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Localizzazione Via Tiburtina km 9,5, tra via Ripa Teatina, via Rivisondoli, via Campotosto Progettisti Giuseppe Vaccaro (coordinatore del piano e capogruppo del nucleo sud), Renato Amaturo, Sergio Brugnoli, Antonino Manzone, Sergio Musmeci, Franco Palpacelli (disegnatori Robert e Denise Scott Brown); Luigi Vagnetti (capogruppo del nucleo nordovest), Sergio Bollati, Matteo Costantino, Gaspare De Fiore, Leonardo Foderà, Maurizio Vitale Cronologia Progetto: 1956-57; costruzione: 1958-61 Stazione appaltante Istituto Nazionale Case per gli Impiegati dello Stato (INCIS) Imprese Lotti progettati dal gruppo Vagnetti (fabbricati 1, 2 , 3, 19, 20): Co. C.L.E., Napoli; Lotti progettati dal gruppo Vaccaro: Impresa Eugenio Ietto, Roma (lotti sudest: fabbricati 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17) ; Impresa Tommaso Ferranti, Roma (lotti sudovest: fabbricati 6, 7, 8, 9); Impresa Augusto Lupano, Roma (casa alta: fabbricato 18). Centro sociale: Impresa Ferrante; Negozi: Impresa Eugenio Ietto Consistenza Area: 12,5 ha circa Alloggi previsti: 433 (realizzati 425) Vani previsti: 2272 (realizzati 2224) Tipi edilizi e servizi di quartiere - “unità di buon vicinato”: 2 corpi di fabbrica composti ciascuno da 6 elementi (2 piani abitabili) con 2 alloggi per piano, da 3,5 o da 5-6 vani; - case a schiera (2 piani abitabili, alloggi da 5-6 vani); - edificio a pianta stellare (3-5 piani abitabili su un piano pilotis: 45 alloggi da 3,5, 5 e 6 vani) - centro sociale (progetto del gruppo Vagnetti) - 2 edifici ad un piano adibiti a negozi; - mercato coperto, scuola elementare, asilo (realizzati dal Comune) Tecniche costruttive - “unità di buon vicinato”: struttura portante in cemento armato con solai laterocementizi e fondazioni su pali; muri di tampona- mento a doppio strato con intercapedine (mattoni doppio UNI ad una testa e forati di coltello): muratura intonacata a calce e strutture lasciate in vista; serramenti in legno con persiane scor- revoli esterne; per le scale e gli ingressi serramenti in ferro realiz- zati con profili normali; - case a schiera: muri portanti di mattoni a due teste per le parti in elevazione, blocchetti di tufo con faccia a vista per lo zoccolo basamentale, fondazioni continue a sacco, solai laterocementizi; superfici esterne intonacate, copertura inclinata protetta da cam- pigianato. I tramezzi, il maschio centrale ed i parapetti delle scale sono in muratura di mattoni comuni, stilati a cemento e sabbia e verniciati ad olio senza intonaco; - edificio a pianta stellare: struttura portante in cemento armato lasciata in vista con solai laterocementizi; muri di tamponamento a doppio strato con intercapedine (mattoni doppio UNI ad una testa lasciati a vista e forati di coltello). serramenti in legno con persiane scorrevoli esterne; per le scale e gli ingressi serramenti in ferro realizzati con profili normali. Fonti archivistiche Archivio INCIS, Ministero del Tesoro, Roma; Archivio Giuseppe Vaccaro, Roma; Archivio IACP, Roma Fonti bibliografiche Architettura Cantiere, 15, 1957; Urbanistica, 28/29, 1959; Beretta Anguissola, 1963; L’Unità, 9 settembre 1963; Bacigalupi, Boaga, Boni, 1965; De Paolis, Ravaglioli, 1971; Ippolito, Pagnotta, 1982; Angeletti, Ciancarelli, Ricci, Vallifuoco, 1984; Cuccia, 1991; Edilizia Popolare, 243, 1996; Remiddi, Greco, Bonavita, Ferri, 2000; Di Biagi, 2001; Guccione, Segarra Lagunes, Vittorini, 2002; Mulazzani, 2002; Vaccaro, s.d. Il quartiere Ponte Mammolo durante le ultime fasi del cantiere (Archivio Vaccaro)

Il quartiere Ponte Mammolo a Roma (1956-61) · Localizzazione Via Tiburtina km 9,5, tra via Ripa Teatina, via Rivisondoli, via Campotosto Progettisti Giuseppe Vaccaro (coordinatore

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LocalizzazioneVia Tiburtina km 9,5,tra via Ripa Teatina, via Rivisondoli, via Campotosto

ProgettistiGiuseppe Vaccaro (coordinatore del piano e capogruppo delnucleo sud), Renato Amaturo, Sergio Brugnoli, AntoninoManzone, Sergio Musmeci, Franco Palpacelli (disegnatori Roberte Denise Scott Brown);Luigi Vagnetti (capogruppo del nucleo nordovest), Sergio Bollati,Matteo Costantino, Gaspare De Fiore, Leonardo Foderà,Maurizio Vitale

CronologiaProgetto: 1956-57; costruzione: 1958-61

Stazione appaltanteIstituto Nazionale Case per gli Impiegati dello Stato (INCIS)

ImpreseLotti progettati dal gruppo Vagnetti (fabbricati 1, 2 , 3, 19, 20):Co. C.L.E., Napoli; Lotti progettati dal gruppo Vaccaro: ImpresaEugenio Ietto, Roma (lotti sudest: fabbricati 10, 11, 12, 13, 14,15, 16, 17) ; Impresa Tommaso Ferranti, Roma (lotti sudovest:fabbricati 6, 7, 8, 9); Impresa Augusto Lupano, Roma (casaalta: fabbricato 18). Centro sociale: Impresa Ferrante; Negozi:Impresa Eugenio Ietto

ConsistenzaArea: 12,5 ha circaAlloggi previsti: 433 (realizzati 425)Vani previsti: 2272 (realizzati 2224)

Tipi edilizi e servizi di quartiere- “unità di buon vicinato”: 2 corpi di fabbrica composti ciascunoda 6 elementi (2 piani abitabili) con 2 alloggi per piano, da 3,5o da 5-6 vani;- case a schiera (2 piani abitabili, alloggi da 5-6 vani);- edificio a pianta stellare (3-5 piani abitabili su un piano pilotis:45 alloggi da 3,5, 5 e 6 vani)- centro sociale (progetto del gruppo Vagnetti)- 2 edifici ad un piano adibiti a negozi; - mercato coperto, scuola elementare, asilo (realizzati dalComune)

Tecniche costruttive- “unità di buon vicinato”: struttura portante in cemento armatocon solai laterocementizi e fondazioni su pali; muri di tampona-mento a doppio strato con intercapedine (mattoni doppio UNIad una testa e forati di coltello): muratura intonacata a calce estrutture lasciate in vista; serramenti in legno con persiane scor-revoli esterne; per le scale e gli ingressi serramenti in ferro realiz-zati con profili normali; - case a schiera: muri portanti di mattoni a due teste per le partiin elevazione, blocchetti di tufo con faccia a vista per lo zoccolobasamentale, fondazioni continue a sacco, solai laterocementizi;superfici esterne intonacate, copertura inclinata protetta da cam-pigianato. I tramezzi, il maschio centrale ed i parapetti dellescale sono in muratura di mattoni comuni, stilati a cemento esabbia e verniciati ad olio senza intonaco;- edificio a pianta stellare: struttura portante in cemento armatolasciata in vista con solai laterocementizi; muri di tamponamentoa doppio strato con intercapedine (mattoni doppio UNI ad unatesta lasciati a vista e forati di coltello). serramenti in legno conpersiane scorrevoli esterne; per le scale e gli ingressi serramentiin ferro realizzati con profili normali.

Fonti archivisticheArchivio INCIS, Ministero del Tesoro, Roma; Archivio GiuseppeVaccaro, Roma; Archivio IACP, Roma

Fonti bibliograficheArchitettura Cantiere, 15, 1957; Urbanistica, 28/29, 1959;Beretta Anguissola, 1963; L’Unità, 9 settembre 1963;Bacigalupi, Boaga, Boni, 1965; De Paolis, Ravaglioli, 1971;

Ippolito, Pagnotta, 1982; Angeletti, Ciancarelli, Ricci, Vallifuoco,1984; Cuccia, 1991; Edilizia Popolare, 243, 1996; Remiddi,Greco, Bonavita, Ferri, 2000; Di Biagi, 2001; Guccione,Segarra Lagunes, Vittorini, 2002; Mulazzani, 2002; Vaccaro, s.d.

Il quartiere Ponte Mammolo durante le ultime fasi del cantiere (Archivio Vaccaro)

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Tullia Iori

Il quartiere Ponte Mammolo a Roma (1956-61)

Ponte Mammolo costituisce per molti aspetti un casosingolare nel panorama di quartieri satelliti realizzati aRoma nei due settenni del Piano Fanfani. Le scelte architet-toniche e costruttive adottate da Giuseppe Vaccaro, coor-dinatore del piano generale di utilizzazione del quartiere ecapogruppo del nucleo sud, sovvertono infatti così decisa-mente i suggerimenti e le norme formulate dalla GestioneINA Casa da rendere difficile un parallelo con i quartieriromani coevi o appena completati, che su quei suggeri-menti erano stati modellati secondo un indirizzo neoreali-sta. Vaccaro d'altronde non aderisce nemmeno, né in que-sto progetto, né in altri realizzati per conto della Gestione aBologna e a Piacenza, al rigorismo neo-razionalista che siera affermato nel Nord Italia, confermando piuttosto anco-ra una volta la sua equidistanza ed autonomia dalle cor-renti dominanti già manifestata durante la prima parte dellasua attività professionale. Le case Fanfani progettate daVaccaro seguono un percorso trasversale, dialogando adistanza con altre esperienze eccentriche alle direttive delPiano: le case di Libera al Tuscolano, per esempio, con lequali condividono il moderato espressionismo strutturale,ma contemporaneamente le case di Gorio in via Cavedonea Bologna, delle quali accolgono il tentativo di unificazio-ne degli elementi costruttivi.

La vicenda di Ponte Mammolo si avvia nel 1956,quando la Gestione acquista un terreno di circa 13 ettari alnono chilometro della via Tiburtina. Il lotto, a sviluppo tra-pezoidale, si apre in declivio dalla consolare fino a rag-giungere le sponde dell'Aniene, ma è reso accidentato dasperoni tufacei concentrati nella parte centrale e contor-nanti la zona più bassa (solo troppo tardi si scoprirà trattarsidi un'antica ansa fluviale colmata dalle alluvioni in tempirelativamente recenti).

Nell'aprile dello stesso anno la Gestione conferiscel'incarico di stazione appaltante all'INPS, che avvia la reda-zione del piano generale di utilizzazione, affidato a Vaccaroe a Luigi Vagnetti e completato nell'ottobre 1956. Il variato

andamento altimetrico del terreno incide profondamentesulle soluzioni tipologiche: l'obiettivo di non "sopraffare lealture con la massa edilizia" suggerisce infatti la scelta diedifici a due piani fuori terra per le aree basse e più alti,comunque sempre limitati a tre piani fuori terra, per le areeemergenti.

Tra giugno e dicembre 1957 vengono approvati i pro-getti per i vari lotti, affidati a due gruppi: uno coordinato daVaccaro (nucleo sud) e l'altro da Vagnetti (nucleo nordovest). Nelle previsioni del piano i due gruppi avrebberodovuto confrontarsi con entrambe le tipologie (case basse ecase alte): invece solo uno degli edifici alti, quello proget-tato dal gruppo Vaccaro, viene realizzato mentre il rinveni-mento di vaste cavità nel terreno di sedime del secondo neimpedisce di fatto la costruzione.

Nel febbraio 1958 alcuni Ministeri (Difesa, Interno,Industria e Commercio), le Ferrovie dello Stato e ilConsiglio Nazionale delle Ricerche chiedono di avere desti-nati alloggi: si rende quindi necessario trasferire l'incarico distazione appaltante all'INCIS, che si occupa da questomomento della costruzione per conto dei vari enti. Il com-plesso viene frazionato in piccoli lotti, appaltati mediantelicitazioni private con il sistema a forfait globale. L'INCIS sioccupa direttamente anche della costruzione del centrosociale e dei due edifici ad un piano destinati a negozimentre gli altri servizi del quartiere - il mercato coperto, lascuola elementare e l'asilo - saranno realizzati successiva-mente dal Comune. Prima di avviare la costruzione dei sin-goli lotti si deve attendere però la conclusione dei lavori dimovimento di terra destinati ad attenuare le asperità alti-metriche: appaltati nel giugno 1958, i lavori prevedono ilrinterro della fascia di terreno lungo l'Aniene con materialeprelevato dalle aree più alte a nord ovest. A partire daldicembre dello stesso anno, i lotti via via preparati vengo-no consegnati alle imprese, che saranno impegnate nellacostruzione per i due anni successivi. Nel giugno 1961 ilquartiere viene inaugurato e gli assegnatari occupanofestosamente gli alloggi.

Università di Roma Tor VergataS. Poretti (responsabile), S. Stucchi, R. Capomolla, S. Mornati, T. Iori, R. Vittorini,C. Vittori, F. Cerrini

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T. Iori

La progettazione, e in particolare il tema della "casabassa", vengono affrontati dai due gruppi partendo daimpostazioni unitarie: i moduli base, composti da quattroalloggi su due piani, serviti da una sola scala, si aggrega-no con successivi e costanti sfalsamenti planimetrici e volu-metrici formando schiere irregolari. Profondamente diversesono invece le scelte architettoniche e costruttive che carat-terizzano i due nuclei, alla cui netta distinzione contribuiscel'altopiano emergente che isola l'area sud del quartiere.

Le case del gruppo Vagnetti, che si schierano lungo lavia Tiburtina, sono emblematiche del linguaggio correntemesso a punto durante i quattordici anni del Piano INACasa. Le soluzioni progettuali seguono fedelmente le indi-cazioni della Gestione a partire dalla scelta strutturale deimuri portanti a maglia chiusa, fortemente raccomandataper gli edifici bassi. La stratificazione dei materiali è quellatipica della tradizione costruttiva romana: fondazioni conti-nue a sacco dalle quali spiccano muri di blocchi di tufolistati con mattoni; blocchetti di tufo faccia a vista per lozoccolo basamentale; mattoni a due teste per i muri in ele-vazione. Anche all'interno degli alloggi i tramezzi e la spinacentrale sono realizzati con mattoni in vista disposti a corti-na, stilati a cemento e verniciati ad olio. All'esterno, sullefacciate intonacate, solcate dal cordolo marcapiano, si alli-neano ordinatamente le bucature, rigorosamente di dimen-sioni ridotte e chiuse da serramenti di legno. Gli sbalzi mini-mi dei balconi, delimitati da parapetti di ferro, e il tetto afalde inclinate, protetto da campigiane, accentuano ilcarattere "domestico" della composizione, confermando l'a-desione del gruppo a quel linguaggio familiare e sponta-neo che aveva trovato nell’esperienza del quartiereTiburtino affermazioni ben più originali.

Atipico nel panorama edilizio dell'INA Casa risultainvece il nucleo sud, per la cui progettazione Vaccaro coor-dina un gruppo di fidati architetti che lavorano nel suo stu-dio - Renato Amaturo, Sergio Brugnoli, Antonino Manzonee Franco Palpacelli - ai quali si aggiunge Sergio Musmeci,ingegnere tra i più originali del dopoguerra italiano.

La fascia pianeggiante che accompagna l'ansa delfiume è risolta dal gruppo con una soluzione tipologica,l'"unità di buon vicinato" (che anche nella denominazionerievoca le coeve esperienza scandinave), basata sulla for-mula di raccogliere, attorno ad un'area pedonale varia-mente attrezzata, un numero di famiglie "non troppo gran-de per conservare un senso di cordialità e non troppo pic-colo per evitare il fastidio di troppo frequenti incontri frapoche persone" (Architettura Cantiere, 15, 1957). In una"unità" tipica, 48 alloggi, da 3,5 vani, sono raggruppati indue schiere, composte ciascuna da 6 corpi, a due piani condue alloggi per piano, sfalsati in pianta e in alzato. Lo sfal-samento verticale è regolato dalle coperture: due corpicontigui sono infatti raccolti sotto un'unica falda di tetto cheinverte l'inclinazione nei successivi due elementi, determi-nando lungo la schiera un caratteristico gioco di linee spez-zate riproposto alternato nella schiera prospiciente. Perassecondare l’andamento delle coperture, il corpo più vici-no al colmo della falda si solleva su pilotis di mezzo piano.Lo sfalsamento orizzontale è invece determinato da un

duplice slittamento: quello più modesto tra gli elementiaccoppiati dalla falda inclinata, in corrispondenza dell'uni-ca scala centrale; quello più marcato che coincide con ilcambio di inclinazione del tetto.

L'area delimitata dalle due schiere è attrezzata conservizi comuni: 12 stenditoi chiusi e 6 lavatoi da utilizzare aturno (rispettivamente due giorni e un giorno a settimanaper ogni famiglia), aiuole con fontanelle, panchine e giochiper bambini, ma anche ampi giardini-orti privati cui siaccede direttamente dagli alloggi del piano terreno. Sotto ipilotis trovano invece posto al coperto le poche automobilie le moto, queste ultime in box chiusi, uno per famiglia.

Vaccaro aveva avuto già occasione di lavorare per ilPiano INA Casa. Dalla fine del 1952 è membro esternodella Commissione che esamina i progetti inoltrati allaGestione. Durante il primo settennio realizza i quartiere diBorgo Panigale (1951-55) a Bologna e l'Unità Galleana aPiacenza (1953-55). Negli stessi anni di Ponte Mammolo èimpegnato, in collaborazione con lo stesso gruppo di pro-gettisti, nel progetto del piano generale e dei complessi edi-lizi del nucleo sud nel quartiere coordinato CEP di via dellaBarca a Bologna, che vede lo IACP quale stazione pilota el'INA Casa e l'UNRRA-CASAS quali enti consorziati.

Nella progettazione dei suoi quartieri Vaccaro concre-tizza gli studi teorici sull'abitazione condotti, anche insiemeall'amico Adalberto Libera, tra il 1940 e il 1943, durante lapausa forzata della guerra che "con le sue distruzioni e altreconseguenze, ha portato il problema degli alloggi per ilpopolo a proporzioni inconsuete". In quegli studi, rimasti alivello di appunti, solo in parte editi, affrontando il tema delquartiere residenziale aveva già riconosciuto la necessità direalizzare una "composizione variata ma unificata dallestrutture, infissi ed altri elementi normalizzati". Le case devo-no essere "distribuite secondo un criterio di composizionearchitettonica che, tenendo conto della prospettiva umana(non solo aerea o grafica), permetta il godimento del ritmo(ordine) ma eviti il fastidio della ripetizione non simultaneadella stessa situazione (monotonia)" (Vaccaro, s.d.).L'unificazione tipologica e degli elementi costruttivi consen-te di progettare una "casa di serie", preferita da Vaccarorispetto alla "casa composta con elementi di serie" perché laprima soluzione consentirebbe di superare l'antinomia fral'unificazione-normalizzazione e la perfezione funzionale,cioè la rispondenza precisa alle esigenze d'uso.

L'unificazione tipologica è il tema di fondo dei duequartieri del secondo settennio, peraltro legati da profondeanalogie, sia compositive che costruttive. Anche al CEP,infatti, il tessuto edilizio è costituito da elementi tipo ripetu-ti e variamente aggregati: l'elemento tipo in questo caso èdefinito da un corpo con pianta ad H, a due piani sempresollevati su pilotis, con una scala centrale che serve i 4alloggi di ciascun piano. Attestando i corpi di fabbrica, aformare un cortile centrale, o sfalsandoli, Vaccaro compo-ne le cosiddette "unità di vicinato" costituite da 6 o 9 ele-menti tipo. Ma a Roma, così come a Bologna, il processodi unificazione si estende a molti degli elementi costruttivi.

Contraddicendo le direttive della Gestione che riser-vano lo scheletro portante agli edifici di almeno 4 piani,

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Il quartiere Ponte Mammolo a Roma (1956-61)

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Vaccaro non solo sceglie il telaio di cemento armato - checonsidera "più economico di una normale struttura muraria"- ma lo lascia in vista, esibendolo sulle facciate e nei pianipilotis.

Quello del quartiere romano è un telaio disegnatoaccuratamente e certo non ordinario: le travi, sagomate amensola, proseguono a sbalzo per circa 1,5 metri oltre ledue campate principali, già di luce maggiore di 6 metri.L'adozione dei due sbalzi simmetrici ha lo scopo evidente-mente di "originare una distribuzione di momenti sufficien-temente equilibrata" e consentire quindi un dimensiona-mento "economico" delle travi stesse. La ripetitività del telaioconsente inoltre di unificare le sagome e le armature deipilastri, delle travi e soprattutto dei solai. (La natura alluvio-nale del terreno porterà a modificare il progetto delle fon-dazioni, originariamente previste a plinti in cemento arma-to direttamente poggiati sul terreno, sostituendole con palitrivellati della lunghezza media di 10 metri.) Analoghiaccorgimenti strutturali sono adottati a Bologna, non solonei nuclei residenziali ma soprattutto nel cosiddetto "treno",il lungo edificio ad andamento curvilineo ottenuto giustap-ponendo gli elementi ad H. Qui, sulle testate intonacate esenza bucature, il cemento lasciato a vista consente dida-scalicamente di leggere tutte le più minute articolazioni deltelaio, fino a riconoscere le cerniere su cui poggia la faldadi copertura o lo spessore dei solai intermedi (e non delletravi, che in testata vengono fatte rientrare di pochi centi-metri).

Ancora disobbedendo alla Gestione, che raccoman-da di "abolire le originalità strutturali", Vaccaro a PonteMammolo prevede di risolvere il telaio in corrispondenzadel cambio di inclinazione del tetto (che per effetto dello-sfalsamento dei due corpi che lo condividono, si trovereb-be ad avere una luce centrale di 9,85m) con uno schemastrutturale "simile ad una trave Vierendeel", ottenuto cioècollegando in mezzeria le travi dei due livelli con montantiche non proseguono al piano terreno (soluzione che verràpoi scartata dall'impresa costruttrice che preferirà inserireun pilastro in più, "anomalo"). Anche nell'edificio per abita-zioni e negozi dell'Unità Galleana di Piacenza Vaccaroaveva giocato con la struttura esibendo sui fianchi il dise-gno del telaio (arricchito da una lastra parapetto sullaquale è riportato l'andamento di ipotetiche linee isostatiche)e risolvendo il modesto sbalzo del percorso soprelevato conuna trave Vierendeel altissima, che si sviluppa lungo tutto ilfronte principale fungendo da gigantesca transenna, ascala urbana più che edilizia. E pure a Bologna, sempre nel"treno", riesce ad ottenere un passo doppio (6,30 m) per ipilastri del portico (dalla sagoma complessa: due esagoniirregolari accoppiati) impostando i pilastri superiori in falsosulla trave ad andamento sinusoidale spezzato che, lascia-ta con l'intradosso in vista, diventa un motivo decorativo delsottoportico.

L'obiettivo dell'unificazione, sia a Roma che aBologna, prende corpo nelle dimensioni regolari dellamaglia strutturale, in pianta e in alzato, calibrate sul modu-lo dei mattoni UNI e doppio UNI. A Ponte Mammolo i dop-pio UNI vengono disposti ad una testa nella parete esternadei muri di tamponamento ad intercapedine (quella interna

è in forati disposti di coltello). Mentre le facciate sono into-nacate, il mattone diventa elemento decorativo delle logge,dove viene lasciato con i fori in vista per realizzare schermie divisori (a Bologna, nei complessi residenziali, i mattoniUNI e doppi UNI sono invece disposti a ricorsi alternatinella parete esterna con la faccia a vista). Gli stessi matto-ni sono alla base del disegno di tutte le sistemazioni ester-ne (muri per lavatoi, recinzioni, depositi per le moto ecc.).Per Vaccaro la dimensione del mattone costituisce unacaratteristica essenziale del progetto, da rispettare rigida-mente nell'esecuzione: all'impresa che tentava di proporremattoni di formato diverso rispondeva, con una letterapreoccupata, che "modificando il formato rimane comple-tamente sconvolta qualsiasi ricorrenza compositiva, conconseguenza disastrose per il risultato estetico degli edifici".

Altro elemento ricorrente in quasi tutti i progetti perl'INA Casa è il serramento a persiana scorrevole esterna.Vaccaro l'aveva proposto già a Borgo Panigale, sia nellecase ad H (dove un gigantesco pannello oscura le finestrea tre partite delle logge e uno più minuto le finestre addos-sate alle logge stesse), sia nella doppia stecca dei negozi,con una soluzione molto simile a quella proposta insistita-mente per il "treno" del CEP. A Ponte Mammolo, il serra-mento a persiana scorrevole unifica tutte le bucature deifronti principali: il pannello di legno, che scorre su unarotaia metallica superiore e una guida inferiore, entrambea sbalzo dalla parete, è modellato imitando nel disegno leromane persiane doppie a battente ma riducendo al limiteil montante centrale. Tutte le bucature sono perimetrate damontanti e da architravi prefabbricati in cemento, di dimen-sioni standard, che celano i telai fissi dei serramenti, secon-do una soluzione già sperimentata negli altri quartieri.

Analisi a parte merita l'edificio a pianta stellare, i cuicaratteri architettonici e costruttivi richiamano più sensibil-mente i suggerimenti della Gestione. Rinunciando alla con-figurazione di torre trilobata, già scelta a Piacenza, masoprattutto resa esemplare da De Renzi e Ridolfi in altriinterventi INA Casa romani, Vaccaro concentra la progetta-zione dei tre lunghi bracci dell'edificio sulle soluzioni di fac-ciata piuttosto che sulla composizione volumetrica.L'articolazione della parete è giocata sull'accostamento deimateriali lasciati "al naturale": le riquadrature del telaio incemento armato, arricchite dall'insistito chiaroscuro di rien-tranze e sporgenze; le trame dei mattoni, che raddoppianotessitura in prossimità dei limiti dei pannelli e divengonopuro elemento decorativo all'attico (dove l'apparecchiaturacon i fori in vista non serve a favorire l'aerazione del pianoessendo tamponata sul retro da una paretina di cemento).La modularità delle campate, impostate sulle dimensionidel mattone, consente di risolvere i campi attingendo ad unricco repertorio di varianti, la cui composizione è dominatadalle persiane scorrevoli, rese astratte dalla semplificazionegeometrica, quasi trame in movimento sulle facciate.

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T. Iori

Fig. 1 - Planimetria del quartiere (1. Negozi; 2. Centro sociale; 3. Mercato coperto; 4. Asilo; 5. Scuola elementare). Le abitazioni a sud della linea tratteggiata sono proget-tate dal gruppo Vaccaro; quelle a nord dal gruppo Vagnetti

Fig. 3 - Le “unità di buon vicinato” del gruppo Vaccaro: spacca-to assonometrico, schizzo prospettico e foto d’epoca (ArchivioVaccaro)

Fig. 4 - Pianta, sezione e prospetto di due elementi dell’”unità dibuon vicinato” (Archivio INCIS)

Fig. 2 - Le case a schiera del gruppoVagnetti: pianta, foto d’epoca e vedutaattuale

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Il quartiere Ponte Mammolo a Roma (1956-61)

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Fig. 6 - Le sistemazioni esterne: foto d’epoca degli stenditoi (a sinistra, in alto); disegnoesecutivo dei lavatoi e dei depositi per le moto (in basso); disegno d’insieme delle siste-mazioni esterne a servizio delle “unità di buon vicinato” (sopra) (Archivio Vaccaro)

Fig. 5 - Dettaglio esecutivo delle travi principali in cementoarmato e foto d’epoca che mostra come la struttura fosse chia-ramente leggibile sui prospetti (Archivio Vaccaro)

Fig. 7 - L’edificio a pianta stellare del gruppo Vaccaro: piantadel piano tipo e dei livelli con alloggi duplex (Archivio INCIS)

Fig. 8 - L’edificio a pianta stellare del gruppo Vaccaro: vedutaattuale e pianta delll’alloggio tipo (Archivio INCIS)

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T. Iori

La doppia anima del quartiere, tagliato dall'altopianotufaceo, diviene manifesta con il passare degli anni. Mentreinfatti a nord le "ordinarie" schiere del gruppo Vagnetti (maanche l'edificio alto di Vaccaro) si conservano ottimamentenon richiedendo che modesti interventi di manutenzione, leschiere del nucleo sud già pochi mesi dopo l'inaugurazionesono coinvolte da una serie di dissesti che le rendono pro-tagoniste di uno scandalo edilizio con ampia eco sullastampa locale.

Il 6 settembre 1961, infatti, un fonogramma dei Vigilidel Fuoco segnala la presenza, nelle schiere più orientali, di"vistose lesioni della tamponatura e dei tramezzi e lievi fila-ture di alcune travi". I movimenti delle case, monitorati conuna serie di livellazioni, proseguono senza sosta, anzi conun netto aumento del gradiente nell'estate del 1962. A que-sta data molti appartamenti, la metà di quelli compresi nellesei schiere orientali coinvolte, vengono sgomberati. Lelesioni, accuratamente rilevate dal servizio tecnicodell'INCIS, risultano particolarmente consistenti negli ele-menti di testata delle schiere mentre in valore assoluto icedimenti maggiori del terreno coinvolgono gli elementicentrali. Nel luglio 1962 la Gestione nomina una commis-sione di esperti, composta dai professori Carmelo Aquilina,Carlo Cestelli-Guidi e Carlo Tagliacozzo, che, nel febbraio1963, conclude la propria relazione affermando che “il dis-sesto dipende da non adeguata fondazione, la quale hatanto più influito nel determinare il fenomeno data la natu-ra comprimibile del terreno gravato da un riporto di recenteformazione". Di tutt'altro avviso è l'INCIS che, lungi dalvolersi assumere alcuna responsabilità costruttiva, sostienela tesi di un imprevedibile movimento di massa del terreno,peraltro acquistato direttamente dalla Gestione. Tesi confer-mata, nell'ottobre 1963, da autorevoli periti di parte: il pro-fessor Luigi Stabilini, direttore dell'Istituto di Costruzioni ePonti del Politecnico di Milano, che giustifica il cedimentodel terreno con l'abbassamento della falda freatica (feno-meno collegato all'urbanizzazione della zona e alle modifi-cazioni del regime idraulico dell'Aniene conseguenti allacostruzione degli sbarramenti sul Tevere di Castel Giubileoe di Nazzano), e il professor Bruno Accordi, titolare dellacattedra di Geologia dell'Università di Roma, che riconoscela presenza di una "sorpresa geologica" cioè una fase flu-viale fino ad allora sconosciuta (i manufatti poggiano su unpiccolo bacino alluvionale la cui massima profondità si trovaal centro della schiera più orientale) e mette in luce le fortidifferenze di compressibilità degli strati profondi di terrenointeressati. Comunque "le schiere, ad elementi congiunti, apiani sfalsati sia planimetricamente che altimetricamente,con un solo giunto, di problematica efficacia, in corrispon-denza della scala centrale, con pareti portate da sbalzi, coni piani terreni alternativamente realizzati su pilotis, con lestrutture in cemento armato non collegate trasversalmenteda travi di adeguata rigidezza per motivi architettonici (il cheha reso le strutture molto elastiche) si sono dimostrate asso-lutamente inidonee per il terreno di sedime sul quale sorgo-no" - così commenta infine la memoria redatta nel settembre1964 dai tecnici dell'INCIS a riepilogo del serrato susse-

guirsi degli eventi.L'incertezza sulle cause del dissesto ritarda la messa a

punto di possibili soluzioni. Il progetto dell'INCIS, elaboratoa partire dall'ottobre 1962 e presentato nell'agosto 1964alla GESCAL (che nel 1963 ha preso in gestione gli immo-bili), prevede di separare fin dalle fondazioni i singoli ele-menti della schiera e di irrigidirli, consentendone così il "libe-ro movimento". L'operazione, agevole dove gli elementicontigui hanno in comune la scala, già a sbalzo (si tratta ditagliare le travi di collegamento in copertura e in fondazio-ne), risulta macchinosa dove gli elementi condividono unapilastrata e le relative travi: qui viene proposto di raddop-piare la struttura con un nuovo telaio di acciaio, con costinotevoli ed esiti incerti. Ad opporsi a questo complessointervento è la Commissione di collaudo che, dopo una solavisita in cantiere, il 15 settembre 1964, subordina l'accetta-zione delle opere alla esecuzione di idonei lavori che, a suoavviso, devono limitarsi all'allargamento dei plinti alla testadei pali e al consolidamento del terreno mediante silicazio-ne.

A questo punto la documentazione tecnica si interrom-pe: dai resoconti degli abitanti del quartiere sembra peròche nessun intervento di consolidamento sia mai stato con-dotto a termine. Dopo qualche anno, i movimenti delleschiere si arrestano. Le case vengono allora occupate abu-sivamente e in massa dai senzatetto. Investite dalla forzad'urto di una popolazione disperata (e consapevolmente dipassaggio), che opera ogni sorta di manomissione, le ‘deli-cate’ schiere di Vaccaro subiscono un accelerato processodi degrado che alimenta gli abusi anche negli alloggi rego-larmente assegnati. La chiusura dei piani pilotis e dellelogge, la copertura con intonaco dei campi di mattoni, l'al-terazione delle facciate per l’aggiunta di bucature casuali edi coloriture fantasiose che, stese uniformemente, eclissanoil disegno della struttura, l'ammaloramento e poi la sostitu-zione di tutti i serramenti a persiana scorrevole, la progres-siva privatizzazione degli spazi comuni sbiadiscono il rigoree l'eleganza della composizione architettonica originaria, dicui rimane debole traccia solo nella linea spezzata dellecoperture che nessuno nel tempo ha osato alterare. Curiosala giustificazione addotta dagli abitanti circa la sostituzionesistematica delle persiane scorrevoli: "pericolavano".Identica soluzione era stata tuttavia impiegata da Vaccaronell'edificio a stella, dove si è conservata senza alcuna ecce-zione perfettamente funzionante.

Dopo la riassegnazione degli alloggi, solo in tempirecenti (1997-2002) l’IACP, attuale proprietario del quartie-re, ha condotto lavori di manutenzione (limitati alle tre schie-re più orientali) che hanno di fatto validato le alterazioni.Ostinatamente, anzi, sono state cancellate le ultime traccedelle soluzioni originarie per infissi e logge ma, ad onor delvero, anche liberati i pilotis e fatto riemergere il disegno deltelaio, pur se banalizzato. Qualche locale consolidamentodegli sbalzi con puntelli inclinati di acciaio, che riportano icarichi direttamente sulle fondazioni, ha forse più il compitodi tranquillizzare gli assegnatari che quello di garantire daulteriori cedimenti.

Le trasformazioni e il degrado

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Il quartiere Ponte Mammolo a Roma (1956-61)

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Fig. 13 - Veduta d’epoca e veduta attuale di un elemento delle “unità di buon vicina-to”. Tra le principali trasformazioni, si notano: le alterazioni cromatiche con l’occulta-mento del telaio strutturale; la chiusura dei piani pilotis e delle logge; la modifica delledimensioni delle bucature con sostituzione dei serramenti e dei sistemi di oscuramentooriginali; la realizzazione di nuove finestre Fig. 14 - Veduta attuale dell’edificio a pianta stellare: le trasformazioni comprendono lachiusura delle logge e la sostituzione dei serramenti originali

Fig. 9 - Le lesioni su una delle schiere delnucleo sud orientale nel 1962 (L’Unità, 9settembre 1963)

Fig. 10 - Planimetria del nucleo sud orientale con l’indicazione dei movimenti del terre-no e delle lesioni dei fabbricati (Archivo INCIS)

Fig. 11 - Intervento di consolidamento diuna trave a sbalzo con un puntello diacciaio

Fig. 12 - Progetto di consolidamento delle schiere del nucleo sud orientale elaboratodai tecnici dell’INCIS (1964): si prevedeva la separazione dei singoli elementi dellaschiera dopo aver raddoppiato la struttura con un telaio in acciaio (Archivio INCIS)

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Fig. 16 - Veduta d’epoca (Archivio Vaccaro)

Fig. 15 - Veduta attuale del quartiere

Triste il destino dei pannelli di mattoni doppio UNI dellelogge che, un tempo isolati con una cesura a tutta altezzadalle murature perimetrali, ora sono a queste ricongiunti eintonacati. Nelle logge al secondo piano, inoltre, è statoprecariamente rettificato il profilo superiore per consentirela collocazione di tende a rullo o di chiusure vetrate. Salve,in genere, le ringhiere. Il campionario di serramenti, di materiali e forme incompa-tibili, compromette il disegno delle pareti murarie, in origi-ne scandite solo dalle essenziali persiane lignee scorrevolie dai tracciati netti delle loro guide. Anche quando sonostate completamente alterate le dimensioni delle bucature ela modalità di oscuramento, sono proprio le guide, ancorainutilmente al loro posto, ad evocare la soluzione originale.

Le unità di buon vicinato di G. Vaccaro

Il degrado delle singole unità inizia dagli spazi pedonalicompresi fra le schiere; quegli spazi che, nella concezionedi Vaccaro, avrebbero dovuto favorire un sano rapporto divicinato. Stenditoi, lavatoi e ricoveri per le moto, certamen-te oggi anacronistici, sono stati smantellati o vengono utiliz-zati come depositi di materiali vari; degli ampi spazi comu-ni pavimentati resta solo un angusto vialetto, non semprepercorribile, che separa i giardini privati. Fortunatamente solo in pochi casi isolati sono stati addos-sati alle schiere nuovi volumi: le alterazioni della volumetriasi concretizzano piuttosto nelle chiusure, teoricamente piùreversibili, dei piani pilotis e delle logge. Era stata la stessaGestione, invece, a finanziare i lavori di chiusura (con fine-stroni di ferro) dei vani scala e di schermatura dei piccolilavatoi ricavati sulle logge, entrambi a giorno e quindi ina-datti alla località "umida, particolarmente esposta ai venti ealle piogge che la flagellano, priva come è di ripari frangi-vento". Le schiere hanno perduto il gioco cromatico e materico checaratterizzava le facciate: sulle pareti chiare intonacate sistagliava il disegno dei telai in cemento armato "lasciato alnaturale" e spiccavano i laterizi dei pannelli delle logge coni fori in vista. Oggi la struttura è intonacata, ‘rettificata’ (alte-rando il disegno delle mensole del solaio intermedio) e tin-teggiata, nel migliore dei casi, di colore grigio: più spessoè stata occultata trattandola con gli stessi colori delle tam-ponature, che spaziano, incerti, tra il recente giallino chiaroe il più datato rosso mattone.

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Il serramento a persiana scorrevole esterna

Fig. 17 - La persiana scorrevole: foto d’epoca (Archivio Vaccaro)

Nel nucleo sud si conservano solo cinque serramenti origi-nali di questa tipologia: tutti gli altri sono stati sostituiti coninfissi di alluminio, di vari formati e colori. La sostituzione hacomportato sempre la variazione del sistema di oscuramen-to (ora generalmente con persiana a battente) e, in molticasi, la variazione delle dimensioni dell'apertura, la rimo-zione della ringhiera e la tamponatura della fascia di para-petto. La soglia di travertino originaria è stata spesso con-servata e lasciata in posizione asimmetrica rispetto all'infis-so, pur non alloggiando più la guida di scorrimento dellapersiana. La copertina di lamiera superiore, invece, è stataovunque sostituita con una copertina di travertino, posizio-nata a volte asimmetricamente rispetto all'infisso, altre voltecentralmente. Anche nei casi in cui è stata conservata lapersiana scorrevole, la copertina metallica è stata rimossa equella sostitutiva di travertino è stata posizionata simmetri-camente alla bucatura, lasciando così scoperta la rotaia. La soluzione della persiana scorrevole è riproposta, quasiidentica, nell’edificio a stella: qui il pannello è leggermentepiù piccolo e senza montanti intermedi evidenti (probabil-mente due montanti metallici sono celati dalle lamelle). Adoggi si conservano tutti i pannelli scorrevoli di questo fab-bricato: anche se quasi ovunque la finestra è stato aggior-nato, non è stato mai alterato il sistema di oscuramento.

Caratteristiche originali: Telaio maestro in legno di castagno,telaio mobile a battente in abete con specchiature inferiori opa-che e superiori di vetro chiaro, oscurabili internamente con anti-ne di legno. Cornice prefabbricata di cemento (montanti75x100 mm; traverso superiore 90x100 mm) cui è vincolata laringhiera in piattina di ferro (s=8 mm). Persiana in abete (s=5cm) scorrevole superiormente su rotaia (protetta da copertina dilamiera zincata fissata alla trave mediante ferri piatti a sbalzo) einferiormente su guida (fissata alla soglia di travertino e dotatadi fori per lo smaltimento delle acque meteoriche).

Fig. 18 - Due persiane scorrevoli superstiti nelle unità di buonvicinato

Fig. 19 - Il serramento a persiana scorrevole esterna: dettagliesecutivi in pianta e in sezione verticale (Archivio Vaccaro)

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T. Iori

Fig. 20 - Le logge delle case a schiera nella zona orientale: det-taglio assonometrico (disegno di T. Iori)

Fig. 21 - Veduta d’epoca delle logge delle case a schiera nellazona orientale (Archivio Vaccaro)

La loggia

1. Struttura di cemento armato a vista; 2. Pannello in mattonidoppio UNI con fori quadrati a vista; 3. Piatti di ferro di collega-mento del pannello; 4. Ringhiera in piattina di ferro e ripiano ditavole di legno 30x70 mm; 5. Muro in mattoni di separazionedal lavatoio-stenditoio; 6. Finestra di legno di abete con telaiomaestro di legno di castagno; 7. Cornice prefabbricata dicemento 75x100 mm; 8. Soglia di travertino; 9. Piastrelle digres ceramico (s=8 mm); 10. Copertina di lamiera; 11. Grondaia di lamiera; 12. Pavimento su caldana di alletta-mento e manto impermeabile; 13. Risvolto di contenimento inlamiera; 14. Pluviale.

"Loggia o veranda: Ha lo scopo di aumentare il godimentodegli agenti naturali, consentito dalle finestre ... Per ungodimento più pieno degli agenti naturali, le famigliepotranno usufruire di spazi collettivi, per bambini ed adulti,annessi agli stabili. Ma il godimento di un minimo di agen-ti naturali deve essere possibile anche in casa e riteniamoche essenzialmente esso consista nella possibilità di adem-piere certe funzioni a diretto contatto con l'atmosfera ester-na e con i raggi del sole. Le funzioni in cui questa esigenzaè più sentita sono: ricreazione bambini - soggiorno dopo ipasti - pranzo - lavoro di cucito - ginnastica mattutina".Sono queste le considerazioni, anticipate negli studi sull'a-bitazione svolti da Vaccaro nel 1940-42 e ampiamentecondivise dalla Gestione INA Casa, che spingono il proget-tista a destinare, nelle sue "unità di buon vicinato", un'ampiasuperficie a loggia, rafforzandone con la scelta dei materialiil carattere domestico. Le trame chiaroscurate dei laterizi,lasciati qui a vista, caratterizzano vivacemente le facciate,giocando un ruolo determinante nell'immagine complessi-va. Vaccaro disegna fin nel più minuto dettaglio due versio-ni della loggia: una per le tre unità orientali, l'altra per laprima unità ad ovest dell'asilo (l'unità estrema, più articola-ta, presenta alloggi da 5 o 6 vani ed è provvista di ampibalconi scoperti, oltre che di piccole logge con transenne dimattoni).

Fig. 22 - I diversi tipi di trasformazione subiti dalle logge delle case a schiera nella zona orientale

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1. Struttura di cemento armato a vista; 2. Pannello in mattonidoppio UNI con fori quadrati a vista; 3. Piatti di ferro di collega-mento del pannello; 4. Corrimano prefabbricato di cemento; 5. Persiana di legno scorrevole su rotaia superiore e guida infe-riore; 6. Finestra di legno di abete con telaio maestro di legnodi castagno; 7. Cornice prefabbricata di cemento 75x100 mm;8. Soglia di travertino; 9. Piastrelle di gres ceramico (s=8 mm);10. Copertina di lamiera; 11. Grondaia di lamiera; 12. Pavimento su caldana di allettamento e manto impermeabi-le; 13. Risvolto di contenimento in lamiera; 14. Pluviale.

Nella prima soluzione la loggia è schermata da pannelli dimattoni doppio UNI, con i fori visibili, separati dalle paretiperimetrali da una cesura a tutta altezza; una semplice rin-ghiera metallica, arricchita da un ripiano di legno per dis-porre vasi da fiori, completa la composizione. Nella seconda versione, invece, la transenna dal profiloscalettato è risolta apparecchiando i mattoni forati a filealterne, completati in sommità da una fascia prefabbricatadi cemento. In entrambe le versioni, una piccola zona, limi-tata da un muretto basso, è riservata a lavatoio-stenditoio(questa zona è stata chiusa da infissi di ferro per proteggerladalle intemperie già durante le fasi conclusive del cantiere).

Il desiderio di aumentare la superficie abitabile degli allog-gi ha spinto spesso gli assegnatari a chiudere maldestra-mente le logge. Anche quando sono state semplicementeschermate da tende o protette con grate di sicurezza, lelogge hanno perduto quei caratteri architettonici e costrutti-vi che le segnalavano sulle facciate. Generalizzata infatti (econfermata dal recente intervento di restauro condotto dalloIACP sulle tre schiere più orientali), la manomissione deipannelli di laterizio, intonacati e ricongiunti alle pareti peri-metrali. Meglio conservata la soluzione con le transenne dimattoni alternati, il cui impatto materico resiste meglio allenumerose schermature e integrazioni.

Fig. 25 - I diversi tipi di trasformazione subiti dalle logge delle case a schiera nella zona occidentale

Fig. 23 - Veduta d’epoca delle logge delle case a schiera nellazona occidentale (Archivio Vaccaro)

Fig. 24 - Le logge delle case a schiera nella zona occidentale:dettaglio assonometrico (disegno di T. Iori)

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T. Iori

Fig. 26 - L’edificio a pianta stellare: spaccato assonometrico diuna facciata del corpo sud (disegno di T. Iori)

L'edificio a pianta stellare si allunga, in tre bracci, fino ailimiti concessi dallo sperone roccioso, divenendo, di fatto,un edificio in linea servito da cinque scale, oltre a quella apianta triangolare ricavata nel nodo centrale. Un piano pilo-tis continuo solleva i tre piani fuori terra: di altezza ridotta,è in parte sistemato a portico e in parte occupato dalle can-tine, dai lavatoi e dai depositi per i motocicli.Nel braccio sud il ripido dislivello del terreno viene sfruttatoper realizzare due ulteriori piani sottostanti il livello di cam-pagna. Vaccaro differenzia questo corpo aggiunto e ‘irre-golare’ sia nelle scelte tipologiche che nei materiali: vi rica-va infatti degli alloggi duplex e li connota all'esterno conpareti in blocchi di tufo a vista. Il telaio strutturale, a corpo triplo, scandisce le facciate inelevazione e si ripete più rigido nella spina centrale: dall'in-trodosso del solaio del portico emergono solo le mensole diirrigidimento delle travi longitudinali che sostengono i solai(di tipo "Titanus") tessuti in senso trasversale a tutti i piani. Ipilastri del portico si rastremano visibilmente all'attacco conil corpo soprastante creando, assieme alla sagomaturadelle travi, un motivo quasi decorativo. In copertura è ripro-posto il netto disegno della falda inclinata che caratterizzaanche le unità di buon vicinato. (Presso l'archivio Vaccaro è conservata una foto dell'edificiocon, annotata sul retro dalla compagna dell'architetto,Leda, sua collaboratrice dalla fine degli anni trenta e cheper prima ha riordinato il materiale, la dicitura "casa diLibera".)

L’edificio a pianta stellare di G. Vaccaro

Fig. 27 - Veduta attuale del corpo sud

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La facciataLe facciate dell'edificio hanno ben conservato il loro aspet-to originario, complici i materiali lasciati al naturale (ma evi-dentemente anche la buona esecuzione dell'impresa) e l'al-tezza dell'edificio, che ha scoraggiato interventi di mano-missione locale per i quali sarebbero stati necessari costosiponteggi. I campi di mattoni doppio UNI ad una testa lavorati a vista,che definiscono una trama insolita per il panorama romano,più abituato al disegno minuto del mattone tradizionale,hanno mantenuto nel tempo l'ampia gamma di sfumature dicolore che varia dall'ocra chiarissimo al rosso saturo. Anche il telaio strutturale, pur nelle sue molteplici articola-zioni, è perfettamente conservato e non presenta ferri sco-perti né guasti locali. Mentre gli infissi di legno sono stati quasi tutti sostituiti, lepersiane scorrevoli sono ancora al loro posto: alcunevarianti nel montaggio e nelle dimensioni potrebbero averinfluito positivamente sulla funzionalità nel tempo rispettoalla soluzione adottata nelle unità di buon vicinato. La per-siana, lunga 1 metro (contro 1,25 m di quella delle casebasse), scorre nello spessore generato dall'arretramentodella tamponatura rispetto al filo dei pilastri e del bordosuperiore delle travi, cui sono saldamente assicurate larotaia e la guida. Completano l'immagine originale dellabucatura anche il sottile ringhierino metallico e la corniceprefabbricata di cemento cui questo è fissato. In ottimo stato i serramenti in profilati normali di ferro dellescale, il cui primo pianerottolo intermedio, originariamentea giorno, è stato malamente chiuso (con soluzioni diverse,ma sempre inadeguate) per impedire all'acqua meteorica diraggiungerlo.Due i tipi di loggia originariamente presenti: quella più spa-ziosa, con funzioni di lavatoio e stenditoio, a servizio dellacucina, e quella minima ricavata nell'ambiente di soggior-no. Solo quest'ultima, profonda appena 65 cm, non è statamanomessa (troppo modesto il beneficio in termini di nuovasuperficie utile per giustificarne la chiusura) e conserva,nella maggior parte dei casi, la persiana originaria a quat-tro sportelli. L'altro tipo di loggia, ora schermata da vetrate,è ormai un ambiente chiuso.

Fig. 28 - L’edificio a pianta stellare: alcune varianti delle campa-te modulari delle facciate

Fig. 29 - L’edificio a pianta stellare: particolare di uno dei fianchi