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IL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA E LE BATTAGLIE CONTRO LA CRISI “Il Partito Sociale come strumento di emancipazione collettiva dentro e contro la crisi della politica: Gruppi di Acquisto Popolare contro il carovita, Brigate di Solidarietà Attiva, Casse di Resistenza, Sportelli Sociali Anticrisi, dentista sociale, scuole popolari, autorganizzazione sociale, mutualismo, fondi di solidarietà, case del popolo... un agire politico e sociale reale e concreto”
UTILI, RADICALI E POPOLARI DENTRO LA
CRISI
Come nasce il partito sociale e il suo sviluppo
In questi anni di crisi siamo assistendo ad un progressivo
peggioramento delle condizioni di vita complessive dei cittadini:
disoccupazione di massa, licenziamenti, deregolamentazione del
mercato del lavoro con il corrispondente aumento della flessibilità
lavorativa.... un’erosione continua e costante di quello stato sociale
frutto di decenni di lotte e di conquiste del movimento operaio.
L’elenco sarebbe oltremodo lungo, come è lunga l’analisi delle cause
che ci hanno portato a questo disastro economico e sociale;
sommariamente potremmo dire che ci troviamo di fronte alla più
feroce ristrutturazione capitalistica dalla fine della seconda guerra
mondiale: la globalizzazione e l’ideologia liberista, con un enorme
processo di finanziarizzazione dell’economia permesso dalla
progressiva cancellazione delle regole e dei vincoli vigenti nella fase
precedente, ci hanno messo in una situazione dove il mercato
sarebbe l’unico regolatore di tutto, ed in cui le stesse costituzioni
democratiche divengono un ostacolo da eliminare.
Le reazioni alla crisi sono state spesso confuse, finendo per alimentare
demagogia e populismo e la rinascita del razzismo e di forme di
xenofobia che sembravano dimenticate. Ci si è sentiti soli, inadeguati
di fronte a meccanismi che sono sembrati invincibili, stritolanti,
ingovernabili e spesso “naturali”. E questo sentimento ha portato ad
una rabbia ed una protesta fine a se stessa, al “vaffanculo” a priori,
senza una reale prospettiva politica e sociale, alla ricerca dell’uomo
dei sogni, del salvatore della patria pronto a sistemare tutto con i suoi
poteri, finendo per alimentare rancore, paura e livore.
Di fronte a tutto ciò cosa ha fatto Rifondazione Comunista? In questi
anni si è (volutamente) cercato di far passare l’idea che i comunisti e
Rifondazione Comunista fossero qualcosa di inutile, un ferro vecchio,
perché tanto le ideologie non servono più, né destra né sinistra
(vecchio slogan che le formazioni neofasciste degli anni ‘70 già
utilizzavano, ma volendo si può risalire anche fino al fascismo
sansepolcrista). Si è cercato di far credere che si trattasse di categorie
sociali sorpassate, perché oggi abbiamo il ‘nuovismo” armato di slides
e di innovazione; in generale si è voluta dare un’immagine di una
sinistra radicale chiusa in se stessa, nei suoi circoli, lontana dalla
realtà e dai drammi sociali, impegnata a trovare il modo per tornare
ad occupare le poltrone parlamentari.
Ma è veramente questa la realtà?
No, la realtà è differente.
Perché la realtà parla di una
Rifondazione Comunista che
non è stata ferma ed inerte di
fronte alle difficoltà e ai drammi
del popolo della crisi; la realtà
parla invece della creazione e
dello sviluppo di tutta una serie
di pratiche di resistenza sociale,
di autorganizzazione,
mutualistiche e solidali, dai
gruppi di acquisto popolare
contro il carovita, al doposcuola
gratuito, agli sportelli sociali e
anticrisi, il dentista sociale, le
scuole d’italiano per migranti, le casse di resistenza per sostenere le
lotte degli operai. In due parole: il Partito Sociale.
Tutto comincia nel 2008, con la vendita del pane ad 1 euro al chilo per
combattere il carovita e con la nascita delle Brigate di Solidarietà Attiva
per far fronte all’emergenza del terremoto in Abruzzo. Nel silenzio dei
media, troppo occupati a versare fiumi d’inchiostro sui sospiri del
salvatore della patria di turno, Rifondazione Comunista ha compreso
come la crisi e la sua drammaticità possano trasformarsi in uno spazio
dove l’anticapitalismo e la demercificazione possono riconoscersi, e ha
utilizzato le sue risorse (limitate economicamente ma infinite in quanto
a generosità dei suoi militanti) e la sua capacità di coinvolgere altre
soggettività rispettandone l’autonomia (comitati, associazioni,
movimenti) per avviare un processo a spirale tra un sociale che si
politicizza e un politico che si socializza attraverso forme di
cooperazione.
Una ricostruzione di un “noi” collettivo attraverso forme di solidarietà
concreta e la partecipazione reale ai conflitti e alle vertenze; una
modalitá dell’azione politica che costruisce un luogo d’incontro a
partire dal fare sociale che lavora per l’autorganizzazione sviluppando
forme di neomutualismo, di solidarietà, in rapporto diretto con le
vertenze, con i conflitti sociali, con le lotte e con le reti sociali esistenti
e in via di formazione.
In questi anni, soprattutto in Italia, si sono determinate da un lato
l’assenza di una vera e propria azione collettiva e dall'altro
l'affermazione di processi costanti e continui di individualizzazione
delle masse, per cui la gente pensa ad un ”noi” solo attraverso un “io”.
Si creano momenti di mobilitazione collettiva, ma in maniera assolu
tamente saltuaria e spesso inconsistente, su temi del tutto diversi gli
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uni dagli altri, per non parlare di un certo ingenuo richiamo a presunte
capacità salvifiche della rete e di internet. Di qui il partito sociale anche
come strumento per recuperare l’importanza dell’azione collettiva, per
non cercare più soluzioni individuali per problemi collettivi, ma risposte
collettive per problemi individuali.
Non si tratta di una forma di associazionismo fine a se stessa in cui la
solidarietà, sganciata dalle lotte sociali e politiche, diventa solo un
palliativo (come avere il mal di denti e anziché curarsi prendere un
antidolorifico; dopo alcune ore l’effetto passa e il dolore ritorna perché il
problema non è risolto alla radice) o una forma di assistenzialismo di tipo
paternalistico (stile vecchia democrazia cristiana), né si tratta di copiare
la Caritas, ma piuttosto di creare attraverso l’azione collettiva le
condizioni affinchè non ci sia bisogno di chiedere l'elemosina. Acquistare
direttamente prodotti per redistribuirli tra gli associati, come fanno i Gap,
non è né carità né misericordia, ma un meccanismo elementare di
solidarietà tra eguali, di classe, che determina autorganizzazione e al
tempo stesso si trasforma in vertenza contro le speculazioni, contro il
carovita. Non un intervento verticale che determina forme di dipendenza
delle persone a cui diamo una mano, ma il tentativo di sviluppare spazi e
pratiche concrete dove dar voce a chi non ce l'ha; non lavorare per
soddisfare i bisogni sociali dei cittadini ma lavorare con i cittadini
partendo dai problemi della vita quotidiana per soddisfare i bisogni
sociali, organizzare la difesa dei lavoratori, disoccupati, precari, migranti,
ma anche delle partite iva, degli artigiani.
In questi anni ci hanno raccontato che i proletari e la lotta di classe non
esistono più e che di conseguenza il comunismo non è più attuale; in
realtà siamo in piena “guerra” di classe, con la differenza che la guerra la
stanno facendo i ricchi verso i poveri. E la stanno anche vincendo, come
ha beffardamente detto Warren Buffet, uno degli uomini piu ricchi al
mondo.
Ci è stato raccontato che le ideologie non esistono più o non servono più:
in realtà la fine dell’ideologia è una delle più robuste e articolate
ideologie in circolazione, perché è servita ad assicurare il dominio delle
politiche economiche neoliberiste e la loro legittimazione anche dal
punto di vista culturale ed ideale. Rifondazione Comunista con il partito
sociale si è impegnata in questi anni nella costruzione di pratiche
mutualistiche volte a resistere all’attacco portato al lavoro e ai diritti
sociali, costruendo una nuova politica di sinistra basata sul
l’autorganizzazione dei soggetti sociali su tutti i terreni, anche culturali e
politici.
Un modello nuovo di partito interno al soggetto “sociale” che ridiviene
strumento per l’autoemancipazione collettiva delle classi popolari in
grado di coniugare forme e pratiche di resistenza sociale ed iniziativa
politica.
Oggi ci si vergogna di trovarsi o di cadere in situazioni di povertà o di
esclusione sociale, sentendosi quasi in colpa. Infatti questo modello di
società ci porta a credere che se non trovi lavoro o sei licenziato la colpa
è tua perché non sei stato all’altezza della “sfida”. Il partito sociale
ribalta questo modello e costruisce uno spazio in cui anche il più povero
può ricostruire la propria dignità, non mediante la carità ma tramite
l'associazionismo, passando da soggetto passivo a soggetto attivo,
rendendosi protagonista, attraverso forme di mutualismo, del processo
di riconquista della propria dignità.
Pratiche mutualistiche, neomutualismo, mutuo soccorso: ma cosa
significa?
Il termine compare nelle prime forme di organizzazione proletaria sin
dal 1800 e costituisce una difesa comune sperimentata dai lavoratori in
un’epoca in cui lo scontro con le classi dominanti non è mediato da
nessun politico e non esiste nessun welfare. Si fa la cassa comune per
assicurarsi contro gli infortuni, ma soprattutto per tirare avanti durante
gli scioperi (in un'epocain cui gli scioperi erano illegali). Sono forme di
sopravvivenza che permettono alle strutture operaie di lotta di nascere
e crescere, ma sono anche forme di autogestione e di democrazia
diretta, che permettono alle rivendicazioni di farsi strada tramite la forza
del proletariato; oggi tutto il welfare, il sistema dell’educazione
pubblica, il sistema sanitario nazionale, perfino il diritto di sciopero
vengono messi in discussione e per questo si parla di nuovo mutualismo.
Ecco il punto centrale: costruire attraverso pratiche mutualistiche
solidali e di aiuto reciproco una difesa comune contro l’attacco del
capitale al welfare e ai diritti sociali.
Osvaldo Gnocchi Viani, padre delle Camere del Lavoro, affermava: ”Lo
scopo è di mettere i diseredati nelle condizioni di rilevarsi ed
emanciparsi da soli”. Creare le condizione attraverso il mutuo soccorso
(tutti per uno, uno per tutti) affinchè le persone siano capaci di sollevarsi
e di camminare con le proprie
gambe.
In questi anni Rifondazione
Comunista non ha fatto solo da
connettore tra le pratiche già
esistenti, ma ha contribuito a
crearne di nuove, generando strutture che si moltiplicano, distinte da
noi ma non distanti, e che lavorano conservando la propria autonomia.
Una gamba del partito esterna a Rifondazione ma non esterna al nostro
progetto complessivo, cioè costruire un vasto campo della sinistra di
classe in una prospettiva anticapitalista ed ambientalista.
Oltre che per combattere la crisi, il partito sociale si rivela strumento per
combattere un altro nemico insidioso che in questi anni ha avuto campo
libero: l’individualismo “mascalzone”. Verso la fine del secolo scorso, un
sociologo acuto come Pierre Bourdieu era giunto alla conclusione che il
neoliberalismo imperante non era altro che la copertura di un
«immenso lavoro politico all’insegna di un programma di distruzione
sistematica di tutti gli spazi e gli organismi collettivi che si erano formati
nella società».
Il punto centrale è nel cambiamento del clima sociale che si è prodotto
durante il trentennio di neo-liberalismo trionfante e che ha due facce
principali. Da un lato si è perduta la fiducia nella possibilità di cambiare
l’ordine sociale in direzione di una più equa (egualitaria) distribuzione
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del reddito, della ricchezza e, conseguentemente, del potere. La
formazione di gigantesche aggregazioni di ricchezza, per di più, ha
spostato il luogo dello scontro sociale in un altrove che non si riesce più
a vedere concretamente. Dall’altro lato c’è il cedimento, non di rado
inconsapevole, all’ideologia dell’individualismo “mascalzone”, secondo
la quale, come affermò perentoriamente l'ex premier conservatore
britannico Margaret Thatcher «il sociale non esiste, esistono solo gli
individui e i problemi li affrontano e li risolvono, se ne sono capaci, gli
individui».
Dall’antropologia sociale del nostro tempo è stata così estirpata la
dimensione sociale, l’inclinazione a ricercare soluzioni collettive ai
problemi che di volta in volta ci troviamo a condividere nel divenire della
società. Si è così celebrato il trionfo dell’iniziativa individuale,
dell’individuo “imprenditore di se stesso”, avulso da un contesto di
relazioni sociali e poco incline alla cooperazione, e, dunque,
abbandonato a un solipsismo che non ha tardato a mostrarsi come
l’anticamera della disperazione e della depressione.
Il bandolo della matassa, se si vuole ritrovare la via di azioni collettive
per tentare di porre rimedio alle situazioni di sofferenza, sta
probabilmente tutto qui. Bisogna ricostruire il gene dell’agire collettivo,
con tutti gli elementi che lo compongono e lo producono: la
condivisione, la cooperazione, la solidarietà. E lo si può fare solo a piccoli
passi, in una prospettiva di lungo periodo. Lo si può fare se le persone
riescono a ritrovare la convinzione che prendere la parola, agire in prima
persona all’interno di strutture collettive, può produrre mutamenti
sociali rilevanti. Lo si può e, forse, lo si deve fare a partire da interessi
circoscritti, da ambiti, anche territoriali, limitati, da gruppi di persone
sospinte da moventi diversi, ma con la piena consapevolezza che solo se
questi tentativi si riempiono di una voglia di futuro condiviso, se
ambiscono a comporre una visione, possono produrre quella massa
critica che è necessaria per dare un nuovo senso al cammino
dell’umanità. Il cambiamento è sempre e necessariamente una
questione che investe la responsabilità dell’individuo e la sua voglia di
essere protagonista attivo; ma senza una visione collettiva, capace di
immaginare e desiderare un futuro diverso, non si mettono in moto
quelle dinamiche vaste e profonde che determinano l’evoluzione della
società. Questa è l’idea del partito sociale: fare piccole trasformazioni
per preparare le grandi trasformazioni, rifondare il comunismo nel XXI
secolo.
Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere
instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo
comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente
(Karl Marx)
GRUPPI DI ACQUISTO POPOLARE CONTRO IL
CAROVITA
“La sovranità alimentare. Prima agire poi parlare”
I gruppi di acquisto popolare (GAP) nascono nel 2008 su iniziativa di
Rifondazione Comunista per combattere il caro-vita e la speculazione e
sostenere le fascie più deboli. I GAP sono reti di cittadini che si uniscono e
decidono l'acquisto collettivo di beni e servizi. Il tutto è regolato per
legge: i GAP non fanno vendita e non hanno scopo di lucro, ma
contrattano i prezzi direttamente con i produttori e poi creano una rete
di distribuzione alternativa a quella delle grandi catene. I GAP (oramai
presenti su tutto il territorio nazionale) sono nati sulla spinta della
necessità sempre più impellente di combattere il carovita: molti hanno
iniziato la loro attività distribuendo pane a prezzo calmierato (1 euro al
kg), per poi estendersi anche ad altri prodotti.
Perchè partire dal pane?
Innanzitutto per l'alto valore simbolico di questo alimento essenziale, ed
anche per combattere la bolla speculativa attorno al grano e derivati; per
chi non lo sapesse, il grano è quotato in borsa e da qui nascono le
speculazioni su un elemento vitale per l'uomo che ogni governo
dovrebbe invece garantire a prezzo calmierato e popolare.
I Gruppi d' Acquisto mirano proprio a raggiungere tale scopo: dimostrare
che può esistere un commercio a prezzo stabilito tra le parti (produttore
e consumatore), un commercio in cui chi produce e chi consuma hanno
un rapporto diretto e di fiducia.
Con il gruppo di acquisto popolare si ribalta la logica della coperta corta
che mette i ceti popolari l'uno contro l'altro: non conta se sei clandestino
o italiano, più si è meglio è, perchè meglio si contratta il prezzo con il
produttore.
Questo è quanto è avvenuto per il GAP romano, che è riuscito ad
abbassare il prezzo del pane da 1.10 ad 1 euro al kg in una settimana,
passando da un ordinativo di 800 kg a uno di 1150 kg di pane. Si può
immaginare cosa significhi per un precario, un disoccupato o un
pensionato in difficoltà per arrivare alla fine del mese avere la possibilità
di fare la spesa a prezzi calmierati, oltre che poter acquistare prodotti
biologici e sani poiché nelle ordinazioni vengono seguiti una serie di
criteri etici.
Non solo: un altro aspetto importante è la possibilità di poter condividere
tali pratiche, superando quel senso di solitudine, di atomizzazione
dell’individuo. Ad oggi Rifondazione Comunista è riuscita a promuovere,
grazie al lavoro di militanti e volontari esterni, più di 160 gruppi di
acquisto popolare in tutta italia.
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LE BRIGATE DI SOLIDARIETA’ ATTIVA “Uniti siamo tutto, divisi siam canaglie”
Camera del Lavoro di Reggia Emilia primi anni del 900
Le Brigate di Solidarietà Attiva furono create su iniziative di Rifondazione
Comunista nel 2009 per far fronte all’emergenza seguita al terremoto in
Abruzzo, quando volontari accorsi da tutta italia si trovarono a costruire
e a gestire tre tendopoli insieme agli abitanti del luogo; da allora le
“BSA” sono cresciute, moltiplicandosi ed acquisendo una propria
autonomia, divenendo “soggetto distinto ma non distante” da Rifonda
zione Comunista e strutturandosi come federazione di associazioni con
una forte autonomia territoriale e locale. Fin da subito l’attività delle BSA
si è differenziata dai vari interventi caritatevoli e interessati, con
un’immediata presa di distanza dalle politiche corrotte della
ricostruzione, con l’evoluzione di un modello organizzativo che vede
nell’orizzontalità del meccanismo decisionale e nelle pratiche condivise e
replicabili le sue caratteristiche più forti, mirando alla costruzione dal
basso di una coscienza critica verso i meccanismi attraverso i quali lo
sfruttamento può esistere e propagarsi, portando avanti
una solidarietà funzionale alla lotta di classe contro il
sistema politico e socio-economico attuale, mirando al
ribaltamento dell’attuale modello di società tanto
individualista nelle aspirazioni quanto conformista nei
valori.
Rimboccarsi le maniche e offrire ognuno, secondo le
proprie responsabilità, il proprio contributo alla costru
zione di momenti di autorganizzazione popolare ed allo
svelamento delle contraddizioni sociali.
Le BSA rivolgono particolare attenzione alle problematiche socio-
economiche, attivandosi nelle situazioni di emergenza, portando aiuto
pratico per risolvere i problemi immediati, ma con una precisa ottica
politica: cercare di organizzare spazi di lotta e di emancipazione di lungo
periodo. La forma organizzativa ha un primo livello territoriale in piena
autonomia dalle altre BSA, che porta avanti le proprie lotte e progetti
quotidiani nel territorio.
Molteplici sono stati in questi anni gli interventi delle BSA, a cominciare
dal sostegno dato nel sud Italia ai braccianti ed ai migranti vittime del
caporalato, con la creazioni dal nulla di veri e propri campi in cui i
volontari delle BSA si alternano periodicamente per dare sostegno ai
nuovi schiavi del XXI secolo. Così per esempio è accaduto nel basso
Salento dal 2011, con il sostegno al più importante sciopero
autorganizzato di braccianti stranieri, tutti africani, occupati nella
raccolta di angurie e pomodori sotto la sferza del sistema del caporalato
etnico; in collaborazione con l’associazione pugliese Finis Terrae nei
pressi di Nardò, l’area di una masseria abbandonata (Masseria Boncuri)
è stata trasformata in un centro di accoglienza. Centro di accoglienza
utilizzato anche come strumento per sensibilizzare i lavoratori migranti
in merito all’emersione del lavoro nero e per attivare processi di
emancipazione ed auto-organizzazione dal basso. In questo senso fin dal
2010 è stata organizzata dalle due associazioni la campagna «Ingaggiami
contro il lavoro nero».
L’esperienza della Masseria Boncuri si è rivelata un grande laboratorio
politico e sociale, ma molti sono stati gli interventi delle BSA, dalla
raccolta di farmaci per la clinica autogestita greca Hellenikon alle lotte a
fianco di lavoratori disoccupati e cassintegrati nelle fabbriche (come la
Frattini o l’Eutelia), dagli interventi fianco a fianco delle
popolazioni alluvionate della Liguria e della Sardegna alla
costituzione di un presidio-osservatorio permanente a
Lampedusa dove i volontari si alternano effettuando un
lavoro enorme di controinformazione e di supporto; o
ancora la campagna arance 2013/14 per sostenere i
braccianti e i piccoli produttori contro la grande
distribuzione organizzata. Tutta l’attività delle BSA si basa
sull’autofinanziamento e l’autorganizzazione, rigettando i
modelli assistenzialisti e caritatevoli. Partendo dall’iniziativa del PRC nel
2009 decine sono le BSA che si sono sviluppate su tutto il territorio
nazionale. Infine un’ultima curiosità, il nome brigate, un richiamo
fortemente ideale, quasi romantico, sia alle brigate partigiane che alle
brigate internazionali che combatterono nella guerra civile spagnola in
cui decine di migliaia di militanti accorsero da tutto il mondo come
volontari per la difesa della repubblica e della democrazia.
www.brigatesolidarietaattiva.blogspot.com
LE NUOVE CASE DEL POPOLO
“Nuove case di diritti”
Le case del popolo hanno la loro origine verso la fine dell’800, per
rispondere al bisogno popolare di realizzare in comune opere di
progresso che non si potevano ottenere individualmente. Luogo
simbolo delle conquiste del movimento operaio, la storia delle case del
popolo è parte integrante della storia italiana, della sinistra, dei suoi
successi e delle sue sconfitte. Nelle case si sono formate generazioni di
uomini e donne che hanno costituito la spina dorsale del movimento
comunista e socialista, luoghi fisici, interamente pensati e costruiti con
l'intelligenza e la fatica di artigiani, operai e le loro famiglie, dove si
materializzavano gli ideali di una società diversa. E dunque luoghi in cui si
organizzavano attività sportive e ricreative, ma anche politiche, culturali e
di varie socializzazioni. Ma soprattutto si organizzavano le lotte
proletarie. Non a caso il fascismo volle distruggerle con la requisizione; in
seguito furono ridotte in molti casi a vuoti e meri esercizi commerciali e
travolte dalla fretta di liquidare il patrimonio genetico del movimento
comunista in Italia da parte della classe dirigente post comunista.
Rifondazione Comunista ha ripreso questa tradizione attraverso la
creazione di nuove case del popolo, come case di diritti in cui diventano
case dei popoli, luogo di incontri e scambi di culture, lingue, tradizioni e
convivenze.
Stanze dove iniziare a conoscersi e capirsi. Questo processo, in atto da
anni, conferma la vocazione di questi luoghi ad essere la prima frontiera
dell'accoglienza, il primo vero cantiere dove si esercitano - nella
concretezza dei momenti quotidiani - tolleranze ed integrazioni. Le Case
del popolo ospitano i Gap, scuole d’italiano per migranti, doposcuola
popolare per i bambini, mercatini dell’usato, sportelli sociali gratuiti;
sintomatico è l’esempio della casa del popolo “Meri Randazzo”di Mortise
a Padova, una ex-scuola abbandonata ed utilizzata come laboratorio
abusivo e clandestino per confezionare droga, occupata dal PRC di
Padova e restituita alla cittadinanza come spazio sociale, trasformando
un luogo abbandonato e preda della criminalità in uno spazio per attività
sociali. Le case del popolo come nuove case di diritti, di solidarietà, di
socialità, d’integrazione e di lotta.
Servizio del tg3 veneto dedicato alla casa del popolo di Mortise
www.youtube.com/watch?v=OjpL61TG5a0
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LE CASSE DI RESISTENZA Un’altra pratica di solidarietà che ci riporta
alle origini del movimento operaio per
sostenere le lotte, specie durante gli
scioperi, è la cassa di resistenza. Questo
strumento é in grado dare un aiuto
economico ai lavoratori impegnati in lotte e
vertenze, ma si può anche utilizzare per
sostenere le spese legali dei gruppi coinvolti
in episodi di repressione. Da molti anni il
PRC, collaborando con diversi soggetti, ha contribuito alla creazione di
diverse casse di resistenza. Non soltanto per esprimere solidarietà, ma
anche per cercare di tutelare materialmente e finanziariamente le
lotte portate avanti dai lavoratori, anche attraverso forme di sostegno
non direttamente economico (buoni pasto, mense popolari, cene di
autofinanziamento, ecc…), sostegno dato anche a singoli lavoratori
sottoposti a licenziamento politico o altri provvedimenti repressivi.
ARANCIA METALMECCANICA La campagna "Arancia
metalmeccanica" fu ideata dalla
Federazione della Sinistra (PRC
e PDCI) nel 2009 per sostenere
la lotta dei lavoratori
dell’Eutelia. La campagna
consiste nella vendita di arance
biologiche provenienti
direttamente da coltivatori
della Sicilia, il cui ricavato va a sostegno delle lotte dei lavoratori. 3 kg di
arance sono venduti a 5 euro, di cui metà vanno a sostenere le lotte e
metà ai contadini siciliani; quindi una campagna dalla doppia valenza,
doppiamente solidale, non solo per i lavoratori ma anche per i contadini
e i coltivatori, aiutandoli a non farsi strozzare dai prezzi capestro imposti
dal mercato e dalla grande distribuzione.
DENTISTA SOCIALE La grave crisi che imperversa oggi
nella società ha penalizzato in
maniera sempre più pesante molte
famiglie. Una delle prime spese che
è stata sacrificata per poter ”tirare
avanti” è senza dubbio quella del
dentista; per fornire un supporto
alle tante persone che sono
obbligate a rinunciare a curarsi (si
sa, le cure dentistiche costano…),
Rifondazione ha attivato, grazie
all’aiuto di alcuni dentisti sensibili
all’aspetto sociale, una rete di
ambulatori dove possono avere
accesso le persone che non hanno
la disponibilità economica per affrontare le spese di cura. Nasce così
l’odontoiatria sociale, con la possibilità di fare visite e preventivi gratuiti,
e avere delle cure odontoiatriche a prezzi più abbordabili.
PARMIGIANO PARTIGIANO La campagna "Parmigiano partigiano" è stata promossa nel 2012 in
seguito al terremoto in Emilia per aiutare le aziende produttrici di
parmigiano che erano state danneggiate dal sisma. Da un articolo di
Francesco Piobbichi,
responsabile del dipartimento
oraganizzazione e pratiche
sociali del PRC in risposta alla
lettera di uno dei caseifici
sostenuti.
Ci sono lettere che la grande
stampa non riporta perchè non
fanno notizia, ci sono storie
che molti dei nostri compagni
e delle nostre compagne
porteranno dentro raccontandole un domani ai loro figli o nipoti. Sono
storie di pratiche sociali, di solidarietà attiva, valori scritti nella storia che
nessun vento qualunquista cancellerà. Leggendo queste righe di
ringraziamento al nostro partito per il progetto "parmigiano partigiano",
scritte da parte del Caseificio Novese colpito dal sisma, ho provato
grande emozione, come l'hanno provata tutti i compagni e le compagne
che si sono adoperati per questa iniziativa. Il PRC come è successo
durante il terremoto aquilano è intervenuto nella bassa modenese,
tirandosi su le maniche, lavorando con altre associazioni per costruire
processi di autorganizzazione e dando una mano concreta a che ne aveva
bisogno. L'abbiamo fatto con umiltà, lontano dalle passerelle dei media,
mettendo a disposizione i pochi strumenti che abbiamo. Questa lettera
che ci ha inviato il Caseificio Razionale Novese ci dice che politica non è
solo comunicati stampa, che la sinistra quando fa la sinistra dimostra
ancora di essere la parte migliore del paese. Sentitevi orgogliosi
compagni e compagne della comunità che abbiamo costruito e teniamo
viva con il lavoro militante.
Il socialismo, diceva Che Guevara, è la scienza dell'esempio, continuiamo
così, con il popolo per il popolo contro la crisi.
CASEIFICIO RAZIONALE NOVESE S.C.A.
Via Provinciale 73
41016 NOVI DI MODENA
AL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
AI GRUPPI DI ACQUISTO POPOLARE
Cari amici,
al termine di questa lunga e difficile estate desideriamo rivolgervi un
saluto ed un messaggio.
Il terremoto che ha colpito la nostra terra ha rappresentato un durissimo
colpo per la nostra azienda, mettendo in discussione la sua
sopravvivenza, con tutto ciò che questo poteva significare in termini di
scomparsa di decine di posti di lavoro e di un sapere professionale che ha
saputo negli anni produrre un Parmigiano di alta qualità. La grande
campagna di solidarietà da voi promossa nei nostri confronti e l’acquisto
di cospicue quantità di Parmigiano da parte dei Gruppi di Acquisto
Popolare e delle strutture territoriali del Partito della Rifondazione
Comunista ci hanno permesso di superare un momento di enorme
difficoltà e di metterci oggi nelle condizioni di potere affrontare il futuro.
Un’iniziativa, la vostra, che non si è rivolta solo a noi, ma che ha parlato il
linguaggio della solidarietà e del mutuo soccorso, valori che hanno
rappresentato per la nostra Emilia importanti e imprescindibili elementi
per il progresso sociale e civile.
Per tutte queste ragioni desideriamo esprimervi la nostra gratitudine,
sicuri che la nostra collaborazione continui anche nel futuro.
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AMBULATORI POPOLARI Ambulatori sociosanitari per migranti, rom, persone che non riescono o non possono usufruire del
sistema sociosanitario nazionale.
E’ da tempo in funzione una rete di “sportelli” i cui nodi sono presenti in numerose città italiane
(Genova, Milano, Pisa, Roma, Siena, ecc). In base alle singole problematiche territoriali – diverse per
un contesto metropolitano o uno di provincia – gruppi di lavoro hanno messo in piedi strutture
flessibili di intervento e di mediazione, anche sociolinguistica, volte a prestare cure specifiche (quindi
con la presenza di staff medici) ma, soprattutto, ad avviare le persone ad un rapporto con le istituzioni
publiche preposte. Non assistenzialismo quindi, ma reti di protezione sociale che invece di ricadere
nella logica di una privatizzazione e di una esternalizzazione di servizi, si pongono il problema di
trovare risposte efficaci a chi è in difficoltà. Il “disagio” diviene non elemento escludente ma molla per mettere insieme energie, competenze, risorse.
Il momento in cui si ricostruiscono relazioni sociali e a volte comunitarie che mirano a permettere a ciascuno di ricostruire una propria autonomia non
solo sanitaria ma fondamentalmente sociale.
LO SPORTELLO SOCIALE Gli sportelli sociali sono stati creati dal PRC innanzitutto come forma di mutuo soccorso per le
famiglie colpite dalla povertà e dalla disoccupazione, ma anche per fornire a studenti,
pensionati, lavoratori, disoccupati assistenza e consulenza personalizzata e qualificata nel
campo fiscale e delle agevolazioni sociali; il partito con l’aiuto di avvocati militanti, civilisti e
penalisti, offre consulenza gratuita e supporto legale a costi convenzionati sulle problematiche
generate o rese urgenti dalla crisi economico-sociale. Lo sportello agisce in vari ambiti:
locazione e disagio abitativo, assistenza giudiziale, assistenza pratiche amministrative (alloggi popolari, permessi di soggiorno, cittadinanza,
ricongiungimenti), assistenza crisi familiari (anche in alcuni casi con uno psicologo sociale).
RIPETIZIONI POPOLARI
La scuola pubblica italiana esclude quotidianamente gli studenti, soprattutto quelli provenienti da famiglie meno
abbienti. Dal momento in cui è stato introdotto l’obbligo di recuperare i debiti formativi prima dell’inizio
dell’anno, tanti studenti devono spendere centinaia di euro per poter accedere alle lezioni private; costi assurdi e
proibitivi per le tante famiglie che in questi anni sono state impoverite dalla crisi economica. Nasce da qui il
progetto delle ripetizioni scolastiche a prezzo popolare, come pratica sociale
contro la crisi economica, per dare una risposte ai gravi disagi materiali di cui
soffrono tanti studenti. Una pratica da intendere come strumento di lotta
contro le politiche di austerità che hanno operato tagli sempre più pesanti
alla scuola pubblica, impedendo così un vero esercizio del diritto allo studio.
Un'idea di mutualità dal basso, non per puro spirito di volontariato, ma in un'ottica di condivisione e libera
circolazione del Sapere.
MERCATINI DELL'USATO Questa esperienza rappresenta una prassi efficace sia nella lotta al caro-libri che in quello dell’autofinanziamento
dei progetti di solidarietà. Infatti i mercatini, adottando percentuali vantaggiose sia per l’acquisto (45% circa) che
per la vendita (50%), riescono ad offrire un servizio che permette agli studenti e alle famiglie in difficoltà un
vantaggio palpabile in grado, vendendo e acquistando, di ridurre la spesa in maniera significativa.
PICCHETTI ANTI SFRATTO L’emergenza abitativa è diventata in questi anni quasi il simbolo dell’austerità e delle politiche
neoliberiste, con migliaia di persone che perdendo il lavoro o trovandosi in cassa integrazione o
vedendosi ridotta la pensione, sono state sfrattate magari perché non più in grado di pagare il mutuo.
Con 650.000 mila nuclei familiari in attesa di un alloggio popolare ed una politica governativa sorda ad
ogni dialogo, si è sviluppata in Italia come negli altri paesi mediterranei un forte movimento per la
difesa del diritto all’abitare; anche in questo il PRC ha dato il suo contributo, impegnando spesso i suoi
militanti e i circoli in occupazioni e picchetti antisfratto, impedendo anche fisicamente gli sgomberi.
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COMUNE SOLIDALE
Il presente e il futuro verso la confederalità delle pratiche sociali. Il Comune, istituzione che il sistema usa ancora per dare qualche parziale risposta ai bisogni sociali, è il luogo in cui maggiormente
possono oggi operare le forze antiliberiste. Nel Comune si focalizza il processo reale e complesso di relazioni antagonistiche e
contraddittorie tra l’attacco neoborghese, la sopravvivenza comunale dello “Stato di diritto” e lo sviluppo delle pratiche sociali
autonome. Le pratiche sociali autonome interagiscono inevitabilmente e oggettivamente coi Comuni a tre livelli: a) lo sostituiscono e/
o lo integrano rispondendo ai bisogni sociali negati in tutto o in parte dalle limitazioni che la governance di “larghe intese” impone alla
spesa sociale locale; b) parallelamente all’analoga azione comunale, resistono contro i tagli alla spesa sociale locale per mantenere i
servizi assistenziali, sanitari e sociali locali ancora esistenti; c) sostengono una analoga linea di opposizione ad ogni ulteriore taglio
deciso o proposto dalla governance di “larghe intese”.
Le pratiche sociali autonome, e ancor più le strutture permanenti (GAP, comitati antisfratto/sindacati inquilini, occupazioni di case,
comitati territoriali ) e gli organismi complessi (le nuove case del popolo ), dovendo per forza avere col Comune un’interazione
negoziale, ne trasformano i tre livelli in parti programmatiche di proprie piattaforme sociali; le relative rivendicazioni, le lotte, gli
eventuali accordi diventano immediatamente pratiche sociali di resistenza all’attacco neoborghese. Così dall’opposizione sociale
autonoma, oltre alla prospettiva del “Comune Sociale”, si sviluppa un altro percorso, un progetto politico che, traducendo
piattaforme, rivendicazioni, accordi in programmi amministrativi da sviluppare con proprie rappresentanze in Consiglio Comunale,
genera l’idea di una nuova forma istituzionale: un “COMUNE SOLIDALE” resistente agli attacchi della governance di “larghe intese”
con un’azione di solidarietà sociale e politica, che integra le pratiche sociali autonome, le politiche del Comune volte a mantenere e
qualificare i propri servizi assistenziali, sanitari e sociali e ad opporsi ai tagli, al patto di stabilità, alle privatizzazioni e eliminazioni di
servizi. È il caso del “fondo di solidarietà” per i lavoratori licenziati senza la copertura economica degli ammortizzatori sociali
sperimentato a Lodi. Il “fondo”, formalmente deliberato dal Consiglio Comunale, integra le pratiche sociali autonome con il sostegno
economico e/o strutturale del Comune. Il fondo affronta l’emergenza della mancanza di reddito e di lavoro fornendo un contributo di
sussistenza alimentato con risorse provenienti
da pratiche sociali autonome (loro strutture
permanenti), da iniziativa comunale diretta o
indiretta, da progetti lavorativi per
l’autoproduzione di beni di sostentamento (i
soggetti licenziati e privi di reddito, impiegando
mezzi e strutture di proprietà comunale,
producono quei beni; la loro distribuzione è
curata da gruppi di acquisto a carattere
popolare; i relativi proventi vanno ad
alimentare il “fondo di solidarietà”). La
prospettiva del “COMUNE SOCIALE” e la pratica
del “COMUNE SOLIDALE”, costituiscono una
reale e concreta linea di resistenza allo “Stato di
mercato” praticabile e utile al neoproletariato;
questa è la strada che intendiamo percorrere.
Tutte le attività realizzate da Rifondazione per il partito sociale si sono sviluppate e si sviluppano basandosi solo
sull’autofinanziamento e sulle donazioni di simpatizzanti e militanti senza alcun tipo di contributo pubblico o finanziamenti privati.
In alcuni casi Rifondazione si è trovata a sviluppare le sue pratiche mutualiste e di autorganizzazione sociale condividendole sia con
altre soggettività come associazioni, comitati e movimenti, sia con singoli operatori sociali e indipendenti, dimostrando così la sua
capacità di collaborare per il bene comune senza porre paletti e recinti, al contrario di quanto il mainstream mediatico ha cercato di
far credere in questi anni.