Auditorium Giovanni Agnelli

martedì 3 dicembre 2013ore 20.30

Prague Chamber Orchestra

Vadim Repin direttore e violino

i CONCERTIDELLingotto

2013-2014

Ufficivia Nizza 262 int. 73 – 10126 Torinotel. 011 6677415e-mail: info@lingottomusica.itwww.lingottomusica.it

Biglietteria via Nizza 280 int. 41 tel. 011 6313721

Wolfgang Amadeus MozartAdagio e Fuga in do minore per archi KV 546

Felix Mendelssohn BartholdyConcerto per violino e archi in re minore

Allegro moltoAndanteAllegro

* * *

Antonín DvorákSerenata per archi in mi maggiore op. 22

ModeratoTempo di ValseScherzo. Vivace

LarghettoFinale. Allegro vivace

Franz WaxmanCarmen Fantasy per violino e archi

PROSSIMI CONCERTI

martedì 10 dicembre 2013 ore 20.30Sala CinquecentoCoro MuSa - Diego CarpitellaGiorgio Monari direttoreMusiche di Anerio, Animuccia, Antico, Despres,Franceschini, Liszt, Pinsuti e Verdi

mercoledì 22 gennaio 2014 ore 20.30Auditorium “Giovanni Agnelli”Die Deutsche Kammerphilharmonie BremenMikhail Pletnev direttoreRafal Blechacz pianoforteMusiche di Beethoven e Chopin

RINGRAZIAMENTI

In vent’anni di storia la rassegna dei Concerti delLingotto ha portato sul podio dell’Auditorium Gio-vanni Agnelli le massime orchestre presenti sulpanorama internazionale insieme a molti dei piùimportanti direttori e solisti. L’Associazio ne Lin-gotto Musica vuole ringraziare il proprio pubblicoper la costante e appassionata partecipazione aimolteplici programmi offerti, nonché tutti gli enti,pubblici e privati, che nel corso degli anni ne hannosostenuto l’attività, rendendo possibile anche que-st’anno una nuova serie di appuntamenti con lagrande musica.

Gianluigi Gabettipresidente

Francesca Gentile Cameranadirettore artistico

Wolfgang Amadeus Mozart(1756 - 1791)

Adagio e Fuga per archi in dominore KV 546

Avvenimento capitale per la fondazione el’essenza del così detto “classicismo vien-nese”, è la conoscenza e l’investigazione dellamusica di Bach e Händel compiuta daMozart nei primi anni del suo soggiorno vien-nese, dal 1782 all’85 circa; l’adattabilitàdella polifonia bachiana alle nuove formesonatistiche è un fatto prodigioso che fecon -da senza ombra di accademismo la produ-zione centrale di Mozart, e senza il quale gliultimi Quartetti, le ultime Sinfonie e persinoi grandi finali d’atto delle Nozze di Figaro edel Don Giovanni non si spiegherebbero com-piutamente. Il tramite era stato il baroneGottfried van Swieten, figlio del medico per-sonale dell’imperatrice Maria Teresa, che ne -gli anni trascorsi a Berlino, dove si era recatonel 1771 con incarichi diplomatici, aveva fre-quentato un ambiente in cui il culto di Bache degli oratori di Händel era tenuto vivo informe sconosciute alle altre capitali musicalieuropee; rientrato a Vienna con molte musi-che nella valigia, van Swieten si dedica a dif-fonderne il verbo incaricando Haydn eMozart di adattare e trascrivere quelle musi-che per i suoi concerti domestici. Mozart in -comincia a trascrivere per quartetto d’archialcuni Preludi e fughe dal Clavicembalo bentemperato, passando poi a composizioni li -bere, ma sempre rigorosamente improntateallo stile antico, come il Preludio e Fuga KV394 per pianoforte e la Fuga in do minore

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per due pianoforti KV 426 del 1783. Que-st’ultimo lavoro, più che per la tastiera pia-nistica, è pensato in astratto, un po’ comel’Arte della fuga bachiana; infatti il 26 giu-gno 1788 Mozart lo trascrive in partitura perstrumenti ad arco dando vita al brano chestiamo per ascoltare, Adagio e Fuga in dominore KV 546. L’Adagio introduttivo,aggiunto per l’occasione, è una pagina straor-dinaria che dopo la tragica solennità dell’e-sordio sembra avviarsi in regioni sconosciutee dense di ombre romantiche; per la miste-riosa profondità del carattere (non lontanoda una certa “aura” massonica) e l’audaciadei collegamenti armonici questa pagina puòfar pensare all’introduzione lenta del Quar-tetto KV 465, detto “delle dissonanze”. NellaFuga Mozart esaurisce il contrasto baroccocontenuto nelle quattro battute del tema,sbalzo asseverativo e pathos implorante, iltutto sospinto da una dinamica dove anchegli artifici combinatori della fuga conflui-scono in una incalzante unità di concezione.Si può ancora osservare che il tema dellaFuga, riutilizzato da Mozart nel Kyrie delRequiem KV 626, è uno stereotipo di stileantico, presente tra altri casi in varie operedi Bach; in tempi più recenti, 1774, è inte-ressante la sua comparsa nel secondo branodel balletto Les Horaces et les Curiaces diNoverre con musica di Joseph Starzer; ora,Starzer faceva parte della cerchia di vanSwieten, e non è impossibile pensare che queltema fosse come un oggetto di considerazionecollettiva, un simbolo di “musica storica”,nel fervore intellettuale di quelle riscopertebachiane.

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Felix Mendelssohn Bartholdy(1809 - 1847)

Concerto per violino e archi in re minore

Frutto della miracolosa precocità del suo ge -nio, questo Concerto per violino e orchestrad’archi fu composto da Mendelssohn nel1822 a tredici anni, destinato, come le 12Sinfonie per strumenti ad arco dello stessoperiodo, ai concerti domenicali che si tene-vano nella casa paterna di Berlino: memo-rabile luogo d’incontro del fior fiore dellasocietà artistica della capitale. È probabileche il violinista della prima esecuzione fossel’amico di gioventù Ferdinand David (cuipiù tardi Mendelssohn destinerà il suo benpiù famoso Concerto in mi minore op. 64),ma non è escluso che lo stesso autore si siaesibito nella parte solistica; per altro, già nel1816, a sette anni, Felix era stato condottoa Parigi, con la pure dotatissima sorellaFanny, alla scuola di due celebrità, la pia-nista Marie Bigot e il violinista Pierre Bail-lot che restarono stupefatti delle loro capa-cità; affidato nel 1817 alle cure del piani-sta Ludwig Berger e sopra tutto di Carl Frie-drich Zelter, Felix completò la sua educa-zione impadronendosi con velocità inauditadi ogni tecnica esecutiva e compositiva.Nell’esordio del Concerto in re minore può

stupire nel giovinetto baciato da tanta for-tuna, il tono aggressivo e corrucciato; inrealtà, queste figure spigolose e sfrecciantierano state rivelate da Gluck nella “danzadelle furie” del balletto Don Giovanni diGasparo Angiolini (Vienna 1761), poi ripre -sa e lanciata a fama universale nel “quadro

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degli Inferi” della versione francese del suoOrfeo ed Euridice (Parigi 1773); di qui pro-cedono i finali drammatici di Sinfonie intonalità minori di Haydn e di Mozart e ancoranei primi anni dell’Ottocento l’impeto delleouvertures di Cherubini. Da questo amal-gama di stili Mendelssohn adolescente si fog-gia la sua idea di stile concitato che dominal’esposizione orchestrale del primo movi-mento (Allegro molto); il solista entra inscena, come in Mozart, variando il tema d’a-pertura tanto da sembrare nuovo, e si pre-senta da antagonista con spunti di cadenze,inflessioni cantabili, sequenze virtuosistiche,lasciando all’orchestra di rammentare qua elà il tema principale e di riproporlo nella fre-mente conclusione. L’Andante non è unasem plice pausa, ma una pagina ampia e lavo-rata che mostra già nell’ispirato, e così mozar-tiano, tema d’apertura quel dono di attillataeleganza ricevuto da Mendelssohn, si puòdire, nella culla: è forse la pagina dai trattipiù personali di tutto il Concerto, con quelsolista che ogni tanto si lascia attirare dal-l’orchestra, ogni tanto ne esce per continuareappartato l’onda calma dei suoi pensieri odei suoi sogni; e alla fine sembra staccarsicon qualche rimpianto dalla dolcezza in cuisi è addentrato quasi a sua insaputa. Nelfinale (Allegro) tutto è nelle mani del solistache salta alla ribalta con un tema di danzapopolare e di zigana vivacità; l’idea dominain lungo e in largo senza veri rivali, e pur re -stando ancorato alla tonalità di re minore ilConcerto finisce in sorridente serenità, agliantipodi di quel piglio drammatico che neaveva scosso l’apertura.

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Antonín Dvorák(1841 - 1904)

Serenata per archi in mi maggiore op. 22

Nel maggio del 1875, mentre Wagnerattende a completare l’“Anello del Nibe-lungo” e Brahms la sua Prima Sinfonia, An -tonín Dvorák, uomo tranquillo del secondoOttocento, compone in una decina di giorniquesta amabile Serenata per orchestra d’ar-chi, tenuta a battesimo nei primi del 1876a Praga sotto la direzione di Adolf Cech.Scrivere serenate alla fine dell’Ottocentovoleva dire rifiuto di meditazioni supreme,nostalgia per la lievità settecentesca, omag-gio a Mozart, il tutto spruzzato qua e là diquella malinconia che spesso rinasce daforme e immagini del passato: un sentimen -to che con una precisione nettissima, quasipalpabile, diventa musica fin dal Moderatoche apre la Serenata, con quella tenue fraseche circola fra i violini e i violoncelli, comes’incoraggiassero a vicenda per vincere qual -che timidezza: un esordio che tornerà alla fi -ne della Serenata come un gesto di pacataconclusione consolatrice. Dopo l’introduzio nesi fa avanti un episodio più vivace e un po cocavalleresco, con qualche eco di canti o danzepopolari; segue un Valzer, non privo di qual-che accento veemente e di una distesa can-tabilità nel Trio intermedio; quindi è il turnodi uno Scherzo, trattato con preziosità di imi-tazioni canoniche, ma senza ombra di pesoerudito, solo per il gusto di ordinare la mate-ria con una punta di più rispettabile ele-ganza. Al centro, cuore lirico del lavoro, unLarghetto che ripete con qualche indulgenza

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il bel tema cantabile, tutto soffuso di slavamalinconia; Dvorák non ricorre a riempitivi,in realtà ripercorre le sue idee con quellastessa ingenua insistenza con cui si torna aosservare, interiorizzandoli, gli oggetti di unluogo molto caro; le immagini cambiano conla scossa ritmica del Finale, con il suo trot-tare di cavalieri, leggeri come le immaginidi una infantile lanterna magica, che s’in-terrompe solo per sogguardare ancora unavolta la melodia del Larghetto intonata dalvioloncello; alla fine, con confidente natu-ralezza, quasi rifiorendo dalla memoria,riappare il tema del Moderato d’apertura;ma quando la malinconia sta per avere lameglio, giunge a scacciarla il passo briosodi un Presto che congeda l’ascoltatore.

Franz Waxman(1906 - 1967)

Carmen Fantasy per violino e archi

Nato nel 1906 a Königshütte nella Slesia set-tentrionale, Franz Waxman (nome angliciz-zato da Wachsmann) si mantiene agli studinel Conservatorio di Berlino suonando il pia-noforte nei caffè; entrato a far parte di unaorchestra jazz, i “Weintraub Synkopaters”,entra in contatto con l’ambiente musicaledella città, apprezzato da una autorità comeBruno Walter e notato per la sua facilità inven-tiva da Friedrich Hollaender, prolifico autoredi canzoni e di colonne sonore di film, fra cuispecialmente famoso L’angelo azzurro (1930)di Josef von Sternberg con Marlene Dietrichnella parte di Lola Lola. Il giovane Waxman

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deve essersi impadronito in poco tempo di unsolido mestiere, se è vero che riparato a Pariginel 1934 per la minaccia nazista, Fritz Langgli affida il commento musicale per il suoLiliom, adattamento dal capolavoro di FerencMolnár. Nello stesso 1934 Waxman si trasfe -risce a Hollywood e diventa cittadino ameri-cano: incomincia così una instancabile atti-vità, collaborando con le maggiori Case diproduzione e i più celebrati registi, e affer -man dosi come uno dei più richiesti autori dimu sica per film, coperto di riconoscimenti edi premi: basta ricordare alcuni dei titoli piùfamosi, Furore (1936), Capitani coraggiosi(’37), Rebecca (’40), Obiettivo Burma (’45),Il caso Paradine (’48), Viale del tramonto(’50), dove la sua vena, formatasi sul tardoromanticismo tedesco e sui grandi rus si, testi-monia una straordinaria capacità di caratte-rizzare con quattro note le atmosfere più di -verse, dalla passione al thriller, dal dram maalla cordialità della commedia, senza scadereal sentimentalismo hollywoodiano più corrivoo a un trionfalismo opprimente. Carmen Fantasy, nata come colonna sono -

ra del film Humoresque di Jean Negulesco(1937), adopera e combina in una giostramulticolore i temi dell’immortale opera Geor-ges Bizet, fermandosi sulle melodie più trion-fali, ma non dimenticando anche i partico-lari più gustosi; i collegamenti fra un tema el’altro della Carmen sono consegnati allostrabiliante virtuosismo del violino solista.

Giorgio Pestelli

Prague Chamber Orchestra

È la principale orchestra da camera della Re -pubblica Ceca. Come è tradizione degli ensem-ble di questo genere si esibisce principalmentesotto la guida del suo primo violino senza diret-tore. Si compone di 36 elementi e si esibisceregolarmente alla Dvorák Hall che è anche lasede della Orchestra Filarmonica Ceca. Fondata nel 1951 da un gruppo di musici-

sti appartenenti alla Orchestra Sinfonica dellaRadio della Cecoslovacchia si è dedicata ini-zialmente all’esecuzione del repertorio baroccoe classico, dedicando particolare attenzione aimaggiori compositori cechi come Jan LadislavDussek, Johann Stamitz, Anton Reicha, e imaestri di Citoliby. A quest’epoca risalgonoanche le prime incisioni discografiche. La cre-scente popolarità e gli impegni sempre piùnumerosi hanno portato al distacco definitivodal nucleo originario; nel 1955 il gruppo haottenuto il sostegno del Museo nazionale e hapotuto utilizzarne le partiture conservate negliarchivi. Nel 1964 l’amministrazione dell’Or-chestra è passata nelle mani del Ministero dellaCultura.Protagonista di numerose tournées interna-

zionali, è ospite regolare di importanti rasse-gne tra cui il Festival di Primavera a Praga eil Festival di Bratislava. Il repertorio attuale,pur rimanendo legato prevalentemente alleopere degli autori del periodo classico, si èesteso alla produzione romantica e a un note-vole numero di opere contemporanee, conparticolare attenzione ai compositori cechi dicui è stata interprete di numerose prime ese-cuzioni.

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Vadim Repin

Nato in Siberia nel 1971, ha iniziato lo stu-dio del violino a cinque anni; a soli undiciha vinto la Medaglia d’oro in tutte le cate-gorie del Concorso Wieniawski e ha debut-tato in recital a Mosca e San Pietroburgo.Nel 1985 ha debuttato a Tokyo, Monaco,

Berlino, Helsinki e, un anno dopo, alla Carne-gie Hall. A diciassette anni è stato il più gio-vane vincitore del Concours Reine Elisabeth. Tra gli impegni più importanti delle ultime

stagioni ricordiamo il tour con la LondonSymphony Orchestra e Valery Gergiev, le col-laborazioni con Thielemann a Tokyo, con Mutia New York, con Chailly a Lipsia, un tour inAustralia con la London Philhar monic Orche-stra e Vladimir Jurowski, e le prime del con-certo per violino a lui dedicato da James Mac-Millan. Collabora regolarmente con artisti qualiNikolaj Luganskij, Itamar Golan, MarthaArgerich, Evgenij Kissin e Mischa Maisky edirettori quali Vladimir Ashkenazy, Pierre Bou-lez, Kurt Masur, Zubin Mehta, Simon Rattle,Yuri Temirkanov, James Levine e Fabio Luisi. Autore di una vasta e pluripremiata disco-

grafia per le etichette Erato/Warner Classicse Deutsche Grammophone, nel 2010 è statoinsignito della Victoire d’Honneur, presti-gioso riconoscimento musicale francese, ed èstato nominato Chevalier de l’Ordre des Artset Lettres.Nel 2011 la Televisione bavarese ha pro-

dotto un film documentario di Claudia Willkedal titolo “Vadim Repin, un mago del suono”.Suona il violino Bonjour di Guarneri del Gesùdel 1743.

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Allestimento grafico e stampa:la fotocomposizione - Torino