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I Prezzo L. 2 GIOVANNI NATALI IL CONCETTO DI NAZIONE NEL RISORGIMENTO ITALIANO DISCORSO PRonunZIATO IL 1 nOVEMBRE 1928 (VII) PER L' ll'IftUGURRZIOHE DEGLI STUDI "ELUI. urUVERsrrA POPOLftRE .. GIUSEPPE <ìftRIBftLDI .. EDIZIONI DELL' UNIVERSITA POPOLARE DI BOLOGNA N.2

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I Prezzo L. 2

GIOVANNI NATALI

IL CONCETTO DI NAZIONE NEL RISORGIMENTO

ITALIANO

DISCORSO PRonunZIATO IL 1 nOVEMBRE 1928 (VII)

PER L' ll'IftUGURRZIOHE DEGLI STUDI

"ELUI. urUVERsrrA POPOLftRE .. GIUSEPPE <ìftRIBftLDI ..

EDIZIONI DELL' UNIVERSITA POPOLARE DI BOLOGNA

N.2

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02·Ltf6'3 GIOVANNI NATALI /

IL CONCETTO DI NAZIONE NEL RISORGIMENTO

ITALIANO

DISCORSO PRONUNZIRTO IL 1 NOVEMBRE 1928 (Vii)

PER l' INF\UGURRZIONE DEGLI STUDI

NELLPo UNIVERSITA POPOLRRE U GIUSEPPE GRRIBRlDI ..

EDIZIONI

DELL' UNIVERSITÀ

POPOLARE DI BOLOGNA

N. 2

~ * MILANO. J! c: C. fELTR\\\'t\.\.'

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Proprietà della Università Popola1'e ~i Bologna

Tutti i diritti di 'riproduzione e traduzione

riservati a norma delle leggi vigenti.

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Gentili Signore e Signori.

L'Università Popolare ha voluto quest' anno dero­gare da una sua bella e utile consuetudine: quella di dare inizio ai suoi corsi con la parola di un maestro di alta rinomanza e di eccellente facondia. Ha voluto piut­tosto, come si suoI dire, fare le cose in famiglia e chia­mare me, cui Don compete altro mer~to o titolo che quello di essere da cinque anni insegnante e fedele amico di sì benemerHo sodalizio. Certo si è voluto onorarmi oltre misura ed io con animo profondamente grato ho accolto l'invito di tenere il discorso inaugurale. Ma l'elogio del Presidente troppo mi lusinga e mi turberebbe Ol'a se non sapessi che esso, se pure formalmente rivolto a me, tocca in effetto ai miei ascoltatori, e in ispecie a quelli più costanti e assidui, che da cinque anni mi se­guono nel mio corso di storia e hanno voluto e saputo iùealmente l'itessere meeo la trama del nostro Risorgi­mento, meditar'ne con intelletto d'amore i fasti e le gIade, e Del compiacimento per quel tempo ormai lon­tano confondere l'ammirazione per quel più recente pas­sato, in cui l'Italia nostra, con largo tributo di dolore e di sangue, potè compiere la santa gesta iniziata e pl'omessa dai padri, e trarne fausto presagio di futura gl'anùer.za.

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lo lo so. Ai più attempati par quasi di rIVlvere le cose apprese in giovinezza dalla stessa voce degli avi che ne furono partecipi e di vedel'c più chiaro il :fiuire continuo, il divenire incessante della nazione. I più gio. vani scuote e commuO\'c l'eco di tempi aspri ed eroici, in cui trema cupamente il rÌcol'do della patria tiranneg­giata e smembrahl e suona gioioso il canto della italica giovinezza, sempre rifiorente ai soli di maggio sui campi di Curtatone e di Goito, come sulle aride groppe del Carso o lungo le fulgide riviere dell'Isonzo e del Piave. E lasciate che io diclliari che io non ambiva premio più bello alla mia modesta fatica: quale il vedere din­nanzi a me chiome aI'gentee e fronti pensose di cittadini probi e provetti, e irrequiete teste di giovani bramosi di sapere, e il cOllfortfu'e l'animo IDio di una alta speranza: che le cose dette non fossero la bili e non passassero te­diose e superflue, ma pote~sel'o imprimere e lasciare negli intelletti qualche segno luminoso del loro passaggio.

lo mi sono proposto da questo luogo, che mi è libe­ralmente concesso, una sort.. .... di do\-ere civile: la divul­gazione (lella storia del nostl'o Risorgimento, divulga­zione austel'a e meditata, fra quanti sentono il fascino delle saCI'e memorie e dalla stol'ia cercano lume, con­siglio e fede e ne alimentano la loro coscienza di uomini e cittadini.

Fu posto recentemente - anche da uomini dotti -il problema se giovi o no ad un popolo una grande ere· dità stOl'ica; se cioè le tradizioni possano piuttosto riu­scir gr'avi e d'impaccio, come una palla al piede di chi ha d'uopo d'aver libero il passo, e per avventura i popoli senza stol'ia o meno riguardosi verso il passato non siano desÙnati a più rapidi progressi e nella gara delle na­zioni procedano più animosi e fOl'tunati, Signori, questo

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problema, almeno per noi italiani, non sussiste o è vana accademia. Perchè se siamo nati e cresciuti come nazione, se siamo risorti e ingranditi, è stato veramente e in maggior par·te per la persistenza di tradizioni glo­riose, per il peso di tanta storia, che ha: premuto e fatto leva sul1e coscienze sconfortate ed afflitte e le ha ravvi­vate e ingagliardite. L'ossequio alla storia è una sorta di comnnione spirituale COli le generazioni passate, una rivalutazione pouderata di tutto il tesoro di esperienze che esse ci lasciarono; è il patrimonio morale della na­zione tenuto sempre in efficienza per l'itrarne il miglior fr.utto, è ]a cura diligente e av\-eduta perchè nulla vada disperso di ciò che fu l'opera, la passione, il tormento degli a vi, è la fervida ricerca dei moti profondi, delle recondite Yirtù dell'anima nazionale.

E senza storia non vi è .saggezza politica ; anche le più audaci innovazioni e quelle che nel corso della vita dei popoli possono sembrare strappature violente o, come si dicono, l'ivoluzioni improvvise, hanno origini e radici sottili e lontane, intrecciate e confuse, che lo sto­rico discerne ed insegue, e là dove appariva il distacco, egli l'iannoda le fila per cui la viva linfa dei ricordi e delle esperienze passa e soccorre gli esperimenti nuovi, e mantiene cosi la continuità della vita, che è nei popoli quel che negli individui si chiama il carattere morale o, filosoficamente parlando, l'autonomia e la medesi­mezza.

Perciò la cultura storica è per un popolo segno di maturità dignitosa e impulso a continui ardimenti, è mezzo efficace a impedire che il passato abbia la gra­vezza di un giogo ovvero il rapido dissolversi di una fumida nebbia, ma scorti piuttosto e soccorra, onde ogni popolo possa chiamare la propria tradizione

la fida compagna dalla guul non fui diserto,

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anche nelle ore di titubanza e d'angoscia e nei momenti di più intrepido slancio_

A cercar dunque Del passato un monito e un con­forto alle p"esenti nostr'e speranze e alla fede che ci anima e ci guida, ho scelto un tema a questo mio di­scorso, che non alieno dai miei studi fosse ispirato al carattere dei nostri tempi e permettesse di risalire alle origini.

lo yi discorrerò del « Concetto di ~azione nel Risor­gimento Italiano », solo che vogliate degnarmi della vostra attenzione.

Spezzata l'unità del mondo romano, mischiate le genti barbariche al popolo latino e, durante i secoli dell'alto Medio Evo, fusi nel crogiuolo della vita feudale i resti gloriosi della romanità coi nuovi vigorosi frutti della barbarie mansuefatta dal Cristianesimo e temprata ai latin soli, varcando il millennio, l'Italia nazione co­mincia a delinearsi. e a pl"endere concretezza di carat­teri con la formazione dei volgari, con la fioritura dei Comuni, con 1'apparizione dei pI"imi grandi geni dena stitpe rin,novata, Francesco d'Assisi, Tommaso d'Aquino) Dante Aligllieri.

E per ,-o ce ,li Dante, instauratore sommo d'italianità in proseguimento di romanità e in funzione di ordine universale, non solo la nazione italiana prorompe col proprio idioma nei domini dell';ute e della morale, ma definisce la propria essenza, bandisce nel mondo la pro­pria origine, e dichiara i propri fini.

Limpido è il pensiero di Dante a questo proposito: se l'umana ci\riltà natura1mente risulta, secondo la dot-

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trina adstotelica accolta nel « Convivio» e nel «De Mo­narchia» dall'insieme dei regni particolari, delle CO!IlU­

nità nazionali, ili cui l'ullh-ersità degli uomini è divisa, l 'Italia è pUl' essa una tra le naziolù del mondo cristiano. Della nazione l'Italia possiede 1'individualità geogra­fica: EU1"Opae noòilissima " egio, cinta a nord da l'Alpe che ser'/"(, Lamagna sopra Tira1!i (Inf_ XX, 62-3) e a nord-est dal Quwrnaro, ohe Italia ohiude e s'Uoi tm"mini ba,gna (I"f. IX, 113-114), si protende in penisola fra dne liti, il Tirreno e l'Adriatico (Par. XXI, 106), attra­versHta dal dosso di Appennino fino alla Sicilia. (De V. E. I, 8, 8).

A.lla delimitazione geografica corrisponde una per­fetta unità ling'uistica e morale; invero a tutti gli abi­tanti di questa parte dell'Europa del sud, è comune un volgare, il yoIgare del si, che forma il loro proprio idioma, che da loro piglia nome e chiamasi italico, onde la loro l"egione è indicata. il òel lJaese ... dove il si S'l,ona

(Inf. XIII, 80). E gli Italiani poi hanno comuui fra loro certe idee ed usanze (Vita K. 29, 1), che sono un forte vincolo morale: la latinità persistente nei discen­denti degli antichi Romani.

. Così l'Italia di Dante offre un triplice vincolo di unità, geografico, linguistico, storico; e perciò vale con questi suoi caratteri a porgere un esempio di ciò che alla mente del Poeta sia una nazione. Sellonchè il mondo dene nazioni egli considel"a come una scissione e diversificazione dell' unità imperiale romana, di cui auspica il ritorno sotto il santo ,segno dell' Aquila, onde l' ItaJia, nazione e regno, resta assorbita nell' Impero, il quale, anche se romano e italiano di origine, di seg­gio, di impulsi, è pur sempre cristiano e universale nel­l'ampiezza e nel fine.

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Nazione, dunque, l ' Italia., nazione augusta, giardin.. dell' Impero: e l'Impero universale società di popoli e di città l"idotte sotto il santo segno, Don solo per la pace e la sal,>ezza delI' umanità, ma per il risorgimento d'Italia e di Roma, serua l'una, vedova l'altra, in at­tesa del Yeltro restauratore, che ridoni all' umanità i mezzi della salute eterna e raddrizzi l'Italia in buono stato, per essere il cenb:o e il fulcl'O della rigenerazione.

Più chiaro il concetto di naziorie nei riguardi del­l'Italia rifulge alla mente di Francesco Petrarca, il quale, pur compI'eso della necessità dell'Impero univer­sale e della sua restaurazione, si inchina reverente alla latinità come espressione della virtus che, non senza divino volere, trova in Italia il suo luogo naturale e la radice della sua propagazione. L'Italia è la nazione latina per eccellenza, la nazione madre, la nazione tipo, e presenta i segni della divina predilezione, separata com' è dalla barbarie per lo schermo dell' Alpi, che Dio pose fra, noi e la tedesca rabbia; alma terra, belle con· trade, dolci campi, essa, ubertosa e felice, augusta e pre­disposta al primato nel mondo, con sintesi stupenda è detta

... il bel l'aese eli/ Appennin lJarte e il mar ci1"conda e l'Alpe,

e all'unità geografica, cosi distinta e scolpita dalla mano di Dio, accoppia l'eccellenza della stirpe, la nobiltà della storia, che contl-asta al furor di lassù e rinverdirà di gloriosi allori, solo che i Signori d'Italia prendano nUQYO consiglio e, di superbi e noncuranti fatti solleciti e generosi, intendano agli alti doveri c1elloro stato e con r eligioso fervore si diano al retto governo 4ella più bella parte del mondo.

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È il «primato morale e civile degli Italiani» che il Petrarca pl"oc1ama nei ~ecoli, è la funzione nazionale e uni ,·ersale clel n08t1"O capo Roma, non tanto perchè id da Troja e da Gel'tlsalelllme, com' era per Dante, passarono l'-Aquila di Enea e la Croce di Cristo, ma per il rigoglio di quella umanità ch' ebbe nei gl'audi Sci­pioni, nell' onesto Fabrizio, uel fedel Bru to, in :llario, in Cesal'e i suoi campioni devoti e virtuosi. Il Petrarca ha chiaro si il concetto dell"unità geografica d'Italia, che afferma nel « Canzoniere» e meglio nelle «Lettere famigliari », ma anche si innalza a una più vasta visione di unità regionale : l'Italia è per lui un corpo compatto, dotato di un' unica anima, di cui regioni e città son membI-a, e che seppure dhiso costituisce un ,tutto sto: rico e morale da contrapporre acl altre simili unità straniere_

Il poeta intran'ecle poi, ma non afferma, la conce­zione politica e giUl"idica dell' unità nazionale : ideali eli indipendenza, auspicio di concoI'elia, presagio e sen­timento di un Signor t;alm'oso (WC01"tO e saggio, che lweannullzia e contribuisce a crear'e ~l tipo del «Prin­cipe» de\ Uachi",·elli; questi sono gli elementi che il Petrarca a l'porta al pensiero dell'Italia nazione, che il ~no contemporaneo Cola di Rienzo immagina congiunta con vincolo politico di fed81·azione intorno a Roma delle città e del m,ondo unitierso donna e signora, Tempe· r"mento più di esteta e di letterato che di politico, il retraI-ca collega Dante con :lIachia,-elli; egli intuisce il mondo delle nazioni c?me opposizione, sia pur forma­listica, fra la viÙù latina e la tedesca l'abbia, fra ]e belle contrade italicbe e i deserti ccunpi della Germania, e come indidduazione netta di ciò che è nazione, quale unità d'uomini congiunti da dncoli di territorio, cli

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stirpe, di lingua, di tradizioni, di speranze, di carat­teri impressi da Dio, che pUl' amandoli tutti, alcuni pre­dilige e con m'due pI'ove, cadute e l'isol'gimenti, mo'da ad alti destini.

Così nsciamo dal Medio Evo. Il Rinascimento col trionfo del volgare infuso di

classica umanità, r endeva più saldi i legami delle genti italiane, e la nazione era pUl' cosa che si veniva meglio concretando nel tipo etnico-morale dell'italiano, mentre l'unità politica si allontanava e l'Italia sfibrata e bat· tuta soggiace\-a al dominio straniero. Lo stesso nome -nazione nella mutevolezza delle accezioni era sinonimo di popolo, di sclliatta, di stato, e negli 'atti pubblici diceva si na::'ione senese, nazione fiorentina e persino, come è nel )1achiavelli, nazione gh·ibellina, a tal segno l'amor di partito restrinse il concetto di patria, da confondel'e la nazione con la fa7.ione e da accozzare in­sieme il tutto e la parte, nella crisi della coscienza po· litica ondeggiante fra il piccolo circolo degli interessi individuali e locali e l'ampia cerchia delle fortune del· l'intera nazione.

Frattanto, mentre le grandi monaI'chie delF occi­dente europeo si andavano tonsolidando, Nicolò Ma­clliavelli, fl'a il dissolto Sacro Romano Impero e la pe.r­sistellza degli stati-città, presagiva fatale in Europa la formazione eli compatte unità nazionali, anche nel­l'ordine poÙtiç:o e giuridico. PUl' usando di l'ado la parola « nazione» come noi la usiamo, e preferendo de­nominare la cosa un vivere pubblico e civile, egli ebbe nitidissimo il concetto di nazione come unità etnica e storico-politica, oltrechè geografica e territoriale_ La Francia, la Spagna, la Germania, la Turchia, l'Italia erano per lui altrettante nazioni o meglio provincie,

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come egli clliamava quegli aggl-egati umani, che col territorio che li l-icetta vivono in intima relazione, e stanno uniti in concordia di spiriti, di costumi e di tendenze, se anche, come accadeva in Italia, il popolo non formava propriamente uno stato. Nazione e stato in verità, pellSaya il Machiavelli, non sempre coinci­dono, ma ha nazione e stato corre un rapporto siffatto per cui, mentre la coincidenza è caso fortunato e pro­pizio, il disgiungimento è infelicità e rovina_ Una pro­vincia o nazione tanto è più salda quanto più è con­formata a stato; e uno stato è tanto più forte e compatto quanto meglio corrisponde a una nazione. rn popolo che già costituisce una nazione, se già non forma uno stato o vivere ciV'ile, è destinato a for­marlo_

Ecco dunque lo stato nazionale assumere nella mente del Machiavelli contorni precisi e funzioni emi­nenti, allorquando la nazione italiana smarrita fra le dilettose cure dell'ozio e la dissuetudine cli buoue armi, tra l'indifferenza religiosa e l'individualismo snperbo, soggiaceva tra. repugnal1te ed inerte alle dominazioni straniere_ L'ideale del «Principe» rigeneratore e arte­fice indefesso e inflessibile dello stato nazionale pro­rompe dalla coscienza del )lacbim'elli e prende figura così balda e fiera, così viva e 'impellente, che sembra quasi attuarsi e illcarnarsi, come se dal bronzo del Verrocchio il '-eccllio condottiero quattrocentesco bal­zasse alla dta infuso di romana virtù, ardito dr italica speranza. ~la è meteora luminosa, condensazione teo­rica di \"Ìrtù tr<ldiziouali e di esperienze recenti, anti­cipazione fe] ice e augura le, evocazione sublime di un Cuore profondo. di un vigoroso intelletto cbe dell'Italia nazione yide la matel'ia palpitante cbe attendeva il tocco posscnte di un creatOl'e_

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Dopo il «Principe» e le «Dec~e» noi potrellllllo trascorrere fino agli albori (leI Risorgimento, senz'altr-a so~ta, perchè il disegno politico nazionale fermato dal l\Iacbim'elli non è SUpel'lHO e il concerto di nazione n011

yigol'cggia più, se Don .. 111' apl'irsi della età llUOya, quando Yitrol"io Alfieri nella «Til'uull ide» e Vincenzo Cuoco nel «Saggio su]]a Rh'oluzione Sapolet.:"lua» ri­prendono con fOl'za il tema della nazionalità e lo accoI'­dano l'isolutamente coi temi dello stato unitario e del primato i taliano.

)Ia poicbè anche ilei tempi bassi dello spagnolismo e delle preponderanze straniere la tradizione del pen­siero ll(;lziollale non subì strappi e soluzioni eli conti­nuità, è plll' da tlconh1l'c Giol'rlano Bl'llllO, cbe accenna qlla e là an'Italia u"uione e al suo primato IleI mondo, e a Tommaso Campanella, il quale Ila ben fermo il COll­

cetto di nazione come di Ulla indiYidualità storica e morale, cui de\'ono UnifOl'lllar!':i le leggi e il goveruo per

' non coutraddire alla natura e l·iuscite il detrimento del popolo. Tra il Rinascimento e il Ri~ol"gimento c'è in. yero una continuità itleale quanto al concetto dell'Italia nazione, quanto alla c08CÌenza di es:;:.el'e gli Italiani un

unico popolo ben distinto e omogeneo e al desiderio ed angurio t1i U11a indipendenza e di una politica na· zionale.

Le proye di questa contiuuità spesseggiano in poeti ed istol"ici, in filosofi e diplomatici, ma certo le aspira­zioni a mutamenti e le d:-.ioni di una dta nazionale sono piuttosto esercitazioni di belli e fervidi ingegui che proposito e preparHzione di opere immediate,

È pur tnttada sicul'a cosa clle quando la Rh'olu­zionE' fran<:e~e chiuse r l\tà. dell' assolutismo politico e aprI quella del liberali!';mo e delle nazionalità, i pensa-

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tori italiani l'ipresero con vigore il filo della tradizione italiana ininterrotta, ovvero inserirono il pensiero gia· cobino nel nucleo ben formato ed elaborato del pen­siero i taliano. Perchè, indipendentemente dagli influssi teorici 'tranieri, il pensiero italiano nel secolo XVIII per quanto riguarda il principio di nazionalità, vive ùa solo e prepm'a tutto il fermento ideale del Risorgi­mento.

***

Con G. B. Vico iufatti il principio di nazionalità riveste i Càl'attel'i e Fessenza di una vera dottrina, di una legge genel'ale e costante, che guida i popoli ad un'alta \"ita sociale e internazionale. Questo genio ita­liano, che nella sua «Scienza N'uova» manda chiari lampeggiamenti tra densa oscurità, che i tempi a\rreb­bel'O poi diradata, scoprenclone la vivida fiamma ideale, medita nuovi pl"Ìncipi del mondo delle nazioni, come se esso sia stato fatto dagli uomini e se ne debba quindi cel'car la guida e il germe trasformatore nella stessa mente delF uomo.

«La dh'jna Prov,-idenza - scrhe il Vico - ella è l' m'chitetta di questo mondo delle nazioni, è l' or­dinatrice di tutto il diritto naturale delle na.zioni. Il fabro poi del mondo cleUe nazioni, che obbedisce a tale divina architetta, è l'arbitrio umano, determinato dalla sapienza del genere' Ullano con la misura delle utilità o necessità umane, conformemente comuni a tutte le particolari natlll'e degli uomini.»

E dice altroye: « Ogni repubblica ha proprie ·materie, ,che sono propri nomi, proprie lingue, proprie armi, pro­prie rel igioni, propl'i magistrati, proprie leggi. Poichè tali materie SOllO tutte proprie, SOllO anche "eri costi·

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tutivi di una vera repubblica; dunque la ,era mente della nazione presuppone tutte queste cose proprie, che perciò sono 7fberi cost·itlftiv 'i.»

Oioè a dire il Vico, mentre l'iCOllOSCe,"a che i fattori della nU7.ione consi~tono nei fatti, nelle leggi, negli istituti che rendono possibile la coesione sociale e feli­citano la convivenza, ponm"a l'essenza della nazione nel pensiero, nell'idea, quasi riflesso dell'idea divina, e Del suo pel'petuo esplicarsi e iU\'oh'el'si nei corsi e ricorsi della storia.

}[a per tutto il '700 in Europa pre'·alevano il gius­Il:aturalismo inglese o il seusismo francese, che stabi· livano a fondamento delle na,7.ioni il luogo, il clima, la stirpe, ovvero non coglie\~auo l'essenza delle nazioni, assorhendole nei go,'erni o sciogliendole nel «mare magnum» (U Ulla antistorica ulllanità. In Italia tut· talia la nazione nei snoi 'falori etici riappare, si ri· sente, si affel'ma e schiude i germi della sua rinascita, nel sentimento e nella idealità. In breve : mentre la poesia echeggia il nome e la patria italiana, e sia pure derivando dal Petrarca le yiete figurazioni allegoriche o ]e mistiche affermazioni di un primato, che il Yico stesso, iniziatore di questa dottrina, ayrebbe forse ascritio 'alla «boria delle nazioni », elel sentimento di patria, dell'ansia (li nuod istituti politici e sociali e di nuO\'e fortune, si fa banditrice accorata e generosa; i filosofi e i politici tornano a studiare ciò elle sia na· zione, donde derid e dove conduca il moto nazionale, e questa coscienza di unità etnica e ruOl'ale che sia e come proceda e doye appl'odi, e questo ingrandirsi del· l'individuo e della città in un più ampio dI'colo di vita come e percbè si concreti nella famiglia e nello stato nazionale, c Sp lo stato con gli istituti e le Jeggi con·

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formate a equilibrare gli interessi e i bisogni valga a esprimere ed abbracciare la nazione, ovvero la na­zione come unione storico-geogl'afica di famiglie e di genti valga essa a promuovere l'unità politica e l'au­tonomia dello stato.

Il :Uuratori, il lIaffei) il Gravina, il Giannone, che i "ari aspetti della storia politica e delle istituzioni giuridiche scoprono ed illuminano, il Geno'fesi, il Ga­lante, il Pagano, il Filangel'i, che gli elementi dello stato e della. vita sociale studiano e interpretano, il

Verri, il Beccaria, il Carli, che educano e informano ]a

coscienza ciYile dei contemporanei, sono la schiera no­bilissima dei 'nuod artefici della nazione italiana, di cui Vittorio Alfieri è iuòomito araldo, che ne presa­gisce il pieno risveglio, suscitandone l'anima fiera me­diante l'odio alla tirannide e l'amore ardente della li­bertà. Il quale Alfieri ebbe pnr ";vo, nonchè il senti­mento, il concetto di quel che è una nazione, «~el dire nazione - egli scrive - intendo una moltitudine di uomini per l'agioni di clima, di luogo, di costumi, di 1ingun. fra ]01'0 non diversi; ma non mai due borghetti o cittaduzze d'una stessa provincia, che per, essere gli uni (li pertinenza, exentlJli gratia, di Genova, gli altri del Piemonte, stoltamente adastiandosi, fanno coi loro piccoli, inutili, impolitici sfoghi ridere e trionfare gli elefanteschi 101' comuni oppressori.» Unitarismo pre­coce forse e generoso, che uguaglia il senso vivace di unione nazionale cbe emana dallo scritto di Gian Ri­naldo Cm·li «La patria degli Italiani », ave è detto e auspicato elle «l'amore di Patriottismo, vale a dire del bene uni \'el"sale della nostra. nazione, sia il sole che illumini e ath>agga le diverse e divise città d'Italia» e si cOllchiude così : «Divenghiamo pertanto tutti di

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nuovo Italiani, per non cessar cl' essere uomini.» Ma è osser"abile che codeste affermazioni avevano sempre alcullchè di letterario e di sentimentale ed astraevano dal politico, o'V,ero lo riguardavano come una conquista ideale e lontana.

L'Alfieri poi credeva che l' odio reciproco fra le na· zioni operasse prodigi e fosse incentivo ai magnanimi risorgimenti e alle giuste ruine e stimava onorevole solo quel popolo che avesse un carattere tutto suo e leggi e costumi così fatti da distinguersi da tutti gli altri, che doyevano perciò solo essergli in oelio. CosÌ 1'Astigiano traspoda nei popoli i sentimenti feroci che egli inietta nei suoi eroi, quando li inanima e scaglia contro i ti· l'anni. È, mi si passi la frase, il titanismo delle na­zioni, che fortemente contI'asta, giusto titolo (li origi­nalità alfieriana, coi solenni ideali umanitari e paci­fi,ti del secolo, avanti la rivoluzione.

••• Quando poi il Giacobinismo in Italia col seminar

repubhliche é spiantar troni e mutare stato ai sudditi, promo,-endoli a cittadini, e indi X apoleone col risve­O"Uare ardori o·uerreschi e generose impazienze di indi· o o _

pendenza e di unità, ebbero nelle vene della vecchia Italia messo il brivido della resurrezione, il pensiero nazionale l'iprese vigore, e mentre fiorivano speranze e propositi "ad di l'icostruzione politica, federale o uni­ta l'ia che fosse, e il patriottismo da vaghe affermazioni letterarie riuscha a più sincere e decise espressioni, auche il concetto di nazione assunse più dignità ed am­piezza, se ne parlò e se ne scrisse con più matura cogni­zione e, riprendendo la tradizione (li Dante, di Machia­velli, di Vico, si venne elaborando una "era dottrina

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della nazionalità, che fu nel fatto rapi ce di tutto quel moto di ascensione spirituale, da cui provenne il ri­scatto italiano. ~feglio elle in altri pensatori e politici del periodo cli trapasso dalla l'i"oluzione dell' '89 aUa restauraziolle del '15, trodallo in Vincenzo Cuoco schia­rita e anrivata questa dottrina della nazionalità, o per meglio dire, proclamata la nazione come una conquista morale, come una volontà. comune di popolo da recare in atto mediante lo stato, Reazione questa al giusnatu­ralismo che faceva della nazionalità quasi un dir:itto di natul'a, pl'eesistente allo stato, ed anche 'correzione del sensismo positidsta, che analizzava i presupposti geo­grafici e naturali della nazione e meno ne Cllra,-a lo spi­rito, Il Cuoco '-ed e nella nazione un popolo consape, vole delle mem ol'ie glol'iosc e son'etto dal1a ambizione di un grande destino. Intuisce chiaramente che l'astrat­tezza del peUl':iel'O giacobino, agitando e solle,-ando il cumulo delle tradizioni dei singoli popoli, an'ebbe su­scitato dappertutto dei ferddi ris"egli nazionali; e con­sacra tutta la sua attività di scrittore e di apostolo al grande compito di educare gli Italiani alla coscienza di se medesimi.

Educarli nazionalmente: cioè fOl'mare un'opinione, uno spirito, una volontà -pazionale, affermare e poten­ziare la nazione con pieno senso di storicità, con lo studio delle forze economiche e politiche, col richiamo dene grandi ombre, dei grandi esempi e dei fasti del pas~ato, col raffronto delle altre nazioni, con la valu­tazione costante delle opere e dei propositi . La nazio· nalità è in sostanza la yita spirituale dei popoli, un processo tli educazione, una fede di coscienze mature

'che si appunta, come espressione totale, nello stato uni­tario. Così il Ouoco: «Ogni stato ha un periodo da cor-

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rere. Tutte le nazioni piccole SOllO destinate a ingran­dirsi o perire; quelle non periscono che dispongono per tempo le loro menti all' ampiezza dei destini futuri, onde quando il corso degli avvenimenti loro presenti le occasioni opportune, esse, per mancanza di prepara­zione, non si ritrovino impotenti ». Accenno di volo che Del «Saggio Storico », nel «Giornale Italiano », nel « Platone in Italia », negli scritti pedagogici, il Cuoco, pervaso di spirito Yicbiano, si adoperò quant'altri mai a risusCitare Pltalia dalle sue rovine, a disegnare le vie e i mezzi pratici del Risorgimento. E il voto supremo del suo cuore era l'unità nazionale italiana, che la sua accesa fantasia illuminaya delle splendenti glorie del passato e la sua mente profetica af1ìdaya a un non lon­tano avvenire.

«Vedi l'Italia simile a un "asto edificio rodnato dal tempo e dalle forze delle acque, dall'impeto del terre­moto : là un immenso pilastro ancora torreggia intero, qua un portico ancora si conserva per metà; in tutto il rimanente dell'area, mucchi di calcinacci, di colonne, di pietre, avanzi preziosi antichi, ma che oggi non sono. che rovine. Ben si con asce che tali .materiali hanno for­mato un tempo un nobile edificio, e che lo potrebbero formare un'altra volta, ma l'antico non è più e il nuovo deve essere ancora. Pure, ~e tu osservi attentamente e con costanza, ti av\'edrai che le pietre le quali formano quei mucchi di l'O\"ine cangiano ogni giorno di sito, non le ritrovi oggi dove le U\'ed la8CÌate ieri; e mi pa.r di ticonoscere un certo quasi fermento intestino e la mano di un architetto ignoto che 1a\'o1'a ad innalzare un edi­ficio novello» (Platone, e(liz. D 'Aiala, p. 436).

Così anche il Foscolo sentiva la nazione nel fremito (le])e tombe e nel palpito delle memorie gloriose, com'ei cantava all'Italia

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..... uniche forse, da che le mal vietate Alpi e l'alterna onnipotenza delle umane SOt"ti

armi e sostanze t'invadeano ed a're e patria e, tranne la memoria, tutto.

E il divino fanciullo di Recanati l'anima ansiosa affondava nelle memorie e con accenti accorati escla­mava:

Volgiti agli avi tuoi, guasto legnaggio; mira queste rttine e le carte e le tele e i marmi e i templi)' pensa qual terra premi j e se de8ta'rti non può la luce di cotanti BsemlJU, che stai? Lévati e parti.

Con Vittorio Alfieri e Vincenzo Cuoco il concetto di nazione diventa ormai lievito incoercibile di risorgi­mento e il fermento se ne comunica ai vati agli eroi ai , , filosofi, ai profeti dell'Italia nnova. E l'accolsero i clas­sici, non solo per la rispondenza dei nuovi ideali ai concetti di romanità e di libertà ch'erano nel loro pa­trimonio intellettuale retaggio fermo e luminoso, ma anche per l'ossequio alla purezza della lingua, legame indissolubile con cui intesero tenere unite e vieppiù stringere e accordare le membra dell'unica patria. Onde Vincenzo Monti sentenziò nella sua «Proposta di al· cune correzioni E' aggiunte al Vocabolario della Cru­sca»: «La lingua è l'unico legame che l'impeto dei se­coli e della fortuna, nè i nostri errori medesimi non hanno ancor potuto disciogliere; l'unico tratto di fisio­nomia che ci conservi l'aspetto di una anCOr viva e sola

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faruigHa ... La lingua tQtti ci unifica e ci fa riconoscere per fra telli_ Siano pure i Toscani la testa, gli altri le braccia, ma lo spirito animatOl'e di si gran corpo sia uno solo, cioè spirito di nazione, non di parte. Egli è bella cosa poter dir-e : son toscano, ma più bella e d-as­

sa.i il dire: sono italiano ». E l'accolsero i romantici, cbe della nazione ripristi­

narono storie e leggende, ayvicinando le lettere al­l'anima del popolo, cantandone gli ideali religiosi e civili imbevendone il cuore eli sentimenti di deyozione , alla patr'ia, col descriverla nelle naturali bellezze o compiangeI'la nelle sciagure o dipingerla in forme di magnificenza regale. N è alcuno meglio e più distinta­mente di Alessandro Manzoni affermò questo diritto e dovere della gente italiana (li comporsi in politica

unità:

una gente che libera tutta, o flu- serva fra l'A.lpi ed il mare; U11a d.'anne, di lingua, d'altare, eli me/Jwtie, di sangue, (li CO I".

E lo accolsero i giul'isti e i sociologi, gli uni ricer­cando i fondamenti politici, gli altri appuntando l'in­{l'eano alle tracce ideali della società umana e al suo ~ ~

proce!'so storico. Romagllosi, ad esempio, l'ombra che pensav(t, nelle sue «Vedute su l'incivilimento umano :> consideI'a come oggetto di scienr.a l'uomo di fatto, Il mondo delle nazioni; è vero bensì che nel definire che cosa sia il corpo di una nazione, molta parte assegna all'impero delle forze naturali sulle spirituali, in quanto la natura prepara e stimola l'incivilimento, ne assicur'a e sanziona la stabilità; egli tuttavia Don nega la recipI'o­cità degli influssi fra la natura esteriore e lo spirito

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umano e immagina i Temosfol'i e gli Ercoli, sorta di eroi datori di ch'iltà, che incarnano in sè la lenta evo­luzione dello spirito degli uomini e i mille valori etici cresciuti e germinati nell'uomo sotto l'impero della natura e nella convivenza sociale. E il Cattaneo neaa ben~ì il sorgere spontaneo delle nazioni da un princip~o proprio, come voleva il Vico, ma quando considera il concetto del Romagnosi, che nel mondo delle nazioni si debba distinguere !'incivilimento nativo e il dat-ivo cioè l'innesto delle ingerenze esteriori nelle incipiell~ CÌ­

dltà indigene, inclina ad ammettere che le nazioni « non muovono per sistemi interi, dedutti, continui» e che « le loro consuetudini sono frammenti cli disparata origine, piuttosto accozzati che ordinati », il che 'rap­presenta l'origine e la formazione delle nazioni come un processo spontaneo, autonomo, nativo.

Quali positivisti erano il Romagnosi e il Cattaneo, sublimi intelletti italiani, dotati della suprema carat­teristica del nostro genio nazionale: la temperanza! Anche Dei riguardi della nazione, non si perdevano sol· tanto a guisa di pazienti alchimisti a distinguere ed isolare g-li elementi di fatto, per scoprirne la formula sintetica e la complessa miscela, ma nel fatto vedevano alcuncbè di animato e di vivo, pervaso dal pensiero umano, luce e germe di altri fatti in serie complicata e continua,

E lo accolsero i pedagogiati e i filosofi politici, che del sorgente idealismo sentirono la calda vampata, e per opera loro il sentimento e il concetto di nazionalità proruppe inefrenabile dopo la restaurazione legitti­mista, contro cui la coscienza dei popoli europei reagì con le sette, le congiure e i moti di indipendenza_ Nel campo pedagogico il principio nazionale diyenta un

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correttivo delle astrazioni della scuola umanitaria e dei pericoli d'una sterile imitazione straniera. Onde Gino Capponi rileva tutta l'importanza della tradizione storica, del c"rattel'e e dell'inclole del popolo nel pro­cesso cdueativo e si augura per l'Italia tnu1.. educazione virile che pl'epari le generazioni atte a tisolIenu'e la patria, e una dta nazionaìe elle permetta Futile im­piego di nomini educali alla pau'ia e alla libertà, Se la nazione era così sentita, pensata e promossa come cardine della civiltà e completamento dell'individuo, bisognava pure intllirne la sostanza religiosa e riaffer­mal'ue il principio ideale: e lo fece Terenzio ~Iamiani ripigliando il concetto elel Vico: «Prediletta opera delle mani di Dio sono le nazioni e in processo di tempo e col matul·arsi della cid1tà le sole nazioni sembrano costituire gli individui veri e potenti della famiglia umana ». E ai suoi concittadini pote\·a rivolgere questa ardente esortazione: « Edificate dentro del cuore l'unità della patria ! Tanto sarà possibile il mantenervi divisi e il negarvi l'indipendenza, quanto è possibile colassù di staccare l'uno dall'altro i lucenti soli della più con­giunta e immota costellazione!»

E l'acco]scro infine i profeti del Risorgimento, che al concetto ùi nazione infol"marono ]a loro opera e il loro presagio.

••• Qui s'affaccia alla nostra mente la figura di Giuseppe

:AIazzini) l'assertore più fernc1o, il fautore più ardente della nazionalità. Chi ignora che tutto il pensiero, tutta l'azione mazziniana ridonda di questo spirito, risplende di questa idea, che è la luce an-ivatrice delle riYoluzioni del j::.('co10 XIX c il principio del nl1O\'O assestamento politico mondiale? Raccogl iere dagli scritti mazziniani

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~tte le definizioni del concetto di nazione, di naziona­~tà o , ,li patria cbe il maestro così spesso usa in acce­ZlOm Identiche o di poco dissimili, sarebbe lunga "osa ~ non a~C\·ole, perché il Mazzini Con quel suo O'ran cuore Illves.te Il raziocinio e col sentimento penetra~ ed ampli. fica I~ concetto, o spesso ricama intorno ai concetti come un musicista tesse le variazioni intorno a un tem~ fondamentale, che se acquista di suggestione e di va­ghezza, perde talora di semplicità e di misura, -

In quarant'anni di apostolato nazionale quante mai volte il pensiero di Giuseppe Mazzini s/ esercitò su questo concetto di nazione ! Colgo soltanto alcune tra ]~ form.uJe .più perspicue : «Una nazione è l'associazione d1 tuttI glI uomini we per lingua, per condizioni O"eo­grafiche e per la parte assegnata ]01'0 dalla storia ~or. m~.no u~ solo gruppo, riconoscono uno stesso prin~ipio e SI ~vnano sotto la scorta di Ull diritto comune al con­segUImento di un medesimo fine» (XII, 84), '

, « La, parola nazione rappresenta unità: unità di prInCIpIO, dlllltento, di diritto» (I, 374),

« Senza u~ità no~ vi è veramente nazione» (I, 112). , «La patrIa non e un tratto di tenitorio : la patria e una comuniOne fi'aterna d:uomini parlanti la stessa favella e crcdenti in una fede sociale, che intendono a promuovere un'opera religiosa di miglioramento mo­rale,. a edifica l'e su quel tratto di territorio un tempio a DIO e all'eterno Vero» (VI, 323),

«L,a nazionalità è la parte che Dio ha prescritto a ognI gente, nel lavoro umanitario : la missione il comp,~to che, un popolo eleve adempiere sulla terra, ;"r­chè l Idea dl\'lna possa attuarsi nel mondo» (XII, 85),

«A fODn3re Ulla nazionalità è necessaria la co-scie,nza di questa nazionaII'tà, l l senza a qua e DOn vi è nazlOne, ma gente ».

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Nelle quali formule, . pure in mezzo a certa nebu­losità, elle vela e colora l'alto pensiero mazzllli.ano, voi sentite la nota polemica contro il sensismo che si esercitava a scoprire tutti gli elementi concreti, pon­dcrabili, circoscritti della nazione e contro l'utopia giusnaturalistica che, come si è detto, faceva della na­zionalità quasi un diritto di natura preesistente allo stato nazionale, e sentite anche l'afflato liI-ico, la vi­sione teleologica dell'umanità, l'indiamento dell'Uma­nità profeta di Dio e braccio operoso del suo VOlere. « Dio e I-opolo », «Pensiero ed azione ».

Eppure non difetta il Mazzini di senso storico e della tradizione filosofica italiana è ossequente, se non del tutto seguace. «Territorio, razza, lingua, storia sono indizi della nazione, mal fermi, quando non sono collegati tutti, e richiedenti a ogni modo conferma dalla tradizione, dallullgO sviluppo d'una vita collettiva COll­b-assegllata dagli stessi caratteri» CÀ"VII, 164).

Materia della nazione, non nazione. La vita è missione, ogni esistenza ha un fin~. Le

nazioni si fondano, si creano. La forza viva delle na­zioni, cbe le fa germinare e prosperare, è l'intento, il fine comune, clIe rinsalda la collettività e ne orga­nizza il processo dinamico.

Questa dottrina, dunque, elle polemizza, esclude, ed afferma apodittica e categorica, e prorompe ga­gliarda dal sentimento più che dalla ragione, è assai meglio una. fede, una morale, una pedagogia, nella quale la storia è lo stesso procedimento educativo dell'uma· nità e la nazione è il metodo vigoroso e religioso del suo perpetuo travaglio. E tntta la vita del grande Esule _ e non vi spendo parole - il suo apostolato politico, la sua azione di cospiratore e di ribelle fu infondere

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negli Italiani questa comune fede, assegnare e illumi­nare questo comune fine da conseguire mediante la li­bertà, l'indipendenza, l'unità dello stato. Onde la na. zione assorta a diritto politico, diventa a sua ,"olta il fondamento etico dello stato e il principio regolatore delle relazioni politiche ed economiche fra stato e stato. «La nazione deve essere per l'umanità ciò clIe la fa­miglia è o dovrebbe essere per la patria» (XI, 270) e «]e nazioni sono gli indiyidui della umanità» (XVI, 130).

Ricono~ciamo che questa grande pedagogia profes­sata senza aberrazioni e col più eroico spirito di sa­crificio educò gli Italiani, li rese capaci dello sforzo unital·io e li conformò spiritualmente a intendere ed attuare la nazione, là dove s'abbarbica,'a il municipio e minaccioso e protervo si accampava ·da secoli lo stra­niero.

• ••

),Tè difforme dalla concezione maZZlnlana è la teo­rica nazionale secondo l'altro profeta della redenzione italiana, Vincenzo Gioberti. Qui troviamo piuttosto il filosofo e lo scienziato; lo spirito di Vico e il metodo di Galileo. Con acuta dialettica il Gioberti approfon. dim e ampliava il concetto di nazionalità, ponendolo a baJo;e dello sta to. Sia sparsamente nell' « Introduzione alla filosofia », nel «Primato» e nel «Rinnova­mento », sia di professo e organicamente nel breve den­sissimo scritto polemico «Della nazionalità a propo­sito di ana operetta del Padre Luigi Taparelli D'Aze. glio» il Gioberti ci lasciava una profonda e vasta teo­rica del!a nazione, della sua ,'era essenza, come della stessa personalità di un popolo. Sensismo, giusnatura-

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lismo, idealismo sono superati; abbiamo un concetto integrale eli nazione, che è la risultante dialettica di fattori naturali e umani. Kon dunque una nazione ma· terializzata e resa corporea negli elementi concomitanti della natura e della stirpe, ma l'ingegno di un popolo quale si esprime in atto, lo spirito come estrinseca­zione di tutti i fattori d'ogni specie che l'analisi filo­sofica indaga e scopre nei rapporti fra gli uomini con­sociati e il luogo che li ricetta.

Chè anzi il Gioberti distingue la nazionalità natu­rale dalla artificiale : elementi integrali della naziona­lità naturale sono il sito, la stirpe, la lingua, della nazionalità artificiale sono gli ordini civili e politici. Ma la stessa nazionalità artificiale non ha valore se non si accorda con la. natul"ale, in cui si radica come l'al­bero nel terI-eno -profondo; e la felicità di un popolo corrisponde appunto all'm-monia e all'intima compe­netrazione delle istituzioni con la nazionalità natlva. Così la nazion e dh-enta bene sociale dei popoli e fon­damento d'o«ni altro bene; il primo dei diritti, il più alto dei dov:d, il segno inconfondibile e incancellabile della ]01'0 originalità, l'ornamento della loro dignità~ il premio del loro travaglio. Pel'chè.la. nazione, TI:I ~om~ plesso dei l'apporti concreti matel'iali e spiritu~h eh CUI

consta, 1ungi dall'essere soltanto un fatto (h natul'a, un bene immediato, un retaggio divino, è tutto lo s\·ol· oimento di un popolo cbe contempera il proprio sta.to e -di fatto, le proprie capacità di sviluppo e le proprIe forze con l'idealità dei fini, con la vivacità dell'ingegno, con la propria potenza di yolontà attuatrice_ Onde dalle materiali condizioni dello spazio occupato la na­zione sale alla attività del pensiero che spiritualizza la natura, la conquide nelle sue forze e nei suoi doni fe-

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condi e, senza astrarsene, tende a tradul'li in atto me­diante il genio _ cbe sintetizza e vuole, ed è il domina­tore sommo della nazione e del suo destino_ Infine il Gioberti non considerava la nazione come un corpo a se stante, ma la vedeva muoversi e propagarsi nel vivo circolo della civiltà umana, la quale nelle nazioni ap­punto consegue la sua concretezza e realtà storica, nelle nazioni soltanto effettua il suo esistente, mentre con la sublime ansia dello spirito anela al suo principio, al­l'Ente, donde provenne con la parola creatrice, eterno mezzo di conciliazione e di vita,

Ecco come da Dante a Machiavelli, da Vico a Maz­zini e Giobel'ti il concetto di nazione vivificò la nostra tradizione politica come un raggio di luce benefica, vero lume di sapienza e fervore di speranza, che nei tempi tenebrosi e difficili valse a rischiarare le menti e accen­dere i cuori degli Italiani.

E non vi sembra suggello degno a una secolare tra· dizione di alte meditazioni filosofiche ed anche auspicio fecondo di imminenti risoluzioni, il fatto, forse modesto in sè, ma. grandissimo e singolarissimo se considerato nella serie che vi ho prospettato, il fatto che il piccolo Piemon te, essendo Presidente dei Uinistri il D'Azeglio e proponente il Tecchio, instaurasse nell' Ateneo di To­rino il Corso di Diritto Internazionale e il 23 gennaio del 1851 Pasquale Stanislao Mancini, chiamato a pro­fessarlo, "i pronunciasse la famosa prolusione «Della nazionalità considerata come fondamento del diritto delle genti»?

_ Quel giorno si chiuse il ciclo concettuale del Risor­gimento per quanto si attiene alla evoluzione della dot­trilla della nazionalità, dappoichè un governo italiano u8cito con onore e col mnto delle libertà statutarie dal

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turbine del '48-',19 affermava così pubblicamente, da un luogo di austeri stuòi e di alto insegnamento, es­sere la nazionalità un imperscrittibile diritto, come s'era diffusa e approfondita la persuasione cbe ella fosse per l'Italia un dovere inderogabile e una naturale e storica prerogativa.

• • •

Signori!

Fu l'Italia compiuta quella gran cosa che i poeti cantarono e i profeti intl'a\'videro e gli eroi riscatta­rono dall'oblio e dalla l'ovina? Al grande concetto delle menti, cOl'rispose la nUO\'a Italia rapidamente costi­tuita fra il '59 e il '70, fra gli assalti di S. Martino e la breccia di Porta Pia?

Dn vecchio italiano in quegli auni cbe seguirono immediati e non felici alla proclamata unità, ~iccolò Tommaseo, spirito acre se vogliamo e pungente, ma che in cuor suo sentiva le grandi cose fatte e le più grandi che sarebbero occorse a fare veramente l'Italia, seri­ve,'a : «Siamo nazione - lo potete dir voi? L'Italia nella mente e nel cuore di taluni si sentiva nazione innanzi il 146 più che dopo. Adesso eH' è ,un nome geo- . grafico più di prima. Si farà l'Italia nazione quando l'unità non andrà nell' un via l'uno. A costituirsi in nazione non basta aver brani della nazione in regalo, bisogna non sbranare quei brani. L'odierna unità è più municipale che , nazionale.» «Quella è più propria­mente nazione dove gli uomini hanno comune .la schiatta, la lingua, le leggi, la potenza e la volontà. (li conseguirla. ~

Tutte savie parole, anche se amare e incresciose agli Italiani cFal1ora

1 che non mutarono certo di spirito

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e di carattere da un giorno all'altro per a.vere conse­guita l'unità politica, e che, non appena usciti dai tri­boli e dalle angustie del Risorgimento, si trovarono ai piedi di un'm·ta asperrima, a montar su la quale non faceva d'uopo di minor lena e fatica, di quanta n'era occorsa per accostarla e vederla nella sua mole superba COli l'ardua vetta slanciata nei cieli dell'ideale .

Oosì è : il mondo delle nazioni è dialettico e dina­mico. Dialettico, cioè sintesi di fattori e di l'apporti molteplICI, tanto che la mente più acuta ne scopre sem­pre dei nuovi e la più vasta e poderosa non li saprebbe tuttI ugualmente valutare ed abbracciare. Dinamico, perchè quella è più nazione fra tutte dove me"lio SI'

b' ' e-com Inano e intrecciano quei rapporti, che per loro na-tura variano e passano e tornano con rapida vicenda.

Pure è cosa indubitata che uno fra codesti elementi o rapporti che vanno dagli oscuri influssi della terra e del clima, alla parola dei vati, al lampo dei "eni ai misteriosi fremiti, alle intuizioni improvvise :i O"~ne-

• • ' e-rOSI scatti dell'aaima d'un popolo, uno fra tanti predo-mina, e nei tempi maturi decide, ed è la volontà di potenza.

Che altro fu il Risorgimento se non un accozzamento confuso da prima, armonico poi, di volontà risolute e tenaci ?

Quale peso ebbe mai negli eventi dolorosi o gioiosi clella nostra storia la volontà indomita di un Oapo maest'ro e don.no della volontà nazionale?

La nazione italiana, dalla disgregazione dell'Impero romano, cùe ne fu l'antica matrice, lungamente e len­tamente elaùorata e plasmata, riesci alla fine nello stato unital"Ìo. Lo stato unitario, che tiene e considera la na­zione come principio e fine, come germe nativo e frutto

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espansivo della propda vita, educando nazionalmente i suoi cittadini approfondisce e amplifica la nazione, ne scuote le fibre profonde, ne rinsalda il tronco mil· lenario, ne dilata il respiro, e rim:isumendone le forze vitali in una suprema volontà di vivere, ne agita il pen­siero sulle ideali cime, ove esso soltanto si eleva libero e puro per antivedere e affrettare da lungi l'opera oscura e inesorabile del tempo e del destino.

~ una volontà di vivere dolorosa e sublime, cosi per i popoli, come per i singoli uomini. E penso che nessun profeta, figgendo lo sgualodo nei secoli lontani della no­stra patI-ia, dopo aver meditato il lungo poderoso tI'a­vaglio, il yalore recente e l'ultimo slancio, oserebbe por limiti alle sue capacità di grandezza.

« Guai ai popoli romiti e anacoreti! » esèlama il Gio­berti.

Ma la nazione italiana, che è per sua natura rinno­vatrice e propagatrice inesausta di civiltà, mentre ria­bilita e rinvigorisce se medesima, clona al mondo incom­parabili tesori di attività e di pensiero.

Non sar·emo, dunque, mai abbastanza nazione, e quanto più l'Italia sarà Italia, tanto maggior tributo darà alla vita e alla fortuna del genere umano.

J- 38977