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IL PIAVE “...fiume leggendario, al fronte è più di un generale...” Lavoro svolto da alcuni alunni della classe III C dell’Istituto comprensivo “F. Surico” di Castellaneta, nella ricorrenza del centenario della fine della “Grande Guerra”. Maggio 2018

IL PIAVE - 1918...Anche dopo la guerra, la “Leggenda del Piave” rimase popolarissima e venne eseguita il 4 novembre 1921 all’inaugurazione del monumento al milite ignoto, al

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IL PIAVE “...fiume leggendario, al fronte è più di un generale...”

Lavoro svolto da alcuni alunni della classe III C dell’Istituto comprensivo “F. Surico” di Castellaneta, nella ricorrenza del centenario della fine della “Grande Guerra”.

Maggio 2018

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S O M M A R I O

Alunni collaboranti: ...................................... Pag. 2

1) Presentazione: ......................................... Pag. 3

2) Il manoscritto della canzone: ................... Pag. 4

3) Il Piave, un nuovo combattente: .............. Pag. 5

4) La riconquista e la vittoria: ....................... Pag. 6

5) I lavori degli alunni: .................................. Pag. 7

6) Ricerche negli archivi: .............................. Pag. 14

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1 - PRESENTAZIONE Questo opuscolo serve ad illustrare il lavoro svolto da alcuni alunni della classe III C dell’Istituto comprensivo “F. Surico” di Castellaneta, nella ricorrenza del centenario della fine della “Grande Guerra”, coordinato dalla Docente di Storia Maria Lucia Miccoli, supervisionato dal Dirigente scolastico Prof. Antonio Ludovico. Per gli alunni, spesso, gli eventi storici studiati sui libri, a volte, risultano troppo lontani nel tempo per poter essere compresi nella loro reale consistenza. Così, quando è possibile, ci si sforza di rappresentare la storia anche sotto forma di racconto e di narrazione di vicende cui abbiano partecipato personaggi a loro vicini. La descrizione dei fatti tramandati dalla memoria dei loro antenati come condizioni di vita, modi di pensare, credenze e usanze risulta per i ragazzi sempre avvincente ed è, il più delle volte, in grado di appassionarli ed attrarli nella fredda lettura dei libri scolastici. Pertanto, allo scopo di coinvolgere i ragazzi nello studio della disciplina “storia”, ho loro proposto di integrare la didattica con attività di ricerca fotografica e narrativa dei ricordi dei loro familiari ai fini di ricostruire vicende, a volte tragiche, di partecipazione alla “Grande Guerra”. Con l'auspicio e la concreta speranza di contribuire a rendere più interessante lo studio della disciplina “storia” per i giovani allievi, futuri cittadini e protagonisti dei giorni che verranno. A tutti gli allievi è stata proposta la lettura di alcuni brani tratti dai recenti volumi: - A. Giuntini-D. Pozzi, LETTERE DAL FRONTE, Poste Italiane, Rizzoli

Editore, 2015. - V. Beccia-F. Dal Forno, NON CHIAMATELO FIUME, Rodorigo Editore,

2017. Così alcuni alunni della classe III C si sono cimentati, con entusiasmo, nell’approfondimento del ruolo del fiume Piave e sul significato della sua leggendaria fama. Maggio 2018

Ins. Maria Lucia Miccoli

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2 - IL MANOSCRITTO DELLA CANZONE Le quattro strofe del “Piave” vennero scritte su moduli di servizio dell’amministrazione postale (Museo storico della comunicazione del ministero dello Sviluppo Economico, Roma-Eur). Si tratta di uno dei tanti musei sconosciuti italiani: oltre al manoscritto del Piave, conserva la scatola di sigari dove Marconi costruì il detector magnetico del 1902, apparecchi telegrafici, timbri, le buche delle lettere del Seicento, una collezione completa di francobolli italiani e di tutto il mondo con i loro bozzetti originali, documenti e attrezzature del servizio postale dal Settecento. Una delle canzoni patriottiche più note in Italia – e una delle pochissime che ancora si ricordano praticamente tutti – è la “Leggenda del Piave”, quella che comincia con le parole: «Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio / dei primi fanti il 24 maggio». Fu scritta negli ultimi giorni di guerra e divenne famosa soprattutto negli anni successivi al conflitto. Nonostante il successo durato decine di anni, l’autore della “Leggenda del Piave”, Giovanni Ermete Gaeta, un compositore e poeta dialettale napoletano, non ci guadagnò quasi nulla. Il manoscritto originale della “Leggenda del Piave”, conservato nel Museo storico della comunicazione di Roma. Gaeta nacque a Napoli nel 1884. Il padre, un barbiere, non poteva permettersi di far studiare il figlio e così Gaeta cominciò a lavorare come garzone nella bottega di famiglia. Gaeta era appassionato di musica e di poesia e studiò i rudimenti della teoria musicale da autodidatta cominciando a suonare il mandolino. Ancora diciottenne, iniziò a collaborare con “Il Lavoro”, giornale di Genova allora diretto da Alessandro Saccheri: scriveva articoli culturali in terza pagina che firmava “Hermes”, dal suo secondo nome, e versi in dialetto napoletano. Nel 1902 vinse un concorso per impiegato postelegrafico e cominciò a lavorare a Bergamo, in Lombardia. In città conobbe Marie Clinazovitz, una giornalista di origine polacca che dirigeva la rivista letteraria “Il ventesimo”, dove cominciò a scrivere articoli con lo pseudonimo di “Mario Clarvy”. Negli anni scrisse anche poesie, articoli e saggi critici, firmandosi con lo pseudonimo che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita: E. A. Mario. Nel 1903 Gaeta ottenne il trasferimento a Napoli e dodici anni dopo, all’inizio della guerra, ottenne di prestare servizio nella posta militare e fu incaricato di trasportare la corrispondenza per il fronte. L’esperienza gli ispirò alcuni testi patriottici come la “Serenata all’imperatore” (cioè Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria) che conteneva i versi: «Mio caro Imperatore / primma ca muore, ‘a vide ‘a nuvità: / l’Italia trase a Trieste / ce trase e hadda restà!» (“Imperatore, prima di morire, vedrai la novità: l’Italia entra a Trieste, ci entra e ci rimane”). Anche dopo la guerra, la “Leggenda del Piave” rimase popolarissima e venne eseguita il 4 novembre 1921 all’inaugurazione del monumento al milite ignoto, al Vittoriano di Roma. Quell’anno Gaeta si sposò con Adelina Gaglianone, che gli era stata presentata da Eduardo Scarpetta, il commediografo padre di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo. Due anni dopo, però, venne licenziato dalle poste a causa della sua attività parallela di musicista. Gaeta si ritrovò in difficoltà economiche visto che la SIAE non gli riconosceva i diritti d’autore del “Piave”, perché considerò il testo come “inno nazionale” (anche se non ebbe mai ufficialmente questa qualifica) e quindi proprietà statale. Nel 1933, in una situazione sempre più grave, Gaeta chiese di essere riassunto alle poste e continuò a lavorare al ministero sino alla pensione. Gaeta morì il 24 giugno 1961. Enrico Demma, il primo interprete della canzone, morì nel 1975.

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3 - UN NUOVO COMBATTENTE (18 giugno 1918)

Il 18 giugno 1918 volge ormai a sera e gli austriaci sulla riva sinistra del Piave tentano ancora disperatamente di approntare i collegamenti con la sponda destra, dove li attendono i commilitoni tremendamente provati dall'attacco e impegnati a difendere la testa di ponte del Montello, faticosamente strappata agli italiani. Le truppe isolate al di là del Piave, sono ormai prive di cibo, un sostegno che arriva a stento in tutto il territorio occupato, essendo i rifornimenti assai più difficili ora che l'Austria è così lontana. Anche le munizioni iniziano a scarseggiare, occorre quindi attraversare quelle acque insidiose al più presto e portare supporto ai compagni impegnati in prima linea. Dalle pendici del Montello tuona l'artiglieria alleata bersagliando senza pietà passerelle e ponti di barche, ma i pionieri lavorano alacremente per ricostruirli. Ben presto il buio li avrebbe aiutati a compiere l'impresa, celando il loro lavoro. È ormai sopraggiunta la notte quando, un rombo minaccioso accende di speranza i volti preoccupati dei soldati italiani che temono un ennesimo sfondamento: è la piena. Il Piave prende a correre nel suo letto con acque scure e rapinose e travolge ogni cosa: ponti, passerelle, chiatte armate, uomini. Gli austriaci attestati sulla sponda destra tremano, sono definitivamente tagliati fuori dai loro comandi, nessuno avrebbe più portato loro supporto quella notte e, soprattutto, niente rifornimenti. Il Piave stava combattendo al fianco dell'Italia. Impossibilitati a proseguire, con il rischio di rimanere intrappolati oltre il fiume, di fronte a loro d'un tratto si palesava l'unica risoluzione del ripiegamento, ostacolato dalle irose acque che già tanti soldati aveva rapito. L'Italia aveva un nuovo combattente, che cieco di furia crudele conduceva con sé chiunque violasse il suo corso, in un senso o nell'altro, non risparmiando nessuno...

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VinGenzo Beccia-Federica Dal Forno, Non chiamatelo fiume, Rodorigo Editore 2017.

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4 - LA FORZA DELLA RICONQUISTA E LA VITTORIA (28 ottobre 1918)

La notte del 28 ottobre 1918, il Generale Vaccari, a capo dei suoi uomini, con la pistola in pugno sale sul ponte di barche appena ultimato dal Genio Pontieri. È un uomo singolare, i classici baffi girati all'insù, ormai inargentati, guarniscono elegantemente il volto sul quale spiccano due occhi vivacissimi, spesso ironici. Il suo piglio energico è la caratteristica che ha maggiormente presa sui soldati, che dal Generale traggono coraggio. Complice il buio, gli austriaci non sospettano nulla del ponte realizzato in pochissimo tempo, tuttavia, già da mezz'ora l'artiglieria nemica tuona mirando al Piave con un fuoco di sbarramento preventivo. La riva sinistra appare in fiamme. Un grosso proietto colpisce la secca a pochi metri dal ponte, i soldati esitano, ancora negli occhi le immagini dei giorni precedenti: uomini proiettati in aria, oppure sbalzati dall'urto in acqua, dove i vortici ed i mulinelli della piena non danno scampo. Il Generale Vaccari urla: "Ali alle ali, qualunque crisi deve risolversi sull'altra sponda". Poi inizia a correre. Poche parole che infiammano gli animi, giacché un soldato sulla riva alza il proprio fucile urlando a sua volta la carica, seguito da altri commilitoni. In lontananza, le rovine di un vecchio ponte ricordano il grande ripiegamento, sulla solida pietra si erano ritirati affranti quegli stessi soldati che ora, su insidiose passerelle, ritrovano la forza della riconquista e della vittoria.

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VinGenzo Beccia-Federica Dal Forno, Non chiamatelo fiume, Rodorigo Editore 2017.

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5) I lavori degli alunni

Gli Italiani resistettero e finalmente venne la pace. La linea del Piave era stata ritenuta la migliore in caso di invasione. Il nuovo Capo di Stato Maggiore, Armando Diaz, schierò le armate italiane a difesa del nuovo fronte che correva attraverso l' altopiano di Asiago, saliva al centro sul Monte Grappa e correva infine lungo l' argine destro del Piave fino al mare. Il 10 novembre le truppe austro-tedesche attaccarono ma lo sforzo fu inutile perché gli italiani inaspettatamente resistettero. E' qui che inizia la nostra storia. Antonio Balestra, Mattia Sabato, 3a C

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La strenua resistenza dell’Esercito italiano durante la Battaglia del Solstizio. Giovanni Ermete Gaeta (1884-1961), detto anche E.A. Mario, è stato il protagonista della scena musicale italiana a partire dagli anni Venti fino agli anni Quaranta. Scrisse, ad esempio, “Santa Lucia Luntana” e “Balocchi e profumi”. Colto autodidatta, fu assunto giovanissimo negli uffici napoletani delle Regie Poste e alternò per molti anni l’attività artistica con il lavoro d’ufficio. Ottenne dall’amministrazione delle Poste la possibilità di visitare il fronte, aggregandosi alla Posta militare: l’esperienza fu alla base di composizioni di tema patriottico o ispirate alla vita militare. Rimase colpito dalla strenua resistenza dell’Esercito italiano durante la Battaglia del Solstizio, che gli ispirò i versi della Leggenda del Piave. Divenne subito famosa grazie al cantante Enrico Demma che la interpretò; infine essa venne utilizzata anche come inno nazionale del Regno d’Italia nel periodo tra la caduta del Fascismo e la proclamazione della Repubblica (1943-46). Federica Casamassima, 3a C

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"Si vide il Piave rigonfiar le sponde...E come i fanti combattevan le onde'...

Gli austriaci tenevano in pugno la sommità del Montello ed il piccolo centro abitato di Nervesa, che si stendeva dalla riva del Piave fino alle pendici del basso rilievo morenico. Ora le truppe imperiali puntavano a conquistare il borgo di Bavaria. In tanto gli austriaci rimasti sulla sinistra del Piave continuavano a tentare di superare l'acqua, ci provavano in tutti i modi, ma senza risultati. Il 18 giugno 1918 volgeva ormai a sera e gli austriaci sulla riva sinistra del Piave tentavano ancora di creare dei collegamenti, ma fallirono nuovamente e le acque del Piave infine li travolsero. Fabio Palmisano, 3a C

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“Ovunque dai lontani monti, venivano a gremir tutti i sui ponti…”

Ponte della Priula 9 novembre 1917 - 9 novembre 1917, tempo grigio e piovoso. Gli uomini si muovono in relativo silenzio, carichi di tutto il fardello di tutti i combattimenti sul fronte, cercano di anticipare i tedeschi e gli austro-ungarici. Sul ponte i fanti del battaglione di complemento della Sassari, varcano l’ultima barriera che può aiutarli ad arginare l’avanzata avversaria verso la Pianura Padana. Stremati percorrono il Ponte della Priula mentre, sotto di loro, altri uomini stanno preparando le cariche esplosive da agganciare ai piloni principali. Dopo il loro passaggio il bel viadotto verrà distrutto, per rendere difficoltoso il superamento delle truppe imperiali. Fermi sulla riva, un gruppo di soldati, feriti ma indomiti, ascoltano dal proprio capitano l’ordine del giorno trasmesso dal generale Di Giorgio. Francesco Sergio

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Il Piave udiva l’ira e lo sgomento... Nel novembre 1917, dopo lo sfondamento austriaco a Caporetto, la linea del fronte si era attestata sul fiume Piave. Nel giugno 1918 l’Austria provò a sferrare il colpo definitivo: l’offensiva iniziò il 15 giugno, ma l’esercito italiano riuscì a fermarla e il 22 giugno la “battaglia del Solstizio” era terminata con la vittoria italiana. In quei giorni Gaeta era al lavoro in un ufficio postale, e gli vennero “dal cuore”, come raccontò lui stesso, tre strofe che scrisse di getto sui moduli di servizio interno: «Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio / dei primi fanti il 24 maggio». La prima strofa si riferiva all’ inizio della guerra, il 24 maggio 1915. La seconda alla disfatta di Caporetto: «Ma in una notte triste si parlò di tradimento / e il Piave udiva l’ira e lo sgomento». Giulia Tamburrano, 3a C

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IL PIAVE RESISTETTE Il Piave è un fiume che attraversa la pianura veneta e le due regioni: il Friuli e il Veneto. È conosciuto in tutta Italia come il fiume sacro alla patria, in ricordo dei combattimenti di cui fu teatro durante la grande guerra. La prima battaglia del Piave, la battaglia del solstizio e la battaglia di Vittorio Veneto tutte nel 1917-18. Infatti durante la guerra il fiume diventò una linea strategica importante a partire dal novembre 1917 a seguito della ritirata di Caporetto. Dopo che l'esercito italiano si assestò sulla riva destra, la parte meridionale del Piave divenne linea di difesa contro le truppe austroungariche e tedesche che non riuscirono ad attraversarla stabilmente, oltre la riva destra del Piave. Anche se riuscirono a penetrare in più punti del territorio, in linea Piave. La linea di difesa italiana resistette sino all'ottobre 1918, quando nella battaglia di Vittorio Veneto le truppe straniere furono sconfitte e fu siglato l'armistizio. La prima battaglia del Piave si svolse dal 13 al 26 novembre 1917 favorevole alle truppe italiane dopo la sconfitta di Caporetto che opposero tenace resistenza alle truppe austriache nei dintorni del monte Grappa, tra il Brenta e il Piave, preparando la costruzione di una linea difensiva lungo il Piave e favorendo l'avanzata dell'esercito italiano, organizzato sotto la guida degli ufficiali sul campo. Vi fù una difesa elastica, con rapidi contrattacchi che bloccavano l'avanzata nemica, provocando così una guerra di trincea. Dal 15 al 24 giugno 1918 si ebbe la battaglia del solstizio, detta anche seconda battaglia del Piave e fu l'ultima grande offensiva sferrata dagli austroungarici nella prima guerra mondiale. Gli austroungarici avevano come obiettivo di sfondare le linee italiane sul Piave e invadere la pianura padana. Ma il Piave resistette.

GianSalvatore & Savino Valentino, 3a C

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La testa del ponte, «Fino a Trieste... ...Fino a Trento Pur contrastato efficacemente riuscì a infrangere le linee nemiche, realizzò delle passerelle che hanno permesso la conquista di una testa del ponte al villaggio di Salettuol e Valdobbiadene. Il generale Caviglia decise di spingere le proprie truppe in profondità. L'azzardo di Caviglia riuscì e la cavalleria andò nelle retrovie nemiche costringendo il comando austriaco ad abbandonare il fiume. Mentre alcuni reparti continuarono a battersi con valore, gli eserciti in ripiegamento si lasciarono trascinare dalla fame. Il 30 ottobre tra le truppe italiane serpeggia l'euforia per le conquiste. Le notizie si propagano a macchia d'olio, verso Vittorio Veneto, biciclette e cavalli sfrecciano veloci nei territori liberati, il sogno di Trento e Trieste sono affidati a loro. Alcuni dragoni e bersaglieri possono raggiungere i loro commilitoni nella loro avanzata.

Francesco Vivo, 3a C

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8) RICERCHE DI ARCHIVIO

Dall’Archivio diocesano, per a gentile collaborazione della Dott.ssa Rossella

Tarquinio, abbiamo ricavato una cartolina in ricordo di alcuni caduti durante la

Grande Guerra ed una lettera autografa del Vescovo Mons. Laera rivolta al

Papa il 15 febbraio 1919, richiedente un “funerale solenne in suffragio dei

nostri soldati morti in guerra”.

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UN ESEMPIO DI FERVORE PATRIOTTICO NELLA NOSTRA PROVINCIA

In questa foto di famiglia (1927) sono raffigurati il padre Giacomo con il figlio Nunzio, allora tredicenne e seminarista a Subiaco, mentre legge una lettera augurale natalizia e di saluto. Si può notare che la mano sinistra di Giacomo è coperta da un apposito guanto tutore in cuoio, allo scopo di proteggere le ferite riportate durante i combattimenti al fronte della Grande Guerra. E’ singolare la sua situazione di emigrato con tutta la sua famiglia negli USA (New York) il quale, nell’anno 1916, si lasciò entusiasmare dalla propaganda dell’epoca per la difesa della Patria.

Giacomo Legrottaglie di Mottola (26.08.1886-02.10.1976)

Così Giacomo, come tanti altri connazionali, decise immediatamente di fare ritorno in Italia (Mottola) con tutta la sua famiglia e, all’età di 29 anni si arruolò come volontario nell’Esercito. Al fronte durante i duri combattimenti rimase ferito al braccio ed alla mano sinistra. Pertanto, rimasto invalido, con suo grande rammarico, venne congedato. Di quelle ferite che lo avevano reso invalido di guerra se ne doleva tanto che, quasi vergognandosi, cercava sempre di nasconderle con appositi guanti tutori. La foto si riferisce al momento di saluto, prima di ritornare negli USA, mentre ascolta il discorso letto dal figlio Nunzio, Seminarista a Subiaco, che gli legge una lettera con formule augurali da riportare agli altri parenti in America.