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Attività didattiche A.A. 2012/2013 IL CASTELLO DI RIVOLI 11 Dicembre 2012 visita guidata Docenti: Luciano Crespi, Ugo La Pietra, Osvaldo Pogliani, Davide Crippa, Barbara Di Prete Cultori della materia: Laura Galluzzo, Daniela Petrillo, Francesco Ruffa, Virginia Savoini Corso di Laurea in Design degli Interni Laboratorio di Sintesi Finale - sez. I3

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Attività didattiche A.A. 2012/2013

IL CASTELLO DI RIVOLI11 Dicembre 2012

visita guidata

Docenti: Luciano Crespi, Ugo La Pietra, Osvaldo Pogliani, Davide Crippa, Barbara Di Prete Cultori della materia: Laura Galluzzo, Daniela Petrillo, Francesco Ruffa, Virginia Savoini

Corso di Laurea in Design degli Interni Laboratorio di Sintesi Finale - sez. I3

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IL CASTELLO DI RIVOLI

Il Castello di Rivoli con la sua peculiare struttura che si staglia sulla collina dell’anfiteatro morenico di Rivoli-Avigliana, è uno dei simboli più importanti della dinastia sabauda, parte integrante di un disegno che da fine ’500 porta alla realizzazione della cosidetta Corona di Delizie,  simboli e celebra-zioni  del potere assoluto. Il complesso si compone di due strutture: il  Castello oggi nel suo aspetto settecentesco e la opposta Manica Lunga, realizzata nel ’600,  conce-pita come Pinacoteca del Duca Carlo Emanuele I. I due edifici sono separati dall’atrio, spaccatura a cielo aperto, su cui troneggiano le pareti non finite del Castello e della Manica Lunga. Al centro colonne e pilastri appartenenti al grandio-so progetto juvarriano che si stagliano verso il cie-lo. I due edifici appartenenti a due periodi diversi, sono stati recuperati e messi in evidenza nella loro diversa natura. Come per ogni manufatto, infatti, il passaggio delle varie epoche si riflette sulla sua for-ma . Per il Castello di Rivoli, a causa dell’interruzio-ne del cantiere che avrebbe dovuto modificare il suo aspetto, i resti delle principali fasi da esso vissute sono compresenti e vengono valorizzate dal proget-to di restauro nella loro autenticità storica.

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1280 I Savoia entrano in possesso del Castello.

1559-1562 Emanuele Filiberto vi installa la corte facendo apportare modifiche alla struttura che danno al manufatto connotazioni della più antica tipologia castellana.

Il figlio Carlo Emanuele I incarica Carlo di Castel-lamonte di apportare modifiche all’impianto esi-stente, smantellando strutture medievali e facendo costruire la “Manica Lunga”, destinata a ospitare le opere d’arte della sua collezione.

Nel 1693, durante la guerra contro la Francia, il Castello viene parzialmente distrutto da un incendio causato dalle truppe francesi.

Nel 1718 Filippo Juvarra elabora il suo progetto per il Castello che prende il via lo stesso anno.

Il cantiere viene bruscamente chiuso nel 1727 prima dell’esecuzione del corpo centrale. La galleria seicentesca, che doveva essere demolita per lasciare spazio all’ampliamento, rimane intatta.

Nel 1793 l’architetto Carlo Rondoni incaricato da Amedeo III di occuparsi dei lavori, si limita a portare avanti il progetto di Juvarra.

Nel 1818 ha inizio l’invasione Napoleonica. I lavori vengono nuovamente sospesi, e il Castello, malfun-zionante per la sua incompletezza, viene frazionato, dato in affitto e ceduto in parte al demanio.

Nel 1860 viene affittato al Comune di Rivoli, di cui diviene proprietà nel 1883 per la cifra di centomila

lire; comincia così l’occupazione da parte dei militari durata fino al 1909.L’uso per scopi militari causa un forte degrado dell’edificio, cui vanno ag-giunti quelli derivanti dagli attacchi aerei della II Guerra Mondiale seguiti, nell’immediato dopoguer-ra, da opere d’emergenza quali il rifacimento in ce-mento armato delle parti di copertura andate com-pletamente distrutte.

La prima volta in cui si parla concretamente del restauro del Castello è nel 1960, in preparazione del Centenario dell’Unità d’Italia. In un programma di restauro dei beni più rappresentativi del Piemonte, il Castello viene incluso tra le opere da recuperare ma per gli enormi costi il progetto viene abbandonato.

Nel 1978, a seguito dei primi crolli, su spinta della Soprintendenza, la Regione si incarica dell’edificio attraverso un comodato d’uso di 29 anni, stanzian-do i finanziamenti per il restauro e con l’intento di destinare il Castello a funzioni culturali.

Fu un privato, il conte Panza di Biumo, che, donan-do la sua ricca collezione personale di opere d’arte contemporanea, diede l’impulso alla destinazione dell’edificio quale Museo di Arte Contemporanea.

Dal 1960 al 1978, anno in cui cominciano i lavori, il clima culturale si dimostra radicalmente cambiato: si erano infatti sviluppati i concetti di recupero e riu-so degli edifici, di rispetto per la memoria e l’eredità del passato, di collaborazione tra pubblico e privato che permisero l’effettivo recupero del manufatto.

IL CASTELLO DI RIVOLIBreve evoluzione storica e architettonica

Disegni originali di Filippo Juvarra

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In vista dei festeggiamenti per il centenario dell’Unità d’Italia,  grazie all’interessamento di Umberto Chierici,  il soprintendente ai Monumenti del Piemonte, anche al   Castello di Rivoli vengono destinati dei fondi per il restauro. I primi rilievi vengono realizzati dal giovane archi-tetto torinese Andrea Bruno. Purtroppo l’iniziativa non viene portata a termine dato che i fondi impe-gnati bastano a malapena per riparare i danni della struttura. Qualche anno dopo, nel 1967 lo stesso Bruno procede ad abbattere le strutture marcescen-ti dell’atrio, realizzate ad inizio ’900, continuando la sua attività di monitoraggio della struttura, che nel 1978 versa in condizioni disastrose.I lavori prendono il via nell’agosto del 1979 per concludersi con l’inaugurazione del Museo d’Arte Contemporanea il 18 dicembre del 1984. La scelta del restauro fu quella di mantenere le te-stimonianze superstiti dando importanza a tutti i momenti della vita del Castello, partendo dal mo-mento in cui si è interrotto il cantiere juvarriano, passando per il lavoro di fine settecento di Carlo Randoni sino agli interventi per i militari.

Andrea Bruno evita di realizzare falsificazioni e completamenti, rispettando l’architettura, che di-venta immagine reale della storia e delle vicissi-tudini della struttura . Ed ecco che esternamente come internamente sono state conservati stucchi, cornici, dipinti danneggiati dalle incurie del tempo e degli uomini. Il restauro, per fornire ai visitatori un

senso di finito della residenza sabauda, prevede per due sale l’esempio di integrazione. La scelta è ricaduta su una sala al primo piano ap-partenente al periodo juvarriano, dove viene rea-lizzato il pavimento seguendo i progetti d’archivio, l’altra posta al secondo, appartenente alla stagione randoniana di fine settecento. Bruno,  passa poi a valorizzare l’atrio non finito, ad installare lo sporto panoramico che sbuca dalla grande parete in mat-toni del Castello,  la grande scala sospesa, come anche la passerella che permette di passare sopra alla grande volta della sala 18, mettendo in dialogo passato e contemporaneità. Una parte delle sale non presentano alcuna deco-razione, e cedono il passo a quelle connotate dagli ambienti che possiedono ricche decorazioni e che rimandano i fasti della dinastia e i momenti impor-tanti vissuti da questa a Rivoli. Parallelamente si procede, qualche tempo dopo, a restaurare la Manica Lunga il luogo destinato all’esposizione delle collezioni di pittura di Carlo Emanuele I. A differenza del Castello, qui le scale e gli ascensori sono collocati all’esterno, vengono concepiti trasparenti per dar modo al visitatore di osservare la struttura non finita dall’alto. Andrea Bruno impiega, sottolineando, nuovamente que-sto rapporto tra contemporaneo e passato, per le strutture ex-novo materiali moderni, pioniere nel concepirne la reversibilità . A Rivoli contenitore e contenuto dialogano insieme, i frescanti del passato dialogano con gli artisti di oggi.

IL CASTELLO DI RIVOLIIl restauro

Segni del “non finito”

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Fin dalla nascita del Museo la Collezione Permanente è il perno intorno al quale gira tutta l’attività istituzionale. L’inaugurazione nel 1984, affidata alla mostra Ouverture, curata dall’allora direttore del Museo Rudi Fuchs e proprio ideata come modello di col-lezione internazionale e articolata nelle sale stori-che del primo e secondo piano, ha gettato le basi di quella che è diventata negli anni la collezione per-manente. Una delle specificità della collezione del Castello di Rivoli è data dallo stretto rapporto che il Museo ha instaurato con gli artisti.  È fondamentale poter scegliere con loro le opere più rappresentative e al-lestirle al meglio. Questo stretto rapporto tra Museo e artista ha portato negli anni a produrre grandi installazioni permanenti, appositamente realizzate per il Castello in un dialogo perfetto con le prestigiose vestigia architettoniche della storica Residenza.La collezione è costantemente arricchita con l’impe-gno ad acquisire seguendo quattro concetti cardine: l’aderenza all’attività museale, la rilevanza inter-nazionale, l’attenzione alle più attuali ricerche e la selezione di masterpiece nella produzione di cia-scun artista.   La collezione documenta i momenti cruciali dello sviluppo dell’arte contemporanea in

Italia e all’estero, dalla metà degli anni Sessanta fino alle più attuali tendenze. Unitamente al consistente numero di opere dell’Arte Povera il cuore della collezione è composto di opere dalla Transavanguardia alla Minimal, dalla Body alla Land Art fino alle più recenti tendenze interna-zionali e spaziando in diverse tematiche e geografie è venuta a costituire nel tempo la più grande collezione d’arte contemporanea in Italia. Ogni opera è una rappresentazione di qualcosa, diversa dalla cosa in sé, questa differenza specifica è la sua ragione d’essere.

LA COLLEZIONE PERMANENTE

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Il Museo: i muri, pareti e quinte, segni del sogno incompiuto di Vittorio Amedeo II e del suo archi-tetto, sono spesso testimonianze esorcizzate – de-gradate dal tempo e dalla storia – di altri artisti che nelle sale del Castello lavorarono al tempo della Re-sidenza storica e che ora offrono la sfida agli artisti contemporanei per un confronto con se stessi, con la propria capacità e volontà di attraversare le bar-riere, fisicamente, concettualmente e politicamente, mettendosi in gioco per superare – profeticamente – la logica della distanza e della separazione. Nell’interpretazione dell’arte i muri nati come sepa-razione si ritrovano ad essere elementi per estreme comunicazioni, luoghi ed epifanie di situazioni do-lorose di convivenza, di scontro o di oppressione, di speranza o d’inquietudine. I blocchi e le pareti possono essere mentali, fisici, culturali o economici. Oltre il muro, tramite i propri percorsi che si intersecano dialogando, propone non solo una rilettura della collezione ma anche dello stesso ruolo del Museo nella civiltà contemporanea. Una sorta di gioco ribalterà i ruoli di curatore e vi-sitatore, portando quest’ultimo a cercare la chiave per stabilire un discorso tra le opere e il concetto di limite, confine, luogo e memoria. Nell’ambito del ri-allestimento della collezione viene proposto Viaggio intorno alla mia camera progetto speciale di Marzia

Migliora. Il progetto dialoga non solo con gli spazi e la storia del museo, ma coinvolge – attraverso una chiamata alla partecipazione attiva – la struttura vi-vente dei visitatori. Ai cittadini del territorio è richie-sto di diventare prestatori di un oggetto personale, ovvero una poltrona del proprio salotto. Circa una decina di sedute, selezionate dall’artista, saranno ospitate temporaneamente al Museo, entrando in relazione con le opere della collezione. Il pubblico potrà – durante il percorso di visita – uti-lizzarle per una sosta o per la contemplazione, met-tendo in atto un processo di scambio tra dimensio-ne pubblica e privata.

OLTRE IL MUROmostra in corso