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gpessina The transistors and their noise 1 Il funzionamento di un transistore 1 Un transistore dal punto di vista funzionale è un dispositivo avente 3 terminali con i quali si può realizzare un amplificatore di transconduttanza: + - R L V EE I o p Base/Gate Emettitore/Source Collettore/Drain + - R L V CC I o n Base/Gate Emettitore/Source Collettore/Drain V o La particolarità è che l’uscita è così detta open-drain o open-collector, vale a dire che serve la presenza di un resistore di polarizzazione verso l’alimentazione per consentirne il funzionamento. I terminali V - , V + e V o vengono nominati come indicato, a seconda del tipo di transistore. Esistono, per ogni tipo di transistore, 2 topologie complementari che si differenziano per il verso di percorrenza della corrente statica: Considerazioni importanti: un Transistor non è un amplificatore asimmetrico: 1. in un transistore staticamente la ddp tra V + e V - ha un valore finito, che dipende dal punto di lavoro; 2. Le correnti statiche di ingresso ai 2 terminali V + e V - sono differenti; 3. Esiste una reazione interna, negativa, sempre presente tra la corrente di uscita ed il terminale non invertente; 4. la situazione non è simmetrica. Le sorgenti di rumore presenti ad ogni terminale non sono uguali. “Piccoli segnali”: lunedì 30 maggio 2016 I g V V V R I R g V V I αI I γI I αI I γI

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Il funzionamento di un transistore 1

Un transistore dal punto di vista funzionale è un dispositivo avente 3 terminali con i quali si può realizzare un amplificatore di transconduttanza:

+

-

RL

VEE

Io

pBase/Gate

Emettitore/Source

Collettore/Drain

+

- RL

VCC

Ion

Base/Gate

Emettitore/Source Collettore/DrainVo

La particolarità è che l’uscita è così detta open-drain o open-collector, vale a dire che serve la presenza di un resistore di polarizzazione verso l’alimentazione per consentirne il funzionamento.

I terminali V-, V+ e Vo vengono nominati come indicato, a seconda del tipo di transistore.

Esistono, per ogni tipo di transistore, 2 topologie complementari che si differenziano per il verso di percorrenza della corrente statica:

Considerazioni importanti: un Transistor non è un amplificatore asimmetrico:

1. in un transistore staticamente la ddp tra V+ e V- ha un valore finito, che dipende dal punto di lavoro;

2. Le correnti statiche di ingresso ai 2 terminali V+ e V- sono differenti;

3. Esiste una reazione interna, negativa, sempre presente tra la corrente di uscita ed il terminale non invertente;

4. la situazione non è simmetrica. Le sorgenti di rumore presenti ad ogni terminale non sono uguali.

“Piccoli segnali”:

lunedì 30 maggio 2016

I g V V V R I R g V V

I αII γI

I αII γI

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Il funzionamento di un transistore 2

Il concetto di transistore è legato al volere modulare una corrente sulla base di un segnale di controllo presente tra 2 terminali opportuni. Il concetto di base è illustrato in modo allegorico qui sotto:

La composizione fisica degli elettrodi di controllo del dispositivo che generano la corrente di uscita potranno essere fisicamente molto differenti. Però l’azione finale del comportamento del transistore è sempre la stessa.

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I dispositivi attivi

Il funzionamento di un elemento attivo, o transistor, è basato sulle proprietà conduttive del materiale di cui è composto.

Al fenomeno della conduzione rispondono in modo differente i materiali a seconda della composizione della loro struttura cristallina.

Quando gli atomi vengono avvicinati tra loro per formare il solido i livelli energetici ammessi agli elettroni si dividono in bande. Le bande formate conterranno N livelli ammessi che potranno essere riempiti al più da 2N elettroni, secondo il principio di esclusione di Pauli.

Le bande più profonde, ovvero vicine ai nuclei, saranno completamente piene. Gli elettroni non potranno muoversi tra i vari livelli di una banda perché tutti pieni.

Le cariche potranno quindi muoversi solo all’interno delle bande non completamente piene, che si troveranno alle energie più elevate, lontano dai nuclei. Al riguardo abbiamo 3 possibilità.

In funzione delle caratteristiche delle bande, si distinguono 3 differenti tipi di materiali: conduttori, semiconduttori ed isolanti.

Al fenomeno della conduzione partecipano solo le 2 bande più esterne, che vengono definite come banda di valenza e banda di conduzione.

La banda di valenza è la banda energetica più esterna completamente occupata da elettroni: in questa banda non potrebbe esserci movimento di carica, pertanto la conduzione è fortemente inibita qui.

La banda di conduzione è la banda più esterna non completamente piena di elettroni dove quindi il fenomeno della conduzione può verificarsi.

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Le bande energetiche nei solidi

Conduttori

Semiconduttori

Isolanti

I conduttori si presentano secondo 2 caratteristiche: banda di conduzione non completamente piena di elettroni, ma separata in energia dalla banda di valenza, oppure banda di valenza e conduzione non completamente separate in energia, con livelli liberi in banda di conduzione. In entrambi i casi sono presenti molti elettroni disponibili alla conduzione: sotto praticamente qualsiasi condizione i conduttori sono in grado di sopportare grandi flussi di carica.

I semiconduttori hanno le bande di valenza e conduzione separate in energia, in genere tra meno di 1 eV a poco meno di 2 eV. Pochi elettroni sono presenti in banda di conduzione, eccitati dall’agitazione termica: in condizioni normali sono debolmente conduttivi e non lo sono affatto a basse temperature.

Gli isolanti hanno le bande di valenza e conduzione separate in energia. A differenza che con i semiconduttori la separazione è in genere maggiore di 5 eV. Perciò la loro disponibilità alla conduzione è praticamente fortemente inibita (il meccanismo di agitazione termica in questo caso non è in grado di eccitare un numero significativo di portatori in banda di conduzione).

L’aspetto rivoluzionario che caratterizzò l’elettronica negli anni ’50 fu il fatto che i semiconduttori possono essere trattati inmodo che il fenomeno delle conduzione possa essere modulato in funzione dell’alterazione delle caratteristiche fisiche indotte al reticolo cristallino.

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I Semiconduttori drogati 1Consideriamo il Si (altri semiconduttori hanno comportamenti simili e vengono sfruttati in modo simile). Rispetto alle proprietà di conduzione elettrica il cristallo di silicio è formato da atomi che mettono in legame i 4 elettroni più esterni. Secondo questo schema i 4 elettroni considerati fanno parte della così detta banda di valenza e non possono girovagare per il materiale quando sottoposti a campo elettrico.

La scoperta fondamentale fu di capire che introducendo un atomo, di specie opportuna, avente 5 elettroni di valenza in luogo di 4 nel reticolo cristallino il quinto elettrone rimane legato debolmente all’atomo intruso. Anche una piccola energia termica libera l’elettrone che può ora navigare per il materiale: questo elettrone può compiere il salto nella banda di conduzione.Introducendo una certa concentrazione N di atomi ‘donori’ per unità di volume si dice che il materiale è drogato con cariche negative.

All’opposto, introducendo nel reticolo cristallino atomi , di specie opportuna, aventi 3 elettroni di valenza si forma una sorta di lacuna predisposta ad accettare l’arrivo di un elettrone che gli salta dentro. La lacuna a tutti gli effetti si può considerare come una carica positiva che si muove in verso opposto all’elettrone che gli salta dentro. La localizzazione della lacuna è proprio appena sopra la banda di valenza.Introducendo P atomi ‘accettori’ per unità di volume si dice che il materiale è drogato con cariche positive.

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I Semiconduttori drogati 2

Banda di conduzione

Banda di valenza

Elettroni liberi nella banda di conduzione.

Atomi donori ionizzati, rimasti carichi positivamente.

Semiconduttore drogato N

Il livello energetico , Ed, introdotto dai donori più efficienti è poco sotto la banda di conduzione, ca 50 meV nel Silicio.

Semiconduttore drogato P

Lacune libere di muoversi nella banda di valenza.

Atomi accettori ionizzati rimasti carichi negativamente

Il livello energetico , Ea, introdotto dagli accettori più efficienti è poco sopra la banda di valenza, ca 50 meV nel Silicio.

Banda di valenza

Banda di conduzione

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Considerazioni sugli atomi droganti (1)

Gli atomi che si scelgono come droganti sono quelli più efficienti, che consentono di avere il minimo gap tra il livello energetico del livello da ionizzare e la banda corrispondente.

Questi però non sono gli unici atomi che possono agire da droganti. Vi sono molti atomi affini che inseriscono dei livelli più distanti, profondi, rispetto alla banda di conduzione e di valenza.

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Considerazioni sugli atomi droganti (2)

Di fatto esistono molte specie atomiche che riescono ad inserirsi nel reticolo. Questi atomi sono già presenti in piccole concentrazioni quando si accrescono i cristalli o, addirittura, vengono inseriti durante il processo di drogaggio. Gli atomi che inseriscono dei livelli profondi non introducono cariche che partecipano attivamente alla conduzione. Tuttavia possono liberare o catturare cariche positive e/o negative in accordo ad un processo statistico che dipende esponenzialmente dal tempo dalla temperatura e dalla distanza energetica dalle bande. La quantità di carica disponibile fluttua, per un ammontare esiguo, quindi in funzione del tempo in modo casuale. Tale processo crea rumore.

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• Per un tempo la corrente e’ cambiata di I. per segnali con f>1/non si notano differenze (la trappola è sempre piena o vuota durante tutto il tempo di evoluzione del segnale), per segnali di f<1/ , si vedono effetti (la trappola può agire durante il periodo di evoluzione del segnale)

• A questo può associarsi un altro effetto:

EC

EV

TRAPPOLAVUOTA

TRAPPOLAPIENA

TRAPPOLAVUOTA

S G D

CANALE

SUBSTRATO

TUNNELING NEL SUBSTRATO E/O OSSIDO

T DIVIENE:

Z

• IL TUNNELING FA SI CHE ANCHE CON UN SOLO TIPO DI TRAPPOLA SI ABBIA UNA DISTRIBUZIONE DI COSTANTI DI TEMPO.

Un meccanismo fisico che genera rumore a bassa frequenza è l’intrappolamento delle cariche:

Va considerato che nel semiconduttore è possibile che vi siano presenti una certa percentuale di atomi impurezze donori/accettori il cui livello energetico è localizzato in modo più o meno profondo nel gap. Sebbene il processo di intrappolamento ed emissione abbia poco effetto sul comportamento statico della corrente, il rumore ne risente.

TOTN

II

I I I

I eN μVL

I e N 1 μVL

I eN μVL

ΔT τ0et⁄

ΔT τ0et⁄ ,τ′ e

RUMORE 1/f: FLUTTUAZIONE DI CARICA 1

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RUMORE 1/f: FLUTTUAZIONE DI CARICA 2

Il meccanismo che genera o intrappola le cariche è termico. Ogni volta che la carica viene intrappolata il tempo medio di permanenza è . Perciò è come se avessimo un filtro di bassa frequenza che gestisce il processo.

La conseguenza è che ci si aspetta che lo spettro di rumore sia un qualche modo proporzionale al modulo della TF di un tale filtro passa basso (“1/(1+()2)”). In effetti è proprio quello che accade.

Naturalmente gli atomi presenti non saranno tutti della stessa specie. Di conseguenza varierà da specie a specie e con la temperatura. Il rumore risultante risulterà nella sovrapposizione di tutti gli effetti:

Maggiore è il numero di impurezze diverse e più la pendenza del rumore risultante diviene simile a 1/f.

Questa situazione è quasi sempre verificata per le trappole presenti negli ossidi, giacché in questi casi dipende dalla distanza percorsa nell’ossido stesso ed assume una distribuzione continua di valori.

IMPORTANTE:

il fenomeno è visibile solo quando la corrente scorre nel dispositivo. Il processo è allora in genere proporzionale al livello di corrente.

Molte resistenze sono composte di materiale semiconduttore. Pertanto possono presentare rumore 1/f che risulta dipendente dal livello di tensione o corrente applicata.

Si dimostra che vale:e 4K TR

γRVf

i4K TR

γVR

1f

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Il diodo 1

La cosa più semplice che si possa realizzare con la tecnica del drogaggio dei semiconduttori sono le resistenze. Infatti il valore di una resistenza risulta inversamente proporzionale alla densità dei portatori presenti nel materiale:

La prima struttura più complicata che si possa realizzare è invece la così detta giunzione pn che si ottiene accoppiando tra loro 2 regioni drogate in modo opposto.

Il funzionamento è basato sul fenomeno del moto di diffusione e di deriva. Se non applichiamo nessun campo elettrico gli elettroni tenderanno a diffondere verso la zona P, dove ce ne saranno pochissimi, mentre le lacune tenderanno a diffondere verso la zona N, dove vale la stessa situazione. Nel processo la zona N si caricherà positivamente (un atomo scoperto per ogni elettrone che migra), mentre la zona P negativamente. Il processo di diffusione terminerà quando si costruirà un campo elettrico che cercherà di indurre un moto di deriva che si opporrà al moto di diffusione.All’equilibrio la corrente sarà ovviamente nulla.

Alla fine rimarranno 2 zone, dette di svuotamento e cariche una N ed una P, dove non saranno presenti cariche libere.

R1N

1qμ

LW

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Il diodo 2Il passaggio dalla zone neutre alle regioni di svuotamento è molto piccola rispetto alla larghezza della zona stessa. In genere per fare i conti si approssima il profilo come se fosse quadrato.

Perciò in condizioni di equilibrio possiamo applicare l’equazione di Poisson in forma semplificata per ricavare il campo nella regione di svuotamento:

Risolvendo l’eq. di Poisson, e considerando le condizioni al contorno, si ricava che la larghezza della regione di svuotamento è esprimibile in funzione della ddp Vbi

instauratasi tra le due regioni (Vedi Appendice A):

W

Wp

Wn

W dipende molto dal tipo di drogaggio. Un caso particolare si ha quando una delle 2 zone, per esempio la P, è molto più drogata dell’altra. In tale circostanza la zona di svuotamento si estende sostanzialmente solo da una parte:

Ci resta da stimare Vbi. Per farlo si parte dal fatto che in equilibrio la corrente deve essere nulla:

(Costante di diffusione)

d ψd x

qNε

d ψ

d xqPε

W2εq

N PNP

 V

W2εq1N V

DKTμ

q

0 J  

qμ n x E X qDdn xdx

0 J   J deriva J diffusione

qμ p x E x qDdp xdx

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Il diodo 3Le due equazioni differenziali si riducono a 2 equazioni a variabili separabili:

Siccome l’integrale del campo elettrico è la tensione, agli estremi delle zone di svuotamento, dove abbiamo le condizioni al contorno, si trova che:

In condizioni di equilibrio ed in ogni punto del materiale deve valere la così detta legge di azione di massa, espressa dalla relazione (vedi appendice B):

qμ E x dx qDdp xp x

⟹ Ψp xdp xp x

qμ E x dx qDdn xn x

x

0

Ψn xdn xn x

V Ψ x Ψ xKTqln

p x n x

p 0 n 0

n n x p x incondizionidiequilibrio

(Vedi appendice per ni)

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Il diodo 4

Invertendo la relazione sopra si possono trovare le relazioni inverse:

Dove:nno=n(x>xn) concentrazione di elettroni in banda di conduzione in equilibrio nella zona n;npo= n(x<-xp) concentrazione di elettroni in banda di conduzione in equilibrio nella zona p;

Le relazioni ottenute sono molto importanti perché si riescono anche ad estendere alle situazioni in cui si applicano campi elettrici di intensità tali da non precludere la situazione di così detta “bassa iniezione”.

Quindi:

V Ψ x Ψ xKTqln

p x n x

p 0 n 0n n x p x

VKTqln

p x n x

n

KTqln

nn

KTqln

p

p

n n expqVKT

p

p expqVKT

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Vbi

Il diodo 5

p n

+-Vbi

Cosa succede quando colleghiamo, cortocircuitiamo le 2 estremità delle giunzioni come qui a fianco? Cosa succede al potenziale Vbi? Si estinguerà o rimarrà facendo scorrere corrente?

Collegando le 2 estremità con un filo è come se unissimo le 2 superfici. Idealmente così:

p n

+-

Vbi+-

Percorrendo la maglia troviamo quindi che i 2 potenziali Vbi che si oppongono alla diffusione si trovano uguali ed opposti, quindi non in grado di fare circolare corrente.

Quindi, come era da aspettarsi, il potenziale bi non è in grado di far circolare corrente in condizioni di equilibrio.

Nel giunzione la corrente la possiamo eventualmente far scorrere applicando un campo elettrico con un generatore, ovvero portandola fuori dalla condizione di equilibrio.

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Il diodo 6Quando si applica una ddp Va alla giunzione si possono verificare 2 situazioni: Va ha polarità tale da inibire ulteriormente la zona di svuotamento oppure è tale da iniettare cariche verso la zona di svuotamento, rimpicciolendola.

np

p n

VD

Va

- +Vbi-Va

VD-Vbi+Va=0

+-Polarizzazione Diretta Polarizzazione Inversa

Vbi non viene alterata qui perché Va è applicata tra i 2 estremi, non ai capi dei 2 estremi, come accade al lato opposto.

Le situazioni che si fronteggiano nella pratica, in caso di polarizzazione diretta, sono tali da non annullare la regione di svuotamento, ma di ridurla. Nella regione di svuotamento si potrà ancora considerare valida l’eq. di Poisson dove la carica presente nella regione è molto maggiore di quella dovuta alla corrente circolante.

L’effetto dell’applicazione della polarizzazione diretta, o inversa, è quello di modificare di pochissimo le correnti di equilibrio presenti all’interno della regione di svuotamento.Sostanzialmente abbiamo che:

J   J derivadiequilibrio J diffusionediequilibrio J applicata

J derivadiequilibrio J diffusionediequilibrio qμ p x E qDdp xdx

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Il diodo 7

Ovvero, la variazione della larghezza della regione di svuotamento ha come conseguenza che ai suoi bordi sono presenti ora delle distribuzioni di carica in eccesso, o difetto, rispetto alla condizione di equilibrio termico.

L’eventuale corrente ci aspettiamo essere proporzionale alla carica inietta in eccesso, o in difetto, rispetto a quella presente di origine termica:

Perciò la soluzione della soluzione dell’eq. di Poisson è uguale alla precedente. Solo cambiano le condizioni al contorno: la larghezza della regione di svuotamento è diversa che nelle condizioni di equilibrio.

Se ammettiamo che nelle 2 regioni neutre la ddp presente per via della eventuale corrente imposta sia trascurabile abbiamo che ai bordi delle regioni di svuotamento:

Dove Va è considerata applicata tra la zona p e la zona n, nn e np

(pp, pn) sono le concentrazioni di non-equilibrio. Se consideriamo che nella regione p (n) la distribuzione di carica è poco perturbata dalla eventuale carica n (p) iniettata possiamo dire che nnnno (pp ppo). Perciò:

n n expq V V

KTp p exp

q V VKT

n n expqVKT

p p expqVKT

n n n expqVKT

1 p p p expqVKT

1

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Il diodo 8

Osserviamo che la carica iniettata è maggiore di quella di equilibrio se Va è positivo, ovvero applichiamo una ddp alla regione p maggiore che nella regione n. Se Va è negativa si ottiene un impoverimento.

L’espressione trovata rappresenta le 2 concentrazioni ai bordi delle regioni di svuotamento. Come detto sopra: questa concentrazione deve presentare un gradiente nelle regione neutra perché sta cercando di diffondersi in una zona dove esistono molte cariche di segno opposto che la compensano.

Tutta l’azione della giunzione la si ha ai bordi delle regioni di svuotamento: la carica in eccesso, minoritaria, iniettata nella zona n (p), di segno opposto, diffonde nella regione ricombinandosi con i portatori maggioritari presenti.

Si determina un gradiente responsabile della corrente che si va a creare.

Riprendiamo l’espressione dell’eccesso di carica presenti ai bordi delle 2 regioni di svuotamento:

n n n expqVKT

1 p p p expqVKT

1

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Il diodo 9

La determinazione di questa corrente di diffusione nella regione neutra è molto semplice se assumiamo che il diodo sia molto corto rispetto alla così detta lunghezza di diffusione:

In questo caso ci riduciamo a:

Ovviamente poiché cariche di segno opposto che si muovono in versi opposti danno origine alla stessa corrente:

Ln

p x p 0 1xL

pxL

J diff qDdpdx

J qDpL

expqVKT

1 qDnNL

expqVKT

1

J qDn

Lexp

qVKT

1 qDnPL

expqVKT

1

J J J qnD

NLDPL

expqVKT

1

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Il diodo 10

In condizioni statiche, in assenza di campo applicato, nel passaggio dalla zona p alla n vi è una variazione di concentrazione drastica, per es. da 1018 a 104 at/cm3. La corrente di diffusione, quindi di deriva, presente ‘canonicamente’ alla giunzione può essere stimata a partire da:

Considerando una larghezza della zona di svuotamento di circa 10-5 cm otteniamo:

K T

Validità dell’approssimazione:

Consideriamo la corrente che abbiamo appena calcolato dovuta al campo applicato:

Perciò il rapporto tra le 2 correnti è uno a 5000 ca.

J diffusione qDdn xdx

KTμdn xdx

,DKTμq

J diffusione KTμdn xdx

1.38 10 300 60010 10

102.5 10

Acm

J qp DL

expqVKT

1p KTμL

expqVKT

1

10 1.38 10 300 600

10exp

q0.65KT

50A cm2⁄

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Applicazioni con i diodi 1

Il diodo è un dispositivo a 2 terminali così detto rettificatore.

Quando polarizzato inversamente non si lascia attraversare da corrente, ovvero si lascia attraversare da una corrente trascurabile detta parassita. Offre una impedenza resistiva elevata, ed una capacità che dipende dalla tensione applicata:

A=area della giunzioneCεWAW

2εsq

N PNP

V

Applicando una polarizzazione, Vpol, al diodo otteniamo che:

W V2εsq

N PNP

V V

Dove il segno + si mantiene se Vpol è inversa. In questo modo la capacità del diodo dipende dal potenziale applicato.Con questa tecnica si realizzano i mixer con cui, agendo sull’impedenza del diodo, è possibile modulare un segnale:

Vpol R

VO

Quindi in questo modo è possibile cambiare la capacità, ovvero l’impedenza del diodo, in funzione della tensione applicata.

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Applicazioni con i diodi 2

Prima di potere considerare qualche altra applicazione coi diodi dobbiamo cercare di capire come valutare il loro comportamento in un circuito.

VBB R

VOI

I I expqVKT

1

La corrente in gioco dipende dal potenziale di uscita in modo implicito:

Perciò anche in un circuito molto semplice risulta difficile risolvere la rete.

Si usa introdurre un modello approssimato di comportamento che sia fedele il più possibile alla realtà. In genere il modello si rifà in qualche modo all’approssimazione al prim’ordine delle equazioni che governano il componente.

Nel diodo si definiscono le 2 regioni: polarizzazione diretta ed inversa. Nella seconda il diodo si approssima con un’impedenza infinita, o, meglio, una capacità

RD=∞CD

P

In polarizzazione diretta, il punto P per esempio, ad una variazione di corrente intorno al punto di lavoro corrisponde una variazione trascurabile di tensione, per via del legame esponenziale tra le due. Per cui è una buona approssimazione modellizzare il diodo come qui a fianco.VD è la così detta tensione di ginocchio, il piede dell’esponenziale, circa 0,6 – 0,7 V nel Si, mentre RD è l’impedenza differenziale, desunta da:

VD

RD

VD0.7 VRDVT/I, VT=KT/q

ΔIΔV

1R

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Applicazioni con i diodi 3

Quindi il nostro circuito:

VD

RD

VD0.7 VRDVT/I, VT=KT/q

1R

ΔIΔV

Δ I expqVKT 1

ΔVqKT

I I expqVKT

qIKT

IV

VBB R

Nel caso in cui VBB sia < di VD con:

Mentre nel caso in cui VBB sia > di VD con:

VBB RCD

VBB>Vbi R

IV VR R

VD

RD

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I diodi nei circuiti raddrizzatori 1

Raddrizzatore a mezz’onda

VD= potenziale di built-in

VD

VSR

D VO

Se VS<0 il diodo non si lascia praticamente attraversare da corrente, per cui l’uscita rimane pressoché nulla.

Se 0<VS<VD la corrente che può scorrere nel diodo è molto bassa, per cui la ddp ai capi di R è trascurabile. Di conseguenza VO rimane piccola.

Se VS>VD la corrente nel diodo può fluire quasi liberamente. La ddp ai capi del diodo varia logaritmicamente con la corrente. Di conseguenza possiamo pensare la ddp ai capi del diodo quasi costante. Quindi VO VS-VD.

Il risultato è che solo l’onda positiva viene trasmessa all’uscita. Il valore medio della tensione di uscita è diverso da zero: abbiamo una componente continua.

I diodi si usano in molte applicazioni, ma l’applicazione principe è quella dei circuiti raddrizzatori con i quali è possibile ottenere un potenziale a valore costante a partire da un segnale sinusoidale a media nulla. Gli alimentatori DC non potrebbero ricevere energia dalla rete elettrica se i diodi non svolgessero questo lavoro.

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I diodi nei circuiti raddrizzatori 2

VD

VS

R

D1 VO

D2-VS

Raddrizzatore ad onda intera

Inserendo un generatore con segnale di polarità opposta ed un diodo D2 con verso opposto a D1 si possono ottenere le 2 onde raddrizzate: l’energia disponibile all’uscita viene raddoppiata.

Ponte di diodi

VD

VS

R

D1 VO

D2-VS

Inserendo il condensatore C in parallelo al carico R si può rettificare l’onda, purché sia verificato che la costante di tempo RC sia >> della frequenza della sinusoide.

C

R

Se l’onda è positiva la corrente scorre in questo verso.

Se l’onda è negativa la corrente scorre in questo verso.

Nel carico la corrente scorre sempre nello stesso verso: abbiamo realizzato un raddrizzatore con un solo generatore. In uscita però in questo caso si perde 2 volte la tensione presente ai capi dei diodi.

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Rumore nei diodi 1

Il diodo è un componente in cui la corrente attraversa una barriera: ogni carica ha una certa probabilità di essere riflessa quando colpisce la barriera.

Questa condizione vale sia che il diodo sia polarizzato in forma diretta che inversa.

Il diodo presenta pertanto rumore Shot. Se consideriamo poi che è composto da semiconduttori affacciati nei quali densità “spurie” di centri di intrappolamento possono essere presenti, abbiamo una certa probabilità che sia presente anche rumore 1/f. Il rumore parallelo del diodo può allora essere rappresentato da:

2Dii 2qI

If

Apparentemente potrebbe sembrare che il rumore in polarizzazione diretta sia molto grande, rispetto a quello in polarizzazione inversa.

Va però considerato che nei due casi l’impedenza offerta dal diodo, sui cui la corrente si chiude, se supponiamo non essere presente nient’altro in parallelo, è molto diversa nei 2 casi.

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Rumore nei diodi 2

Nel caso in cui il diodo sia polarizzato inversamente lo si può modellizzare con una resistenza molto elevata. Il suo modello equivalente è pertanto:

2Di

ID ID coincide con la corrente di saturazione inversa, che abbiamo visto che può essere espressa come:

CD

i 2qIIf

DaJ qnD

NLDPL

J

segueI AJ  , A sezione  alversodellacorrente

La corrente è sostanzialmente la corrente di saturazione inversa, molto piccola in un buon diodo.

Per un diodo «di segnale», cioè quello usato nelle applicazioni a basso rumore, questa corrente potrebbe essere dell’ordine del pA, 10-12 A, un rumore abbastanza basso.

Per esempio. Il contributo di rumore di questa corrente all’ENC di un preamplificatore di carica con formatura CR-RC di 10 µs sarebbe di:

ENC||1el

τ2qI 11el

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Rumore nei diodi 3

Nel caso della polarizzazione diretta abbiamo che:

Abbiamo che il rumore sviluppato ai capi della resistenza dinamica è alllora:

Ma:

Perciò:

e i R 2qI R

RVI

K TqI

e 2qI R 2qIK TqI

2 2K TK T2qI

4K TV2I

4K TR2

2Di RD

2Di

Vale a dire che il diodo si comporta, dal punto di vista del rumore e quando polarizzato direttamente come una resistenza di valore RD/2:

ID

e 4K TR2

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Il diodo Schottky e contatto Ohmico 1

E’ importante studiare come si comporta la giunzione metallo -semiconduttore perché i dispositivi a stato solido necessitano di questa interfaccia ed anche perché si può realizzare un diodo che ha importanti applicazioni.

Partiamo da un metallo ed un semiconduttore drogato n. Quando sono separati la loro condizione di equilibrio è rappresentata dal livello di Fermi, la probabilità ½ di trovare cariche, deve essere uguale nel materiale; nella banda di conduzione nel metallo, in prossimità della banda di conduzione nel semiconduttore.

Ponendo in contatto i 2 materiali la condizione che il lavoro di estrazione, o il salto per andare nel vuoto di una carica deve essere continuo, perché altrimenti sarebbe in qualche modo possibile sfruttare la differenza energetica per creare energia, porta alla nascita di una barriera alta Vbi tra i 2 materiali.

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Il diodo Schottky e contatto Ohmico 2

Se questa barriera fosse >> KT potremmo allora sfruttarla per ottenere l’azione di diodo.

Questo è in effetti quello che si fa nei diodi Schottky in cui la giunzione è appunto metallo – semiconduttore. Di principio è possibile realizzare la giunzione sia con semiconduttori drogati p che drogati n.

In sostanza, applicando una differenza di potenziale diretta l’altezza della barriera si riduce ed è possibile fare scorrere corrente; il viceversa accade se la tensione applicata è inversa.

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Il diodo Schottky e contatto Ohmico 3

In sostanza abbiamo che in condizioni di equilibrio si hanno 2 flussi di elettroni uguali ed opposti che danno luogo ad una corrente nulla.

Quando polarizziamo direttamente gli elettroni dal semiconduttore sono più favoriti a cercare di saltare la barriera per effetto termoionico, creando un eccesso di corrente. Gli el nel metallo sono orientati a seguire lo stesso moto, allontanandosi dalla giunzione.

In polarizzazione inversa si riduce di molto questa corrente, mentre rimane costante quella dal metallo, provocando una piccola corrente inversa.

La corrente mostra sempre una dipendenza esponenziale dalla tensione applicata.

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Il diodo Schottky e contatto Ohmico 4

In simboli, per la polarizzazione diretta:

Il diodo Schottky si distingue da quello al Si per il valore della tensione di ginocchio VD che è più piccola, circa 0,2 V contro 0,6 V.

Questo fa si che, nelle applicazioni di potenza, nei circuiti raddrizzatori la potenza dissipata e tensione ai suoi capi è significativamente più bassa.

VD

RD

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Il diodo Schottky e contatto Ohmico 5

La questione ora è che il contatto metallo – semiconduttore mostra sempre un salto, quindi una giunzione. Come fare allora per vare un contatto ad impedenza nulla per qualsiasi segno della tensione applicata?

Si ricorre all’effetto tunnel: si droga il semiconduttore in prossimità della superficie ad una concentrazione prossima a quella degli stati disponibili così che il livello di Fermi nel semiconduttore entri nella banda di conduzione stessa. In sostanza si cerca di rendere il più possibile simile al metallo il semiconduttore alla superficie.

In questo modo la larghezza della barriera si riduce e l’effetto tunnel delle cariche ha un’alta probabilità anche in presenza di campi piccoli.

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Il Transistor Bipolare

La comprensione del funzionamento, a livello qualitativo, del transistor bipolare è molto semplice se ripensiamo alle correnti iniettate nelle 2 regioni n e p di una giunzione pn.

Polarizziamo direttamente la giunzione di sinistra, dove chiamiamo Emettitore il terminale esterno e Base quello centrale. Nell’esempio in esame abbiamo che dalla base vi saranno elettroni iniettati nell’emettitore.

La quantità di elettroni iniettati dipenderà inversamente dalla concentrazione di droganti presente nell’E.

Allo stesso modo la carica iniettata nella B proveniente dall’E sarà inversamente proporzionale alla concentrazione di droganti in B.

L’azione di transistore si accende in questo modo: la regione di destra, il Collettore, è polarizzata inversamente rispetto alla base. Se la base è sufficientemente stretta le cariche che arrivano dall’E tendono a passare direttamente nel C per via del campo elettrico favorevole che le attira: le cariche che provengono dall’E riescono pertanto ad attraversare la barriera al C. Perciò abbiamo che:

Quindi:

VBE VBC

(Carica iniettata nella base)

I I I IBnPexp qV KT⁄ IC

nN

exp qV KT⁄

β hII

PN

100 500 IE β 1  I

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Uso del Transistor Bipolare: la configurazione E comune 1

Vi

Vo

RL

RB

Il Tr. Bipolare è quindi un dispositivo a 3 terminali dove la corrente di collettore è controllabile, entro certi limiti, in modo lineare da una piccola corrente di base.

Il potenziale di collettore, per grandi correnti, dipenderà perciò dall’impedenza connessa secondo la legge:

VCC

Supponendo che il segnale sia una variazione piccola del punto di lavoro possiamo considerare l’approssimazione al primo ordine, indicando, per convenzione: VO=vO, etc:

BE

C

VCC

L

CCR

V

gm=transconduttanza

V V βI R V βI exp qV KT⁄ R

v βi R g R v , dovev ∆V

g∆I∆V

qβI exp qV KT⁄KT

qβIKT

qIKT

IV

Le curve qui a fianco mostrano la corrente di collettore in funzione della tensione collettore – emettitore, con la corrente di base come parametro.

La curva azzurra è la retta sopra, mentre le zone in grigio sono i limiti di funzionamento del transistore.

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Uso del Transistor Bipolare: la configurazione E comune 2

Cosa succede quando si ha che IBRL>VCC?

Il limite di tensione inferiore alla tensione di collettore è 0 V. Ciò che accade è che la giunzione B-C non è più polarizzata inversamente, sia l’E che il C inondano ora la B di cariche: il guadagno di corrente diviene ora poco significativo. Le 3 correnti vengono ad avere valore simile. Questo regime è detto di saturazione.

NOTE IMPORTANTI:

1. Il comportamento riscontrato dimostra che il guadagno di corrente dipende dal valore della corrente;

2. I tr. Bipolari sono dispositivi controllati con una corrente di ingresso: non va mai trascurata la presenza di una resistenza RB in serie alla base per limitare la corrente di base quando il regime di funzionamento prevede anche la saturazione..

VCC

L

CCR

V

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Connessione a C comune e B comune

Nella connessione a E comune il terminale di C si comporta come un generatore di corrente. Si potrebbe mantenere questa stessa tipologia di comportamento con un guadagno di corrente unitario, B comune:

Vi

RL

VCC

RB

Vo

Io

Qui abbiamo che Io=ICIE: la struttura è reazionata con i=1.

Dal momento che il guadagno di corrente è unitario l’uscita dallo stato di saturazione è veloce. Lo scotto che si paga è che la corrente di pilotaggio è elevata.

Questo tipo di soluzione si adotta per compiere traslazioni di livello e per minimizzare l’effetto Miller.

Vi Vo

VCC

RE

Esempio: supponiamo che Vo vari tra 0.1 V e 4.5 V e RE sia 1000 . La variazione di corrente di collettore è 4.4 mA.Abbiamo che:

Ovvero: % 16V

V

BE

BE

su di una escursione del segnale di uscita di 4.4 V.

VCC

Io

Quindi:

La configurazione che svolge un ruolo diverso è quella a C comune. In questo caso, essendovi una dipendenza esponenziale tra corrente di C e VBE, si ha un piccola variazione tra Vi e Vo anche per grosse escursioni del segnale: il rapporto tra Vo e Vi si mantiene circa costante al valore unitario. La configurazione mostra un guadagno 1: la configurazione è reazionata.

Ro

Cerchiamo di valutare Ro:

Segnale di test

ΔVKTqln

II

0.1V

R ΔI ΔVKTq

1βI

ΔIKTqI

ΔI

RKTqI

VI

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I transistori bipolari: effetti secondari (1)

Drogando poco la base si ottiene un percorso resistivo per andare da B ad E. Questa ‘base spreading resistance’ risulta deleteria per 2 fattori importanti:

1. il rumore che genera;

2. La limitazione che impone nella risposta in frequenza.

1) Effetto di un basso drogaggio di base.

2) Effetto di un alto drogaggio di emettitore.

Drogando tanto l’E si ottiene il band-gap narrowing, il rimpicciolimento del gap dovuto al fatto che c’e’ un mescolamento degli stati della banda di conduzione con l’alta densità dei livelli droganti.

Quindi: per cui:

Morale: si cerca sempre una situazione di compromesso tra bassa RBB’ ed alto guadagno.

RBB’

B

B’

E → E ΔE

n N N expE ΔEK T

n expΔEK T

n

⇒ β hII

D LD W

NP

n

n

D LD W

NP

expΔEK T

ΔE 22.5N10

300TmeV

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I transistori bipolari: effetti secondari (2)

1) Effetto Early.

IB è il parametro: assume un differente valore su ogni curva.

,IB

Effetto Early: restringimento della base dovuto a VCB.

La corrente di C non è perfettamente costante in zona lineare e dipende dalla VCE, o meglio, VCB. Questo fenomeno è detto effetto Early.

In prima approssimazione tutte le curve intersecano l’asse orizzontale ad un valore simile di tensione, VA.

Quando si incrementa VCB la regione di svuotamento si allarga sia nella B che nel C. Nel C non presenta particolari controindicazioni (a parte il logico limite di rottura del dispositivo); nella B l’effetto invece si traduce in un suo restringimento, che equivale ad avere una maggiore probabilità per le cariche che provengono dall’E di passare nel C. Da qui l’incremento di corrente che si osserva.

Il modo per contenere l’effetto è quello di rendere il drogaggio del C molto minore di quello di B, per fare si che la regione di svuotamento si estenda principalmente in C.

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I transistori bipolari: HBT e SiGe HBT 1

Agendo sull’ingegnerizzazione tecnologica è possibile migliorare considerevolmente le proprietà dei transistori bipolari, con quelli che vengono denominati Heterojunction Bipolar Transistor.

Ripartiamo dall’espressione del guadagno del transistor:

hII

NP

n

n

Notiamo che il guadagno non dipende solo dal rapporto dei drogaggi tra E e B, ma anche dal rapporto delle concentrazioni intrinseche tra B ed E. Se, quindi, facciamo in modo che la concentrazione intrinseca della B sia più elevata di quella dell’E riusciamo a migliorare il guadagno.

Per cercare di agire sulla concentrazione intrinseca facciamo un ulteriore passo indietro, e verifichiamo la sua espressione:

n N N expEK T

Quindi se il gap del materiale si riduce ni si incrementa.

Partiamo allora dal materiale. Il Si ha EG di circa 1,12 eV, il Ge 0,67 eV.

Introducendo atomi di Ge nel Si con concentrazione opportuna si può quindi ottenere un semiconduttore avente gap in energia controllato.

Non solo, ma in questo procedimento il materiale di base resta il Si, quindi si possono sfruttare le tecniche litografiche standard.

Il prodotto NvNc sopra rimane quello tipico del Si, cioè abbiamo che:

n N N expEK T

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I transistori bipolari: HBT e SiGe HBT 2

Si costruisce quindi una regione p di B che sia un composto SiGe (in realtà questo si fa anche con altri materiali con GaAs con Al, etc,) che abbia un gap minore di quello del Si di un ammontar desiderato, non trascurabile, ma neanche esagerato. Le giunzioni di E e B separate si presentano come nel disegno di sinistra qui sotto.

Quando le giunzioni si pongono in contatto si deve creare l’equilibrio, caratterizzato dal medesimo livello di Fermi (Livello energetico con probabilità ½ di trovare cariche) nelle 2 zone, ovvero nasce il potenziale Vbi

che si oppone alla diffusione delle cariche. Alla giunzione si crea una specie di muraglia al passaggio delle lacune

Giunzioni separate

Giunzioni in contatto

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I transistori bipolari: HBT e SiGe HBT 3

Nella costruzione del transistore il collettore rimane invariato:

n

n

expEK T

expEK T

expE ∆E

K T

expEK T

expΔEK T

ΔE E E 0

EGE

EGB <EGE

Ora abbiamo che:

Ovvero:

hII

NP

n

n

NP

expΔEK T

Rispetto al fenomeno del bandwidth – narrowing ora il segno dell’esponenziale è positivo, per cui abbiamo un guadagno maggiore

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I transistori bipolari: HBT e SiGe HBT 4

Facciamo un esempio supponendo che EC sia dell’ordine di 0,2 eV, un tipico valore, a T ambiente abbiamo:

Vale a dire che è possibile drogare la base per ben 2 o 3 ordini di grandezza in più dello standard, mantenendo il guadagno adeguato. Questo ha un grosso beneficio perché è così possibile rendere praticamente del tutto trascurabile il valore della base spreading resistor, RBB , migliorando considerevolmente la banda. E ancora, con un drogaggio della B così alto non si incorre nel fenomeno del restringimento della regione di base (se il C ha un drogaggio adeguatamente contenuto).

hII

NP

n

n

NP

exp0,2K T

2200NP

Il profilo di drogaggio lo si può fare non omogeneo in modo da introdurre un campo elettrico già naturale che spinga gli elettroni verso il C, come nell’ultimo disegno.

I SiGe npn riescono facilmente a mostrare frequenze di transizione dell’ordine di 60 – 100 GHz, almeno un fattore 10 in più dei transistori standard.

Difetto: quando si accoppiano materiali dissimili si formano facilmente dei difetti alle interfacce che agiscono come dei centri di intrappolamento, perciò rumore 1/f elevato.

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Il rumore bianco nei transistori bipolari

RUMORE

E

CBEhIE

B C

iB

iE

iC

CBEhIE

B

E

C

iB

iC

B’

Quindi il rumore Shot di collettore viene visto all’ingresso come una sorgente di rumore serie bianco di una resistenza pari a 1/(2gm).

IMPORTANTE: tutte le sorgenti indicate hanno spesso e volentieri sovrapposto del rumore 1/f.

Attenzione: esiste anche una correlazione tra canale ed ingresso che risulta trascurabile nel 98 % delle applicazioni.

RCE

CBC

e

R

i

g v i

e 4K TR RumoretermicodellaBaseSpreadingResistance

i 2qI RumoreShotdellacorrentedibase laIBèlacorrentediunagiunzionepn

i 2qI RumoreShotdellacorrentedicollettore lacorrentechedallabasevieneiniettatanelCsuperaunabarriera

e

ig v

e

ei

g2qI

2 K T

2q I4K T

K T2qI

4K T12g

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Il rumore 1/f nei transistori bipolari

La corrente che scorre nel transistore bipolare ha una certa probabilità di ricombinarsi, sia nell’emettitore che nella base, sempre per via della impurezze.

Perciò ci si aspetta sovrapposto sia al rumore di collettore che quello di base un certo ammontare di contributo di rumore di bassa frequenza:

Ovviamente le corrispondenti sorgenti di rumore 1/f possono essere riportate come generatori equivalenti agli ingressi.

I coefficienti ABf ed Acf in genere dipendono dal livello di polarizzazione.

La RBB’ presenta solo rumore termico, bianco. Si trascura un suo eventuale contributo di bassa frequenza. La ragione sta nel fatto che la ddp statica presente ai capi di RBB’ è sempre molto piccola. Ricordando che il rumore 1/f è strettamente connesso con il livello di polarizzazione che lo esalta, non aumenta.

N.B. : Esistono 2 specie di transistori bipolari; npn e pnp:

I discorsi fatti si ripetono per entrambi, pur di impiegare correnti e tensioni nei versi opposti per la polarizzazione statica. Le variabili dinamiche ed il rumore hanno rappresentazione simile.

i 2qIAf

i 2qIAf

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Applicazione con i transistori bipolari (1)

Vi VO

RL

VCC

VigmVi VO

RL

VCC

Più precisamente:

VigmVi VO

RL

VCC

RBB

Zi

In particolare per la connessione in parallelo:

RL

VCC

gmViRBB

Zi

gmViRBB

Zi

Vi

Rs VO

RBB

Zi

RBB

Zi

RL

VCC

Vi

RsVO

e

i

e

e

i

i

e

e

i

i

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Applicazione con i transistori bipolari (2)

Rispetto alla soluzione che si era trovata ora abbiamo una sorgente di rumore in più, localizzata prima dell’impedenza Zi.

RL

VCC

gmVA

Zi

gmVi

Zi/(n-1)

Rs VO

Vi

VT

IT

VA

Si supponga che in ogni transistore la corrente sia fissata, indipendentemente dal numero di transitori. Vale a dire che la corrente totale assorbita sarà nIC, dove IC sia la corrente in ogni transistore. Nella maglia di ingresso circola corrente che valutiamo in:

Da cui:

Quindi:

Mettiamo in evidenza il transistor di cui stiamo considerando il rumore.

Titti gli altri N-1 transistori li consideriamo in parallelo.

IV

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

VZ

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

V

VR Z n 1⁄

R Z n 1⁄1

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

V

V g R V n 1 V

g RZ

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

VR Z

R Z n 1⁄1

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

V

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Applicazione con i transistori bipolari (3)

Perciò, passando al rumore, per la singola sorgente:

Mentre per tutte le sorgenti RBB:

D’altra parte per il segnale Vs vale che:

Di conseguenza:

V g R 1R

R Z n 1⁄Z

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

V

g RR Z n 1⁄ RR Z n 1⁄

Z

ZR Z n 1⁄R Z n 1⁄

V

g RZ

n 11

R Z n 1⁄ R n 1⁄V

g RZ

R n 1 Z RV g R

Z n⁄R Z n⁄

V

V g RZ n⁄

R Z n⁄e

V g RZ n⁄

R Z n⁄e n

V ng RZ n⁄

R Z n⁄V

Ven

4K TRn

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Applicazione con i transistori bipolari (4)

Perciò, il rumore di ingresso della rete è, se in ogni transistore è fatta circolare la stessa corrente IC, nIC essendo la corrente totale:

Il numero ottimo di transistori da usare è:

Sappiamo che:

Cerchiamo di ricavare hie dalle caratteristiche di ingresso. Dalla relazione:

Differenziando rispetto a VBE si ottiene:

Applicando un segnale di corrente all’ingresso del transistore si ha che:

Il guadagno del transistor sarà unitario a frequenza T tale che:

Dove T è un parametro del costruttore.

een

en

R Z n⁄Z n⁄

 nR i

 nZR

e e

e Z i 

Z h  ||  1 s⁄ C

I I exp V V⁄

hΔVΔI

VI

VI β

βg

IgsC

 I afrequenzesufficientementeelevate

ωgC

dacui:Cgω

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Applicazione con i transistori bipolari (5)

Supponiamo ora che Rs sia piccola e di operare ogni transistore alla stessa corrente di lavoro IC. Di solito la resistenza RBB’ domina il rumore serie bianco. Possiamo considerare l’approssimazione:

Supponiamo invece ora che l’impedenza della sorgente sia molto grande, al limite capacitiva, possiamo dire che (Zs1/sCs):

Ad esempio con IC=1 mA, =100 e Rs=100 risulta hie=2600 . Supposto RBB’=50 risulta che n=5.

Per n=1 avremmo un rumore di ingresso pari a 11.16 (nV)2/Hz. Per n=5 il rumore si riduce a: 4.56 (nV)2/Hz.

Supponendo IC=1 mA, T=2 Grad e Cs=10 pF, risulta: n=0.52.

Z hVI

 nhR

e

e h i 

hR

e

eVI2qI

hR

e

e 4K Th2

hR

R

Rh2

Z1

sCωsg

h afrequenzemoltograndi

 nCC

 ω Cg

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Applicazione con i transistori bipolari (6)

Per risparmiare potenza si può pensare di operare i transistori in modo tale che la corrente totale sia fissata ed indipendente dal numero di transistori. In questo caso avremmo:

Al solito ci aspettiamo di trovare un minimo. Risolvendo a partire dalla derivata.

Derivando si otterrebbe una equazione cubica in n, di difficile soluzione. Cerchiamo una forma approssimata considerando che se RBB fosse nulla n=1 ci darebbe la condizione ottimale. Aumentando n si aumenta il peso del rumore serie. Per cui l’ottimo si otterrà per valori di n per i quali nRs/Zi sarà minore di 1.

Perciò::

Ed in definitiva:

Indicare Zi/n è un po’ improprio per un transistore bipolare, visto la dipendenza di CBE vista nella pagina precedente. Tuttavia anche T

dipende dalla corrente. Quindi si è preferito lasciare questa indicazione, che comporta un certo errore.

een

eR Z n⁄Z n⁄

 R i

R Z n⁄Z n⁄

nRZ

1 1 2nRZ

dedn

en

2eRZ

dedn

0 ⇒ n12e

e

ZR

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Applicazione con i transistori bipolari (7)

Per semplificare consideriamo che sia: IC=1 mA, =100 e Rs=100 , ovvero hie=2600 . Supposto RBB’=50 risulta che:

Risulta che il rumore in ingresso è: 6.06 (nV)2/Hz

In particolare:

Così che, in definitiva:

n12e

e

ZR

n125013

2600100

7

nRZ

71002600

0.269 1

een

enRZ

1  R i 4.97 10 V Hz⁄

e 0.7 10   V Hz⁄

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Applicazione con i transistori bipolari (5)

Cosa significa mettere in parallelo dei transitori:

E B C

Visto dall’alto

E B C

E B C

E B C

E B C

La connessione di più transistori in parallelo è equivalente ad un unico transistore di area pari alla somma delle aree di tutti i transistori necessari.

Questa proprietà si sfrutta quando i transistori sono realizzati sul silicio direttamente.

Transistore planare: tutto sulla superficie

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In un transistore ad effetto di campo, JFET o MOS il principio di funzionamento è differente da quello di un transistore bipolare. Nel caso di un JFET o MOS si ha una vera e propria modulazione del valore di una resistenza: si regola il flusso di portatori maggioritari.

In analogia con un flusso di liquido. Con un JFET è come se agissimo su di un rubinetto che può essere più o meno chiuso. Nel caso di un bipolare è come se creassimo in modo più o meno accentuato un ostacolo al passaggio di liquido.

Semiconduttori 1: JFET

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Semiconduttori 2: JFET

Ritorniamo al JFET. Supponiamo di avere una sbarra di materiale n sulla quale è sovrapposto un elettrodo avente una regione p molto drogata.

Polarizzando il G con una tensione negativa rispetto al canale si forma una regione di svuotamento dove non possono circolare elettroni. In sostanza si va a a variare il volume disponibile al passaggio di elettroni tra S e D.La zona di svuotamento non risulta avere forma regolare ma dipendente del potenziale presente nel canale. Potenziale che varia nel passaggio tra S e D.

Tuttavia se VDS è sufficientemente piccola lo svuotamento si può approssimare costante lungo tutto il canale. All’aumentare della polarizzazione inversa di G diminuisce il flusso di corrente tra S e D fino al limite della chiusura totale.

S G D

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Semiconduttori 3: JFET

Quando la tensione tra S e D non può più essere considerata trascurabile la forma della zona di svuotamento viene ad assumere una forma non regolare.

Il punto critico è quello che viene chiamato pinch-off, posizione in cui il canale si ‘chiude’ e la corrente ‘satura’.

La soluzione classica assume in prima approssimazione che il canale si strozzi quasi completamente per VDS di valore opportuno.

Si dovrebbe potere verificare uno di 2 casi: 1. il canale si strozza e la corrente non scorre più, annullandosi;2. La corrente continua a fluire perché un meccanismo fisco agisce in

modo benevolo.Fortunatamente si verifica la seconda ipotesi

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Semiconduttori 4: JFET

Fintantoché il canale è aperto vale la legge di Ohm:

Z(x)

In sostanza, la legge di Ohm si basa sul fatto che la velocità dei portatori è proporzionale al campo elettrico applicato: v=E.

Se ora il canale comincia a ridursi in ampiezza vicino al drain, cioè Z(x) a diventare via via più piccolo, il campo elettrico dovrebbe aumentare affinché IDrimanga costante (conservazione della carica).

Ma la velocità non aumenta a dismisura col campo, ma satura:

Perciò quello che accade è che Z(x) si ridurrà al valore ZS tale che:

Vale a dire che la legge di Ohm smette di essere valida.

Per valori più elevati del potenziale applicato la larghezza ZS aumenta in estensione verso il Source, ma non cambia in spessore.

I qρ x WZ x μE

μμ

1 E E⁄⇒ μE μ E

I qρ x WZ μ

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Semiconduttori 5: JFET

x

Z

h

L

n

pSG D

VD

VG

IDS

Si assume che il campo ortogonale al canale, || a y, sia >> del campo parallelo al canale, || a x, quello generato dalla VDS.Secondo questa approssimazione la zona di svuotamento dipende da VG-V(x).

y Si considerano in sostanza i 2 campi non interagenti, il campo || ad y consente di valute la zona d svuotamento, quello || a x la corrente in circolazione. Si assume che piccole modifiche nella VDS non hanno influenza sulla larghezza della regione di svuotamento.

La corrente soddisfa, per VDS piccoli:

Ma in una giunzione p+n la larghezza della zona di svuotamento vale:

Quindi considerando che, con la scelta fatta sopra:

1) Regime lineare: VDS piccola

per separazione si ottiene:

E ⋅ ı E x persemplicità

I eN Z h W x  μ E x 0 x L

W x h2ε

eN hV V V x

hV V V x

V

,

VeN h2ε

TensionediPinch off

E xdVdx

I dx g Z 1⁄

dV, go eN hμ v

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I gZL

1V V V

VV

gZL

1 1V VV

V

g2V

ZLV V V

Semiconduttori 6: JFET

Con l’approssimazione

Si ha una prima forma approssimata:

Che a sua volta con la posizione:

Fornisce:

Dal momento che IDS è costante:

E ad L:

(AA)

(BB)

xI g Z V x23V V V x ⁄ V V ⁄

V

I gZLV

23V V V ⁄ V V ⁄

V

V V V ⁄ V V ⁄ 132

VV V

I gZL

1V VV

V

V V V funzionedisoglia 0

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Semiconduttori 7: JFET

Da:

Segue che:

Ovvero:

Il punto critico è però per x=L, in prossimità del D:

La condizione di saturazione di IDS si ottiene quando la mobilità satura, quindi il campo Ex(L)=ES.Supponendo che L sia lungo ES si raggiunge quando il denominatore della relazione sopra tende ad annullarsi:

2) Regime di saturazione: VDS grande, la mobilità satura: caso con L lungo

dalla (BB) della pag. precedente

Per valori superiori a VDSsat per VDS il punto dove il campo elettrico diviene uguale a ES si sposta verso il source mentre la corrente non cambia in modo apprezzabile, a parte per l’effetto della riduzione di L. In prima approssimazione per VDS>VDSsat vale che:

I eN Z h W x  μ E x

E xI

g Z 1W xh

E x1x

V x V 23 V V V x ⁄ V V ⁄

V V V V x ⁄

E L1L

V V 23 V V V ⁄ V V ⁄

V V V V ⁄

V V V V V V ,VT V V 0

Ig2V

ZLV V

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Semiconduttori 8: JFET

Sviluppando in si ottiene la forma semplificata:

Tenuto conto che:

Abbiamo che:

PS: Sia VGVT/2:

La trasconduttanza di un transistore bipolare è molto più grande di quella di un JFET, quindi il rumore serie bianco è più basso.

I gZL

V

3V V

23V

V V V V

V

I gZL

V

3V V

23V 1

V VV

V VV

Ig4V

ZLV V I 1

VV

, Ig4V

ZLV , |VG| |V |

gdIdV

g2V

ZLV V

2IV V

2V

I I

CεZLW

W spessoremediodellazonasvuotata

ωgC

g2V

ZLV V

WεZL

g2εV

V VWL

gIV

4IV

gg

IV

 V

4I 

V4V

10 20,perVT 1 2V

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Semiconduttori 7: JFET

3.a) Regime di saturazione: VDS grande, la mobilità satura: caso con L corto

L

dx

Z

hVA

La corrente è la quantità di carica che attraversa la sezione nell’unità di tempo:

Se la sezione S si riduce E deve essere incrementato se vogliamo mantenere I costante. Ma attenzione, se manteniamo VA

costante e riduciamo L, E si incrementa. In entrambi i casi si può raggiunge la saturazione della velocità:

Dove:

Preambolo: partiamo da una sbarretta di sezione S e lunghezza L

Quindi:

Per esempio nel Si ES è circa 20 KV/cm, cioè 20 V/m. Quindi con 1 m di lunghezza di gate servono 20 V, ma con 0.1 V bastano 2 V per saturare: ricordiamoci di questo nelle prossime pagine …

dx vdtS hZv velocità

Idt SenvdtSenμEdt

SenμVLdtselasezioneècostante

I SenμVL

SenμE hZenμVL

I Senv

v μVL

μ E

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Semiconduttori 7: JFET

3.b) Regime di saturazione: VDS grande, la mobilità satura: caso con L corto

Nel caso precedente di G lungo abbiamo visto che la saturazione inizia quando VDSat=VG-VT.

Esempio, con VT=-3 V e VG=-1 V risulta che VDSat= 2 V.

Se però la lunghezza di G fosse ad esempio 0.05 m la VDS da applicare per la saturazione della mobilità sarebbe di VDS= 20x0.05= 1 V.

Quindi per questo JFET la saturazione della velocità si ha prima che il canale si strozzi al D.

Vale a dire che il campo non aumenta per via della riduzione della sezione, ma per la presenza di un G corto.

Nella relazione:

Il valore di VDS da cercare non sarà quello che annulla il denominatore, VG-VT, ma bensì un valore intermedio tra 0 V e VG-VT.

E xI

g Z 1W xh

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Semiconduttori 7: JFET

3.c) Regime di saturazione: VDS grande, la mobilità satura: caso con L corto

Ricapitolando, se L è corto la saturazione della mobilità, sempre al D, avviene prima che il canale si strozzi. Cioè, il valore di VDS che consentirà di avere ES al D avrà un valore minore di VT-VG. Come nel caso a G lungo, VDS andrà cercata a partire da:

Posiamo scrivere che:

Inoltre dalla (BB) precedente:

Adesso risulta agevole valutare il valore VDS che determina ES.

E LI

g Z 1W Lh

1W Lh

1V V V V

V

1 1V V V

VV V V

2V

E L

g2V

ZL V V V

g ZV V V

2V

1L

V V VV V V

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Semiconduttori 7: JFET

3.d) Regime di saturazione: VDS grande, la mobilità satura: caso con L corto

Ovvero:

Dove è un parametro che dipende debolmente da VG, entro certi limiti..

Dalla (BB) di 2 pagine fa si può allora scrivere:

Normalmente I JFET sono usati per applicazioni a basso rumore e non sono realizzati con lunghezze di G particolarmente contenute, cioè minore del µm, quindi l’approssimazione sopra ottenuta non è in genere la più usata.

Tuttavia è interessante osservare che le 2 soluzioni tecnologiche portano ad una dipendenza della corrente di canale dalla tensione di controllo di G che passa da quadratica a lineare.

V E LV V

V V E L

αE L

Ig2V

Z V V αE

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Semiconduttori 9: JFET

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 10

0.5

1

1.5

2

2.4

VDS

(V)

I DS (

mA

)

Drain current (Ids_vs_Vds#B1)

V

GS=-0.01

VGS

=-0.03

VGS

=-0.05

VGS

=-0.07

VGS

=-0.09

VGS

=-0.11

VGS

=-0.13

VGS

=-0.15

VGS

=-0.17

VGS

=-0.19

VGS

=-0.21

VGS

=-0.23

VGS

=-0.26

VGS

=-0.28

VGS

=-0.30

VGS

=-0.32

VGS

=-0.34

VGS

=-0.36

VGS

=-0.38

VGS

=-0.40

VGS

=-0.42

VGS

=-0.44

VGS

=-0.46

VGS

=-0.48

VGS

=-0.50

VGS

Start= -0.01 VStop= -0.5 VStep= -0.02 VV

GSOFF NA

Le curve di lavoro statiche del transistore JFET sono simili a quelle del transistore bipolare.

Un tipo grafico è quello in cui si disegna la corrente di canale IDS in funzione della differenza di potenziale tra Drain e Source. La tensione di gate viene usata come parametro.

(La variabile usata come parametro nel transistore bipolare è la corrente di base perché la dipendenza della corrente dalla tensione base-emettitore è esponenziale).

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Il modello di un JFET risulta molto semplice dal punto di vista dinamico:

CGS

CGD

G

S

D

RCECS

gmvGS

iD

iD

Modello SPICE: ci sono 2 opportunità. Utilizzare le funzioni appena viste: una per il regime lineare ed una per il regime di saturazione. O usare il modello, empirico, a singola funzione, specialmente applicato con i MESFET (Metal-Semiconductor JFET) veloci:

CGS

G

S

DgmvGS

RUMORE

CGS

G

S

DgmvGS

Attenzione: esiste anche una correlazione tra canale ed ingresso che risulta trascurabile nel 98 % delle applicazioni.

I I tanhg VI

  1 λV gdIV

i 2qI I I correnteinversadellagiunzionedigate

i 4K T0.7gAfofRumoretermicodicanale rumore1/f

e 4K T0.7g

AffRumoretermicodicanale rumore1/finingresso

Semiconduttori 10: JFET

i i

i

e

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Allo stesso modo che con i transistori bipolari è possibile considerare la connessione in parallelo di transistori JFET.

2Gi

RL

VCC

Ii

Cs VO

CGS

CGS

Rispetto ai conti fatti il rumore di corrente equivalente in ingresso lo si può ricavare dal teo di Norton:

Da cui, nell’ipotesi di mantenere la medesima corrente in ogni dispositivo:

e:

In un buon transistore JFET già a frequenze di qualche centinaio di KHz l’effetto del rumore parallelo è trascurabile. Secondo questa approssimazione:

Sostituendo sopra:

Siccome la capacità CGS è proporzionale all’area del JFET, il porre in parallelo JFET per ottimizzare il S/N risulta equivalente alla realizzazione di un JFET avente area più grande. Come è accaduto nel caso dei transitori bipolari.

Applicazione con i transistori JFET (1)

e

i

e

i ω C e

ienω  nC C  ni

 nCC

e

ei

ω C

 nCC

i ω e 4C C

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Per problemi legati alla potenza dissipata frequentemente si vuole ottimizzare il rapporto S/N nella disposizione parallela mantenendo la corrente costante. In questo caso, assumendo che la corrente si distribuisca in parti uguali nei transistori posti in parallelo abbiamo che se partendo da un singolo JFET la gm è:

Se assumiamo che il rumore di IG sia trascurabile:

Per n JFET che si dividono la stessa corrente sarà che la gm del k-esimo JFET diverrà:

Quindi:

Da cui:

Sostituendo sopra:

Applicazione con i transistori JFET (2)

gg2V

ZLV V

2V

I I

g2V

IIn

g

n

ie

nω nC C  ni

didn

ω e

nnC C

32nC

C2

0

 nC3C

i ω e C C169

3CC

i49

3n

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I transistori MOS 1Principio di funzionamento

L’applicazione di un potenziale >0 di valore opportuno dapprima respinge le cariche positive, libere, presenti all’interfaccia nel Semi, già drogato p.

L’applicazione di un potenziale <0 di valore opportuno attira ulteriori cariche positive all’interfaccia nel Semi, già drogato p.

Incrementando ulteriormente, per valori positivi il potenziale di gate si crea un accumulo di elettroni liberi, che formano un canale all’interfaccia.

La

corr

ente

pu

ò fl

uir

e su

bit

o so

tto

l’os

sid

o n

el c

anal

e ch

e è

orto

gon

ale

al f

ogli

o

PMet.

Isol

ante

PMet.

Isol

ante

PMet.

Isol

ante

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I transistori MOS 2

Sotto l’ossido può essere creato un canale di conduzione, ortogonale al foglio. La carica disponibile alla conduzione, per unità di superficie, è solo Qn. La carica disponibile si può desumere da:

VGVB

Dove i termini introdotti sono da relazionarsi alle caratteristiche del materiale. Mentre VB è l’eventuale potenziale applicato al substrato P.

Quello che importa è la minima tensione VG da applicare per avere carica disponibile alla conduzione sotto il canale. Le tensione così detta di soglia, VT, è appunto quella per cui Qn è identicamente uguale a zero. Per valori di VG>VT si potrebbe avere moto di carica sotto il canale. Uguagliando Qn a zero si ottiene per VG la soglia VT:

PMet.

Isol

ante

Q C V V qN W

C V V 2ε qN 2|Φ | V

C V V 2|Φ | 2ε qN 2|Φ | V

V V 2|Φ |1C

2ε qN 2|Φ | V

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I transistori MOS 3

n+ n+

Ossido

p

VD

VG

sourcegate drain

VG<VT

Corrente inibita

La densità di carica che si crea sotto l’ossido in x è proporzionale alla capacità:

n+ n+

Ossido

p

VD

VG

sourcegate drain

VG>VT

Si crea uno strato di elettroni sotto l’ossido

x

ID

La soglia VT dipende ovviamente dal drogaggio P del substrato, tanto più è elevato tanto più risulterà alto VT.

La corrente ID risulterà proporzionale alla densità (v=velocità portatori):

Z(x)

ρ xCeZ x

V V V x , Z x altezzadellostratoinx

E ⋅ ı E x persemplicità

I eρ x WZ x v qρ x WZ x μdV xdx

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I transistori MOS 4: saturazione per campo elettrico (gate corto)

La funzione da integrare è:

Considerato che ID è costante e separando le variabili si ottiene:

Si fronteggiano 2 casi pratici. Il caso oramai più frequente è che la lunghezza di gate L sia corta. In questo caso il campo elettrico applicato può essere elevato anche per bassi valori di tensione VDS.

Tale circostanza pone una limitazione alla mobilità che satura divenendo inversamente proporzionale al campo elettrico stesso.

La velocità v=E soddisfa quindi:

Se VDS_SAT=ES*L è la tensione limite otteniamo che:

S G D

ES

VDS>ES*L

S G D

VDS=ES*L

I C W V V V x  μdVdx

I μCWL

V VV2

 V

μμ

1 E E⁄ev μ E

I μ C WE V VE L2

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I transistori MOS 5: saturazione per campo elettrico (gate corto)

Possiamo anche essere più precisi:

Ci interessa verificare cosa succede per x=L. Considerando il valore di IDad x=L:

Per 0 < VDS < VGS-VT possiamo trovare il valore di VDS che rende Ex(L)=ES.

La soluzione della eq. sopra è quadratica in VDS. In prima approssimazione si ottiene:

L’altra situazione l’abbiamo nella situazione estrema in cui il gate è molto lungo.

La soluzione ci riconduce all’approssimazione trovata nella pagina precedente.

⇒ E xI

μC W V V V x  

E L1L

V VV2

V V V   V

VE L V VV V E L

E L 

I C W V V V x  μ C W V V V x  μE x)

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I transistori MOS 6: saturazione per strozzamento (gate lungo)

SG

D

Saturazione Riduzione dellasezione

Effetto dello Strozzamento

In completa analogia con il JFET se L è molto lungo la saturazione avviene quando si annulla il denominatore dell’espressione sopra:

La saturazione della mobilità si verifica quando il canale si strozza verso il drain. Infatti in questo caso il campo elettrico dovrebbe aumentare a dismisura per mantenere il flusso di corrente, come si evince da:

Perciò la saturazione della mobilità a lunghezze di gate elevate si verifica perché il canale si riduce per un effetto “meccanico”.

E L1L

V VV2

V V V   V

V V V

μEI

qρ x WZ x →∞

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I transistori MOS 7: saturazione per strozzamento (gate lungo)

Dipendenza lineare o quadratica della corrente fa comunque una grande differenza rispetto al comportamento dei transistori bipolari.Nei tr. Bipolari la dipendenza è esponenziale. Questo fa si che i transistori bipolari mostrano un guadagno che è più elevato dei MOS.

In compenso il dispositivo MOS è pilotato puramente con una tensione e non è necessaria nessuna corrente di ingresso per potere fare funzionare il dispositivo. Nelle applicazioni dove la sorgente ha un’impedenza molto elevata l’assenza di una corrente statica all’ingresso dell’amplificatore può essere molto importante.

Sostituendo l’espressione sopra riportata nella espressione della corrente si ottiene che:

Dal confronto con l’espressione ottenuta quando L è corto:

Abbiamo che vi è una dipendenza di ID dal quadrato della VGS e dall’inverso di L a gate lunghi, mentre a gate corti la dipendenza di ID da VGS è lineare e non vi è dipendenza da L.

V V V

I μW2L

C V V perLlungo

I

μC WE V VE L2

perLcorto

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I transistori MOS 8

Se chiamiamo IDM la corrente che si ha per Vi=2VT, risulta:

Per cui la trasconduttanza assume:

VT è in genere dell’ordine del V. Confrontiamo con la trasconduttanza di un tr. Bipolare: dove VTH=26 mV a T=300 K.

Però se risultasse IDRL>VCC l’uscita Vo potrebbe comodamente assumere un valore prossimo a zero senza che dall’ingresso risultasse necessario iniettare alcuna corrente. Inoltre la condizione VDS=0 non implicherebbe nessuna particolare condizione nel canale del MOS. Pertanto l’uscita dalla condizione VDS=0 non implica particolari rallentamenti nella risposta del MOS.

Invero i tr. MOS si prestano in modo abbastanza canonico ai circuiti digitali.

VCC

Vi

Vo

RL

ID

V V I R V μW2L

C V V R

v i R g R v

gμWCL

I

IμWC2L

V

g1V

I I

gqIKT

IV

g _g _

40

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I transistori MOS 9

Anche i MOS hanno caratteristiche di uscita simili a quelle dei JFET e dei bipolari.

Spesso i MOS commerciali sono progettati per operare per piccoli valori di VDS, in regime Ohmico. Le applicazioni che prevedono questo tipo di operazione sono quelle a logica commutata.

Qui sottoabbiamo un esempio di caratteristiche di un transistore MOS a canale P. Dove si evidenzia la VDS negativa, così come la IDs e la VGS.

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CGS

CGD

G

S

D

RCECS

gmvGS

iD

iD

Il modello del MOS ricalca quello del JFET, con in aggiunta la eventuale sofisticazione di un generatore di corrente comandato dalla tensione di substrato.

gmbvGSub

Per il valore dei componenti valgono valutazioni simili a quelle dei JFET.Anche per i modelli SPICE si ripetono cose simili, compresa l’approssimazione a tg iperbolica

RUMORE

CGS

G

S

DgmvGS

Rumore Shot della corrente di ingresso esistente solo se sono presenti diodi di protezione. Altrimenti la corrente è virtualmente inesistente.

Osservazione: i MOS hanno una forte componente di rumore 1/f. Questo dipende dal fatto che le cariche dal canale, molto prossimo all’ossido, possono andare ad intrappolarsi nell’ossido. Siccome l’ossido è un isolante le costanti di tempo di intrappolamento possono essere molto lunghe e fortemente dipendenti da quanto profondamente la carica si è inoltrata nell’ossido stesso.

I transistori MOS 10

i

e

i

e 4K T0.7g

AffRumoretermicodicanale rumore1/finingresso

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Semiconduttori : HEMT 1

Nella realizzazione della struttura si sfrutta la proprietà quantistica che viene a possedere un sottile strato di materiale avente gap E1 fatto a ‘panino’ tra 2 materiali aventi gap più grande, E2,E3>E1.

a

I livelli energetici risultano quantizzati come in una buca di potenziale:

La quantizzazione sussiste se:

A T=300 K risulta che a deve soddisfare:

HEMT sta per High Electron Mobility Transistor. Viene sfruttata anche qui, come per i SiGe HBT, la proprietà metallurgica di potere disporre di semiconduttori affacciati aventi differente gap in energia.

L’dea è di fare sì che lo strato di carica che si forma sotto il gate sia confinata in modo da essere libera di scorrere senza intralci.

E Eπ2m a

n

π2m a

K T

con mn me 0.067nelGaAs⁄

a ≪ 147A∘

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Semiconduttori : HEMT 2

Quello che succede è che gli elettroni che stanno nei livelli quantizzati possono muoversi parallelamente alle pareti del ‘panino’ con una altissima mobilità perché non sono soggetti a scattering.

Si crea quindi quello che viene chiamato un layer 2D che può essere riempito di carica in funzione del potenziale di gate.

Anche qui, come per i SiGe npn si riescono ad ottenere velocità estremamente elevate, anche ben sopra i 100 GHz.

DIFETTO: come per i SiGe npn si hanno interfacce di materiali dissimili che mostrano una certa rugosità che si traduce nella presenza di centri di intrappolamento che generano rumore di bassa frequenza.

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Bibliografia

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J.Singh Semiconductor Devices, Basic PrinciplesJohn Wiley & Sons, 2000

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John Wiley & Sons, New York.

E.Gatti, P.F.Manfredi,

Processing the signals from solid-state detectors in elementary-particle physics,

La Rivista del Nuovo Cimento, V.9, serie 3, p.1-146, 1986.

Aldert Van der Ziel,

Noise in solid state devices and circuits

John Wiley & Sons, New York.

Franco Sergio,

Amplificatori operazionali e circuiti integrati analogici : tecniche di progetto, applicazioni,

U. Hoepli, 1992.

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Appendice A: Soluzione dell’eq. di Poisson nella giunzione pn (1)

x

p n

-xp xn

Ma:

Analogamente:

La condizione al contorno prevede che la compente normale del vettore induzione elettrica D (=orE) sia continuo alla superficie di separazione dei 2 mezzi dielettrici:

Ovvero:

Ora:

d Ψdx

ρε

d Ψdx

qNε

d Ψ

dxqPε

dEdx

d Ψdx

qNε

⇒ E xqNεx A

E x 0qNεx A ⇒ A

qNεx ⇒ E x

qNε

x x

dE

dx

d Ψ

dxqPε

⇒ E xqPεx B

E x 0qPεx B ⇒ B

qPεx ⇒ E x

qPε

x x

ε ε E 0 ε ε E 0 E 0 E 0 qNεx

qPεx

dΨdx

E x ⇒ Ψ xqN2ε

x x C

x N x P ovverolacaricaadestraeguagliaquellaasinistra

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Appendice A: Soluzione dell’eq. di Poisson nella giunzione pn (2)

Ma per x>xn il potenziale deve rimanere costante:

Allo stesso modo:

E quindi:

Il campo elettrico è continuo in x=0. Di conseguenza anche il potenziale deve essere continuo alla stessa posizione:

Che si traduce nella:

Che si elabora nella:

Ma vale che:

In definitiva:

Ψ x Ψ C

dxE x ⇒ Ψ x

qP2ε

x x D

Ψ x Ψ D

Ψ 0 Ψ 0

qN2ε

x ΨqP2ε

x Ψ

V Ψ Ψq2ε

Px Nx

W x xPNx x

P NN

 x

P NP

 x

Vq2ε

PN

P NW N

PP N

Wq2ε

PNP N

N P  W

Vq2ε

PNP N

 W ⇒ Wq2ε

P NPN

 V

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Appendice B: Considerazioni sulla legge di azione di massa

Osservando un semiconduttore vedremmo che in condizioni di equilibrio termico il numero medio di elettroni nella banda di conduzione e di lacune nella banda di valenza rimane stazionario.

Dal momento che continuamente elettroni e lacune vengono creati e distrutti dobbiamo aspettarci che la frequenza di generazione, G, e quella di ricombinazione, R, devono essere uguali: G=R.

In condizioni intrinseche, o con livelli di drogaggio non degeneri vi sono a disposizione un grande numero di livelli accessibili tanto nella banda di conduzione che in quella di valenza. Di conseguenza possiamo assumere che la frequenza di generazione sia indipendente da n e p, ma dipendente dalla sola temperatura: G=f1(T).

La ricombinazione dipenderà invece sia da p che da n. Infatti se ho tanti elettroni e poche lacune la probabilità di ricombinazione sarà bassa. Il massimo della probabilità ci si aspetta che sia quando n=p. Possiamo quindi dire che: R=npf2(T).

Perciò:

Per come abbiamo costruito il processo si ha che la legge deve essere indipendente dal livello di drogaggio, almeno per livelli adeguatamente bassi.

Di fatto si dimostra che:

dove:

Nc=densità degli stati disponibili nella banda di conduzione,

Nv=densità degli stati disponibili nella banda di valenza,

EG= gap del semiconduttore.

G f T npf T ⇒ npf Tf T

f T n

n N N exp E K T⁄

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Appendice C: Comportamento dei transitori nel pre. di carica

La scelta del tipo di transistore da usarsi in un preamplificatore di carica la si fa a partire dall’ENC:

Stante la dipendenza delle sorgerti di rumore più tipiche dalla costante di tempo da utilizzarsi possiamo considerare la seguente tabella:

Transistore

Rumore serie

bianco

Rumore serie 1/f

Rumore parallelo

Intervallo per la

costante di tempo

Bipolare Basso Medio AltoPiccolo

(< 50 ns)

JFET Medio Basso Basso

Medio grande

(500 ns, 5 s)

MOS Medio Alto NulloGrande

(> 5 s)

ENC Cατe γA βτi