 29,6

47,8

5­13 / / / 2 40 466

0,39

0,25

2,70

9 0

Pistacchi 5,3 19,3

53,7

19 972

158

7,3

131

500

0,67

/ 1,40

/ /

Prugne secche

29,3 2,2 0,5 37,1­67

6 700

32 3,9

79 85 0,18

0,02

1,00

19 3

Semi di girasole

4,8 24 47,3

19,9 30 920

/ 7,1

120

837

1,96

0,23

5,4

50 /

Semi di sesamo

5,4 18,6

49,1

21,6 60 725

/ 10,5

1160

616

0,98

0,24

5,4

30 0

Semi di zucca

4,4 29 46,7

15 / / / 11,2

51 1144

0,24

0,19

2,4

70 /

Uva secca 17,1 1,9 0,6 15,6 5 500

7 3,3

78 29 0,12

0,02

1,00

19 3

Frutta Acqua g

Proteine g

Grassi g

Carboid. g

Na mg

K mg

Mg mg

Fe mg

Ca mg

P mg

Vit.B1 mg

Vit.B2 mg

Vit.PP mg

Vit.A mg

Vit.C mg

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I valori sono riportati per 100 g di parte edibile, ovvero quanto consumato togliendo lo scarto (Esempi:

Per l’arancia corrisponde al frutto senza buccia e semi etc..). Il simbolo "/" indica che il valore non è

determinabile con esattezza.

Na=Sodio; K=Potassio; Mg=Magnesio; Fe=Ferro; Ca=Calcio, P=Fosforo; Vit.A=Retinolo Equivalente

Appendice 4 Se qualcuno volesse prendere come dato sulla densità del miele il valore 1,350 indicato in alcune fonti online… questo è il ragionamento che ne conseguirebbe. L’ho inserito proprio perché i risultati sono completamente differenti quindi ognuno ha modo di seguire quello che più rispecchia i suoi dati o, ispirandosi a uno dei due, creare il suo proprio percorso. Ipotesi: voglio ottenere un Melomele da 15°

B. 15° = (og­fg)/7,5 quindi 15 X 7.5 = og­fg og­fg = 122,50

D. ci vuole quindi un lievito che resista fino ai 15 gradi alcolici o oltre... quindi da vino (vedi paragrafo sui lieviti)...

E. prendo 1 kg di miele in 1 l di acqua la densità dovrebbe essere 1,350 (vedi tabella precedente)

F. un lievito da vino che resiste a elevate alcolicità dovrà essere inserito quindi in un mosto che abbia og intorno ai 1122,50 (considerando fg 1000 + 122,5 per i 15 gradi) in modo che, pur con la lunga fermentazione del melomele, si ottenga appunto quella gradazione

G. sappiamo la og del miele in 1 litro (continuiamo con l’ipotesi 1,350) Sappiamo che dobbiamo stare sotto i 1122,50 e che vogliamo avere 4 litri di mosto finale senza considerare la frutta. Guardiamo la colonna dei 4 litri e vediamo che 1 kg di miele da 1,088 e 2 kg 1,175. Prendiamolo inizialmente 1 solo kg. 1122,50 ­ 1088 = 34,50 la og da zuccheri fermentescibili da apportare con la frutta

G. (2 ipotesi ulteriori da leggere alla fine del ragionamento: 1­Vogliamo calcolare 1,5 kg di miele in 4 litri ma non sono presenti in tabella le mezze misure, facciamo finta che siano 3 in 8 ed otteniamo lo stesso risultato, cioè 1,131) 2­Vogliamo ottenere un Idromele (quindi solo Miele) di 15 gradi Facciamo un rapporto 1175 : 2 = 1122,5 : X e otteniamo con media approssimazione una X (cioè i kg di miele richiesti) pari a 1,91 oppure con più grossa approssimazione guardiamo nella colonna dei 4 litri il valore più vicino a 1122,50)

H. sapendo infine quindi quanti zuccheri in percentuale nella frutta a piena maturazione abbiamo non è difficile ottenere il peso della frutta da inserire in I fermentazione…

Facciamo l’esempio delle fragole: La tabella al paragrafo sulla frutta indica il 7% Sappiamo (dato preso online) che 1 kg di zucchero in 1 litro di acqua da’ una og di 1,460 100 g = 1,046 e lo inseriamo nella tabella. Andiamo nuovamente nella riga dei 4 litri e cerchiamo il valore più vicino a 1,0345 che è pari a 3 cioè 300 g (1,035).

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Quindi dobbiamo avere 300 g di zucchero nel mosto apportato dalle fragole; le fragole contengono al proprio interno il 7% di zucchero. 1 Kg : 70 g = Y : 300 g Y = 4,286 kg di fragole A questo punto nuovamente uno si può anche rendere conto che stiamo parlando veramente di tante fragole per un fermentato da 4 l… come rimediare? Aumentando il miele come nelle ipotesi del punto F. Così mettiamo invece di 1 kg di miele ne mettiamo 1,250 (Ricordate? 1,5 era troppo… dava 1,131); di conseguenza (senza riportare i calcoli) abbiamo 1,109. La frutta dovrà apportare 13,50 (1,0135) e dovrà dare quindi solo 100 g cioè 1,429 kg. Missione Compiuta. Vogliamo farlo con l’Uva? 1 Kg : 160 g = Z : 300 g ­­­> Z = 1,875 kg Fichi 1 Kg : 150 g = Q : 300 g ­­­> Q = 2 kg e così via…

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Ed ora i ringraziamenti: Questo elaborato si basa sulle basi di un file originario di Ottino Alberto, edito, rielaborato in ogni sua parte da Marco Parrini, Hanno contribuito per quanto riguarda gli approfondimenti sul miele ed i diversi monoflora Valentina Palagi e Riccardo Boccardi. Il file è stato poi integrato con la mia modestissima esperienza personale e utilizzando come fonti tra le altre i siti www.maxbeer.it, www.apicoltura2000.it, http://www.vinobiologico.net/, http://www.winning­homebrew.com, http://www.apicolturaonline.it, http://meadist.com/ Riveduto e corretto nei calcoli e nei dati grazie anche al supporto di Antonio de Feo e Alessandro Pozzebon. Un ringraziamento particolare anche a Leonardo Cappelli e sempre all’onnipresente Antonio de Feo per l’aiuto tecnico nonché a tutto il gruppo degustatori di birra di Siena: Gianpaolo, Ellis, Antonio e Valentina. Non meno importante poi la qualifica di correttore di bozze va a Roberto Parrini (insieme a cui produco birra da anni sotto il nome di CasaParrini) e Antonio Nicoletti per la parte più meramente tecnica delle Appendici e soprattutto a Vincenzo Thiell Follino che per primo ha letto il file e mi ha dato i consigli necessari ad ottenere la versione che avete tra le mani. Infine “last but not least” un immenso grazie a mia moglie Alessia che mi sostiene e mi sopporta / supporta nelle mie produzioni e al piccolo Francesco senza il cui arrivo probabilmente non mi sarei buttato nello studio e nella produzione di questi fermentati. Il file delle densità lo potete scaricare a questo link: https://goo.gl/iVCACv oppure dal mio sito: www.congliocchidellatigre.it Dove oltre a questo Manualetto potete trovare i post che raccontano per immagini tutte le mie produzioni casalinghe, i miei racconti raccolti sotto il nome di “Maderlen” e tutte le altre idee che mi frullano sempre per la testa Dott. Marco Parrini Manager dell'Ambiente e dei Prodotti Tipici Sommelier e Degustatore di Vino, Grappe e Distillati, Olio e Birre

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