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ISSN 1724-7594 POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE INABB.POSTALE DL 35372003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 - N.46)ART. 1, COMMA 2 - DCB - ROMAANNO XXX NUOVA SERIE - N.5 SETTEMBRE - OTTOBRE 2010 facce d'Italia uniti per i bambini il MONDODOMANI Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF - Onlus il MONDODOMANI Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF - Onlus

Il mondodomani - Facce d'Italia

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Attraverso diversi argomenti questo numero affronta la questione dell'immigrazione in Italia, cercando di approfondire le istanze legate alla salute e all'istruzione dei bambini e dei ragazzi.

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ISSN 1724-7594

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RAZZA DI CITRULLI.

www.unicef.it/iocometu

Ragazzini che vivono,studiano, comprano in Italia.Ragazzini con gli stessi pregi

e gli stessi difetti.Ragazzini uguali, però

disuguali. Perché hannogli stessi doveri,

ma non gli stessi diritti.Tutti uguali davanti alla vita,

tutti uguali di fronte alle leggi.

I ragazzini sono tutti uguali.Perché i loro diritti no?

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il MONDODOMANIBimestrale del Comitato Italiano perl'UNICEF - Onlus

Anno XXX nuova serien°5 settembre-ottobre 2010Registrazione Tribunale di Roman. 304 del 25.5.89

DirettoreVincenzo Spadafora

Direttore responsabileSusanna Bucci

RedazioneSilvia Antonini, Patrizia PaternòRaffaella Zannetti

Si ringraziano tutti coloroche hanno collaboratoa questo numero:

Jasmine Abdulcadir, Omar AbdulcadirValentina Agarla, Gianni Bona,Domenica Canchano, Lucrezia Catania,Irene Demarchi, Graziella Favaro,VinicioOngini, Alessia Pagani,Gabriella G. Piscitelli, Orietta Ripamonti,Mauro Zaffaroni

Redazione e amministrazione

Via Palestro, 68 00185 Romatel 06478091 - fax [email protected]/mondodomani

Progetto grafico Silvia PersiImpaginazione KaomaStampa PrimeGrafVia Ugo Niutta, 2 00176 Roma

tel 062428352 - fax 062411356

Finito di stampare il 1/12/2010su carta ecologica e riciclata Symbol Freelife Satin

Le opinioni espresse dagli autori non riflettononecessariamente il pensiero dell’UNICEF e delComitato Italiano per l’UNICEF - Onlus

Contributo annuale per spese di stampa espedizione 20,00 euro da versare sul ccp745000 intestato a Comitato Italiano perl'UNICEF - Onlus, con causale: “ilmondodomani”

INFORMATIVA SULLA PRIVACYAi sensi dell’art. 13, d. lgs 196/2003I dati saranno trattati da Comitato Italiano per l’UNICEFOnlus – titolare del trattamento –Via Palestro 68, 00185Roma, per le operazioni connesse alla donazione, perinformare su iniziative e progetti realizzati anche grazie alcontributo erogato e per inviare il catalogo prodotti, la rivistaed il materiale informativo riservati ai sostenitori, percampagne di raccolta fondi e sondaggi. Previo consenso, leinformazioni potranno essere inviate anche via fax e e-mail. Idati saranno trattati, manualmente ed elettronicamente conmetodologie di analisi statistica, esclusivamente dalla nostraorganizzazione e dai responsabili preposti a servizi connessia quanto sopra; non saranno comunicati né diffusi nétrasferiti all’estero e saranno sottoposti a idonee proceduredi sicurezza. Gli incaricati del trattamento per i predetti finipossono essere preposti ai rapporti con i sostenitori, al callcenter, ai sistemi informativi, all’organizzazione di campagnedi raccolta fondi, alla preparazione e all’invio di materialeinformativo. Ai sensi dell’art. 7, d. lgs 196/2003, si possonoesercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare,cancellare i dati od opporsi al loro trattamento per l’inviodimateriale informativo rivolgendosi al titolare al suddettoindirizzo, presso cui è disponibile, a richiesta, l’elenco deiresponsabili del trattamento.

editoriale

“Io come tu”, lo pensano i giovanidi Vincenzo Spadafora, Presidente Comitato Italiano per l’UNICEF

02 Se lo scrivono i giornali...di Domenica Canchano

04 Nella mia classe il mondodi Graziella Favaro

06 L’intercultura compievent’annidi Vinicio Ongini

08 Un pozzo dei desideridi Orietta Ripamonti

10 Abitudini alimentariin età pediatricadi Mauro Zaffaroni, Alessia Pagani,Valentina Agarla, Irene Demarchi,Gianni Bona

12 Sul corpo delle donnedi Jasmine Abdulcadir, LucreziaCatania, Omar Abdulcadir

14 Il razzismo che cos’è

16 Libria cura di Patrizia Paternò 05

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La riduzione delle ineguaglianze e il raggiungi-mento dei più vulnerabili ed esclusi è parte inte-grante del lavoro dell’UNICEF. Le radici di ciò af-fondano nei principi di universalità, non discri-minazione, indivisibilità e partecipazione, che cos-tituiscono la base della Convenzione sui dirittidell’infanzia e dell’adolescenza e dei principalitrattati sui diritti umani.La promozione dell’uguaglianza richiede, tra lealtre cose, l’eliminazione di norme sociali discri-minatorie, per questo, come Comitato italiano perl’UNICEF abbiamo promosso la campagna “Iocome tu”, per ribadire l’inviolabilità del principiodi non discriminazione a beneficio di gruppi vul-nerabili di bambini e adolescenti, come quelli diorigine straniera, per i quali sembra diventato so-cialmente accettabile derogare su alcuni dirittiuniversali.I bambini e gli adolescenti di origine straniera,presenti a vario titolo sul territorio italiano, spes-so affrontano sfide educative ed economichemaggiori e tassi di povertà più alti, il loro be-nessere è quindi compromesso in molti ambiti tracui la sanità, l’istruzione, la sicurezza economicae abitativa e le future opportunità lavorative.Questo contesto, aggravato dalle conseguenzesociali della crisi economica, ha favorito linguaggie comportamenti che sempre più spesso hannocome risultato episodi di aperto razzismo nei con-fronti del “diverso” e del “più vulnerabile”.Lo dice in maniera chiara anche l’indagine sulrazzismo che come UNICEF abbiamo commis-sionato proprio in occasione della Giornatanazionale dell’infanzia (cfr. p. 14). Il sentimentoanti-razzista è molto percepito e diffuso, ancorpiù tra i giovani che tra gli adulti, ha evidenziato laricerca, ma risulta sempre più necessaria una cam-pagna di sensibilizzazione, in particolare nellescuole, dove peraltro l’incontro diretto tra giovaniitaliani e giovani stranieri che vivono in Italia è

molto elevato.L’emergere di comportamenti discriminatori sta fa-vorendo un grave rischio di esclusione sociale pertutti i bambini e gli adolescenti di origine stranierapresenti sul nostro territorio. Inoltre il rischio dimancato accesso ai diritti fondamentali, per i mi-norenni che vivono in nuclei familiari non regolar-mente soggiornanti, è aumentato a seguito dell’in-troduzione del reato di ingresso e soggiornati, ille-gale nello Stato italiano. Infatti, è lecito presumereche i genitori irregolarmente soggiornanti perpaura di essere identificati come irregolari e quindiespulsi potrebbero evitare contatti con i servizipubblici. Tutto ciò comporta gravi rischi per i dirittidei bambini. Una situazione che genera preoccu-pazione anche per i minori che richiedono asilo eper i minori stranieri non accompagnati.Lo studio “Bambini di famiglie immigrate in ottopaesi ricchi” pubblicato nel 2009 dal Centro diRicerca Innocenti dell’UNICEF, che prende in con-siderazione anche il caso italiano, mostra che lecondizioni di vita e le caratteristiche socioeco-nomiche dei bambini di famiglie immigrate in Italia,che rappresentano un’ampia fetta dei minorennistranieri presenti nel paese, sono tutt’altro cheomogenee. La provenienza da un paese ad altoreddito o da un paese a medio reddito è un impor-tante fattore di differenziazione così come la re-gione geografica. La grande varietà dei paesi diorigine dei bambini rappresenta un’ulteriore sfidanel processo di inserimento e di integrazione, inparticolare nel sistema scolastico.La non discriminazione e l’inclusione sociale deibambini e degli adolescenti di origine stranierarichiedono l’adozione di misure legislativeadeguate, ma anche un’attitudine sociale positivanei confronti della popolazione straniera, per scon-giurare così il rischio che, a fronte di una parità sulpiano legislativo, si produca una discriminazione defacto dal punto di vista sociale.

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Se soltanto ci guardassimo bene intorno, cipotremmo accorgere che la nostra è una societàmolto più avanti rispetto a quello che l’industriamediatica racconta. Chi vive la quotidianità sa chenon basta più parlare di multietnico o dimulticulturalità, perché la nostra è di fatto unasocietà interculturale, dove l’immigrazione ècostante, e attraverso i ricongiungimenti familiaritende progressivamente ad essere stabile estrutturale. Pure i numeri lo confermano: su circa60 milioni di abitanti in Italia, gli immigrati sonoquasi 5 milioni, cioè uno ogni 12 residenti. Unnumero che non deve passare inavvertito e che ciporta indietro nel tempo, nel dopoguerra, quandol’emigrazione italiana riprese così fortemente cheall’epoca arrivò proprio a contare circa 5 milioni diemigranti sparsi per il mondo.

Già, tempi che furono e però così attuali. E reali,come le nostre aule delle scuole di ogni ordine egrado, dove nel periodo 2008/2009 ci sono staticirca 629 mila stranieri iscritti rispetto ai 574.000del periodo precedente (secondo i dati dalMinistero dell’istruzione). Tenendo presente che -questa volta invece secondo i dati dell’ultimodossier statistico della Caritas - su 932.675 minoriresidenti, i nati in Italia sono 572.720. Con questinumeri in mente torniamo ora alla nostra societàinterculturale dove il ruolo dei media o meglio

dell’informazione plurale è fondamentale pertrasformare l’esistente in nuove relazioni. Perché diquello si tratta: di conoscere, apprendere, di nonavere pregiudizi, di non creare stereotipi, netantomeno paura dell’altro. Di quei quasi 5 milionidi abitanti che noi conosciamo bene perché liincontriamo nella nostra quotidianità, vivono nelnostro palazzo, nel nostro quartiere, prendonol’autobus con noi tutte le mattine. Sono anche queigiovani a cui piace un po’ troppo alzare il volumedella musica nel parco di fronte. Ma è anche quelmacellaio che al mercato ha l’abitudine di proporcila carne “halal”. Non è necessario fare una listadelle persone che si incontrano nella quotidianità,pensateci bene, voi li conoscete eccome. In tuttoquesto, spesso i mezzi di comunicazione non ce laraccontano giusta. La cultura mediatica occidentaleci impone di seguire una volontà che dipende dalloshare, dall’audience, dalle copie vendute, dalloscoop.

La realtà di GenovaPadre Andrea è un francescano che aiuta i ragazzidi seconda generazione. Circa cinque anni fa in unincontro organizzato da alcune mammeecuadoriane - dove erano presenti anche il consoledell’Ecuador a Genova e rappresentanti delleistituzioni locali, oltre ad alcuni giornalisti - per

copertina

Se lo scrivono i giornali...L’informazione sensazionalistica e condizionata dall’audience altera la percezione dellarealtà e può alimentare pregiudizi e discriminazione. Ma i media possono scegliere dinarrare eventi di ordinaria positività, spesso ignorati, e far scoprire che la verità può avereun altro volto...

di Domenica CanchanoGiornalista, di origine peruviana cura la pagina di “Metropoli” per l'edizione genovese di Repubblica, èmembro dell'Ansi - Associazione nazionale stampa interculturale.

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manifestare il loro dissenso e respingere le notizieche allora circolavano sui loro figli, padre Andreaprese la parola e fu l’unico che disse chiaramenteche qualcosa non andava. Che quello letto suigiornali non corrispondeva al vero. Che le notizie siripetevano giorno dopo giorno, e che stranamentecambiava solo il nome dei protagonisti. In pratica,che i giornali si inventavano le notizie peraumentare la paura fra la gente. Le mammerimasero a lungo in silenzio, ascoltavano attente,poi compresero il motivo di tanto accanimentoverso il loro figli. Forse quello di vendere più copie?All’epoca i giornali locali dedicavano intere paginedando notizie sui loschi affari delle baby-gang, sulleviolenze tra bande rivali, chiamandoli delinquenti,emarginati e tanto altro. Per intenderci, ecco alcunititoli d’allora: “Enigma baby-gang. L’inquietanteombra che aleggia sulla città”, box accanto: “E lapolizia avverte: si stanno associando”. E ancora:“Baby gang, sei colpi in due giorni”, accanto“Rivoluzione tra i cinquecento iniziati: i giovanissimisono saliti al potere”. Inizia così a Genova nel 2005una martellante campagna mediatica contro igiovani, adolescenti e pre-adolescenti, nel pienoboom dei ricongiungimenti familiari. E a quellemamme, sole, emigrate in cerca di un lavoro permigliorare la loro condizione economica, nonrestava che chiedere aiuto. Per un’integrazione conla “i” maiuscola, dove tutti erano chiamatiall’appello: i ragazzi, la scuola, le istituzioni perfino ivicini di casa. Chiedevano di non fare quellestupide mappe sui giornali dando notizia di presuntipandilleros che si spartivano il territorio.

Spiegavano che se i loro figli vestivanopantaloni larghi e cappellino con visiera è perchéseguivano una moda e non era certo sinonimo dibranco. Nel 2007 alcuni di questi ragazzi deciserodi costituire la prima associazione culturale deiLatin King, arrivando perfino a raccontare la loroverità dietro una cattedra della facoltà di Scienzedella Formazione. Ecco la testimonianza di Byron,arrivato 7 anni fa in Italia: «Vivere la strada non vuoldire essere delinquenti. Cerchiamo di esserericonosciuti perché pensiamo che questa sia lastrada giusta per cambiare il modo di pensare chehanno le persone nei nostri confronti. Tutte ledomeniche ci incontriamo presso il centro socialeZapata dove organizziamo delle attività. E lì cipossiamo vestire e ascoltare la musica chevogliamo. É vero che qualcuno di noi, in passato,ha sbagliato commettendo reati, ma questo nonvuol dire che tutti siamo così. Oggi vogliamo farciconoscere non solo parlando delle nostre storie mafacendo anche dei progetti d'integrazione concreticoinvolgendo tutti, giovani e adulti». Ledichiarazioni rilasciate dai ragazzi sono servite afare luce su un nuovo modello di vita, non piùparlando dei reati che vedevano come principaliimputati proprio loro. È innegabile che molto è

stato fatto.Dopo che molte aggregazioni giovanili da

Genova a Milano si sono costituite in associazioniculturali, i giornalisti si confrontano direttamentecon gli interessati e la percezione sociale che untempo era di minaccia e timore oggi stacambiando in positivo. Ma se il percorso diintegrazione è stato così duro per questi giovani,figli dell’immigrazione, avete mai pensato invecealle difficoltà che possono trovare quelli che sononati in territorio italiano? Guardiamoci ancora unpo’ intorno e ascoltiamo chi parla. Qualcuno hapaura di dire il suo vero nome. O addirittura c’è chilo modifica per sentirsi integrato. Sergio è ungiovane nato a Roma, di etnia rom. Ha il camperposteggiato in un campo nel quartiere diMolassana, a Genova, ma in realtà Sergio non è ilsuo vero nome, lo ha adeguato per i suoi amici,per sentirsi, dice lui, più integrato. «Non lo dico ioma le cose stanno così, se sei rom non seinessuno». Ricorda quando nell’ottobre del 2007tutti i media si occuparono del caso di GiovannaReggiani, violentata e uccisa da un nomaderomeno, e di come arrivarono una valanga dicommenti razzisti nei confronti degli abitanti delcampo, circa un centinaio di persone. Lontanicinquecento chilometri dal luogo del delitto, mauguali per appartenenza etnica. E questo basta, inun paese dove sempre più spesso si ha latendenza a fare di tutte le erbe un fascio. «Daquel momento in poi i media locali siinteressarono a noi e volevano avere notizie sucome vivevamo, criticavano il nostro modo divivere senza conoscerci. Era una caccia allestreghe, e noi eravamo quelli cattivi. Farciconoscere? Come potevamo fare noi il primopasso se loro avevano dei pregiudizi?». Percontrastare questa cattiva informazione, daqualche anno nella nostra società i mediamulticulturali si stanno affermando rapidamente.

Una vera risorsa per una corretta e pluralecopertura del tema dell’immigrazione e dei paesidi provenienza dei flussi migratori. Purtroppo perònon sempre vengono riconosciuti e valorizzati.

Ricordo un episodio singolare, a proposito diintegrazione e media, quando ad uno dei tanticonvegni sull’integrazione, la collega VioricaNechifor, presente anche lei in veste di giornalista,oggi presidente dell’Ansi (Associazione NazionaleStampa Interculturale), rimase stupita dalladomanda rivolta ad un giovane dall’aspettostraniero: «Ti senti integrato?». Questa è una delleprime domande che spesso i media rivolgono alleseconde generazioni (per intenderci quelli nati oarrivati da piccoli in Italia). Se esistesse unacorretta e plurale informazione anche le domandeprobabilmente sarebbero diverse, per esempio«Che fai di mestiere?» o meglio «Cosa vorrestifare nella vita?».

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Domande simili a quelle di Vera risuonano ogginella scuola diventata in fretta multiculturale, sia frai bambini “stranieri” che la abitano e ches’interrogano sulla loro identità, sia fra gli insegnantialle prese con storie e bagagli autobiograficicollocati tra il “qui” e l'"altrove".

L’eterogeneità delle provenienze nazionali el’incontro di infanzie che hanno origini culturalidiverse sono ormai diventati tratti comuni e diffusi,sia nelle scuole delle città grandi e medie, che inquelle dei piccoli comuni, soprattutto nelle regionidel Centro-Nord. Essi sono lo specchio di una realtàche è cambiata e che ha portato “il mondo incasa”. Negli ultimi tre anni, i minori di nazionalitànon italiana presenti in Italia sono aumentati di circacentomila l’anno e tutto fa pensare che questoritmo di crescita continuerà anche nel futuro. Lascuola e i servizi educativi hanno dunque, econtinueranno ad avere sempre di più, un caratteredi multiculturalità e di plurilinguismo e un ruolocentrale di integrazione e di socializzazione, in cuiconiugare l’unità e la diversità, le origini differenticon un orizzonte comune e condiviso.

Una presenza “straniera” che tale è de iure, mache spesso è composta da bambini e ragazzi chesono italiani de facto, futuri cittadini del nostropaese, nati e socializzati qui, come nel caso di Vera.

Sono stranieri sulla base dell’attuale legge sullacittadinanza italiana (n° 94 del 1992), ma in altripaesi europei, che hanno politiche di accesso allacittadinanza meno restrittive, essi sarebberoconteggiati tra gli alunni nazionali. Le incertezzesulla definizione di questi nuovi alunni e l’uso di unlessico che tenta di ricomprendere sotto un’unicaetichetta situazioni e storie molto diverse fra loro,sono chiari segni delle difficoltà a individuare unposto per chi ha origini collocate altrove e dellavolontà, spesso neppure tanto mascherata, diseparare ed escludere.

Buone praticheDa circa vent’anni si è sedimentato in Italia undeposito variegato di esperienze, sperimentazioni,pratiche che si muovono lungo linee progettuali chesi richiamano ora all’integrazione degli alunnistranieri, ora all’insegnamento dell’italiano come

Nella mia classe il mondo«Io sono nata in Italia, a Montecchio, però mia mamma e mio papà sono albanesi eanch’io allora sono albanese. Io sono andata all’asilo qui e anche alla scuola materna.Vorrei chiedere al maestro due cose. La prima è questa: io sono italiana o albanese, otutte e due? La seconda: ma io sono immigrata oppure no?» Vera, 10 anni.

di Graziella FavaroFormatrice, si occupa di consulenza alle scuole, progetti di integrazione dei minori immigrati ed edu-cazione interculturale. Dal 1995 fa parte della commissione nazionale "Educazione interculturale" delMinistero dell'istruzione, è consulente scientifica della Biblioteca di Documentazione Pedagogica(INDIRE) e del Centro COME di Milano.

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seconda lingua o all’educazione interculturale pertutti. Vi è nella scuola un vivace “brusìo dellepratiche”, per usare un’espressione di De Certeau,che attende ancora di diventare discorso condiviso,illuminato da riferimenti comuni, definito nelle azionie nei dispositivi, sostenuto da risorse e attenzioni.

In questi vent’anni, l’immigrazione ha cambiatola scuola, ma è anche vero il contrario, e cioè che la“scuola ha cambiato l’immigrazione” e i soggettiche la compongono, i quali, grazie ad essa, sonodiventati un po’ più “di casa”.

Agli esordi venivano usati soprattutto i termini di“accoglienza e inserimento”; più tardi le parole“integrazione e intercultura” sono state le piùcitate; ora è giunto il tempo dell’inclusione, dellacoesione sociale culturale, della cittadinanza.

Tre diverse fasiNella prima fase, i bambini e i ragazzi stranieri eranoancora in numero limitato, quasi tutti nati altrove earrivati qui per ricongiungersi ai genitori.

Vi era nei loro confronti un clima diffuso diapertura e curiosità, che poteva portare in certi casia essere anche un po’ invadenti e intrusivi, rispettoalla loro storia. Attorno all’alunno venuto da lontanosi aprivano domande un po’ folcloriche e ingenuesui tratti della sua cultura, intesa quasi sempre inmaniera esotica e tradizionale, alla cui narrazionesollecitata i bambini spesso si sottraevano con ilsilenzio e l’evitamento. I bambini e i ragazzi venutida lontano erano per lo più considerati comeemigrati, “provenienti da...”, inculturatidiversamente e appartenenti a un contesto e ariferimenti culturali “altri”, che venivanoeterodefiniti.

Soprattutto a partire dal Duemila, il numero deglialunni stranieri e il ritmo di crescita registrato da unanno all’altro sono diventati via via più consistenti evivaci. Mentre in precedenza si riusciva a dedicareattenzione e spazio a ogni singolo alunno e al suoviaggio di migrazione, in questa seconda fase i voltie le storie si sovrappongono e gli alunni stranieritendono ad essere rappresentati in blocco come un“problema”. Un problema dalle molte dimensioni:quelle dell’accoglienza e scelta iniziale (in qualeclasse inserirli); di comunicazione e lingua (“nonparla una parola di italiano”); di gestioneorganizzativa (quali risorse trovare perl’insegnamento dell’italiano); di pedagogia edidattica (quali contenuti disciplinari proporre per“adattare il programma”). Per rispondere a uncambiamento della scuola e della classe cosìimportante, gli insegnanti hanno elaborato,sperimentato e scambiato, in presenza e a distanza,pratiche e materiali, protocolli di inserimento emodelli di programmazione, prove di ingresso etesti di studio semplificati dal punto di vistalinguistico. L’italiano seconda lingua è al centro dellepreoccupazioni e delle proposte che si articolano

sulla base delle fasi di inserimento e dei diversibisogni. Maggiore competenza professionale, ladisponibilità di alcuni strumenti di lettura/controllo,l’individuazione dei bisogni linguistici e di possibilirisposte, l’uso di materiali già sperimentati: conqueste pratiche si è diffuso nella scuola unapproccio all’integrazione che appare oggi il piùgestibile e che consente agli insegnanti di tollerarel’incertezza suscitata dai cambiamenti profondi chestanno avvenendo e di prevedere un possibilecammino.

Cambiare sguardoMentre si attende che vengano diffusi modalitàorganizzative, dispositivi e strumenti affinché siacondiviso e reso uniforme uno “zoccolo comune diintegrazione” da portare a sistema - evitando lalocalizzazione dei diritti e la frammentazione attuali -la situazione delle classi e le storie dei bambini edei ragazzi che le abitano stanno rapidamentecambiando e diversificandosi. La componente incontinuo aumento dei bambini nati qui e di coloroche sono in Italia da tempo ci chiede di riflettere,non più solo sull’italiano per la comunicazioneiniziale, per capire e farsi capire, ma su una varietàlinguistica che permetta a tutti di leggere ecomprendere testi diversi, narrare e riferire,descrivere e immaginare.

Più in generale, alle prese con bisogni edomande pressanti a cui dare risposta, la scuola hapotuto prestare forse poca attenzione alle relazioniin classe, alle interazioni fra i bambini e i ragazziitaliani e stranieri, nel tempo scolastico e nei luoghipiù informali del gioco e dell’incontro.

Quali rappresentazioni degli uni e degli altri sisono nel frattempo sedimentate anche a causadelle parole gridate, degli allarmi socialisull’immigrazione, delle “etichette” che veicolanouno stigma sociale e culturale?

Lo spazio condiviso di un’aula scolasticacostituisce un’eloquente cornice di lettura delledinamiche dell’incontro e della mescolanza.Impegnati nelle complesse geometrie del contatto,i bambini manifestano vicinanza e prossimità,conflitto e distanza, reciprocità o sopraffazione.Sono questi aspetti - la dimensione “nascosta”dell’integrazione - ai quali oggi si deve prestare piùattenzione, inaugurando una terza fase, più attentaai modi e ai tempi della relazione fra pari, alleimmagini reciproche, al polso emotivo della classee della comunità.

Per passare da una situazione di integrazione(degli immigrati) a “un orizzonte di inclusione di tuttii cittadini” servono, oltre alle tecniche delladidattica, gli orizzonti e il senso della pedagogiainterculturale, in senso alto e in generale, capace dire-immaginare il futuro a partire dalle sfide delpresente poste dalla con-cittadinanza.Per vivere insieme, uguali e diversi, in pari dignità.

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C’è una parola, “intercultura”, che viene usataspesso, e come tutte le parole molto diffuse rischiadi diventare scontata, banale o logora. Con quelprefisso “inter”, diventato a volte tic linguistico,passepartout per tutte le situazioni: interfaccia,interscambio, interdipendente, internazionale,internet e Inter (la squadra di calcio che ha vinto gliultimi campionati italiani). Ma “inter” è comunqueun prefisso utile e interessante perché indica letante connessioni di cui è fatto il mondo e ladimensione di relazione e di scambi che c’è tra lepersone. Ma quando è nata la parola intercultura,quando si è cominciato ad usarla nei documenti delMinistero dell'istruzione?

Nell’anno scolastico 1989-1990 sono 18.474 glialunni stranieri iscritti nelle nostre scuole; al primoposto gli alunni provenienti dal Marocco. Nell’annoscolastico 2009/2010 sono quasi 675.000, il primodei paesi di provenienza oggi è la Romania.

Nel 1990 viene organizzata la prima Conferenzanazionale sull’immigrazione e approvata una leggespecifica, la n. 39 del 1990, detta “Legge Martelli”.

Una parte dell’opinione pubblica comincia acapire, e a scoprire, che l’Italia e la sua scuolastanno diventando multiculturali.

Escono i primi libri di autori immigrati, peresempio quello che è considerato il capostipite: PapKhouma, “Io, venditore di elefanti” (Garzanti,

Milano 1990). Sono storie di viaggi dal Sud al Norddel mondo, piccole odissee, sguardi venuti dalontano. I primi sono scritti con “l’aiuto di” ungiornalista o un nsegnante (cfr. p. 15).

Al Ministero dell'istruzione viene formato per laprima volta un gruppo di lavoro per l’inserimentodegli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo.Costituito dalla Direzione generale della scuolaelementare con decreto ministeriale del 10 giugno1989. Negli ultimi vent’anni i documenti dinormativa e le iniziative del Ministero dell'istruzionehanno gradualmente definito il temadell’integrazione degli alunni stranieri edell’educazione interculturale.

La costruzione del “sistema dell’educazioneinterculturale” è proceduta in modo non semprelineare, con l’apporto di materiali diversi, quasi informa di bricolage, con riferimento a documenti,pronunciamenti, commissioni di studio, traindicazioni legislative diverse e disomogenee,nell’alternarsi di amministrazioni dai colori politicidifferenti, con momenti di stanchezza e, talvolta, dicritiche all’idea di intercultura, e altri di rinnovataattenzione. Un’attività sicuramente pocopubblicizzata e poco divulgata, che le scuole nonhanno percepito come espressione di un disegnocoerente. Una pista non lineare, dunque (nonsarebbe una pista!), che tuttavia non ha subito, finoa oggi, brusche discontinuità.

IniziativeL’ufficio per l’integrazione, della Direzione

generale per lo studente ha programmato per tuttoil 2011 progetti e seminari in varie regioni italiane,tra cui il Seminario nazionale di formazione perinsegnanti, “Intercultura e mediterraneo”, che sisvolgerà a Taormina nel febbraio 2011; un progettonazionale dal titolo “L’Italia delle fiabe. In viaggiocon le Fiabe italiane di Italo Calvino” - quanto sono“italiane” le fiabe italiane raccolte da Calvino, qualisono le somiglianze e gli scambi con le raccolte dialtri paesi e culture? Il progetto di formazione“Dirigenti esploratori in contesti multiculturali”. Permaggiori info:http://archivio.pubblica.istruzione.it/organizzazione/dg_studente_comunicazione.shtml

La presenza degli alunni di origine straniera, in progressivo aumento negli ultimi anni, è undato strutturale del nostro sistema scolastico. L’Italia ha scelto, fin dall’inizio, la pienaintegrazione di tutti nella scuola, e l’educazione interculturale come dimensione trasversalee come sfondo integratore che accomuna tutte le discipline e tutti gli insegnanti. (Miur-pagina dell’intercultura).

di Vinicio OnginiDirezione generale per lo studente, Miur - Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

istituzioni

L’intercultura compie vent’anni

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Un percorso in 10 tappe1989: il primo documento sugli alunni stranieriL’attenzione è rivolta esclusivamente sugli alunni stranieri (Circolare mini-steriale n. 301 dell’8 settembre 1989, Inserimento degli alunni stranierinella scuola dell’obbligo. Promozione e coordinamento delle iniziative perl’esercizio del diritto allo studio.1990: il primo documento sull’educazione interculturaleNella circolare successiva si afferma, invece, il principio del coinvolgi-mento degli alunni italiani in un rapporto interattivo con gli alunni stranie-ri/immigrati, in funzione del reciproco arricchimento (Circolare ministeria-le n. 205 del 22 luglio 1990, La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri.L’educazione interculturale).Questo documento introduce per la primavolta il concetto di educazione interculturale.1994: la dimensione interculturale nelle disciplineCircolare ministeriale n. 73 del 2 marzo 1994, Il dialogo interculturale e laconvivenza democratica: un documento molto completo che introduceun’attenzione “interculturale” sulle discipline e sui programmi.1998: la legge sull’immigrazioneLa legge sull’immigrazione n. 40 del 6 marzo 1998, art. 36, sottolinea ilvalore formativo delle differenze linguistiche e culturali: «Nell’eserciziodell’autonomia didattica e organizzativa, le istituzioni scolastiche realizza-no, per tutti gli alunni, progetti interculturali di ampliamento dell’offertaformativa, finalizzati alla valorizzazione delle differenze linguistico-cultura-li e alla promozione di iniziative di accoglienza e di scambio».2000: l’educazione interculturale come normalità dell’educazioneÈ istituita presso il ministero una Commissione nazionale per l’educazio-ne interculturale (1997), che elabora un documento sull’educazione inter-culturale come normalità dell’educazione nelle società globali, comedimensione diffusa e trasversale nella scuola del nostro tempo.2006: Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieriLa circolare ministeriale n. 24 del 1° marzo 2006, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunnistranieri, fornisce un quadro riassuntivo di indicazioni per l’organizzazione di misure per l’inserimento deglialunni stranieri. Il documento, che ha soprattutto finalità pratiche, offre un comune denominatore operati-vo, concreto, ricavato dalle buone pratiche delle scuole, da proporre a tutto il sistema scolastico. Si comin-cia a definire il tema delle scuole a forte presenza di alunni stranieri.2007: La via italiana alla scuola interculturaleIl documento La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, è redattodall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, istituitonel dicembre 2006 al ministero della Pubblica istruzione. Il titolo del documento riunisce due dimensionicomplementari: quella dell’intercultura che coinvolge tutti gli alunni e tutte le discipline, attraversando isaperi e gli stili di apprendimento, e quella dell’integrazione, ovvero l’insieme di misure e azioni specificheper l’accoglienza e gli apprendimenti linguistici, rivolti in particolare agli alunni di recente immigrazione.2007: Dirigere le scuole in contesti multiculturaliViene avviata l’azione nazionale di formazione dei dirigenti di scuole multiculturali (una delle azioni del docu-mento La via italiana alla scuola interculturale), a partire dalle scuole a forte presenza di alunni stranieri,attraverso seminari nazionali di formazione incentrati sulla metodologia dei laboratori di confronto e scam-bio di esperienze tra dirigenti.2008: il Piano nazionale L2 per studenti di recente immigrazioneIl Piano nazionale per l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua (destinato in particolare agli alunnidi recente immigrazione delle scuole secondarie di primo e secondo grado; alunni NAI (stranieri neo-arriva-ti, sul modello degli ENAF francesi) è stato elaborato dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione deglialunni stranieri e finanziato all’interno del Programma “Scuole aperte” per l’anno 2009.2010: “Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana”Il documento affronta il tema della distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana nelle classi e trale scuole, in contesti fortemente multiculturali. Introduce il tema della gestione del limite del 30% nei diver-si contesti di applicazione.

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Anche a Lecco il fenomeno migratorio haraggiunto percentuali consistenti, trasformando iltessuto sociale cittadino. Presenza, quellastraniera, ormai storicizzata, tanto che possiamoparlare di seconda generazione, i figli dei primiimmigrati. Anche il fenomeno deiricongiungimenti familiari sta crescendo con valoriesponenziali ed è oggi significativo il numero deiragazzi che chiamiamo di generazione 1,5, cioèquelli che arrivano in Italia già adolescenti. Questaveloce trasformazione della popolazione si scontracon la fatica delle istituzioni a recepire ilcambiamento e a formulare risposte adeguate.

Sicuramente un luogo di forte criticità è lascuola, e soprattutto la scuola superiore che siritrova impreparata ad accogliere i minori stranieri.

La rigidità dei programmi, la scarsità di risorse,l’impossibilità di adottare criteri valutativicorrispondenti alla specificità della situazione deiragazzi immigrati fanno del percorso scolasticonon un luogo di integrazione ma di esclusione.

L’apprendimento della lingua italiana risultaessere un aspetto problematico che pregiudica lostudio delle altre materie. Non sonoistituzionalizzati percorsi paralleli di insegnamentodell’italiano, tutto è legato alle risorse e alledisponibilità che ogni istituto mette in campo. Lascarsa o nulla competenza nella lingua italianarende l’adolescente straniero incompetente inogni materia, ogni sapere già acquisito è negato.

L’orientamento è fatto verso il basso, creandoistituti polarizzati dove la percentuale deglistranieri è alta e dove maggiore è la scarsità dirisorse. Alle difficoltà scolastiche si sommano ledifficili relazioni familiari. Soprattutto per i ragazziche appartengono alla generazione 1,5 l’incontrocon le figure genitoriali, dopo un lungo periodo dilontananza, risulta essere difficile. Le aspettativereciproche, le situazioni economiche precarie, ilconfronto con stili di vita e costumi diversi daipropri sono spesso origine di conflitti. Mancanofigure che possano mediare tra il ragazzo e lafamiglia. Spesso la realizzazione di sé da parte deiragazzi si ricerca mediante un’autonomia dallacondizione originaria e dai legami familiari chemette in crisi il modello comunitario di molte

culture immigrate, centrate più sulla forzaaggregante e vincolante della comunità che nonsull’autonomia del singolo. Questo è causa diconflittualità in seno alla famiglia che possonoportare a dolorose separazioni. C’è una solitudinedel ragazzo immigrato che si trova diviso tra ilricordo di ciò che ha lasciato e il presente. Anchela dimensione del futuro è vissuta in modoproblematico. Forte è la nostalgia e il desiderio diritornare al paese di origine dove vivono amici epersone significative, ma altrettanto acuta è laconsapevolezza che là non c’è possibilità di futuroe che devono giocare il loro progetto esistenzialenel paese ospitante.

Paese ospitante che ancora non è in grado didare piena cittadinanza a questi ragazzi chevivono in una situazione di "provvisorietà", semprenell’attesa che la loro permanenza qui siaconfermata. In questo modo anche l’investimentosul proprio progetto personale di formazione, dilavoro e più in generale di vita si delinea confatica nell’indefinitezza della loro situazione.

IncontrarsiLa complessità di questo fenomeno ha fattomaturare la decisione, cinque anni fa, di crearealla “Casa sul Pozzo”, struttura operativa dellaComunità di via Gaggio, uno spazio per incontrarei ragazzi d'immigrazione e accompagnarli nel loropercorso di crescita.

La maggior parte degli adolescenti stranieriche partecipa al progetto appartiene a famiglie indifficoltà economiche, seguite dai servizi socialidel Comune di Lecco. Diversi i nuclei familiarimonoreddito con più figli in età scolare o quellicon un solo genitore, spesso la madre occupatain lavori precari. Al basso reddito si aggiungonosituazioni abitative non adeguate, caratterizzate daspazi insufficienti per il numero di persone. Unnumero consistente di ragazzi nel tempo liberosvolge lavoretti per aiutare economicamente lafamiglia.

L’incontro quotidiano ha permesso con iltempo l’instaurarsi di un dialogo fecondo travolontari, operatori e ragazzi rendendo il progettodinamico, in grado di modularsi continuamente

progetti

Un pozzo dei desideriIl ragazzo immigrato spesso si trova a dover affrontare situazioni problematiche edolorose, ma un percorso d’integrazione dinamico e alla ricerca del dialogo è possibile. ALecco, cinque anni fa, la Comunità di via Gaggio ha creato la “Casa sul Pozzo”, uno spaziodove si svolge Crossing, un progetto che attraverso attività di sostegno scolastico elaboratori artistici crea un vero processo d’integrazione.

di Orietta RipamontiInsegnate e responsabile del progetto Crossing

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per rispondere alle esigenze di crescita deipartecipanti, arricchendosi di ulterioriarticolazioni e proposte. Oggi, i ragazzi dietà compresa tra i 15 e i 20 anni sono piùdi 80 e 25 le nazionalità rappresentate,circa 40 adulti tra volontari e operatoriimpegnati nelle attività.

Accanto all’attività di studio sono statiproposti dei laboratori artistici espressivi diteatro, musica, canto. La “Casa sulPozzo” è diventata un luogo d’incontro trai cittadini italiani e quelli che lodiventeranno favorendone la conoscenzae la diminuzione delle difese e deipregiudizi.

L’accompagnare gli adolescentistranieri nel loro processo d’integrazioneha significato in questi anni: sostenerlinell’acquisizione di una cittadinanza attiva,sostenerli nel processo di assunzione diresponsabilità e allontanarli da percorsi didevianza e di emarginazione.

L’istaurarsi di una relazione significativatra operatore/volontario e ragazzo hapermesso di intervenire preventivamentenelle situazioni di disagio attivando gliinterventi necessari. Che cos’è Crossingper te? «Una seconda casa» è stata larisposta di una ragazza. Una casa in unacittà che deve ancora imparare ad essereaccogliente, un luogo di riferimento perchi, appena giunto, si trova disorientato.

C’è posto ancheper le mammeSiamo un gruppo numeroso dimamme con bimbi da 0 a 6anni. Proveniamo da diversipaesi del mondo. Abbiamoimparato a conoscerci, acondividere, a sostenerci… astare insieme. I nostri bimbigiocano e crescono arricchitianche da queste relazioni, quindiabbiamo deciso di continuare esperiamo di accogliere nelgruppo altre persone…Se volete unirvi a noi… c’èsempre una tazza di caffèpronta!Ogni lunedì dalle 16:30 alle18:00 presso la Casa sul Pozzo.La partecipazione è gratuita.Info: La casa sul pozzo– tel. 0341 421427 –www.comunitagaggio.it– cel 347 3014591

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La popolazione in età pediatrica rappresenta il20% degli stranieri in Italia, e sono sempre piùnumerosi i bambini figli di immigrati che nasconoin Italia.

Un aspetto interessante della societàmultietnica riguarda le abitudini alimentari propriedelle popolazioni provenienti da ogni parte delmondo; in particolare le differenze riguardantil’allattamento, lo svezzamento e la nutrizionesecondo le tradizioni, gli stili di vita e le diversecredenze religiose.

Le madri straniere immigrate, a differenza diquanto avviene nel paese d’origine dove sono alcentro della comunità, si trovano in Italiasolitamente sole, senza il supporto delle altredonne se non quello del marito. L’allattamento alseno rappresenta in genere per loro un fortelegame con la tradizione, un preciso rispetto dellenorme religiose (prescrizione cranica) o unanecessità economica. I dati confermano che fra ledonne straniere l’allattamento al seno è piùfrequente e più duraturo rispetto alle donneitaliane. In altri casi, al contrario, alcune donnerinunciano all’allattamento al seno se nel progettomigratorio è doveroso riprendere subito il lavoro oè previsto il rimpatrio precoce del bambino che

sarà allevato dai nonni (come accade per moltibambini cinesi). Un recente studio dell’ ISPO(Istituto di ricerca sociale, economica e diopinione) e della SIP sull’allattamento al seno frale madri di lingua araba immigrate in Italia haevidenziato come esso rappresenti un fortelegame con la propria cultura econtemporaneamente assume, per le stessedonne, un valore di indipendenza edemancipazione dalle tradizioni sociali del paesed’origine.

Lo svezzamento è molto diverso nelle diverseminoranze etniche sia per l’epoca di inizio sia perle modalità e per i cibi utilizzati, spesso dacorrelare alla reale disponibilità e reperibilità deglialimenti. In migrazione, le madri risentono delleinfluenze culturali e delle tradizioni presenti nelpaese ospitante e spesso abbandonano le proprieusanze seguendo le indicazioni ricevute dalpediatra italiano.

Nelle diverse culture anche l’alimentazioneabituale dell’adulto è soggetta a regole religiose ead abitudini tradizionali: per la fede islamica è undovere il rispetto del Ramadan ed il consumo dicibi halal (animali macellati con il capo rivoltoverso la Mecca mediante dissanguamento

salute

Abitudini alimentari in età pediatricaIl consolidarsi del fenomeno migratorio e la formazione di nuovi nuclei familiari sia diorigine straniera che mista, determina una profonda modificazione della nostra societàperché l’incontro di diverse culture determina nuovi comportamenti e abitudini legati allecure e alla nutrizione.

di Mauro Zaffaroni *,Alessia Pagani, Valentina Agarla, Irene Demarchi, Gianni Bona *Clinica pediatrica di Novara *Gruppo di lavoro nazionale per il bambino immigrato - Società italiana di pediatria.

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mentre si pronuncia la parola Baslama, cioè nelnome di Maometto). Anche nella cultura ebraicasolo la carne kasher è idonea al consumo.

Nell’induismo la vacca è sacra e quindi noncommestibile perché connessa alla dottrina dellatrasfigurazione, mentre i seguaci del giainismosono vegetariani e quindi non assumono carne opesce, perché secondo la loro religione tutti gliesseri viventi, compresi gli animali, debbonoessere rispettati.

I bambini e gli adolescenti di origine straniera,pur cercando di mantenere le abitudini alimentariproprie della cultura d’origine, tendonofrequentemente ad adeguarsi alle abitudinialimentari dei coetanei italiani e a tutti gli stili divita del mondo occidentale.

I bambini stranieri (ma anche gli adultiimmigrati in Italia) sono esposti a un maggiorrischio di malattie carenziali o metaboliche daerrori nutrizionali. Fra queste, il rachitismo,l’obesità e il diabete sono le più eclatanti.

Diversi studi hanno infatti riportato molti casi dirachitismo (una malattia che sembrava da decenniquasi scomparsa in Italia) nei figli di immigrati, inparticolare nei bambini di pelle scura, allattatiesclusivamente al seno e che non avevanoeffettuato la profilassi con vitamina D. Al fine diprevenire la malattia, attualmente i pediatridedicano molta attenzione nel prescrivere laprofilassi con vitamina D alle famiglie immigrate,in particolare alle madri con pelle più pigmentatao con abitudini e costumi che comportano unaminore esposizione alla luce del sole.

Studi recenti hanno segnalato che, nei bambiniimmigrati, il diabete mellito di tipo1 presentamediamente un esordio più precoce. Il fenomenonon pare correlato al paese d’origine, ma a fattorilegati alla migrazione fra i quali le diverse abitudinialimentari nel paese ospitante, dove sonomaggiormente accessibili al consumo cibi ebevande ad alto contenuto di zucchero,ipercalorici e poveri di fibre.

Anche per quanto riguarda la malattia celiaca èemerso da una ricerca nazionale multicentrica delGLNBI e della SIGENP (Società italianagastroenterologia epatologica e nutrizionepediatrica) una maggior frequenza nei bambiniimmigrati di diversa etnia. Il fattore di rischio,comune in questi bambini, era rappresentato daun breve periodo di allattamento al seno esvezzamento a 3-4 mesi d’età con alimenticontenenti glutine, diversi da quelli comunementeutilizzati nel paese d’origine.

L’obesità infantile rappresenta attualmente unamalattia che sta interessando una gran parte dibambini dei paesi ricchi e negli ultimi decenni siè osservata una diffusione epidemica delsoprappeso in età evolutiva. I potenziali effettipatologici a distanza rendono l’obesità infantile un

problema di notevole rilevanza sociale. I dati dalNational Health and Nutrition Examination Surveydimostrano che l’incremento ponderale interessagli adolescenti di tutti i gruppi etnici ma piùmarcatamene gli afro-americani e gli ispanici. Lefemmine afro-americane tra 6 e 19 anni risultanoparticolarmente interessate, raggiungendo unaprevalenza del 26,6%. Le principali complicanzelegate all’obesità sono malattie cardiovascolari,ipertensione, diabete e sindrome metabolica. InItalia, soprappeso e obesità interessano sia ibambini italiani sia quelli di origine straniera, maancora esiste una diversa, scarsa sensibilizzazionedelle famiglie immigrate rispetto al problema. Inqueste culture infatti esiste ancora la convinzioneche il sovrappeso sia indice di benessere ericchezza, esse pertanto non si rivolgono aglispecialisti per i necessari accertamenti e cure. Secome è noto l’obesità riguarda più la fascia“povera” delle società occidentali, e la fascia“ricca” dei paesi in via di sviluppo, possiamoaspettarci in futuro un’alta percentuale di obesinei figli di immigrati, nuovi poveri nel mondo deiricchi, ormai affrancati dal problema della carenzanutrizionale delle società che hanno lasciato dietrodi sé, ma che accedono ad alimentazione discarso valore economico nelle società delconsumo.

PrevenzioneNei programmi di educazione sanitaria e nellaformazione pediatrica italiana occorre oggiprevedere un approccio interculturale multietnicoche porti a conoscere le tradizioni nutrizionali dellediverse regioni del mondo, che consenta quindi diconsiderare ammissibili abitudini alimentaridifferenti da quelle finora suggerite. Indicazioni cherispettino sia il desiderio delle famiglie dimantenere consuetudini del proprio paesed’origine sia le necessità e i fabbisogni dei bambininelle diverse età evolutive.

La conoscenza delle abitudini alimentari dellefamiglie immigrate è perciò un presuppostofondamentale per poter instaurare con loro unvalido rapporto assistenziale e un’efficacecomunicazione, integrando le loro tradizioni culturalie religiose con le abitudini italiane.

È quindi fondamentale evitare che i ragazziimmigrati assumano gli stessi comportamentidietetici scorretti dei loro coetanei italiani.

Per il futuro occorre realizzare appropriatiinterventi di educazione alimentare al fine di ridurreil rischio correlato ad errori nutrizionali che possanoportare a malattie carenziali (quali rachitismo oanemia sideropenica), a patologie autoimmuni o daintolleranza alimentare (diabete tipo 1, celiachia) oalle cosiddette “malattie del benessere” (obesità,diabete tipo 2, sindrome metabolica) sia fra ibambini italiani che tra quelli di origine straniera.

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In una società multietnica come quella italiana èmolto frequente che il personale sanitario siconfronti con donne provenienti da paesi atradizione escissoria. Nonostante si tratti di unaproblematica sociosanitaria e socioculturalecomplessa, che necessita di competenzediagnostiche, terapeutiche, preventive ed umanespecifiche, la pratica quotidiana e alcuni studirecenti sul personale medico mettono in evidenzauna conoscenza inadeguata o talvolta assente inmateria di FGM/C (Female Genital Mutilation/Cutting).

In diversi paesi del mondo sono state approvateo sono attualmente discusse leggi specifiche chemirano al divieto e alla prevenzione delle pratichemutilatorie. In Italia la legge 7/2006 stabilisce anchecriteri per la formazione del personale sanitarioattraverso Linee guida ministeriali.

In Italia, come in altri paesi europei, è difficilefare stime precise del numero di donne con FGM/Ce di bambine potenzialmente a rischio di mutilazionipresenti sul territorio. Rispetto al 2008 in cui l’Istatstimava la presenza di 93.000 donne conmutilazioni genitali, nel 2009 i dati forniti dall’IstitutoPiepoli di Roma parlano di 35.000 donne conregolare permesso di soggiorno che hanno subitomutilazioni. Di queste, 4.600 hanno meno di 17anni.

Le mutilazioni genitali femminili sono unatradizione in rapporto molto stretto con l’identitàetnica di chi le pratica e per questo attraversano lefrontiere.

Aspetti sociali e cenni antropologiciLe FGM/C sono pratiche antiche, non prescritte daalcuna religione, profondamente radicate nellasocietà, ritenute necessarie per l`attribuzione di unostatus sociale alla bambina e a tutta la sua famiglia.

Sono considerate, secondo il contesto,necessarie per eliminare una parte maschile(clitoride), tutela di verginità, castità e garanzia dimatrimonio.

L’infibulazione è considerata anche un canone dibellezza femminile. Per gli aspetti antropologici si

rimanda all’abbondante letteratura esistente inproposito. È importante però sottolineare che coltempo non ci troviamo di fronte solo a donne natee cresciute fino all`età adulta nei paesi d`origine eportatrici dei valori tradizionali, spesso non coscientidi un disturbo perché considerato “parte delnormale essere donna” ma anche di II o IIIgenerazione. Troviamo quindi da un lato bambinenate in occidente, per le quali è necessaria un’operadi educazione alla legalità e alla salute dei genitori,di prevenzione e collaborazione con i pediatri e,dall’altro, ragazze e giovani donne circoncise nelproprio paese, cresciute e residenti a lungo in unpaese occidentale, che vivono un confronto con lediversità culturali del paese ospitante. Taleconfronto può, in certi casi, causare conseguenzepsicosessuali: il contrasto tra valori originari positividella circoncisione e valori negativi occidentali sullamutilazione può creare un conflitto di identità e dilealtà nei confronti della propria cultura d`origine.

Sensazioni di umiliazione, impotenza, senso ditradimento della propria famiglia, vergogna,cambiamento dell`immagine e della percezione deipropri genitali, aspettative negative nei confrontidella propria sessualità possono essere all’origine diproblemi psicosessuali, indipendentemente dallagravità del danno anatomico.

Di fronte ad una donna circoncisa non è correttolimitarsi a considerare solo la sua FGM/C maoccorre prendere in esame la persona nel suoinsieme e come ogni altra paziente immigrata,tenere in conto le possibili diversità linguistiche eculturali (usi, costumi, tradizioni, credenze,religione), la storia e il percorso di migrazione(possibili traumi: violenza, tortura, lutto, guerra;impossibile ricongiungimento familiare), fattorieconomici, livello di istruzione, eventualeisolamento, il tipo di accoglienza ricevuta, eventualicontatti con la comunità di appartenenza, possibilidiffidenza e paura in caso di accesso al seviziosanitario (oggetto di curiosità, stigma, giudizio,critica, denuncia).

Per garantire il diritto alla salute della paziente

medicina

Sul corpo delle donneTecniche chirurgiche e formazione specifica per personale sanitario ma anche counsellinge assistenza psicosessuale per le pazienti sono alla base delle pratiche di prevenzione edeinfibulazione attuate nel nostro paese, dove vivono 4.600 bambine che hanno subitomutilazioni genitali.

di Jasmine AbdulcadirDepartment of Gynaecology and Obstetrics. University Hospital of Geneva. Working Group on FGM/C,University Hospital of Geneva. Switzerland;Lucrezia Catania e Omar AbdulcadirCentro di Riferimento per la Prevenzione e la Cura delle Complicanze delle MGF. Dipartimento diGinecologia, Perinatologia e Riproduzione umana. AOUC. Firenze.

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con FGM/C è necessario garantire personalemedico, infermieristico e ostetrico e mediatorisociolinguistico culturali formati in modoappropriato.

Aspetti legaliIn Africa come in Occidente, col tempo, sono stateintrodotte leggi specificamente dirette al divieto ealla prevenzione delle mutilazioni genitali femminili.

In Africa, tra il 1994 e il 2003, Ghana, Gibuti,Burkina Faso, Costa d`Avorio, Tanzania, Togo,Senegal, Kenya, Benin, Ciad e Niger hannointrodotto leggi contro le FGM/C. Nel 2004 è statala volta dell`Etiopia e nel 2008 dell`Egitto. Si ètrattato quasi sempre di un passaggio gradualeattraverso la medicalizzazione delle pratiche, ildivieto delle forme considerate più severe e infinela messa al bando di ogni forma di mutilazionegenitale femminile. Nonostante l`impegno deigoverni, l`approvazione di leggi e l`azione delle Ongche hanno portato a importanti cambiamenti, leFGM/C sono ancora praticate clandestinamente.

Paesi come Australia, Nuova Zelanda, Canada,Stati Uniti, Svezia, Norvegia, Regno Unito, Belgio,Italia, Spagna, Austria, Danimarca hanno introdottoprogressivamente norme dirette a prevenire,vietare e punire le FGM/C e a promuovere la salutedelle donne già circoncise e l`educazione delpersonale sanitario. In Europa dove prime fra tutte,nel 1983, è stata la Svezia a ritenere necessaria unaconfigurazione penale autonoma, si ritrovanoprincipalmente tre tendenze:

A. introduzione di disposizioni specifiche direttealla lotta e al divieto delle FGM/C (Svezia,Norvegia, Regno Unito)B. introduzione di un particolare articolo/atto oriferimento sulle FGM/C (Austria, Belgio, Italia,Spagna, Danimarca)C. punizione e condanna delle FGM/C, sulla basedi leggi già esistenti, come lesioni personali(Svizzera, Francia, Germania, Finlandia, Grecia,Olanda)

In Italia, il Codice deontologico vieta ai medici dipraticare FGM/C (art.5). Dal gennaio 2006 esiste lalegge n°7 che costituisce il reato specifico:disposizioni concernenti la prevenzione e il divietodelle pratiche di mutilazione genitale femminile. Lalegge detta le misure necessarie per prevenire,contrastare e reprimere le mutilazioni genitalifemminili, come violazioni dei diritti fondamentaliall’integrità della persona e alla salute delle donne edelle bambine. Il provvedimento aggiunge duearticoli al codice penale (art. 583-bis e art. 583-ter) eprevede la reclusione da 4 a 12 anni per chi pratichiclitoridectomia, escissione, infibulazione e qualsiasialtra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo inassenza di esigenza terapeutica: disposizioni chevalgono anche per i reati commessi all’estero daun cittadino italiano o straniero residente in Italia

o quando la mutilazione è eseguita su uncittadino italiano o su uno straniero residente inItalia. Nel caso dei sanitari, è previstal’interdizione dalla professione da 3 a 10 anni. Lalegge prevede anche campagne informative pergli immigrati da paesi a tradizione escissoria, lapromozione di iniziative di sensibilizzazione persviluppare l’integrazione socioculturale,l’organizzazione di corsi di preparazione al partoper donne infibulate, di programmi diaggiornamento per gli insegnanti delle scuoledell’obbligo e la promozione presso le strutturesanitarie o i servizi sociali di un monitoraggio deicasi già noti. Prevede anche che i sanitariricevano un’adeguata formazione per la diagnosi,la cura e la prevenzione delle mutilazioni.

Dialogo e percorsoIl medico e in particolare il ginecologo ostetricopossono trovarsi a confronto con una donnaportatrice di FGM/C in diverse occasioni:controllo di routine, gravidanza o presenza dicomplicanze specificamente legate allamutilazione genitale. La presa in carico deveprevedere accoglienza, empatia, dialogo e offertadi cure adatti, senza mettere la paziente adisagio, condannarla, vittimizzarla o umiliarla,tenendo presente che ogni donna è diversadall`altra per storia di vita, percorso di migrazione,livello socioculturale e che le conseguenze dellemutilazioni possono essere estremamentevariabili: è possibile che la donna non abbianessun disturbo o che al contrario sia necessariauna presa in carico multidisciplinare (intervento diginecologo, sessuologo, pediatra, medico legale,psicologo). In caso di complicanze la pazientedovrebbe essere indirizzata a un Centro diriferimento.

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In occasione del lancio della Campagna “Io Come Tu” (cfr. II di copertina), la Lorien Consulting ha condottoper l’UNICEF Italia la ricerca on-line “Indagine sul razzismo in Italia. Un confronto tra adolescenti e adulti”.L’andamento del razzismo è considerato abbastanza stabile, se non in aumento, sia per i più grandi che per ipiù giovani, ma per entrambi i gruppi è considerato un problema risolvibile, sia pur solo con la cooperazionedi tutti. Ecco alcune delle risposte.

ricerche

Il razzismo: adolscenti e adulti a confronto

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Un’opinione generale sul razzismo

Il razzismo: che cos'è

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Affrontare il tema dell’integrazione è come scogliere il bando di un’infinita matassa.Ho passato più della metà della vita in Italia, rispetto al Senegal dove sono nato. Sono stato unclandestino come tanti giovani stranieri, uno status che ha assunto ingiustamente la valenza didelinquente. Sono diventato immigrato regolare, con in tasca un permesso di soggiorno. Ho sceltodi diventare cittadino italiano, con la nascita di mio figlio. Già prima mi ero accorto che i miei puntidi riferimento sentimentali e intellettuali si trovavano per lo più in questo paese. La scelta diacquisire un’altra cittadinanza non implica sempre il rinnego delle proprie origini. Ma è un lungo esofferto percorso. Malgrado tutto, mi chiedo ancora: «sono veramente integrato?» Credetemi, nonè una provocazione, tutti i miei conoscenti nati all’estero, ma che vivono in Italia e si occupano dadecenni delle problematiche dell’immigrazione si trovano disorientati come me di fronte al temadell’integrazione. Alcuni sostengono che è difficile, forse impossibile, giungere alla sogliadell’integrazione. È come un miraggio nel deserto, quell’oasi che si allontana tutte le volte chefinalmente i nostri passi affannati sembrano raggiungerla. Ci sono continui pretesti da parte diautorità, opinione pubblica, per richiedere agli immigrati di nuova o di vecchia data un’ulteriorepasso per integrarsi. La lingua rappresenta uno dei primi esami per i candidati all’integrazione. Edè giusto che lo sia. Però, una volta che imparano bene la lingua, gli immigrati rischiano di esserebocciati perché il loro accento italiano non è quello corretto. Qual è il corretto accento dei disparatimodi - questo costituisce la sua bellezza - di parlare italiano da Trieste, Bolzano, Torino, Milano,Cagliari, Rimini, Napoli, Bari, Palermo, Lampedusa fino alle valli più isolate?Inoltre, in una società come la nostra, lo straniero sfaccendato è considerato un parassita. Quinditrovare un lavoro onesto è un dovere, un segno di considerazione nei confronti di se stesso e dellasocietà, significa una partecipazione alla crescita economica del paese di accoglienza e un passoimportante verso l’integrazione. Ma non è così semplice. Soprattutto in tempi di crisi, come quellaattuale, lo straniero viene tacciato di sottrarre il lavoro agli autoctoni.È poi paradossale quando viene richiesto, con insistenza, ai giovani figli della migrazione, nati ocresciuti qui ed educati nella scuola italiana, di integrarsi. Questi ragazzi sono di madrelinguaitaliana, con accento “idoneo”, possiedono tutti gli elementi culturali e sociali: l’Italia è il loro paese.Alcuni hanno il padre o la madre italiana ma vengono considerati stranieri perché hanno colore dellapelle, cognome, tratti sommatici non italici. Allora il problema diventa l’esclusione che impedisceloro di crescere alla pari e di potere accedere alle stesse chance dei loro coetanei con connotazioniitaliche.Purtroppo, sono tanti gli ostacoli che rendono difficile l’accesso alla cittadinanza effettiva. Chi nascequi, da due genitori stranieri, la può richiedere soltanto al compimento dei 18 anni. Richiedere lacittadinanza non significa ottenerla, a volte, per insensate “ragioni” burocratiche. A questi ragazzisarebbe legittimo applicare il diritto del suolo, come succede in Francia, Belgio, Inghilterra, Senegal,Usa…Le richieste di cittadinanza delle madri singole residenti da più di dieci anni in Italia, per esempio,vengono automaticamente bocciate, con la motivazione del basso reddito che spesso caratterizza laloro situazione. Una madre straniera abbandonata dal marito, che si dà da fare per educare i figli eportare un onesto reddito alla famiglia meriterebbe di essere tutelata dalle istituzioni. Purtroppo,l’applicazione delle leggi che riguardano gli stranieri è spesso lasciata alla discrezionalità del singoloimpiegato pubblico o uomo “in divisa”.Porsi a priori come vittima della società e non riconoscere le proprie responsabilità o colpe nongiova nemmeno alla crescita sociale dell’immigrato. Alcuni si trascinano dietro usi e costumianacronistici. La tradizione più feroce e criminale di tutte è l’infibulazione inflitta alle bambine.L’accesso alla cittadinanza evidentemente non risolve tutti i problemi ma contro l’infibulazione o casidi matrimoni forzati tra una minorenne e un uomo spuntato dal nulla, l’applicazione preventiva deldiritto del suolo potrebbe essere un deterrente e una maggior tutela.

Riflessioni di Pap Khouma

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Pap Khouma è scrittore e gior-nalista senegalese naturalizzatoitaliano, cittadino italiano.Immigrato in Italia nel 1984, vivea Milano, dove si occupa di cul-tura e letteratura. Ha pubblicatonel 1990 “Io, venditore di elefanti”,che narra, maniera autobiografi-ca la storia di un immigrato alleprese con il duro destino di ven-ditore ambulante. Nel 2005 pub-blica "Nonno Dio e gli spiriti dan-zanti" ed è appena uscito il suoultimo libro "Noi, italiani neri". Èil direttore della rivista online diletteratura della migrazione "ElGhilbi".

Sono veramente integrato?

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Fabio GedaNel mare ci sono i coccodrilliStoria vera di Enaiatollah AkbariMilano, Baldini e Castoldi Dalai editore, 2010, pp.145,Euro 16,00

Ci sono madri costrette ad allontanare da sé ipropri figli per sperare di salvarli. È una storiaantica che si ripete e che sembra non averefine.Un bambino di dieci anni non può aspettarseloperché non riesce a capirlo, come non riesce acapirlo neppure chi vive al riparo da guerre,povertà, conflitti etnici.La giovane vita di Enaiatollah è appesa a un filoquando la madre decide di portarlo viadall’Afghanistan per assicurargli uno spiragliodi futuro. È così che inizia la storia delprotagonista di questo romanzo, un ragazzino che da ungiorno all’altro è costretto a passare dal gioco alla sfida per lasopravvivenza. La madre non può più nasconderlo da unpadrone che lo reclama come risarcimento per il lavoro delpadre, ucciso sulle montagne da banditi, quando lui aveva sei

anni. La prima impresa di una madre disperataè quella di portarlo lontano dal suo paese, incerca di rifugio. Lo stringe a sé per un tempopiù lungo del solito e gli chiede tre promesse: dinon usare mai le droghe, le armi e di nonrubare.Dal Pakistan, dove la madre lo accompagna perlasciarlo, inizia il lungo viaggio di Enaiatollahche attraverserà l’Iran, laTurchia, la Grecia el’Italia, trovando il modo per sopravvivere tramiseria, fatica ma anche amicizia. “La pazienzasalva la vita” dice Enaiat quando arriva in Italiadopo tre giorni di viaggio, senza cibo né acqua,nascosto in un buchetto di un rimorchioimbarcato nella pancia di una nave. In ItaliaEnait troverà una famiglia che lo accoglierà e unfuturo da ricostruire. Nonostante la

drammaticità della storia, questo libro ha i toni e la leggerezzadelle parole di un ragazzo, che riesce a raccontare le suevicende con parole agili e piene di speranza. Enaitollah ce l’hafatta e il suo libro è anche un omaggio ai tanti ragazzini chehanno vissuto la stessa storia, molte volte perdendo la vita.

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Libri a cura di Patrizia Paternò

Scuola Primaria Statale “Ettore Vernazza”Circolo Didattico di Genova StrulaCuori di pezzaGenova, Edicolors, Joy Division

Scuola Primaria Statale “Ettore Vernazza”In viaggio con gli amici del cuoreRacconti e itinerari tra mare e montiGenova, Edicolors, Joy Division

Quando i ragazzi prendono carta e penna e unamanciata di colori per disegnare è sempre unabuona idea. Così nascono questi due volumettirealizzati dai bambini di due scuole di Genova.I lavori partono da due esperienze diverse perché “Cuori dipezza” evoca il terremoto di Haiti, anche se in modo nonesplicito, come se nelle intenzioni dei piccoli scrittori ci fosseil desiderio di abbracciare un po’ tutti i loro coetanei indifficoltà in ogni parte del mondo. I cuori di pezza in grado di

“sentire” le sofferenze sono quelli dellebambole di pezza, le pigotte, realizzate daibambini della scuola per il presepe natalizioe che diventano le protagoniste di questabella storia di solidarietà.“In viaggio con gli amici del cuore” nasce daun lavoro di ricerca sul territorio guidato dalleinsegnanti ma affidato alla sensibilità deglistudenti che hanno avviato un percorso discoperta dell’ambiente e della cultura del loroterritorio, tra favole e leggende, giochi egiocattoli.I libri possono essere richiesti al Comitato

Provinciale UNICEF di Genova (tel. 010 53 25 [email protected]) e le offerte per entrambi ivolumetti sono destinate ai bambini di Haiti vittime deldevastante terremoto che ha colpito l’isola caraibica nelgennaio 2010 e più recentemente di un'epidemia di colera.

Roberto MussapiHansel Gretel & MomoImmagini di Giulio Cassanelli e illustrazioni di Michela PetolettiRoma, Edizioni Cooperativa Libera Stampa, 2010, pp. 41, Euro 22,00

Il libro nasce dal progetto editoriale e crossmediatico“Pariliberatutti” curato da Marina Califfi, destinato ai bambiniin età scolare, che si propone di riscrivere alcune favoletradizionali per diffondere l’educazione alla relazione, alle pariopportunità, all’integrazione e alla multiculturalità.Primo nato del progetto, questo bel volume illustrato riscrivela storia di Hansel e Gretel con la presenza di un nuovopersonaggio, Momo, un bambino africano grazie al quale idue protagonisti della tradizionale fiaba riescono a trovaresoluzioni alla loro fuga dalla strega che vuole mangiarli.La capacità di “fare squadra”, di solidarizzare, di comprendersie di avere fiducia nell’altro con il suo diverso patrimonio diesperienza e sapere sono gli elementi di forza della storia,sempre attenta a sottolineare il valore fondante dell’amicizia

e del sostegno reciproco.Per il suo messaggio e la capacità di trasmettere valoriprofondi il libro ha ricevuto il patrocinio dell’UNICEF Italia.

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ABRUZZOPescaraTel. 0854219158Fax 0854210251www.unicef.it/pescaraChietiTel. 0871331081www.unicef.it/chietiL'AquilaTel. e Fax 0862420401www.unicef.it/laquilaTeramoTel. e Fax 0861241541www.unicef.it/teramo

BASILICATAPotenzaTel. e Fax 097137529cellulare: 339 5686395www.unicef.it/potenzaMateraTel. e Fax 0835388055www.unicef.it/matera

CALABRIACosenzaTel. 0984481532www.unicef.it/cosenzaCatanzaroTel. 0961771901 - 0961775060Fax 0961771741www.unicef.it/catanzaroCrotoneTel. 096224453www.unicef.it/crotoneReggio CalabriaTel. e Fax 0965810655www.unicef.it/reggiocalabriaVibo Valentiacell. 3409022187www.unicef.it/vibovalentia

CAMPANIANapoliTel. 0817147057Tel. e Fax 081645895www.unicef.it/napoliAvellinoTel. 0825792276Fax 0825281420www.unicef.it/avellinoBeneventoTel. e Fax 0824482065www.unicef.it/beneventoCasertaTel. 0823320055www.unicef.it/casertaSalernoTel. 089756054www.unicef.it/salerno

EMILIA ROMAGNABolognaTel. e Fax 051272756www.unicef.it/bolognaFerraraTel. e Fax 0532211121www.unicef.it/ferraraForlì - CesenaTel. 054334937www.unicef.it/forlicesenaModenaTel. e Fax 059244401www.unicef.it/modenaParmaTel. 0521821547Punto d'IncontroTel. 0521235914www.unicef.it/parmaPiacenzaTel. e Fax 0523335075www.unicef.it/piacenzaRavennaTel. e Fax 05443955www.unicef.it/ravennaReggio EmiliaTel. e Fax 0522454841www.unicef.it/reggioemiliaRiminiTel. e Fax 054123344www.unicef.it/rimini

FRIULI VENEZIA GIULIATriesteTel. e Fax 040351485www.unicef.it/triesteGoriziaTel. e Fax 0481545275www.unicef.it/gorizia

PordenoneTel. e Fax 043443743www.unicef.it/pordenoneUdineTel. e Fax 043221901www.unicef.it/udine

LAZIOFrosinoneTel. e Fax 0775604618www.unicef.it/frosinoneLatinaTel. 0773691746www.unicef.it/latinaRietiTel. 0746498456www.unicef.it/rietiRomaTel. 0647809264www.unicef.it/romaCivitavecchiaTel. e Fax 076620484www.unicef.it/civitavecchiaViterboTel. e Fax 0761325833Punto d'IncontroTel. e Fax 0761304830www.unicef.it/viterbo

LIGURIAGenovaTel. e Fax 010532550www.unicef.it/genovaChiavariTel. 0185320063www.unicef.it/chiavariImperiaTel. 338149107Punto d'IncontroTel. 0184500930www.unicef.it/imperiaLa SpeziaTel. e Fax 0187515707www.unicef.it/laspeziaSavonaTel. 019812358www.unicef.it/savona

LOMBARDIAMilanoTel. 024654771Punto d'IncontroTel. e Fax 0286996612www.unicef.it/milanoCinisello BalsamoTel. e Fax 0266017376www.unicef.it/cinisellobalsamoBergamoTel. 035219517Punto d'IncontroTel. 035249649www.unicef.it/bergamoBresciaTel. e Fax 0303752647www.unicef.it/bresciaComoTel. e Fax 031571174www.unicef.it/comoCremonaTel. 037223577Punto d'incontroTel. e Fax 037230475www.unicef.it/cremonaLeccoTel. e Fax 0341282994www.unicef.it/leccoLodiTel. 0371431660www.unicef.it/lodiMantovaTel. 0376223520www.unicef.it/mantovaPaviaTel. e Fax 038229937www.unicef.it/paviaSondrioTel. e Fax 034336045www.unicef.it/sondrioVareseTel. e Fax 0332238640www.unicef.it/vareseSaronnoTel. 0296280096www.unicef.it/saronno

MARCHEAnconaTel. e Fax 071202750Punto d'IncontroTel. 0712080600www.unicef.it/anconaAscoli PicenoTel. e Fax 0735581227www.unicef.it/ascolipicenoMacerataTel. 0733264406www.unicef.it/macerataPesaro - UrbinoTel. 0721638033www.unicef.it/pesarourbino

MOLISECampobassoTel. e Fax 0874484541www.unicef.it/campobassoIserniaTel. e Fax 0874413752www.unicef.it/isernia

PIEMONTEBiellaTel. e Fax 01521021www.unicef.it/biellaAlessandriaTel. 0131610487Punto d'IncontroTel. 0131821458www.unicef.it/alessandriaAstiTel. e Fax 0141358023www.unicef.it/astiCuneoTel. 0171690291www.unicef.it/cuneoNovaraTel. e Fax 0321390591www.unicef.it/novaraTorinoTel. 0115625272 - 0115622875www.unicef.it/torinoVerbaniaTel. e Fax 032353699www.unicef.it/verbaniaVercelliTel. 0161215788Punto d'IncontroTel. e Fax 016327495www.unicef.it/vercelli

PUGLIABariTel. 0805235482www.unicef.it/bariBrindisiTel. 0831986135www.unicef.it/brindisiFoggiaTel. 0881771605cell. 3498940571www.unicef.it/foggiaLecceTel. e Fax 0832241744www.unicef.it/lecceTarantoTel. e Fax 0994795009www.unicef.it/taranto

SARDEGNACagliariTel. 0702776034www.unicef.it/cagliariNuoroTel. 0784238627www.unicef.it/nuoroOristanoTel. 078371117www.unicef.it/oristanoSassariTel. e Fax 079278981www.unicef.it/sassari

SICILIAMessinaTel. e Fax 09043804www.unicef.it/messinaAgrigentoTel. 092228949www.unicef.it/agrigentoCaltanissettaCell.: 3804593200www.unicef.it/caltanissettaCataniaTel. 095320445Fax 0957151638www.unicef.it/catania

EnnaTel. e Fax 0935960532www.unicef.it/ennaPalermoTel. e Fax 0916810605www.unicef.it/palermoRagusaTel. e Fax 0932682450www.unicef.it/ragusaSiracusaTel. 0931442631www.unicef.it/siracusaTrapaniTel. e Fax 092321500www.unicef.it/trapani

TOSCANAFirenzeTel. 0552207144www.unicef.it/firenzeArezzoTel. 0575908484www.unicef.it/arezzoGrossetoTel. 0564418051www.unicef.it/grossetoLivornoPunto d'IncontroTel. e Fax 0586802188www.unicef.it/livornoLuccaTel. e Fax 0583467791www.unicef.it/luccaMassa CarraraTel. e Fax 0585633590www.unicef.it/massacarraraPisaTel. e Fax 05048663www.unicef.it/pisaPistoiaTel. 057322000www.unicef.it/pistoiaPratoTel. 057427013www.unicef.it/pratoSienaTel. 0577232151Fax 0577232392www.unicef.it/siena

TRENTINO ALTO ADIGETrentoTel. e Fax 0461986793www.unicef.it/trentoBolzanoTel. e Fax 0471982011www.unicef.it/bolzano

UMBRIAPerugiaTel. e Fax 0755849590www.unicef.it/perugiaTerniTel. 0744300711www.unicef.it/terni

VAL D’AOSTAAostaTel. 016541119 - 0161238500www.unicef.it/aosta

VENETOVeneziaTel. 0412793878www.unicef.it/venetoVeneziaTel. 0415239950www.unicef.it/veneziaBellunoTel. e Fax 0437942987www.unicef.it/bellunoPadovaTel. 0498754988Punto d'IncontroTel. 0498751886www.unicef.it/padovaRovigoTel. e Fax 042529449www.unicef.it/rovigoTrevisoTel. e Fax 0422412314www.unicef.it/trevisoVeronaTel. e Fax 045575345www.unicef.it/veronaVicenzaTel. e Fax 0444300484www.unicef.it/vicenza

Sedi e punti d’incontro dei Comitati Regionali e Provinciali UNICEF

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Puoi acquistare i nostri prodotti o richiedere il catalogo: • su www.prodottiunicef.it • telefonando al Numero verde 800 76 76 55• andando al Comitato o Punto d’Incontro più vicino

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