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Prot.n. DC140036 1 IL PORTO DI LIVORNO Tra scenari globali e progetti locali: una rassegna Livorno 7 Luglio 2014 A cura di Luciano Pallini Centro Studi ANCE TOSCANA – Associazione E.S.T.

IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

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Prot.n. DC140036

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IL PORTO DI LIVORNO Tra scenari globali e progetti locali: una rassegna

Livorno 7 Luglio 2014

A cura di Luciano Pallini

Centro Studi ANCE TOSCANA – Associazione E.S.T.

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INDICE

IL PORTO DI LIVORNO TRA SCENARI GLOBALI E PROGETTI LOCALI Pag.

1. Porti e sviluppo economico 3

2. Il sistema dei porti della Toscana 4

3. Gli scenari mondiali in evoluzione: le rotte 6

4. Gli scenari mondiali in evoluzione: gigantismo e concentrazione 9

5. Traffici marittimi di merci in Europa ed Italia 11

6. La concorrenza tra sistemi logistici e porti 15

7. Il potenziamento infrastrutturale: i core ports 19

8. Produttività, efficienza e concorrenza 22

9. La riforma delle autorità portuali 24

10. Il porto di Livorno: traffico e scenari competizione 26

11. Il porto di Livorno: le criticità e le infrastrutture 29

12. Il porto di Livorno: le criticità ed i servizi portuali 34

Allegati: Servizi tecnico nautici, imprese art. 18, imprese art. 16 37

Bibliografia 39

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3

1. Porti e sviluppo economico

I porti sono infrastrutture strategiche per la competitività del Paese e per lo sviluppo dei territori che

richiedono di essere gestite secondo la logica di impresa in un contesto ad alto tasso di concorrenza.

Fattori decisivi per l’attrazione di insediamenti dell’industria di base che ha segnato l’economia delle città

portuali, con la deindustrializzazione dagli anni 80 in poi - anche per difficili condizioni di compatibilità

ambientale- l’industria se n’è andata ed è rimasto il porto come componente fondamentale dell’economia

locale: generando domanda per i servizi complementari di trasporto e logistici fornisce impulso a un

indotto che comprende numerosi settori di attività economica collegati a monte ed a valle.

Nel 2013 il valore aggiunto prodotto (a prezzi correnti) dalle attività appartenenti all’economia del

mare superato i 41 miliardi di euro, pari al 3% del totale economia e da questi sono stati attivati quasi 80

miliardi di euro di valore aggiunto sul resto dell’economia, per un ammontare produtto complessivo di circa

119 miliardi di euro, pari all’8,5% del totale prodotto dall’intera economia nazionale: per ogni euro prodotto

dalla blue economy si attivano sul resto dell’economia altri 1,9 euro.

All’interno dell’economia del mare, le attività portuali di movimentazioni merci e passeggeri hanno creato

un valore aggiunto di quasi 7 miliardi di euro che - in virtù di un moltiplicatore più elevato pari a 2,9 - attiva

altri 20 miliardi di euro portando l’apporto globale di queste attività a quasi 27 miliardi di euro, poco meno

di un quarto del totale.

Gli occupati diretti, in quasi 180.000 imprese, hanno superato le 800.000 unità (3,3% del totale nazionale)

di cui circa 90.000 sono occupati nelle attività portuali

I processi di globalizzazione, lo sviluppo straordinario del commercio internazionale hanno esaltato il ruolo

dei porti quali componenti decisivi del sistema logistico – i cui costi incidono per circa il 20% sul valore della

produzione industriale - dal quale dipende la competitività del sistema produttivo del paese:

� sul totale delle esportazioni italiane del 2012 – circa 150 miliardi di euro – una quota del 30% è

partita dai porti italiani;

� la quota sale al 55% per quanto riguarda le esportazioni italiane extra UE, all’incirca 100 miliardi di

euro;

� la percentuale sale sino a valori compresi tra il 65% e l'80% sul totale delle esportazioni italiane

dirette in USA, Brasile, Cina e India.

Tuttavia i porti non ricevono la necessaria considerazione nella valutazione delle esigenze infrastrutturali

dell’Italia.

In un sondaggio realizzato da Uniontrasporti circa le principali criticità infrastrutturali tramite interviste a

circa 800 imprenditori con incarichi istituzionali nelle Camere di Commercio italiane, i porti e la loro

accessibilità terrestre si collocano all’ultimo posto con solo il 38% di segnalazioni, risultato che dipende

anche da un deficit di conoscenza per il quale ben il 28% degli intervistati non è in grado di rispondere

quando si parla dei porti: in fondo sono strutture “chiuse” che interessano a chi li utilizza (importatori ed

esportatori ed operatori della logistica) ed hanno una “narrazione” delle loro vicende in termini tecnici

poco comprensibili per i non addetti ai lavori.

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Tab. 1 Criticità infrastrutturali

Criticità segnalate (%) Non risponde (%)

Ferrovie urbane ed extraurbane 72 3

Reti telematiche (banda larga, ITS) 64 6

Strade statali 56 3

Infrastrutture logistiche (interporto, piattaforma, polo) 56 11

Distribuzione urbana delle merci 52 8

Trasporti urbani (gomma e ferro) 49 6

Strade statali provinciali e comunali 46 3

Aeroporto e accessibilità terrestre 45 9

Autostrade 44 4

Porto e accessibilità terrestre 38 28

Fonte: Unioncamere 2012

In Toscana il valore aggiunto direttamente creato dall’economia del mare ammonta nel 2013 a 3 miliardi di

euro, con 12.900 imprese ed oltre 56.000 occupati, che attivano altri 6,5 miliardi di valore aggiunto:

l’apporto totale arriva quasi a 10 miliardi di euro e rappresenta quasi il 10% del totale dell’economia

regionale.

Le attività portuali, secondo dati 2011, rappresentavano rispettivamente il 13% del valore aggiunto ed il

12,4% degli occupati dell’economia del mare

A Livorno, con quasi 1,3 miliardi di valore aggiunto, l’economia del mare dà il più elevato contributo (15,9%)

a livello nazionale al totale della provincia: vi operano oltre 3.900 imprese per un totale di oltre 18.000

occupati.

Nel 2011 le attività portuali rappresentavano il 23,3% del valore aggiunto, il 12,9% delle imprese ed il 27,4%

degli occupati.

2. Il sistema dei porti della Toscana

La struttura portante della rete dei porti toscani, è costituita dai porti di interesse nazionale di Livorno,

Piombino e Carrara: lo sviluppo ed il potenziamento delle loro infrastrutture costituiscono azioni

strategiche per lo sviluppo della piattaforma logistica toscana e più in generale del sistema logistico.

La Regione Toscana definisce ruoli e funzioni dei diversi porti nei termini tecnici propri degli addetti ai lavori:

� Il porto di Livorno è un porto multi – purpose specializzato nel settore container (TEU), nel settore

Ro-Ro, delle rinfuse liquide e solide, nel general cargo (settore autovetture), settore crocieristico e

traghettistico per il collegamento con le isole del Mediterraneo in particolare con la Corsica, con la

Sardegna e con l’Isola di Capraia. Il porto di Livorno è inoltre uno dei porti considerati più adatti per

lo Short Sea Shipping (Autostrade del Mare). L’intermodalità nave/camion potrebbe ottenere

definitivo sviluppo con la realizzazione della Darsena Europa e fare del porto di Livorno un bridge

intermodale per lo SSS (treno – nave – camion). Il porto di Livorno ha quindi le caratteristiche per

essere considerato sia un porto a chiamata diretta sia un porto feeder.

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� Il porto di Piombino è specializzato nel servizio alle isole e passeggeri: il servizio alle isole include

anche il trasporto merci; in tal senso, il porto è l’interfaccia delle isole dell’arcipelago toscano, che

necessitano di navi ro-ro/pax per merci e passeggeri e ro-ro per il tutto merci su semirimorchi e

camion. Per il trasporto delle merci, inoltre, la rotta da Piombino verso la Sardegna e la Corsica,

costituisce un percorso sicuro per garantire a queste isole il costante approvvigionamento delle

merci. Inoltre, il porto di Piombino è storicamente legato alle attività di movimentazione materiali

connesse agli stabilimenti industriali siderurgici.

� Il porto di Marina di Carrara è specializzato soprattutto nella movimentazione di merci non

containerizzate ed in particolare marmi e graniti, oltre che nella spedizione via mare di impianti

industriali attinenti all’allestimento di piattaforme galleggianti per l’estrazione del greggio e del gas

realizzate dalla Nuova Pignone oltre che essere interessato dalle attività dei Cantieri Apuani.

Recentemente a Piombino è stato approvato il Piano Regolatore Portuale e appaltati i lavori per

l’ampliamento del porto, finalizzati nelle intenzioni ad accogliere il relitto della Costa Concordia ed il

successivo smantellamento mentre la chiusura dell’alto forno dell’acciaieria ha interrotto i relativi traffici in

sbarco ed imbarco di materie prime e prodotti.

A Marina di Carrara ha avuto formalmente avvio il procedimento per la revisione del nuovo Piano

Regolatore Portuale dopo un vivace confronto sui progetti per la realizzazione di un nuovo porto turistico.

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Ad entrambe queste due realtà portuali potrà essere dedicato un successivo approfondimento, quale in

questa sede è realizzato per il Porto di Livorno.

Il Porto di Livorno ha vissuto vicende alterne dal secondo dopoguerra ad oggi, dovendosi misurare con le

vicende ed i cambiamenti che via via sono intervenuti nel tempo:

� anni ‘40 bombardamento e riattivazione degli Alleati per la logistica di guerra

� anni ‘50 intenso sviluppo (nuova Darsena petroli e Banchina alto fondale)

� anni ‘60 primi problemi strutturali: cambiamento rotte e flussi commerciali, fondali e banchine

sempre meno adeguate

� anni ‘70 rivoluzione container: grande crescita, basata su contenimento costi e competenza

maestranze

� anni ‘80 dalla crescita alla crisi: scarso consolidamento imprenditoriale, poca concorrenza, perdita di

competitività

� anni ‘90 liberalizzazione, gestione dell’Autorità Portuale, gravi problemi infrastrutturali (profondità,

spazi), scarsa produttività

Gli anni 2000 sono poi stati anni di crescita, nel pieno sviluppo del commercio globale e dei traffici oltre che

per l’emergere di nuove opportunità (il crocierismo), interrotti bruscamente dalla crisi del 2008 dalla quale

è faticoso uscire per il ridefinirsi degli scenari della competizione e delle profonde trasformazioni che

coinvolgono tutti gli attori del mercato.

3. Gli scenari mondiali in evoluzione: le rotte

Nell’ultimo periodo la crescita annua globale dei traffici marittimi è stata assai rilevante:

� da un lato c’è stata l’espansione della domanda di trasporto marittimo derivante dalla crescente

globalizzazione e dal progressivo ricorso da parte delle multinazionali a processi sempre più integrati di

divisione internazionale del lavoro

� dall’altro si è assistito al ricorso sempre più diffuso da parte delle le principali compagnie di

navigazione, al modello c.d. hub & spoke, che consente di realizzare uno smistamento efficiente e

capillare del traffico pur beneficiando di economie di scala nell’utilizzo di mezzi di trasporto, impianti e

attrezzature terrestri

Nel contempo si è assistito – ed il processo è ben lungi dall’esser terminato - ad una forte tendenza alla

concentrazione sia tra compagnie di navigazione che tra i terminalisti e ad una continua crescita della

dimensione media delle navi: il traffico intercontinentale , in forte crescita dall’Estremo Oriente verso

l’Europa è il Nord America si è così concentrato sulle cosiddette rotte “pendulum” lungo la rotta Suez

Gibilterra.

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Questo modello che potenzialmente ha offerto significativi vantaggi al sistema portuale italiano deve

misurarsi oggi con nuove sfide:

� l’ulteriore accentuazione del gigantismo navale con navi di tonnellaggio e pescaggio sempre

maggiore che opereranno una ulteriore selezione degli hub di trasbordo ed un ridisegno del

sistema portuale del Mediterraneo;

� la sempre più incandescente situazione politica e sociale del Nord Africa e del Corno d’Africa dove

aumentano i rischi- paese ed il rischio pirateria, venendo ad incidere sulla sicurezza e sul costo delle

assicurazioni e della prevenzione;

� entro il 2015 sarà ultimato il nuovo Canale di Panama, una straordinaria opera di ingegneria cui ha

contribuito l’industria delle costruzioni italiana e le cui caratteristiche tecniche assicurano una

maggior competitività rispetto a Suez per raggiungere la costa orientale degli USA dagli scali del Far-

East: 8% in meno dei costi e qualche giorno di navigazione, e la conseguente possibilità di

concorrenza con il landbridge tra costa occidentale e orientale degli USA

� La praticabilità della rotte artiche si sta progressivamente schiudendo: attualmente l’unica rotta

artica attualmente percorribile da navi tradizionali è l’Arctic Bridge (tra la baia di Hudson e il mare

di Barents) ma la tendenza alla progressiva riduzione dei ghiacci polari renderà presto utilizzabile

anche le altre due rotte (North West Passage – rotta tra la baia di Baffin e lo stretto di Bering,

attraverso l’arcipelago canadese, - Northern Sea Route tra il mare di Barents lo stretto di Bering,

lungo le coste russe) con riduzione dei tempi e dei costi di trasporto sulla rotta Far East – Nord

Europa e Nord Europa – American West Coast e con possibile competizione con la rotta via Suez.

� La possibilità che lo sviluppo dello shale gas non solo riduca le importazioni di petrolio degli USA e

degli altri paesi che vi faranno ricorso ma anche quelle di prodotti di chimica di base e di produzioni

ad alto consumo di energia che saranno nuovamente prodotte all’interno per i vantaggi competitivi

offerti dai bassi costi dell’energia.

� L’alternativa di percorsi ferroviari Euro-Asiatici potrebbe presto materializzarsi: quattro sono i

percorsi alternativi sui quali sono in corso massicci investimenti - Corridoio settentrionale

(Amburgo-Seoul)che transita sui 9200 km di Transiberiana attraversando 9 Paesi - Corridoio

Meridionale (Istanbul-Singapore) che transiterebbe per 11 Paesi - Rete sub-regionale del Sud est

asiatico - Corridoio Nord-Sud (Helsinki–Teheran),attraverserebbe 4 Paesi.

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Nel Mediterraneo transita il 19% dell’intero traffico marittimo mondiale: circa 1,4 miliardi di tonnellate di

merci; il 30% del petrolio mondiale e quasi i 2/3 delle altre risorse energetiche destinate all’Italia e agli altri

Paesi europei passano per il Mediterraneo, comprese quelle trasportate dai gasdotti sottomarini. E’

naturale che il bacino rappresenti un mercato di grande interesse per gli operatori dello shipping,

collocandosi al centro delle maggiori direttrici di traffico internazionale.

Le domande che questi cambiamenti pongono sono decisive per il futuro della portualità italiana e di

conseguenza del porto di Livorno:

� Il favorevole posizionamento geografico del Mediterraneo è destinato a rimanere tale anche in un

lontano futuro?

� La portualità del Mediterraneo e quella Italiana sono pronte a svolgere un ruolo maggiormente

proattivo rispetto agli scenari descritti?

� Quali iniziative legislative, infrastrutturali, imprenditoriali, organizzative si stanno realizzando o

ipotizzando?

� Quali politiche si possono immaginare?

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4. Gli scenari mondiali in evoluzione: gigantismo e concentrazione

Lo sviluppo del commercio marittimo è stato reso possibile dalla rapida diffusione di navi sempre più grandi

fino alle “ultra post panamax” fino a 18.000 TEU. E’ entrata di recente in navigazione la prima

portacontainer della classe Triple-E Maersk (400 metri di lunghezza, 60 di larghezza e 15 di pescaggio), cui

dovrebbero aggiungersene altre 19. La Triple-E significa Economy of scale, Energy efficient,

Environmentally improved (economia di scala, efficienza energetica, rispetto dell’ambiente).

Può coprire l’itinerario Shanghai-Rotterdam in 34 giorni, 9 dei quali in genere necessari per attraversare il

Canale di Suez.

Il gigantismo navale si accompagna alla concentrazione sempre più spinta tra le compagnie armatoriali ed

alla integrazione verticale sempre più spinta, assumendo direttamente il controllo della parte del ciclo

operativo del trasporto costituita dalla fase di sbarco, imbarco e inoltro a destinazione dei contenitori,

sinora di competenza esclusiva del terminalista senza attese o sovrapposizioni con altre linee. Sparisce cioè

il terminalista “puro”, indipendente dalle compagnie armatoriali, che aveva il massimo interesse ad operare

con più compagnie armatoriali per sbarcare/imbarcare i loro contenitori in tempi rapidi e in modo

efficiente, così da soddisfarle tendenzialmente tutte secondo i principi del porto, inteso come servizio alla

generalità delle merci, che impongono – secondo le concessioni - ad ogni terminalista di prestare la propria

attività a chiunque chieda di sbarcare o imbarcare i contenitori.

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Alleanze navali con traffico gestito e quote di mercato dei carriers

SRM Italian Maritime Economy Rapporto Annuale 2014

Per questo le shipping companies devono contare su aree e spazi (di banchina e di piazzale) a loro dedicate

e così in varie parti del mondo sono presenti terminal gestiti direttamente dalle multinazionali del mare e

dei container: con un numero di banchine limitato potrebbero esserci compagnie penalizzate se non escluse

addirittura dalle assegnazioni di terminal con conseguenti limitazioni della concorrenza.

In questi mesi si è consumato lo scontro sulla nuova aggregazione P3, realizzata tra Maersk, MSC e CMA

CGM.

A questa aggregazione, approvata dalle autorità americane e dall’UE per la riduzione dei costi e

l’accresciuta efficienza ambientale si è opposto il governo cinese anche su pressione degli armatori

nazionali - COSCO (China Ocean Shipping Company) e China Shipping Group - che pure sono stati stimolati

ad aggregarsi ed ulteriori aggregazioni potranno attivarsi in un processo che intende essere la risposta ad un

eccesso di capacità attraverso la necessaria ristrutturazione dell’eccesso di capacità delle linee.

E’ naturale che questa ristrutturazione comporti impatti negativi per qualche paese o qualche azienda più

“deboli”, come ad esempio il caso dei porti di transhipment, che specie nel Mediterraneo saranno

sottoposti ad una “selezione della specie” dettata dai non paragonabili costi dei nuovi scali appena sorti

sulla sponda nordafricana.

Livorno non piange ovviamente per lo stop all’alleanza P3, che aveva scelto Genova, La Spezia, Napoli, Gioia

Tauro e Trieste con l’esclusione di Livorno per i noti problemi dei fondali.

Per i porti e i terminal container italiani di media dimensione si presenta dunque una nuova sfida per il

futuro: diversificare cercando di attrarre quelle linee di nicchia che servono mercati minori e non

giustificano la toccata delle maxi navi portacontainer, puntare sulle autostrade del mare con il Nord Africa o

ridisegnare i terminal magari tornando a ragionare su strutture multipurpose.

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Presenza dei principali terminal operators mondiali nei porti italiani

Fonte: ISFORT su dati Buck consultants International 2008

In attesa di vedere se fusioni e acquisizioni ci saranno anche fra i terminal portuali, nel breve termine la

risposta più efficace da parte dei porti dovrebbe essere quella di coordinarsi per le finestre di ormeggio

delle navi e cercare di proporre in sinergia servizi intermodali verso i retroporti.

Il caso citato a livello internazionale è quello dei porti di Seattle e Tacoma, due scali distanti fra loro meno di

50 chilometri (come Genova e Savona) e sotto il controllo dello stesso ente statale, che hanno chiesto alla

Federal Maritime Commission il permesso di condividere informazioni e funzioni sensibili (pianificazione,

analisi di costi e ricavi, tariffe portuali, tassi di occupazione dei terminal, ecc.).

Secondo alcuni analisti, oltre il coordinamento tra gli scali, la vera risposta del mercato alla concentrazione

del trasporto marittimo di container dovrebbero essere forme d'aggregazione fra terminalisti.

5. Traffici marittimi di merci in Europa e Italia

I dati sui traffici sono ampiamente diffusi e commentati e questo suggerisce di limitarsi a sviluppare alcune

considerazioni che si ritiene di qualche interesse.

I traffici di merci nei porti europei, cresciuti da 3.350 milioni di tonnellate del 2002 a quasi 4.000 milioni di

tonnellate nel biennio 2007-2008, sono precipitati in conseguenza della crisi globale a meno di 3.500 milioni

di tonnellate nel 2009 quando ha avuto inizio una ripresa che tuttavia stenta a recuperare i livelli ante-crisi.

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Graf. 1 EU Totale merci movimentate 2002-2012 (milioni di tonnellate)

3.353

3.473

3.595

3.745

3.862

3.968 3.948

3.469

3.670

3.770 3.732

3.000

3.100

3.200

3.300

3.400

3.500

3.600

3.700

3.800

3.900

4.000

4.100

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Fonte: Eurostat

Ha accompagnato questa ascesa e caduta una tendenza alla concentrazione del traffico nei primi 20 porti

del ranking europeo che, stabile attorno al 40% fino al 2007, ha ripreso a crescere arrivando nel 2012 a

sfiorare il 43%.

Graf. 2 Quota % primi 20 porti su totale

39,3

40,1 40,039,9

40,0

41,6

42,5 42,6 42,742,9

37,0

38,0

39,0

40,0

41,0

42,0

43,0

44,0

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Fonte: Eurostat

Dall’analisi dell’andamento dei traffici nei maggiori porti europei tra 2007 e 2012 risalta come l’unico a

segnare una crescita tra i porti italiani è Trieste (ovviamente le variazioni dipendono dai livelli di partenza)

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mentre Livorno tra gli italiani segna il peggior risultato con il – 25%, di poco preceduto con riduzioni

superiori al 20% da Taranto e Venezia.

Graf. 3 Variazioni % merci movimentate 2012 su 2007 principali porti

Fonte: Eurostat

In queste dinamiche vanno considerate anche le modifiche nella geografia dei porti di transhipment,

conseguenti a scelte delle compagnie armatoriali spesso proprietarie di porti o di terminal di rilevanti

dimensioni, che hanno visto il ridimensionamento dei tre principali porti italiani dedicati a queste

operazioni, Gioia Tauro, Cagliari e Taranto che insieme cedono 12 punti percentuali.

Tab. 2 quota % porti di transhipment

2005 2013 Differenza

Algeciras 20 17 -3

Valencia 16 17 1

Piraeus 9 12 3

Gioia Tauro 20 12 -8

Marsaxlokk 8 11 3

Cagliari 4 3 -1

Damietta 8 3 -5

Taranto 4 1 -3

Porto said 10 14 4

Tanger med 0 10 10

SRM Italian Maritime Economy Rapporto Annuale 2014

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Mettendo a confronto i traffici portuali di Italia Spagna e Francia (che ha porti anche sull’Atlantico e nel

canale della Manica) emerge come in questi anni si sia affermato il ruolo della Spagna dove il movimento

delle merci cresce tra 2002 e 2007 del 30% , quasi il doppio della media EU e dell’Italia mentre tra il 2007 ed

il 2012 mantiene i livelli raggiunti (-1,1%) a fronte di un calo superiore al 10% in Italia e Francia.

Tab. 3 Merci movimentate totale EU e paesi mediterraneo occidentale : V.A. e Var. %

V.A. (000 ton) Variazioni %

2002 2007 2012 2007/2002 2012/2007

EU 3.353.386 3.967.626 3.732.497 18,3% -5,9%

Italia 457.958 537.327 476.823 17,3% -11,3%

Spagna 326.001 426.648 422.152 30,9% -1,1%

Francia 319.032 346.825 302.997 8,7% -12,6%

Fonte: Eurostat

Così la quota delle merci movimentate sul totale europeo in Italia cala di un punto percentuale, in Francia di

un punto e mezzo mentre la crescita della quota spagnola è di 1,5 punti percentuali, dal 9,7% all’11,3%,

dimezzando la differenza che la separava dall’Italia.

Graf. 4 Quote % paese merci movimentate 2002 – 2007 - 2012

13,7 13,5 12,8

9,7

10,8 11,3

9,5 8,7

8,1

-

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

16,0

2002 2007 2012

Italy Spain France

Fonte: Eurostat

In termini tipologici, i traffici marittimi della Spagna appaiono fortemente specializzati nella

movimentazione dei container (il31,5% sul totale contro il 20,3% dell’EU) mentre Francai e Italia si collocano

a livelli nettamente inferiori.

Le rinfuse liquide in Francia rappresentano oltre il 49% del totale delle merci movimentate (media EU 39%)

mentre in Italia è il traffico ro-ro che insieme supera il 18% rispetto a media UE di poco maggiore dell’11%.

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Tab. 4 Composizione traffici 2012 per tipologia

European Union

Spain France Italy

Liquid 39,0 36,9 49,2 42,2

Dry 23,1 22,1 24,3 16,0

Containers 20,3 31,5 12,0 17,0

Ro ro self propelled 7,1 2,2 9,2 10,3

Ro ro non self propelled 4,7 1,8 0,6 8,2

Other cargo 5,8 5,4 4,6 6,3

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Eurostat

6. La concorrenza tra sistemi logistici e porti

La concorrenza avviene non solo fra i singoli scali e più in generale tra i sistemi portuali ma anche fra

sistemi paese ed è conseguenza della dotazione e del livello qualitativo delle infrastrutture della logistica e

dei relativi servizi.

Il Logistics Performance Index calcolato dalla World Bank colloca l’Italia in 20 posizione in una classifica che

vede ai primi posti Germania ed Olanda, i due paesi principali del Northern Range: anche Francia e Spagna,

rispettivamente in 13 e 18 posizione, precedono l’Italia.

Tab. 5 Logistics Performance Index 2014

Country LPI

Rank

LPI

Score

Customs Infrastructure International

shipments

Logistics

competence

Tracking &

tracing

Timeliness

Germany 1 4.12 2 1 4 3 1 4

Netherlands 2 4.05 4 3 11 2 6 6

Belgium 3 4.04 11 8 2 4 4 2

U. K. 4 4.01 5 6 12 5 5 7

Singapore 5 4.00 3 2 6 8 11 9

Sweden 6 3.96 15 9 3 6 7 8

Norway 7 3.96 1 4 30 1 31 5

Luxembourg 8 3.95 10 15 1 14 22 1

United States 9 3.92 16 5 26 7 2 14

Japan 10 3.91 14 7 19 11 9 10

Ireland 11 3.87 12 16 27 9 3 16

Canada 12 3.86 20 10 23 10 8 11

France 13 3.85 18 13 7 15 12 13

Switzerland 14 3.84 7 11 15 16 18 21

China

Hong K.

15 3.83 17 14 14 13 13 18

Australia 16 3.81 9 12 18 17 16 26

Denmark 17 3.78 13 17 9 18 36 3

Spain 18 3.72 19 20 21 12 26 17

Taiwan 19 3.72 21 24 5 25 17 25

Italy 20 3.69 29 19 17 23 14 22

Fonte: World Bank

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Prot.n. DC140036

16

L’Italia ha leggermente migliorato la propria posizione che la vedeva al ventiquattresimo posto nel 2012:

non stupisce che il peggior dato parziale sia quello relativo al funzionamento dei controlli doganali (alla

ventinovesima posizione) e che la competenza logistica ci veda in ventitreesima posizione: interventi che

non richiedono investimenti ma interventi sull’organizzazione e sulle professionalità accompagnate dalla

semplificazione delle procedure e dalla loro completa informatizzazione.

Tab. 6 Logistics Performance Index : Italia 2007 – 2012 – 2014

LPI

Rank

LPI

Score

Customs Infrastructure International

shipments

Logistics

competence

Tracking &

tracing

Timeliness

2014 20 3.69 29 3.36 19 3.78 17 3.54 23 3.62 14 3.84 22 4.05

2012 24 3.67 27 3.34 23 3.74 19 3.53 21 3.65 20 3.73 18 4.05

2007 22 3.58 29 3.19 23 3.52 21 3.57 21 3.63 21 3.66 27 3.93

Fonte: World Bank

Nello specifico dei porti, analisi molteplici condotte a livello internazionale hanno individuato il set dei

fattori che influenzano la scelta del porto a seconda dei diversi operatori della supply chain.

Il primo indiscusso, condiviso da tutte le categorie di operatori, è la qualità delle operazioni portuali e al

reputazione, che precede il fattore costo e la posizione: solo lo spedizioniere li colloca un gradino più in

basso dando più importanza invece all’efficienza che precede tutti gli altri fattori inclusa la velocità.

Tab. 7 Fattori che influenzano la scelta di un porto (2= molto importante; 1= importante)

Mittente Spedizioniere Armatore Terminalista Totale

Qualità delle operazioni portuali e

reputazione

2 2 2 2 8

Costo 2 1 2 2 7

Posizione 2 1 2 2 7

Efficienza 1 2 1 2 6

Velocità 1 1 1 2 5

Infrastruttura ed attrezzature disponibili 1 2 2 5

Sistema informativo portuale 1 1 1 2 5

Hinterland 1 1 1 2 5

Congestione 1 1 1 2 5

Frequenza dei viaggi 1 1 1 3

Fonte: “Port competition revisited” in Review of Business and Economics” 2/2010 pag. 22

La competizione è particolarmente accesa nel trasporto via mare di semilavorati e prodotti, e più in

particolare al traffico containerizzato, al tempo stesso la componente quantitativamente più rilevante e

quella più dinamica, nella quale si registra un arretramento dei porti nazionali.

Il settore dei trasporti marittimi si caratterizza per una “domanda derivata”: in presenza di una dinamica

rallentata dell’economia, delle importazioni e delle esportazioni si registra fisiologicamente una minore

espansione dei traffici containerizzati.

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Prot.n. DC140036

17

Uno sviluppo più ampio e slegato dalle dinamiche economiche dell’Italia risulterebbe possibile qualora i

porti nazionali riuscissero ad ampliare il proprio bacino di utenza alle aree limitrofe extranazionali mentre le

analisi compiute indicano che invece sono i porti del Northern Range ad intercettare quota parte delle merci

dirette in Italia, stimata in oltre 400.000 TEU trasportate in Italia con modalità RO-RO.

La cartina indica i potenziali bacini di utenza dei diversi sistemi portuali e l’area di contendibilità del servizio:

è evidente che pesa l’intera catena della logistica, non solo il porto: il vantaggio della posizione che offre

tempi più brevi di navigazione è poi annullato dall’inefficienza dei servizi, doganali amministrativi e di

trasporto al cliente finale.

La scelta quindi va sull’efficienza che garantisce tempi certi di consegna e quindi premia l’affidabilità

dell’intero ciclo logistico.

Bacini di utenza dei porti europei

Un’indagine condotta alcuni anni fa da Banca d’Italia ha cercato di misurare vantaggi e svantaggi competitivi

degli scali nazionali rispetto a quelli del Nord Europa e del West Med tramite interviste in profondità presso

12 tra le principali shipping companies del mondo, che con le proprie rotte e la scelta decidendo dei porti di

sbarco, incidono in misura determinante sul destino dei diversi sistemi portuali e sul comparto logistico dei

diversi paesi, con riferimento specifico al trasporto via mare di semilavorati e prodotti ed in particolare al

traffico dei container.

Anche se sono di qualche anno fa i risultati della ricerca mantengono la loro validità tenuto conto che nel

periodo trascorso in Italia più facilmente nulla che poco si è mosso sul versante delle infrastrutture di

trasporto e del ciclo logistico: anzi, il gap competitivo si è probabilmente accresciuto in considerazione

degli interventi che altri sistemi paese nel frattempo hanno sicuramente portato a conclusione.

Il sistema portuale italiano gode di un unico e solo vantaggio competitivo rispetto ai porti concorrenti, sia

del Northern Range che del West Med, ovvero il posizionamento sia rispetto alle principali direttrici

marittime che rispetto ai principali mercati europei mentre risulta generalmente penalizzato per quanto

riguarda tutti gli altri fattori di competitività.

Lo svantaggio più acutamente avvertito è rappresentato dall’inadeguatezza delle infrastrutture terrestri, in

particolare dai carenti collegamenti, siano essi ferroviari che stradali.

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18

Immediatamente a seguire si posiziona la scarsa efficienza degli scali, tra le cui componenti a pesare in

misura assai consistente sono i tempi e costi delle pratiche doganali: l’utilizzo delle ICT e la semplificazione

delle pratiche doganali, accentrando i controlli presso i centri di stoccaggio ed evitando così il

congestionamento delle banchine e di ritardo nello handling con i relativi costi, sono sollecitati come

interventi a costo zero o assai contenuto.

Successivamente viene lamentata l’inadeguata dotazione infrastrutturale degli scali, in particolare per

quanto concerne la profondità degli scali e la dotazione di piazzali e magazzini. In particolare la questione

del pescaggio risulta cruciale per la competitività, alla luce della continua crescita della dimensione media

delle navi, così come la regolamentazione vigente in tema di dragaggio, in particolare per quanto riguarda

la sistemazione del materiale di risulta, presenterebbe vincoli estremamente penalizzanti e soprattutto

fonte di contenziosi che frenano gli investimenti.

Ultimo tra gli svantaggi è il carente supporto di centri logistici, in particolare di efficienti piattaforme

logistiche: in primo luogo sarebbe necessario potenziare le strutture esistenti e rendere funzionali ed

efficienti i collegamenti ferroviari con le banchine, mentre l’idea di distripark , con i servizi di

trasformazione e riconfezionamento delle merci, viene considerata positiva solo in connessione alla

istituzione di zone franche, dove i dazi doganali sono pagati quando i prodotti vengono spediti alla loro

destinazione finale.

Tab. 8 Vantaggi e svantaggi competitivi del sistema portuale italiano **

Porti del Northem Range Porti del West Med

Dotazione infrastrutture degli scali -1,3 -1,0

Dotazione di gru dalla portata adeguata -1,2 -0,7

Capacità e lunghezza delle banchine -1,1 -0,9

Profondità degli scali -1,4 -1,2

Dotazione de di piazzali e magazzini -1,4 -1,1

Efficienza degli scali -1,5 -1,2

Tempi e costi dei servizi portuali -1,2 -0,8

Affidabilità e continuità dei servizi portuali -1,4 -1,1

Espletamento pratiche doganali (tempi e costi) -1,9 - 1,6

Infrastrutture terrestri -1,7 - 1,6

Disponibilità di collegamenti stradali e autostradali -1,9 - 1,7

Disponibilità di collegamenti ferroviari -2,0 -1,8

Disponibilità allacci tra porti e infrastrutture terrestri -1,3 -1,2

Supporti centri logistici -1,2 -0,8

Presenze di piattaforme logistiche -1,4 -0,8

Presenza di interporti -1,2 -0,7

Presenza di distripark -1,1 -0,9

Presenza di inland terminal -1,1 - 0,7

Posizionamento 1,3 1,1

Rispetto alle principali direttrici marittime 1,4 1,1

Rispetto ai principali mercati europei 1,1 1,0

Fonte: “Il sistema portuale italiano: un’indagine sui fattori di competitività e di sviluppo” di Enrico Beretta,

Alessandra dalle Vacche e Andrea Migliardi - Banca d’Italia, febbraio 2009.

**Medie semplici dei rating assegnati dagli operatori: Alle risposte fornite dagli operatori sono stati assegnati i

seguenti valori: +2: vantaggio fondamentale; +1:vantaggio di medio rilievo; 0: fattore non molto rilevante; -1:

svantaggio di medio rilievo; -2: svantaggio fondamentale .

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19

L’analisi di vantaggi e svantaggi competitivi, successivamente condotta a livello dei principali porti italiani,

consente di enucleare il posizionamento relativo del porto di Livorno che rispetto agli altri porti dell’arco

portuale ligure-alto tirreno appare fortemente penalizzato per l’insufficiente profondità degli scali mentre

risulta relativamente avvantaggiato per la dotazione di piazzali e magazzini.

In particolare poi rispetto a Genova sembra godere di una maggior affidabilità in termini di tempi, costi ed

affidabilità dei servizi e delle pratiche doganali mentre nei confronti di La Spezia questo vantaggio sembra

sparire.

Tab. 9 Vantaggi e svantaggi competitivi dei principali porti italiani

Genova Savona La Spezia Livorno Napoli Salerno Venezia Trieste Taranto Gioia Tauro

Dotazione gru di

portata adeguata

-0,6 -1,0 -0,4 -0,4 -0,8 -1,0 -0,7 0,0 2,0 1,0

Capacità e lunghezza

banchine

-0,4 -1,0 -0,6 -0,8 -1,3 -2,0 -1,0 0,0 2,0 0,5

Profondità degli scali -0,8 -1,0 -1,0 -1,8 -1,5 -2,0 -2,0 2,0 1,0 0,8

Dotazione di piazzali

e magazzini

-1,1 -1,0 -0,2 0,4 -0,8 -2,0 -1,0 -1,0 0,0 -0,8

Tempi e costi servizi

portuali

-1,1 0,0 -0,6 -0,6 -1,3 0,0 -1,3 0,0 0,0 0,0

Affidabilità e

continuità servizi

-1,5 -0,5 -0,2 -0,8 -1,5 1,0 -1,0 0,0 2,0 -0,3

Tempi e costi

pratiche doganali

-1,5 -1,0 -0,6 -0,8 -1,5 1,0 0,0 -0,5 1,0 -0,3

Allacci con

autostrade e ferrovie

-0,9 0,5 0,2 -0,4 -1,5 -1,0 -1,0 -0,5 0,0 0,0

Numero di

osservazioni

8 2 5 5 4 1 3 2 1 4

Fonte: “Il sistema portuale italiano” cit.

7. Il potenziamento infrastrutturale: i core ports

Dall’analisi risulta confermato come l’evoluzione del commercio internazionale renda necessaria la presenza

di un sistema di trasporto in grado di operare in un’ottica door to door su scala globale e necessiti di un

sistema logistico che ottimizzi i processi produttivi, minimizzando la detenzione delle scorte secondo la

logica just in time.

In questa direzione sono necessari liberalizzazioni, deregulation, gestione diretta dei principali snodi del

ciclo da parte di operatori intermodali che si avvalgano di modelli organizzativi avanzati e offrano servizi

affidabili e ad alta frequenza.

Tutto questo deve essere accompagnato dal necessario potenziamento delle infrastrutture di trasporto (reti

e nodi) e dei modelli di governance e gestionali.

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20

I porti sono minacciati nel loro sviluppo dal rischio di congestione dei traffici nel loro hinterland, soprattutto

dalla congestione stradale, che minaccia anche lo sviluppo delle autostrade del mare (short sea shipping)

come alternativa al traffico stradale.

La questione porti si colloca all’interno di un quadro dei trasporti europeo che è un patchwork inefficiente

delle diverse reti nazionali:

� Le ferrovie europee attualmente necessitano l’utilizzo di 7 misure di scarto diverse

� Solo 20 dei nostri aeroporti principali sono direttamente collegati alla rete ferroviaria europea

� Solo 35 dei nostri porti principali sono ben collegati alla rete stradale e ferroviaria

L’Unione Europea ha definito perciò una politica dei trasporti fondata sulle Reti di trasporto trans-europee

TEN-T (individuando dieci corridoi fondamentali) che si propone di connettere i 94 principali porti europei

con i collegamenti ferroviari e stradali, i 38 principali aeroporti con collegamenti ferroviari nelle grandi città

e di realizzare 15.000 km di linea ferroviaria potenziata ad alta velocità e 35 progetti transfrontalieri per

ridurre i colli di bottiglia

La multimodalità è una delle loro caratteristiche principali, al fine di conseguire una realizzazione e gestione

integrata dei vari modi di trasporto che collegano i “nodi principali” (core) dell’Unione tra di loro e con il

resto del mondo.

Su tale base si è proceduto a definire una rete centrale che collega nodi di importanza strategica con

percorsi multimodali, tenendo conto dei grandi flussi di traffico.

L’Italia è interessata da ben quattro corridoi:

� Il corridoio Baltico-Adriatico che collega il Mar Baltico al Mare Adriatico attraversando zone

industrializzate che vanno dalla Polonia meridionale (Slesia superiore) a Vienna e Bratislava, alla

Regione delle Alpi orientali e all'Italia settentrionale.

� Il corridoio Mediterraneo collega la Penisola iberica con il confine ungro-ucraino costeggiando il

litorale mediterraneo della Spagna e della Francia per poi attraversare le Alpi nell'Italia

settentrionale in direzione est, toccando la costa adriatica in Slovenia e Croazia, e proseguire verso

l'Ungheria.

� Il corridoio scandinavo-mediterraneo è un asse nord-sud cruciale per l'economia europea.

Attraversando il Mar Baltico dalla Finlandia e dalla Svezia e passando attraverso la Germania, le Alpi

e l'Italia, collega i principali centri urbani e porti della Scandinavia e della Germania settentrionale ai

centri industrializzati di produzione della Germania meridionale, dell'Austria e del Nord Italia e

quindi ai porti italiani e della Valletta

� Il corridoio Reno-Alpi costituisce una delle rotte merci più trafficate d'Europa: collega i porti del

Mare del Nord di Rotterdam e Anversa con il Mar Mediterraneo a Genova attraversando la Svizzera

e passando per alcuni dei principali centri economici della Ruhr renana, le regioni del Reno-Meno-

Neckar e l'agglomerazione di Milano.

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21

Italia – Corridoi TEN-T e CORE PORTS

In questo quadro sono stati individuati in Italia i porti della rete e tra questi i core ports integrati nei quattro

corridoi che interessano l’Italia: Livorno è tra i 14 core ports italiani

Elenco dei porti italiani inclusi nella lista dei 328 TEN-T europea – in grassetto i core ports

Ancona Fiumicino Livorno Palermo Salerno

Augusta Gaeta Marina di Carrara Piombino Savona-Vado

Bari Gela Messina Porto Levante Siracusa

Brindisi Genova Milazzo Porto Torres Taranto

Cagliari Gioia Tauro Monfalcone Portoferraio Trapani

Carloforte Golfo Aranci Napoli Portovesme Trieste

Chioggia La Maddalena Olbia Ravenna Venezia

Civitavecchia La Spezia Palau Reggio Calabria

Fonte: Commissione europea

Page 22: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

22

Ovviamente si sono levate anche voci critiche ove si consideri che l’UE europea interviene solo con un co-

finanziamento mentre la maggior parte delle risorse va reperita a livello nazionale, caso mai promuovendo

l’intervento dei capitali privati.

Tanta abbondanza di reti e di nodi rischia di disperdere le scarse risorse che le finanze pubbliche sono in

grado di destinare agli interventi.

E’ messo in discussione, ad esempio dal prof. Marco Ponti, “ il fatto che venga assegnato dalla UE un ruolo

di assoluta centralità al trasporto su ferro che ha dimostrato nel tempo di non essere in grado di assolvere

alla richiesta di una logistica moderna (basata tra l’altro su spedizioni frequenti di pochi colli per una

pluralità di destinazioni), mentre la ferrovia presenta una rilevante rigidità di offerta, perché per essere

economicamente competitiva le occorrono volumi consistenti su relazioni determinate, possibilmente

bilanciate”.

Nella visione dell’Unione Europea gli investimenti sulle infrastrutture esterne dovranno accompagnarsi agli

investimenti da realizzarsi all’interno per migliorare l’efficienza dei porti: l’ottimizzazione dei servizi e delle

operazioni portuali già da ora potrebbe consentire di attrarre più merci e passeggeri sena necessità di nuove

risorse.

8. Produttività, efficienza e concorrenza

Nel disegno europeo tutto si tiene: la qualità e l’efficienza dei servizi portuali sono essenziali per la

performance globale dei porti.

I costi dei servizi portuali secondo le stime UE possono superare, nei porti più tradizionali, il 30% dei costi

della logistica door to door ripartito nel 5-10% per il costo dell’uso dell’infrastruttura, nel 10-15% per i

servizi tecnico nautici , nel 45-60% nell’handling e nel 10-30% per servizi ancillari.

Storicamente i porti hanno operato in regimi caratterizzati da esclusiva o da monopoli di fatto, sia pubblici

che privati.

Le restrizioni alla libera prestazione di servizi possono essere giustificate solo da ragioni oggettive, quali la

mancanza di spazi o per motivi di interesse pubblico: anche in questi casi comunque i prestatori dei servizi

debbono essere individuati secondo procedure che assicurino trasparenza, eguale possibilità di accesso ed

un uso efficiente delle risorse pubbliche.

La Commissione europea stima che gli investimenti richiesti per adeguare le capacità portuali a esigenze in

mutamento siano possibili solo in presenza di una strategia e un quadro normativo stabili atti a ridurre le

incertezze a livello economico e a garantire condizioni eque di concorrenza.

Ma altri due aspetti fondamentali, secondo la Commissione, spiegano l’attuale clima generalmente poco

attraente per gli investimenti in diversi porti della TEN-T: 1) la relazioni finanziarie poco trasparenti tra

autorità pubbliche, autorità portuali e prestatori di servizi portuali e 2) la scarsa autonomia di cui

dispongono i porti per determinare i diritti d’uso dell’infrastruttura e i collegamenti poco trasparenti ai costi

di accesso alle infrastrutture portuali.

E’ stato quindi presentato un progetto di regolamento che prevede che l’obbligo di ricorrere a procedure di

aggiudicazione pubbliche in caso di limitazioni di spazio o di obblighi di servizio pubblico si applichi non solo

ai nuovi contratti ma anche qualora siano apportati sostanziali cambiamenti ai contratti in essere.

Page 23: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

23

Il controllo regolamentare sui prestatori di servizi in posizione monopolistica è di portata più limitata: esso si

applica soltanto ai contratti che non possono essere oggetto di contestazione, ovvero per i quali non è

organizzato un appalto pubblico.

Ai porti è assegnata una maggiore autonomia: per quanto riguarda i diritti d’uso dell’infrastruttura, anziché

imporre che questi ultimi siano legati ai costi effettivi, ogni porto ha il diritto di fissare la struttura e il livello

delle tasse portuali, purché la politica di tariffazione sia trasparente.

L’iniziativa incoraggia inoltre ad adottare una differenziazione basata sulle prestazioni ambientali delle navi.

Il regolamento dovrebbe si applicarsi alla fornitura di servizi portuali, sia all’interno dell’area portuale, sia

sulle vie navigabili di accesso al porto/di uscita dal porto con l’obiettivo di contrastare posizioni di

monopolio di fatto ed assicurare la concorrenza per contenere i costi dei servizi di:

� rifornimento di combustibile;

� movimentazione merci;

� dragaggio;

� ormeggio;

� servizi di trasporto passeggeri;

� impianti portuali di raccolta;

� pilotaggio,

� servizi di rimorchio.

Al fine di contrastare pratiche scorrette di aiuti di stato, il regolamento disciplina le relazioni finanziarie tra

autorità pubbliche ed enti di gestione dei porti che ricevono finanziamenti pubblici, da indicare in modo

trasparente nella contabilità al fine di evidenziare in modo chiaro i seguenti elementi:

� le assegnazioni di risorse pubbliche operate dalle autorità pubbliche direttamente agli enti di

gestione dei porti interessati;

� le assegnazioni di risorse pubbliche da parte di autorità pubbliche per il tramite di imprese

pubbliche o istituzioni finanziarie pubbliche;

� l’utilizzo per il quale i fondi pubblici sono stati assegnati.

Su questo progetto di regolamento il 23 luglio 2013 la VIII Commissione Lavori pubblici e comunicazioni del

Senato ha espresso un parere contrario ai sensi del Protocollo n. 2 al Trattato di Lisbona “in contrasto con il

principio di sussidiarietà (in quando «non necessaria» e «non necessariamente foriera di un valore aggiunto

al livello dell’Unione europea») e con il principio di proporzionalità. Sotto il primo punto di vista, il Senato

sottolinea come la stessa relazione illustrativa alla proposta riconosca che «in Europea il settore portuale è

molto eterogeneo e caratterizzato da una grande diversità per quanto riguarda tipologia e organizzazione»

e che il regolamento «non ha l’obiettivo di proporre un modello uniforme per i porti». Tuttavia, rileva il

Senato, tutto ciò appare in contraddizione con la scelta dello strumento del regolamento che, essendo

immediatamente esecutivo e vincolato nella sua applicazione, non consente di graduare a sufficienza

l’intervento normativo per tenere in giusta considerazione le notevoli differenze esistenti tra i vari Paesi.

Sotto il secondo punto di vista, il Senato evidenzia come, anche ove si convenisse sull’opportunità di un

intervento legislativo dell’Unione in materia, lo strumento del regolamento «appare eccessivo, in quanto

[…] le stesse finalità potrebbero essere realizzate con il ricorso a strumenti di “legislazione morbida” o soft

law (quali linee guida o direttive)».

Al di là dello strumento, quale sarà individuato, resta l’esigenza di assicurare la concorrenza e l’efficienza ed

economicità dei servizi portuali e questo richiede una autorevole governance del sistema.

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9. La riforma delle autorità portuali

Il Governo ha presentato una proposta per un Piano nazionale dei porti e per la creazione di otto Autorità

portuali strategiche, al posto delle attuali 24.

Si dovrebbe passare a otto Autorità portuali e logistiche di interesse strategico (Apl) nell'alto Tirreno, nel

medio Tirreno, nel basso Tirreno, nell'alto Adriatico, nel medio Adriatico, nel basso Adriatico Ionico, in Sicilia

e in Sardegna. Queste comprenderanno «i nodi europei della rete Ten-T».

Fonte: Il Sole 24Ore

Le nuove autorità dovranno predisporre un piano integrato logistico, da sottoporre all'approvazione del

ministero delle Infrastrutture, indicando gli obiettivi di traffico, la definizione del livello dei servizi da

erogare, gli interventi infrastrutturali, i collegamenti tra porti e aree retroportuali.

Avranno poi competenza sulle attività commerciali e industriali, sulla fornitura di servizi,

sull'amministrazione dei beni del demanio marittimo, sulla promozione di progetti di integrazione

multimodale per la movimentazione di merci e persone.

Page 25: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

25

A reggerle saranno un presidente e un Consiglio direttivo: il primo sarà nominato dal ministro delle

Infrastrutture, d'intesa con i governatori delle Regioni e parteciperà alle riunioni Cipe sul suo distretto

logistico e Mdovrà gestire le risorse finanziarie che gli sono state assegnate.

Il Consiglio direttivo sarà composto, oltre che dal presidente, da un componente designato dal ministro, da

un rappresentante dell'autorità marittima, da un rappresentante delle strutture interportuali e intermodali

che operano nel distretto logistico, da un componente designato da ciascuna delle Regioni in cui opera

l'Autorità.

Il Consiglio direttivo adotta il piano integrato logistico, i piani regolatori dei porti e i bilanci. Completa il

quadro una commissione consultiva, composta da sei rappresentanti dei lavoratori e delle imprese portuali.

Su questa nuova configurazione non mancano le riserve.

Sempre il Prof. Ponti sottolinea come “una visione della portualità italiana basata su entità organizzative

astratte come i distretti o i sistemi portuali incardinati su aggregazioni di tipo geografico o amministrativo

sembra destinata a fallire in partenza, perché scarsamente collegata a ciò che il mercato e le imprese

chiedono….. Una strategia che, qualora fosse strettamente correlata alle funzioni assolvibili dalla portualità

(trattasi comunque di domanda derivata), dovrebbe essere in prima istanza volta a incrementare la

competitività delle aziende italiane e, secondariamente e in funzione di questa, ad aumentare i volumi di

merce che transitano dai nodi logistici………Si prevede che le nuove Autorità Portuali (insieme agli interporti

e alle piattaforme logistiche del territorio di riferimento) siano in concorrenza tra loro (per i traffici, per i

finanziamenti, ecc.). Se si dubita dell’efficienza di una simile operazione perché condotta da soggetti

(Autorità Portuali, Interporti) che oggi non sono abituati a ragionare in ottica di mercato, è possibile

ipotizzare invece come risultato finale di tale azione l’avvio di un sistema “lose-lose” dove a perderci ingenti

quantità di soldi, per investimenti in opere spesso inutili o “doppioni” di altre e per ripianare perdite,

sarebbe ancora lo Stato” .

Soprattutto sono da mettere in evidenza le riserve espresse dal sistema delle imprese che vi vedono un

disegno di chiusura degli spazi per gli operatori dei porti e per la loro competitività.

In questo senso viene rilevato come la riforma farebbe fare passi indietro alla capacità del nostro sistema

portuale di attrarre traffici e di competere con gli altri porti del Mediterraneo.

Deve invece essere consolidato il ruolo degli operatori portuali e dei concessionari (terminalisti, imprese

portuali) per incentivarne gli investimenti.

La regolamentazione delle concessioni, sulla scia delle buone pratiche dai porti del nord Europa, non deve

mortificare i progetti imprenditoriali mentre devono semplificate le procedure burocratiche.

I rapporti con le imprese dei territori vicini devono essere rafforzati e devono essere che superati i vincoli

che tutt'ora limitano l'azione degli operatori.

In conclusione la gestione complessiva dei nostri porti deve rispondere a criteri di efficienza e di rapporti

costi benefici ed a questo certo non contribuisce l'invasiva riappropriazione di funzioni gestionali da parte

del settore pubblico a scapito dei rappresentati degli operatori portuali, ristretti all’interno del recinto del

“comitato consultivo”.

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10. Il porto di Livorno: traffico e scenari competizione.

Il porto dispone di circa 3 milioni di m² di aree a terra (di cui circa 1,5 milioni di m² comprese all’interno della

cinta doganale) e di circa 2 milioni di m² di specchio acqueo dove trovano le banchine, i piazzali, gli

impianti terminali per la movimentazione delle merci, gli impianti industriali, i bacini di carenaggio, i bacini

di evoluzione, le darsene e i canali, le opere foranee di protezione che caratterizzano il porto operativo vero

e proprio.

Il porto di Livorno dispone di circa 12 km di banchine e di 90 accosti. La profondità dei fondali e la superficie

dei bacini di evoluzione attualmente consentono l’accesso a navi di lunghezza f.t. fino a 300 mt e con

pescaggi fino a 11.60 mt.

Le aree retro portuali ad ovest di via delle Cateratte e quelle tra la ex Ceramiche Industriali e Stagno a nord

– nord-ovest di via Firenze e via Aurelia, ad oggi utilizzate nella gran parte per attività portuali, sono

anch’esse da considerare parti del sistema portuale.

Oltre a queste vi sono le aree che l’Autorità Portuale ha acquistato nel comune di Livorno ad est dello scalo

Calambrone e denominate ex Erg di circa 32.000 m² e quelle acquistate nell’area industriale di Collesalvetti,

in Loc. La Chiusa di Vicarello, per circa 60.000 m², al fine di migliorare la sicurezza del trasporto rotabile

nell’ambito del programma delle c.d. “Autostrade del mare“ per destinarle a piazzali di sosta e di

smistamento dei mezzi di trasporto merci destinate al cabotaggio.

I traffici merci nel porto di Livorno, secondo i dati dell’Autorità portuale, si sono stabilizzati con un leggero

aumento rispetto al 2012, pur restando ben lontani dai livelli massini toccati prima della crisi: restano

tuttavia in area negativa le auto trasportate (-2,9%).

Se il traffico complessivo dei passeggeri appare il leggerissima ripresa (+3%) tracolla il numero dei crocieristi

sbarcati che segna una riduzione di quasi il 30% scendendo da oltre un milione del 2012 a poco più di

settecentomila del 2013.

Tab. 10 Movimento porto di Livorno 2013 e var. % su 2012

2013 2012 Var. 2013/12

Totale movimentazione (migliaia tonn.) 27.953 27.418 2,0%

Navi arrivate 6.759 6.539 3,4%

TEUs 559.180 549.047 1,8%

Rotabili (mezzi commerciali) 307.936 303.692 1,4%

Passeggeri (unità) 1.821.310 1.768.422 3,0%

Crocieristi (unità) 736.516 1.037.849 -29,0%

Auto nuove (unità) 348.017 356.053 -2,3%

Fonte: Autorità portuale di Livorno

La riduzione dei traffici merci nel 2012 rispetto al 2007 era stata del 31,2%, più consistente nel cabotaggio

(37,7%) rispetto al commercio internazionale.

Nelle rinfuse liquide la riduzione dei movimenti è stata attorno al 25%, senza particolari distinzioni tra

cabotaggio e traffici internazionali.

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Prot.n. DC140036

27

Tab. 11 Movimento (migliaia di ton.) porto di Livorno 2012 e 2007 - var.% e composizione percentuale

Contenitori Rinfusa liquida Rinfusa solida Ro-Ro Altro Totale

Totale

2012 4.794 6.975 644 6.728 1.375 20.515

2007 5.962 9.506 947 10.660 2.723 29.798

Var. 2012 su 2007 -19,6% -26,6% -32,0% -36,9% -49,5% -31,2%

Composizione 2012 23,4 34,0 3,1 32,8 6,7 100,0

Composizione 2007 20,0 31,9 3,2 35,8 9,1 100,0

Cabotaggio

2012 1.250 2.536 238 5.143 72 9.239

2007 1.128 3.546 231 9.512 415 14.832

Var. 2012 su 2007 10,8% -28,5% 3,0% -45,9% -82,7% -37,7%

Composizione 2012 13,5 27,4 2,6 55,7 0,8 100,0

Composizione 2007 7,6 23,9 1,6 64,1 2,8 100,0

Internazionale

2012 3.544 4.439 406 1.585 1.303 11.276

2007 4.834 5.960 716 1.148 2.308 14.966

Var. 2012 su 2007 -26,7% -25,5% -43,3% 38,1% -43,5% -24,7%

Composizione 2012 31,4 39,4 3,6 14,1 11,6 100,0

Composizione 2007 32,3 39,8 4,8 7,7 15,4 100,0

Fonte: ISTAT

Nei container invece si assiste alla divaricazione tra una crescita del cabotaggio (+10,8%) e riduzione dei

traffici internazionali (-26,7%) mentre nel RO-RO le dinamiche sono opposte, con una contrazione assai

consistente (-45,9%) del cabotaggio ed una crescita 38,1% del traffico internazionale.

Mentre nel 2007 cabotaggio e traffici internazionali sostanzialmente si equivalevano in quantità

movimentate, nel 2012 il cabotaggio rappresenta il 45% del totale a fronte del 55% del traffico

internazionale.

Ci sono sicuramente i fattori generali, non controllabili nazionalmente ed ancor meno localmente: oltre alla

crisi dell’industria nazionale – che resta l’esclusivo bacino di mercato dei porti nazionali peraltro conteso da

quelli nel Northern Range – pesano soprattutto i cambiamenti globali nel trasporto marittimo conseguenza

di carrier sempre più grandi, della concentrazione tra le shipping companies e la pervasiva presenza dei

grandi terminalisti che tendono ad assumere il controllo dei porti e dei relativi traffici, senza dimenticare la

competizione che si svilupperà tra nuove rotte e sviluppo dei trasporti ferroviari merci su scala

intercontinentale e la diffusione delle tecnologie informatiche.

C’è sullo sfondo il sogno (ma non resterà a lungo tale) - espresso da un manager del gruppo Maersk - di

riuscire presto soddisfare il desiderio dei propri clienti di poter facilmente prenotare l’invio di un container

on-line così come comprano un libro da Amazon.com: un approccio web oriented nel quale “il percorso

della merce dal punto di origine a quello di destinazione si smaterializza e scompare non solo dalla vista, ma

anche dalla percezione del cliente, il quale potendo seguire tramite sistemi georeferenziati sul proprio

computer l’avanzamento della spedizione fino al destino finale, sarà completamente tagliato fuori

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Prot.n. DC140036

28

dall’esperienza reale dello spostamento della sua merce. Tutto sarà controllato da chi riceve l’ordine via

internet prendendo in consegna il container” (ISFORT 2011, p. 14 )

Bisogna domandarsi se dal punto di vista dell’offerta sono state valutate tutte le implicazioni di questo

approccio (ineludibile come lo sarà UBER o chi per esso nei traffici cittadini) sui sistemi portuali, su porti

anche di medio-grandi dimensioni dove l’attività di movimentazione merci è la principale se non l’unica

ragion d’essere: l’e-maritime così prefigurato implica il “progressivo assorbimento da parte del global carrier

di tutti gli operatori posti lungo la filiera del percorso logistico integrato”.

In questo scenario il porto di Livorno potrà mantenere un ruolo e conquistarsi uno spazio nella misura nella

quale saprà essere competitiva, sviluppando un continuo processo di innovazione che ovviamente non

ammette spazi di rendita ma richiede una continua riconferma di ruoli.

Occorre, secondo un’espressione ormai in voga nella politica nazionale, fare bene i compiti a casa,

superando quegli svantaggi che nell’indagine di Banca d’Italia - ripresa nelle pagine precedenti - sono stati

messi in evidenza, dentro una politica nazionale dei porti - carente nella concretizzazione che comunque

ha delineato alcune linee di intervento

� L’insediamento nel porto e nel retro porto di strutture dedicate alla logistica, quali ad esempio

piattaforme logistiche e distripark;

� Migliorare e potenziare il sistema intermodale in modo da coniugare lo sviluppo economico con la

salvaguardia dell’ambiente;

� Rivisitare in chiave moderna la governance dei porti (Autonomia finanziaria);

� Intervenire in una logica di sistema stringendo accordi ed alleanze con altri porti per cogliere le

opportunità offerte dal mercato;

� Puntare sul waterfront per armonizzare il porto alla città creando servizi per entrambi, migliorando

così il paesaggio urbano;

� Favorire lo sviluppo delle Zone Economiche Speciali per aumentare l’attrattività dei capitali privati;

� Cogliere le opportunità connesse allo sviluppo dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

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Prot.n. DC140036

29

11. Il porto di Livorno: le criticità e le infrastrutture

E’ utile, nella sua sinteticità, il quadro delle criticità del porto riassunte in un report del progetto “Leve_ Reti

di competenze, istruzione e innovazione nella Provincia di Livorno”.

Le criticità del porto di Livorno

Progetto LEVE “Gli spunti emersi dall’Analisi desk (portualità e logistica) 2013”

In materia di infrastrutture si potrebbe ipotizzare una suddivisione di interventi urgenti ed non rinviabili per

la sopravvivenza del porto, interventi di miglioramento dell’efficienza e funzionalità dell’infrastruttura

portuale data, interventi di potenziamento a mare dell’infrastruttura: ovviamente come tutte le

classificazioni, sussistono sovrapposizioni.

� La sopravvivenza

Il più evidente ed immediato svantaggio del porto di Livorno è rappresentato dai bassi fondali che

precludono l’attracco delle navi di maggiori dimensioni: il Piano Operativo Triennale redatto dall’Autorità

portuale prevede i dragaggi della Darsena Toscana, del lato nord del molo Italia e dell’imboccatura sud del

porto e la realizzazione del micro tunnel per allargare il canale di accesso al porto commerciale:

condizionano negativamente la capacità di risposta ad una esigenza vitale la frammentazione e

contraddittorietà della normativa sui dragaggi, specie per quanto attiene ai profili ambientali, nonché la

farraginosità delle procedure tecniche ed amministrative.

Ad inizi 2012 è stato siglato l’Accordo di Programma tra tutti gli Enti interessati per la realizzazione del 1°

stralcio funzionale del progetto preliminare denominato “Adeguamento idraulico del Canale Scolmatore

Page 30: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

30

d’Arno” finalizzato al ripristino della funzionalità del canale ed alla realizzazione della foce armata per

contrastare il deflusso dei materiali ed impedire l’interramento del porto.

Sembrano anticiparsi a fine 2014 i tempi per la realizzazione della seconda 'vasca di colmata' del porto

di Livorno necessaria ad accogliere i fanghi dei dragaggi e, dopo il suo consolidamento, a essere la base

dello sviluppo futuro dello scalo toscano: i 400 mila metri cubi di sedimenti che verranno dragati per

portare a meno 13 il fondale lato nord del Molo Italia potranno essere ospitati nella seconda vasca già ' a

partire da maggio prossimo, quando saranno state realizzate le prime due sezioni dell'opera. Ad

infrastruttura completata, sarà possibile sversare nella vasca di contenimento anche i 600 mila metri cubi

risultanti dall'escavo della Darsena Toscana i 400 mila metri cubi del dragaggio dell'imboccatura Sud.

Con l’esclusione dal SIN (Sito di Interesse Nazionale) delle aree a terra e delle acque interne portuali (incluse

quelle dove sono le vasche di colmata) le competenze in materia passano a Regione e Comune e non sono

più del Ministero, consentendo di operare in tempi certi soprattutto nell’interesse dell’ambiente.

� Il miglioramento

Tra i limiti del porto è evidente la commistione tra aree funzionali che genera al suo interno confusione in

ambito operativo (i traghetti attraccano in più zone del porto, i container hanno a disposizione almeno due

aree specializzate, ecc.): in particolare il traffico crocieristico è stato fortemente penalizzato dalla

commistione con il traffico merci, che spesso ha costretto le navi da crociera in rada con disagi facilmente

immaginabili per i crocieristi: a questo ha cercato di ovviare almeno in parte il nuovo Terminal Crociere

“Alto Fondale” inaugurato a novembre 2013.

Questa commistione deriva dalla carenza di spazi interni al porto ed ai collegamenti ferroviari con l’esterno:

deve essere aumentata la disponibilità di aree, servizi ed efficienti collegamenti viari e ferroviari a terra sia

in termini logistico-portuali per l’attrazione di traffici, sia in termini di localizzazione industriali per

l’attrazione di investimenti.

In questo ambito si colloca l’accordo di programma tra Regione Toscana, Autorità portuale e Comune di

Livorno con la Mediterranean Shipping Company (MSC) di Ginevra che prevede la movimentazione di

32.000 container in più all’anno e lavori per quasi 18 milioni di euro per migliorare le banchine e la loro

accessibilità, oltre alla sicurezza del porto.

In questo direzione si collocano nelle rispettive competenze la Regione Toscana, il Comune di Livorno con

l’Autorità portuale e l’Interporto Vespucci

Nel Piano Integrato per le Infrastrutture e la Mobilità la Regione Toscana ha previsto per lo sviluppo della

Piattaforma Logistica una serie di progetti ed attivate importanti risorse. I principali interventi

riguardano:

� Il progetto di integrazione tra il Porto di Livorno, l’interporto A. Vespucci e lo autoporto del Faldo (

utilizzando anche lo Scolmatore d’Arno)per spostare importanti quantitativi di merci tra il porto

stesso e le due aree interportuali ;

� il progetto “ferroutage” attivato all’Interporto Toscano A. Vespucci per eliminare i cosiddetti "colli di

bottiglia" del sistema logistico rappresentato dall’attuale assetto portuale per i traffici RO-RO

(Autostrade del Mare). Verrà così favorita l’intermodalità di detti flussi gommati, mediante la

realizzazione di un terminal ferroviario destinato alla movimentazione ferroutage;

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Prot.n. DC140036

31

� Sono stati previsti finanziamenti per i raccordo ferroviari tra il porto di Livorno e l’interporto A.

Vespucci: i relativi lavori, oggetto di accordo di programma, sono già in appalto.

Regione Toscana Piano Regionale Integrato Infrastrutture e Mobilità (PRIIM)

L’Interporto Amerigo Vespucci, infrastruttura nella circoscrizione territoriale dell’Autorità Portuale ha visto

approvato il nuovo Piano industriale che lo configura come operatore logistico in stretta connessione con

l'Autorità portuale, nel cui comitato portuale dovrebbe essere rappresentato il Comune di Collesalvetti. La

prospettiva è quella dell’integrazione con gli interporti del Nordest, in primo luogo Bologna e Padova.

Appare di estremo interesse in questa prospettiva la vendita delle quote di maggioranza (per il 72% ancora

in mano all’Autorità portuale) della Porto 2000 – che gestisce il traffico delle crociere - per la quale entro

settembre dovrebbe pubblicato il bando per la cessione secondo i risultati dello studio commissionato a

KPMG: serve un soggetto privato che sia in grado di investire le risorse necessarie (non poche) e disponga

delle competenze per rilanciare il traffico crocieristico a Livorno ed in grado di stipulare alleanze e

sviluppare sinergie con la nuova proprietà dell’Aeroporto Galilei di Pisa.

Page 32: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

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32

� Il futuro

Il nuovo Piano Regolatore portuale - atteso ormai da sessant’anni- con le coerenti varianti al piano

strutturale e al regolamento urbanistico del Comune di Livorno ha avuto il via libera da parte della Regione

Toscana, concludendo un processo avviato con l intesa tra il Comune di Livorno, la Provincia di Livorno, la

Regione Toscana e l’Autorità portuale di Livorno.

Il PRP ha previsto l’ampliamento a mare dello scalo marittimo, con la realizzazione di circa 5 km di nuove

banchine, 2 milioni di m2 di piazzali, con fondali a −16 m e una nuova imboccatura, in grado di accogliere le

nuove grandi navi di progetto.

La “zonizzazione” adottata prevede un porto crocieristico all’avanguardia; uno scalo commerciale meglio

organizzato e diviso per aree omogenee; un assetto viario e ferroviario moderno e una nuova infrastruttura

a mare costituita da due grandi terminal, per contenitori e ro‑ro.

Nel dettaglio le previsioni sono:

� L’ampliamento del porto verso mare ottenuto con la creazione di un nuovo ampio bacino esterno

(la Piattaforma Europa) a Nord della Diga del Marzocco fino alla foce del Calambrone. In prospettiva

i traffici saranno implementati presso il Molo Sud della Nuova Piattaforma Europa mentre i traffici

multipurpose troveranno spazio sulla sponda Est della Darsena Toscana, dove saranno collegate le

aree di proprietà FS, il Terminal Paduletta e la parte terminale della sponda Ovest della Darsena

Toscana. Sulla Sponda Est, nella parte interna, sarà spostato il terminal dedicato alle rinfuse. La

darsena consentirà di accogliere navi da 10mila teu e nuove linee di autostrade del mare

� Le modifiche di alcune strutture portuali esistenti per l’adeguamento al nuovo assetto quali la

realizzazione della Darsena petroli e gasiere, l’ampliamento del cosiddetto Molo Italia, le resecazioni

di banchine del Bacino Cappellini, la realizzazione delle protezioni marittime di ingresso al porto lato

Nord che prevedono la demolizione del braccio rettilineo del Molo Novo (Diga della Meloria);

� Le resecazioni di banchine nei pressi della Fortezza Vecchia e Torre del Marzocco per restituire

acquaticità ai beni monumentali;

� Il potenziamento delle infrastrutture e connessioni a servizio dell’attività portuale (strade, ferrovie e

vie d’acqua) nelle quali si articolano le relazioni tra porto e territorio;

� La messa in sicurezza dello specchio acque della Bellana attraverso la realizzazione di opere foranee

per potervi collocare un approdo nautico funzionale alla nautica sociale;

� La cantieristica con il Cantiere Benetti per i grandi yacht permarrà nell’area dei Bacini, mentre

saranno consolidati i piccoli cantieri in Darsena Pisa e Calafati. Al settore delle riparazioni sarà

invece destinato il polo costituito dal Grande Bacino di Carenaggio, dal bacino galleggiante e dal

bacino di levante, comprensivo della banchina 75 per le attività di allestimento.

� Il Porto delle rinfuse liquide, con i depositi costieri sul Canale industriale e con la Darsena Petroli,

rimane inalterato anche se in futuro saranno trasferiti sulla diga foranea della Piattaforma Europa,

con netto miglioramento della qualità ambientale urbana.

� La riqualificazione delle aree di waterfront, ridefinendo l’assetto complessivo di questi spazi che

vanno dalla Fortezza Vecchia alla Dogana d’Acqua attraverso la Stazione Marittima e delle aree di

cerniera tra il Porto e la città identificate nella Stazione Marittima, nel Cantiere Orlando e nel Porto

Mediceo, nell’area della Bellana.

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Prot.n. DC140036

33

Autorità Portuale di Livorno Piano Regolatore Portuale (PRP) – Articolazione Funzionale

La previsione più critica dal punto di vista ambientale è rappresentata dalla costruzione e dall’esercizio della

Piattaforma Europa, dove si concentrerà la maggior parte dell’attività logistica portuale sulla Piattaforma

Europa, una scelta che si propone di allontanare tali attività dalla città e razionalizzare le risorse logistiche

intermodali ma che ha costituirà un’area particolarmente complessa, la cui costruzione e esercizio

inevitabilmente innesca pressioni ambientali, che saranno bilanciate riducendo gli impatti negativi del

trasporto su gomma.

Il problema è quello dei tempi sia perché si tratta di previsioni complesse che si condizionato tra di loro

nella fattibilità tecnica sia perché a loro fattibilità economica finanziaria dipende dalla capacità di mobilitare

le consistenti risorse economico-finanziarie necessarie.

I programmi dell’Autorità portuale sono concentrati sul Green Port Esteso rispetto al quale appaiono

prioritarie le aree “Infrastrutture e Servizi” “Knowledge & Innovation”

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12. Il porto di Livorno: le criticità ed i servizi portuali

L’indagine condotta da ISFORT su “ Il futuro dei porti e del lavoro portuale” tra 2011 e 2012 costituisce un

importante tentativo di svolgere un’analisi comparata della gestione dei porti italiani, a partire dalla

ricognizione della attuazione e degli impatti della legge 84/1994.

Alle Autorità portuali spetta il rilascio delle autorizzazioni ad esercire le operazioni portuali (art. 16) e il

rilascio delle concessioni di aree e banchine alle imprese portuali - i cosiddetti terminalisti – (art. 18); a che

devono possedere un programma di attività assistito da idonee garanzie, adeguate attrezzature tecnico

organizzative, organico di lavoratori rapportato al programma di attività.

In base all’art. 17 della legge n. 84/94 è consentito il ricorso da parte delle imprese portuali alla fornitura di

lavoro temporaneo provvedendo infatti alla creazione di un pool di lavoro portuale temporaneo che possa

consentire alle imprese portuali di fare fronte alle variazioni imprevedibili di domanda, alternativamente

tramite la trasformazione della preesistente compagnia portuale in impresa di prestazione di lavoro

temporaneo oppure con la promozione di un'agenzia per l'erogazione di prestazioni di lavoro temporaneo.

Lo scalo presenta alcune peculiarità di fondo che rendono poco chiari, all’osservatore esterno, i ruoli, le

funzioni e le dinamiche che caratterizzano il lavoro all’interno dello scalo.

Lo schema dell’organizzazione del lavoro nel porto di Livorno non può che risultare complesso e sfuggente.

Esso tende a configurarsi come un sistema di ventotto imprese, autorizzate all’esercizio di operazioni

portuali e/o servizi portuali, quindici delle quali anche concessionarie di banchine.

Tab. 12 imprese, forza lavoro e dimensione media in alcuni porti italiani

N. IMPRESE

Genova La Spezia Livorno Gioia

Tauro

Venezia

Imprese art. 16 - servizi 12 9 13 7 22

Imprese art. 17 - lavoro temporaneo SI NO SI NO SI

Imprese art. 18 - terminalisti 11 8 15 2 21

Forza lavoro (n. Addetti)

Imprese art. 16 - servizi 676 647 615 219 619

Imprese art. 17 - lavoro temporaneo 990 0 64 0 126

Imprese art. 18 - terminalisti 1541 727 810 1140 671

Totale 3207 1374 1489 1359 1416

Dimensione media

Imprese art. 18 - terminalisti 140 91 54 570 32

Imprese art. 16 - servizi 56 72 47 31 28

Totale 134 81 51 151 32

Indice di frequenza ricorso lavoro

temporaneo

2,2 - 22,3 - 1,8

Fonte ISFORT Il futuro dei porti e del lavoro portuale II vol. 2012

Page 35: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

35

Secondo l’indagine, lo scalo di Livorno si caratterizza, oltre che per una elevata varietà di traffici, per un alto

numero di imprese portuali, una acuta frammentazione del ciclo produttivo e l’esubero di forza che trae

origine da un sovradimensionamento storico della ex Compagnia, la cui mancata trasformazione in

impresa art. 17 ha privato il porto dell’unico soggetto in grado di controbilanciare, per ruolo e funzione, il

peso dei terminalisti e di concorrere a limitare forme spurie di utilizzo delle imprese di servizi che

rappresentano il vero nodo critico dello scalo, mentre l’attuale soggetto deputato a fornire lavoro

temporaneo in porto, la Age.L.P. S.r.l., ancorché in grado di offrire professionalità giudicate di rilievo, rimane

marginale nel lavoro portuale.

Sono poi segnalate:

� la prassi di alcuni terminalisti di richiedere alle imprese di servizi (art. 16) una flessibilità sul lavoro

molto vicina al lavoro temporaneo;

� una forte concorrenza interna tra operatori attivi nel medesimo segmento di traffico attraverso

forme operative originali quanto meno

� la diffusione di pratiche distorte di fissazione dei prezzi che si fondano sui costi a consuntivo del

concessionario accresciuti di una certa percentuale, senza considerare i miglioramenti organizzativi

o della produzione

L’apertura ai privati ha comportato un generale miglioramento dei cicli operativi, delle condizioni di lavoro e

della qualità dei servizi erogati dalle imprese portuali. Sebbene all’innalzamento della qualità dei servizi non

abbiano contribuito, né l’ampliamento del numero di imprese in porto né l‘utilizzazione di lavoratori a

tempo determinato ma la professionalità di imprese a addetti.

L’incidenza della legge di riforma sull’andamento delle tariffe a Livorno è stata irrilevante: i mutamenti

intervenuti sono stati determinati dalla concentrazione dei clienti in due segmenti principali: contenitori e

RO-RO, a fronte dei quali rimanendo i volumi invariati, sono diminuiti i clienti che hanno acquisito maggiore

forza contrattuale e conseguentemente tariffe più vantaggiose.

Tab. 13 L’assetto organizzativo del Porto di Livorno in sintesi

Governance Schema operativo Criticità Punti di forza

1. Generale atteggiamento

conservativo

2.Potere contrattuale

abbastanza distribuito tra

operatori garantisce

espressione interessi

stakeholder

1. Ruolo marginale art. 17

(Agenzia-

Consorzio volontario)

2. Ruolo centrale dell’ex

Compagnia oggi art.16 che

possiede quote azionarie

di metà delle principali

imprese terminaliste

3. Livello medio di

diffusione degli

appalti

1. Esubero lavoratori

2. Concorrenza interna

giocata sul ribasso tariffe

grazie a forme spurie di

utilizzo imprese art. 16

3. Scarso interesse a

sanare

forme operative “originali”

o illecite (auto-produzione

non autorizzata, art. 18

“senz’acqua”, ecc.)

1. Prevalenza operatori

storicamente legati al

territorio

2. Ambiente vivace

Fonte ISFORT Il futuro dei porti e del lavoro portuale II vol. 2012

Page 36: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

36

L’obiettivo di assicurare prestazioni a prezzi competitivi ( in un conteso che assicuri la tutela ambientale e al

sicurezza del lavoro) impone che si spinga l’acceleratore sulla liberalizzazione dei servizi e sulla promozione

della concorrenza tra operatori.

Ma quale concorrenza può svilupparsi? All’interno dei porti? Tra porti o tra bacini? Un’opinione largamente

diffusa tra le imprese è che la concorrenza endoportuale sia dannosa: ma allora come può essere garantito il

libero accesso al mercato? E come evitare che l’esclusiva si muti in rendita di posizione?

Deve essere assicurata una transizione ad un nuovo regime che sia progressiva nel tempo e che preveda

garanzie via via decrescenti: d’altronde il prevalente legame degli operatori con il territorio è considerato un

punto di forza per il porto di Livorno e non bisogna mai buttare il bambino insieme all’acqua sporca.

Page 37: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

37

ALLEGATI

Servizi Tecnico Nautici

SERVIZIO ORMEGGIATORI E BATTELLIERI - MOORING & BOAT SERVICE

Gruppo Ormeggiatori del Porto di Livorno S.c.r.l.

SERVIZIO DI PILOTAGGIO – PILOTS

Corpo Piloti del Porto

SERVIZIO RIMORCHIATORI – HARBOUR TOWAGE

F.lli Neri S.p.A.

AVVISATORE MARITTIMO DEL PORTO DI LIVORNO

Torre di avvistamento navi e comunicazioni per la registrazione dei dati arrivo, movimento e partenza delle

navi e aggiornamento h.24 della situazione in rada e agli ormeggi.

IMPRESE ART. 18

1 ATLAS S.R.L.

2 C.I.L.P. LIVORNO S.r.l.u.

3 COSTIERI D’ALESIO S.P.A.

4 COSTIERO GAS SPA

5 ENI S.p.A. Divisione Refining & Marketing

6 F.LLI BARTOLI S.R.L.

7 GIOLFO & CALCAGNO SPA

8 GRANDI MOLINI ITALIANI S.P.A.

9 LIVORNO TERMINAL MARITTIMO S.R.L.

10 LORENZINI & C. S.R.L

11 MEDITERRANEA TRASPORTI S.R.L.

12 N. TOZZI S.R.L.

13 NERI DEPOSITI COSTIERI S.P.A.

14 NOVAOL S.R.L:

15 SACCI S.P.A.

16 SCOTTO & C. S.R.L.

17 SILOS E MAGAZZINI DEL TIRRENO SPA

18 SINTERMAR S.P.A.

19 STYRON ITALIA S.R.L. (ex Dow)

20 TERMINAL ALTO FONDALE S.R.L.

21 TERMINAL CALATA ORLANDO S.R.L.

22 TERMINAL DARSENA TOSCANA

23 TOSCOPETROL S.P.A. ENITAL S.R.L.

24 UNICOOP IMPRESA S.R.L.

Page 38: IL PORTO DI LIVORNO - ANCE

Prot.n. DC140036

38

IMPRESE ART.16

Conto proprio

1 GRANDI MOLINI ITALIANI SPA

2 SILOS E MAGAZZINI DEL TIRRENO SPA

Conto terzi

1 ATLAS S.R.L

2 COMPAGNIA IMPRESA LAVORATORI PORTUALI SRLU

3 COMPAGNIA PORTUALE LIVORNO S.C

4 F.LLI BARTOLI SRL

5 GRANDI MOLINI ITALIANI SPA

6 L.T.M. LIVORNO TERMINAL MARITTIMO SRL

7 LIVORNO REEFER TERMINAL SRL

8 MEDITERRANEA TRASPORTI SRL

9 N. TOZZI SRL

10 SCOTTO & C. SRL

11 SEALIV SRL

12 SEATRAG AUTOSTRADE DEL MARE SRL

13 SILOS E MAGAZZINI DEL TIRRENO SPA

14 TERMINAL ALTO FONDALE SRL

15 UNICOOP IMPRESA SRL

16 UNICOOP SERVIZI LIVORNO SCARL

GLOSSARIETTO

1. TEU Sigla di twenty (feet) equivalent container da 20×12×8 piedi peso max 24 tonn. lordo e 21,6 netto

2. RO - RO (Roll on/Roll Off ): traghetto per il trasporto di mezzi gommati pesanti, autovetture

3. Ro-Pax (Roll on/Roll Off passengers) :trasporto combinato di passeggeri, auto e mezzi pesanti.

4. Post-Panamax tipologia di navi le cui dimensioni non permettono loro di transitare nelle chiuse del

canale di Panama.

5. Rinfuse solide (dry-bulk) merci non confezionate, (es. carbone, grano, metalli ferrosi)

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