13
IL BARLUME Anno 3 numero 2 – Febbraio 2009

Il Barlume A03N02

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Mensile di letteratura e fotografia

Citation preview

Page 1: Il Barlume A03N02

IL BARLUME Anno 3 numero 2 – Febbraio 2009

Page 2: Il Barlume A03N02

2 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

EDITORIALE The great pretenders Please stand up, the great pretenders are coming. Venghino sìore e sìori, si alzi il sipario, inizia lo spettacolo della Vera Bugia. Mentiremo quest’oggi per divertirvi, per deridervi, per circuirvi, per sedurvi, per incatenarvi. No, non temete gentile pubblico, è tutto estremamente falso, irreale, una vera bugia, un gioco di prestidigitazione verbale, diremo paro-le e subito dopo le sottrarremo, incarteremo, incanteremo, divideremo, mescoleremo, spaieremo, fin quando le parole non saranno che suoni, i suoni onomatopee e gutturali singhiozzi, i singhiozzi pian-to e di bel nuovo riso, sfacciato, lascivo, incurante. Please stand up, sìore e sìori. Il primo ospite di oggi è Monsignor Marcel Lefebvre, fresco di risuscita, che chiarificherà alcune sue accidentali e mal interpretate posizioni circa il rapporto con altre religioni, altro che fascista in divisa religiosa come mormorano alcuni maliziosi. Monsignore si esibirà nella famosissima danza hip-hop omosexual-cardinal-Benny, latineggiando critiche di “Se questo è un uomo”, ma sempre pour parlè, checché se ne dica. A seguire il duo talare Williamson e don Abrahamowicz, i quali sfoggeranno il loro fantasmagorico numero dei saltimbanchi lessicali, declamando coram populo la loro casta devozione verso i martiri dei Lager, a parte alcune piccolissime problematicità relative alla traduzione dal latino al volgarissimo italiano, che potrebbero indurvi erroneamente nel tranello di indovinare una loro mal trattenuta pro-pensione per i campi di sterminio. In terza battuta l’onorevolissimo ministro Frattini, che ci dimostre-rà di amare spassionatamente il Brasile palleggiando con una arancia su verissima sabbia importata direttamente da Bahia. E ancora il nostro capocomico, l’eroico e insormontabile Buongovernatore Silvio Berlusconi, che ci intratterrà con le sue esilaranti freddure su neri, omosessuali, stupri, soldati nelle città, ma soprattut-to con la spassosa sit-com sull’italico ottimismo e sulla stavolta tragica bugia comunista e anarco-insurrezionalista della presunta crisi economica italiana. Sul finire si presenteranno sul palco gli autori del Barlume, tra cui figurano il menzognero ventriloquo Lorenzo Calza e il suo burattino Kerpov, l’ingannevole Emidio Picariello con il suo Grand Guignol del Futuro, il fallace Alessandro Pagni con il suo nuovo recital Dio cabaret. Per concludere l’illusorio Den-ni Romoli si accoccola sulla Sdraio mensile e, assieme all’insincera Costanza Maremmi, propone 3 film mai realizzati e mai recensiti. Buona lettura DePiCo

Page 3: Il Barlume A03N02

3 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

LA TARTARUGA A TESTA IN GIÚ (al telefono con Kerpov) Lorenzo Calza Partì con uno starnuto. - Salute! - Che se ne va. Era una bella mattina, non per il sole, ma per tutto quello che girava nell'aria. - Buongiorno, prof! - Una merda, stanotte ho perso seicento dollari a dadi con Mr. Wiggles. Tu cos'hai, sei malato? Sento un barlume di gioia nella tua voce. - Lei è uno sciamano. Sì, sono contento… Il discorso di Obama. Esce il romanzo. Mio figlio che sta-mattina ha pizzicato la chitarra, cantando: 'La tartaruga, un tempo fu, un animale che correva a testa in giù'… Il figlio che arriva… Poi, ha indovinato, c'è un 'Barlume' all'orizzonte… - Qual è il tema, stavolta? - La vera bugia. - Falso. - No, giuro. - Giuri il falso. Quello non è il vero tema, che è l'amore. - Oddio, sentiamo… - Pensi forse che ci stiamo davvero parlando al telefono? Di aver sentito un bambino di due anni can-tare di una tartaruga a testa in giù? Pensi che Obama salverà il mondo? - Beh, sì – declamai gonfiando il petto. - Sei un buon sembiante, figliolo. Essere ottimisti è una mancanza di rispetto verso la sofferenza, una vera bugia. - Mhm… 'Sta cosa la diceva Schopenhauer. Insieme alla realtà come rappresentazione, vera solo per gli occhi di chi la guarda eccetera… - Quello era un polacco stronzo, figlio di papà, che poteva permettersi il pessimismo grazie alle laute paghette! - Tirò uno starnuto. - È raffreddato? - Allergia. - Insomma, che gli dico a quelli? - Di smetterla coi giochi di parole! - Non mi sembra loro intenzione, è più lei che s'ingarbuglia nelle… - Sei innamorato, figliolo? - Sì, direi di sì… - Hai indugiato. Tutti indugiano di fronte alla domanda bruciante. Chi non lo fa è falso, si era già pre-parato la recita. Questa domanda affonda nella verità più intima del nostro io, custode della menzo-gna suprema. - Quindi, l'amore è una bugia. - Secondo il polacco stronzo è una balla che ci raccontiamo come pretesto per riprodurci. - Cioè, gli omosessuali non possono amarsi davvero. Lei la pensa così? - Potrei raccontare al polacco stronzo che le sue teorie non sono vere che agli occhi di chi le legge, cioè ai miei. Quindi, non esistono in-sé. - Insomma, quale sarebbe la vera bugia? - Fingere di raccontarsi la verità, sapendo che si tratta di uno specchio. 'Adequatio rei et intellectus', adeguare il pensiero alla cosa. Lacan diceva che, quando ci innamoriamo, abbiamo l'impressione che la persona di cui c'innamoriamo era l'oggetto che cercavamo da sempre, sin da bambini. Invece è un riflesso di noi stessi. Usiamo l'altro per innamorarci di noi stessi! - È mostruoso! - No, è bellissimo. Narciso è un mito stupendo. C'è un percorso di verità e disvelamento della nostra natura più profonda, dietro questa scoperta. La vera bugia, è la bugia che diventa verità! Mi ero stufato. - Prof, ormai la conosco… - Che vuoi? - Lei è innamorato?

Page 4: Il Barlume A03N02

4 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

Silenzio. - Prof, mi risponda. Partì uno starnuto. - Allergia? - Ripensavo ai dadi. - Prof, di chi è innamorato? Cadde la linea, e la risposta fu "tuu-tuu-tuu". Ho cercato 'Narciso' su Wikipedia.

Page 5: Il Barlume A03N02

5 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

IL FUTURO PARTE QUARTA Emidio Picariello

- Beneditemi Padre perché ho peccato. - Quante volte figliuolo? Sì, sono andato in Chiesa. Quando non sai a che santo votarti, uno vale l'altro. A dire il vero non è che io sia propriamente un credente. Diciamo che intanto volevo riprovare il piacere di passare avanti alle altre persone. La Loggia ha la sua corsia preferenziale anche in Chiesa, e io ho anche le azioni. Questo gesto, il passare avanti agli altri, mi ricorda che io sono un privilegiato. Chiunque stia cercan-do di spaventarmi non mi ha tagliato ponti e fondi. Questo vuol dire che vogliono qualcosa da me, qualcosa che non si possono prendere, qualcosa che possono solo chiedermi. Per questo devo fare la conta di quello che ho, quali sono gli amici che mi sono rimasti, quali sono i privilegi che ancora ho, quali sono gli account che posso ancora chattare1. - Ho buttato un operaio morto in un mio cantiere in una discarica. - Sei un confratello, figliuolo? - Sì - Bene figliuolo, se tu non lo fossi stato non avrei potuto assolverti, lo sai? Devo prendere le misure a questa situazione. Se il Prete mi assolve vuol dire che Chiesa Cattolica e la Loggia sono ancora con me, o almeno serve che io lo creda. Se mi avessero abbandonato questo sarebbe stato considerato un atto overt imperdonabile. Devo dire la verità? Io non so se ci credo. Alla fine Chiesa Cattolica Spa, quando ancora era un culto e non una multinazionale, aveva molte volte condannato religioni che adesso ne sono parte integrante. Lo stesso "thetan", che adesso mi si rovinerebbe irrimediabilmente se non fossi un confratello, una volta si chiamava "anima", se non sbaglio. Pare che quando Chiesa Cattolica Spa si rese conto che stava perdendo troppo terreno nei confronti delle religioni orientali, prima fra tutte quella mussulmana, cominciò una campagna acquisti serrata: prima i testimoni di Geova, Scientology e le altre religioni con un forte senso di appartenenza alla setta, poi, progressivamente, i protestanti e tutti gli altri. Come i romani dell'Impero dovette fare del-le concessioni, lasciare vive certe tradizioni, mischiare, corrompere, sciogliere, diluire. Ma alla fine i capi delle sette vendettero senza opporre grosse resistenze e finirono le loro vite in veri e propri pa-radisi in terra, senza attendere quelli dei cieli. Qualche irriducibile, invece, fu mandato all'inferno. Per quel che riguarda gli adepti la cosa fu più facile di quanto si possa immaginare: se sei abituato a cre-dere che quello che ti dicono gli anziani è parola del Signore, ti possono anche dire che quello che ieri era il tuo mortale nemico oggi è il tuo Dio. Non importata quanto falsa sia una bugia, conta quanto si riesca a farla credere vera. - Fanno 500 crediti Passo la mia carta - Ego te absolvo, lodiamo il Signore perché è buono - Eterna è la sua misericordia Esco in strada e mi sento un poco meglio. Squilla Goosky. E' mia moglie. Rispondo, ma non è la sua voce, quella che sento2. E' invece una sorta di fischio assordante. Poi sono seduto su una sedia, non legato, solo seduto. Nel mezzo, niente. Non ricordo nulla.

Page 6: Il Barlume A03N02

6 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

Di fronte a me c'è una ragazza, avrà 50 anni al massimo, è strana, non è né chubby né anorexic. For-se sarebbe stata bella in altri tempi, quando i canoni di bellezza erano diversi. In effetti ha le forme che ho visto in vecchie riviste, mi pare si chiamassero Playboy. E' strana, si vedono poche donne della sua taglia, infatti i vestiti le stanno decisamente troppo stretti. D'altronde i gusti in fatto di donne si adattano alle donne e le donne si adattano ai gusti: a me piacciono le donne magre, ma tanti miei amici preferiscono le ragazze in carne. Una come lei, davvero, è una strana rarità. Se non fossi così spaventato potrei anche trovare gradevole il suo aspetto, per quanto deprecabile socialmente. - Sei stato in Chiesa? Mi chiede. - Non farmi domande delle quali sai la risposta Non so se avrei risposto così in questa circostanza, con un'altra persona di fronte ma lei è così... di-versa che mi sento più coraggioso. - Che ci sei andato a fare? - Io sono un rispettato Confratello della Loggia P2, posseggo azioni di Chiesa Cattolica Spa e posso accedere alla confessione a tariffe agevolate, perché non avrei dovuto farlo? - Ti racconto una storia. Tanti anni fa avevo un'amica. Quando il suo ragazzo morì, anche se morì di cancro come tutti, lei diventò pazza. Quando andavo a trovarla dovevo stare attenta a non pestare i fili immaginari che solo lei vedeva nella stanza, altrimenti cominciava a gridare. - Perché mi racconti questa storia? - Aspetta, ascoltala tutta. Poi diventò cattolica, sempre più bigotta, sempre più serrata. Cominciò a dire che gli omosessuali puzzavano… - Gli omosessuali puzzano! Mi viene istintivo, è una cosa che sento ripetere tante volte. A dire il vero, quelli che ho conosciuto hanno un odore normale. - Lo hai mai verificato? - Mmmm. No. - Ecco, appunto, puoi ripetere una bugia tante volte, fino a farla diventare una verità che anche i bambini prendono per tale.

Page 7: Il Barlume A03N02

7 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

- Io non capisco cosa vuoi da me? - La mia amica, quando diventò così tanto religiosa, smise di avere bisogno di vedere fili nella stanza. E' questo il problema: le religioni sono fili per schizofrenici. Un'altra volta quel fischio assordante e mi risveglio nel letto. Accanto a me c'è mia moglie. Ho sognato tut-to? Sul comodino la ricevuta della confessione. La giro. Dietro, scritto a mano, leggo: "Fili per schizofrenici".

1 Oggi si sarebbe detto: "quali sono i numeri che posso ancora chiamare". 2 Diversamente da quel che accade con il numero di telefono, se conosco password e utente di qualcuno, posso utilizzare il suo accont di Skype - ma anche di altri programmi di messaggistica e VoIP - e quindi fa-cilmente fingermi lui.

Page 8: Il Barlume A03N02

8 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

DIO CABARET Alessandro Pagni Un giorno un dio viziato creò a sua immagine e somiglianza, solo un po’ più brutto e meno patetico, un esserino con due gambe e due braccia, una circoscritta capacità d’azione e una testa pericolosa che sapeva pensare. Il gioco visto da distanze infinite non si presentava particolarmente divertente: non era altro che un inutile esserino che poteva camminare, dormire, mangiare, neppure tutto poi, e poteva trastullarsi con una piccola appendice in mezzo alle sue gambe. Per cercare di riparare ad un’idea venuta male il dio viziato, e detto tra noi anche un po’ patetico, creò anche un altro esserino, decisamente meno patetico, dalle forme dolci, sinuose come colline, tutto in lei ricordava lo spettacolo della natura, lo spettacolo di quei pochi giorni di fatica precedenti. Analizzando il risultato il dio viziato si ritenne abbastanza soddisfatto, capì che mettere in contatto quei due esserini avrebbe portato a evoluzioni inaspettate. Non si stancò per ore di osservarli, era buffo vedere come si ponevano l’uno nei confronti dell’altra, come piano piano si scoprivano, si indagavano. Quella notte il dio capriccioso andò finalmente a dormire vagamente felice. Veramente felice sarebbe stato eccessivo. Ma la mattina quando andò a controllare il suo piccolo mondo, deciso a interagire con i due minuscoli abitanti, trovò un’amara sorpresa: i due avevano dato un senso a quella buffa appendice e a quella grotta misteriosa che li apparteneva, avevano capito come creare la prima magia dell’universo, sape-vano fondersi insieme e annullare tutto ciò che c’era intorno col solo movimento di quei due corpi l’uno dentro l’altro. Il dio rimase perplesso dalla scena che gli si presentava davanti. Questi due corpi perennemente avvinghiati, uniti, erano per la maggior parte della giornata una cosa solo al di fuori di tutto il teatrino che aveva creato per loro. Il dio provò a chiamarli gentilmente per far comprendere loro che il loro scopo era camminare, man-giare, non proprio tutto, prendere, accucciarsi, dormire. La sua voce fu come muta, i due esserini non avevano occhi che l’uno per l’altra. Il dio viziato provò un senso di stizza nei confronti del suo nuovo giocattolo, cominciò ad essere im-paziente, ma neppure il vento, la pioggia, o qualsiasi altro movimento brusco di quella sfera di vetro noiosa e perfetta, ebbe un qualche risultato. La stizza si trasformò in rabbia, il dio viziato non poteva tollerare che quei due esserini così piccoli, deboli e ridicoli non provassero un desiderio infinito di passare tutta la giornata a divertirlo, a intrat-tenerlo e invece riuscissero a essere sufficienti da soli, l’uno con l’altra. Capì che la sua creazione stava cominciando a dare segnali negativi, quindi con odio cieco li divise, con violenza: con un fulmine staccò i due corpi e pretese attenzione. A malincuore, questa volta lo ascoltarono. - Dovete amarmi, venerarmi, ringraziarmi per avervi dato questo paradiso solo per voi, dovete ren-dervi conto che senza di me siete solo polvere! Polvere e schifoso fango! Niente più. I due esserini erano perplessi, non si sa se lui o lei, ma uno dei due avanzò un dubbio: - Ma non ab-biamo chiesto noi di venire al mondo…- Sembrava ragionevole, anche abbastanza logico, ma il dio viziato la prese come il peggior sacrilegio che potesse essere commesso. Si mossero gli alberi, ulularono la foglie dietro a un vento spaventoso. I due si strinsero senza capire cosa avessero sbagliato. Cominciò a piovere sempre più forte, ma quell’acqua ovunque risvegliò il loro entusiasmo e ricomin-ciarono a fondersi come avevano fatto nei giorni precedenti. Il dio egoista e un po’ patetico cercò di convincersi che i due esserini fossero venuti un po’ male, pensò che non fossero particolarmente intelligenti, ma il suo pensiero tradiva una vena di dubbio. Per quanto continuasse a convincersi di essere il migliore non potè fare a meno di continuare a guar-dare con sospetto quell’intreccio di gambe e di mani smanioso e inarrestabile. Doveva inventarsi qualcosa per sgomberare al più presto il suo Paradiso dagli sgraditi inquilini, rimu-ginò per un po’ e trovò finalmente un modo. Li chiamò ma loro continuarono a ignorarlo. Li chiamò più forte.

Page 9: Il Barlume A03N02

9 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

Niente. I due non si staccavano. Allora gridò tanto che la terra cominciò a tremare come se stesse per disgregarsi. I due finalmente lo degnarono di considerazione un po’ accigliati per l’interruzione. - Ho una sola regola per voi se volete rimanere qui. – I due esserini si guardarono con occhi interrogativi. “Regole?, cosa sono le regole? Ma non osarono domandare niente vista la reazione psicopatica del giorno prima. - Potete fare tutto nel mio Paradiso, solo una cosa vi è proibita, mangiare una delle mele dell’albero “proibito”. – Il dio viziato soddisfatto chiuse i contatti. I due esserini pensarono che fosse uno dei tanti tentativi di quel dio capriccioso per partecipare al loro gioco e senza preoccuparsi ricominciarono a rotolarsi sull’erba morbida. Il dio vide l’indifferenza dei due. Il piano aveva funzionato. Si trasformò in serpente e strisciò tra i rami dell’albero proibito. Cominciò a sibilare, ma i due non volevano in nessun modo staccarsi, li chiamò, ma fu come sempre inutile. Alla fine fece appello a tutti i suoi poteri e fece venire a entrambi una fame cieca. Per un po’ neppure questo funzionò, poi a malincuore i due esserini si staccarono e si avvicinarono al primo albero di frutta che avevano vicino. Il serpente sibilò frasi ambigue e maliziose ma senza che ce ne fosse bisogno. Non si fermarono neppure a pensarci un secondo, la fame è fame, staccarono una mela a testa e co-minciarono a mangiarla. Il dio serpente egoista e viziato rimase basito dall’assoluta e prepotente mancanza di ubbidienza mani-festata dai due umani. Non riusciva a credere di aver creato una razza talmente fuori dai canoni, così assolutamente incontrol-labile, testarda e surreale. Il suo piano aveva funzionato senza che dovesse fare sforzi. Ma rimase adombrato dal suo così palese insuccesso nel creare quei due piccoli mostri. Tornò alle sembianze incorporee e fluttuanti del dio e con tono caricato e poco credibile si finse arrab-biatissimo.

Page 10: Il Barlume A03N02

10 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

Urlò oltre quanto avrebbe dovuto sembrando più che un dio una zitella isterica, i due risero. - Perché avete preso la mela dall’albero proibito? – - Perché avevamo fame. – Anche questo era abbastanza logico, ma il dio viziato gridò ancora più forte. - è proibito quell’albero, voi avete trasgredito una mia legge, voi sarete puniti per questo. – I due si guardarono consapevoli entrambi di non aver capito molto di quello sproloquio. Poi lei provò a ribadire: - avevamo fame.- La rabbia del dio diventò reale, aprì un varco tra gli alberi e li cacciò violentemente fuori dal suo Para-diso, facendoli atterrare sulla terra “vera” e decisamente poco ospitale. È tremendo non riuscire a capire dove una persona abbia sbagliato. L’ira del dio era così grande che nel punirli volle rincarare la dose: gli inflisse la pena di riprodursi ogni volta che si sarebbero fusi insieme. E fu un errore madornale. Nel bene e nel male i due esserini riuscirono a cavarsela e non smisero mai di fondersi insieme, co-minciando a moltiplicarsi creando altri esserini piccoli e bruttini ma anche loro con la passione di fon-dersi e di non voler imparare cosa significa “proibito”, passarono i secoli, i millenni e gli esserini diven-nero tanti e così differenti l’uno dall’altro, così pieni di vita, di cose, di desideri e rabbia, che il dio ve-ramente non riuscì più controllarli. E la terra che aveva creato per esseri superiori perfetti e ubbidienti, degli schiavi-tutto-fare, era stata riempita fino a traboccare di umani pronti a disobbedire, a uccidere, a squartare, ad amare, a ridere, a vomitare e bere, a tradire senza il suo permesso. E alcuni di loro, di superiore ingegno e possibilità, trovarono il modo di sostituirlo completamente, di giocare loro a fare il dio viziato e capriccioso in modo molto più convincente e spietato. È così che è nato il mio viso. È questo ciò che sono.

Page 11: Il Barlume A03N02

11 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

LA SDRAIO Denni Romoli Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, precisione e velocità d’esecuzione. Tempi e citazione da Amici Miei, la scena dove il Necchi depone una imponente e maestosa cacca nel vasino del figlio di ricchi borghesi, alterando la percezione del possibile e preoccupando non poco i genitori circa la salu-te e la capacità intestinale del loro piccolo. Alterando le dimensioni, spostandosi di lato, anche di poco, si ottiene una vera bugia. Anzi, la bugia vera, quella incontestabile, lapalissiana, immarcescente, per usar termini che tra poco torneranno in voga. Perché la verità non ha bisogno di estasiate affermazioni, non necessita di un palcoscenico. La verità è minuta, sottile, un colibrì sostenuto da un giunco in un giorno di vento. Ma la bugia, tanto più se vera, si declama, diventa oratoria retorica dedicata a platee sorde. Una ragazza appartata con il suo compagno in quel di Guidonia, a dare e ricevere carezze e parole venate di sensuale; un momento, i pugni, la violenza e la paura che si fa reale, una violenza che a turno diventa carnale, fin troppo concreta, impotente. Un silenzio di pietà raccoglie i resti di questi gesti, pietà per la donna che ha conosciuto nella sua anima l’umiliazione di cui è capace un suo simi-le, pietà per l’uomo impotente che ascolta il dolore della sua compagna, pietà e rabbia per gli stupra-tori adesso cacciati per le strade, in futuribili prossime gogne pubbliche con possibilità di linciaggi corali, uomini assetati di vendetta, una giustizia autosomministrata, sanguinaria e brutale . Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, precisione e velocità d’esecuzione. Il nostro buon governa-tore Silvio Berlusconi non ricorderà la scena di Amici Miei, ma sa bene cos’è il genio. Credevamo che avesse toccato l’apice con le battute sui deportati nei campi di sterminio. Eppure, ancora non era giunto a perfezionare genialmente la bugia vera. Stavolta ce l’ha fatta. Commentando i fatti di Guido-nia, dichiara che “queste cose possono succedere anche in uno Stato di polizia”. Non è riuscito a trattenere la bugia vera, talmente vera che ha dovuto camuffarla da bugia caleidoscopicamente de-formata. La bugia vera perfezionata al sommo grado: una verità vera camuffata da vera bugia. La sua era un’affermazione, da leggersi come un’attestazione, una dichiarazione, un prender atto di uno stato di cose. Nessuno ha capito, i media hanno pensato fosse una deresponsabilizzazione, un voler attribuire re-sponsabilità al fato, al caso, alla sfortuna dei due giovani amanti. No, cara donna stuprata, no uomo che assisti impotente. Siete stati elementi non incidentali, ma necessari, parole sulle tavole delle leg-ge che finalmente hanno rivelato la bugia vera. Il nostro buon governatore non aspettava altro, ed annuncia la sua trovata: 30.000 soldati nelle città, per garantire la protezione dal male. Queste cose possono succedere anche in uno stato di polizia. Il nostro stato, si è dimenticato di pre-cisare.

Page 12: Il Barlume A03N02

12 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2009

SIETE SOLO DEGLI SPOCCHIOSI DI MERDA Denni Romoli e Costanza Maremmi Effetto notte – Regia di Francois Truffaut (1973) F for fake – Regia di Orson Welles (1973) Mephisto - Regia di István Zsabó (1981)

Esisteva un tempo la Dea della Verità, una sembiante autenticamente fasulla che si divertiva a sollaz-zare il cuore degli uomini con vani brusii sulle arti e sul loro potere trasformativo, inizialmente incom-prensibili agli uomini della madre Grecia. Per primo la notò Platone, che si divertì ad inserirla nel suo mondo delle idee, una delle vere bugie migliori di sempre. La Dea della Verità è giunta fino a noi, cari-ca di menzogne. Oggi si trastulla con la settima arte, coacervo di verità bidimensionali, summa apotro-paica che dovrebbe fugare il dubbio, poiché l’immagine è evidente, incontestabile, immodificabile, tan-gibile, manifesta. In una parola, apocrifa. L’arte, riassunta nella settima delle tali, si dichiara fedelissi-ma riproduzione del reale. Come ogni arte, d’altronde. La dea della verità così pontifica alle orecchie degli uomini dotti, ma non necessariamente saggi, parlando del cinema e delle sue sorelle maggiori e minori, a seconda dei punti di vista. Vuol farci credere che l’arte è il reale, una delle sue forme alme-no, uno spicchio disperato di eterno. Francois Truffaut è uno dei protagonisti dei suoi racconti, e la sua notte americana, il suo effetto notte, racconta del farsi del cinema, della creazione di un film già creato ancor prima di girarsi, già girato anzi e quindi già visto. Arte intrecciata al reale, si potrebbe supporre. La Dea della Verità ci blandisce con rose purpuree del Cairo e memorie di polvere di stelle. Siamo tentati di cedere, il suo canto è dolce come quello degli elfi di Tolkien, potente come la voce di Orson Welles, il falsario del cinema, colui che si celebra e si compiange in F for fake, più che irritante, malinconica, polverosa, ieratica, cattedratica, unica e banalissima ultima sua opera. Tanto banale da sostenere che la menzogna dell’arte è l’unico reale possibile. La menzogna dell’arte così spesso insoz-zata dal troppo falsamente reale potere politico, il Mephisto di Zsabó, un attore tedesco negli anni del nazionalsocialismo che si scopre Faust mentre cede la sua anima per essere fin troppo visto, troppo amato, troppo applaudito. La menzogna della pittura, del teatro, del cinema, della vita. La menzogna del fenomeno che coincide col noumeno, del reale, l’essenza del reporter di Antonioni, smascherato dalla sua stessa sapienza vuota e occidentale. Una menzogna a cui crediamo volentieri, amica Dea della Verità, non avendone altre possibili. La menzogna di restare attaccati a motivi e respiri diseguali e frusti, rinnovati nel pre-sente per non perderci in un tempo centrifugo. Come l’amore, d’altronde, rinnovato e sempre medesi-mo, presunto altro da sé continuamente ripetuto e celebrato. Menzogna, arte, cinema, amore, vera bugia ultima.

La metà delle persone passa il tempo a far finta di essere qualcun altro. E io sarei la più umile di esse,

se non fossi il solo ad ammettere che sono ciò che sono e ciò che non sono,

ecco in cosa sono unico. Orson Welles

Page 13: Il Barlume A03N02

13 Il Barlume - Anno 3 - Numero 2– Febbraio 2009

Il Barlume [email protected] Anno 3 Numero 2 Febbraio 2009

Mensile fondato e diretto da Costanza Maremmi [email protected] Denni Romoli [email protected] Emidio Picariello [email protected]

Le foto di questo numero sono state scattate da

Costanza Maremmi www.flickr.com/photos/costanzamaremmi