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LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità MILANO IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI Docente: Chiar.mo Prof Marco LOMBARDI Prova finale di: Matteo SARZANA Matr. N. 116865 Anno Accademico 2004-2005

IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

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Page 1: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM

Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo

Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità

MILANO

IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Docente: Chiar.mo Prof Marco LOMBARDI

Prova finale di:

Matteo SARZANA

Matr. N. 116865

Anno Accademico 2004-2005

Page 2: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 2

A chi si commuove dinanzi ad una campagna,

A chi mi ha supportato e sopportato

Ai soci e ai colleghi

Ai “veri uomini”.

Page 3: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 3

Sommario pag.7

I Il successo di Bud Light pag.7

II Le cause esogene pag.8

III Le cause endogene pag.9

III.a Il posizionamento pag.9

III.b Una comunicazione efficace e costante pag.10

III.c Una comunicazione integrata pag.10

III.d Una continua attualizzazione pag.11

Capitolo I

1.1 La Birra pag.12

1.1.1 Breve storia della Birra pag.12

1.1.2 La Birra negli USA pag.17

Capitolo II

2.1 Anheuser&Busch pag.20

2.1.1 La storia pag.20

2.1.2 I marchi pag.26

2.1.2.1 Budweiser pag.26

2.1.2.2 Michelob pag.26

2.1.2.3 Specialty Beers pag.27

Indice

Page 4: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 4

2.1.2.4 Birre non alcoliche pag.28

2.1.2.5 Busch pag.28

2.1.2.6 Natural pag.28

2.1.2.7 Liquori al malto pag.29

2.1.2.8 Bevande speciali al malto pag.29

2.1.2.9 Energy drink pag.29

Capitolo III

3.1 Bud Light pag.30

3.1.1 La storia pag.30

3.2 Ricostruzione del caso Bud Light secondo la strategia dei “dieci passi” pag.32

3.2.1 Analisi degli obiettivi di marketing pag.32

3.2.2 Analisi situazionale pag.33

3.2.2.1 Analisi del rapporto consumatore prodotto pag.33

3.2.2.2 Analisi della concorrenza pag.33

3.2.2.3 Mappe percettive pag.34

3.2.2.4 Sintesi SWOT pag.35

3.2.3 Definizione del target pag.36

3.2.3.1 variabile di consumo pag.36

3.2.3.2 variabile sociodemografica pag.37

3.2.3.3 variabile psicografica pag.37

3.2.4 Definizione dell’azione da ottenere da parte del target pag.38

3.2.5 Definizione degli obiettivi pubblicitari pag.38

3.2.6 Definizione del posizionamento di marca pag.40

3.2.6.1 Il territorio pag.40

3.2.6.2 Per chi pag.40

3.2.6.3 Il beneficio pag.42

Page 5: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 5

3.2.7 Il piano integrato di comunicazione pag.45

3.2.8 Copy Strategy pag.47

3.2.9 Promotion Strategy pag.48

3.2.10 Copy Brief pag.48

Capitolo IV

4.1 Risultati pag.50

Bibliografia e Sitografia pag.53

Page 6: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 6

"Beer is proof that God

loves us and wants us to be happy."

Benjamin Franklin

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 7

Sommario

Procederò all’esposizione del successo del caso Bud Light, analizzando dapprima le cau-

se esogene ed in seguito le cause endogene, in particolare della comunicazione

I Il successo di Bud Light

Il caso Bud Light è un caso di

successo.

La strategia di comunicazione

qui analizzata è stata lanciata

nel 1992, in un momento in cui

i volumi di vendita di Bud Light

erano inferiori rispetto a quelli

del suo diretto competitor Miller

Lite, (vedi fig. I). Nel corso di soli due anni la tendenza si è invertita; una volta ugua-

gliate le vendite, nel 1994, il successo di Bud Light ha continuato ad avere un trend po-

sitivo di crescita. Un trend che mantiene ancora oggi e che l’ha portata a diventare la

birra più venduta negli Usa a

scapito della sorella maggiore

Budweiser (al secondo posto in

termini di volumi),(vedi fig.

II).

1015202530354045

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

Bar

rels

(in

mill

ion)

Bud Light Miller Lite

Fig I: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004

Top ten beer in the us in 2004 (brand)

busch; 7,3corona extra;

7

miller lite17,8

coors light; 14,40

natural light; 8,3

bud light40,2

heineken; 4,6busch light; 5,4

miller high life; 4,9

budweiser29,3

Fig II: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 8

II Le cause esogene

La causa esogena che ha maggiormentecontribuito a determinare il successo di Bud

Light è stata la crescente impor-

tanza acquisita dal trend di con-

sumo dei prodotti light.

All’inizio degli anni ‘90 il trend

dell’orientamento alla salute, un

tempo caratteristico dei seg-

menti più anziani o ipocondriaci

della popolazione, si estende ad aree un tempo inconcepibili, tagliando trasversalmente

gran parte dei segmenti della popolazione1.

Si comprende così, all’interno di questa tendenza, la ricerca di prodotti light anche per la

categoria merceologica degli alcolici.

Tutto il mercato della birra, trainato dal lancio dei prodotti light sul mercato, conosce

così negli anni ‘90 un momento di grande crescita (vedi fig III).

1 Fabris G (1995), Consumatore & Mercato, Franco Angeli, Milano, 1995

Beer Volume - Milioni di Barili - USA

90110130150170190210

1985 1990 1995 2000 2002 2003 2004

Fig III: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 9

III Le cause endogene III.a Il posizionamento

La strategia di comunicazione ha svolto un ruolo determinante per il successo di Bud

Light.

Bud Light è stata in grado di far leva su un benefit più rilevante per il target rispetto a

quanto compiuto dal suo diretto competitor Miller Lite.

La prima ha infatti posto il pun-

to di leva della comunicazione

sul benefit soggettivo, “la birra

leggera per gli uomini veri”,

rompendo la convenzione se-

condo cui i prodotti light e la

birra light in particolare sono

destinati solo al pubblico femmi-

nile; la seconda ha continuato a

mantenerlo sul benefit oggetti-

vo, ormai depauperizzato e co-

mune non solo a tutta la categoria delle birre light, ma più in generale a tutti i prodotti

light, “più gusto, meno pesantezza”.

L’interpretazione trova riscontro oggettivo grazie all’analisi degli Archetipi4 (vedi fig

IV): Bud Light è posizionata nel polo dell’energia, si può associare all’Archetipo del cre-

ativo, una personalità estroversa, ironica, al passo coi tempi; Miller Lite si colloca invece

nel polo della sostanza ed è riconducibile all’archetipo della Madre, una figura pragmati-

ca, che da’ rassicurazioni più che divertire.

Fig IV: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator

3 tra gli altri:www.adcritic.com, www.fastchannel.com, www.ad-rag.com 4 i dati sono ottenuti grazie al Brand Asset Valuator, analisi mondiale che Y&R conduce dal 1993, analizzando più di 80.000 marche in 123 paesi.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 10

Un posizionamento rilevante non sarebbe stato sufficiente se Bud Light non fosse stata

in grado di esprimerlo con una coerenza comunicativa nel tempo senza precedenti. La

strategia di comunicazione è infatti immutata da 13 anni. Il lavoro di ricerca è stato con-

dotto in gran parte analizzando gli archivi delle campagne3 per visionare l’enorme pro-

duzione di campagne televisive, più di 250 nel corso di 13 anni, e radiofoniche, più di

100

III.b Una comunicazione efficace e costante

La coerenza comunicativa è evidente anche nello spazio all’interno del quale si esprime

il discorso della marca. Tutte le attività del poligono della comunicazione sono, infatti,

coerenti con la strategia.

Riporto qui solo l’esempio del

sito www.budlightinsitute.ca,

all’interno del quale i (finti) con-

sulenti di Bud Light danno agli

uomini tutti i consigli necessari

per sfuggire all’oppressione

femminile in una catena di soli-

darietà simile ad una setta reli-

giosa: “Men helping men, hel-

ping men” (Vedi fig V).

Fig V: Home page di www.budlightinstitute.ca

III.c Una comunicazione integrata

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 11

L’esecuzione delle campagne è cambiata, invece nel corso degli anni, per perseguire con

successo un aggiornamento culturale necessario a non perdere il legame con i suoi con-

sumatori più affezionati.

Il caso Bud Light è un caso di successo pubblicitario, come ricordato da JT Mapel, vice-

presidente di DDB, che nel 1992 ha redatto la strategia di comunicazione di Bud Light:

“Advertising had long played a crucial role in beer marketing. In a blind taste test, few

beer drinkers can tell one beer from another. Brand image is what makes a beer more

appealing, and advertising serves as the clothes of the brand. If we could create the

most appealing advertising, clearly linking our brand to what beer drinkers want out of

life, we could win the competition.”

III.d Una continua attualizzazione

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 12

Capitolo I 1.1 La Birra 1.1.1 Breve Storia della Birra

Due sono le qualità che hanno da sempre contraddistinto la storia della birra nei secoli:

la sua presenza pressoché universale e la sua popolarità in ogni ceto sociale.

Nel primo caso si può infatti affermare che la birra è stata prodotta ovunque si sia verifi-

cata la coltivazione dei cereali.

La seconda affermazione è invece verificata grazie a numerose testimonianze storiche.

Non si sa con esattezza dove sia nata la prima birra: è infatti verosimile che il fenomeno

della fermentazione sia stato scoperto casualmente in diverse parti del mondo più o me-

no nello stesso periodo, forse originato da una antica tecnica di conservazione dei cere-

ali che prevedeva il loro stoccaggio all’interno di grandi barili pieni di acqua.

Hanno così avuto origine svariate tipologie di birra che si distinguevano in birre scure,

chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche e venivano chiamate con nomi differenti a secon-

da del cereale utilizzato nella loro produzione (le sikaru erano d'orzo, le Kurunnu di spel-

ta,…).

Il primordiale consumo di birra rendeva l’uomo primitivo rinvigorito e maggiormente

predisposto a sopportare la fatica di tutti i giorni. In questo benefico effetto egli vide

traccia dell’intervento divino ed è per questo che la storia della birra è stata a lungo in-

trecciata con i riti religiosi.

A Babilonia, la più ricca città dell'antica Mesopotamia, pare si potessero trovare più di

venti tipologie differenti di birra, che aveva anche un significato religioso e rituale, infat-

ti veniva bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla

divinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato.

Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto. Fin dall'infanzia si abituavano i sud-

diti dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. I bambi-

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 13

ni inoltre facevano sacrifici di birra, frutta e focacce al dio della scrittura Thout, mentre

bevevano una ciotola di birra, dopo essersene bagnati gli occhi e la bocca che venivano

tenuti chiusi. Gli Egizi usavano, come nel caso dei Babilonesi, la birra per scopi propizia-

tori e sono innumerevoli le divinità che ebbero a che fare con questa bevanda.

In una cosa erano diversi Egizi e Babilonesi: per i primi la birra era una vera e propria

industria statale, per i secondi invece si trattava di un semplice prodotto artigianale. I

faraoni stessi possedevano fabbriche di birra e in un'iscrizione funebre su una tomba

reale è stata trovata questa testimonianza: "Io ero uno che produceva orzo". All’interno

di alcune tombe di faraoni sono state inoltre scoperte ricostruzioni in miniature delle pri-

mordiali birrerie.

Di birra si parla anche nei sacri libri del popolo ebraico, come il biblico Deteronomio e il

Talmud e nella festa degli Azzimi, che ricorda la fuga dall'Egitto, si mangia per sette

giorni il pane senza lievito e si beveva birra.

La Grecia, patria del vino (e del dio Bacco), non produceva birra, però ne consumava

parecchia, soprattutto in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi, tra

le quali ovviamente non poteva mancare l'orzo. Si trattava di prodotti d'importazione,

per lo più fenici. Anche durante lo svolgimento dei giochi olimpici non era ammesso il

vino per cui la bevanda alcolica per eccellenza di questa prima grande manifestazione

sportiva era la birra.

Etruschi e Romani prediligevano il vino, ma alcuni importanti personaggi della loro so-

cietà diventarono accaniti sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore

della Britannia, che una volta tornato a Roma nell'83 dopo Cristo si portò tre mastribir-

rai da Glevum (l'odierna Gloucester) e aprì il primo pub della nostra Penisola.

Tra i cosiddetti popoli barbarici si trovavano i più assidui bevitori di birra, i Germani e i

Celti. I primi organizzavano feste che in realtà erano scuse per sbornie colossali, come

ad esempio la Wappentanz, una crudele danza delle spade dedicata al bellicoso dio

Thyr, al termine della quale i sopravvissuti si dedicavano ad abbondanti libagioni.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 14

I Celti si erano stanziati principalmente in Gallia e in Britannia, ma la loro straordinaria

civiltà, bagnata di birra fin dai primordi1, venne sviluppata principalmente nella verde

Irlanda. Infatti la nascita del popolo irlandese è dovuta, secondo la leggenda, ai Fomo-

riani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la po-

tenza e l'immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottrat-

to dall'eroe di Mag Meld, una specie di Prometeo irlandese.

Il Medioevo vide la birra protagonista soprattutto per merito dei monasteri, che operaro-

no un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda introducendo anche alcuni

nuovi ingredienti, tra i quali il luppolo. A questo proposito va detto che in tempi più re-

moti per l'aromatizzazione della birra si usavano svariati tipi di erbe, spezie o bacche,

oppure si ricorreva addirittura a misture vegetali, la più famosa delle quali era il Gruit.

Anche le suore avevano tra i loro compiti manuali quello di fabbricare la birra, che in

parte destinavano al consumo dei malati e dei pellegrini. Si tramanda infine che papa

Gregorio Magno abbia girato ai poveri una donazione in birra della regina longobarda

Teodolinda.

Anche in Gran Bretagna la birra, chiamata Ale2, veniva usata nelle feste come Church-

Ale, prodotta dalle massaie inglesi e messa a disposizione delle feste parrocchiali, dove

veniva venduta e il ricavato era un contributo per la manutenzione di chiese e conventi

britannici. In Inghilterra la birra diventò bevanda nazionale in quanto l'acqua usata per

la sua produzione veniva bollita e sterilizzata. Ciò rappresentava un garanzia in un pe-

riodo in cui l'acqua era spesso infettata dalla peste. Soltanto dopo il Rinascimento que-

sta piaga cessò.

La rivoluzione industriale e quella scientifica si affermano in Europa nel XIX secolo,

sconvolgendo irrimediabilmente il mondo della birra, trasformato da due fattori fonda-

mentali: da una parte la meccanizzazione che permette di aumentare il volume prodotto

e dall'altra la possibilità di controllare rigorosamente ogni tappa della produzione in mo-

1 Albert Goscinny & René Uderzo riprendono in chiave pardostica l’antica usanza nel celebre fumetto “Asterix” 2 termine che deriva probabilmente dal vichingo “Aul”

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 15

do scientifico. La prima macchina a vapore in campo birrario è attribuita a James Watt

che nel 1785 utilizza la nuova tecnologia per produrre la prima birra a Londra.

Verso il 1880-1885 si ha lo sviluppo della bottiglia di vetro e l'invenzione della vetreria

meccanica coincide con l'avvento delle birre a bassa fermentazione.

Il consumatore può ora ammirare il suo nettare e questo lo spinge a preferire birre sem-

pre più chiare e dorate, il cui bellissimo aspetto viene esaltato dalla trasparenza del ve-

tro.

Nel 1876 i lavori di Pasteur sulla fermentazione spianano la strada alla comprensione

dell'azione del lievito e a quella dei batteri responsabili dei problemi che portano al catti-

vo gusto. I risultati delle sue ricerche spingono le birrerie ad equipaggiarsi di un labora-

torio e nel 1883 Emil Hansen della danese Carlsberg sviluppa la tecnica per isolare un'u-

nica cellula di lievito che permetterà finalmente ai birrai di esercitare un controllo totale

sulle birre prodotte.

Nel XX secolo la birreria diventa un'impresa industriale che deve affrontare una concor-

renza sempre più feroce e deve migliorare la sua produttività mantenendo prezzi bassi.

L'evoluzione dei mezzi di comunicazione e dei trasporti favoriscono gli spostamenti delle

birre e di conseguenza il loro confronto. Si sviluppano pertanto dei "giganti" dell'indu-

stria birraria prima negli Stati Uniti3 poi via via in tutto il mondo provocando la diminu-

zione in caduta verticale delle piccole birrerie.

Alla fine del XIX secolo se ne contavano più di 3.000 in Belgio e più di 2.000 negli Stati

Uniti, mentre meno di cent'anni dopo il loro numero era vertiginosamente sceso a poco

più di un centinaio in Belgio e a qualche dozzina negli Stati Uniti.

I mezzi di comunicazione permettono alla birra di viaggiare sempre più lontano e favori-

scono subito dopo lo sviluppo di un marketing di massa. Le indagini di mercato dimo-

strano alle birrerie che "meno la birra è amara più si vende". Questi studi rispondono ai

loro bisogni capitalistici: se per esempio risulta che il 75% prova repulsione per le birre

3 E’ infatti nel 1864 che nasce la Anheuser&Busch, ditta produttrice della birra Budweiser e Budlight

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 16

amare, la birreria diminuisce l'amaro in tutta la sua gamma di birre senza tener conto

del restante 25% dei suoi clienti.

Se poi, in fase successiva, afferma nelle sue campagne pubblicitarie che è migliore per-

ché meno amara, ha contribuito a offrire un'informazione parziale alla popolazione che

rischia di identificare l'amaro con un difetto. Assistiamo così ad un appiattimento delle

birre e all'impoverimento delle attitudini sensoriali della popolazione. Il fenomeno trova

il suo apogeo nel Nord America all'inizio degli anni ‘60 con la scomparsa della maggio-

ranza delle birre "speciali", per fortuna questa regressione nel gusto ha i suoi limiti.

Infatti all'inizio degli anni 80 assistiamo a un vero e proprio "rinascimento" della birra

"di gusto". Questo fenomeno assolutamente originale non ha attinenza col passato in

quanto, prima dell'industrializzazione non si parlava dell'esistenza di una cultura birra-

ria.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 17

La birra rappresenta per il popolo americano quello che la pasta è per gli italiani: qual-

che cosa di indispensabile, da consumare ogni giorno, un rito di piacere e di socialità. È

la bevanda che accompagna i grandi momenti della vita: le partite del Superbowl, il bar-

becue con i vicini, le feste al college. È parte dell’iconografia dell’uomo medio america-

no, soprappeso, adagiato su una vecchia poltrona, lo sguardo fisso rivolto alla televisio-

ne che trasmette sport, il telecomando in una mano, la lattina nell’altra.

Quando fu scoperto il nuovo mondo, la birra venne importata in America dai primi Euro-

pei, spinti anche dalla capacità della birra di rimanere potabile durante il lungo tragitto

in mare.

Gli europei scoprirono presto che i nativi americani producevano già da tempo la birra

tramite la fermentazione del mais e, nonostante inizialmente continuassero a preferire

la birra importata dall’Europa, presto cominciarono ad unire ai cereali da fermentare an-

che il mais.

Per il popolo americano la birra divenne da subito una delle bevande preferite, al punto

che George Washington e Thomas Jefferson1 si fecero costruire una birreria privata ed ai

soldati della rivoluzione americana non mancava mai una bottiglia di birra all’interno

della loro razione quotidiana di alimenti.

Fu soltanto a metà del 1800, con l’applicazione del metodo della pastorizzazione di Pa-

steur per la stabilizzazione della birra e la realizzazione della prima rete commerciale di

distribuzione della birra2 ad opera di Eberhard Anheuser e di Adolphus Busch (fondatori

della Anheuser&Busch), che la birra conobbe la sua più rapida diffusione sul suolo ame-

1.1.2 La birra negli USA

1 Anche Teodor Roosevelt fu sincero amante della bevanda, al punto da portare con sé durante un safari più di 500 galloni di birra per potersi rinfrescare. 2 Il problema principale era infatti la conservazione della birra in ambiente freddo. Fu Busch a creare dei nuovi vagoni ferroviari con un doppio strato termico che li isolava dagli sbalzi di temperatura esterna e a permettere quindi la distribuzione della birra Budweiser su tutto il territorio degli USA, rendendola così la prima birra na-

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 18

ricano.

Durante il diciannovesimo secolo si ebbe una grande crescita del numero delle birrerie

che arrivarono ad essere 4000 nel 1870, per crollare poi a 1568 nel 1919 con l’inizio del

proibizionismo, sancito da una

legge del presidente Woodrow

Wilson.

Il presidente Franklin Delano

Roosvelt pose fino al proibizioni-

smo nel 1933, dando vita ad

una nuova era per il mercato

americano della birra.

Il numero di aziende produttrici

di birra si ridusse ulteriormente, i grandi gruppi acquisirono le piccole realtà locali e-

spandendosi vertiginosamente. Questo processo fu guidato, tra gli altri, dalla Anheu-

ser&Busch, il cui spirito precursore e l’utilizzo innovativo delle nuove tecniche del mar-

keting e della comunicazione contribuirono al passaggio da un consumo regionale ad

uno nazionale delle più famose marche di birra.

Nel 1978 il numero di birrerie attive negli Stati Uniti scende a 89 e solo 25 birre sono in

tutto il paese.

La svolta nella storia della birra si ha nel 1980 quando viene sancita dalla legge la possi-

bilità di produrre birra artigianalmente. Il numero delle aziende produttrici di birra torna

a crescere, di pari passo con la crescente varietà dell’offerta.

Con l’aumento dei player sul mercato cresce la competizione e la necessità per le azien-

de di differenziarsi facendo leva sulla loro Brand Image piuttosto che sulla base del gu-

3 “Advertising had long played a crucial role in beer marketing. In a blind taste test, few beer drinkers can tell one beer from another. Brand image is what makes a beer more appealing, and advertising serves as the clo-thes of the brand. If we could create the most appealing advertising, clearly linking our brand to what beer drinkers want out of life, we could win the competition.” 2003, American Marketing Association — “Effie Awards Brief of Effectiveness”

Fig 1- Fonte: Beverage marketing corporation/Beverage World

Top 10 Beer Marketers in the Us in 2003

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 19

sto e della qualità del prodotto3.

Le birrerie in america sono oggi più di 2000 e un migliaio circa sono le birre importate

dall’estero. Nonostante questo le 10 maggiori ditte detengono nel 2003 più del 97% del

mercato americano (vedi fig. 1), netta è la prevalenza di Anheuser&Busch che rappre-

senta con i suoi differenti prodotti, che prenderemo in esame nel capitolo seguente, più

del 50% del mercato, producendo 100 dei circa 195 milioni di barili di birra prodotti ne-

gli Usa ogni anno.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 20

Anheuser&Busch è più conosciuta nel nord america come la “regina della birra”, non so-

lo grazie alle numerose marche di birra gestite dal gruppo, ma anche alle numerose al-

tre attività, come i parchi a tema Busch Gardens e Seaworld, la produzione di lattine in

alluminio, il riciclaggio delle stesse e la coltivazione del malto.

L’azienda è sempre stata caratterizzata da una forte gestione famigliare, l’attuale presi-

dente è infatti August A Busch III, membro della quinta generazione a gestire gli inte-

ressi della società.

In campo internazionale i marchi di Anheuser&Busch sono venduti in più di 80 Paesi e la

birra è fermentata localmente in 10 nazioni.

Capitolo II 2.1 Anheuser&Busch

2.1.1 La Storia

Budweiser, il primo e storico marchio di Anheuser&Busch, introdotta sul mercato nel

1876, è stata la prima birra nazionale negli USA1. Il fondatore Adolphus Busch si unì a

Ebrhard Anheuser, businessman

di successo di St Louis, proprie-

tario di una piccola birreria di

stampo locale, creata nel 1860,

per dare vita ad un successo

commerciale che dura ancora

oggi e che prende il nome di

1 prima del 1876 il problema principale dell’industria della birra era quello di riuscire a trasportare il prodotto all’interno del vasto territorio degli Usa senza che si alterasse a causa degli sbalzi di temperatura. Fu proprio Adolph Busch a creare e brevettare un nuovo modello vagoni di refrigerati con doppio strato isolante che per-mise il trasporto della birra su lunghe distanze (vedi fig. 2).

Fig 2: uno dei primi carri refrigerati di A&B

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 21

Anheuser&Busch dal 1879

Adolphus dopo un periodo trascorso in Europa per studiare da vicino il più antico merca-

to della birra, cominciò ad occuparsi delle vendite e a modificare radicalmente l’orienta-

mento del mercato, cercando di

creare una birra dal gusto sem-

plice in grado di accontentare la

maggioranza dei bevitori, che si

differenziasse radicalmente dal

gusto forte e caratteristico delle

blasonate birre trappiste dei monaci europei. Anche la scelta del nome fu dettata dalla

necessità di trovare qualche cosa che fosse allo stesso tempo di rimando alla tradizione

tedesca della birra e facilmente pronunciabile dagli americani. Budweiser, ora amiche-

volmente chiamata Bud, fu la scelta ideale. Nel 1880 Adolphus fu nominato presidente

della compagnia alla morte di Eberhard Anheuser.

Nel 1896 Anheuser&Busch lancia la birra Michelob, una birra scura, più simile al prodot-

to europeo, inzialmente venduta solo alla spina per conferirle l’immagine di una birra

per soli intenditori.

Nello stesso anno comincia a

mostrarsi lo straordinario spirito

di avanguardia dei suoi fondato-

ri che, spinti da un orientamen-

to al marketing ante-litteram,

dapprima cominciarono a rega-

lare a tutti i distributori dei loro

prodotti dei coltellini multiuso di

altà qualità personalizzati con il

logo A&B (vedi fig. 3) e in se-

guito omaggiarono tutti i bar all’interno dei quali erano servite Budweiser o Michelob,

Fig 4: “Custer’s Last fight”

Fig 3: Il coltellino multiuso brandizzato A&B

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 22

delle litografie del quadro “L’ultima battaglia del Generale Custer” (vedi fig. 4). Nono-

stante il quadro contenga numerose inesattezze storiche, questa promozione è ancora

oggi ricordata con affetto dagli americani, al punto che Anheuser&Busch ha di recente

permesso la ristampa del qua-

dro di cui da 106 anni detiene i

diritti, dopo aver ricevuto innu-

merevoli richieste da parte della

popolazione. I proventi dell’ope-

razione sono destinati in benefi-

cenza al “Peace Memorial” di

Garryowen.

Il proibizionismo negli anni 20

ha quasi distrutto la prospera azienda, ma

August A Busch, figlio di Adolphus, riuscì a

risollevarne le sorti, diversificandone le attivi-

tà con la produzione di farina, gelati e di una

bevanda solo leggermente alcolica (0,5%)

lanciata sul mercato con il nome

“Bevo” (vedi fig. 5). Queste ed altre 27 atti-

vità non legate al mondo degli alcolici contri-

buirono a mantenere viva l’azienda e ad ac-

crescerne la fama.

Al termine del proibizionismo, nel 1933, An-

heuser&Busch tornò alla produzione della bir-

ra e nel 1936 produsse la prima Budweiser in

lattina (vedi fig. 6), non senza sfruttare l’abrogazione della legge per una straordinaria

iniziativa di marketing e di immagine. Vennero restaurati due vecchi calessi utilizzati per

il trasporto della birra prima dell’avvento della ferrovia e vennero scelti dodici cavalli

Fig 6: Una delle prime lattine in alluminio

Fig 5: Campagna stampa Bevo, 1925

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 23

Clydesdales (vedi fig. 7), una specie possente che veniva impiegata durante i tornei

nel medioevo, per trainarli. Il primo carro partì alla volta di Chicago, il secondo fu spedi-

to a Al Smith, ex governatore di New York e fervente sostenitore della lotta contro il

proibizionismo. La fama dei

Clydesdales Anheuser&Busch

crebbe mentre essi attraversa-

vano il Paese. Ancora oggi sono

uno dei simboli dell’azienda più

conosciuti ed utilizzati non solo

nelle parate e nelle fiere ma an-

che nella comunicazione istitu-

zionale di Anheuser&Busch2

Negli anni ‘50 Anheuser&Busch

comincia a diversificare le sue attività oltre il mercato della birra, alla ricerca di nuove

opportunità per spingere la conoscenza dei suoi brand. Vennero quindi acquistati un

parco divertimenti in Florida, che fu rinominato “Busch Gardens”, e la squadra di base-

ball di St Louis: i Cardinals.

Nonostante questa diversificazione la birra è rimasta al centro delle attività della Anheu-

ser&Busch, che negli anni sessanta ne produceva più di 10 milioni di barili all’anno e nel

1953 aveva sorpassato la Schilitz, fino a quel punto la più grande azienda di birra in A-

merica.

Il primato fu breve, dal momento nel 1954 Schilitz si riprese il primo posto. Fu allora

che un illuminato August Busch Jr. decise di intraprendere un lungo viaggio che lo portò

a conoscere tutti i distributori di birra prodotta da Anheuser&Busch del Paese appren-

Fig 7: Il carro A&B trainato dai Clydesales

2 Illuminante lo spot “Clydesdale bow head” apparso durante il Superbowl 2002 durante il quale si ripercorre il tragitto di uno dei due carri dalla stalla fino a New York. Una volta giunti davanti allo skyline di Manhattan i cavalli si fermano, guardano nello spazio vuoto lasciato dalle torri gemelle e si inginocchiano. Lo spot è muto, protagonista è la musica crescente e la marca compare solo nei frame finali, dove, sullo sfondo nero, campeg-gia il logo Anheuser&Busch.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 24

dendo così da loro cosa fosse effettivamente necessario per vendere più birra. Questi

colloqui furono determinanti nella redazione del nuovo piano di marketing e comunica-

zione che riportò l’azienda al primo posto nel mercato statunitense nel 1957, una posi-

zione che mantiene ad oggi inal-

terata.

Nel 1955 venne introdotta sul

mercato un’altra marca di birra:

Busch, destinata al segmento

più basso del mercato con un

prezzo decisamente più econo-

mico rispetto a Budweiser e Mi-

chelob.

Negli anni ‘80 inizia l’espansione di Anheu-

ser&Busch oltreoceano, dapprima in Gran

Bretagna (1980), in Giappone (1984), infine

nel vecchio continente (dal 1985). Evidente

anche il consolidamento delle attività non

correlate al mondo della birra: i Busch Gar-

dens, i Seaworld adventure parks e il Disco-

very Cove di Orlando.

Le attività di Anheuser&Busch non si sono

però fermate a operazioni di carattere econo-

mico. L’azienda è largamente coinvolta in

programmi di aiuto3 e beneficenza. Numerosi

3 Il programma contro l’alcolismo è noto con il nome “We all make a difference” e viene comunicato sia trami-te opuscoli ed incontri organizzati nelle scuole, sia in televisione per raggiungere un target più vasto. Nono-stante sia chiaro il duplice obiettivo dell’impegno sociale di una azienda multinazionale nel campo dell’alcool (aiutare la popolazione ed allo stesso tempo generare goodwill nei confronti della marca), ritengo sia ammire-vole lo sforzo compiuto, dal momento che sicuramente ha contribuito alla riduzione dei morti per incidenti causati dallo stato di ubriachezza. (vedi fig. 8)

Fig 8: Fonte: National Highway traffic safety administration, 2000

Total Fatalities in drunk driving crashes

Fig 9: Campagna contro l’alcolismo, 2000

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 25

sono i progetti di lotta contro l’alcolismo, di sostegno nei confronti dei genitori per af-

frontare le tematiche legate all’abuso di alcool da parte dei giovani (vedi fig. 9), di rici-

claggio e di promozione di una politica ambientale responsabile, di sostegno delle popo-

lazioni in difficoltà e delle mino-

ranze etniche.

Nonostante l’internazionalizza-

zione di Anheuser&Busch sia

oramai completa, con l’espan-

sione anche nel mercato asiati-

co e giapponese, l’azienda fa

delle sue origini americane uno

dei punti di forza. Questo si no-

ta osservando gli sport nazionali

sponsorizzati da Budweiser

( NFL, MLB, Nascar Racing,…), e

dall’attenzione che l’azienda ha

mostrato verso i recenti avvenimenti che hanno coinvolto gli USA: il giorno successivo

all’attacco delle torri gemelle, infatti, Anheuser&Busch ha sostituito tutti gli striscioni

pubblicitari presenti all’interno degli stadi, con la bandiera Americana, in onore delle vit-

time di quel tragico giorno.

Le sponsorizzazioni non si fermano al mondo dello sport: Anheuser&Busch infatti è atti-

vamente coinvolta nel mondo della musica (vedi fig. 10), del cinema, dei teatri, di

internet e in numerose altre attività di stampo ricreativo.

Fig 10: Concerto sponsorizzato da Bud Light, 2004

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 26

Il gruppo Anheuser&Busch detiene differenti marchi, nel corso degli anni, infatti, oltre

alla birra, si sono aggiunti al brand portfolio anche bevande energetiche e mixed drink.

Per facilità di consultazione i differenti marchi sono stati qui riportati in divisi in base alla

famiglia di origine.

2.1.2 I Marchi

2.1.2.1 Budweiser

Budweiser la prima birra lanciata dal gruppo nel 1876, è ora la birra

più venduta nel mercato americano, al punto che 1 birra su 5 consuma-

ta in america è una Budweiser. Alla famiglia originale si sono poi ag-

giunte: Budweiser Select, una birra fermentata utilizzando due tipo-

logie di malto differenti, Bud Light, introdotta per la prima volta nel

1982 e divenuta la Light più venduta in USA nel 1994, Bud Dry, la pri-

ma birra dry prodotta in USA, introdotta nel 1989, e Bud Ice e Bud

Ice Light, introdotte sul mercato nel 1994 sono tra le birre “Ice”1 più

vendute sul mercato

1 Le birre “Ice” sono prodotte con un procedimento differente. Dopo la spillatura, vengono conservate in un ambiente con temperatura prossima allo zero. Le molecole d’acqua ghiacciano e possono essere filtrate, men-tre l’alcool, ghiacciando a temperature più basse, rimane nei fusti. Nonostante la sostanziale differenza nel processo produttivo non sono in molti a riconoscere una differenza nel gusto di queste birre, ritenendolo poco più di un riuscito esperimento di marketing per risollevare le vendite nel mercato della birra. Fonte: http://www.straightdope.com/classics/a950901.html

2.1.2.2 Michelob

Michelob è stata lanciata nel 1896 come birra premium. Si era cercato

allora di avvicinare il gusto di questa birra a quello delle famose birre

prodotte dai monaci europei e, per alimentare questa somiglianza, per

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 27

il primo periodo fu disponibile solo alla spina. Michelob è oggi invece

disponibile sia in bottiglia che in lattina. Nel 1978 è stata introdotta Mi-

chelob Light, la prima birra light nel segmento delle superpremium. In

seguito si sono aggiunte altre birre speciali: Michelob Ultra, prodotta

con una selezione di malto importato, Michelob Honey Lager, una

birra dal sapore particolare dato dalla presenza di miele e caramello,

Michelob Amber Bock, una birra bock2, prodotta in USA dal 1995,

studiata per accompagnare i piatti tipici della tradizione tedesca, Mi-

chelob Golden Draft e Michelob Golden Light, introdotte solo in

alcuni mercati nel 1991.

2 Le birre “Bock” secondo la tradizione sono create unendo almeno un terzo di malto del frumento al malto d’orzo. 3 Le birre “Stout” sono prodotte con malto e frumento tostati. La stout più famosa è sicuramente la Guinnes

2.1.2.3 Specialty Beers

Be è una birra speciale che contiene caffeina, ginseng e guaranà. Il suo

gusto è reso ancora più particolare dalla presenza degli aromi di cilie-

gia, mirtillo e lampone. Bare Knuckle Stout è una birra stout3 prodot-

ta secondo la tradizione irlandese. Anheuser World Lager è stata lan-

ciata nel 2003 dopo una competizione tra tutti i mastri birrai di Anheu-

ser&Busch alla ricerca di una nuova selezione di malto per creare una

birra unica. Ziegen Bock è una birra leggera, dal gusto semplice, di-

sponibile solo nel Texas dal 1995. Ziegen Light è un’altra birra dispo-

nibile solo nello stato del Texas dal 2003, più leggera rispetto alla Zie-

gen Bock.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 28

O’Douls è stata la prima birra non alcolica che Anhuser&Busch ha lan-

ciato sul mercato nel 1990. O’Douls Amber è resa più dolce dalla pre-

senza del caramello nella sua miscela ed è stata presentata nel 1997.

Busch NA fa invece parte della birre più economiche del mercato, in-

sieme alle altre birre “Busch” che saranno di seguito analizzate ed è

stata lanciata nel 1994.

2.1.2.4 Birre non alcoliche

La famiglia di birre Busch è offerta al pubblico nella fascia di primo

prezzo dal 1955. Al suo interno troviamo: Busch, la prima delle tre in-

trodotte, Busch Light, introdotta nel 1989 è all’ottavo posto tra le bir-

re più vendute negli USA e Busch Ice, introdotta nel 1995 per soddi-

sfare i consumatori che desideravano una birra dal gusto più morbido

nel segmento del primo prezzo.

2.1.2.5 Busch

Le birre della famiglia “Natural” sono fermentate senza l’utilizzo di so-

stanze artificiali. Anheuser&Busch ne produce due : Natural Light lan-

ciata sul mercato nel 1977 e Natural Ice introdotta solo in alcuni stati

nel 1995 e, dopo un grande successo, disponibile in tutti gli Usa dal 19-

96.

2.1.2.6 Natural

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 29

I liquori al malto sono prodotti secondo un procedimento simile a quello

della birra, l’unica differenza risiede nel fatto che durante il processo di

fermentazione viene in questo caso aggiunta una superiore quantità di

zuccheri che rendono il gusto della bevanda molto più dolce. Quelli pro-

dotti da Anheuser&Busch sono: Hurricane introdotto sul mercato nel

1996, Hurricane Ice, introdotto nel 1997 e King Cobra, prodotto in

maniera naturale dal 1994.

2.1.2.7 Liquori al malto

Grazie all’accordo con Bacardi avvenuto nel 2001, Anheuser&Busch ha

iniziato la produzione di bevande alcoliche che potessero competere

con i mixed drink apparsi sul mercato come ad esempio Smirnoff Ice. Il

primo prodotto ad essere lanciato è stato Bacardi Silver, che è stato

presto affiancato da diverse varianti di gusto. Tequiza è invece una

bevanda composta da birra e Tequila lanciata nel 1999.

2.1.2.8 Bevande speciali al malto

180 è stato lanciato nel 2001. E’ un energy drink al sapore di arancia,

che contiene le vitamine B6, B12 e C in quantità sufficiente a soddisfa-

re il fabbisogno vitaminico giornaliero. Il nome vuole comunicare la

sensazione di benessere che le persone provano quando devono questa

bevanda.

2.1.2.9 Energy Drink

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 30

Bud Light non è stata la prima birra light introdotta sul mercato da Anheuser&Busch, in

precedenza erano state già testate birre light di altre famiglie di prodotti come Michelob

Light introdotta nel 1978. Il motivo di questo ritardo, il lancio di Bud Light è avvenuto

infati solo nel 1982, è da ricercarsi nella riluttanza da parte di Anheuser&Busch a esten-

dere il nome del loro prodotto più forte, Budweiser appunto, al segmento light, temendo

una sua depauperizzazione.

Bud Light fu dapprima testata nel 1981 e fu lanciata l’anno seguente sul mercato nazio-

nale.

Il primo problema che la nuova birra si trovò a fronteggiare fu quello di differenziarsi dal

suo predecessore Budweiser. Il termine “lite” infatti era già diventato sinonimo della ca-

tegoria dopo che era stato utilizzato 8 anni prima da Miller al lancio del suo prodotto

light, fino al 1982 unico vero player del mercato. Fu così necessario comunicare ai con-

sumatori che era finalmente arrivata la possibilità di scegliere un nuovo prodotto. DDB,

storica agenzia del marchio Budweiser, ideò la campagna “Gimme a light” dove veniva

mostrato un barista che, utilizzando il doppio senso di “light” come leggero e come luce,

alla richiesta dei clienti “Gimme a light” proponeva loro di tutto, dalle frecce fiammeg-

gianti agli accendini, per dimostrare che era necessario specificare che tipo di “Light”

volessero. La campagna si concludeva con una chiara call to action “Don’t just ask for a

light, ask for a Bud Light”. La campagna contribuì a creare da subito un’enorme aware-

ness, le persone cominciarono a parlare di Bud Light e a chiederla in maniera specifica.

In breve tempo la campagna fu in grado di tramutare il punto di forza dei competitor,

l’appartenenza al segmento light, nel loro punto di debolezza.

Una volta che risultò essere chiaro nella mente dei consumatori che potevano scegliere

anche Bud Light DDB cominciò ad evolvere la campagna.

Capitolo III 3.1 Bud Light 3.1.1 La Storia

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 31

Dalla fine degli anni ‘80 fino ai primi anni ‘90, Bud Light fu posizionata come la sorella

irriverente, giovane e ironica di Budweiser, che aveva invece il ruolo di tramandare il

messaggio istituzionale di heritage, qualità e rispetto nei confronti dei consumatori. Il

posizionamento di Bud Light, focalizzato forte-

mente sullo humor, dura ancora oggi.

La svolta, che portò però al superamento dei

competitor, avvenne nel 1992 con la campagna

che continua ancora oggi “Make it a Bud Light”.

La campagna, con uno stile irriverente e oltre-

modo ironico, mostra che tutti i grandi ed esperti

bevitori, rigorosamente uomini, scelgono Bud

Light. Nel 1994 Bud Light superò i suoi diretti

competitors Miller Lite e Coors Lite, e da allora è

sempre stata la birra light più venduta negli Usa.

In tempi più recenti, dal 1999, la campagna ha

utilizzato anche testimonial famosi nel mercato americano, come Cedric the Entertainer

(vedi fig. 11), che cerca ogni volta di fare colpo sulle donne, avendo sempre a disposi-

zione una bottiglia di Bud Light.

Nonostante l’esecuzione sia ovviamente cambiata nel tempo, la strategia di comunica-

zione alla base del successo di Bud Light rimane invariata da ormai 15 anni.

Oltre alla comunicazione televisiva Bud Light è stata promossa anche grazie a numerose

attività di sponsorizzazione e di marketing below the line, mantenendo sempre la coe-

renza con il posizionamento originario.

Fig 11: Cedric The Entertainer

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 32

Procederò ora all’analisi della strategia di comunicazione di Bud Light secondo la meto-

dologia dei 10 passi come illustrata da Marco Lombardi1, che completa quella suggerita

da J.R Rossiter e L. Pierce2.

L’analisi, che riguarda più 10 anni di comunicazione, è unica perché, come sostenuto nel

paragrafo precedente, pur mutando l’esecuzione delle campagne di Bud Light, la strate-

gia, lo scheletro della comunicazione, è rimasto intatto per tutto questo periodo. Questo

è sicuramente uno dei punti di forza della marca, la sua omogeneità comunicativa non

solo nel corso del tempo, ma anche attraverso tutte le attività collaterali, dalle promo-

zioni, alle sponsorizzazioni, alle attività below the line.

3.2 Ricostruzione del caso Bud Light secondo la strategia dei “dieci passi”

1 Lombardi M. (2005), Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Franco Angeli, Milano, 2005 2 Rossiter J.R. e Percy L. (1997), Marketing Aesthetics, Free Press, New York 3 si rimanda al capitolo 3.3 per l’analisi dettagliata dei risultati

Bud Light si presenta sul mercato in un momento sicuramente non favorevole, il suo

primo competitor, Miller Lite è in vendita da più di 8 anni e ha fatto proprio l’aggettivo

“light”, sinonimo di categoria.

Dopo la campagna “Gimme a light”, che ha lanciato il nuovo prodotto di Anheu-

ser&Busch, Bud Light comincia a ritagliarsi una fetta del mercato delle birre leggere, ma

è nel 1992 viene presa la decisione di investire in maniera cospicua sul brand.

L’obiettivo di marketing di breve periodo è di rendere Bud Light la birra leggera più ven-

duta in America, questo obiettivo viene raggiunto nell’arco di soli due anni3. Nel 1994

infatti essa supera di misura i competitor e da allora non ha mai perduto la posizione di

leadership.

Nel lungo periodo l’obiettivo di marketing è quello di mantenere la posizione di

leadership del mercato delle birre leggere e di presidiarlo contro i possibili ritorni di

3.2.1 Analisi degli obiettivi di marketing

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 33

fiamma dei concorrenti, grazie alla creazione ed al continuo rafforzamento di un posizio-

namento distintivo rispetto alle altre birre leggere.

3.2.2 Analisi Situazionale 3.2.2.1 Analisi del rapporto consumatore prodotto

Il rapporto dei consumatori con la birra è facilmente riconducibile a quello esistente con

tutta la categoria delle bevande alcoliche.

Se essi fossero sottoposti ad un blind test, pochissimi sarebbero in grado di riconoscere

le differenti marche e le differenti varietà di birre a loro proposte. Risulta quindi eviden-

te quanto importante sia il ruolo della comunicazione nel definire l’identità di questi pro-

dotti, nel renderli sexy, accattivanti, desiderabili agli occhi del consumatore.

La birra non è quindi soltanto una bevanda, ma un oggetto di relazione sociale. I consu-

matori adulti, che non sono tipicamente fedeli alla marca, vogliono che la birra che be-

vono (o che gli altri vedono loro bere), dichiari qualche cosa di positivo rispetto alla loro

personalità. Allo stesso tempo cercano nella birra light un prodotto che, pur avendo un

ottimo gusto ed un’alta qualità (termini ormai dati per scontati), non li appesantisca e

permetta loro di non sentirsi storditi, per poter riprendere con calma le loro consuete

attività4.

4 2003, American Marketing Association — “Effie Awards Brief of Effectiveness”

3.2.2.2 Analisi della concorrenza

I principali competitor diretti di Bud Light sono Miller Lite e Coors Lite. La strategia di

comunicazione di Miller Lite è stata sin dal lancio focalizzata sul benefit oggettivo “è leg-

gera ma ha lo stesso gusto della birra”, mentre Coors Lite non ha mai avuto un posizio-

namento chiaro, sfruttando spesso le promozioni sul punto vendita o facendo leva sul

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 34

prezzo.

Se un tempo i competitor indiretti erano relativamente pochi e poco forti, nell’ultimo pe-

riodo si stanno avvicinando numerose minacce per il mondo della birra in generale. Dap-

prima attraverso la riconsiderazione del vino, bevanda tradizionale per i paesi europei,

anche negli Usa5, ed in seguito con la comparsa di una nuova tipologia di drink sul mer-

cato, i cosiddetti “mixed drink” come i vari Bacardi Breezer, a base di rhum, Smirnoff

Ice, a base di wodka, etc. Anheuser&Busch stessa ha cercato a partire dal 2002 di tute-

larsi dall’invasione di queste nuove bibite, stringendo un accordo con Bacardi per la pro-

duzione di alcune di queste bevande.

5 Basti pensare all’intensa attività di comunicazione ed allo straordinario utilizzo delle relazioni pubbliche per cercare di lanciare in campo internazionale i vini californiani della Napa Valley, considerati oggi al pari, come qualità e come prezzo, dei tradizionali vini europei.

3.2.2.3 Mappe Percettive

Per riassumere il posizionamento di Bud Light e dei suoi due competitor diretti ho utiliz-

zato una mappa percettiva che pone agli estremi dell’asse delle ascisse le birre light e le

birre normali e agli estremi dell’asse delle ordinate il carattere maschi e femminile del

brand.

All’interno dei quattro quadranti

si delineano due aree definite

“doxa”, nelle quali sono pre-

senti le marche che rispettano

la convenzionale unione di due

caratteri, e due aree definite

“paradoxa” che identificano

quelle marche che hanno osato

l’unione di due caratteri solita-

mente non utilizzati in maniera

Fig 12: Mappa Percettiva Doxa/Paradoxa

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 35

congiunta.

Mentre Miller Lite e Coors Lite, nel rispetto della tradizione hanno da sempre associato

l’idea della birra light a quella di una bevanda pensata per chi non regge l’alcool o per

chi deve tenere sotto controllo la linea, tipicamente le donne appunto, facendo leva sul

beneficio oggettivo di bere una birra con un minore contenuto di carboidrati e di alcool,

Bud Light ha “reinventato” la birra light come la bevanda per veri uomini, facendo della

mascolinità, o meglio, della non perdita della mascolinità nonostante si beva una birra

leggera, il suo punto di forza.

Dall’analisi della mappa così costruita emerge uno spunto interessante, rimane infatti

scoperto un secondo ambito per ora non presidiato da nessuna marca, quello di una

“birra vera per le donne in grado di apprezzarla”. Forse i tempi non sono ancora maturi,

ma non è difficile immaginare un posizionamento di questo tipo per un nuovo prodotto.

3.2.2.4 Sintesi SWOT

La sintesi SWOT permette di raccogliere all’interno di una griglia riassuntiva e di facile

lettura l’analisi dei punti di forza

e dei punti di debolezza di una

marca. L’analisi prende in consi-

derazione sia l’ambiente esterno

(Opportunities e Threats) sia

l’ambiente interno (Strengths e

Weaknesses).

Nel caso di Bud Light (vedi fig

13) notiamo come i punti di for-

za, interni ed esterni, risiedano

nella sua capacità di trovare un posizionamento non basato su un benefit oggettivo, fa-

cilmente replicabile dalla concorrenza, ma dal presidio di un benefit soggettivo. La mar-

ca inoltre, in quanto sorella della più vecchia Budweiser, gode indirettamente della sua

Commodity crescente e a basso prezzo. Qualità data per scontata Introduzione di molte be-vande alcoliche alternative

Bevanda della tradizione americana Forte valore simbolico e di aggregazione sociale

Presidio di un benefit sog-gettivo non facilmente attaccabile dai competitor Legame con la marca ma-dre Budweiser

Comunicazione da parte dei competitor di un benefit soggettivo più ap-pealing rispetto a Bud Light

Fig 13: Sintesi SWOT di Bud Light

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 36

heritage e del suo legame con la storia americana. I punti di debolezza interni sono le-

gati alla necessità di mantenere attuale il posizionamento basato su un benefit soggetti-

vo, onde evitare che i concorrenti siano in grado di trovarne uno più attuale e più attra-

ente rispetto a quello di Bud Light. Le minacce dall’esterno vengono per lo più dall’intro-

duzione di nuove bevande alcoliche, in grado di attirare in particolare la fascia più giova-

ne della popolazione e dalla percezione della birra come di una commodity a basso prez-

zo.

3.2.3 Definizione del target

Per la definizione del target saranno di seguito analizzate le tre variabili più comune-

mente impiegate durante la definizione della strategia di comunicazione: variabile di

consumo, cioè se, come e quanto il target consuma la categoria di prodotto e la marca

in esame; variabile sociodemografica, che definisce il profilo e i denotati del target (età,

classe, etc…); variabile psicografica (stile di vita, valori, etc…).

3.2.3.1 Variabile di consumo

Le variabili di consumo sono fortemente influenzate dagli atteggiamenti dei consumatori

nei confronti della categoria di prodotto, oltre che dalla conoscenza che essi hanno della

marca stessa. Questo fatto è ancora più rilevante se analizziamo il mercato della birra,

che, come abbiamo puntualizzato in precedenza risente moltissimo dell’immagine e del

posizionamento dei singoli prodotti.

Nel caso di Bud Light i preconcetti da sconfiggere erano in sostanza due: il primo legato

alla categoria delle birre light, viste come un prodotto per “donnicciole”, il secondo deri-

vante dal ritardo nel lancio sul mercato rispetto ai competitor che avevano già avuto

modo di costruire un’immagine di marca.

Per questo possiamo dire che la comunicazione Bud Light si rivolge: in primo luogo ai

non consumatori, cercando di modificare la loro percezione del segmento delle birre

light tramite la rottura della “doxa” light=femminile e posizionandosi nei loro confronti

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come la birra leggera per i veri uomini; in secondo luogo ai consumatori ballerini della

marca e della concorrenza, perché tramite un posizionamento differenziante rispetto alla

concorrenza essi possano essere attratti da Bud Light; in terzo luogo ai consumatori fe-

deli della marca per rafforzare in loro la convinzione di aver effettuato una scelta corret-

ta, facendoli sentire nel giusto. Questi ultimi infatti non vanno mai tralasciati nella reda-

zione di una strategia di comunicazione vincente, sono l’asset più importante di una

marca, quelli da cui ha origine il passaparola positivo che attira nuovi clienti, quelli che

sono pronti a difendere la marca e a perdonarle alcuni piccoli “errori”.

3.2.3.2 Variabile sociodemografica

In questo caso il target primario di Bud Light è simile a quello dei suoi concorrenti. Il

focus è sui giovani bevitori di birra nella fascia 21-29 anni, reddito sociale medio, medio

alto. In realtà essendo la birra una delle istituzioni americane (al pari della pasta in Ita-

lia), il target è molto più allargato e comprende tutti i bevitori di birra, senza distinzioni

su base demografica o socioeconomica.

3.2.3.2 Variabile psicografica

Il compito della variabile psico-

grafica è quello di definire i con-

sumi in termini di motivazioni e

valori. Ci permette di capire non

solo chi fa cosa, ma perché ven-

gono compiute determinate

scelte di consumo.

Tra i modelli di ricerca che de-

scrivono la società e i consuma-

tori due sono quelli prevalente-

mente utilizzati in Italia, il 3sc dell’istituto GPF e il 4C’s di Y&R (vedi fig. 14). Utilizzan-

Chi subisce la Cultura

Chi forma la Cultura

Chi cambia la Cultura

resigned Struggler

Succeeder

Aspirer

Mainstream

Explorer

Reformer

Fig 14: Le tipologie psicograifche 4C’S

Page 38: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 38

do la terminologia derivante da quest’ultimo modello possiamo definire il target primario

di Bud Light secondo la variabile psicografica come facente parte della categoria degli

“Innovators” (composto da Reformer e Succeeder), quel gruppo di persone che per pri-

mo accetta il cambiamento, è predisposto a sperimentare le novità ed a farle proprie.

Sono quelle persone che vivono il loro tempo, lo interpretano alla ricerca di soluzioni

nuove.

Chi consuma Bud Light è disposto ad accettare il fatto che la birra light non è solo per

“donnicciole”, ma che è possibile mantenere la propria anima di “macho” pur bevendo

una birra light. Sono persone che amano divertirsi stando in compagnia, si divertono in

maniera cameratesca, amano vedere rappresentate situazioni ironiche ed irriverenti,

sono particolarmente attenti al giudizio sociale derivante dalle scelte di consumo e cer-

cano una birra che sia in grado di essere non solo un bevanda, ma anche e soprattutto

un’affermazione della propria identità.

3.2.4 Definizione dell’azione da ottenere da parte del target

Per azione in questo caso si intende un comportamento preciso e misurabile nel tempo

riguardante il consumo della marca. Riportando quanto analizzato nella definizione del

target di Bud Light, l’azione che si vuole è ottenere è spingere i non consumatori alla

prova della marca, i ballerini ad affezionarsi al prodotto e i fedeli a sentirsi rassicurati e

ad acquistare la marca in maggiore quantità.

3.2.5 Definizione degli obiettivi pubblicitari

Gli obiettivi che possono essere assegnati alla comunicazione pubblicitaria sono: lo sti-

molo della domanda primaria, la crescita della brand awareness, il miglioramento della

brand image, l’aumento dell’intenzione d’acquisto e la rassicurazione su possibili preoc-

cupazioni del consumatore.

Nel caso di Bud Light, con la campagna che è stata lanciata nel 1992, l’obiettivo prima-

Page 39: IL CASO BUD LIGHT: LA BIRRA LEGGERA PER UOMINI VERI

Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 39

rio è stato sicuramente quello di aumentare l’intenzione di acquisto. L’obiettivo della

crescita della brand awareness era stato infatti già assolto dalla campagna del 1984

“Gimme a Light”, che, come visto in precedenza, aveva contribuito in maniera significa-

tiva alla identificazione della nuova marca lanciata sul mercato da Anheuser&Busch e al

suo inserimento nell’agenda setting del consumatore. Lo stimolo della domanda primaria

del mercato della birra è in realtà uno degli obiettivi affidati alla comunicazione istituzio-

nale operata in parte dalle singole aziende produttrici e talora in maniera concertuale

tramite campagne che spingono i consumatori al consumo della bevanda.

Ritengo inoltre che l’obiettivo di aumentare l’intenzione di acquisto sia in questo caso

secondario alla creazione/miglioramento dell’immagine di Bud Light. Se infatti non vi

fosse in primo luogo un cambiamento nella percezione del marchio light da parte del

consumatore, egli non sarebbe disposto a mettere in discussione i suoi valori e quindi

non procederebbe all’acquisto.

La rassicurazione, infine, non è in questo caso appannaggio della comunicazione pubbli-

citaria classica, quanto di forme di comunicazione differenti, che rientrano comunque nel

poligono della comunicazione, come le relazioni pubbliche, il materiale punto vendita e il

packaging che possono comunicare in maniera più puntuale su tematiche sensibili quali

il processo o le modalità di produzione della birra light.

Il miglioramento dell’immagine di marca, che è anche uno degli obiettivi più frequenti in

ambito pubblicitario, può assumere sfumature differenti: la creazione di un’immagine di

marca, la sua modifica, il completamento di alcuni suoi tratti, o il suo completo stravol-

gimento.

È questa un’operazione difficile e lenta, che in questo caso ha avuto successo anche e

soprattutto grazie alla coerenza comunicativa mantenuta nel corso di più di 14 anni di

successo.

L’immagine di marca può essere modificata seguendo tre direzioni di intervento: con

leva sugli elementi soft, sugli elementi hard o su entrambi. Nel caso di Bud Light la leva

è stata posta sugli elementi soft. La comunicazione non ha, infatti, posto l’accento sui

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 40

differenti attributi o benefit oggettivi del prodotto nei confronti dei diretti competitor, ma

ha fatto proprio non solo un benefit soggettivo, “bevi una birra leggera senza rinunciare

alla tua mascolinità”, ma anche un carattere di marca, ironico, stravagante, irriverente,

che nessuno dei suoi competitor aveva per il momento occupato. Miller Lite e Coors Lite,

infatti, hanno sempre fatto leva o sugli attributi, “contiene X calorie”, “contiene meno

calorie di X”, o sul benefit oggettivo, “non ti appesantisce”.

3.2.6 Definizione del posizionamento di marca

Definire il posizionamento di una marca implica la risposta a tre domande: cos’è il pro-

dotto della marca (a quale categoria merceologica appartiene), per chi è e cosa offre.

3.2.6.1 Il territorio

La necessità iniziale è stabilire come vogliamo che il target percepisca la natura del pro-

dotto che porta il nome della nostra marca.

Vi sono tre opzioni: definire il prodotto fuori dalla sua categoria naturale, al centro op-

pure ai limiti.

Nel caso in esame, dal momento che l’analisi situazionale non mostrava particolari mi-

nacce od opportunità, la scelta è stata quella di rimanere all’interno della categoria na-

turale del prodotto: le birre leggere. Nella strategia di comunicazione di Bud Light non vi

è infatti la volontà di una percezione differente della categoria, quanto la volontà di po-

sizionarsi in maniera differenziante rispetto ai competitor. Bud Light non afferma mai di

non essere una birra leggera, ma sostiene che i suoi prodotti sono rivolti ad un target

differente.

3.2.6.2 Per chi

La marca può indicare un preciso modello di riferimento, il reference group, a chi appar-

tiene a un diverso gruppo, oppure può fornire la conferma dell’appartenenza all’elite in-

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 41

dicata e così gratificata..

Il modello di gruppo nel caso di Bud Light diventa, in quanto perseguito con costanza

nel tempo, indice di un chiaro posizionamento. Dopo che al momento dell’introduzione

delle birre light sul mercato il gruppo di riferimento dei tre maggiori player era stato

quello dei “baby boomers” degli anni ‘60 e ‘70 che, giunti ormai in età adulta, iniziavano

a scoprire i benefici del fitness e dell’alimentazione sana, quando Bud Light lancia la

nuova campagna vuole rivolgersi ad un gruppo di consumatori che si sono evoluti e

compiono scelte leggermente differenti.

Coloro che scelgono Bud Light negli anni novanta risentono sicuramente dell’influenza

della cultura degli anni precedenti, che conteneva i germogli di quello che sarebbe stato

il trend degli anni successivi, ma la reinterpretano con una certa dose di “indulgenza”.

L’orientamento alla salute6 è ormai una tendenza trasversale che attraversa non solo

tutti gli strati della popolazione, ma anche a dare del consumo in precedenza inconcepi-

bili. La salute diventa motivo di attenzione costante, non limitato al momento in cui se

ne percepiscono l’assenza o possibili minacce. Nella vita di tutti i giorni i consumatori

compiono scelte volte a preservare l’equilibrio del proprio corpo, della propria persona

secondo una concezione olistica.

Se questo è vero non possiamo però tener conto della diffusione, numerica e culturale,

della birra negli Usa. È così quindi che la birra light diventa pretesto poterla consumare

senza sentirsi in colpa7.

La comunicazione di Bud Light irrompe a sanare l’ultimo aspetto potenzialmente proble-

matico, quello del consumo “sociale” della birra, stabilendo una volta per tutte, in modo

costante e coerente per più di un decennio, che Bud Light è birra leggera ed è la birra

per uomini veri.

6 Fabris G (1995), Consumatore & Mercato, Franco Angeli, Milano, 1995 7 Il processo non è in realtà di molto differente da quello delle sigarette light.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 42

Dopo aver selezionato il territorio e il gruppo di riferimento, la strategia di comunicazio-

ne deve stabilire quale sia il beneficio che la marca offre al consumatore.

Il processo di selezione del benefit ideale da offrire passa attraverso tre fasi: l’analisi di

tutte le possibilità (il “laddering”), la scelta della sequenza ideale in linea con le premes-

se della strategia ed infine la scelta del punto di leva all’interno della sequenza scelta.

Il termine “laddering”, che vuol dire fare le scale su e giù, in questo caso viene utilizzato

come metafora del processo che porta a ripercorrere tutte le motivazioni più o meno

forti, che portano il consumatore alla scelta della marca. Il laddering non può ovviamen-

te prescindere dalle scelte operate in precedenza, esso assume quindi significato non

assoluto, ma relativo al target individuato. Lo schema (vedi fig. 15) riporta la griglia

generale da completare con tutte le possibili varianti attribuibili alla marca.

Il passo successivo è quello di individuare la sequenza ideale tra tutte quelle possibili

derivanti dai diversi elementi presi in considerazione. Il principio da seguire è il medesi-

mo: la sequenza deve essere

determinata dalle premesse

strategiche: è necessario avere

chiaro cosa è più rilevante per il

consumatore, cosa è più libero

dalla concorrenza, cosa è in li-

nea con l’immagine di marca e,

ovviamente, cosa è in linea con

gli obiettivi di marketing.

Nel caso di Bud Light il risultato (vedi fig. 16) riprende quanto abbiamo illustrato fino-

ra: è una birra leggera che contiene solo 110 calorie per bottiglia (attributi), ti permette

di godere del gusto unico della birra senza appesantirti (benefit oggettivo), pur essendo

una una birra leggera, ti fa sentire un vero uomo (benefit soggettivo) quando la consu-

3.2.6.3 Il beneficio

Fig 15: Laddering

Prodotto

Marca

Marca

Persona

Attributi

Benefit oggettivi

Benefit soggettivi

Valori

Cos’è il prodotto? Cosa fa? Funzionalità

Cosa vuole il consumatore e la marca offre? Razionalità

Cosa sente il consumatore e la marca suscita? Emozionalità

Cosa significa la marca per il target?

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 43

mo e rispecchia i valori in cui credi fermamente (valori): la socialità, l’ironia, il prendere

la vita alla leggera, l’essere al passo coi tempi.

Una volta definita la sequenza ideale e verificato che non ci siano incongruenze con la

strategia in precedenza identifi-

cata, è necessario scegliere il

punto di leva della comunicazio-

ne.

Se infatti è sempre stata regola

fondamentale della comunica-

zione la focalizzazione su uno o

pochi elementi da comunicare,

questa raccomandazione è an-

cora più valida oggi a causa di

un affollamento senza precedenti nell’arena della comunicazione. Il rischio derivante dal

non effettuare una scelta precisa è di lasciare al target il compito di selezionare cosa

percepire, che solitamente si di-

scosta dall’obiettivo originario del-

la comunicazione, dal momento

che il target selezionerà principal-

mente elementi già noti o a con-

ferma delle sue opinioni e atteg-

giamenti.

Le opzioni per la scelta del punto

di leva si collocano ai due poli del-

la sequenza: verso gli attributi

avremo posizionamenti più di prodotto e fattuali, verso i valori avremo posizionamenti

più di immagine.

Nel caso di Bud Light il punto di leva scelto è posto sul benefit soggettivo (vedi fig 17):

Fig 16: Laddering di Bud Light

Prodotto

Marca

Marca

Persona

Attributi

Benefit oggettivi

Benefit soggettivi

Valori

Birra light che con-tiene solo 110 calorie per bottiglia

Leggerezza senza rinunciare al gusto

La birra leggera che mi fa sentire un vero uomo

Socialità, ironia, al passo coi tempi

Fig 17: Scelta del punto di leva: Bud Light

Prodotto

Marca

Marca

Persona

Attributi

Benefit oggettivi

Benefit soggettivi

Valori

Birra light che con-tiene solo 110 calorie per bottiglia

Leggerezza senza rinunciare al gusto

La birra leggera che mi fa sentire un vero uomo

Socialità, ironia, al passo coi tempi

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 44

la birra leggera che mi fa sentire un vero uomo. Per meglio comprendere l’importanza

della scelta del punto di leva è opportuno fare un confronto con il laddering di Miller Lite.

In questo caso il punto di leva è stato posto sul benefit oggettivo del prodotto,

“leggerezza senza rinunciare al

gusto”, come conseguenza di

una strategia orientata verso gli

aspetti funzionali/razionali della

birra leggera. In particolar mo-

do negli ultimi anni infatti Miller

Lite ha cavalcato l’onda del suc-

cesso della dieta Atkins che ha

posto al bando i carboidrati, ge-

nerando preoccupazione non

solo nel mercato della birra8. Miller Lite vanta inoltre un contenuto di carboidrati di gran

lunga inferiore a quello di Bud Light ed è stata questa la seconda motivazione che ha

portato alla definizione di una strategia di comunicazione che fa leva sul benefit oggetti-

vo, avendo come “reason why” gli attributi di prodotto.

I risultati in termini esecutivi delle campagne dei due competitor sono, ovviamente, di

gran lunga differenti: Bud Light non fa mai alcun riferimento agli attributi del prodotto

per proporre invece uno stile di vita ironico, scanzonato, divertito, dove gli uomini sono

ancora dei collegiali pronti a divertirsi con scherzi camerateschi, all’insegna della più di-

vertita virilità; Miller Lite, al contrario, pur con differenti esecuzioni (si passa dal “side

by side” con i competitor9 all’ironia su alcune delle icone del mondo Budweiser come l’-

arbitro di football) incentra le campagne sul benefit oggettivo “great taste less filling”,

Fig 17: Scelta del punto di leva: Miller Lite

Prodotto

Marca

Marca

Persona

Attributi

Benefit oggettivi

Benefit soggettivi

Valori

Birra light che con-tiene pochi carboi-drati

Ancora più leggerez-za senza rinunciare al gusto

La birra leggera che mantiene sano il mio corpo

Attenzione alla salu-te, tradizionale

8 Preoccupazione ancora maggiore ha infatti destato nel mondo della pasta e del fast food, costringendo i maggiori player come Barilla e Mc Donald’s al lancio di nuovi prodotti e ad una strategia di comunicazione di rassicurazione e di informazione riguardante i carboidrati. 9 I risultati purtroppo sono ben lontani dagli storici confronti Coca-Cola vs Pepsi

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 45

tralasciando qualsiasi riferimento al mondo valoriale.

3.2.7 Il piano integrato di comunicazione

Bud Light utilizza le diverse pos-

sibilità offerte dal poligono delle

comunicazioni in maniera este-

sa, stabilendo per ogni discipli-

na un preciso obiettivo di comu-

nicazione.

Alla “classica” comunicazione

televisiva, come abbiamo visto,

è demandato il compito di rac-

contare, descrivere il mondo ideale popolato dagli uomini che scelgono Bud Light, men-

tre alla radio, tramite l’ormai storica campagna “Real men of genius”, è affidato l’obietti-

vo di mitizzare la figura maschile di caratteri di fantasia, tipicamente degli inventori

stravaganti di cose assoluta-

mente inutili (ad es. mr. giant

taco salad inventer, mr gnome

garden maker, mr fake tatoo

inventer, …).

Le promozioni hanno il compito

di far provare la marca ai con-

sumatori e non è raro che in

questi casi le confezioni di birra

contengano un piccolo regalo

che faccia immediatamente percepire agli acquirenti qual è il mondo occupato da Bud

Light (vedi fig. 18).

Su internet (vedi fig 19) c’è la possibilità di esplodere il mondo di valori raccontato con

Fig 18: Uno dei “gadget” in regalo con le promozioni Bud Light

Fig 19: Home page di www.budlightinstitute.ca

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 46

i mezzi classici, non vi è limite di tempo, né di contenuti ed infine si ha il vantaggio di

dialogare con un pubblico che ha scelto di porsi in ascolto. Ritengo straordinario l’esem-

pio del Bud Light Institute.

L’operazione è nata nel 2003 con l’on air di uno spot che raccontava, in chiave parodisti-

ca, la storia di Bud Light dai primi anni del ‘900 fino ad oggi. Il racconto di fantasia so-

stiene che tutte le attività che le donne usano praticare, dallo shopping alla corsa ai sal-

di, non sono altro che una trovata degli scienziati del Bud Light Institute che da anni

hanno come unico scopo quello di trovare nuovi modi per tenere occupate le donne in

modo che gli uomini possano gustarsi senza interruzioni una rinfrescante Bud Light. Il

commercial terminava con l’indicazione del sito www.budlightinstitute.ca all’interno del

quale è possibile trovare tutto quanto è necessario all’uomo per evitare di scontrarsi con

la propria partner femminile. Nascono così i biglietti per i ritardatari, “Let’s make Fe-

bruary 15th OUR Valentine’s day”, la mailing list che prodiga consigli su come risponde-

re alle provocazioni femminili ed addirittura un servizio di segreteria telefonica per ri-

spondere alle insistenti telefonate della donna. Nel corso degli anni questi stimoli pre-

senti sul sito sono stati oggetto di altrettante campagne del Bud Light Institute, tutte

aventi la stessa tagline “We were there, we are here now and we’ll be there for you to-

morrow. We are the Bud Light Institute and we love you.”.

Gli ultimi due aspetti del poligono delle comunicazioni che ritengo essere interessanti

per l’analisi del caso Bud Light sono il cinema, sono infatti numerosi i film all’interno dei

quali vi è un chiaro product placement di Bud Light, e le sponsorizzazioni. Se infatti la

sorella Budweiser è sponsor ufficiale degli eventi sportivi più seguiti in Usa, Nascar e Fo-

otball, Bud Light è solita sponsorizzare eventi maggiormente diretti ai giovani, come i

concerti musicali o gli sport “minori” come l’hockey femminile.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 47

La copy strategy è il documento

di sintesi di tutto quanto analiz-

zato finora. Essa ha il compito

di identificare in maniera pun-

tuale e precisa quali saranno gli

elementi che nel medio e lungo

periodo costituiranno la base

sulla quale i consumatori sce-

glieranno la marca in oggetto

preferendola alle varie alternati-

ve presenti sul mercato.

Questo documento è tanto importante per l’agenzia, che avrà il compito di tramutare la

strategia in esecuzione, quanto per l’azienda, che dovrà sulla base di questo controllare

l’evoluzione della marca nel tempo.

La copy strategy non riguarda solo la comunicazione su mezzi classici, ma deve guidare

il discorso della marca in tutte le sue manifestazioni: le promozioni, il packaging, le rela-

zioni pubbliche, etc….

Gli elementi che la compongono sono tre: la promessa, scelta all’interno dei possibili

benefici; la reason why, ciò che rende credibile ed esclusiva la promessa; il carattere di

marca, il tono di voce che si vuole costruire per la marca.

Nel caso di Bud Light la copy strategy può essere sintetizzata come in figura 20

3.2.8 Copy Strategy

Fig 20: Copy Strategy Bud Light

Promessa

Reason Why

Brand Character

Bud Light è la birra leggera per uomini veri

(il gusto irresistibile di Bud Light)

Ironica, spensierata, cameratesca, irri-verente, maschilista.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 48

La promozione ha il compito specifico di occupar-

si più dei comportamenti e meno degli atteggia-

menti rispetto alla pubblicità.

Nonostante questo la brand identity e il brand

positioning devono essere rispettati per evitare di

creare dissonanze nel discorso di marca, in

quanto anche l’azione promozionale incide sulla

sua immagine.

Bud Light, come osservato in precedenza, utiliz-

za le promozioni per comunicare il posiziona-

mento di marca al potenziale consumatore, non solo tramite politiche di prezzo, volte a

favorire l’acquisto di impulso, ma soprattutto tramite un vasto campionario di oggetti

griffati che permettono all’acquirente di toccare con mano il mondo della marca.

L’esempio del tanga all’interno della confezione di cartone di lattine di birra è l’esempio

più divertente, altri sono riportati in figura 21.

3.2.9 Promotion Strategy

Fig 21: Maglietta promozionale Bud Light

3.2.10 Copy Brief

L’obiettivo principale del copy brief è quello di delineare il compito creativo all’interno di

una strategia di comunicazione a lungo termine, suggerendo al reparto anche alcuni ele-

menti riferiti al consumatore, consumer insight, su cui fare leva per l’esecuzione della

campagna.

La struttura del copy brief segue, secondo una successione logica, 8 livelli. Di seguito

riporto l’ipotesi di Copy Brief di Bud Light.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 49

Project description A causa di una tardiva introduzione sul mercato Bud Light

soffre di una condizione di inferiorità nei confronti dei com-

petitor. Il compito della comunicazione è di comunicare il

posizionamento di Bud Light come distintivo e unico nei loro

confronti.

Target 21-35, si dichiarano intenditori di birra/bevande alcoliche in

generale, nessuna distinzione sociodemografica.

Copy Strategy Promessa: Bud Light è la birra leggera per uomini veri

Reason Why: (il gusto irresistibile di Bud Light)

Brand Character: ironica, spensierata, gli scherzi tra amici,

irriverente, maschilista.

Competitive Context Miller Lite è il competitor da battere. La sua comunicazione

fa leva sul benefit oggettivo “Great taste, less filling”

Distinctiveness Tono di voce, l’ironia, la costante presenza di un sentimento

maschilista, gli scherzi tra amici.

Desired Consumer

Response

Miglioramento dell’immagine di marca facendo leva su ele-

menti soft.

Mandatories L’uomo è il protagonista della comunicazione, mantenere

costante il brand character nelle diverse esecuzioni.

Consumer Insight La birra leggera è una cosa da donne.

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 50

I risultati della comunicazione di

Bud Light si possono analizzare

sia in termini quantitativi, os-

servando il numero di barili di

birra venduti per anno, sia in

termini qualitativi, servendoci

del Brand Asset Valuator.

La campagna, la cui strategia è

stata analizzata nel corso dei

capitoli precedenti, è stata lanciata nel 1992, 8 anni dopo la comparsa di Bud Light sul

mercato. Nel 1992 essa vendeva 13 milioni di barili di birra contro i 18 di Miller Lite. Nel

corso di due soli anni Bud Light è stata in grado di raggiungere il suo competitor (vedi

fig. 22) e, in seguito di sorpassarlo, continuando di anno in anno ad accrescere i volumi

di vendita senza sosta. Nel 2004, ultimo anno di cui c’è disponibilità al momento in cui

scriviamo di dati ufficiali di mer-

cato, Bud Light ha venduto 40,2

milioni di barili di birra, contro i

17,8 di Miller Lite.

Vi è una seconda evidenza inte-

ressante nel 2004. Tra le 10 bir-

re più vendute nel mercato a-

mericano ai primi 5 posti vi so-

no 4 birre light (vedi fig. 23). L’unica birra tradizionale che mantiene il secondo posto

è Budweiser, un ottimo risultato che deriva da un altrettanto brillante strategia di comu-

nicazione.

Capitolo IV 4.1 I risultati

Top ten beer in the us in 2004 (brand)

busch5%

corona extra5%

miller lite13%

coors light10%

natural light6%

bud light29%

heineken3%busch light

4%

miller high life4%

budw eiser21%

Fig 23: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004

0

10

20

30

40

50

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

Bar

rels

(in

mill

ion)

Bud Light Miller Lite Coors Light

Fig 22: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 51

Il Brand Asset Valuator ci permette di analizzare due aspetti: lo stato di salute della

marca, tramite il Power Grid, e la personalità della marca a confronto con quella compe-

titor, tramite gli Archetipi.

Il target preso in considerazione

nell’analisi è quello specificato

nella strategia di comunicazio-

ne: uomini, 18-35 anni, appar-

tenenti al gruppo degli Innova-

tori.

La situazione nel 1993 vedeva

una situazione di vantaggio a

favore di Miller Lite, più forte sia

in forza (diversità e rilevanza)

che in statura (stima e familiarità) (vedi fig. 23).

Nel 2004 osserviamo che tutta la categoria delle birre light ha subito un depauperamen-

to, ma si osserva un ribaltamento dei ruoli, con Bud Light che, pur avendo statura leg-

germente inferiore a Miller Lite, mantiene una forza, l’asset più importante per la marca,

più elevata (vedi fig. 24).

Analizzando infine gli Archetipi

si evidenzia ancora maggior-

mente il differente posiziona-

mento di Bud Light vs Miller

Light (vedi fig. 25).

Se la prima è posizionata nel

polo dell’energia e si può asso-

ciare all’archetipo del creativo,

una personalità estroversa, sim-

patica e divertente, sono i ragazzi degli spot Bud Light e il suo più famoso testimonial:

Bud Light

Miller Lite

Fig 23: BAV Usa 1993 - males 18-35 - Innovator

Fig 24: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator

Bud Light

Miller Lite

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 52

Cedric The Entertainer; la seconda è riconducibile all’archetipo della madre, che risiede

nell’area del pensiero e della sostanza, della rassicurazione, della prevenzione di com-

portamenti poco sicuri, derivante dal continuo rimando nel corso degli anni al benefit

oggettivo “great taste, less fil-

ling”, nonostante i recenti ten-

tativi di introdurre dell’ironia

all’interno delle campagne.

Bud Light non è solo una birra,

è un mondo di valori densamen-

te popolato. Sono i valori dell’u-

niverso maschile, l’ironia

sguaiata, gli scherzi fra amici, il

maschilismo.

Bud Light è la birra leggera pensata per gli uomini veri.

Fig 24: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 53

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Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 54

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