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LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM
Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità
MILANO
IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI
Docente: Chiar.mo Prof Marco LOMBARDI
Prova finale di:
Matteo SARZANA
Matr. N. 116865
Anno Accademico 2004-2005
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 2
A chi si commuove dinanzi ad una campagna,
A chi mi ha supportato e sopportato
Ai soci e ai colleghi
Ai “veri uomini”.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 3
Sommario pag.7
I Il successo di Bud Light pag.7
II Le cause esogene pag.8
III Le cause endogene pag.9
III.a Il posizionamento pag.9
III.b Una comunicazione efficace e costante pag.10
III.c Una comunicazione integrata pag.10
III.d Una continua attualizzazione pag.11
Capitolo I
1.1 La Birra pag.12
1.1.1 Breve storia della Birra pag.12
1.1.2 La Birra negli USA pag.17
Capitolo II
2.1 Anheuser&Busch pag.20
2.1.1 La storia pag.20
2.1.2 I marchi pag.26
2.1.2.1 Budweiser pag.26
2.1.2.2 Michelob pag.26
2.1.2.3 Specialty Beers pag.27
Indice
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 4
2.1.2.4 Birre non alcoliche pag.28
2.1.2.5 Busch pag.28
2.1.2.6 Natural pag.28
2.1.2.7 Liquori al malto pag.29
2.1.2.8 Bevande speciali al malto pag.29
2.1.2.9 Energy drink pag.29
Capitolo III
3.1 Bud Light pag.30
3.1.1 La storia pag.30
3.2 Ricostruzione del caso Bud Light secondo la strategia dei “dieci passi” pag.32
3.2.1 Analisi degli obiettivi di marketing pag.32
3.2.2 Analisi situazionale pag.33
3.2.2.1 Analisi del rapporto consumatore prodotto pag.33
3.2.2.2 Analisi della concorrenza pag.33
3.2.2.3 Mappe percettive pag.34
3.2.2.4 Sintesi SWOT pag.35
3.2.3 Definizione del target pag.36
3.2.3.1 variabile di consumo pag.36
3.2.3.2 variabile sociodemografica pag.37
3.2.3.3 variabile psicografica pag.37
3.2.4 Definizione dell’azione da ottenere da parte del target pag.38
3.2.5 Definizione degli obiettivi pubblicitari pag.38
3.2.6 Definizione del posizionamento di marca pag.40
3.2.6.1 Il territorio pag.40
3.2.6.2 Per chi pag.40
3.2.6.3 Il beneficio pag.42
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 5
3.2.7 Il piano integrato di comunicazione pag.45
3.2.8 Copy Strategy pag.47
3.2.9 Promotion Strategy pag.48
3.2.10 Copy Brief pag.48
Capitolo IV
4.1 Risultati pag.50
Bibliografia e Sitografia pag.53
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 6
"Beer is proof that God
loves us and wants us to be happy."
Benjamin Franklin
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 7
Sommario
Procederò all’esposizione del successo del caso Bud Light, analizzando dapprima le cau-
se esogene ed in seguito le cause endogene, in particolare della comunicazione
I Il successo di Bud Light
Il caso Bud Light è un caso di
successo.
La strategia di comunicazione
qui analizzata è stata lanciata
nel 1992, in un momento in cui
i volumi di vendita di Bud Light
erano inferiori rispetto a quelli
del suo diretto competitor Miller
Lite, (vedi fig. I). Nel corso di soli due anni la tendenza si è invertita; una volta ugua-
gliate le vendite, nel 1994, il successo di Bud Light ha continuato ad avere un trend po-
sitivo di crescita. Un trend che mantiene ancora oggi e che l’ha portata a diventare la
birra più venduta negli Usa a
scapito della sorella maggiore
Budweiser (al secondo posto in
termini di volumi),(vedi fig.
II).
1015202530354045
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
Bar
rels
(in
mill
ion)
Bud Light Miller Lite
Fig I: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
Top ten beer in the us in 2004 (brand)
busch; 7,3corona extra;
7
miller lite17,8
coors light; 14,40
natural light; 8,3
bud light40,2
heineken; 4,6busch light; 5,4
miller high life; 4,9
budweiser29,3
Fig II: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 8
II Le cause esogene
La causa esogena che ha maggiormentecontribuito a determinare il successo di Bud
Light è stata la crescente impor-
tanza acquisita dal trend di con-
sumo dei prodotti light.
All’inizio degli anni ‘90 il trend
dell’orientamento alla salute, un
tempo caratteristico dei seg-
menti più anziani o ipocondriaci
della popolazione, si estende ad aree un tempo inconcepibili, tagliando trasversalmente
gran parte dei segmenti della popolazione1.
Si comprende così, all’interno di questa tendenza, la ricerca di prodotti light anche per la
categoria merceologica degli alcolici.
Tutto il mercato della birra, trainato dal lancio dei prodotti light sul mercato, conosce
così negli anni ‘90 un momento di grande crescita (vedi fig III).
1 Fabris G (1995), Consumatore & Mercato, Franco Angeli, Milano, 1995
Beer Volume - Milioni di Barili - USA
90110130150170190210
1985 1990 1995 2000 2002 2003 2004
Fig III: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 9
III Le cause endogene III.a Il posizionamento
La strategia di comunicazione ha svolto un ruolo determinante per il successo di Bud
Light.
Bud Light è stata in grado di far leva su un benefit più rilevante per il target rispetto a
quanto compiuto dal suo diretto competitor Miller Lite.
La prima ha infatti posto il pun-
to di leva della comunicazione
sul benefit soggettivo, “la birra
leggera per gli uomini veri”,
rompendo la convenzione se-
condo cui i prodotti light e la
birra light in particolare sono
destinati solo al pubblico femmi-
nile; la seconda ha continuato a
mantenerlo sul benefit oggetti-
vo, ormai depauperizzato e co-
mune non solo a tutta la categoria delle birre light, ma più in generale a tutti i prodotti
light, “più gusto, meno pesantezza”.
L’interpretazione trova riscontro oggettivo grazie all’analisi degli Archetipi4 (vedi fig
IV): Bud Light è posizionata nel polo dell’energia, si può associare all’Archetipo del cre-
ativo, una personalità estroversa, ironica, al passo coi tempi; Miller Lite si colloca invece
nel polo della sostanza ed è riconducibile all’archetipo della Madre, una figura pragmati-
ca, che da’ rassicurazioni più che divertire.
Fig IV: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator
3 tra gli altri:www.adcritic.com, www.fastchannel.com, www.ad-rag.com 4 i dati sono ottenuti grazie al Brand Asset Valuator, analisi mondiale che Y&R conduce dal 1993, analizzando più di 80.000 marche in 123 paesi.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 10
Un posizionamento rilevante non sarebbe stato sufficiente se Bud Light non fosse stata
in grado di esprimerlo con una coerenza comunicativa nel tempo senza precedenti. La
strategia di comunicazione è infatti immutata da 13 anni. Il lavoro di ricerca è stato con-
dotto in gran parte analizzando gli archivi delle campagne3 per visionare l’enorme pro-
duzione di campagne televisive, più di 250 nel corso di 13 anni, e radiofoniche, più di
100
III.b Una comunicazione efficace e costante
La coerenza comunicativa è evidente anche nello spazio all’interno del quale si esprime
il discorso della marca. Tutte le attività del poligono della comunicazione sono, infatti,
coerenti con la strategia.
Riporto qui solo l’esempio del
sito www.budlightinsitute.ca,
all’interno del quale i (finti) con-
sulenti di Bud Light danno agli
uomini tutti i consigli necessari
per sfuggire all’oppressione
femminile in una catena di soli-
darietà simile ad una setta reli-
giosa: “Men helping men, hel-
ping men” (Vedi fig V).
Fig V: Home page di www.budlightinstitute.ca
III.c Una comunicazione integrata
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 11
L’esecuzione delle campagne è cambiata, invece nel corso degli anni, per perseguire con
successo un aggiornamento culturale necessario a non perdere il legame con i suoi con-
sumatori più affezionati.
Il caso Bud Light è un caso di successo pubblicitario, come ricordato da JT Mapel, vice-
presidente di DDB, che nel 1992 ha redatto la strategia di comunicazione di Bud Light:
“Advertising had long played a crucial role in beer marketing. In a blind taste test, few
beer drinkers can tell one beer from another. Brand image is what makes a beer more
appealing, and advertising serves as the clothes of the brand. If we could create the
most appealing advertising, clearly linking our brand to what beer drinkers want out of
life, we could win the competition.”
III.d Una continua attualizzazione
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 12
Capitolo I 1.1 La Birra 1.1.1 Breve Storia della Birra
Due sono le qualità che hanno da sempre contraddistinto la storia della birra nei secoli:
la sua presenza pressoché universale e la sua popolarità in ogni ceto sociale.
Nel primo caso si può infatti affermare che la birra è stata prodotta ovunque si sia verifi-
cata la coltivazione dei cereali.
La seconda affermazione è invece verificata grazie a numerose testimonianze storiche.
Non si sa con esattezza dove sia nata la prima birra: è infatti verosimile che il fenomeno
della fermentazione sia stato scoperto casualmente in diverse parti del mondo più o me-
no nello stesso periodo, forse originato da una antica tecnica di conservazione dei cere-
ali che prevedeva il loro stoccaggio all’interno di grandi barili pieni di acqua.
Hanno così avuto origine svariate tipologie di birra che si distinguevano in birre scure,
chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche e venivano chiamate con nomi differenti a secon-
da del cereale utilizzato nella loro produzione (le sikaru erano d'orzo, le Kurunnu di spel-
ta,…).
Il primordiale consumo di birra rendeva l’uomo primitivo rinvigorito e maggiormente
predisposto a sopportare la fatica di tutti i giorni. In questo benefico effetto egli vide
traccia dell’intervento divino ed è per questo che la storia della birra è stata a lungo in-
trecciata con i riti religiosi.
A Babilonia, la più ricca città dell'antica Mesopotamia, pare si potessero trovare più di
venti tipologie differenti di birra, che aveva anche un significato religioso e rituale, infat-
ti veniva bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla
divinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato.
Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto. Fin dall'infanzia si abituavano i sud-
diti dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. I bambi-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 13
ni inoltre facevano sacrifici di birra, frutta e focacce al dio della scrittura Thout, mentre
bevevano una ciotola di birra, dopo essersene bagnati gli occhi e la bocca che venivano
tenuti chiusi. Gli Egizi usavano, come nel caso dei Babilonesi, la birra per scopi propizia-
tori e sono innumerevoli le divinità che ebbero a che fare con questa bevanda.
In una cosa erano diversi Egizi e Babilonesi: per i primi la birra era una vera e propria
industria statale, per i secondi invece si trattava di un semplice prodotto artigianale. I
faraoni stessi possedevano fabbriche di birra e in un'iscrizione funebre su una tomba
reale è stata trovata questa testimonianza: "Io ero uno che produceva orzo". All’interno
di alcune tombe di faraoni sono state inoltre scoperte ricostruzioni in miniature delle pri-
mordiali birrerie.
Di birra si parla anche nei sacri libri del popolo ebraico, come il biblico Deteronomio e il
Talmud e nella festa degli Azzimi, che ricorda la fuga dall'Egitto, si mangia per sette
giorni il pane senza lievito e si beveva birra.
La Grecia, patria del vino (e del dio Bacco), non produceva birra, però ne consumava
parecchia, soprattutto in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi, tra
le quali ovviamente non poteva mancare l'orzo. Si trattava di prodotti d'importazione,
per lo più fenici. Anche durante lo svolgimento dei giochi olimpici non era ammesso il
vino per cui la bevanda alcolica per eccellenza di questa prima grande manifestazione
sportiva era la birra.
Etruschi e Romani prediligevano il vino, ma alcuni importanti personaggi della loro so-
cietà diventarono accaniti sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore
della Britannia, che una volta tornato a Roma nell'83 dopo Cristo si portò tre mastribir-
rai da Glevum (l'odierna Gloucester) e aprì il primo pub della nostra Penisola.
Tra i cosiddetti popoli barbarici si trovavano i più assidui bevitori di birra, i Germani e i
Celti. I primi organizzavano feste che in realtà erano scuse per sbornie colossali, come
ad esempio la Wappentanz, una crudele danza delle spade dedicata al bellicoso dio
Thyr, al termine della quale i sopravvissuti si dedicavano ad abbondanti libagioni.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 14
I Celti si erano stanziati principalmente in Gallia e in Britannia, ma la loro straordinaria
civiltà, bagnata di birra fin dai primordi1, venne sviluppata principalmente nella verde
Irlanda. Infatti la nascita del popolo irlandese è dovuta, secondo la leggenda, ai Fomo-
riani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la po-
tenza e l'immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottrat-
to dall'eroe di Mag Meld, una specie di Prometeo irlandese.
Il Medioevo vide la birra protagonista soprattutto per merito dei monasteri, che operaro-
no un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda introducendo anche alcuni
nuovi ingredienti, tra i quali il luppolo. A questo proposito va detto che in tempi più re-
moti per l'aromatizzazione della birra si usavano svariati tipi di erbe, spezie o bacche,
oppure si ricorreva addirittura a misture vegetali, la più famosa delle quali era il Gruit.
Anche le suore avevano tra i loro compiti manuali quello di fabbricare la birra, che in
parte destinavano al consumo dei malati e dei pellegrini. Si tramanda infine che papa
Gregorio Magno abbia girato ai poveri una donazione in birra della regina longobarda
Teodolinda.
Anche in Gran Bretagna la birra, chiamata Ale2, veniva usata nelle feste come Church-
Ale, prodotta dalle massaie inglesi e messa a disposizione delle feste parrocchiali, dove
veniva venduta e il ricavato era un contributo per la manutenzione di chiese e conventi
britannici. In Inghilterra la birra diventò bevanda nazionale in quanto l'acqua usata per
la sua produzione veniva bollita e sterilizzata. Ciò rappresentava un garanzia in un pe-
riodo in cui l'acqua era spesso infettata dalla peste. Soltanto dopo il Rinascimento que-
sta piaga cessò.
La rivoluzione industriale e quella scientifica si affermano in Europa nel XIX secolo,
sconvolgendo irrimediabilmente il mondo della birra, trasformato da due fattori fonda-
mentali: da una parte la meccanizzazione che permette di aumentare il volume prodotto
e dall'altra la possibilità di controllare rigorosamente ogni tappa della produzione in mo-
1 Albert Goscinny & René Uderzo riprendono in chiave pardostica l’antica usanza nel celebre fumetto “Asterix” 2 termine che deriva probabilmente dal vichingo “Aul”
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 15
do scientifico. La prima macchina a vapore in campo birrario è attribuita a James Watt
che nel 1785 utilizza la nuova tecnologia per produrre la prima birra a Londra.
Verso il 1880-1885 si ha lo sviluppo della bottiglia di vetro e l'invenzione della vetreria
meccanica coincide con l'avvento delle birre a bassa fermentazione.
Il consumatore può ora ammirare il suo nettare e questo lo spinge a preferire birre sem-
pre più chiare e dorate, il cui bellissimo aspetto viene esaltato dalla trasparenza del ve-
tro.
Nel 1876 i lavori di Pasteur sulla fermentazione spianano la strada alla comprensione
dell'azione del lievito e a quella dei batteri responsabili dei problemi che portano al catti-
vo gusto. I risultati delle sue ricerche spingono le birrerie ad equipaggiarsi di un labora-
torio e nel 1883 Emil Hansen della danese Carlsberg sviluppa la tecnica per isolare un'u-
nica cellula di lievito che permetterà finalmente ai birrai di esercitare un controllo totale
sulle birre prodotte.
Nel XX secolo la birreria diventa un'impresa industriale che deve affrontare una concor-
renza sempre più feroce e deve migliorare la sua produttività mantenendo prezzi bassi.
L'evoluzione dei mezzi di comunicazione e dei trasporti favoriscono gli spostamenti delle
birre e di conseguenza il loro confronto. Si sviluppano pertanto dei "giganti" dell'indu-
stria birraria prima negli Stati Uniti3 poi via via in tutto il mondo provocando la diminu-
zione in caduta verticale delle piccole birrerie.
Alla fine del XIX secolo se ne contavano più di 3.000 in Belgio e più di 2.000 negli Stati
Uniti, mentre meno di cent'anni dopo il loro numero era vertiginosamente sceso a poco
più di un centinaio in Belgio e a qualche dozzina negli Stati Uniti.
I mezzi di comunicazione permettono alla birra di viaggiare sempre più lontano e favori-
scono subito dopo lo sviluppo di un marketing di massa. Le indagini di mercato dimo-
strano alle birrerie che "meno la birra è amara più si vende". Questi studi rispondono ai
loro bisogni capitalistici: se per esempio risulta che il 75% prova repulsione per le birre
3 E’ infatti nel 1864 che nasce la Anheuser&Busch, ditta produttrice della birra Budweiser e Budlight
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 16
amare, la birreria diminuisce l'amaro in tutta la sua gamma di birre senza tener conto
del restante 25% dei suoi clienti.
Se poi, in fase successiva, afferma nelle sue campagne pubblicitarie che è migliore per-
ché meno amara, ha contribuito a offrire un'informazione parziale alla popolazione che
rischia di identificare l'amaro con un difetto. Assistiamo così ad un appiattimento delle
birre e all'impoverimento delle attitudini sensoriali della popolazione. Il fenomeno trova
il suo apogeo nel Nord America all'inizio degli anni ‘60 con la scomparsa della maggio-
ranza delle birre "speciali", per fortuna questa regressione nel gusto ha i suoi limiti.
Infatti all'inizio degli anni 80 assistiamo a un vero e proprio "rinascimento" della birra
"di gusto". Questo fenomeno assolutamente originale non ha attinenza col passato in
quanto, prima dell'industrializzazione non si parlava dell'esistenza di una cultura birra-
ria.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 17
La birra rappresenta per il popolo americano quello che la pasta è per gli italiani: qual-
che cosa di indispensabile, da consumare ogni giorno, un rito di piacere e di socialità. È
la bevanda che accompagna i grandi momenti della vita: le partite del Superbowl, il bar-
becue con i vicini, le feste al college. È parte dell’iconografia dell’uomo medio america-
no, soprappeso, adagiato su una vecchia poltrona, lo sguardo fisso rivolto alla televisio-
ne che trasmette sport, il telecomando in una mano, la lattina nell’altra.
Quando fu scoperto il nuovo mondo, la birra venne importata in America dai primi Euro-
pei, spinti anche dalla capacità della birra di rimanere potabile durante il lungo tragitto
in mare.
Gli europei scoprirono presto che i nativi americani producevano già da tempo la birra
tramite la fermentazione del mais e, nonostante inizialmente continuassero a preferire
la birra importata dall’Europa, presto cominciarono ad unire ai cereali da fermentare an-
che il mais.
Per il popolo americano la birra divenne da subito una delle bevande preferite, al punto
che George Washington e Thomas Jefferson1 si fecero costruire una birreria privata ed ai
soldati della rivoluzione americana non mancava mai una bottiglia di birra all’interno
della loro razione quotidiana di alimenti.
Fu soltanto a metà del 1800, con l’applicazione del metodo della pastorizzazione di Pa-
steur per la stabilizzazione della birra e la realizzazione della prima rete commerciale di
distribuzione della birra2 ad opera di Eberhard Anheuser e di Adolphus Busch (fondatori
della Anheuser&Busch), che la birra conobbe la sua più rapida diffusione sul suolo ame-
1.1.2 La birra negli USA
1 Anche Teodor Roosevelt fu sincero amante della bevanda, al punto da portare con sé durante un safari più di 500 galloni di birra per potersi rinfrescare. 2 Il problema principale era infatti la conservazione della birra in ambiente freddo. Fu Busch a creare dei nuovi vagoni ferroviari con un doppio strato termico che li isolava dagli sbalzi di temperatura esterna e a permettere quindi la distribuzione della birra Budweiser su tutto il territorio degli USA, rendendola così la prima birra na-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 18
ricano.
Durante il diciannovesimo secolo si ebbe una grande crescita del numero delle birrerie
che arrivarono ad essere 4000 nel 1870, per crollare poi a 1568 nel 1919 con l’inizio del
proibizionismo, sancito da una
legge del presidente Woodrow
Wilson.
Il presidente Franklin Delano
Roosvelt pose fino al proibizioni-
smo nel 1933, dando vita ad
una nuova era per il mercato
americano della birra.
Il numero di aziende produttrici
di birra si ridusse ulteriormente, i grandi gruppi acquisirono le piccole realtà locali e-
spandendosi vertiginosamente. Questo processo fu guidato, tra gli altri, dalla Anheu-
ser&Busch, il cui spirito precursore e l’utilizzo innovativo delle nuove tecniche del mar-
keting e della comunicazione contribuirono al passaggio da un consumo regionale ad
uno nazionale delle più famose marche di birra.
Nel 1978 il numero di birrerie attive negli Stati Uniti scende a 89 e solo 25 birre sono in
tutto il paese.
La svolta nella storia della birra si ha nel 1980 quando viene sancita dalla legge la possi-
bilità di produrre birra artigianalmente. Il numero delle aziende produttrici di birra torna
a crescere, di pari passo con la crescente varietà dell’offerta.
Con l’aumento dei player sul mercato cresce la competizione e la necessità per le azien-
de di differenziarsi facendo leva sulla loro Brand Image piuttosto che sulla base del gu-
3 “Advertising had long played a crucial role in beer marketing. In a blind taste test, few beer drinkers can tell one beer from another. Brand image is what makes a beer more appealing, and advertising serves as the clo-thes of the brand. If we could create the most appealing advertising, clearly linking our brand to what beer drinkers want out of life, we could win the competition.” 2003, American Marketing Association — “Effie Awards Brief of Effectiveness”
Fig 1- Fonte: Beverage marketing corporation/Beverage World
Top 10 Beer Marketers in the Us in 2003
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 19
sto e della qualità del prodotto3.
Le birrerie in america sono oggi più di 2000 e un migliaio circa sono le birre importate
dall’estero. Nonostante questo le 10 maggiori ditte detengono nel 2003 più del 97% del
mercato americano (vedi fig. 1), netta è la prevalenza di Anheuser&Busch che rappre-
senta con i suoi differenti prodotti, che prenderemo in esame nel capitolo seguente, più
del 50% del mercato, producendo 100 dei circa 195 milioni di barili di birra prodotti ne-
gli Usa ogni anno.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 20
Anheuser&Busch è più conosciuta nel nord america come la “regina della birra”, non so-
lo grazie alle numerose marche di birra gestite dal gruppo, ma anche alle numerose al-
tre attività, come i parchi a tema Busch Gardens e Seaworld, la produzione di lattine in
alluminio, il riciclaggio delle stesse e la coltivazione del malto.
L’azienda è sempre stata caratterizzata da una forte gestione famigliare, l’attuale presi-
dente è infatti August A Busch III, membro della quinta generazione a gestire gli inte-
ressi della società.
In campo internazionale i marchi di Anheuser&Busch sono venduti in più di 80 Paesi e la
birra è fermentata localmente in 10 nazioni.
Capitolo II 2.1 Anheuser&Busch
2.1.1 La Storia
Budweiser, il primo e storico marchio di Anheuser&Busch, introdotta sul mercato nel
1876, è stata la prima birra nazionale negli USA1. Il fondatore Adolphus Busch si unì a
Ebrhard Anheuser, businessman
di successo di St Louis, proprie-
tario di una piccola birreria di
stampo locale, creata nel 1860,
per dare vita ad un successo
commerciale che dura ancora
oggi e che prende il nome di
1 prima del 1876 il problema principale dell’industria della birra era quello di riuscire a trasportare il prodotto all’interno del vasto territorio degli Usa senza che si alterasse a causa degli sbalzi di temperatura. Fu proprio Adolph Busch a creare e brevettare un nuovo modello vagoni di refrigerati con doppio strato isolante che per-mise il trasporto della birra su lunghe distanze (vedi fig. 2).
Fig 2: uno dei primi carri refrigerati di A&B
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 21
Anheuser&Busch dal 1879
Adolphus dopo un periodo trascorso in Europa per studiare da vicino il più antico merca-
to della birra, cominciò ad occuparsi delle vendite e a modificare radicalmente l’orienta-
mento del mercato, cercando di
creare una birra dal gusto sem-
plice in grado di accontentare la
maggioranza dei bevitori, che si
differenziasse radicalmente dal
gusto forte e caratteristico delle
blasonate birre trappiste dei monaci europei. Anche la scelta del nome fu dettata dalla
necessità di trovare qualche cosa che fosse allo stesso tempo di rimando alla tradizione
tedesca della birra e facilmente pronunciabile dagli americani. Budweiser, ora amiche-
volmente chiamata Bud, fu la scelta ideale. Nel 1880 Adolphus fu nominato presidente
della compagnia alla morte di Eberhard Anheuser.
Nel 1896 Anheuser&Busch lancia la birra Michelob, una birra scura, più simile al prodot-
to europeo, inzialmente venduta solo alla spina per conferirle l’immagine di una birra
per soli intenditori.
Nello stesso anno comincia a
mostrarsi lo straordinario spirito
di avanguardia dei suoi fondato-
ri che, spinti da un orientamen-
to al marketing ante-litteram,
dapprima cominciarono a rega-
lare a tutti i distributori dei loro
prodotti dei coltellini multiuso di
altà qualità personalizzati con il
logo A&B (vedi fig. 3) e in se-
guito omaggiarono tutti i bar all’interno dei quali erano servite Budweiser o Michelob,
Fig 4: “Custer’s Last fight”
Fig 3: Il coltellino multiuso brandizzato A&B
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 22
delle litografie del quadro “L’ultima battaglia del Generale Custer” (vedi fig. 4). Nono-
stante il quadro contenga numerose inesattezze storiche, questa promozione è ancora
oggi ricordata con affetto dagli americani, al punto che Anheuser&Busch ha di recente
permesso la ristampa del qua-
dro di cui da 106 anni detiene i
diritti, dopo aver ricevuto innu-
merevoli richieste da parte della
popolazione. I proventi dell’ope-
razione sono destinati in benefi-
cenza al “Peace Memorial” di
Garryowen.
Il proibizionismo negli anni 20
ha quasi distrutto la prospera azienda, ma
August A Busch, figlio di Adolphus, riuscì a
risollevarne le sorti, diversificandone le attivi-
tà con la produzione di farina, gelati e di una
bevanda solo leggermente alcolica (0,5%)
lanciata sul mercato con il nome
“Bevo” (vedi fig. 5). Queste ed altre 27 atti-
vità non legate al mondo degli alcolici contri-
buirono a mantenere viva l’azienda e ad ac-
crescerne la fama.
Al termine del proibizionismo, nel 1933, An-
heuser&Busch tornò alla produzione della bir-
ra e nel 1936 produsse la prima Budweiser in
lattina (vedi fig. 6), non senza sfruttare l’abrogazione della legge per una straordinaria
iniziativa di marketing e di immagine. Vennero restaurati due vecchi calessi utilizzati per
il trasporto della birra prima dell’avvento della ferrovia e vennero scelti dodici cavalli
Fig 6: Una delle prime lattine in alluminio
Fig 5: Campagna stampa Bevo, 1925
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 23
Clydesdales (vedi fig. 7), una specie possente che veniva impiegata durante i tornei
nel medioevo, per trainarli. Il primo carro partì alla volta di Chicago, il secondo fu spedi-
to a Al Smith, ex governatore di New York e fervente sostenitore della lotta contro il
proibizionismo. La fama dei
Clydesdales Anheuser&Busch
crebbe mentre essi attraversa-
vano il Paese. Ancora oggi sono
uno dei simboli dell’azienda più
conosciuti ed utilizzati non solo
nelle parate e nelle fiere ma an-
che nella comunicazione istitu-
zionale di Anheuser&Busch2
Negli anni ‘50 Anheuser&Busch
comincia a diversificare le sue attività oltre il mercato della birra, alla ricerca di nuove
opportunità per spingere la conoscenza dei suoi brand. Vennero quindi acquistati un
parco divertimenti in Florida, che fu rinominato “Busch Gardens”, e la squadra di base-
ball di St Louis: i Cardinals.
Nonostante questa diversificazione la birra è rimasta al centro delle attività della Anheu-
ser&Busch, che negli anni sessanta ne produceva più di 10 milioni di barili all’anno e nel
1953 aveva sorpassato la Schilitz, fino a quel punto la più grande azienda di birra in A-
merica.
Il primato fu breve, dal momento nel 1954 Schilitz si riprese il primo posto. Fu allora
che un illuminato August Busch Jr. decise di intraprendere un lungo viaggio che lo portò
a conoscere tutti i distributori di birra prodotta da Anheuser&Busch del Paese appren-
Fig 7: Il carro A&B trainato dai Clydesales
2 Illuminante lo spot “Clydesdale bow head” apparso durante il Superbowl 2002 durante il quale si ripercorre il tragitto di uno dei due carri dalla stalla fino a New York. Una volta giunti davanti allo skyline di Manhattan i cavalli si fermano, guardano nello spazio vuoto lasciato dalle torri gemelle e si inginocchiano. Lo spot è muto, protagonista è la musica crescente e la marca compare solo nei frame finali, dove, sullo sfondo nero, campeg-gia il logo Anheuser&Busch.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 24
dendo così da loro cosa fosse effettivamente necessario per vendere più birra. Questi
colloqui furono determinanti nella redazione del nuovo piano di marketing e comunica-
zione che riportò l’azienda al primo posto nel mercato statunitense nel 1957, una posi-
zione che mantiene ad oggi inal-
terata.
Nel 1955 venne introdotta sul
mercato un’altra marca di birra:
Busch, destinata al segmento
più basso del mercato con un
prezzo decisamente più econo-
mico rispetto a Budweiser e Mi-
chelob.
Negli anni ‘80 inizia l’espansione di Anheu-
ser&Busch oltreoceano, dapprima in Gran
Bretagna (1980), in Giappone (1984), infine
nel vecchio continente (dal 1985). Evidente
anche il consolidamento delle attività non
correlate al mondo della birra: i Busch Gar-
dens, i Seaworld adventure parks e il Disco-
very Cove di Orlando.
Le attività di Anheuser&Busch non si sono
però fermate a operazioni di carattere econo-
mico. L’azienda è largamente coinvolta in
programmi di aiuto3 e beneficenza. Numerosi
3 Il programma contro l’alcolismo è noto con il nome “We all make a difference” e viene comunicato sia trami-te opuscoli ed incontri organizzati nelle scuole, sia in televisione per raggiungere un target più vasto. Nono-stante sia chiaro il duplice obiettivo dell’impegno sociale di una azienda multinazionale nel campo dell’alcool (aiutare la popolazione ed allo stesso tempo generare goodwill nei confronti della marca), ritengo sia ammire-vole lo sforzo compiuto, dal momento che sicuramente ha contribuito alla riduzione dei morti per incidenti causati dallo stato di ubriachezza. (vedi fig. 8)
Fig 8: Fonte: National Highway traffic safety administration, 2000
Total Fatalities in drunk driving crashes
Fig 9: Campagna contro l’alcolismo, 2000
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 25
sono i progetti di lotta contro l’alcolismo, di sostegno nei confronti dei genitori per af-
frontare le tematiche legate all’abuso di alcool da parte dei giovani (vedi fig. 9), di rici-
claggio e di promozione di una politica ambientale responsabile, di sostegno delle popo-
lazioni in difficoltà e delle mino-
ranze etniche.
Nonostante l’internazionalizza-
zione di Anheuser&Busch sia
oramai completa, con l’espan-
sione anche nel mercato asiati-
co e giapponese, l’azienda fa
delle sue origini americane uno
dei punti di forza. Questo si no-
ta osservando gli sport nazionali
sponsorizzati da Budweiser
( NFL, MLB, Nascar Racing,…), e
dall’attenzione che l’azienda ha
mostrato verso i recenti avvenimenti che hanno coinvolto gli USA: il giorno successivo
all’attacco delle torri gemelle, infatti, Anheuser&Busch ha sostituito tutti gli striscioni
pubblicitari presenti all’interno degli stadi, con la bandiera Americana, in onore delle vit-
time di quel tragico giorno.
Le sponsorizzazioni non si fermano al mondo dello sport: Anheuser&Busch infatti è atti-
vamente coinvolta nel mondo della musica (vedi fig. 10), del cinema, dei teatri, di
internet e in numerose altre attività di stampo ricreativo.
Fig 10: Concerto sponsorizzato da Bud Light, 2004
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 26
Il gruppo Anheuser&Busch detiene differenti marchi, nel corso degli anni, infatti, oltre
alla birra, si sono aggiunti al brand portfolio anche bevande energetiche e mixed drink.
Per facilità di consultazione i differenti marchi sono stati qui riportati in divisi in base alla
famiglia di origine.
2.1.2 I Marchi
2.1.2.1 Budweiser
Budweiser la prima birra lanciata dal gruppo nel 1876, è ora la birra
più venduta nel mercato americano, al punto che 1 birra su 5 consuma-
ta in america è una Budweiser. Alla famiglia originale si sono poi ag-
giunte: Budweiser Select, una birra fermentata utilizzando due tipo-
logie di malto differenti, Bud Light, introdotta per la prima volta nel
1982 e divenuta la Light più venduta in USA nel 1994, Bud Dry, la pri-
ma birra dry prodotta in USA, introdotta nel 1989, e Bud Ice e Bud
Ice Light, introdotte sul mercato nel 1994 sono tra le birre “Ice”1 più
vendute sul mercato
1 Le birre “Ice” sono prodotte con un procedimento differente. Dopo la spillatura, vengono conservate in un ambiente con temperatura prossima allo zero. Le molecole d’acqua ghiacciano e possono essere filtrate, men-tre l’alcool, ghiacciando a temperature più basse, rimane nei fusti. Nonostante la sostanziale differenza nel processo produttivo non sono in molti a riconoscere una differenza nel gusto di queste birre, ritenendolo poco più di un riuscito esperimento di marketing per risollevare le vendite nel mercato della birra. Fonte: http://www.straightdope.com/classics/a950901.html
2.1.2.2 Michelob
Michelob è stata lanciata nel 1896 come birra premium. Si era cercato
allora di avvicinare il gusto di questa birra a quello delle famose birre
prodotte dai monaci europei e, per alimentare questa somiglianza, per
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 27
il primo periodo fu disponibile solo alla spina. Michelob è oggi invece
disponibile sia in bottiglia che in lattina. Nel 1978 è stata introdotta Mi-
chelob Light, la prima birra light nel segmento delle superpremium. In
seguito si sono aggiunte altre birre speciali: Michelob Ultra, prodotta
con una selezione di malto importato, Michelob Honey Lager, una
birra dal sapore particolare dato dalla presenza di miele e caramello,
Michelob Amber Bock, una birra bock2, prodotta in USA dal 1995,
studiata per accompagnare i piatti tipici della tradizione tedesca, Mi-
chelob Golden Draft e Michelob Golden Light, introdotte solo in
alcuni mercati nel 1991.
2 Le birre “Bock” secondo la tradizione sono create unendo almeno un terzo di malto del frumento al malto d’orzo. 3 Le birre “Stout” sono prodotte con malto e frumento tostati. La stout più famosa è sicuramente la Guinnes
2.1.2.3 Specialty Beers
Be è una birra speciale che contiene caffeina, ginseng e guaranà. Il suo
gusto è reso ancora più particolare dalla presenza degli aromi di cilie-
gia, mirtillo e lampone. Bare Knuckle Stout è una birra stout3 prodot-
ta secondo la tradizione irlandese. Anheuser World Lager è stata lan-
ciata nel 2003 dopo una competizione tra tutti i mastri birrai di Anheu-
ser&Busch alla ricerca di una nuova selezione di malto per creare una
birra unica. Ziegen Bock è una birra leggera, dal gusto semplice, di-
sponibile solo nel Texas dal 1995. Ziegen Light è un’altra birra dispo-
nibile solo nello stato del Texas dal 2003, più leggera rispetto alla Zie-
gen Bock.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 28
O’Douls è stata la prima birra non alcolica che Anhuser&Busch ha lan-
ciato sul mercato nel 1990. O’Douls Amber è resa più dolce dalla pre-
senza del caramello nella sua miscela ed è stata presentata nel 1997.
Busch NA fa invece parte della birre più economiche del mercato, in-
sieme alle altre birre “Busch” che saranno di seguito analizzate ed è
stata lanciata nel 1994.
2.1.2.4 Birre non alcoliche
La famiglia di birre Busch è offerta al pubblico nella fascia di primo
prezzo dal 1955. Al suo interno troviamo: Busch, la prima delle tre in-
trodotte, Busch Light, introdotta nel 1989 è all’ottavo posto tra le bir-
re più vendute negli USA e Busch Ice, introdotta nel 1995 per soddi-
sfare i consumatori che desideravano una birra dal gusto più morbido
nel segmento del primo prezzo.
2.1.2.5 Busch
Le birre della famiglia “Natural” sono fermentate senza l’utilizzo di so-
stanze artificiali. Anheuser&Busch ne produce due : Natural Light lan-
ciata sul mercato nel 1977 e Natural Ice introdotta solo in alcuni stati
nel 1995 e, dopo un grande successo, disponibile in tutti gli Usa dal 19-
96.
2.1.2.6 Natural
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 29
I liquori al malto sono prodotti secondo un procedimento simile a quello
della birra, l’unica differenza risiede nel fatto che durante il processo di
fermentazione viene in questo caso aggiunta una superiore quantità di
zuccheri che rendono il gusto della bevanda molto più dolce. Quelli pro-
dotti da Anheuser&Busch sono: Hurricane introdotto sul mercato nel
1996, Hurricane Ice, introdotto nel 1997 e King Cobra, prodotto in
maniera naturale dal 1994.
2.1.2.7 Liquori al malto
Grazie all’accordo con Bacardi avvenuto nel 2001, Anheuser&Busch ha
iniziato la produzione di bevande alcoliche che potessero competere
con i mixed drink apparsi sul mercato come ad esempio Smirnoff Ice. Il
primo prodotto ad essere lanciato è stato Bacardi Silver, che è stato
presto affiancato da diverse varianti di gusto. Tequiza è invece una
bevanda composta da birra e Tequila lanciata nel 1999.
2.1.2.8 Bevande speciali al malto
180 è stato lanciato nel 2001. E’ un energy drink al sapore di arancia,
che contiene le vitamine B6, B12 e C in quantità sufficiente a soddisfa-
re il fabbisogno vitaminico giornaliero. Il nome vuole comunicare la
sensazione di benessere che le persone provano quando devono questa
bevanda.
2.1.2.9 Energy Drink
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 30
Bud Light non è stata la prima birra light introdotta sul mercato da Anheuser&Busch, in
precedenza erano state già testate birre light di altre famiglie di prodotti come Michelob
Light introdotta nel 1978. Il motivo di questo ritardo, il lancio di Bud Light è avvenuto
infati solo nel 1982, è da ricercarsi nella riluttanza da parte di Anheuser&Busch a esten-
dere il nome del loro prodotto più forte, Budweiser appunto, al segmento light, temendo
una sua depauperizzazione.
Bud Light fu dapprima testata nel 1981 e fu lanciata l’anno seguente sul mercato nazio-
nale.
Il primo problema che la nuova birra si trovò a fronteggiare fu quello di differenziarsi dal
suo predecessore Budweiser. Il termine “lite” infatti era già diventato sinonimo della ca-
tegoria dopo che era stato utilizzato 8 anni prima da Miller al lancio del suo prodotto
light, fino al 1982 unico vero player del mercato. Fu così necessario comunicare ai con-
sumatori che era finalmente arrivata la possibilità di scegliere un nuovo prodotto. DDB,
storica agenzia del marchio Budweiser, ideò la campagna “Gimme a light” dove veniva
mostrato un barista che, utilizzando il doppio senso di “light” come leggero e come luce,
alla richiesta dei clienti “Gimme a light” proponeva loro di tutto, dalle frecce fiammeg-
gianti agli accendini, per dimostrare che era necessario specificare che tipo di “Light”
volessero. La campagna si concludeva con una chiara call to action “Don’t just ask for a
light, ask for a Bud Light”. La campagna contribuì a creare da subito un’enorme aware-
ness, le persone cominciarono a parlare di Bud Light e a chiederla in maniera specifica.
In breve tempo la campagna fu in grado di tramutare il punto di forza dei competitor,
l’appartenenza al segmento light, nel loro punto di debolezza.
Una volta che risultò essere chiaro nella mente dei consumatori che potevano scegliere
anche Bud Light DDB cominciò ad evolvere la campagna.
Capitolo III 3.1 Bud Light 3.1.1 La Storia
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 31
Dalla fine degli anni ‘80 fino ai primi anni ‘90, Bud Light fu posizionata come la sorella
irriverente, giovane e ironica di Budweiser, che aveva invece il ruolo di tramandare il
messaggio istituzionale di heritage, qualità e rispetto nei confronti dei consumatori. Il
posizionamento di Bud Light, focalizzato forte-
mente sullo humor, dura ancora oggi.
La svolta, che portò però al superamento dei
competitor, avvenne nel 1992 con la campagna
che continua ancora oggi “Make it a Bud Light”.
La campagna, con uno stile irriverente e oltre-
modo ironico, mostra che tutti i grandi ed esperti
bevitori, rigorosamente uomini, scelgono Bud
Light. Nel 1994 Bud Light superò i suoi diretti
competitors Miller Lite e Coors Lite, e da allora è
sempre stata la birra light più venduta negli Usa.
In tempi più recenti, dal 1999, la campagna ha
utilizzato anche testimonial famosi nel mercato americano, come Cedric the Entertainer
(vedi fig. 11), che cerca ogni volta di fare colpo sulle donne, avendo sempre a disposi-
zione una bottiglia di Bud Light.
Nonostante l’esecuzione sia ovviamente cambiata nel tempo, la strategia di comunica-
zione alla base del successo di Bud Light rimane invariata da ormai 15 anni.
Oltre alla comunicazione televisiva Bud Light è stata promossa anche grazie a numerose
attività di sponsorizzazione e di marketing below the line, mantenendo sempre la coe-
renza con il posizionamento originario.
Fig 11: Cedric The Entertainer
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 32
Procederò ora all’analisi della strategia di comunicazione di Bud Light secondo la meto-
dologia dei 10 passi come illustrata da Marco Lombardi1, che completa quella suggerita
da J.R Rossiter e L. Pierce2.
L’analisi, che riguarda più 10 anni di comunicazione, è unica perché, come sostenuto nel
paragrafo precedente, pur mutando l’esecuzione delle campagne di Bud Light, la strate-
gia, lo scheletro della comunicazione, è rimasto intatto per tutto questo periodo. Questo
è sicuramente uno dei punti di forza della marca, la sua omogeneità comunicativa non
solo nel corso del tempo, ma anche attraverso tutte le attività collaterali, dalle promo-
zioni, alle sponsorizzazioni, alle attività below the line.
3.2 Ricostruzione del caso Bud Light secondo la strategia dei “dieci passi”
1 Lombardi M. (2005), Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Franco Angeli, Milano, 2005 2 Rossiter J.R. e Percy L. (1997), Marketing Aesthetics, Free Press, New York 3 si rimanda al capitolo 3.3 per l’analisi dettagliata dei risultati
Bud Light si presenta sul mercato in un momento sicuramente non favorevole, il suo
primo competitor, Miller Lite è in vendita da più di 8 anni e ha fatto proprio l’aggettivo
“light”, sinonimo di categoria.
Dopo la campagna “Gimme a light”, che ha lanciato il nuovo prodotto di Anheu-
ser&Busch, Bud Light comincia a ritagliarsi una fetta del mercato delle birre leggere, ma
è nel 1992 viene presa la decisione di investire in maniera cospicua sul brand.
L’obiettivo di marketing di breve periodo è di rendere Bud Light la birra leggera più ven-
duta in America, questo obiettivo viene raggiunto nell’arco di soli due anni3. Nel 1994
infatti essa supera di misura i competitor e da allora non ha mai perduto la posizione di
leadership.
Nel lungo periodo l’obiettivo di marketing è quello di mantenere la posizione di
leadership del mercato delle birre leggere e di presidiarlo contro i possibili ritorni di
3.2.1 Analisi degli obiettivi di marketing
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 33
fiamma dei concorrenti, grazie alla creazione ed al continuo rafforzamento di un posizio-
namento distintivo rispetto alle altre birre leggere.
3.2.2 Analisi Situazionale 3.2.2.1 Analisi del rapporto consumatore prodotto
Il rapporto dei consumatori con la birra è facilmente riconducibile a quello esistente con
tutta la categoria delle bevande alcoliche.
Se essi fossero sottoposti ad un blind test, pochissimi sarebbero in grado di riconoscere
le differenti marche e le differenti varietà di birre a loro proposte. Risulta quindi eviden-
te quanto importante sia il ruolo della comunicazione nel definire l’identità di questi pro-
dotti, nel renderli sexy, accattivanti, desiderabili agli occhi del consumatore.
La birra non è quindi soltanto una bevanda, ma un oggetto di relazione sociale. I consu-
matori adulti, che non sono tipicamente fedeli alla marca, vogliono che la birra che be-
vono (o che gli altri vedono loro bere), dichiari qualche cosa di positivo rispetto alla loro
personalità. Allo stesso tempo cercano nella birra light un prodotto che, pur avendo un
ottimo gusto ed un’alta qualità (termini ormai dati per scontati), non li appesantisca e
permetta loro di non sentirsi storditi, per poter riprendere con calma le loro consuete
attività4.
4 2003, American Marketing Association — “Effie Awards Brief of Effectiveness”
3.2.2.2 Analisi della concorrenza
I principali competitor diretti di Bud Light sono Miller Lite e Coors Lite. La strategia di
comunicazione di Miller Lite è stata sin dal lancio focalizzata sul benefit oggettivo “è leg-
gera ma ha lo stesso gusto della birra”, mentre Coors Lite non ha mai avuto un posizio-
namento chiaro, sfruttando spesso le promozioni sul punto vendita o facendo leva sul
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 34
prezzo.
Se un tempo i competitor indiretti erano relativamente pochi e poco forti, nell’ultimo pe-
riodo si stanno avvicinando numerose minacce per il mondo della birra in generale. Dap-
prima attraverso la riconsiderazione del vino, bevanda tradizionale per i paesi europei,
anche negli Usa5, ed in seguito con la comparsa di una nuova tipologia di drink sul mer-
cato, i cosiddetti “mixed drink” come i vari Bacardi Breezer, a base di rhum, Smirnoff
Ice, a base di wodka, etc. Anheuser&Busch stessa ha cercato a partire dal 2002 di tute-
larsi dall’invasione di queste nuove bibite, stringendo un accordo con Bacardi per la pro-
duzione di alcune di queste bevande.
5 Basti pensare all’intensa attività di comunicazione ed allo straordinario utilizzo delle relazioni pubbliche per cercare di lanciare in campo internazionale i vini californiani della Napa Valley, considerati oggi al pari, come qualità e come prezzo, dei tradizionali vini europei.
3.2.2.3 Mappe Percettive
Per riassumere il posizionamento di Bud Light e dei suoi due competitor diretti ho utiliz-
zato una mappa percettiva che pone agli estremi dell’asse delle ascisse le birre light e le
birre normali e agli estremi dell’asse delle ordinate il carattere maschi e femminile del
brand.
All’interno dei quattro quadranti
si delineano due aree definite
“doxa”, nelle quali sono pre-
senti le marche che rispettano
la convenzionale unione di due
caratteri, e due aree definite
“paradoxa” che identificano
quelle marche che hanno osato
l’unione di due caratteri solita-
mente non utilizzati in maniera
Fig 12: Mappa Percettiva Doxa/Paradoxa
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 35
congiunta.
Mentre Miller Lite e Coors Lite, nel rispetto della tradizione hanno da sempre associato
l’idea della birra light a quella di una bevanda pensata per chi non regge l’alcool o per
chi deve tenere sotto controllo la linea, tipicamente le donne appunto, facendo leva sul
beneficio oggettivo di bere una birra con un minore contenuto di carboidrati e di alcool,
Bud Light ha “reinventato” la birra light come la bevanda per veri uomini, facendo della
mascolinità, o meglio, della non perdita della mascolinità nonostante si beva una birra
leggera, il suo punto di forza.
Dall’analisi della mappa così costruita emerge uno spunto interessante, rimane infatti
scoperto un secondo ambito per ora non presidiato da nessuna marca, quello di una
“birra vera per le donne in grado di apprezzarla”. Forse i tempi non sono ancora maturi,
ma non è difficile immaginare un posizionamento di questo tipo per un nuovo prodotto.
3.2.2.4 Sintesi SWOT
La sintesi SWOT permette di raccogliere all’interno di una griglia riassuntiva e di facile
lettura l’analisi dei punti di forza
e dei punti di debolezza di una
marca. L’analisi prende in consi-
derazione sia l’ambiente esterno
(Opportunities e Threats) sia
l’ambiente interno (Strengths e
Weaknesses).
Nel caso di Bud Light (vedi fig
13) notiamo come i punti di for-
za, interni ed esterni, risiedano
nella sua capacità di trovare un posizionamento non basato su un benefit oggettivo, fa-
cilmente replicabile dalla concorrenza, ma dal presidio di un benefit soggettivo. La mar-
ca inoltre, in quanto sorella della più vecchia Budweiser, gode indirettamente della sua
Commodity crescente e a basso prezzo. Qualità data per scontata Introduzione di molte be-vande alcoliche alternative
Bevanda della tradizione americana Forte valore simbolico e di aggregazione sociale
Presidio di un benefit sog-gettivo non facilmente attaccabile dai competitor Legame con la marca ma-dre Budweiser
Comunicazione da parte dei competitor di un benefit soggettivo più ap-pealing rispetto a Bud Light
Fig 13: Sintesi SWOT di Bud Light
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 36
heritage e del suo legame con la storia americana. I punti di debolezza interni sono le-
gati alla necessità di mantenere attuale il posizionamento basato su un benefit soggetti-
vo, onde evitare che i concorrenti siano in grado di trovarne uno più attuale e più attra-
ente rispetto a quello di Bud Light. Le minacce dall’esterno vengono per lo più dall’intro-
duzione di nuove bevande alcoliche, in grado di attirare in particolare la fascia più giova-
ne della popolazione e dalla percezione della birra come di una commodity a basso prez-
zo.
3.2.3 Definizione del target
Per la definizione del target saranno di seguito analizzate le tre variabili più comune-
mente impiegate durante la definizione della strategia di comunicazione: variabile di
consumo, cioè se, come e quanto il target consuma la categoria di prodotto e la marca
in esame; variabile sociodemografica, che definisce il profilo e i denotati del target (età,
classe, etc…); variabile psicografica (stile di vita, valori, etc…).
3.2.3.1 Variabile di consumo
Le variabili di consumo sono fortemente influenzate dagli atteggiamenti dei consumatori
nei confronti della categoria di prodotto, oltre che dalla conoscenza che essi hanno della
marca stessa. Questo fatto è ancora più rilevante se analizziamo il mercato della birra,
che, come abbiamo puntualizzato in precedenza risente moltissimo dell’immagine e del
posizionamento dei singoli prodotti.
Nel caso di Bud Light i preconcetti da sconfiggere erano in sostanza due: il primo legato
alla categoria delle birre light, viste come un prodotto per “donnicciole”, il secondo deri-
vante dal ritardo nel lancio sul mercato rispetto ai competitor che avevano già avuto
modo di costruire un’immagine di marca.
Per questo possiamo dire che la comunicazione Bud Light si rivolge: in primo luogo ai
non consumatori, cercando di modificare la loro percezione del segmento delle birre
light tramite la rottura della “doxa” light=femminile e posizionandosi nei loro confronti
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 37
come la birra leggera per i veri uomini; in secondo luogo ai consumatori ballerini della
marca e della concorrenza, perché tramite un posizionamento differenziante rispetto alla
concorrenza essi possano essere attratti da Bud Light; in terzo luogo ai consumatori fe-
deli della marca per rafforzare in loro la convinzione di aver effettuato una scelta corret-
ta, facendoli sentire nel giusto. Questi ultimi infatti non vanno mai tralasciati nella reda-
zione di una strategia di comunicazione vincente, sono l’asset più importante di una
marca, quelli da cui ha origine il passaparola positivo che attira nuovi clienti, quelli che
sono pronti a difendere la marca e a perdonarle alcuni piccoli “errori”.
3.2.3.2 Variabile sociodemografica
In questo caso il target primario di Bud Light è simile a quello dei suoi concorrenti. Il
focus è sui giovani bevitori di birra nella fascia 21-29 anni, reddito sociale medio, medio
alto. In realtà essendo la birra una delle istituzioni americane (al pari della pasta in Ita-
lia), il target è molto più allargato e comprende tutti i bevitori di birra, senza distinzioni
su base demografica o socioeconomica.
3.2.3.2 Variabile psicografica
Il compito della variabile psico-
grafica è quello di definire i con-
sumi in termini di motivazioni e
valori. Ci permette di capire non
solo chi fa cosa, ma perché ven-
gono compiute determinate
scelte di consumo.
Tra i modelli di ricerca che de-
scrivono la società e i consuma-
tori due sono quelli prevalente-
mente utilizzati in Italia, il 3sc dell’istituto GPF e il 4C’s di Y&R (vedi fig. 14). Utilizzan-
Chi subisce la Cultura
Chi forma la Cultura
Chi cambia la Cultura
resigned Struggler
Succeeder
Aspirer
Mainstream
Explorer
Reformer
Fig 14: Le tipologie psicograifche 4C’S
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 38
do la terminologia derivante da quest’ultimo modello possiamo definire il target primario
di Bud Light secondo la variabile psicografica come facente parte della categoria degli
“Innovators” (composto da Reformer e Succeeder), quel gruppo di persone che per pri-
mo accetta il cambiamento, è predisposto a sperimentare le novità ed a farle proprie.
Sono quelle persone che vivono il loro tempo, lo interpretano alla ricerca di soluzioni
nuove.
Chi consuma Bud Light è disposto ad accettare il fatto che la birra light non è solo per
“donnicciole”, ma che è possibile mantenere la propria anima di “macho” pur bevendo
una birra light. Sono persone che amano divertirsi stando in compagnia, si divertono in
maniera cameratesca, amano vedere rappresentate situazioni ironiche ed irriverenti,
sono particolarmente attenti al giudizio sociale derivante dalle scelte di consumo e cer-
cano una birra che sia in grado di essere non solo un bevanda, ma anche e soprattutto
un’affermazione della propria identità.
3.2.4 Definizione dell’azione da ottenere da parte del target
Per azione in questo caso si intende un comportamento preciso e misurabile nel tempo
riguardante il consumo della marca. Riportando quanto analizzato nella definizione del
target di Bud Light, l’azione che si vuole è ottenere è spingere i non consumatori alla
prova della marca, i ballerini ad affezionarsi al prodotto e i fedeli a sentirsi rassicurati e
ad acquistare la marca in maggiore quantità.
3.2.5 Definizione degli obiettivi pubblicitari
Gli obiettivi che possono essere assegnati alla comunicazione pubblicitaria sono: lo sti-
molo della domanda primaria, la crescita della brand awareness, il miglioramento della
brand image, l’aumento dell’intenzione d’acquisto e la rassicurazione su possibili preoc-
cupazioni del consumatore.
Nel caso di Bud Light, con la campagna che è stata lanciata nel 1992, l’obiettivo prima-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 39
rio è stato sicuramente quello di aumentare l’intenzione di acquisto. L’obiettivo della
crescita della brand awareness era stato infatti già assolto dalla campagna del 1984
“Gimme a Light”, che, come visto in precedenza, aveva contribuito in maniera significa-
tiva alla identificazione della nuova marca lanciata sul mercato da Anheuser&Busch e al
suo inserimento nell’agenda setting del consumatore. Lo stimolo della domanda primaria
del mercato della birra è in realtà uno degli obiettivi affidati alla comunicazione istituzio-
nale operata in parte dalle singole aziende produttrici e talora in maniera concertuale
tramite campagne che spingono i consumatori al consumo della bevanda.
Ritengo inoltre che l’obiettivo di aumentare l’intenzione di acquisto sia in questo caso
secondario alla creazione/miglioramento dell’immagine di Bud Light. Se infatti non vi
fosse in primo luogo un cambiamento nella percezione del marchio light da parte del
consumatore, egli non sarebbe disposto a mettere in discussione i suoi valori e quindi
non procederebbe all’acquisto.
La rassicurazione, infine, non è in questo caso appannaggio della comunicazione pubbli-
citaria classica, quanto di forme di comunicazione differenti, che rientrano comunque nel
poligono della comunicazione, come le relazioni pubbliche, il materiale punto vendita e il
packaging che possono comunicare in maniera più puntuale su tematiche sensibili quali
il processo o le modalità di produzione della birra light.
Il miglioramento dell’immagine di marca, che è anche uno degli obiettivi più frequenti in
ambito pubblicitario, può assumere sfumature differenti: la creazione di un’immagine di
marca, la sua modifica, il completamento di alcuni suoi tratti, o il suo completo stravol-
gimento.
È questa un’operazione difficile e lenta, che in questo caso ha avuto successo anche e
soprattutto grazie alla coerenza comunicativa mantenuta nel corso di più di 14 anni di
successo.
L’immagine di marca può essere modificata seguendo tre direzioni di intervento: con
leva sugli elementi soft, sugli elementi hard o su entrambi. Nel caso di Bud Light la leva
è stata posta sugli elementi soft. La comunicazione non ha, infatti, posto l’accento sui
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 40
differenti attributi o benefit oggettivi del prodotto nei confronti dei diretti competitor, ma
ha fatto proprio non solo un benefit soggettivo, “bevi una birra leggera senza rinunciare
alla tua mascolinità”, ma anche un carattere di marca, ironico, stravagante, irriverente,
che nessuno dei suoi competitor aveva per il momento occupato. Miller Lite e Coors Lite,
infatti, hanno sempre fatto leva o sugli attributi, “contiene X calorie”, “contiene meno
calorie di X”, o sul benefit oggettivo, “non ti appesantisce”.
3.2.6 Definizione del posizionamento di marca
Definire il posizionamento di una marca implica la risposta a tre domande: cos’è il pro-
dotto della marca (a quale categoria merceologica appartiene), per chi è e cosa offre.
3.2.6.1 Il territorio
La necessità iniziale è stabilire come vogliamo che il target percepisca la natura del pro-
dotto che porta il nome della nostra marca.
Vi sono tre opzioni: definire il prodotto fuori dalla sua categoria naturale, al centro op-
pure ai limiti.
Nel caso in esame, dal momento che l’analisi situazionale non mostrava particolari mi-
nacce od opportunità, la scelta è stata quella di rimanere all’interno della categoria na-
turale del prodotto: le birre leggere. Nella strategia di comunicazione di Bud Light non vi
è infatti la volontà di una percezione differente della categoria, quanto la volontà di po-
sizionarsi in maniera differenziante rispetto ai competitor. Bud Light non afferma mai di
non essere una birra leggera, ma sostiene che i suoi prodotti sono rivolti ad un target
differente.
3.2.6.2 Per chi
La marca può indicare un preciso modello di riferimento, il reference group, a chi appar-
tiene a un diverso gruppo, oppure può fornire la conferma dell’appartenenza all’elite in-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 41
dicata e così gratificata..
Il modello di gruppo nel caso di Bud Light diventa, in quanto perseguito con costanza
nel tempo, indice di un chiaro posizionamento. Dopo che al momento dell’introduzione
delle birre light sul mercato il gruppo di riferimento dei tre maggiori player era stato
quello dei “baby boomers” degli anni ‘60 e ‘70 che, giunti ormai in età adulta, iniziavano
a scoprire i benefici del fitness e dell’alimentazione sana, quando Bud Light lancia la
nuova campagna vuole rivolgersi ad un gruppo di consumatori che si sono evoluti e
compiono scelte leggermente differenti.
Coloro che scelgono Bud Light negli anni novanta risentono sicuramente dell’influenza
della cultura degli anni precedenti, che conteneva i germogli di quello che sarebbe stato
il trend degli anni successivi, ma la reinterpretano con una certa dose di “indulgenza”.
L’orientamento alla salute6 è ormai una tendenza trasversale che attraversa non solo
tutti gli strati della popolazione, ma anche a dare del consumo in precedenza inconcepi-
bili. La salute diventa motivo di attenzione costante, non limitato al momento in cui se
ne percepiscono l’assenza o possibili minacce. Nella vita di tutti i giorni i consumatori
compiono scelte volte a preservare l’equilibrio del proprio corpo, della propria persona
secondo una concezione olistica.
Se questo è vero non possiamo però tener conto della diffusione, numerica e culturale,
della birra negli Usa. È così quindi che la birra light diventa pretesto poterla consumare
senza sentirsi in colpa7.
La comunicazione di Bud Light irrompe a sanare l’ultimo aspetto potenzialmente proble-
matico, quello del consumo “sociale” della birra, stabilendo una volta per tutte, in modo
costante e coerente per più di un decennio, che Bud Light è birra leggera ed è la birra
per uomini veri.
6 Fabris G (1995), Consumatore & Mercato, Franco Angeli, Milano, 1995 7 Il processo non è in realtà di molto differente da quello delle sigarette light.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 42
Dopo aver selezionato il territorio e il gruppo di riferimento, la strategia di comunicazio-
ne deve stabilire quale sia il beneficio che la marca offre al consumatore.
Il processo di selezione del benefit ideale da offrire passa attraverso tre fasi: l’analisi di
tutte le possibilità (il “laddering”), la scelta della sequenza ideale in linea con le premes-
se della strategia ed infine la scelta del punto di leva all’interno della sequenza scelta.
Il termine “laddering”, che vuol dire fare le scale su e giù, in questo caso viene utilizzato
come metafora del processo che porta a ripercorrere tutte le motivazioni più o meno
forti, che portano il consumatore alla scelta della marca. Il laddering non può ovviamen-
te prescindere dalle scelte operate in precedenza, esso assume quindi significato non
assoluto, ma relativo al target individuato. Lo schema (vedi fig. 15) riporta la griglia
generale da completare con tutte le possibili varianti attribuibili alla marca.
Il passo successivo è quello di individuare la sequenza ideale tra tutte quelle possibili
derivanti dai diversi elementi presi in considerazione. Il principio da seguire è il medesi-
mo: la sequenza deve essere
determinata dalle premesse
strategiche: è necessario avere
chiaro cosa è più rilevante per il
consumatore, cosa è più libero
dalla concorrenza, cosa è in li-
nea con l’immagine di marca e,
ovviamente, cosa è in linea con
gli obiettivi di marketing.
Nel caso di Bud Light il risultato (vedi fig. 16) riprende quanto abbiamo illustrato fino-
ra: è una birra leggera che contiene solo 110 calorie per bottiglia (attributi), ti permette
di godere del gusto unico della birra senza appesantirti (benefit oggettivo), pur essendo
una una birra leggera, ti fa sentire un vero uomo (benefit soggettivo) quando la consu-
3.2.6.3 Il beneficio
Fig 15: Laddering
Prodotto
Marca
Marca
Persona
Attributi
Benefit oggettivi
Benefit soggettivi
Valori
Cos’è il prodotto? Cosa fa? Funzionalità
Cosa vuole il consumatore e la marca offre? Razionalità
Cosa sente il consumatore e la marca suscita? Emozionalità
Cosa significa la marca per il target?
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 43
mo e rispecchia i valori in cui credi fermamente (valori): la socialità, l’ironia, il prendere
la vita alla leggera, l’essere al passo coi tempi.
Una volta definita la sequenza ideale e verificato che non ci siano incongruenze con la
strategia in precedenza identifi-
cata, è necessario scegliere il
punto di leva della comunicazio-
ne.
Se infatti è sempre stata regola
fondamentale della comunica-
zione la focalizzazione su uno o
pochi elementi da comunicare,
questa raccomandazione è an-
cora più valida oggi a causa di
un affollamento senza precedenti nell’arena della comunicazione. Il rischio derivante dal
non effettuare una scelta precisa è di lasciare al target il compito di selezionare cosa
percepire, che solitamente si di-
scosta dall’obiettivo originario del-
la comunicazione, dal momento
che il target selezionerà principal-
mente elementi già noti o a con-
ferma delle sue opinioni e atteg-
giamenti.
Le opzioni per la scelta del punto
di leva si collocano ai due poli del-
la sequenza: verso gli attributi
avremo posizionamenti più di prodotto e fattuali, verso i valori avremo posizionamenti
più di immagine.
Nel caso di Bud Light il punto di leva scelto è posto sul benefit soggettivo (vedi fig 17):
Fig 16: Laddering di Bud Light
Prodotto
Marca
Marca
Persona
Attributi
Benefit oggettivi
Benefit soggettivi
Valori
Birra light che con-tiene solo 110 calorie per bottiglia
Leggerezza senza rinunciare al gusto
La birra leggera che mi fa sentire un vero uomo
Socialità, ironia, al passo coi tempi
Fig 17: Scelta del punto di leva: Bud Light
Prodotto
Marca
Marca
Persona
Attributi
Benefit oggettivi
Benefit soggettivi
Valori
Birra light che con-tiene solo 110 calorie per bottiglia
Leggerezza senza rinunciare al gusto
La birra leggera che mi fa sentire un vero uomo
Socialità, ironia, al passo coi tempi
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 44
la birra leggera che mi fa sentire un vero uomo. Per meglio comprendere l’importanza
della scelta del punto di leva è opportuno fare un confronto con il laddering di Miller Lite.
In questo caso il punto di leva è stato posto sul benefit oggettivo del prodotto,
“leggerezza senza rinunciare al
gusto”, come conseguenza di
una strategia orientata verso gli
aspetti funzionali/razionali della
birra leggera. In particolar mo-
do negli ultimi anni infatti Miller
Lite ha cavalcato l’onda del suc-
cesso della dieta Atkins che ha
posto al bando i carboidrati, ge-
nerando preoccupazione non
solo nel mercato della birra8. Miller Lite vanta inoltre un contenuto di carboidrati di gran
lunga inferiore a quello di Bud Light ed è stata questa la seconda motivazione che ha
portato alla definizione di una strategia di comunicazione che fa leva sul benefit oggetti-
vo, avendo come “reason why” gli attributi di prodotto.
I risultati in termini esecutivi delle campagne dei due competitor sono, ovviamente, di
gran lunga differenti: Bud Light non fa mai alcun riferimento agli attributi del prodotto
per proporre invece uno stile di vita ironico, scanzonato, divertito, dove gli uomini sono
ancora dei collegiali pronti a divertirsi con scherzi camerateschi, all’insegna della più di-
vertita virilità; Miller Lite, al contrario, pur con differenti esecuzioni (si passa dal “side
by side” con i competitor9 all’ironia su alcune delle icone del mondo Budweiser come l’-
arbitro di football) incentra le campagne sul benefit oggettivo “great taste less filling”,
Fig 17: Scelta del punto di leva: Miller Lite
Prodotto
Marca
Marca
Persona
Attributi
Benefit oggettivi
Benefit soggettivi
Valori
Birra light che con-tiene pochi carboi-drati
Ancora più leggerez-za senza rinunciare al gusto
La birra leggera che mantiene sano il mio corpo
Attenzione alla salu-te, tradizionale
8 Preoccupazione ancora maggiore ha infatti destato nel mondo della pasta e del fast food, costringendo i maggiori player come Barilla e Mc Donald’s al lancio di nuovi prodotti e ad una strategia di comunicazione di rassicurazione e di informazione riguardante i carboidrati. 9 I risultati purtroppo sono ben lontani dagli storici confronti Coca-Cola vs Pepsi
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 45
tralasciando qualsiasi riferimento al mondo valoriale.
3.2.7 Il piano integrato di comunicazione
Bud Light utilizza le diverse pos-
sibilità offerte dal poligono delle
comunicazioni in maniera este-
sa, stabilendo per ogni discipli-
na un preciso obiettivo di comu-
nicazione.
Alla “classica” comunicazione
televisiva, come abbiamo visto,
è demandato il compito di rac-
contare, descrivere il mondo ideale popolato dagli uomini che scelgono Bud Light, men-
tre alla radio, tramite l’ormai storica campagna “Real men of genius”, è affidato l’obietti-
vo di mitizzare la figura maschile di caratteri di fantasia, tipicamente degli inventori
stravaganti di cose assoluta-
mente inutili (ad es. mr. giant
taco salad inventer, mr gnome
garden maker, mr fake tatoo
inventer, …).
Le promozioni hanno il compito
di far provare la marca ai con-
sumatori e non è raro che in
questi casi le confezioni di birra
contengano un piccolo regalo
che faccia immediatamente percepire agli acquirenti qual è il mondo occupato da Bud
Light (vedi fig. 18).
Su internet (vedi fig 19) c’è la possibilità di esplodere il mondo di valori raccontato con
Fig 18: Uno dei “gadget” in regalo con le promozioni Bud Light
Fig 19: Home page di www.budlightinstitute.ca
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 46
i mezzi classici, non vi è limite di tempo, né di contenuti ed infine si ha il vantaggio di
dialogare con un pubblico che ha scelto di porsi in ascolto. Ritengo straordinario l’esem-
pio del Bud Light Institute.
L’operazione è nata nel 2003 con l’on air di uno spot che raccontava, in chiave parodisti-
ca, la storia di Bud Light dai primi anni del ‘900 fino ad oggi. Il racconto di fantasia so-
stiene che tutte le attività che le donne usano praticare, dallo shopping alla corsa ai sal-
di, non sono altro che una trovata degli scienziati del Bud Light Institute che da anni
hanno come unico scopo quello di trovare nuovi modi per tenere occupate le donne in
modo che gli uomini possano gustarsi senza interruzioni una rinfrescante Bud Light. Il
commercial terminava con l’indicazione del sito www.budlightinstitute.ca all’interno del
quale è possibile trovare tutto quanto è necessario all’uomo per evitare di scontrarsi con
la propria partner femminile. Nascono così i biglietti per i ritardatari, “Let’s make Fe-
bruary 15th OUR Valentine’s day”, la mailing list che prodiga consigli su come risponde-
re alle provocazioni femminili ed addirittura un servizio di segreteria telefonica per ri-
spondere alle insistenti telefonate della donna. Nel corso degli anni questi stimoli pre-
senti sul sito sono stati oggetto di altrettante campagne del Bud Light Institute, tutte
aventi la stessa tagline “We were there, we are here now and we’ll be there for you to-
morrow. We are the Bud Light Institute and we love you.”.
Gli ultimi due aspetti del poligono delle comunicazioni che ritengo essere interessanti
per l’analisi del caso Bud Light sono il cinema, sono infatti numerosi i film all’interno dei
quali vi è un chiaro product placement di Bud Light, e le sponsorizzazioni. Se infatti la
sorella Budweiser è sponsor ufficiale degli eventi sportivi più seguiti in Usa, Nascar e Fo-
otball, Bud Light è solita sponsorizzare eventi maggiormente diretti ai giovani, come i
concerti musicali o gli sport “minori” come l’hockey femminile.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 47
La copy strategy è il documento
di sintesi di tutto quanto analiz-
zato finora. Essa ha il compito
di identificare in maniera pun-
tuale e precisa quali saranno gli
elementi che nel medio e lungo
periodo costituiranno la base
sulla quale i consumatori sce-
glieranno la marca in oggetto
preferendola alle varie alternati-
ve presenti sul mercato.
Questo documento è tanto importante per l’agenzia, che avrà il compito di tramutare la
strategia in esecuzione, quanto per l’azienda, che dovrà sulla base di questo controllare
l’evoluzione della marca nel tempo.
La copy strategy non riguarda solo la comunicazione su mezzi classici, ma deve guidare
il discorso della marca in tutte le sue manifestazioni: le promozioni, il packaging, le rela-
zioni pubbliche, etc….
Gli elementi che la compongono sono tre: la promessa, scelta all’interno dei possibili
benefici; la reason why, ciò che rende credibile ed esclusiva la promessa; il carattere di
marca, il tono di voce che si vuole costruire per la marca.
Nel caso di Bud Light la copy strategy può essere sintetizzata come in figura 20
3.2.8 Copy Strategy
Fig 20: Copy Strategy Bud Light
Promessa
Reason Why
Brand Character
Bud Light è la birra leggera per uomini veri
(il gusto irresistibile di Bud Light)
Ironica, spensierata, cameratesca, irri-verente, maschilista.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 48
La promozione ha il compito specifico di occupar-
si più dei comportamenti e meno degli atteggia-
menti rispetto alla pubblicità.
Nonostante questo la brand identity e il brand
positioning devono essere rispettati per evitare di
creare dissonanze nel discorso di marca, in
quanto anche l’azione promozionale incide sulla
sua immagine.
Bud Light, come osservato in precedenza, utiliz-
za le promozioni per comunicare il posiziona-
mento di marca al potenziale consumatore, non solo tramite politiche di prezzo, volte a
favorire l’acquisto di impulso, ma soprattutto tramite un vasto campionario di oggetti
griffati che permettono all’acquirente di toccare con mano il mondo della marca.
L’esempio del tanga all’interno della confezione di cartone di lattine di birra è l’esempio
più divertente, altri sono riportati in figura 21.
3.2.9 Promotion Strategy
Fig 21: Maglietta promozionale Bud Light
3.2.10 Copy Brief
L’obiettivo principale del copy brief è quello di delineare il compito creativo all’interno di
una strategia di comunicazione a lungo termine, suggerendo al reparto anche alcuni ele-
menti riferiti al consumatore, consumer insight, su cui fare leva per l’esecuzione della
campagna.
La struttura del copy brief segue, secondo una successione logica, 8 livelli. Di seguito
riporto l’ipotesi di Copy Brief di Bud Light.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 49
Project description A causa di una tardiva introduzione sul mercato Bud Light
soffre di una condizione di inferiorità nei confronti dei com-
petitor. Il compito della comunicazione è di comunicare il
posizionamento di Bud Light come distintivo e unico nei loro
confronti.
Target 21-35, si dichiarano intenditori di birra/bevande alcoliche in
generale, nessuna distinzione sociodemografica.
Copy Strategy Promessa: Bud Light è la birra leggera per uomini veri
Reason Why: (il gusto irresistibile di Bud Light)
Brand Character: ironica, spensierata, gli scherzi tra amici,
irriverente, maschilista.
Competitive Context Miller Lite è il competitor da battere. La sua comunicazione
fa leva sul benefit oggettivo “Great taste, less filling”
Distinctiveness Tono di voce, l’ironia, la costante presenza di un sentimento
maschilista, gli scherzi tra amici.
Desired Consumer
Response
Miglioramento dell’immagine di marca facendo leva su ele-
menti soft.
Mandatories L’uomo è il protagonista della comunicazione, mantenere
costante il brand character nelle diverse esecuzioni.
Consumer Insight La birra leggera è una cosa da donne.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 50
I risultati della comunicazione di
Bud Light si possono analizzare
sia in termini quantitativi, os-
servando il numero di barili di
birra venduti per anno, sia in
termini qualitativi, servendoci
del Brand Asset Valuator.
La campagna, la cui strategia è
stata analizzata nel corso dei
capitoli precedenti, è stata lanciata nel 1992, 8 anni dopo la comparsa di Bud Light sul
mercato. Nel 1992 essa vendeva 13 milioni di barili di birra contro i 18 di Miller Lite. Nel
corso di due soli anni Bud Light è stata in grado di raggiungere il suo competitor (vedi
fig. 22) e, in seguito di sorpassarlo, continuando di anno in anno ad accrescere i volumi
di vendita senza sosta. Nel 2004, ultimo anno di cui c’è disponibilità al momento in cui
scriviamo di dati ufficiali di mer-
cato, Bud Light ha venduto 40,2
milioni di barili di birra, contro i
17,8 di Miller Lite.
Vi è una seconda evidenza inte-
ressante nel 2004. Tra le 10 bir-
re più vendute nel mercato a-
mericano ai primi 5 posti vi so-
no 4 birre light (vedi fig. 23). L’unica birra tradizionale che mantiene il secondo posto
è Budweiser, un ottimo risultato che deriva da un altrettanto brillante strategia di comu-
nicazione.
Capitolo IV 4.1 I risultati
Top ten beer in the us in 2004 (brand)
busch5%
corona extra5%
miller lite13%
coors light10%
natural light6%
bud light29%
heineken3%busch light
4%
miller high life4%
budw eiser21%
Fig 23: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
0
10
20
30
40
50
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
Bar
rels
(in
mill
ion)
Bud Light Miller Lite Coors Light
Fig 22: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 51
Il Brand Asset Valuator ci permette di analizzare due aspetti: lo stato di salute della
marca, tramite il Power Grid, e la personalità della marca a confronto con quella compe-
titor, tramite gli Archetipi.
Il target preso in considerazione
nell’analisi è quello specificato
nella strategia di comunicazio-
ne: uomini, 18-35 anni, appar-
tenenti al gruppo degli Innova-
tori.
La situazione nel 1993 vedeva
una situazione di vantaggio a
favore di Miller Lite, più forte sia
in forza (diversità e rilevanza)
che in statura (stima e familiarità) (vedi fig. 23).
Nel 2004 osserviamo che tutta la categoria delle birre light ha subito un depauperamen-
to, ma si osserva un ribaltamento dei ruoli, con Bud Light che, pur avendo statura leg-
germente inferiore a Miller Lite, mantiene una forza, l’asset più importante per la marca,
più elevata (vedi fig. 24).
Analizzando infine gli Archetipi
si evidenzia ancora maggior-
mente il differente posiziona-
mento di Bud Light vs Miller
Light (vedi fig. 25).
Se la prima è posizionata nel
polo dell’energia e si può asso-
ciare all’archetipo del creativo,
una personalità estroversa, sim-
patica e divertente, sono i ragazzi degli spot Bud Light e il suo più famoso testimonial:
Bud Light
Miller Lite
Fig 23: BAV Usa 1993 - males 18-35 - Innovator
Fig 24: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator
Bud Light
Miller Lite
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 52
Cedric The Entertainer; la seconda è riconducibile all’archetipo della madre, che risiede
nell’area del pensiero e della sostanza, della rassicurazione, della prevenzione di com-
portamenti poco sicuri, derivante dal continuo rimando nel corso degli anni al benefit
oggettivo “great taste, less fil-
ling”, nonostante i recenti ten-
tativi di introdurre dell’ironia
all’interno delle campagne.
Bud Light non è solo una birra,
è un mondo di valori densamen-
te popolato. Sono i valori dell’u-
niverso maschile, l’ironia
sguaiata, gli scherzi fra amici, il
maschilismo.
Bud Light è la birra leggera pensata per gli uomini veri.
Fig 24: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 53
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Bibliografia e Sitografia
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http://www.straightdope.com/classics/a950901.html http://www.sudsgear.com/index.asp?PageAction=Custom&ID=4 http://www.tommcmahon.net/2005/07/custers_last_fi.html http://www.torinopub.it/storia.shtml http://www.warc.com/ http://www.wikipedia.org/