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Scheda 1 I diritti di libertà nello Statuto Albertino La previsione e la disciplina dei diritti di libertà costituiscono due aspetti significativi nella definizione della forma di Stato. La scelta di riconoscere costituzionalmente le libertà fondamentali e di predisporre strumenti di garanzia a tutela delle stesse caratterizzano il modo in cui si articolano i rapporti tra lo Stato e la società civile. L’evoluzione storica delle diverse forme di Stato coincide con una diversa disciplina dei diritti di libertà. Nella forma di stato liberale i diritti di libertà erano concepiti come “libertà dallo stato” (libertà negative) e si configuravano quali strumenti di tutela della sfera di autonomia dei singoli dai possibili abusi da parte dei pubblici poteri. La codificazione all’interno dei testi costituzionali del periodo liberale di un elenco di diritti attribuiti ai singoli, rappresenta la garanzia della tutela della loro sfera di autonomia e segna il definitivo superamento della forma di stato assoluto in cui il riconoscimento, la definizione dei limiti e delle garanzie dei diritti erano affidate esclusivamente allo Stato. Lo Statuto Albertino, concesso da Carlo Alberto nel 1848, prevedeva un elenco di diritti (artt. 24- 32 dello Statuto) in cui era possibile riscontrare gli elementi e le caratteristiche proprie di una forma di Stato liberale. L’articolo 24 dello Statuto riconosceva una dimensione meramente formale del principio di eguaglianza sancendo che “tutti i Regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado sono eguali di fronte alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici e sono ammessibili alle cariche civili e militari, salvo le eccezioni determinate dalle leggi”. Lo schema formale degli articoli dello Statuto dedicati ai diritti fondamentali risultava sostanzialmente identico e strutturato in due parti distinte: nella prima era affermato e riconosciuto il diritto in quanto tale, nella seconda era invece previsto il rinvio alla legge quale strumento esclusivo di definizione dei limiti di esercizio del diritto stesso. I DIRITTI DI LIBERTA’

I DIRITTI DI LIBERTA’ - Rivista di diritto pubblico ... · in essere dagli operatori del diritto acquisiscono la stessa portata e il medesimo valore di quelli espressamente prescritti

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Scheda 1

I diritti di libertà nello Statuto Albertino

• La previsione e la disciplina dei diritti di libertà costituiscono due aspetti significativi nella definizione della forma di Stato. La scelta di riconoscere costituzionalmente le libertà fondamentali e di predisporre strumenti di garanzia a tutela delle stesse caratterizzano il modo in cui si articolano i rapporti tra lo Stato e la società civile.

• L’evoluzione storica delle diverse forme di Stato coincide con una diversa disciplina dei diritti di libertà.

• Nella forma di stato liberale i diritti di libertà erano concepiti come “libertà dallo stato” (libertà negative) e si configuravano quali strumenti di tutela della sfera di autonomia dei singoli dai possibili abusi da parte dei pubblici poteri.

• La codificazione all’interno dei testi costituzionali del periodo liberale di un elenco di diritti attribuiti ai singoli, rappresenta la garanzia della tutela della loro sfera di autonomia e segna il definitivo superamento della forma di stato assoluto in cui il riconoscimento, la definizione dei limiti e delle garanzie dei diritti erano affidate esclusivamente allo Stato.

• Lo Statuto Albertino, concesso da Carlo Alberto nel 1848, prevedeva un elenco di diritti (artt. 24- 32 dello Statuto) in cui era possibile riscontrare gli elementi e le caratteristiche proprie di una forma di Stato liberale. L’articolo 24 dello Statuto riconosceva una dimensione meramente formale del principio di eguaglianza sancendo che “tutti i Regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado sono eguali di fronte alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici e sono ammessibili alle cariche civili e militari, salvo le eccezioni determinate dalle leggi”. Lo schema formale degli articoli dello Statuto dedicati ai diritti fondamentali risultava sostanzialmente identico e strutturato in due parti distinte: nella prima era affermato e riconosciuto il diritto in quanto tale, nella seconda era invece previsto il rinvio alla legge quale strumento esclusivo di definizione dei limiti di esercizio del diritto stesso.

I DIRITTI DI LIBERTA’

Articolo 26 Libertà personale

La libertà individuale è guarentita. Nessuno può essere arrestato o tradotto ingiudizio, se non nei casi previsti dalla legge, enelle forme che essa prescrive

Articolo 27 Libertà di domicilio

Articolo 28 Libertà di stampa

Articolo 32 Libertà di riunione

E’ riconosciuto il diritto di adunarsipacificamente e senza armi, uniformandosi alleleggi che possono regolarne l’esercizionell’interesse della cosa pubblica. Questa disposizione non è applicabile alleadunanze in luoghi pubblici, od aperti alpubblico, i quali rimangono interamente soggettialle leggi di polizia..

La stampa sarà libera, ma una legge ne reprimegli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici edi preghiera non potranno essere stampati senzail preventivo permesso del vescovo.

Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può avere luogo se nonin forza della legge, e nelle forme che essaprescrive.

I Diritti fondamentali nello Statuto Albertino

I diritti di libertà e la Costituzione italiana

Principi generali

• L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana segna il definitivo e

formale superamento della forma di Stato liberale e l’adozione di un

modello di Stato sociale in cui il catalogo dei diritti di libertà, sino a

quel momento costituito dalle sole libertà dallo Stato /libertà negative,

si arricchisce di una nuova dimensione data dalle c.d. libertà positive/

libertà nello Stato, intese come strumenti di partecipazione attiva di

tutti i cittadini alla vita politica e sociale del Paese.

• L’articolo 3.2 della Costituzione del 1948 costituisce il riferimento

testuale del rapporto tra forma di Stato e diritti di libertà, in quanto

aggiunge all’eguaglianza formale di cui al primo comma, l’eguaglianza

sostanziale. Questa nuova dimensione del principio di eguaglianza

attribuisce allo Stato non solo il compito di garantire il rispetto delle

sfere individuali dei singoli, come già era previsto nello Statuto

Albertino, ma anche quello di impegnarsi concretamente al fine di

assicurare a tutti i cittadini un esercizio effettivo delle libertà

costituzionali.

Il principio di eguaglianza sostanziale ammette dunque l’esistenza di

disuguaglianze di fatto e attribuisce ai pubblici poteri il compito di

garantire a coloro che di fatto risultano diversi dagli altri, di godere

degli stessi diritti e di esercitare le stesse libertà. L’eguaglianza formale

invocata dalla Corte Costituzionale sin dalla sentenza n.3 del 1957

come “trattamento eguale di condizioni eguali e trattamento diseguale

di condizioni diseguali” deve dunque cedere il passo di fronte a

situazioni concrete, perché sia garantito a tutti i cittadini il godimento

dei propri diritti.

Attraverso la codificazione dell’eguaglianza sostanziale l’articolo 3.2

della Costituzione riconosce il fondamento costituzionale dei c.d. diritti

sociali, ossia di quei diritti che attribuiscono al cittadino la pretesa ad

una determinata prestazione d’opera nei confronti dei pubblici poteri e

al contempo impongono loro il dovere ad adempiere a quella

prestazione.

• L’articolo 2 contiene la disposizione che contempla in via generale i diritti di

libertà nel nostro ordinamento costituzionale. La Repubblica riconosce e

garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle

formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento

dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Il disposto dell’articolo 2 assume particolare rilevanza in quanto

evidenzia, come sostenne Dossetti alla Costituente, “la precedenza

sostanziale della persona umana (intesa nella competente dei suoi valori

e dei suoi bisogni non solo materiali, ma anche spirituali) rispetto allo

Stato e la destinazione di questo a servizio di quella” e segna in via

Articolo 3 della Costituzione Principio di eguaglianza

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua e di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordineeconomico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza,impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettivapartecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politicaeconomica e sociale del Paese.

Articolo 3 comma 1 Eguaglianza formale

Lo Stato riconosce e garantisce l’intangibilitàdelle sfere di autonomia dei privati. Libertà dallo Stato/Libertà negative

Articolo 3 comma 2 Eguaglianza sostanziale

Lo Stato si impegna ad assicurare l’esercizioeffettivo delle libertà costituzionali e mira apromuovere il pieno sviluppo della personaumana e la partecipazione di tutti i cittadiniall’interno dell’organizzazione sociale del Paese.Libertà nello Stato/Libertà positive

definitiva il momento del superamento del rapporto Stato-individuo che

aveva caratterizzato il regime fascista.

• L’articolo 2 assume particolare rilievo nel quadro dei principi fondamentali

contenuti all’interno della Costituzione per diversi ordini di ragioni: in primo

luogo esso impone alla Repubblica, intesa nelle sue diverse articolazioni,

istituzionale, territoriale e sociale, di riconoscere e garantire diritti a tutti gli

uomini indipendentemente dalla cittadinanza (principio personalista); in

secondo luogo l’articolo 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili non solo al

singolo, in quanto individuo, ma anche al singolo in quanto membro di

formazioni sociali, con ciò ammettendo che le formazioni sociali costituiscono

uno strumento indispensabile per lo svolgimento della persona e hanno

attribuita una posizione all’interno dell’ordinamento, analoga a quella

riconosciuta al singolo individuo (principio pluralista).

• L’articolo 2 assume una particolare rilevanza anche perché rappresenterebbe

il riferimento istituzionale di diritti non riconosciuti espressamente

all’interno della Costituzione. Il problema che sorge dalla lettura dell’articolo

2, e su cui la dottrina e la giurisprudenza da tempo dibattono, è quello se

considerare la formula in esame una disposizione a fattispecie chiusa o una

disposizione a fattispecie aperta. La prima impostazione, accolta da autorevoli

sostenitori (Pace, Barile, Caretti), si fonda sulla considerazione che la formula

contenuta nell’articolo 2 è riassuntiva di tutte le libertà espressamente

garantite nelle successive disposizioni costituzionali (articoli 13-21 della

Cost.), ma soggetta a potenziale estensione attraverso un’attività

interpretativa rivolta ad ampliare il significato della normativa esistente. La

seconda impostazione, quella che considera il dettato dell’articolo 2 una

disposizione a fattispecie aperta, e sostenuta da una parte consistente della

dottrina (Barbera, Ferri, Grossi, Martines, Pizzorusso, Perlingeri) accoglie il

principio che l’articolo 2 della Costituzione non si esaurisca nelle libertà

espressamente garantite, ma sia in grado di ricomprendere tutte le nuove

domande di libertà riconosciute dalla giurisprudenza e dal legislatore

ordinario. Il disposto dell’articolo 2 riconosce, seppure implicitamente, tutti

quei nuovi diritti di cui la Costituzione materiale consente l’emersione.

L’articolo 2 consente dunque l’ingresso di diritti non espressamente previsti

all’interno della Costituzione, ma che attraverso l’attività interpretativa posta

in essere dagli operatori del diritto acquisiscono la stessa portata e il

medesimo valore di quelli espressamente prescritti.

Questa ultima lettura della Costituzione è stata recepita in modo definitivo

nella giurisprudenza della Corte Costituzionale a partire dal 1987 (sent. nn.

215 e 561 del 1987), sebbene qualche apertura in tal senso si era verificata già

nel 1973 (sent. n. 38 del 1973 con la copertura del diritto sulla propria

immagine) e nel 1975 (sent. 225 del 1975 con la copertura del diritto alla

rettifica nell’informazione televisiva).

Le Garanzie costituzionali ai diritti di libertà

Riserva di legge e riserva di giurisdizione

• Le garanzie predisposte dalla Costituzione a tutela dei diritti di libertà

sono rappresentate dalla riserva di legge e dalla riserva di giurisdizione. La

riserva di legge rappresenta oggi un importante strumento predisposto dalla

Costituzione che garantisce il cittadino assicurandolo che solo il legislatore

può porre la disciplina della materia. La riserva di giurisdizione è anche esso

uno strumento di garanzia predisposto dalla Costituzione che affida

unicamente all’autorità giudiziaria la facoltà di imporre limitazioni alle sfere

di libertà dei singoli, nei modi e casi previsti dalla legge e con le garanzie che

caratterizzano il procedimento che davanti ad essa si svolge. Se la riserva di

legge (assoluta, relativa, rafforzata) è uno strumento che attribuisce

alla legge, ad esclusione di ogni altra fonte, la definizione delle singole libertà

nonché dei limiti che possono essere imposti al loro concreto esercizio, la

riserva di giurisdizione attribuisce al giudice, ad esclusione di altre

autorità, il potere di imporre nelle singole fattispecie concrete, le limitazioni

all’esercizio dei diritti di libertà previste dalla legge.

I DIRITTI DI LIBERTA’ NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Libertà individuali Libertà collettive

Sono quelle la cui titolarità spettacomunque al singolo in quanto tale, mache acquistano significato soloattraverso l’esercizio che di essefacciano più soggetti. • Libertà personale: art. 13 Cost.

• Libertà di domicilio: art. 14 Cost. • Libertà e segretezza della corrispondenza

e di ogni altra forma di comunicazione: art. 15 Cost.

• Libertà di circolazione e soggiorno: art. 16 Cost.

• Libertà di religione: art. 19 Cost. • Libertà di manifestazione del pensiero:

art. 21 Cost.

• Libertà di riunione: art. 17 Cost. • Libertà di associazione: art. 18

Cost.

Oggetto di tutela

• Il concetto di libertà personale risale al periodo medioevale e trova il suo

fondamento nella garanzia del habeas corpus, un ordine impartito dal Re alla

polizia di presentare, entro un termine perentorio, il detenuto davanti alla

giurisdizione, al fine di rendere noti i motivi dell’arresto e contestualmente

sottrarre alla disponibilità del feudatario la libertà individuale del suddito.

Dall’esame dei lavori dell’Assemblea Costituente emerge che la libertà personale di

cui all’articolo 13 della Costituzione era stata concepita in chiave meramente fisica

con il conseguente divieto alle pubbliche autorità di ogni tipo di coercizione fisica.

La definizione del concetto di libertà personale risulta non del tutto univoca. La

dottrina ha mostrato a riguardo posizioni differenti: alcuni autori (Galeotti, Pace,

Amato) ritengono che la nozione di libertà personale coincida esclusivamente con

quella fisica; altri, (Mortati, Barbera) considerano le garanzie predisposte

dall’articolo 13 estendibili anche alla tutela della dignità sociale; infine (Barile,

Grossi, Guarino, Galizia) guardano all’articolo 13 come una disposizione che tutela

non soltanto l’inviolabilità della libertà fisica, ma anche di quella morale. L’oggetto

di tutela è dunque, in quest’ultima impostazione, la disponibilità del proprio essere

fisico da ogni coercizione effettiva e da ogni pressione tendente a costringere lo

stato psichico del soggetto.

LIBERTA’ PERSONALE Art. 13 Cost.

La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale,

né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autoritàgiudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge,l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono esserecomunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nellesuccessive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte arestrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Garanzie

• La garanzia dell’inviolabilità della libertà personale è contenuta nell’articolo 13

comma 2 attraverso la previsione di una riserva assoluta di legge ed una

riserva di giurisdizione:

“Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione e perquisizione

personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria (riserva di

giurisdizione) e nei soli casi e modi previsti dalla legge (riserva assoluta di legge)”.

La predisposizione di due diverse garanzie a tutela della libertà personale sta a

significare non solo che i casi e i modi in cui è consentito limitare la libertà

personale, perquisire o identificare una persona possono essere solo quelli previsti

da una legge del Parlamento ovvero da un atto ad essa equiparato, ma anche che

solo l’autorità giudiziaria, con le garanzie che caratterizzano il procedimento che

davanti ad essa si svolge, può concretamente limitare la libertà in oggetto

attraverso l’adozione di provvedimenti che su di essa incidano.

Deroghe alle garanzie

• Alla riserva di giurisdizione contenuta nell’articolo 13 comma 2, il comma 3

dispone una deroga nel caso in cui, per ragioni eccezionali di necessità ed urgenza

non sia consentito l’intervento tempestivo dell’autorità giudiziaria; in questo caso

l’autorità di Pubblica Sicurezza può intervenire (fermo di polizia giudiziaria)

purché, entro 48 ore dall’applicazione della misura limitativa della libertà

personale, l’autorità di Pubblica Sicurezza ne dia comunicazione all’Autorità

giudiziaria cui spetta il compito di convalidare o meno il provvedimento.

La deroga alla riserva di giurisdizione contenuta nel comma 3 dell’articolo 13 è in

realtà parziale, in quanto la decisione finale circa la misura limitativa della libertà

spetta al giudice, e ha carattere provvisorio in virtù dei termini previsti dallo

stesso articolo 13.

Il sistema di tutela dell’articolo 13 della Costituzione si completa con

l’affermazione di due ulteriori principi:

Il primo principio prescritto dal comma 4 dell’articolo 13 impone al legislatore di

punire “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a

restrizioni di libertà” . A riguardo l’articolo 608 del codice penale prevede una

condanna a pena detentiva del pubblico ufficiale che sottoponga un soggetto

arrestato o detenuto a misure “ di rigore non consentite dalla legge”; questo

principio si collega direttamente all’articolo 27.3 della Costituzione il quale impone

che le pene non consistano in “trattamenti contrari al senso di umanità” e tendano

invece “alla rieducazione del condannato”.

Il secondo principio prescritto dal comma 4 dell’articolo 13 è quello che impone al

legislatore “l’obbligo di stabilire i limiti massimi della carcerazione preventiva” al

fine di evitare, in linea con la presunzione di non colpevolezza sancita dall’articolo

27.2 della Costituzione, che il periodo di detenzione cui può essere sottoposto un

soggetto in attesa dell’accertamento definitivo della sua responsabilità penale, si

trasformi in una sorta di pena anticipata.

Oggetto di tutela

• L’art. 14 della Cost. tutela la libertà personale nella sua proiezione spaziale, il

domicilio.

La tutela predisposta dall’articolo 14 della Costituzione si riferisce al

domicilio inteso come quello spazio isolato dall’ambiente esterno di cui il

soggetto o i soggetti titolari abbiano legittimamente la disponibilità per lo

svolgimento di attività connesse alla vita privata o di relazione e dal quale

intendano escludere la presenza di terzi. La nozione di domicilio è stata

accolta in modo particolarmente ampio dalla Corte Costituzionale che è

giunta ( sentenza n. 88 del 1987) non senza polemiche e critiche da parte della

dottrina, ad estendere le garanzie di cui all’articolo 14 della Costituzione

anche alle autovetture sulla considerazione che l’automobile così come la

roulotte è il luogo in cui il singolo può separarsi dal resto del mondo e

LIBERTA’ DI DOMICILIO Art. 14 Cost.

Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e

modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertàpersonale.

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità ed incolumità pubblica o a finieconomici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

pertanto non possa essere oggetto di accertamenti ed ispezioni per fini di

tutela ambientale.

Garanzie

La garanzia dell’inviolabilità del domicilio è assicurata, in linea con quanto

prescritto per la libertà personale, dall’articolo 14 comma 2 attraverso la

previsione di una riserva assoluta di legge ed una riserva di

giurisdizione:

Il domicilio non può essere oggetto di “ispezioni o perquisizioni o sequestri se

non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la

tutela della libertà personale.

La riserva assoluta di legge è predisposta al fine di determinare i casi e i modi

che rendono legittima una violazione del domicilio; la riserva di giurisdizione

garantisce al soggetto che solo il giudice ha il potere di disporre con atto

motivato limitazioni relative alla libertà di domicilio.

Deroghe alle garanzie

Il regime ordinario di tutela della libertà di domicilio è soggetto ad una

deroga, riferita direttamente alla riserva di giurisdizione, in ragione di quanto

prescritto nell’ultimo comma dell’articolo 14 della Costituzione.

Per determinati motivi di sanità ed incolumità pubblica (es. un’epidemia) o

per determinati fini di carattere economico (es. quando ufficiali di polizia

finanziaria abbiano sospetto di violazioni delle leggi finanziarie) e fiscale (es.

accertamento dell’IVA da parte della finanza), leggi speciali possono

prevedere limitazioni della libertà domiciliare ad opera dell’autorità

amministrativa senza dunque la necessità di un provvedimento né preventivo,

né successivo del giudice.

La dottrina ha tentato di sanare l’incoerenza tra il sistema di garanzie

apprestato dal Titolo I della Costituzione e la deroga prescritta dal terzo

comma dell’articolo 14 attraverso due diversi filoni interpretativi: il primo

ricondotto al diverso rilievo degli interessi protetti (Amato) per cui quelli

pubblici prevalgono su quelli di natura economica del soggetto coinvolto dal

provvedimento limitativo della libertà domiciliare; il secondo, invece (Pace),

riconducibile alla diversa natura dei provvedimenti limitativi della libertà di

domicilio, per cui la natura meramente conoscitiva dei provvedimenti

amministrativi di cui al 3 comma dell’articolo 14 (accertamenti e ispezioni)

richiede, rispetto ai provvedimenti autoritativi di cui al comma 2 (ispezioni ,

perquisizioni, sequestri) un grado minore di garanzie.

Oggetto di tutela

L’art. 15 tutela i modi attraverso cui la persona entra in contatto con altri

soggetti specificamente determinati, non solo attraverso la corrispondenza,

ma anche attraverso altre forme di comunicazione.

Esso in particolare appresta specifiche garanzie nei confronti di quella forma

di comunicazione che, a differenza della libertà di manifestazione del pensiero

di cui all’articolo 21 della Costituzione che presuppone invece una forma di

comunicazione rivolta ad un gruppo indeterminato di soggetti destinatari, è

rivolta nei confronti di destinatari specifici e definiti.

La disciplina predisposta dall’art. 15 della Costituzione tutela quindi

contestualmente due diverse posizioni soggettive, quella del mittente, intesa

come libertà del singolo di comunicare con altri soggetti, e quella del

destinatario, intesa invece, come libertà di ricevere comunicazioni,

escludendone soggetti terzi.

Garanzie

LIBERTA’ E SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA E DI OGNI ALTRA FORMA DI COMUNICAZIONE

Art. 15 Cost.

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazionesono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria conle garanzie stabilite dalla legge.

L’articolo 15 della Costituzione assicura l’inviolabilità della segretezza della

corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione attraverso la

previsione di una riserva di legge assoluta ed una riserva di

giurisdizione, secondo lo schema tipo dei diritti di libertà. A differenza di

quanto disposto dagli articoli 13 e 14 della Costituzione, l’art. 15 della

Costituzione presenta la particolarità di non prevedere alcuna deroga alla

riserva di giurisdizione, con ciò escludendo la possibilità di intervento

preventivo dell’autorità di pubblica sicurezza, neppure per motivi di necessità

ed urgenza. La ragione di tale maggiore tutela predisposta dai Costituenti è da

ricondurre al carattere intersoggettivo della libertà in questione ossia al fatto

che questa forma di comunicazione coinvolge sempre e contestualmente due

soggetti distinti, il mittente e il destinatario.

Limitazioni alla libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra

forma di comunicazione

- fermo di corrispondenza (art. 11 del codice postale del 1973) previsto

nel caso in cui l’ufficio postale identifichi corrispondenze che possono

costituire pericolo alla sicurezza dello Stato, recare danno alle persone o cose,

essere contrarie al buon costume o contenere frasi, parole o disegni ingiuriosi

o denigratori nei confronti di chiunque.

- limitazioni contenute in leggi civili e penali in relazione alla

capacità giuridica dei soggetti coinvolti:

a) infermi di mente, la cui corrispondenza va inviata al tutore (art. 35 del DPR

655/1982) ; b) falliti la cui corrispondenza va inviata al curatore (art. 48 del

RD 267/1942); c) minori la cui corrispondenza va inviata al rappresentante

legale ( art. 35 del DPR 655/1982); d) detenuti la cui corrispondenza va

sottoposta al visto del direttore del carcere ( art. 2 L. 1/1977).

La libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di

comunicazione non è garantita solo da possibili ingerenze dello Stato nella

sfera privata dei singoli, ma anche da eventuali intromissioni da parte di

soggetti privati. A questo proposito il codice penale punisce ogni

comportamento diretto all’utilizzazione di apparecchiature atte ad

intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o

telefoniche ( art. 617 bis c.p.), ogni comportamento diretto a falsificare,

alterare o sopprimere il contenuto di comunicazioni o conversazioni

telegrafiche o telefoniche ( art. 617 ter c.p.), ogni comportamento diretto a

rivelare il contenuto di corrispondenza (art. 618 c.p.) ecc.

• Il problema del diritto alla riservatezza trova la sua tutela all’interno

dell’ordinamento giuridico italiano a seguito dell’approvazione della legge 675

del 1996 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei

dati personali”. Questa legge, emanata in ottemperanza agli obblighi derivanti

dalla Convenzione di Strasburgo del 1981 e a quelli di Schengen del 1985, ha

come oggetto la disciplina delle modalità di raccolta e trattamento dei dati

personali effettuati da soggetti privati. Nel genus dei dati personali, la legge

inserisce una disciplina più garantista per la species dei dati sensibili (quel

tipo di dati in grado di rivelare le convinzioni religiose, filosofiche, politiche

del soggetto ovvero l’adesione a partiti e sindacati, ovvero lo stato di salute e

le proprie abitudini sessuali) sancendo che il trattamento di questa tipologia

di dati da parte dei privati non possa avvenire senza il consenso

dell’interessato e senza l’autorizzazione preventiva da parte dell’Autorità

Garante.

• Per la raccolta e il trattamento dei dati personali da parte della Pubblica

amministrazione sono disposte normative specifiche.

Oggetto di tutela

L’art. 16 della Costituzione riconosce ai cittadini la libertà di circolare e

soggiornare liberamente all’interno del territorio dello Stato e quella di uscire

e rientrare in tale territorio (c.d. libertà di espatrio), con ciò garantendo una

tutela alla libertà di movimento in senso spazio /temporale.

La tutela dell’art. 16 è rivolta pertanto non solo alla libertà di scegliere il

luogo dove fissare la propria residenza o il proprio domicilio, o il luogo di

lavoro, ma anche alla libertà di ogni cittadino di uscire dal territorio della

Repubblica e di rientrarvi. La libertà di espatrio va posta in stretta

connessione con la libertà di emigrazione riconosciuta all’art. 35 ultimo

comma della Costituzione che, rispetto all’espatrio, si qualifica per la

particolare finalità che la caratterizza.

Non direttamente riconosciuta dallo Statuto Albertino, la libertà in oggetto

era considerata come una species della libertà personale sancita dall’articolo

26.

La scelta operata dai Costituenti circa la definizione di una libertà che

permettesse la libera circolazione sull’intero territorio nazionale, nonché la

particolare forma di garanzia per essa predisposta, trovavano ragione d’essere

LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE E SOGGIORNO Art. 16

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte delterritorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale permotivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata daragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi,salvo gli obblighi di legge.

nelle forti limitazioni rappresentate,ad esempio, dal confino di polizia, dal

rimpatrio obbligatorio ecc., che il regime fascista aveva imposto.

Garanzie

La garanzia della libertà di circolazione e soggiorno è riconosciuta dall’art. 16

della Costituzione attraverso la predisposizione di una riserva di legge

rafforzata che attribuisce solo alla legge la possibilità di predisporre

limitazioni alla libertà in questione e definisce che tali limitazioni possono

effettuarsi in via generale (solo dunque dal legislatore statale) per motivi di

sanità e sicurezza; questa garanzia impedisce dunque al legislatore di fissare

limitazioni specifiche a singoli individui o a gruppi sociali determinati e di

emanare restrizioni basate su ragioni politiche, riducendo conseguentemente

l’intervento del Parlamento alla definizione di soli limiti di carattere generale

per motivi di sanità e sicurezza.

L’unica eccezione prevista a riguardo della limitazione della libertà per

motivi politici era quella contenuta nella XIII disp. trans. e finale della

Costituzione che vietava l’ingresso e il soggiorno in Italia agli ex re di casa

Savoia e ai loro eredi. Gli effetti del primo e secondo comma della XIII disp.

hanno ora cessato di produrre effetti in seguito all’approvazione della legge

cost. 23 ottobre 2002, n.1.

La facoltà di espatriare, cioè di uscire liberamente dal territorio dello Stato e

di rientrarvi, è sancita dall’ultimo comma dell’articolo 16 della Costituzione

che predispone per essa una riserva di legge assoluta e non rafforzata come

disposto, invece, per la libertà di circolazione e soggiorno di cui al primo

comma dell’articolo 16.

LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO

Art. 21

Oggetto di tutela La dottrina prevalente, avvallata dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, considera oggetto dell’art. 21 tutte quelle forme (parole, suoni –emessi, scritti e registrati-, segni, disegni, foto, video, etc…) attraverso cui l’uomo si manifesta, rivelando un proprio sentimento, la propria arte, il frutto della propria ricerca o, in generale una propria attività psichica. La giurisprudenza costituzionale ha introdotto come oggetto della libertà di manifestazione del pensiero anche il diritto all’informazione (sentt. nn. 105 del 1972; 148 del 1981 e 420 del 1994). Garanzie

L’art. 21 assicura la libertà d’espressione attraverso la previsione di una riserva di legge assoluta (“si può procedere a sequestro soltanto […] nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi […]”) e di una riserva di giurisdizione. Quest’ultima, a differenza della riserva prevista dall’art. 15, non è assoluta, infatti il dettato costituzionale prevede che, nel caso di violazione della legge sulla stampa, qualora vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, la polizia giudiziaria possa intervenire direttamente con il sequestro della stampa periodica senza previa autorizzazione. Limiti alla libertà di manifestazione del pensiero - Buon costume. Lo stesso dettato costituzionale al comma 6 vieta tutte quelle manifestazioni contrarie al buon costume. - Ordine pubblico. Tale limitazione è stata introdotta dalla giurisprudenza costituzionale che ha sottratto dalla libera manifestazione tutte quelle attività

LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO Art. 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo

di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali

la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa

prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità

giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che

devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa

non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo d'ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della

stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon

costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

che turbano la tranquillità pubblica (Sentt. nn. 1 del 1956,;19 del 1962; 199 del 1972; 210 del 1976 e 138 del 1985). Il provvedimento previsto in caso di violazione di tali limiti è il sequestro, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Ulteriori limiti sono previsti dalla legge n. 47/48.

L’art. 21 presenta, a parte la riserva di legge e la riserva di giurisdizione

sopra esposte, due ulteriori forme di garanzia per il diritto di libera manifestazione del pensiero. Innanzitutto, al comma 2 vi è l’esplicito divieto a qualsiasi forma di autorizzazione o censura nei confronti della stampa. Un elemento di tutela della libertà di manifestazione del pensiero particolarmente innovativo è poi previsto al comma 5: rendere pubblici i mezzi di finanziamento dei giornali. In tal modo, infatti, il lettore può interpretare più oggettivamente i contenuti del giornale. Tale disposto costituzionale e sottoposto a riserva di legge ed ha trovato realizzazione con la legge n. 416 del 5 agosto 1981.

L’art. 21 della Costituzione considera oggetto della sua tutela il pensiero

espresso tramite la parola, lo scritto e qualsiasi altro mezzo di diffusione. Ciò ha permesso di introdurre nell’arco delle garanzie previste dall’art. 21 anche la televisione, la radio ed internet, nonostante l’oggetto principale del dettato costituzionale rimanga la stampa scritta.

La legge sulla stampa menzionata nel testo costituzionale, viene redatta

dalla stessa Assemblea costituente: l. n. 47 del 28 febbraio 1948. Tale legge prevede: a) l’iscrizione del giornale presso il registro pubblico, previo deposito della documentazione necessaria; b) l’iscrizione del direttore responsabile presso l’Albo dei giornalisti (ricordiamo però che l’istituzione dell’Albo non viene disciplinata dalla normativa in esame) e, infine, tra gli ulteriori strumenti di garanzia alla libera manifestazione del pensiero: c) il diritto alla rettifica e d) il divieto di minaccia o violenza esercitate sullo stampato, sull’autore o su chi ne garantisce la diffusione. Tra le altre leggi di riferimento in materia di stampa ricordiamo, inoltre, la legge n. 416 del 1981 e la legge n. 62 del 2001. Con la prima vengono disciplinati: a) la trasparenza della proprietà e dei mezzi di finanziamento dei periodici; b) la liberalizzazione del prezzo dei giornali e le sovvenzioni pubbliche all’editoria; c) il divieto di posizioni dominanti (limite: 20% del mercato). La legge del 1981 istituisce, inoltre, la figura del Garante dell’editoria. La l. n. 62 del 2001 crea tre Fondi di sostegno finanziario per le imprese editoriali. Si sottolinea, inoltre, che le attività e le funzioni dell’Albo dei giornalisti vengono regolamentate con la l. n. 69 del 1963.

Come è stato già sottolineato, la nostra Carta Costituzionale e la successiva legge del 1948 hanno completamente trascurato la disciplina giuridica dei mezzi di comunicazione radioelettrici, nonostante questi fossero già ampliamente diffusi. Fino al 1975 la materia si rifaceva alla normativa statutaria tranne alcune secondarie integrazioni (l. n. 310 del 1910; r.d.l. n. 207 del 1927; il Codice

postale e delle Telecomunicazioni del 1936; il d.l.c.p.s. n. 428 del 1947 e il D.P.R. n. 180 del gennaio del 1952). Nel 1954 vengono avviate le trasmissioni televisive della RAI e ben presto la carenza di una legislazione adeguata per tale mezzo di comunicazione cominciò a divenire sempre più insostenibile. I cambiamenti di ordine economico e tecnologico degli anni 1970 (maggiore richiesta di spazi pubblicitari, l’avvento del colore e della videoregistrazione etc…) uniti ad alcune sentenze rivoluzionarie della Corte Costituzionale accelerarono il cammino dell’Italia verso il processo di riforma di riforma legislativo del sistema televisivo che vide la luce con la legge n. 103 del 14 aprile 1975. Tale normativa prevede a) il monopolio pubblico del servizio radiotelevisivo; b) la concessione data dal ministero delle comunicazioni; c) il cda della Rai di 16 membri, 10 nominati dalla Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi; d) il diritto alla rettifica ed e) il finanziamento del servizio pubblico tramite canone e pubblicità. Tra le leggi successive si ricordano la legge n. 10 del 1985, che legittima le reti private già attive, ma senza un’appropriata disciplina anti-trust, e la legge n. 223 del 1990 che disciplina a) il regime delle concessioni; b) la pubblicità; c) la normativa anti-trust con un limite del 25% del controllo del mercato delle frequenze radiotelevisive e d) il controllo da parte di un apposito garante. Il d.l. n. 63 del 1996, la l. n. 422 del 1993 e la l. n. 650 del 1996 regolamentano l’attività radiotelevisiva via cavo e la pay-TV. La l. n. 650 del 1996 prevede, inoltre, che il Consiglio d’amministrazione della RAI sia composto da 5 membri nominati dai Presidenti di Camera e Senato. Con la consultazione referendaria dell’11 giugno 1995 viene disposta l’alienazione ai privati di una parte del capitale societario della concessionaria del servizio pubblico. La legge 31 luglio 1997, n. 249 istituisce l’Autorità garante per la privacy. Infine, la legge n. 28 del 2000 disciplina la parità d’accesso ai mezzi d’informazione durante le campagne elettorali e la comunicazione politica. Di recente è stato approvato dal Parlamento il disegno di riforma legislativo del sistema radiotetelevisivo (cd legge Gasparri) tra le cui innovazioni più importanti si ricordano: a) l’introduzione del S.I.C. (Sistema Integrato delle Comunicazioni) e la sua regolamentazione; b) la tutela della relazione tra i minori e la TV; c) l’emanazione del “Codice della radiotelevisione”; d) l’alienazione del capitale societario della RAI; e) il Cda di 9 membri eletto dall’assemblea dei soci e f) passaggio al digitale entro il 2006.

Per internet la principale normativa di riferimento si ritrova nella l. n. 675 del 31 dicembre 1996; il d.l. 171 del 13 maggio 1998 e il d.l. n. 467 del 28 dicembre 2001.

• Le libertà collettive sono quelle il cui esercizio presuppone la contestuale

partecipazione di più soggetti per la realizzazione di una finalità comune. Di

questo tipo di libertà il singolo non può usufruire individualmente, ma solo

congiuntamente con altri soggetti.

• La Costituzione italiana garantisce la più ampia libertà di associazione tanto

che l’art. 2 Cost. pone sullo stesso piano “l’uomo come singolo” e “le

formazioni sociali in cui si esplica la personalità dei singoli”.

• Gli articoli 17 e 18 della Costituzione, insieme agli articoli 39 (libertà di

associazione sindacale) e 49 ( libertà di associazione partitica) costituiscono il

sistema di garanzie predisposte dalla Costituzione a tutela delle libertà

collettive.

• L’analisi delle libertà collettive richiede la definizione di riunione e

associazione e la relativa distinzione tra i due tipi di formazioni sociali. La

riunione è raggruppamento di più persone non stabile ma al tempo stesso

non occasionale; più persone convergono in un determinato luogo previo

accordo fra di loro o su invito dei promotori, che non deve essere

necessariamente formulato nominativamente, al fine di soddisfare un

interesse individuale di varia natura, politico, culturale, economico, sportivo

ecc.

L’associazione qualifica un gruppo di persone che decidono invece di

riunirsi in modo periodico tra loro per svolgere insieme una determinata

attività per la realizzazione di uno o più fini. Le associazioni sono formazioni

sociali stabilmente organizzate e costituite al fine di soddisfare determinati

interessi, non contingenti, comuni a tutti coloro che ne fanno parte. La base

dell’associazione è costituita dalla sussistenza di un patto sociale che

vincola tutti gli iscritti all’associazione.

La differenza tra riunione ed associazione deve essere ravvisata nel fatto che

nell’associazione l’interesse che accomuna i consociati può essere perseguito

solo in forma collettiva e mediante un’organizzazione avente carattere di

stabilità; nella riunione si ha invece la contemporanea presenza di più

persone nello stesso luogo e ciascun partecipante soddisfa il proprio interesse

LE LIBERTA’ COLLETTIVE

singolarmente e senza che alcun vincolo lo colleghi agli altri convenuti, per il

sol fatto di prendere parte alla riunione.

Oggetto di tutela

L’articolo 17 della Costituzione afferma il principio che tutti i cittadini

possono far valere il diritto di riunirsi purché le riunioni avvengano

pacificamente e senz’armi.

Il diritto di riunirsi è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale (sentenza

n. 15 del 1973) quale un diritto che “ ha portata ed efficacia fondamentali; esso

tuttavia al pari di ogni altro diritto di libertà implica la possibilità di limiti e

condizioni che lo disciplinino onde evitare che il suo esercizio possa avvenire

in modo socialmente dannoso e pericoloso”.

Le riunioni possono avvenire:

a) in luogo privato ( un’abitazione, un circolo, un luogo in cui possono

accedere soltanto coloro che sono stati invitati espressamente);

b) in luogo aperto al pubblico ( un cinema, un teatro, uno stadio, un

luogo in cui l’accesso è sottoposto a determinate condizioni es. il pagamento

di un prezzo);

c) in luogo pubblico (una piazza, una strada, un luogo in cui è consentito

l’accesso di tutti).

L’articolo 17 della Costituzione prevede un regime differente di limiti a

seconda del luogo in cui la riunione si svolge.

Per le riunioni private o per le riunioni in luoghi aperti al pubblico non è

richiesto nessun obbligo di preavviso all’autorità di pubblica sicurezza da

parte degli organizzatori.

LIBERTA’ DI RIUNIONE Art. 17

I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso all’autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Diverso regime è invece previsto per quelle riunioni che si svolgono in luogo

pubblico; per questo tipo di riunioni l’ultimo comma dell’articolo 17 impone

agli organizzatori un obbligo di preavviso all’autorità di pubblica sicurezza del

giorno, dell’ora e del luogo della riunione.

Il preavviso rappresenta un obbligo a carico dei promotori che non deve

essere confuso con la richiesta di autorizzazione che presuppone invece, un

atto positivo di assenso. Se al preavviso non segua, nel periodo di tempo che

precede la riunione, un atto di diniego motivato in riferimento ad interessi

tutelati costituzionalmente come sicurezza ed incolumità, la riunione potrà

avere luogo.

L’ autorità di polizia, ricevuto il preavviso, può in tal modo prendere le

precauzioni per la pubblica incolumità ed eventualmente anche vietare, o

preventivamente o durante lo svolgimento, la riunione, ma sempre e soltanto

per “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.

Ulteriore disciplina relativa alle modalità di svolgimento delle riunioni in

luogo pubblico è contenuta nel T.U. delle leggi di pubblica sicurezza.

• Oltre i limiti disposti dall’articolo 17 della Costituzione, la libertà di riunione è

soggetta a limiti ulteriori individuabili dalla lettura di altre disposizioni

costituzionali e di legge; il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della

Costituzione rappresenta un limite ulteriore alla libertà di riunione nel caso di

epidemie, così come il limite del buon costume, dal momento che l’articolo 21,

sesto comma vieta qualunque manifestazione ad esso contraria. A questi

limiti rilevabili direttamente nella Costituzione se ne aggiungono altri

contenuti nella legislazione vigente riguardanti ad esempio le modalità con le

quali è possibile partecipare alle riunioni, come ad esempio il divieto di usare

caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il

riconoscimento della persona, almeno che non si tratti di manifestazioni

sportive che comportino lo specifico uso del casco protettivo; o ancora ad

esempio il divieto di esporre emblemi rivolti all’incitamento alla

discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

LIBERTA’ DI ASSOCIAZIONE Art. 18

I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, perfini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale pubblica. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, ancheindirettamente scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Oggetto di tutela

L’articolo 18 della Costituzione tutela il diritto di un gruppo di persone di

riunirsi in modo periodico per svolgere insieme una determinata attività

rivolta alla realizzazione di uno più finalità specifiche.

La formulazione del diritto di associazione contenuta nell’articolo 18 della

Costituzione risulta particolarmente ampia dal momento che essa comprende

non solo il diritto positivo di associarsi, ma anche quello negativo di non

associarsi. La libertà di associazione, dunque, si specifica nella libertà di

costituire un’associazione, nella libertà di aderire ad un’associazione, nella

libertà di recedere da un’associazione ovvero di non associarsi affatto.

Limiti alla libertà di associazione

• La nostra Costituzione, a differenza di altre (ad esempio quella tedesca in cui

l’articolo 21 della Costituzione prevede la possibilità da parte del Tribunale

Costituzionale di sciogliere i c.d. partiti antisistema, quelli che intendono

danneggiare l’ordinamento democratico e liberale), garantisce la più ampia

libertà di associazione ammettendo tutte le associazioni indipendentemente

dal fine che intendono perseguire purché si tratti di finalità non vietate

penalmente al singolo; se è vietato al singolo commettere dei reati, allo stesso

modo sarà vietata una associazione precostituita a tal fine. Un’eccezione a

questo limite è dato dalla XII disp. trans. e finale che vieta sotto ogni forma la

“riorganizzazione del disciolto partito fascista” (a questa norma è stata data

applicazione effettiva nel 1974 quando fu sciolto il movimento neonazista

“ordine Nuovo”).

In riferimento alle modalità di esercizio della libertà in questione l’articolo 18

secondo comma dispone due limiti specifici:

a) il divieto di dare vita ai sensi dell’articolo 18 ad associazioni segrete ( per

questo ai sensi dell’articolo 209 della legge di polizia è lecito imporre la

denuncia dei soci e dell’attività dell’associazione)

b) il divieto di associazioni che anche indirettamente, perseguano fini

politici, avvalendosi di un’organizzazione di carattere militare.

• Quanto al limite relativo al divieto di dare vita ad associazioni segrete

predisposto dall’articolo 18 secondo comma, una definizione puntuale di

associazione segreta si è avuta con la legge 17 del 1982 intitolata norme di

attuazione dell’articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni

segrete e scioglimento dell’associazione denominata Loggia P2emanata in

seguito alle vicende legate alla Loggia massonica P2.

La legge è composta di due parti distinte: nella prima si definiscono le

associazioni segrete vietate dall’articolo 18 quali quelle che “anche all’interno

di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete

finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti i soci, svolgono

attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni degli organi

costituzionali, di amministrazioni pubbliche”. Ossia quelle associazioni che

oltre a nascondersi dietro il segreto, svolgono attività diretta ad interferire

sull’esercizio delle funzioni di organi pubblici.

Nella seconda parte si scioglie la Loggia P2 con effetto immediato e con

confisca dei beni. La legge stabilisce inoltre le modalità di scioglimento di

eventuali associazioni segrete con decreto del Presidente del Consiglio dei

Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, a seguito di una

sentenza passata in giudicato.

• La ratio del limite di dare vita a associazioni di carattere militare che

“indirettamente, perseguano fini politici, avvalendosi di un’organizzazione

di carattere militare”, trova fondamento nell’intento di evitare che la politica,

anziché servirsi del confronto pacifico, si serva di mezzi rivolti a creare un

clima di intimidazione e violenza. La disposizione costituzionale ha trovato

attuazione con il decreto legislativo 43 del 1948 il quale ha chiarito che le

associazioni militari sono quelle “costituite mediante l’inquadramento degli

associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina ed ordinamento gerarchico

interno analoghi a quelli militari, con l’eventuale adozione di gradi,

uniformi, e con organizzazione atta anche all’impiego collettivo in azioni di

violenza o di minaccia”. Perché l’associazione sia illecita deve oltre che essere

organizzata secondo una disciplina di carattere militare, anche perseguire, sia

pure indirettamente, fini politici.

LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO

Art. 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e

ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di

delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione

delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento

dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali

di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare

denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore

successive, il sequestro si intende revocato e privo d'ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di

finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni

contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a

reprimere le violazioni.

Oggetto di tutela La dottrina prevalente, avvallata dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, considera oggetto dell’art. 21 tutte quelle forme (parole, suoni –emessi, scritti e registrati-, segni, disegni, foto, video, etc…) attraverso cui l’uomo si manifesta, rivelando un proprio sentimento, la propria arte, il frutto della propria ricerca o, in generale una propria attività psichica. La giurisprudenza costituzionale ha introdotto come oggetto della libertà di manifestazione del pensiero anche il diritto all’informazione (sentt. nn. 105 del 1972; 148 del 1981 e 420 del 1994). Garanzie

L’art. 21 assicura la libertà d’espressione attraverso la previsione di una riserva di legge assoluta (“si può procedere a sequestro soltanto […] nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi […]”) e di una riserva di giurisdizione.

Quest’ultima, a differenza della riserva prevista dall’art. 15, non è assoluta, infatti il dettato costituzionale prevede che, nel caso di violazione della legge sulla stampa, qualora vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, la polizia giudiziaria possa intervenire direttamente con il sequestro della stampa periodica senza previa autorizzazione. Limiti alla libertà di manifestazione del pensiero - Buon costume. Lo stesso dettato costituzionale al comma 6 vieta tutte quelle manifestazioni contrarie al buon costume. - Ordine pubblico. Tale limitazione è stata introdotta dalla giurisprudenza costituzionale che ha sottratto dalla libera manifestazione tutte quelle attività che turbano la tranquillità pubblica (Sentt. nn. 1 del 1956,;19 del 1962; 199 del 1972; 210 del 1976 e 138 del 1985). Il provvedimento previsto in caso di violazione di tali limiti è il sequestro, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Ulteriori limiti sono previsti dalla legge n. 47/48.

L’art. 21 presenta, a parte la riserva di legge e la riserva di giurisdizione

sopra esposte, due ulteriori forme di garanzia per il diritto di libera manifestazione del pensiero. Innanzitutto, al comma 2 vi è l’esplicito divieto a qualsiasi forma di autorizzazione o censura nei confronti della stampa. Un elemento di tutela della libertà di manifestazione del pensiero particolarmente innovativo è poi previsto al comma 5: rendere pubblici i mezzi di finanziamento dei giornali. In tal modo, infatti, il lettore può interpretare più oggettivamente i contenuti del giornale. Tale disposto costituzionale e sottoposto a riserva di legge ed ha trovato realizzazione con la legge n. 416 del 5 agosto 1981.

L’art. 21 della Costituzione considera oggetto della sua tutela il pensiero

espresso tramite la parola, lo scritto e qualsiasi altro mezzo di diffusione. Ciò ha permesso di introdurre nell’arco delle garanzie previste dall’art. 21 anche la televisione, la radio ed internet, nonostante l’oggetto principale del dettato costituzionale rimanga la stampa scritta.

La legge sulla stampa menzionata nel testo costituzionale, viene redatta

dalla stessa Assemblea costituente: l. n. 47 del 28 febbraio 1948. Tale legge prevede: a) l’iscrizione del giornale presso il registro pubblico, previo deposito della documentazione necessaria; b) l’iscrizione del direttore responsabile presso l’Albo dei giornalisti (ricordiamo però che l’istituzione dell’Albo non viene disciplinata dalla normativa in esame) e, infine, tra gli ulteriori strumenti di garanzia alla libera manifestazione del pensiero: c) il diritto alla rettifica e d) il divieto di minaccia o violenza esercitate sullo stampato, sull’autore o su chi ne garantisce la diffusione. Tra le altre leggi di riferimento in materia di stampa ricordiamo, inoltre, la legge n. 416 del 1981 e la legge n. 62 del 2001. Con la prima vengono disciplinati: a) la trasparenza della proprietà e dei mezzi di finanziamento dei periodici; b) la liberalizzazione del prezzo dei giornali e le sovvenzioni pubbliche all’editoria; c) il divieto di posizioni dominanti (limite: 20% del

mercato). La legge del 1981 istituisce, inoltre, la figura del Garante dell’editoria. La l. n. 62 del 2001 crea tre Fondi di sostegno finanziario per le imprese editoriali. Si sottolinea, inoltre, che le attività e le funzioni dell’Albo dei giornalisti vengono regolamentate con la l. n. 69 del 1963.

Come è stato già sottolineato, la nostra Carta Costituzionale e la successiva legge del 1948 hanno completamente trascurato la disciplina giuridica dei mezzi di comunicazione radioelettrici, nonostante questi fossero già ampliamente diffusi. Fino al 1975 la materia si rifaceva alla normativa statutaria tranne alcune secondarie integrazioni (l. n. 310 del 1910; r.d.l. n. 207 del 1927; il Codice postale e delle Telecomunicazioni del 1936; il d.l.c.p.s. n. 428 del 1947 e il D.P.R. n. 180 del gennaio del 1952). Nel 1954 vengono avviate le trasmissioni televisive della RAI e ben presto la carenza di una legislazione adeguata per tale mezzo di comunicazione cominciò a divenire sempre più insostenibile. I cambiamenti di ordine economico e tecnologico degli anni 1970 (maggiore richiesta di spazi pubblicitari, l’avvento del colore e della videoregistrazione etc…) uniti ad alcune sentenze rivoluzionarie della Corte Costituzionale accelerarono il cammino dell’Italia verso il processo di riforma di riforma legislativo del sistema televisivo che vide la luce con la legge n. 103 del 14 aprile 1975. Tale normativa prevede a) il monopolio pubblico del servizio radiotelevisivo; b) la concessione data dal ministero delle comunicazioni; c) il cda della Rai di 16 membri, 10 nominati dalla Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi; d) il diritto alla rettifica ed e) il finanziamento del servizio pubblico tramite canone e pubblicità. Tra le leggi successive si ricordano la legge n. 10 del 1985, che legittima le reti private già attive, ma senza un’appropriata disciplina anti-trust, e la legge n. 223 del 1990 che disciplina a) il regime delle concessioni; b) la pubblicità; c) la normativa anti-trust con un limite del 25% del controllo del mercato delle frequenze radiotelevisive e d) il controllo da parte di un apposito garante. Il d.l. n. 63 del 1996, la l. n. 422 del 1993 e la l. n. 650 del 1996 regolamentano l’attività radiotelevisiva via cavo e la pay-TV. La l. n. 650 del 1996 prevede, inoltre, che il Consiglio d’amministrazione della RAI sia composto da 5 membri nominati dai Presidenti di Camera e Senato. Con la consultazione referendaria dell’11 giugno 1995 viene disposta l’alienazione ai privati di una parte del capitale societario della concessionaria del servizio pubblico. La legge 31 luglio 1997, n. 249 istituisce l’Autorità garante per la privacy. Infine, la legge n. 28 del 2000 disciplina la parità d’accesso ai mezzi d’informazione durante le campagne elettorali e la comunicazione politica. Di recente è stato approvato dal Parlamento il disegno di riforma legislativo del sistema radiotetelevisivo (cd legge Gasparri) tra le cui innovazioni più importanti si ricordano: a) l’introduzione del S.I.C. (Sistema Integrato delle Comunicazioni) e la sua regolamentazione; b) la

tutela della relazione tra i minori e la TV; c) l’emanazione del “Codice della radiotelevisione”; d) l’alienazione del capitale societario della RAI; e) il Cda di 9 membri eletto dall’assemblea dei soci e f) passaggio al digitale entro il 2006.

Per internet la principale normativa di riferimento si ritrova nella l. n. 675 del 31 dicembre 1996; il d.l. 171 del 13 maggio 1998 e il d.l. n. 467 del 28 dicembre 2001.