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Il Roero sede di Ebrei isolati - Pagina 1 di 17 Mariella Becchio Gianni Mazzucchelli Il Roero sede di Ebrei isolati Analisi astronomica e intuitiva della meridiana cosmopolita di Canale. Testimonianze di presenza ebraica a Canale: “I lubià”, Ebrei di San Vittore. Il cappello detto “lobbia” e il pane azzimo. Il forno delle azzime accanto alla chiesa di San Vittore. Le sassaiole sante tra ebrei e cristiani. Munpissan, il mattone che piscia, probabile Mikweh. Il disco celeste di Nebra (D), il lunario ebraico e il detto giudeo-piemontese: "Duman a l'è Rosh-kodesh: la lüna növa, tre dì an pröva". Via Lucomagno CH – 6715 Dongio Prima edizione, 2007 Pietra e Storia

"IL ROERO, SEDE DI EBREI ISOLATI"

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Mariella Becchio e Gianni Mazzucchelli - Analisi astronomica e intuitiva della meridiana cosmopolita di Canale. Testimonianze di presenza ebraica a Canale - Pubblicato dall'associazione "Pietra e Storia"

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Il Roero sede di Ebrei isolati - Pagina 1 di 17

Mariella Becchio Gianni Mazzucchelli

Il Roero sede di Ebrei isolati

Analisi astronomica e intuitiva della meridiana cosmopolita di Canale.

Testimonianze di presenza ebraica a Canale:

“I lubià”, Ebrei di San Vittore. Il cappello detto “lobbia” e il pane azzimo. Il forno delle azzime accanto alla chiesa di San Vittore. Le sassaiole sante tra ebrei e cristiani. Munpissan, il mattone che piscia, probabile Mikweh. Il disco celeste di Nebra (D), il lunario ebraico e il detto giudeo-piemontese: "Duman a l'è Rosh-kodesh: la lüna növa, tre dì an pröva".

Via Lucomagno

CH – 6715 Dongio Prima edizione, 2007

Pietra e Storia

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Canale, Piemonte, Italia A sinistra: Chiesa di San Bernardino. Al centro: Dal piano superiore dell’antico edificio adiacente alla chiesa si accedeva al “matroneo” della chiesa stessa. A destra: Edificio, probabile sede dell’antico banco di prestito, trasformato tra il 1960 e il 1970 in una banca “moderna” (sic). Sulla facciata sono ben visibili le Tavole della Legge o dei dieci Comandamenti. Il vestito della signora in primo piano permette di datare la fotografia tra il 19.mo e il 20.mo secolo della nostra era.

La meridiana di Canale, sulla facciata della chiesa di San Bernardino.

Fotografia di Virginia Scarsi.

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La meridiana di Canale Gianni Mazzucchelli La meridiana di Piazza San Bernardino di CANALE (Italia)

GOA (India), BABILONIA (Irak, antica Mesopotamia), Astrabat (Persia), GERUSALEMME (Israele), Cairo (Egitto), COSTANTINOPOLI (Turchia), Pietroburgo (Russia), Belgrado (Yugoslavia), Napoli (Italia), ROMA (Italia), VIENNA (Austria), VENEZIA (Italia), PARIGI (Francia), BARCELLONA (Spagna), Madrid (Spagna), LISBONA (Portogallo), OLANDA.

Quando l'ombra dello gnomone cade sulla stella contrassegnata con GOA (India), a Canale saranno circa le ore 7.45 del mattino, mentre a Goa sarà mezzogiorno.

Particolari: GOA, città sulla costa occidentale dell’India, ospitò una grande Diaspora ebraica. ASTRABAT risulta essere una località sulla riva sud-orientale del Mar Caspio (Iran = Persia). Tutte le località elencate qui sopra conobbero una forte presenza di comunità ebraiche.

VI

V

III

IIIII

GOA

BABILONIA

LISBONA

BARCELLONA

OLANDA

VENEZIA

ROMA

VIENNA

PARIGI

Mezzogiorno a CANALE

IIIXIXII

X

IX

VIII

GERUSALEMME

BELGRADO

PIETROBURGO

ASTRABAT in Persia

CAIRO

NAPOLI

MADRID

Stelle mancanti alle località elencate.

COSTANTINOPOLI

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Il quadrante della meridiana si trova su una parete rivolta verso Sud-Sud-Ovest. L'asse dell'edificio retrostante dovrebbe avere la direzione Nord-Nord-Est, con uno scartamento di soli 15 gradi verso Est. A causa di questo orientamento la suddivisione del quadrante risulta asimmetrica. A sinistra incomincia con le ore VIII e termina a destra con le ore VI pomeridiane (ore 18.00). Le cifre romane (VIII, IX, ecc.) indicano che si tratta di ore corrispondenti alla posizione locale del sole, altrimenti sarebbero scritte in cifre arabe. La meridiana, come spiega il termine stesso, segna il "mezzogiorno" nelle diverse regioni e città elencate, da leggersi come segue: Quando l'ombra dello gnomone cade sulla stella di Davide contrassegnata con GOA, ciò significa che a GOA, in India, sarà mezzogiorno, mentre a CANALE saranno le ore 07.45 del mattino. Mentre a BABILONIA sarà mezzogiorno, a CANALE saranno le ore 09.45 del mattino e così via:

Ora di CANALE: Mezzogiorno a:

07,45 GOA 09,45 BABILONIA 10,20 GERUSALEMME 10,45 COSTANTINOPOLI 11,40 ROMA 11,45 VIENNA 11,50 VENEZIA 12,00 CANALE 12,20 PARIGI 12,30 BARCELLONA 13,20 LISBONA 15,00 OLANDA

Questa meridiana serviva probabilmente all'orientamento orario della comunità, appagando anche la curiosità cosmopolita dei canalesi. La ripetuta raffigurazione della Stella di Davide addita chiaramente alla presenza ebraica locale, così come il fatto che diverse località elencate sulla meridiana fossero sedi di comunità ebraiche antichissime. Confrontando i fusi orari con la posizione geografica delle località elencate ci si accorge che la geografia non è rispettata. La mancanza di "precisione" ebbe sempre importanza secondaria. La freccia sotto CANALE segna il mezzogiorno locale. La scritta EMICANT PRIMAE SIDERA GENTIS emerge dalle innumerevoli scritte stereotipe inneggianti al sole, all'ombra o al tempo che passa, e dedica l'opera alla memoria degli avi. La stella di Davide sullo gnomone e accanto alle località, prova che gli "avi" erano di religione ebraica. Un bellissimo esempio, molto più complesso, ma che tra l'altro segna anche il mezzogiorno di GOA e AGRA, si trova sulla facciata di una chiesa di Parma ed è raffigurato nel libro “Sonnenuhren” di Heinz Schumacher, Ed. Callwey 1973, pag. 21.

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Esempio di una cosiddetta "Meridiana mondiale" che troverebbe posto su una facciata rivolta verso Sud di Londra (Grenwich: longitudine: 0 gradi - Fuso orario 0). Seguendo il movimento contrario alle lancette di un orologio troviamo, in alto a sinistra: Calcutta, Bombay, Teheran, Bagdad, Helsinki, Budapest, Vienna, Roma, Londra, Amsterdam (Olanda), Madrid e Lisbona. Le due linee tratteggiate (Vienna e Olanda) sono al posto giusto, contrariamente alla raffigurazione della meridiana di Canale.

Calcutta

Bombay

Teheran

Bagdad

Helsinki

Budapest

Vienna

Roma

Parigi

Madrid Lisbona

Londra

Amsterdam, Olanda

Meridiana dei mezzogiorni: Quando l'ombra dello gnomone cade su Calcutta, ciò significa che a Calcutta, in India, è mezzogiorno.

Mezzogiorno a GOA (India)

Ore 7 del mattino a CANALESole

Terra

Illustrazione schematica per spiegare la differenza oraria tra GOA e CANALE. La rotazione del globo terrestre porterà Canale 5 ore più tardi sotto il sole di mezzogiorno.

Equatore Mezzanotte

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Il “giorno” ebraico Particolare da non dimenticare: Il "giorno ebraico" inizia al tramonto del sole e le ore di luce, dopo l’alba solare, vengono suddivise in 12 parti di uguale durata. Risulta così che le ore estive e invernali giudaiche non hanno sempre la durata di 60 minuti primi. L'entrata dello Shabbat veniva e viene definita secondo l'ora del tramonto solare. Questo e altri fatti testimoniano la grande importanza della conoscenza e della suddivisione del tempo per gli ebrei. Fino alla metà del 1800 e.v. si distingueva l’orario “italico” (da tramonto a tramonto) da quello “tedesco” 1 (dall’alba all’alba).

Orlando Zorzenon 1999 - Strassoldo Cervignano del Friuli (Udine)

L’orologio murale di casa Zorzenon La figura mostra la semplicità e la genialità del metodo per dividere la giornata, sia d'inverno che d'estate, in 12 ore esatte. Ora Prima (Messa), Tertia, Sexta (Mezzogiorno) Nona e Duodecima (Vespero). Le aggiunte: Messa e Vespero sono più recenti della data che orna la meridiana originale: Secolo VII 2 . La “chiesetta” ha tutta l’aria di essere un’antica Sinagoga ebraica. Le aperture del campaniletto ripropongono la forma delle Tavole della Legge mosaica. Canale, presenza ebraica La cittadina di Canale si trova in Italia, nella regione Piemonte, tra Asti e Alba. La presenza di una meridiana che riproduce molteplici stelle di Davide induce alla ricerca di presenze ebraiche, essendo la stella di Davide da sempre il simbolo ebraico per eccellenza.

1 Orario tedesco: Probabilmente il sistema orario portato dagli ebrei aschenaziti, cioé dagli ebrei

provenienti dalla Renania. 2 Secolo VII. Il settimo secolo dovrebbe essere lo spazio di tempo tra l’anno 600 e 700 e.v.. La brutta

abitudine di “dimenticare” la cifra “mille” crea sempre confusione. Qui si tratta del XVII secolo (1600 - 1700 e.v.) e non del “settecento” (600 - 700 e.v.).

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La testimonianza di Rosetta Giordano di Canale Sul finire dell’800 (1800 d.C.) vivevano a Canale i fratelli Jona 3, banchieri e proprietari del più grande negozio di stoffe sito in piazza del Municipio di Canale. Possedevano il più bel palazzo di Canale, dove ora c’è l’Albergo Centrale, sull’angolo di Via Torino con Via Aloi; possedevano inoltre un palazzone a S. Anna, frazione di Monteu Roero, con annessa fattoria, dove si recavano a villeggiare d’estate, palazzo che esiste tuttora e che sembra una fortezza, tanto è massiccio [...]. Dopo un clamoroso fallimento della banca Jona 4, [...] la famiglia scomparve da Canale. Rimase solo il più giovane, il signor Arrigo [...] e la sua fidanzata, certa maestra Maria Fornari 5 di Canale. Dopo essersi sposati partirono per l’Egitto e tornarono, vent’anni dopo, con la figlioletta Gentilina che più tardi sposò l’allora podestà Ettore Mariano. I genitori si stabilirono nel palazzo Fornari. Il signor Arrigo Jona morì dopo la seconda guerra mondiale, fu sepolto nel nostro cimitero 6, con il consenso delle autorità civili e religiose, anche se ebreo, mentre una volta gli ebrei dovevano essere sepolti nell’apposito cimitero di Asti. La moglie Maria, di ricca famiglia canalese, rimase cattolica e cattolica è la figlia Gentilina. [...] Il signor Arrigo Jona era un grande ammiratore dei frati francescani che spesso visitava in convento per intrattenersi con loro in dotte conversazioni ed una volta ebbe a dire al padre guardiano: “Padre, io vorrei tanto essere un buon cattolico come mia moglie e mia figlia, ma non ho il coraggio di rinunciare alla religione dei miei padri” al che si sentì rispondere: “Continui pure nella sua fede a essere l’uomo buono e giusto qual’è ora e non tema e venga sempre a visitarci”.

Il banco di prestito di Canale Nel XVI secolo è attestata la presenza a Canale di un banco di prestito tenuto dagli ebrei Puggetto o Poggetto 7 di Asti. Salvatore Foà sostiene che dove c’era un banco ebraico c’era sicuramente una comunità, piccola o grande che fosse e, nel caso di Canale, disseminata per famiglie nella campagna. La meridiana ornata di stelle di Davide e della rappresentazione delle tavole della Legge mosaica sulla facciata dell’edificio accanto alla chiesa di San Bernardino di Canale, oggi trasformata in edificio di banca moderno, sono testimonianze di presenza ebraica certa.

“Von ai Rabin” Il dialetto piemontese usa solitamente la forma “von a ...” per indicare il movimento di “andare a...”. Il detto “von ai Rabin” indica che si vuole andare là dove i Rabin o Rabbini erano di casa. La frazione “ai Rabìn” di Canale, ricorda la presenza del cognome Rabino o Rabbino collegato sicuramente all’omonima carica religiosa ebraica.

3 Jona: Cognome ebraico. “I cognomi degli Ebrei d’Italia” di Samuele Schaerf. Ristampa di Pietra e

Storia, Dongio, 2005. 4 E’ consigliata vivamente la lettura degli scritti di Salvatore Foà “Banchi e banchieri ebrei nel

Piemonte dei secoli scorsi”, scritti apparsi nella “Rassegna mensile di Jsrael” negli anni ’50 (1950). 5 Fornari: Cognome ebraico. “I cognomi degli Ebrei d’Italia” di Samuele Schaerf. Ristampa di Pietra e

Storia, Dongio, 2005. 6 Si sussurra che l’antichisiimo cimitero ebraico si trovi ancora sepolto nei terreni sotto la villa Tiboldi. 7 Poggetto: Cognome ebraico. “I cognomi degli Ebrei d’Italia” di Samuele Schaerf. Ristampa di Pietra

e Storia, Dongio, 2005.

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Il “lubià”, il pane azzimo degli ebrei Analisi etimologica di Gianni Mazzucchelli

Da “Vita religiosa a Canale”, documenti e testimonianze pubblicate dalla “Pro Loco di Canale”. Testimonianze di Nin Pasquero, 1898 e Giovanni Pasquero, 1903.

“A San Vittore una volta non andavano tanto, allora c'erano solo i « lubià », ma non facevano nessuna processione. C'erano tutti i banchetti, davano via il Iubià che era più buono e più bello che quello di adesso, ci ammazzavamo per andarlo a comprare, perchè era veramente buono, sapeva proprio di grano, come una sfoglia di pane che l'avessero fatta infornare ed essiccare; era proprio buona, correvamo tanto da morire per andare a prendere il « lubià », lo portavamo a casa e lo mangiavamo. C'è chi dice che il « lubià » era una trasformazione, perchè erano assediati, non avevano più da mangiare e avevano solo più un po' di farina. Allora bagnavano questa farina nell'ac-qua e facevano questo foglio, mangiavano solo più quello e hanno resistito per mesi e mesi. Il significato era questo e l'hanno chiamato « lubià ». Ne parlavamo già molto prima di andarlo a comprare, di questo « lubià », specialmente noi bambini, era la roba più buona che ci potesse essere in quei tempi, non c'erano le paste dolci allora...“.

Lubià: il pane azzimo, la mazza Dal testo emerge il termine “lubià” dapprima come nominativo di un cibo a base di sola farina di grano mescolata con acqua. Cibo che ripete la tradizione del “pane azzimo” o della galletta di grano ebraica detta “mazza” (al plurale mazzot), nella quale è permessa unicamente la presenza di acqua e farina.

“i lubià”, gli abitanti del rione di San Vittore, a Canale Il testo cita dapprima “i lubià” quali abitanti del rione di San Vittore. Coloro che portavano la “lobbia”, il cappello maschile di feltro nero, a larga tesa, tipico copricapo degli ebrei.

Etimologia di „lubià“ Lobbia, dal tardo latino “laubia”, ripreso dal francone ”laubja”: pergola, frascato, tedesco “Laube ", ma anche “chioma dell'albero". Dagli statuti di Bormio (c. 173): lòbia "ballatoio di legno" nelle vecchie case: nullum lobium nec aliquod edificium neque lignamen a penziis [= ala sporgente]. Lobbia: riparo dal sole La “lobbia” italiana, intesa come pergola e ballatoio coperto, la “Laube” tedesca e “il / la lobbia”, cappello di feltro a larghe tese (vedi vocabolario Zingarelli), riparano dal sole e “coprono”. Il cappello detto “lobbia” copriva e copre oggi ancora il capo degli ebrei rispettosi della tradizione e delle regole ebraiche. I lubià, coloro che portavano il cappello detto lobbia E’ chiaro che la denominazione “i lubià” come appare nel testo in corsivo sopraccitato, definiva gli abitanti della pieve di San Vittore, ornati permanentemente del cappello di feltro e che, in primavera 8, preparavano il pane azzimo, secondo le regole ebraiche vigenti nel periodo pasquale (Pasqua, ebraico Pessach), e ne vendevano ai concittadini canalesi. La trasformazione di “lobbia” in “lubià” diventa accessibile a chi conosce i dialetti dell’Italia settentrionale, nei quali le consonanti doppie non esistono sia nella scrittura che nella pronuncia. Inoltre le vocali “u” e “o” si danno il cambio in moltissimi termini: nos e nus, zura e zora, ecc.

8 Testimonianza di un’anziana abitante di Canale.

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Colui che porta in testa il cappello “lobbia” diverrà così il “lubià” o il lobbiato, termine inesistente, ma adatto al caso in questione. “Lobia” in Val di Blenio (Svizzera) “L’è un lòbia” 9, è uno scansafatiche. Affermazione oggi ancora esistente nelle vallate ticinesi e che ricorda l’arte di applicare spregiativi agli ebrei e ai “marrani” 10. Chi portava il cappello a larghe tese, quale distintivo, veniva degradato dalla filosofia popolare che vedeva negli ebrei persone di poca fiducia e più adatti al commercio di denaro che ai lavori di fatica. Il forno accanto alla chiesa Nel 1710 esisteva, accanto alla chiesa di San Vittore a Canale, un forno per il pane.

L’arciprete consente anche che sia demolito il forno che era “eretto et apicato alla chiesa”., all’esterno del coro, onde l’8 maggio 1711 si può solennemente celebrare la ricorrenza del santo nella nuova chiesa: ma poco dopo i sindaci e l’arciprete Carlevaris (o Carlevaro) sono nella curia di Asti a rilanciarsi accuse sulla questione del forno demolito. 11

La cottura dei “lubià” o pane azzimo Le regole ebraiche prevedono la manufattura delle fette di “Mazzot” 12 nel periodo pasquale che corrisponde al periodo cristiano tra marzo e aprile. La farina adatta alla preparazione dei Mazzot deve essere macinata almeno quattro settimane prima della ricorrenza. Forno e recipienti devono presentare la massima pulizia e l’assenza di difetti quali saldature o ruggine. La farina di grano viene mescolata semplicemente con acqua di sorgente e viene lavorata accuratamente senza sosta, così che non entri in alcun modo in fermentazione. I sottili strati di pasta vengono bucherellati e immessi nel forno la cui temperatura elevata permette la cottura immediata. Dopo ogni sfornata si procede alla pulizia di tutti gli arnesi , dei recipienti e del forno stesso, prima di procedere alla prossima cottura. La “pila palmaria” o pallone elastico Da “Vita religiosa a Canale”, documenti e testimonianze pubblicate dalla “Pro Loco di Canale”. Pagina 11:

“Nel 1588 il vescovo mons. Panigarola sarà costretto a sancire la pena di uno scudo d’oro a chi sarà sorpreso a giocare a palla dentro alla chiesa o contro le sue pareti” 13. [...] “Monsignor Pentorio deciderà di ripetere il decreto con maggior severità, comminando nel 1619 identica pena di fronte a un’attività ludica che già si arresta alle porte della chiesa parrocchiale 14 ”.

Il gioco consisteva, e consiste oggi ancora, nel “trattare” una palla elastica a forza di colpi impartiti con la parte interna del pugno, protetto da bendaggi di stoffa o di cuoio. 9 Magginetti – Lurati: Biasca e Pontirone, ed. G. Krebs, Basilea, 1975. 10 Marrani: Spregiativo derivato dal portoghese e che significa “porco”. Insulto applicato agli ebrei che

nel 1492 dovettero fuggire dai territori spagnoli a causa dell’inquisizione assassina. 11 Luciano Bertello – Baldassarre Molino: Canale, storia e cultura di una terra del Roero – pag. 305 -

Comune di Canale, Gribaudo Editore, 1989. 12 La mazza o pane azzimo darà forma, dopo il Concilio di Trento (1542-1563) all’ostia dell’Eucarestia

cristiana. 13 Visita vescovile del 27 giugno 1588, c. 212: “et quia inter parietes ecclesia pila luditur contra omnem

venerationem...”. 14 Visita vescovile di Mons. Pentorio, 1619, c. 93: “juxta ecclesiam ex consuetudine lusus pilae

palmariae, quem prohibuit sub poena aurei pro qualibet vice...”.

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Gioco eseguito con grande passione, perfezionato nel gioco spagnolo della “pelota”, nel quale la palla elastica viene colpita e accellerata tramite una pala concava allacciata alla mano del giocatore. Gioco nel quale i contraenti stanno fianco a fianco. Una linea orizzontale sulla parete in fronte ai giocatori segna l’altezza minima dove la palla, colpita con grande potenza, deve rimbalzare per poi essere ricolpita da un giocatore della squadra avversaria. Il gioco proviene dalla Grecia, ma vive in Spagna Il gioco della palla elastica o della palla a mano sembra provenire originariamente dall’antica Grecia, anche se i giochi effettuati con una palla elastica conoscono una presenza panglobale. Oggi ancora Spagnoli e Portoghesi si entusiasmano per il gioco della pelota. Nel XV secolo gli ebrei spagnoli, i sefarditi, fuggirono dalla Spagna e si rifugiarono in tutt’Europa, recando con sé arti, mestieri e “giochi”. Una parte di essi raggiunse così Canale. La congregazione die „batü neir“ di San Giovanni Le congregazioni dei flagellanti, scuriati o “battuti” nascono attorno al 1260 dell’e.v. e inondano in special modo si insediano nell’Italia centro-settentrionale. I “battuti neri” indossano, durante le funzioni religiose, un vestito che scende fino ai piedi e un cappuccio che nasconde completamente il viso. Essi accompagnavano i condannati a morte al luogo del patibolo. I battuti bianchi gestivano parte del culto e delle devozioni, erano presenti alle processioni e curavano l’addobbo della chiesa. I condannati gettati nel pozzo di San Giovanni La confraternita di San Giovanni trae origine dalla compagnia della Buona Morte: “in mezzo alla piazza c’era la forca e quelli della compagnia della Buona Morte andavano ad assistere quelli che venivano impiccati ». Oltre alla forca in piazza, si dice che esistesse una botola profonda proprio in mezzo all'altare della chiesa di San Giovanni, in cui si precipitavano i condannati: « mi diceva don De Maria che aveva

studiato la storia di Canale, che lì alla Madonna del Rio andavano i condannati a morte a confessarsi, poi andavano a San Giovanni a buttarli nel pozzo. Lì c'era un pozzo con tutte lame, in mezzo dove c'è l'altare maggiore ci deve essere ancora la botola... ». Gli uomini della confraternita erano chiamati « batü neir » e la loro divisa era costituita da un «camis» nero e da un cappuccio: «i batü mettevano sul capo il "bertùn", se lo mettevano in una maniera... non era un berretto fatto, lo piegavano come un fazzoletto, chi un po' meglio chi un po' peggio, chi più in su chi più in giù ». Le donne erano dette invece «umiliate» e vestivano un camice di stoffa giallina: «c'era chi ce l'aveva di stoffa un po' più bella chi un po' meno, ma tutte gialle uguali e in testa avevano la cappa, il velo, sempre giallo, come quello delle suore». A sinistra: Il raccapricciante camice nero con cappuccio che “nascondeva” il volto di chi accompagnava il condannato al patibolo.

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Per alcuni comprarsi la divisa era un problema: all'interno della stessa confraternita infatti, c'erano persone di estrazione sociale differente, c'era il signore, ma anche il poveraccio per il quale l'acquisto del camice rappresentava una seria difficoltà: «ad esempio quando moriva qualcuno che l'aveva in casa, lo lasciava in eredità alla confraternita. C'era chi sarebbe andato alle processioni, ma non l'aveva». L'adesione alla confraternita non era legata alla condizione sociale delle persone, e ciò è confermato da questa testimonianza: «gli appartenenti alla nostra confraternita, oltre che dal borgo, provenivano da Madonna di Loreto, Boera, Prarino, San Defendente, Madonna dei Cavalli. Tutti qui intorno erano iscritti, quelli delle frazioni erano tutti contadini, adesso c'è un po' di confusione per via delle fabbriche, allora erano quasi tutti contadini, il proprietario delle terre era il conte, gli altri facevano quello che

potevano, erano braccianti, salariati, mezzadri». I contadini infatti erano tanti, ma nel paese, intorno alla chiesa di San Giovanni e sotto i portici, abitavano molti «sgnuri», l'altra componente importante della confraternita 15. A sinistra: L’emblema della confraternita della Buona Morte. Maria con il Bimbo Gesù e San Antonio che prega per i poveracci gettati nelle fiamme dell’inferno o del rogo dell’inquisizione. Il pozzo di San Giovanni La descrizione alquanto fantasiosa, testimonia la presenza di un pozzo nel mezzo di una chiesa. Presenza che lascia intravvedere l’elemento indispensabile all’architettura sinagogale ebraica. Il pozzo serviva o da bagno rituale (Mikweh) o per alimentare lo stesso con acqua “idonea” alle regole cascer. Secondo

queste regole era definita “acqua idonea” solo l’acqua sorgiva o l’acqua d’infiltrazione a livello della falda freatica sotterranea e non inquinata. Resta il problema dell’accertazione della presenza di un simile pozzo nascosto, secondo il testo sopra riprodotto, sotto l’altar maggiore della chiesa di San Giovanni di Canale.

Conclusione

I lubià erano coloro che portavano il copricapo detto lobbia, gli Ebrei, e cuocevano le azzime nel forno di Canale

Leggendo i fatti descritti si forma una catena di indizi che unisce i “lubià” al pane azzimo pasquale e permette di capire la fervorosità dell’arciprete Carlevaris 16 nel far demolire, nel 1711, il forno “eretto et apicato alla chiesa” di San Vittore che serviva alla cottura delle azzime o mazzot. Catena che ci collega agli avi e alle loro usanze.

15 Testo corsivo tratto da: “Vita religiosa a Canale”. Documenti e testimonianze . Pro Loco di Canale. 16 Carlevaris, da Charlevary di Provenza, italianizzato in Carlevaro.

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Detti antichi giudeo-piemontesi (Estratto da "Shalom" No. 7, di Paola Diena, Torino - Agosto 1981) 300 / 350 parole ebraiche entrate nel dialetto piemontese bastavano nei "temp passà" agli ebrei piemontesi per intendersi tra loro. Ma più di altri dialetti ebraici italiani, quello piemontese trae elementi dal mondo contadino, come le variazioni stagionali. Per il resto, come negli altri dialetti giudaici, la tendenza è al pessimismo.

"... I ero masnà / tuti ansema ant al Casser... an bastava la Sucà / j ero mei i temp passà!" (eravamo ragazzi, tutti insieme nel ghetto, ci bastava la Succà, i tempi passati erano migliori).

Masnà: il garzone del muratore, le garcon du masson. Il giovanotto, il garzone o il ragazzo nel senso di "non adulto". Casser: Il quartiere abitato dagli ebrei. Più tardi trasformato in "ghetto" dall'ebraico "get", dividere, separare. Il toponimo ticinese Casserio, indica la presenza di cultura ebraica nella Valle di Blenio. Succà: Festività ebraica detta "Succot" o Sukka, festa delle capanne, durante la quale si vive in una capanna rudimentale il cui tetto è formato da frasche poste senza eccessiva cura, così da lasciar libera la vista verso il cielo. Festività nella quale si gode la libertà e che cade alla fine del mese lunare ebraico Tischri (Settembre-Ottobre).

"A l'è sörti da l'Agadà" (è uscito dall'Agadà). Agadà: Sinonimo di "bigotto", di colui cioé che frequenta l'insegnamento rabbinico che non è strettamente prescrizione religiosa.

"A l'ha 'n Musaf d' Kippur" (è imbronciato, malcontento). Musaf: Preghiera recitata sovente e in special modo alla ricorrenza di Kippur, il digiuno ebraico. Essendo una preghiera addizionale, essa allungava il tempo del digiuno. Da lì la colorita espressione.

"L'han ciamalu a Sefer" (lo hanno chiamato Sefer: ha dovuto confessare le sue colpe).

Sefer: Libro. Il detto sottintende che il colpevole venne chiamato a leggere nella Bibbia, a citare il "vero".

"L'ha fait mahamu" (ha rotto il fidanzamento). Mahamu: Shabbat mahamu, il sabato che segue il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio di Gerusalemme. "Ha una faccia da mahamu!" (espressione livornese per indicare la faccia di un imbronciato o di una persona in lutto).

"Sheminì, le rundanine a fan al nì" (le rondini han fatto il nido per Sheminì). Sheminì Azeret: l'ottavo giorno di Succot, che cade in primavera.

"Vaiachel gava il mantel, Pecudé turnlua büté" (alla fine di febbraio è tempo di togliere il mantello, ma pochi giorni dopo, a Pekudé, capomese di Adar Shenì, già marzo, si deve rimetterlo).

Valachel: In questo giorno si annuncia Rosh Kodesh (capomese) di Adar Shenì, il mese del lunario ebraico tra febbraio e marzo. Adar e Tishri l'è tant la nöt cum'al dì" (la durata del giorno e della notte nel mese di Adar e di Tishri sono uguali: 21 marzo: equinozio di primavera (Adar); 23 settembre: equinozio autunnale (Tishri).

"Andé a baslüt" (andare in rovina). Basalüt: Mentre Paola Diena definisce la voce "basalüt" di origine incerta, propongo di accostare la voce ebraica antica "bashal" all’italiano friggere, cuocere. Ne risulterebbe l'espressione comune "essere fritto" e “andare a farsi friggere” o finir sul rogo dell’inquisizione.

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"Duman a l'è Rosh-kodesh: la lüna növa, tre dì an pröva" (domani è l'inizio del mese [lunare] la luna viene controllata per tre giorni consecutivi).

Rosh-kodesh: Peimo giorno del mese che corrisponde all'apparizione del primo spicchio di luna nuova.

L'autrice dell'articolo in "Shalom" No. 7 del mese di agosto 1981 propone la traduzione seguente: "A capomese se la luna "regge" tre giorni, si preannuncia buon tempo".

Propongo un'interpretazione più astronomica e adatta al calcolo del lunario ebraico che segnava nel primo anno lunare un manco di quasi 10 giorni rispetto al calendario solare. Nel secondo e nel terzo anno lunare risultava così un indietreggiamento di quasi 30 giorni. Come attuare la correzione? Alla terza luna piena dopo il solstizio d'inverno (21 dicembre) si osservavano le posizioni nel cielo della luna nuova e della costellazione delle Pleiadi per ben tre notti consecutive. Avveniva la "congiunzione" tra luna nuova e Pleiadi entro i tre giorni dopo Rosh-kodesh (capomese), il lunario ebraico manteneva la sua durata di 12 mesi, se la congiunzione avveniva dopo il terzo giorno, si aggiungeva il mese Adar II e l'anno aveva così la durata di 13 mesi lunari. Nel giro di 19 anni l'aggiunta di Adar II avveniva 7 volte, sincronizzando così i calendari lunare e solare. Questo lasso di tempo è noto come il "ciclo di Metone", l'astronomo greco che definì le regole del ciclo dei 19 anni. Questa regola è raffigurata sul "disco celeste di Nebra" (Himmelscheibe von Nebra) che riproduce sia lo spicchio lunare che la costellazione delle Pleiadi (M 45) e che conferma l'uso del lunario o calendario lunare già nell'antichità del 2600 a.C. 17.

"Duman a l'è Rosh-kodesh: la lüna növa, tre dì an pröva" La prima falce della Luna nuova contrassegna l’inizio di ogni mese del calendario lunare ebraico. La figura mostra l'ispezione del cielo notturno di Nissan per individuare il fenomeno descritto nel proverbio sopraccitato e per definire così la durata di 12 o di 13 mesi del lunario. L'osservazione serviva a decidere la data di Pessàch (Pasqua ebraica) che corrisponde alla luna piena di Nissan, tra il 14 e il 15 di questo mese lunare.

Figura tratta dal “Buch der Bräuche” (Minhagim) Amsterdam 1723.

17 Gianni Mazzucchelli, Rothenfluh: Le primavere di Dagro e Nebra. Ed. Pietra e Storia, 2006, CH

6715 Dongio.

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Astronomia e curiosità Nomi dei mesi del lunario ebraico e equivalenza con il calendario solare gregoriano: Durata

in giorni Nissan Marzo-Aprile 30 Iyar Aprile-Maggio 29 Sivan Maggio-Giugno 30 Tammuz Giugno-Luglio 29 Av Luglio-Agosto 30 Elul Agosto-Settembre 29 Tishri Settembre-Ottobre 30 Cheshvan Ottobre-Novembre 29 Kislev Novembre-Dicembre 30 Tevet Dicembre-Gennaio 29 Shevat Gennaio-Febbraio 30 Adar Febbraio-Marzo 29 (Adar II Marzo-Aprile) (29) Anche il lunario ebraico è sottoposto a regole precise che aggiungono qua e là il tempo necessario alla sincronizzazione con i movimenti astronomici. Ecco un elenco di calendari che si proposero di dividere e ordinare il tempo: Calendario romano: Durata: 12 mesi a 30 giorni + 5 giorni aggiunti a fine d'anno. Calendario giuliano: Durata: 365,25 giorni = 1 anno

Ogni 4 anni: Anno bisestile (Febbraio: 29 giorni) Problema: 11 minuti primi e diversi minuti secondi di troppo. Correttura: Ogni 120 anni viene aggiunto un giorno. Calendario gregoriano: Particolare: Nel calendario gregoriano venne definito che la Pasqua verrà celebrata

nella domenica dopo il primo plenilunio dell'equinozio primaverile (21 marzo).

Problema: Nel 1582 si passò dal 5 al 15 ottobre per correggere lo sfasamento creato dai calendari precedenti.

Calendario della rivoluzione francese:

I mesi vennero ribattezzati (Messidor, ecc.). Il giorno venne diviso in 10 ore 1 ora = 100 minuti primi 1 minuto primo = 100 minuti secondi.

E per finire: L'ora SWATCH di Hayek (Svizzera) che però non ebbe successo:

La città di Biel / Bienna venne definita "Meridiano 0" (Biel Mean Time). 1 giorno venne diviso in 10 ore. 1 ora = 100 minuti primi. 1 minuto primo = 100 minuti secondi.

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Il disco di Nebra (D) è un lunario Gianni Mazzucchelli Il disco, in lamina di bronzo, venne portato alla luce da „tombaroli“ 18 tedeschi nel 1998 sull’altura del Mittelberg, a 252 m.s.m.. Località posta nelle vicinanze della città di Nebra, al confine tra il Burgenlandkreis e il Landkreis Merseburg-Querfurt in Sachsen-Anhalt. Solo nel 2003 si riconobbe l’importanza astronomica del disco del diametro di ca. 32 centimetri. Le applicazioni in lamina d’oro puro riproducono diversi corpi celesti. Stelle e falce lunare sono riconoscibili a prima

vista. Il disco venne dapprima ritenuto raffigurazione solare e più tardi lunare (Luna piena). Il gruppo di sette stelle venne subito identificato quale raffigurazione del gruppo delle Pleiadi (M 45). I segmenti circolari opposti definiscono i punti azimutali della regione di Nebra (D) delle albe e dei tramonti dei solstizi e degli equinozi delle quattro stagioni.

Nuova interpretazione

Il disco di Nebra reca elementi astronomici che permettono di constatare le conoscenze astronomiche del tempo nel quale il manufatto venne ideato e realizzato. Sul disco di Nebra sono presenti tutti gli elementi astronomici che permettono di calcolare il lunario, sincronizzandolo con il calendario solare. Il segmento circolare posto a nord del disco fu dapprima interpretato come la „barca“ che porta le anime all’aldilà, valendosi dell’antica mitologia egiziana. La „barca“ riproduce in verità la posizione della Via Lattea 19 nel cielo primaverile. Esempio: Congiunzione Luna+Pleiadi tra il 1. aprile 2006 (3 Nissan 5766)

e il 2 aprile 2006 (4 Nissan 5766):

Orizzonte Orizzonte di Ponente al 1. aprile 2006: Nella notte seguente, il 2 aprile 2006:

la Luna tramonta prima delle Pleiadi la Luna tramonterà dopo le Pleiadi.

Congiunzione e “sorpasso” (2 aprile, ore 01.00) 18 Tombaroli: da “tomba”. Cercatori abusivi di oggetti di archeologia, chiamati anche, in lingua tedesca,

“Grabräuber”, letteralmente “predatori di tombe”. 19 Interpretazione di G. Mazzucchelli, approvata dal Prof. Wolfhard Schlosser dell’Università di

Bochum (Germania, 8 giugno 2006 - Fakultät für Physik und Astronomie, Ruhr-Universität, D - Bochum.

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Il sole di Adar (febbraio-marzo) si trova nella costellazione dei pesci Ecco una spiegazione al fatto che in molte regioni alpine si trovano incisioni rupestri rappresentanti piedini appaiati. Anche se la credenza popolare attribuisce le

“impronte” a Santi, Madonne e addirittura al diavolo, questi “piedini” o come si dice in dialetto “pescìn” o "pescit", rievocano la voce dialettale “pesit”, pesciolini e servirono da “promemoria”: Colorati nell’anno adatto, comunicavano ai fedeli se il calendario lunare raddoppiasse o no il mese di Adar 20.

< II masso di Soglio che ora si trova a Coira (Canton Grigioni) nel giardino della “Casa Grigia”, mostra almeno sette paia di piedini.

Munpissan Il masso in pietra arenaria nei pressi di Canale è chiamato Munpissan. La denominazione locale viene tradotta con "mattone che piscia". All'interno del masso venne scavata una capiente caverna. Il fondo della vasca interna è dotato di un foro di scarico per l'acqua accumulatasi all'interno. Probabilmente l'acqua piovana immagazzinata dalla pietra arenaria sovrastante si raccoglie all'interno della grotta formando un laghetto o una piscina. Da qui la denominazione di "mattone che piscia" a causa del colore, della forma e della particolarità di convogliare l’acqua nel suo interno. La panchina scavata nel sasso lascia individuare l'uso di questa caverna a Mikweh, cioé a bagno rituale ebraico. Pasqua, Pessàch, Pischàm Propongo un'interpretazione linguistica possibile, anche se azzardata. Gli ebrei piemontesi usavano "trasformare" le voci religiose del mondo esterno. Così la Pasqua cattolica diventa tra gli ebrei del Piemonte "Pischàm" per contrapposizione a Pésach. Chissà se Pischam venne pronunciato Piscam o Pisciam?. Concludo questa succinta rassegna di proverbi e detti giudeo-piemontesi indicando ai lettori l'articolo di Paola Diena di Torino che descrive l'argomento del giudeo-piemontese in modo preciso e esauriente nel giornale "Shalom" dell'agosto 1981 a pagina 13. 20 Gianni Mazzucchelli: “I pescit d’ la Madona”, Pietra e Storia, 2005.

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Pubblicazioni a cura dell’Associazione Pietra e Storia:

- 2003: Nuova interpretazione della pittografia rupestre. Fascicolo 1 e 2. - 2005: Il Miqweh di Dongio (Italiano). - 2005: Die Mikweh von Dongio (Deutsch). - 2005: Il lastrone di Dagro (italiano) - 2005: Die Steintafel von Dagro (Deutsch). - 2006: Chiese biabsidali. - 2006: Le primavere di Dagro e Nebra: Lüna növa, tri dì a la pröva, Il calendario lunare

(Il lastrone di Dagro CH-TI, Nebra D, Rothenfluh CH-BL). - 2006: Il basilisco della Capriasca, la contessa Crassa: interpretazione storica. - 2006: Barlotto, tregenda, akelarre, sinagoga. - 2006: Pugnali remedelliani e Madonne addolorate. - 2006: Cognomi redenti: da Cagainarca a Vacca.