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IL CANNOCCHIALE 1 Penso tutti e tre. L'Expo, come dice il suo stesso nome, "espone". Che cosa? Una grande quantità di argomenti, questo è certo. Tuttavia essi sono quasi inde- finibili. Si può parlare di cibo, di energia, ma c'è di più. Lo sfondo conoscitivo è, come in ogni umana manife- stazione, il passato; l'esposizione è il pre- sente e l'obiettivo è il futuro. Ciascuno di questi tre momenti, in particolar modo il presente, racchiude numerose problema- tiche. Una delle principali è il contrasto o, forse, l'abisso che intercorre tra i Paesi più avanzati e quelli detti "del terzo Mondo". Un abisso che ci fa comprendere molto sul significato della vita e della felicità... Non risiedono, né l'una né l'altra, nelle sempre nuove tecnologie che ci circondano o nell'eleganza dei vestiti che indossiamo (o almeno non solo), ma nella fortunata condizione in cui siamo nati. Viviamo in un luogo in cui regna la pace, bene prezioso che dovremmo custodire gelosamente; mangiamo in piatti sempre vergognosamente stracolmi di cibo; abbiamo la possi- bilità di informarci e di ricevere un'istruzione... Abbiamo tempo e denaro per organizzare eventi come Expo che ci consentono di ragionare sulla nostra stessa condizione. Che dire, allora? Una sola parola: responsabilità. Facciamo in modo che queste iniziative non rimangano vuoti contenitori privi di un insegnamento etico applicabile nella nostra vita quotidiana. Noi futuri architetti e ingegneri siamo chiamati in modo duplice alla responsabilità. Non solo ci è richiesto di applicare tale insegnamento, ma abbiamo la possibilità – e il dovere, tramite il ro troverete per la prima volta un articolo di uno studente di Architettura, Giacomo Fruz- zetti. Spero che ciò sia l’inizio di una proficua collaborazione. All’interno incontrerete anche due ospiti: Matteo Calautti che, già collaboratore quale studente di Ingegneria informatica, frequenta ora il Corso di Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche e Sebastiano Tarditi, studente del Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nel Campus Universitario di Savona. Auguro a tutti buona lettura. Luca Palazzo IL CANNOCCHIALE Realizzato con il contributo dell'Università degli studi di Genova Expo: passato, presente o futuro? L'Albero della Vita, simbolo di Expo Milano 2015 Novembre 2015 nostro lavoro – di ideare nuovi modelli di com- portamento, di costruire strade che possano essere seguite dagli altri. Attraverso “Il Cannoc- chiale”, che giunge alla sua quarta uscita, speriamo di muoverci in questa prospettiva. Per meglio perseguire i no- stri obiettivi e affinché il giornalino davvero rap- presenti l’intera Scuola Politecnica dell’Uni- versità degli Studi di Genova, in questo nume- Stampato in proprio dal Settore Centro Stampa dell'Università degli Studi di Genova. La diffusione gratuita del presente stampato avviene esclusivamente nell'ambito della Scuola Politecnica dell'Università degli Studi di Genova. La collaborazione degli aderenti è avvenuta su base volontaria e a titolo totalmente gratuito. L'opera realizzata, date le sue caratteristiche di pubblicazione non programmata a intervalli di tempo prefissati, non può essere ricondotta alla tipologia di periodico.

Il Cannocchiale (2) - politecnica.unige.it · Che cosa? Una grande quantità di argomenti, ... noi tutti ben a conoscenza di quanto le diverse specialità ... soprattutto per le colture

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IL CANNOCCHIALE 1

Penso tutti e tre. L'Expo, come dice il suo stesso nome, "espone". Che cosa? Una grande quantità di argomenti, questo è certo. Tuttavia essi sono quasi inde-finibili. Si può parlare di cibo, di energia, ma c'è di più. Lo sfondo conoscitivo è, come in ogni umana manife-stazione, il passato; l'esposizione è il pre-sente e l'obiettivo è il futuro. Ciascuno di questi tre momenti, inparticolar modo il presente, racchiude numerose problema-tiche. Una delle principali è il contrasto o, forse, l'abisso che intercorre tra i Paesi più avanzati e quelli detti "del terzo Mondo". Un abisso che ci fa comprendere molto sul significato della vita e della felicità...Non risiedono, né l'una né l'altra, nelle sempre nuove tecnologie che ci circondano o nell'eleganza dei vestiti che indossiamo (o almeno non solo), ma nella fortunata condizione in cui siamo nati. Viviamo in un luogo in cui regna la pace, bene prezioso che dovremmo custodire gelosamente; mangiamo in piatti sempre vergognosamente stracolmi di cibo; abbiamo la possi-

bilità di informarci e di ricevere un'istruzione...Abbiamo tempo e denaro per organizzare eventi come Expo che ci consentono di ragionare sulla nostra stessa condizione. Che dire, allora? Una sola parola: responsabilità. Facciamo in modo che queste iniziative non rimangano vuoti contenitori privi di un insegnamento etico applicabile nella nostra vita quotidiana.

Noi futuri architetti e ingegneri siamo chiamati in modo duplice alla responsabilità. Non solo ci è richiesto di applicare tale insegnamento, ma abbiamo la possibilità – e il dovere, tramite il

ro troverete per la prima volta un articolo di uno studente di Architettura, Giacomo Fruz-zetti. Spero che ciò sia l’inizio di una proficua collaborazione. All’interno incontrerete anche due ospiti: Matteo Calautti che, già collaboratore quale studente di Ingegneria informatica, frequenta ora il Corso di Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche e Sebastiano Tarditi, studente del Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nel Campus Universitario di Savona.

Auguro a tutti buona lettura.

Luca Palazzo

IL CANNOCCHIALERealizzato con il contributo dell'Università degli studi di Genova

Expo: passato, presente o futuro?

L'Albero della Vita, simbolo di Expo Milano 2015

Novembre 2015

nostro lavoro – di ideare nuovi modelli di com-portamento, di costruire strade che possano essere seguite dagli altri. Attraverso “Il Cannoc-chiale”, che giunge alla sua quarta uscita, speriamo di muoverci in questa prospettiva. Per meglio perseguire i no-stri obiettivi e affinché il giornalino davvero rap-presenti l’intera Scuola Politecnica dell’Uni-versità degli Studi di Genova, in questo nume-

Stampato in proprio dal Settore Centro Stampa dell'Università degli Studi di Genova. La diffusione gratuita del presente stampato avviene esclusivamente nell'ambito della Scuola Politecnica dell'Università degli Studi di Genova. La collaborazione degli aderenti è avvenuta su base volontaria e a titolo totalmente gratuito. L'opera realizzata, date le sue caratteristiche di pubblicazione non programmata a intervalli di tempo prefissati, non può essere ricondotta alla tipologia di periodico.

Il programma Erasmus, dal 1987 ad oggi, ha permesso a più di 5 milioni di studenti universitari di poter svolgere un periodo di studio all’estero. A quasi 30 anni dal suo inizio ha subito diverse modifiche: oggi è possibile partecipare a percorsi di Double Degree con altre università europee. Questi ultimi nascono dall’accordo tra due università e permettono di svolgere il secondo anno della laurea magistrale all’estero. Alla fine si consegue il master dell’università straniera e la laurea italiana. In generale i requisiti per poter partecipare sono avere un buon voto di laurea triennale, una buona media e un ottimo livello di conoscenza della lingua inglese.L’esperienza Erasmus è molto arricchente dal punto di vista accademico in quanto permette ai giovani di misurarsi con un altro metodo di insegnamento e soprattutto molto importante dal punto di vista personale. Consente infatti di entrare in contatto, in un breve periodo di tempo, con moltissime culture differenti e creare delle amicizie che poi dureranno tutta la vita, senza dimenticare che è fondamentale per imparare

scere tanti ragazzi da tutto il mondo.Con quelli del mio appartamento si è subito in-staurato un clima di amicizia e anche se nel cibo biso-gna adattarsi un po’ si riesce a trovare tutto il necessario.

Sulla base della mia esperienza personale con-siglio a tutti di partecipare ad un’esperienza all’estero (quali l'Erasmus, il Double Degree o la stesura dell'elaborato di tesi) perché rappresenta un gradino molto importante per la crescita personale e amplia le prospettive di lavoro.

Cristiano Visciotti

Erasmus in UKOpportunità di studio all'estero

La Library della Cranfield University, centro di formazione post-laurea basata sulla ricerca. Ha due principali scuole accademiche: quella di economia e quella di ingegneria

navale esiste un Double Degree Agreement con l’Università di Cranfield che consiste in un MSc (“Master of Science”) in Advanced Mechanical Engi-neering.

Quest’anno io sto partecipando proprio a tale programma e sto scrivendo dalla Library della Cranfield University, un palazzone enorme, a disposizione degli studenti, aperto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.La possibilità di stare un anno lontano da casa, in un ambiente internazionale in cui dovermi confrontare con un altro metodo di studio rappresentava per me una sfida da non perdere.Ho la fortuna di vivere nel campus e in pochi giorni ho potuto cono-

CRISTIANO VISCIOTTI

veramente bene l’Inglese. Anche l’Università degli Studi di Genova ha stipulato accordi di questo tipo con diversi Atenei. Per quanto riguarda l’ingegneria

2 ERASMUS IN UK

Voglio fare il Manager!

molto formativa perché mi ha per-messo di entrare in contatto con il mondo del lavoro, comprendendo come sia strutturata un’azienda nella divisione dei reparti e nelle relazioni sociali e gerarchiche tra i vari membri.Inoltre ho trovato molto utile l’esperienza per orientarmi sul percorso di studi che vorrei seguire. Infatti molti tra i professionisti che ho incontrato hanno iniziato a lavorare come ingegneri e solo successivamente si sono avvicinati al mondo dell’economia e del management, “convertendo” o ampliando le proprie competenze. Ciò dimostra l’affidabilità di una laurea ingegneristica per ricoprire eventualmente in futuro anche incarichi non puramente tecnici. Se ora mi chiedessero: “Vorresti fare il manager?”, la mia risposta sarebbe affermativa, ma solo dopo aver concluso il percorso di studi in ingegneria. Infatti le competenze tecniche sono più difficili da acquisire, mentre quelle economiche si possono colmare successivamente grazie ai numerosi Master MBA post-laurea che danno inoltre un valore aggiunto alla propria formazione. Consiglio la breve esperienza manageriale offerta dalla nostra Scuola a tutti coloro che siano interessati a intraprendere questo mestiere durante la propria carriera. In pochi giorni viene fornita un’ottima panoramica sul mondo lavorativo e su opportunità, anche trasversali all'ingegneria, che esso ci offre.

Francesco Massoletti

L'ingegnere e il manager

FRANCESCO MASSOLETTI 3

I partecipanti all'iniziativa "Voglio fare il manager" (2015) raccontano la propria esperienza durante l'incontro conclusivo svoltosi nella sala al piano nobile di Villa Cambiaso

Quando si parla della figura del manager ci immaginiamo una persona dedita completamente al lavoro, impegnata ad ogni ora e sempre sull’attenti. In realtà non è proprio così e alcuni ragazzi della Scuola Politecnica, tra cui chi scrive, hanno avuto la possibilità di comprendere questo aspetto entrando a contatto con il mondo manageriale. Nel marzo scorso si è tenuta l’iniziativa “Voglio fare il Manager” proposta dall’Università di Genova, in collaborazione con Federmanager e Manageritalia. Il progetto pre-vedeva l’affiancamento ad un manager durante la sua giornata lavorativa: in questo modo il gruppo di studenti ha potuto prendere confidenza con il mondo manageriale e vedere applicati gli “strumenti” del mestiere e il know-how acquisiti dopo anni di pratica professionale. Oltre alla professiona-

lità e alla competenza nel settore, per un manager è importante essere dotato di “soft skills”, ovvero di abilità trasversali. Esse, innate o affinate con il tempo, consentono di relazionarsi al meglio con il contesto lavorativo e di migliorare le prestazioni dell’azienda. Infatti il manager è un “gestore” e deve quindi capire in ogni momento i problemi e la priorità con cui devono essere affrontati.Complessivamente abbiamo parte-cipato a sei giornate in due aziende, quindi per un periodo di tempo che permette di non perdere troppe ore di lezione. Inoltre ci è stato offerto un incontro di orientamento su come valorizzare al meglio il periodo di affiancamento (quali domande fare ai manager, perchè coprono quel ruolo, il loro percorso di studi, etc.) e durante il quale ci è stato spiegato come scrivere un curriculum ed affrontare un colloquio di lavoro. Personalmente l'esperienza è stata

VOGLIO FARE IL MANAGER!

Speciale EXPO Milano 2015Innovazione tecnologica in agricoltura

Con l’organizzazione dell’EXPO l’Italia si è fatta portavoce dei traguardi tecnologici raggiunti dall’agricoltura negli ultimi decenni. Sostenibilità e produttività sono termini che molto spesso vanno di pari passo; molti dei Paesi partecipanti hanno esposto le innovazioni che hanno segnato la storia dell’agricoltura e le tecnologie che si pensa porteranno nuovi cambiamenti. Ne esaminerò alcune in questo articolo, essendo noi tutti ben a conoscenza di quanto le diverse specialità dell’ingegneria abbiano contribuito in tali settori.

Ottimizzazione delle macchine agricoleDagli inizi del 900, se non dallo studio dei primi meccanismi, l’agricoltura è sempre stata un campo di applicazione ottimale per tutti quei macchinari che consentissero di diminuire lo sfor zo f isico del conta dino,

Questi strumenti consentono ai contadini di aver ben chiaro l’avanzamento dei lavori, lo stato della macchina e la posizione della stessa all’interno degli enormi campi (talvolta non banale).New Holland, capofila nel mercato dei mezzi pesanti per l’agricoltura, ha mostrato ad EXPO alcuni suoi macchinari di punta, lasciando a bocca aperta ogni appassionato di meccanica che si sia addentrato nel padiglione.

Monitoraggio dei campi in voloLe ultimissime tecnologie nel monitoraggio delle coltivazioni derivano dall’uso dei SARP, meglio noti come “droni”. I SARP vengono impiegati per sorvolare la zona coltivata ad una determinata quota e sono programmati per rilevare immagini (tramite fotografia o spettroscopia) che possono essere elaborate dagli agrotecnici o dai contadini. In tal modo è possibile intervenire tempestivamente in una zona non visibile dai confini della coltura (si pensi ad un problema di irrigazione al centro del campo). La fusione di conoscenze note dell’agrotecnica e la capacità di monitoraggio centralizzato di questi strumenti pone basi molto importanti, soprattutto per le colture che ricoprono grandi superfici o inerpicate su dislivelli. Gli ultimi progressi hanno permesso i primi test con droni auto-matizzati, guidati con segnale satellitare, o equipaggiati con agro-farmaci monodose, per ese-guire interventi mirati sulla coltura.

permettendo maggiore produttività a minor fatica. Le prestazioni raggiunte da tali strumenti sono state tanto grandi da rinnovare completamente la professione “contadina”: basti pensare che al giorno d’oggi per raccogliere i prodotti di piantagioni estese per decine di ettari sono necessari solo alcuni macchinari, dotati di enorme potenza e delle migliori tecnologie. Ad esempio le odierne mietitrebbie possono essere considerate dei veri e propri “impianti di elaborazione del prodotto” su ruote: capaci di trebbiare fino a 13 metri di campo a passata ed elaborare il raccolto da grezzo a pronto per lo stoccaggio. Lo sviluppo di questi gioielli di meccanica e meccatronica non ha fine, poiché nell’ultimo decennio sono stati integrati sistemi laser e GPS per l’orientamento degli stessi sul campo, tanto che sarebbero in grado di muoversi indipendentemente senza lasciarsi indietro una sola spiga di raccolto.

IVAN ROSCIANO SPECIALE EXPO MILANO 2015

Una mietitrebbiatrice di ultima generazione

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tica e maggior controllo grazie al monitoraggio continuo di tempe-ratura, salinità della soluzione e di tutte le altre variabili.

Queste sono solo alcune delle innovazioni che potrebbero farci vivere in un mondo più equo, in cui il cibo sia accessi-bile a tutti. Molti di questi progetti sono stati sviluppati in Paesi ricchi ed esportati in zone del cosiddetto “terzo Mondo”, dove assumono un ruolo ancora più decisivo. Forse per alcuni lettori potrebbe venire meno l’immagine classica del contadino dedito alla coltivazione del proprio appezzamento, al seguito di tanta tecnologia e innovazione; ma spesso è la passione stessa dei contadini a spingerli verso ciò che può risollevare un mestiere considerato da molti faticoso e poco remunerativo.

Ivan Rosciano

zione genetica tra piante o ai sistemi di irrigazione “goccia a goccia” di cui sono stati inventori e tuttora ricercatori.

L’agricoltura dove meno te la aspettiAltro settore di studio sono i cosiddetti giardini verticali (presentati dagli USA), progetto mirato all’integrazione del “verde” nelle grandi città e in stretto contatto con il concetto di “orto cittadino”. Oltre a purificare l’aria congestionata da smog tali nuove concezioni urbane porterebbero l’uomo a riavvicinarsi ai valori della natura e dell’agricoltura.Cito in questo settore anche la grande diffusione delle culture idroponiche o fuori suolo, ovvero piantagioni che, in modo quasi assurdo, fanno a meno della terra: vengono infatti coltivate in appositi materiali fibrosi e immerse in acqua contenente sostanze nutrienti. Tale tipo di colture permette di ottenere prodotti puliti (pensiamo all'insalata imbustata) con minor fa-

IVAN ROSCIANO

Il Padiglione USA a EXPO Milano 2015

Miglior uso delle risorse idricheLo sfruttamento delle risorse idriche è un punto critico dell’agricoltura sita in ambienti ostili (si pensi ai climi dell’Africa) e per coltivazioni di vastissima estensione, come le Mega Farms americane. Il problema della capillare diffusione dell’acqua viene affrontato, ad esempio negli USA, con grandi mezzi in grado di interrare tubi permeabili lungo l’estensione dei campi, creando delle falde artificiali. Ma problema di ben più grande interesse è lo sfruttamento della risorsa stessa. Si stanno col tempo sviluppando in numero sempre maggiore sistemi di coltivazione che prevedono il riciclo dell’acqua o l’integrazione di organismi viventi in grado di rielaborare le sostanze di scarto delle piante per renderle nuovamente utilizzabili. Molti passi avanti sono stati fatti in Israele, dove l'estrema carenza di risorse idriche è stata affrontata con studi multisettoriali: si pensi all'ibrida-

SPECIALE EXPO MILANO 2015 5

descrizione basata su tali due forme non potrà far altro che rispecchiare il nostro livello gnoseologico mentale. L'intelletto riceve le informazioni derivanti dalla sensibilità e, filtrandole, svolge effettivamente l'attività pensante. Esiste quindi anche qui un filtro, rappresentato dalle categorie (sintetiche a priori - inerenti quantità, qualità, modalità e relazione), che consente a ciò che Kant nomina "io penso" di produrre conoscenza. Ancora una volta quest'ultima non contiene in sé le categorie ed è vero altresì che il mondo rispetta le leggi della fisica poiché tale scienza si basa sugli stessi principi che regolano l'appa-renza fenomenica. Attraverso la forza dirompente dei giudizi sintetici a priori Kant stravolge le concezioni filosofico-scientifiche del passato. Rimane ancora da chiarire l'esistenza delle tre idee di anima, mondo e Dio prodotte dalla ragione. Se a livello razionale sono indimostrabili, esse giocano un fondamentale ruolo propulsivo nei confronti della scienza, della vita e dell'etica. Etica ancora più importante della scienza: per riprendere l'epitaffio sulla tomba del filosofo prussiano, la "legge morale dentro di me" assume, per la vita dell'uomo, valore ben più grande del "cielo stellato sopra di me".

Luca Palazzo

difetta della fase deduttiva. Kant chiama giudizi analitici a priori (infecondi) i principi del primo, giudizi sintetici a posteriori (non universali) quelli del secondo. Quale principio può garantire fecondità e universalità al sapere scientifico? Il filosofo di Konigsberg elabora i giudizi sintetici a priori, che godono della fecondità newtoniana e dell'uni-versalità cartesiana. Con il termine “giudizi” egli non si riferisce alle leggi scientifiche, ma all'im-palcatura mentale che produce il sapere umano. I giudizi sono gli elementi strutturali di tale impalcatura, sono il filtro attraverso cui è possibile conoscere.In particolare la conoscenza si sviluppa attraverso tre fasi gestite rispettivamente da sensibilità, intelletto e ragione. La prima permette di acquisire dati attraverso le forme (sintetiche a priori) di spazio e tempo. Non è detto che esse siano effettivamente proprie dell'essere; la realtà in sé rimane infatti inconoscibile: Kant la indica come "noumeno", un'incognita di cui abbiamo solo una particolare esperienza fenomenica. Se indos-sassimo sempre lenti azzurre, diremmo che il mondo è azzurro: allo stesso modo lo descriviamo at-traverso lo spazio e il tempo, nostra duplice lente d'osservazione. Per questo esso risponde correttamente all'interpretazione geometrico-aritmetica, per il semplice fatto che non potendo noi percepire la realtà se non nello spazio e nel tempo, una

IL METODO DELLA SCIENZA

Il Metodo della Scienza

LUCA PALAZZO

Immanuel Kant raggiunse le vette più alte del pensiero occidentale segnando un punto di svolta nel percorso filosofico della nostra società. Recuperando l'esperienza razionalistico-deduttiva di Cartesio e quella empiristico-induttiva di Newton, senza dimenticare la

Immanuel Kant (1724-1804)

Immanuel Kant in un ritratto settecentesco

fiducia nella ragione sostenuta dagli Illuministi, trovò un nuovo fondamento epistemologico per il sapere umano e, quindi, per la scienza. Non si occupò direttamente del metodo, ma le sue riflessioni, che riguardano il processo conoscitivo, hanno avuto un impatto diretto sullo stesso. Se da un lato il metodo cartesiano non trova conferma nella realtà non presentando il momento induttivo, dall'altro quello newtoniano non assurge a validità universale poiché

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Origini dell’IngegneriaInformatica: dai "giganti" ai "nani"

una tecnologia fondamentale per svolgere la maggior parte delle attività lavorative, per migliorare diversi servizi pubblici come la sanità, i trasporti e sta entrando sempre più nelle nostre case. Abbiamo visto come negli anni si sia sviluppata; recentemente è stato creato da IBM un processore chiamato TrueNorth, grande come

un francobollo, capace di imitare il cervello umano. Composto di 5,4 miliardi di transistor, un milione di neuroni programmabili e 256 milioni di sinapsi program-mabili è in grado, secondo gli esperti, pur non avendo i 100 miliardi di neuroni del cervello umano, di emettere allarmi o di monitorare fuoriuscite di petrolio. Il chip consuma 70

milliwatt di potenza, a differenza degli attuali processori che consumano 35-140 watt. L'obiettivo finale di IBM è costruire supercomputer di piccole dimen-sioni - all'incirca come una scatola da scarpe - con 10 miliardi di "neuroni" che consumino un solo kilowatt. Per confronto, il nostro cervello utilizza solo 20 watt. Per molti, benché ancora in fase sperimentale, l’innovazione di IBM potrebbe aiutare a superare i limiti prestazionali dell’architettura di Von Neumann, il sistema matematico su cui si basano quasi tutti i computer costruiti dal 1948 ad oggi.

Elisa Bernardi

sioni più ridotte. I primi computer erano molto costosi e potevano essere acquistati solo da agenzie governative, centri di ricerca e università. Dalla seconda metà degli anni Settanta nacquero i primi personal computer che divennero accessibili alla grande utenza. Oltre alle macchine cambiarono anche i linguaggi di

programmazione: tra i più antichi vi sono il FORTAN, il COBOL, il LISP; tra i più recenti il C, il PASCAL. Negli anni Novanta, invece, la rete Internet subì una grande evoluzione e nacquero linguaggi pensati appositamente per questa come JAVA.In queste vicissitudini storiche svolge un ruolo fondamentale, parallelamente alla speculazione scientifica, l'applicazione pratica delle conoscenze informatiche. È infatti in quest'ottica che nasce il ramo dell’ingegneria ad esse dedicato e teso a sfruttare le potenzialità del calcolatore per la ricerca di soluzioni ai problemi tecnici.Oggi l'informatica sta diventando

ELISA BERNARDI

Il chip Truenorth della IBM

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L’informatica è una scienza (o meglio una tecno-scienza, trat-tandosi di conoscenze applicate alla tecnologia) in quanto continua an-cora a essere studiata e migliorata. Il termine “informatica” fu coniato nel 1962 da Hubert Dreyfus come insieme delle due parole: INFORmazione e autoMATICA. Le sue origini possono essere fatte risali-re alla progettazione delle prime macchine in grado di eseguire operazioni matema-tiche come il “calcolatore di Pascal” del XVII secolo e la “macchina differenziale di Babbage” del XIX secolo, ma solo intorno al 1930 essa diventa una disciplina a sé stante.Nella seconda metà degli anni Quaranta, Turing in Inghilterra e Atanasoff in America portarono alla costruzione delle prime macchine elettroniche capaci di elaborare informazioni come l’ENIGMA in grado di scoprire le coordinate nemiche in guerra. Queste macchine erano molto ingombranti (occupavano intere stanze), utilizzavano migliaia di valvole che erano programmate da operatori manualmente in linguaggio macchina. Verso gli anni Cinquanta vennero introdotte le schede perforate semplificando così il lavoro di programmazione. L’introduzione dei transistor nella seconda metà degli anni cinquanta e dei circuiti integrati nella seconda metà degli anni Sessanta trasformarono queste macchine ingombranti in strumenti di dimen-

ORIGINI DELL'INGENGERIA

Il mistero del Big Bang

Hoyle definì, in modo dispregiativo nel 1949, come “Big Bang”. La teoria cosmologica del Big Bang descrive l’espansione dell’Universo a partire da un singolo punto, risalente a 13,7 miliardi di anni fa, ma si astiene dal chiarire la configurazione antecedente ad esso. Il cosmologo considera improponibile tale questione, asserendo che spazio, tempo e materia sono nati con il Big Bang stesso. L’invincibile fisica non è veramente riuscita a penetrare l’inizio. E’ costretta a fermarsi un po’ di tempo dopo. Quanto? Un istante, la cui lunghezza e durata risultano a noi note: 10-44 secondi dopo l’inizio. Un muro. Viene definito come il “tempo di Planck” ed è considerato il più ristretto intervallo di tempo concepibile. Viviamo in un mondo fatto di materia, di odori, di suoni, di luci: l’ipotesi dell’esistenza di qualcosa che

René Magritte, "La Battaglia delle Argonne" (1959): il senso di disorientamento generato dall'opera è quello che l'uomo prova a causa dell'incomprensibilità di certi fenomeni inspiegabili per la scienza

L’uomo teme l’ignoto. Ottenere la completa conoscenza di un fenomeno rappresenta l’unica via per non avere paura. Conoscenza è controllo. Lo studio della scienza, della filosofia e dei processi psicologici ha avuto e tuttora ha come unico scopo quello di indagare e comprendere la struttura ed il funzionamento del mondo in cui viviamo. L’evoluzione della fisica degli antichi, ampliata da Galileo, formalizzata da Newton e generalizzata da Einstein, non ha fatto altro che decifrare in modo sempre più esplicito l’universo sensibile, risultando incapace, tuttavia, di esprimersi sulle realtà ultime. Cosa c’era prima? Cosa è successo prima? Cosa ha creato l’universo e perché? Siamo in grado di rispondere a queste domande?La ricerca scientifica si è spinta molto indietro nel tempo, fino al fenomeno che il matematico Fred

ALBERTO VICENTINI8

sia svincolato dal tangibile o, generalizzando, dalle coordinate spazio-temporali risulta incon-cepibile. Ma al tempo di Planck il tempo non è quello macroscopico che conosciamo. Non è ancora distinto dallo spazio, non scorre, non prosegue inesorabilmente come una freccia, non è lineare come lo misurano le severe lancette degli orologi: nella frazione di 10-44 secondi, attimo ed eternità non appaiono scissi, così come non lo sono passato, presente e futuro. Quel tempo minuscolo, pertanto, è anche immenso. Qualsiasi cosa può essere successa. E avendo a disposizione tutto il tempo per succedere. Gli eventi contenuti in esso, forse, trascendono la nostra comprensibilità.Giunti dinanzi a questo muro sembra che l’irrefrenabile desiderio di conoscenza e la parallela impossibilità nel soddisfarla si risolvano in un dubbio insostenibile. I fisici sono inquieti; la relatività è in disaccordo; i cosmologi tentennano. Un muro di opacità è elevato sulla realtà del Big Bang. Al culmine di un avanzamento esponenziale delle conoscenze sul cosmo nella seconda metà del Novecento la scienza rimane monca, spalancando così la strada alla possibile e disturbante ipotesi creazionista del disegno intelligente.Citando un teologo cristiano: “Non sono necessariamente opposto alla teoria del Big Bang. Piuttosto, so chi lo ha innescato”.

Alberto Vicentini

OLTRE LE COLONNE D'ERCOLE

Giochi e Curiosità

GIOCHI E CURIOSITÀ 9

• SUDOKU

Medio Difficile

• ILLUSIONE OTTICA

M. C. Escher, "Waterfall", 1961

• SOLUZIONI SUDOKU DELLA SCORSA USCITA

Titanico

Scouting 2.0, la nuova frontiera della ricerca di talenti

Viaggio tra database, portali di videoscouting ed autocandidature "social"

MATTEO CALAUTTI

per segnalare profili interessanti. Perché ciò? Ovviamente per una questione di risparmio economico. Indipendentemente dalla caratura della società (e quindi anche dall’investimento economico), ogni osservatore elabora una relazione dettagliata che verrà raccolta nel database societario, sempre a disposizione dei dirigenti.

WYSCOUT E PASS-FOOTBALLOltre all’osservazione di persona, ha assunto negli anni una notevole importanza anche il videoscouting, ovvero la raccolta di materiale video riguardante i profili interessanti per la valutazione in sede societaria. Il servizio italiano più efficiente secondo gli addetti ai lavori è WyScout, start-up di Matteo Campodonico con sede a Chiavari e associata alla società WyGroup, che però non riesce a garantire la stessa copertura nel calcio giovanile. Un altro molto "frequentato" è Pass-Football di Adriano Bacconi, in grado di filtrare i giocatori grazie ad apposi-ti algoritmi attraverso lo screening

delle caratteristiche tecniche, fisiche, economiche e sembra anche comportamentali.

FB PLAYER E LE AUTOCANDIDATUREPer ragioni economiche sta prendendo sempre più campo FB Player, una start-up italiana supportata da iStarter. Di cosa si tratta precisamente? Costituisce un social network nel quale chiunque può iscriversi per autocandidarsi, inserendo dati fisici e statistici, foto e video delle proprie prestazioni, in modo tale da potersi mettere in evidenza. E non è tutto. Infatti è caratterizzato anche da "strumenti" attraverso i quali gli utenti non calciatori (tra cui magari gli osservatori stessi) possono scambiarsi pareri ed opinioni, condividendo le gesta degli atleti.

Quale sarà la prossima frontiera dello scouting sportivo?

Matteo Calautti

Nella scorsa "puntata" de Il Cannocchiale si è parlato di management di società sportive, tra democrazia e supporto informatico. Nel pezzo di oggi, invece, si parla della nuova frontiera dello scouting, ovvero l’attività di ricerca di nuovi profili sportivi da ingaggiare.

MODELLO UDINESELa società sportiva italiana che negli anni è stata più in grado di costruirsi un’immagine al passo con i tempi, coadiuvata da grandi ricavi economici, è sicuramente l’Udinese del presidente Giampaolo Pozzo. Secondo un articolo de La Gazzetta dello Sport, infatti, i friulani spenderebbero circa sette milioni di euro all’anno a stagione per mantenere quindici osservatori e tutta la relativa rete di scouting. Basti pensare all’attaccante cileno Alexis Sánchez che, secondo il sito di statistiche Transfermarkt, è stato scovato in Sud America e portato in Italia per una cifra inferiore ai quattro milioni per poi essere rivenduto al Barcellona di mister Joseph Guardiola per 25 milioni.

DATABASE E VOLONTARICome può una società ottimizzare il processo di ricerca al giorno d’oggi? Per quanto riguarda il panorama italiano, da quanto si evince dalla ricerca di Gaetano Farina sul quotidiano online Lettera 43, la rete di osservatori delle società non ai vertici del campionato italiano si avvarrebbe soprattutto di personale volontario, ovvero persone che per passione si muovono in ambito locale Adriano Bacconi, proprietario di Pass-Football

10 SCOUTING 2.0

ENRICO MACCHIAVELLO 11BICI A SCATTO FISSO

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Bici a scatto fissoSubcultura o mezzo di trasporto?

logo e in nessuna vetrina e l’unico modo per averne una era provvedere personalmente, con tecniche artigianali, alla conversione di bici tradizionali, aggiungendo quindi un valore emozionale al prodotto e una resa sicuramente più orientata alla personalizzazione e quindi all’unicità. Queste caratteristiche, unite all’aspetto allo stesso tempo minimalista e vintage, le hanno rese oggetti di culto inizialmente tra gli ambienti più underground e sperimentatori. Solo succes-sivamente hanno conquistato i grandi numeri fino ad arrivare ai marchi più blasonati che hanno aggiunto questo modello tra i listini a seguito della crescente richiesta. Ciò ha fatto sicuramente scemare la carica distintiva del fenomeno, sminuendone il significato origi-nario di “tribalismo metro-politano”, inteso come risposta alla omologazione che colpisce soprattutto le grandi città; tuttavia esso rimane un sincero testimone dei sentimenti che animano la nostra generazione.

Enrico Macchiavello

È sempre più frequente incontrare nelle nostre città ciclisti che spingono sui pedali di bici simili a schegge impazzite per snellezza, leggerezza, sbilanciamento in avanti e soprattutto assenza di freni. Si tratta delle scatto fisso, bici con un solo rapporto e pignone fisso grazie al quale accelerazioni e decelerazioni possono essere controllate dalla forza di spinta o di resistenza impressa sui pedali (tecnica complessa ma che consente di non montare freni sul mezzo).Questa tipologia di meccanismo,

Un esempio di bici a scatto fisso da me realizzata

che è anche quello adottato nel primo prototipo di bici della storia, è da sempre molto usato dai “bike mes-senger” delle varie aziende per le caratteristiche di leggerezza e minore usura dei compo-nenti. A livello sportivo invece regna sovrana sui parquet dei velodromi di tutto il

mondo per le competizioni di ciclismo su pista e per la preparazione invernale dei ciclisti su strada. Tuttavia il vero motivo per cui si vedono queste bici utilizzate come mezzo di trasporto quotidiano spesso non trae origine né dalle pratiche sportive né dalla praticità. Si tratta invero di un fenomeno nato poco meno di dieci anni fa nei sobborghi di grandi metropoli come New York o Berlino, con l’intento di dare connotati fisici ad una subcultura di matrice alternativa in piena ascesa. Infatti, diversamente da adesso, le scatto fisso non comparivano in nessun cata-

"Jurassic Park": pura fiction o contenuto tradito dal cinema?

12 SEBASTIANO TARDITI

Dai tremolii della terra sembrava che “Jurassic World” incombesse sulle sale cinematografiche al passo di un tirannosauro, ma il suo grande successo si mostra per quello che è realmente: un “Indominus Rex”. La nitidezza di dettagli e i “nuovi” dinosauri, combinati alla (lodevole) abilità in materia di marketing, sembrano essere la sola chiave di questo successo planetario. Definitiva condanna “intellettuale” del genere “Jurassic Park”? Non proprio. C'è solo da dire che gli scarsi contenuti di questo film (che gravita attorno ad un non ben precisato disegno militare per l'utilizzo dei dinosauri), sebbene compren-sibilmente sacrificati sull'altare del mercato, non rendono certamente giustizia all'ideatore del genere, Michael Crichton. Egli, negli anni '90, aveva partorito “Jurassic Park” in un libro di poco meno di 500 pagine, condito di immaginario, fantascienza, avventura, ma anche e soprattutto carico di contenuti importanti, specialmente in tema di rispetto della natura e di eco-sostenibilità. I protagonisti della storia sono pressoché identici a quelli del film (Dottor Grant, Prof.ssa Sattler, John Hammond e così via), ma particolare enfasi è concentrata su Ian Malcolm, il fantomatico matematico e porta-voce delle tematiche più spinose trattate dal libro. Lungo l’intero racconto Malcolm esterna il suo completo disappunto riguardo al progetto del Parco, fungendo in tutto

più infarcito di nozioni del primo. Ian Malcolm è protagonista, e i suoi studi si concentrano sull'estinzione, al cui centro vi è il concetto di “margine del caos”. Si basa tutto sul comportamento. Se una specie rimane troppo indietro rispetto a questo margine fittizio non produce innovazione e si estingue; se lo supera produce troppa innovazione e si estingue; la sopravvivenza è a metà, dove innovazione e immobilismo si compensano. È così che molte specie si sono adattate alla prima era glaciale, ma si sono estinte quando i ghiacci si sono ritirati: il ritorno alle “condizioni iniziali” ha costituito un ulteriore peso per la loro evoluzione. Studiando i dinosauri, applica questa teoria dell'estinzione anche all'uomo: l'umanità ha acquisito compor-tamenti che, se non corretti, la porteranno all'estinzione. Il riferimento esplicito è allo scarso riguardo nei confronti della natura, all'inquinamento industriale, all'indifferenza, al conformismo di massa e al qualunquismo, che propagano il malcostume. Da notare che Malcolm non ritiene il pianeta in pericolo: il pianeta sopravvivrà ed ecosistemi si ricreeranno nonostante i disastri dell'uomo. L'uomo può solo salvare se stesso, rispettando quella natura da cui, ancora oggi, dipende completamente.

Sebastiano Tarditi

"La vita troverà il modo"

e per tutto da “opinion leader”, alla luce della Teoria del Caos. La teoria del Caos è una branca della matematica che utilizza le equazioni non lineari per descrivere il comportamento dei sistemi complessi. Nel libro come nel primo film, Malcolm la sintetizza spiegando il “butterfly effect”: una farfalla sbatte le ali a Pechino e a New York cambia il tempo. Nei sistemi complessi, quindi, infi-nitesimali variazioni danno vita a conseguenze di grande rilievo. Nel caso del Parco applica i suoi ragionamenti agli ecosistemi che vengono sconvolti e manipolati a volontà dagli scienziati di “Jurassic Park”. Un ambiente come quello del Parco non potrà mai reggere, per infinite ragioni: gli animali provengono da un’era lontana, non sono abituati alla nostra aria e alla temperatura terrestre; sono imprevedibili e per di più non si sa nulla sul loro conto; l'ecosistema andrà cercando equilibrio, per cui è improbabile che non fuggano o si mischino; dulcis in fundo, si riprodurranno, perché la vita sfugge a qualsiasi barriera. “Jurassic Park” non si traduce soltanto in un parco pericoloso e mal costruito, ma anche in un luogo dove l'uomo gioca a fare Dio, utilizzando l'ingegneria genetica in maniera sprovveduta e superficiale, in un gioco in cui il profitto è l'unico obiettivo: «Dio crea i dinosauri, Dio distrugge i dinosauri, Dio crea l'uomo, l'uomo distrugge Dio, l'uomo crea i dinosauri». Il secondo libro è ancora

JURASSIC PARK

GIACOMO FRUZZETTI

Dubai, Regina del desertoQuando l'architettura sfida la natura

che dovrebbe diventare il più grande parco divertimenti del mondo, oltre ad un immenso complesso ospedaliero e di wellness. Già ultimati invece il “The World” (trecento isole artificiali che, viste dall'alto, rappresentano la geografia dei continenti del nostro pianeta) e le Palm Islands (penisole la cui forma richiama quella dell'omonimo albero). Celebre anche il Burj al-Arab (“Torre degli Arabi”). Tuttavia l'icona assoluta è senza dubbio il Burj Khalifa, intitolato al principe Khalifa, Presidente degli Emirati Arabi Uniti. Inaugurato il 4 gennaio 2010, con i suoi 829,8 metri è la struttura più alta mai realizzata. La torre, che fa parte di un'area di 2 km² in corso di edificazione chiamata "Down-town Burj Khalifa", è stata pro-gettata da Skidmore, Owings & Merrill, già autori della nota Freedom Tower all'interno del New World Trade Center a Manhattan, New York. La pianta dell'edificio è ispirata alla forma di un fiore di Hymenocallis (specie particolarmen-

te diffusa a Dubai). Il super-grattacielo detiene, oltre a quello per la maggiore altezza, ben 12 record, alcuni dei quali davvero incredibili: è, a titolo di esempio, l'edificio con più piani (163) e dispone degli ascensori più veloci al mondo, capaci di raggiungere addirittura i 64 km/h. Il Burj Khalifa si propone così, a suon di record, come simbolo universale della grandezza di Dubai nel mondo: l'architettura diventa quindi il mezzo attraverso cui realizzare tale maestosità. Un edificio capace di toccare il cielo e raggiungere altezze impensabili, in una sfida, quella tra architettura e natura, che è ancora tutta da scrivere. Fin dove si spingeranno gli architetti e gli ingegneri? Riusciranno a realizzare edifici ancora più alti? In attesa di conoscere la risposta, non ci resta che ammirare il Burj Khalifa in tutto il suo splendore.

Giacomo Fruzzetti

Fruzzetti

Il Burj Khalifa svetta nel cielo di Dubai con i suoi 829,8 metri di altezza

“Regina del Deserto”: questo il nome che da sempre accompagna la città di Dubai, crocevia fondamentale per il florido commercio delle perle nel XIX secolo che, a partire dagli anni Sessanta, ha vissuto un tale sviluppo da diventare uno dei principali centri politico-finanziari al mondo. E i numeri di questa crescita sono incredibili. Nel solo 2013, la borsa di Dubai è cresciuta dell’81% e la compagnia di bandiera, Fly Emirates, ha investito 99 miliardi di dollari per potenziare la propria flotta e diventare così la compagnia aerea con il maggior numero di velivoli al mondo. Iniziativa collegata è quella del nuovo aeroporto Al Maktoum che sarà il più trafficato al mondo, superando, secondo le stime, il primato di quello londinese di Heathrow. Per il prossimo futuro c’è anche l’Expo del 2020 con un volume di potenziali investimenti ben superiore a quelli che erano in programma per Milano 2015. Lo sviluppo urbanistico, oltre che quello commerciale, e le costruzioni in larga scala hanno reso Dubai una delle metropoli mondiali in più rapida ascesa, al pari di quelle cinesi. L'architettura è l'espressione della grandezza del piccolo Emirato: lo skyline della città è tra i più mozzafiato del nostro pianeta. Numerosissimi sono i capolavori architettonici che svettano tra le dune del deserto circostante. Sono in fase di costruzione la Sport City e Dubailand

13DUBAI, REGINA DEL DESERTO

La Torre di Babele

LUCA GHIZOLFI LA TORRE DI BABELE

Lo studio della storia, la lettura delle Scritture o semplicemente i racconti diffusi nell’immaginario comune non possono aver lasciato alcuno all’oscuro della conoscenza del mito della Torre di Babele. Il racconto della Bibbia (“Genesi 11, 1-9”, "Libro dei Giubilei", 10, 18-27) è confrontabile con un antecedente poema sumerico, “Enmenkar e il signore di Aratta”, senza tener conto dei frequenti riferimenti riscontrabili in opere minori d’età ellenistica e romana. La narrazione presenta il progetto di Dio finalizzato a dividere gli uomini sulla Terra affinché essi la popolassero spiegando, al contempo, l’origine delle differenze linguistiche. Nonostante il folto numero di letture allegoriche a riguardo vi è una sostanziale convergenza nell’in-terpretare il tragico epilogo di questa vicenda come “punizione divina” nei confronti degli uomini, rei di aver disobbedito al Disegno Celeste in virtù di una vera e propria sfida alla Divinità. Nel nostro immaginario la Torre di Babele è rimasta, infatti, come simbolo emblematico del senso

ziqqurat rovesciato (lo stesso Whright la denominò, infatti, “Taruggiz”). Essa può essere vista come una Torre di Babele ribaltata, col valore simbolico di voler riunire i popoli con la cultura, in aperto contrasto con quanto avvenuto nella narrazione biblica. La tensione verso strutture sempre più spettacolari ed appariscenti subisce, proprio a partire da questo periodo, un notevole incremento, favorito dal progresso scientifico e tecnologico. Si pensi al "Burj Khalifa" che è stato descritto nell'articolo alla pagina precedente o alla "Kingdom Tower" (a Gedda, in Arabia Saudita), che con più di un chilometro di altezza è pronta ad aggiudicarsi il primato di edificio più alto al mondo entro il 2019.Eterno è il tentativo dell’uomo di superare se stesso, pervaso dall’irrefrenabile convinzione di non arrestarsi mai ai limiti raggiunti. La Torre di Babele continua dunque a proiettare la sua ombra nell’immaginazione degli uomini: forse perché ogni volta che l’uomo

Tra mito e realtà

di infinito e della tensione dell’uomo verso il cielo, verso l’inconoscibile.Costruita in tempi remoti dal popolo di Sennar (Bassa Babilonia), il suo nome deriva dalla lingua accadica “Bab-Ilu” , che significa “Porta del Dio” o “Porta degli Dei”. Da un attento confronto delle fonti e dei relativi reperti storici, viene tradizional-mente identificata con l’“Etemenanki” ("Casa delle

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Il Salomon R. Gugghenheim Museum

fondamenta del cielo e della terra”), la principale ziqqurat di Babilonia, nell’antica Mesopotamia. Dalla descrizione riportata dal greco Erodoto di Alicarnasso intorno al 460 a.C. apprendiamo che la torre, di pianta quadrata con lato di 91.5 metri, si elevava all’incirca di pari misura su sette gradoni con altezza decrescente, collegati tra loro da una rampa elicoidale per l’accesso. L’idea di salire indefinitamente si traduce nella scala elicoidale o nella rampa a spirale dello ziqqurat babilonese, modello ridotto di una torre di Babele iperbolica, che deve avere cioè la forma di un iperboloide di rotazione in modo tale che essa muti per successive aggiunte di materiale pur restando isomorfa. Un esempio recente, espressione diretta di questa ten-denza, è rappresentato dall’ec-centrica struttura che ospita il “Salomon R. Gugghenheim Museum”, un museo di arte moderna e contemporanea (1943) progettato da Frank Lloyd Whright. Nel suo aspetto somiglia molto ad uno

concepisce una nuova e smisurata ambizione, per un istante lo assale la memoria della prima grande catastrofe tecnologica o forse perché anche la smisurata torre ha a che fare con ciò a cui l’uomo volge per natura, ovvero l’Infinito e la Metafisica.

Luca Ghizolfi

Un mondo di migrantiForza e contraddizioni della nostra società

Oggi il mondo è una grande torre di Babele, è un mondo di migrazione di lingue, culture, abitudini che si vanno a fondere in una società sempre più multietnica. I migranti nel mondo sono più di un miliardo se si tiene conto anche delle migrazioni interne agli Stati. Ciò vuol dire che essi pesano per il 14% della popolazione mondiale: 1 abitante su 7 nel mondo è un migrante. Questo è un flusso inarrestabile che non può essere certo fermato con muri di filo spinato, né manganelli, né lacrimogeni come abbiamo visto fare in questi mesi.Nel campo delle scienze naturali a regolare la direzione del flusso è una legge fisica: il flusso di elettroni che parte dall’anodo, dove avviene una reazione di ossido-riduzione (redox), e arriva al catodo; il flusso dell’acqua in pressione che va nella direzione in cui il carico piezometrico decresce.Analogamente la legge che regola il

UN MONDO DI MIGRANTI YOUSEF BENEZZINE 15

flusso di una popolazione nella società odierna è la legge dell'ineguale sviluppo economico; cioè lo spostamento avviene da una zona a minore ad una a maggiore sviluppo capitalistico. È una legge scientifica sempre valida in una società con diversi livelli economici. Oggi l'Europa ha bisogno della popolazione migrante per mantenere gli standard necessari per il welfare, il sistema pensionistico e la produzione industriale. Ciò a causa dei bassissimi tassi di natalità attualmente presenti: ad esempio in Italia, secondo l'ISTAT, in ogni nucleo familiare nascono 1,3 figli. Tassi ancora inferiori sono presenti in alcune zone della Germania. Il calo demografico che l’Europa sta affrontando ha ripercussioni molto negative ed è dovuto ad un tasso medio di natalità di 1,51 figli per nucleo familiare (dato riferito alla EU a 27 Stati). Con questi tassi è in discussione anche la continuità della

Una catasta di barconi a Lampedusa

sarebbe molto diverso da quello che oggi è costituito da Siriani, Afghani, Eritrei...Allora una riflessione si scorge naturale: una generazione come la nostra, la cosiddetta generazione 2.0, abituata all'innovazione tecnologica senza fine, ha senso che debba osservare un fenomeno del genere: barconi affondati nel mar Mediterraneo, gente morta asfissiata in un camion in Austria o l'immagine del bambino siriano morto sulle spiagge della Turchia? Allora è necessaria una riflessione per un vero cambiamento.

Yousef Benezzine

Bibliografia: "Più nonni che nipoti: il sorpasso nel 2020", da www.avve-nire.it, 06/11/2014, "Produciamo più cadaveri che bambini", da www.ilfoglio.it, 04/04/2014.

specie umana: un paradosso per una società sviluppata in senso capitalistico come l'Europa. Anche per questo servono i migranti.Per concludere avrei potuto descrivere il flusso dei migranti europei italiani, te-deschi e francesi che all'inizio del Nove-cento partirono per l'America: nella sua forma, ma anche nella sua sostanza, esso non

Redazione

16 REDAZIONE

Coordinatore: Luca Palazzo (Civ-Amb)

Vice Coordinatore: Pietro Manica (Civ-Amb)

Segreteria Luca Barraco (Civ-Amb), Elena Cosso (Civ-Amb), Sergio Scalise (Civ-Amb), Mattia Vanni (Civ-Amb)

Rilettura e revisioneAlessia Bellomo (Civ-Amb), Fabio Cereseto (Civ-Amb), Marco De Caro (Civ-Amb), Ottavio Mazzaretto (Civ-Amb), Paolo Mazzitelli (Civ-Amb), Federico Mignone (Civ-Amb), Edoardo Nicolini (Civ-Amb), Luca Ottonello (Civ-Amb), Luca Pescia (Civ-Amb), Chiara Tacconi (Civ-Amb)

Impaginazione e graficaLuca Palazzo (Civ-Amb, per questa uscita), Luca Perazzo (Inf)

Distribuzione Alvise Bonelli (Civ-Amb), Tiziano Merletti (Gest)

Sostenitori dell’iniziativa “Il Cannocchiale”Francesco Abatis (Me), Luca Ardissone (Civ-Amb), Pietro Arnaldi (Bi), Andrea Ballestracci (Civ-Amb), Arianna Banchero (Me), Yousef Benezzine (Civ-Amb), Eugenio Berrino (Civ-Amb), Camilla Caretta (Nav), Simone Cavecchia (Nav), Maurizio Cavelli (Civ-Amb), Enrico Chinchella (Civ-Amb), Lorenzo Crocco (Civ-Amb), Pietro De Vito (Civ-Amb), Loris Francesco Di Maio (Nav), Valentina Fassi (Civ-Amb), Alberto Fossa (Civ-Amb), Niall Grifoni (Nav), Francesco Grillo (Me), Xhuliano Guri (Civ-Amb), Eluina Haja (Civ-Amb), Vera Marchetti (Civ-Amb), Giorgia Melis (Civ-Amb), Francesco Merio (Nav), Simone Merlo (Civ-Amb), Alessio Molinari (Civ-Amb), Alice Monti (Civ-Amb), Saimir Osmani (Civ-Amb), Davide Ottonello (Civ-Amb), Lucrezia Paletta (Civ-Amb), Daniele Pastorelli (Civ-Amb), Daniele Pestarino (Civ-Amb), Sara Pinasco (Civ-Amb), Giulia Rapallini (Civ-Amb), Federico Repetto (Nav), Riccardo Righetti (Nav), Alice Romani (Civ-Amb), Michela Schenone (Civ-Amb), Federico Schiavi (Civ-Amb), Lorenzo Sorzana (Inf), Andrea Strazzi (Civ-Amb), Paolo Testa (Nav), Veronica Traverso (Civ-Amb), Luca Todaro (Civ-Amb), Maria-Pia Tuscano (Civ-Amb), Ettore Zini (Nav)

Immagini tratte da: www.picasaweb.google.com di Manageritalia1 (pag. 3), www.geniusloci-arch.it (pag. 4), www.agriculture.newholland.com (pag. 5), it.wikipedia.org (pagg. 6, 9), www.extremetech.com (pag. 7), web.tiscali.it/pietroselvatico (pag. 8), www.adrianobacconi.it (pag. 10), www.gentside.com/burj-khalifa (pag. 13), www.studyblue.com (pag. 14) e www.migrantitorino.it (pag. 15). Sono state fornite dagli autori dei rispettivi articoli le immagini alle pagine 1, 2, 11. I sudoku sono tratti da www.coniugazione.it.

Collaboratori degli ambiti: Tecnico-Scientifico Filosofico-Storico Biomedico-Sportivo Artistico-Letterario

Federico Canepa (Civ-Amb), Gianluca Caviglione (Civ-Amb), Francesco Massoletti (Me), Daniel Moretto (Me), Giorgia Riola (Nav) Luca Roncallo (Civ-Amb), Ivan Rosciano (Me), Cristiano Visciotti (Nav)

Elisa Bernardi (Inf), Alberto Cattaneo (Me), Pietro Manica (Civ-Amb), Luca Palazzo (Civ-Amb), Christian Varlese (Me), Loren-zo Pozzi (Nav), Alberto Vicentini (Civ-Amb)

Luca Angelucci (Me), Enrico Macchiavello (Civ-Amb), Saverio Murgia (Bi), Luca Nardelli (Bi), Irene Pippo (Me), Michela Taruffi (Civ-Amb), Matteo Calautti (Sc. Dipl.)

Yousef Benezzine (Civ-Amb), Giacomo Fruzzetti (Arch), Luca Ghizolfi (Civ-Amb), Mary Iannuzzi (Bi), Veronica Palazzoli (Civ-Amb), Francesca Righello (Civ-Amb), Sebastiano Tarditi (Sc. della Com.)