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IL SOLE NEWS n. 35 - dicembre 2012

Il Sole news n. 35 - dicembre 2012

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IL SOLE NEWSn. 35 - dicembre 2012

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IL SOLE NEWSPeriodico che racconta e rendiconta le attività in corso in Italia e nel Sud del mondo de Il Sole Onlus

Direttore responsabileElena Scarrone

Sede e contatti della direzioneviale Rimembranze 4521047 SaronnoTel. [email protected]

Fotografie Archivio Il Sole Onlus

RedazioneElisabetta Maccioni, Francesca Pozzi, Diego Roncoroni

Hanno collaborato in questo numero:Ornella Lavezzoli, Nicoletta Vaiarello, Maria Spinelli.

RegistrazioneTribunale di Comon. 21/2000 del 8/09/2000

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EDITORIALE

Quindici anni. Sono già passati 15 anni da quando un gruppo di donne ha concepito e realizzato il progetto di attivare l’Associazione Il Sole. 15 anni sono tanti e sono pochi.In 15 anni tanti amici si sono avvicinati al Sole ed hanno contribuito al successo dei suoi progetti. Molti operatori si

sono succeduti nel duro lavoro di rendere sufficienti le risorse cronicamente scarse. Tanti bambini e bambine hanno raccolto i frutti di questo impegno da parte di tutti.Il Sole dopo 15 anni è ancora al lavoro con lo stesso entusiasmo e lo stesso impegno nei confronti dei minori.Ma Il Sole è rimasto coerente con se stesso anche se i cambiamenti economici e sociali hanno completamento stravolto la realtà sociale nella quale tutti siamo immersi.15 anni fa tutto era più chiaro. I paesi ricchi erano ricchi e quelli poveri erano poveri. Oggi i paesi ricchi sono ancora MEDIA-MENTE ricchi ma nascondono crescenti fenomeni di povertà. Allo stesso tempo i paesi poveri sono, se possibile, ancora più poveri ma ospitano minoranze la cui ricchezza sembra in crescita inarrestabile. Su entrambi i fronti crescono, al di là di qualsiasi misura accettabile, le diseguaglianze e le ingiustizie. Un numero continuamente crescente di cittadini dei paesi ricchi scivola nella povertà e le tigri dell’economia mondiale crescono a ritmi elevatissimi ma non riescono (ammesso che ci provino) a ridurre la miseria di un numero vastissimo di concittadini.La globalizzazione dell’economia si traduce in una totale globalizzazione dei problemi stravolgendo completamente il modo di operare delle Associazioni di sostegno all’infanzia. La realtà deve essere analizzata in un modo completamente nuovo utilizzan-do schemi completamente diversi dove il bianco ed il nero non sono più situati sui due lati ben distinti dello scenario mondiale ma si intersecano in una mappa sempre più frammentata. Ormai il bianco ed il nero convivono nella stessa città, nello stesso quartiere e perfino nello stesso palazzo.In questa situazione ha ancora senso una Associazione come Il Sole? La risposta è sicuramente positiva a patto che, mante-nendo saldo l’impegno ad occuparsi di minori in difficoltà, l’Associazione riesca a mantenere uno sguardo attento sull’evo-luzione della realtà per capire come modificare i propri strumenti operativi per ottenere sempre un uso ottimale delle risorse disponibili.In questo senso assume una valenza sicuramente positiva la constatazione di quanti cambiamenti si siano verificati nell’attività dell’Associazione, di quanti tipi di progetto si siano succeduti nel tempo e quanti paesi abbiano visto la nostra più o meno prolungata presenza. Tutte le decisioni di conferma o abbandono di certi interventi sono state sempre prese in funzione di una attenta ed aggiornata valutazione della situazione nella quale ci si trovava ad operare.Come già spiegato nel notiziario precedente e come leggerete più in dettaglio nelle pagine di questo notiziario, l’attività de Il Sole si è recentemente orientata anche alle realtà Italiane dove sono presenti problematiche legate alle realtà minorili assolu-tamente analoghe a quelle incontrate nei paesi in via di sviluppo, dove operiamo più tradizionalmente. Andare ad occuparsi, nei modi e con le collaborazioni più idonee, in realtà come il quartiere di Scampia a Napoli o lavorando con la Cooperativa Sociale “Il Miglioramento” di Marsala che si occupa di minori in area penale (e amministrativa), è assolutamente coerente con quanto realizzato nei precedenti 15 anni e ne è la logica, e necessaria, evoluzione.Nelle pagine seguenti proveremo a raccontarvi cosa è stato Il Sole in questi 15 anni e cosa si propone di essere nel prossimo futuro. Futuro che vogliamo lungo, efficace ma soprattutto sempre assolutamente coerente con i nostri e vostri principi.

DIEGO RONCORONIVicepresidente Il Sole Onlus

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INDICE

Editoriale 3

Gli impegni de Il Sole: passati, presenti e futuri 5 ETIOPIA 5 INDIA 7

Diari di missione 9 ETIOPIA - Agosto 2012 9

ETIOPIA - Ottobre 2012 10 INDIA - Novembre/Dicembre 2012 13

il Sostegno a Distanza Ravvicinata 16

Calendario eventi 18 Campagna di Natale 2012 18 Dreamboox 18

Costa stiamo facendo 20

Notizie dal mondo 21

Letture consigliate 31

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GENERALITÀNome: Repubblica Federale Democratica d’EtiopiaLingue ufficiali: Amarico, tigrinoCapitale: Addis Abeba (3.384.569 ab./ 2008)CONTESTO GENERALELa Repubblica Democratica Federale d’Etiopia è unoStato dell’Africa orientale che copre un’area geograficadi 1.127.127 km quadrati, con una popolazione di82.800.000 abitanti di cui il 46% ha meno di 15 anni.La maggior parte della popolazione (85%) vive in areerurali.

ECONOMIALa principale attività economica è rappresentatadall’agricoltura che contribuisce per il 54% al prodottointerno lordo.Il 40% della popolazione vive con meno di 1 dollaro algiorno ed i vantaggi, ottenuti con la recente ripresa economica,sembrano annullati dall’elevato tasso di crescitademografica, che aumenta di 2.4 milioni di individuiogni anno. Di cui 3.384.569 nella capitale Addis Abeba,secondo i dati ufficiali del censimento del 2008.

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ETIOPIA15 anni di attività ad Addis Abeba, sempre insieme a IFSO (Integrated Family Service Organization) e sempre al serivizio degli ultimi fra i minori.Oltre agli ultimi anche quelli ancora più sfortunati, fino a non essere classificabili: i minori vittime di abusi sessuali, abusi nati spesso all’interno della loro stessa famiglia.

Etiopia, non è un caso se partiamo da qui per raccontare l’attività dell’Associazione nel corso di questi 15 anni. L’Etiopia, ed Addis

Abeba in particolare, hanno visto la nascita de Il Sole che qui ha attivato fin dall’inizio un program-ma di Sostegni a Distanza (a suo tempo comune-mente definiti Adozioni a Distanza) che è prosegui-to ininterrottamente fino ad oggi. A differenza di altri paesi, dove Il Sole opera soprattutto in piccoli villaggi, operiamo nella capitale, metropoli africa-na caratterizzata da tutti i problemi tipici di una grande città, soprattutto nel contesto di un paese con un livello socio economico estremamente problematico ed una povertà diffusa tra vasti strati della popolazione. In questi 15 anni inoltre l’Etiopia ha attraversato periodi di guerra, carestia, disordini politici, lotte di potere che non hanno certo aiutato la crescita del paese ed hanno posto

seri problemi all’attività di tutte le ONG e de Il Sole in particolare. In un paio di occasioni siamo stati costretti a rimandare per ragioni di sicurezza mis-sioni già programmate ed abbiamo anche temuto di dover interrompere le nostre iniziative. In tutti questi anni il nostro lavoro ha sempre beneficiato dell’importante apporto dell’Associazione locale IFSO (Integrated Family Service Organization) con la quale è sempre stato possibile garantire la massima efficacia alle nostre iniziative.Per dare una indicazione dell’entità del lavoro svolto possiamo ricordare che a oggi sono attivi circa 500 sostegni a distanza. In questi 15 anni i minori che hanno beneficiato o beneficiano dell’aiuto dei nostri sostenitori sono circa 1050, molti dei quali hanno nel frattempo completato il loro percorso scolastico con risultati anche di eccellenza. Per alcuni di loro il sostegno sta

GLI IMPEGNI DE IL SOLEpassati, presenti e futuri. Etiopia ed India per iniziare.

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proseguendo oltre il completamento della scuola dell’obbligo per accompagnarli negli studi univer-sitari.Ma questi eccellenti risultati, sufficienti da soli a giustificare ampiamente lo sforzo di tutti gli operatori ed i sostenitori dell’associazione, sono affiancati dal progetto Fiori che Rinascono, inizia-tiva di sicura eccellenza e praticamente unica nel mondo della Cooperazione Internazionale.Il progetto, nato nel 2001 grazie alla generosità e visionarietà dello staff e dei dirigenti dell’epoca, si occupa dei minori vittime di abusi sessuali. La pia-ga delle violenze sui minori è presente a qualsiasi latitudine e in qualsiasi ceto sociale ma assume caratteristiche di particolare gravità e complessità nelle realtà particolarmente degradate. Il progetto “Fiori che rinascono” vuole contribuire al migliora-mento delle condizioni di vita dei minori nella città di Addis Abeba, l’obiettivo specifico è contribuire alla prevenzione e cura dell’abuso sessuale sui bambini della capitale etiope, attraverso un si-stema di educazione delle comunità, protezione e riabilitazione del minore vittima di stupro e abuso sessuale. Per realizzare questi obiettivi è indi-spensabile una conoscenza degli aspetti sociali, culturali, economici e, soprattutto, psicologici che rendono estremamente complessa la gestione del progetto. Per fare ciò Il Sole si avvale della indispensabile collaborazione della Facoltà di

Psicologia dell’Università di Milano Bicocca che si occupa della formazione dello staff presente ad Addis Abeba e del monitoraggio dell’efficacia dell’intervento.Ai bambini vittime di violenza sessuale viene of-ferto un servizio di counselling volto alla rielabo-razione del trauma subito e dei laboratori artistici che hanno l’obiettivo di favorire la socializzazione e l’espressione emotiva.Quando necessario, alla gestione degli aspetti psicologici vengono affiancati altri interventi, quali assistenza medica, assistenza economica al nucleo familiare e nel caso in cui il minore viva in una situazione familiare troppo disagiata o l’abuso sia stato commesso in ambito familiare, l’allonta-namento dalla propria abitazione ed il trasferimen-to presso una Foster Home. I programmi di soste-gno a distanza permettono inoltre di garantire a tutti questi bambini la possibilità di completare gli studi o di frequentare corsi professionalizzanti. Nel corso di questi anni circa 400 minori hanno beneficiato dell’aiuto del progetto ed al momento attuale sono attivi circa 120 sostegni a distanza.Grazie ai sostegni a distanza e anche ad altri finanziamenti siamo in grado di estendere il servizio anche ad altri bambini, sono 181 i minori vittime di violenza sessuale attualmente in carico al servizio.Attualmente è in corso un lavoro volto ad ot-tenere la collaborazione della Federal Court di Addis Abeba. Tale collaborazione sarebbe utile sia per poter diventare riferimento ad Addis Abeba come servizio di eccellenza nella cura di bambini vittime di violenza sessuale sia per sensibilizzare la Federal Court rispetto agli aspetti psicologici e non solo meramente giuridici di tale problema. Nel corso della recente missione in loco, svoltasi nella seconda metà di Ottobre, la Dr.ssa Maria Spinelli ha, tra le altre cose, svolto un training al quale hanno partecipato 15 psicologi e social workers della Federal Court e i tre counsellors del Counselling Center. Nel prossimo futuro si lavorerà per allacciare rapporti sempre più costruttivi con queste strutture pubbliche allo scopo di aumen-tare l’efficacia dell’intervento ed allargarne le potenzialità.

DIEGO RONCORONI

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GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI

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GENERALITÀNome completo: Repubblica dell’IndiaLingue ufficiali: Hindi, inglese e altre 21 lingueCapitale: Nuova DelhiCONTESTO GENERALEL’India è uno stato dell’Asia meridionale.È il settimo paese più grande per superficie e ilsecondo più popoloso del pianeta.È la dodicesima più grande economia del mondo intermini nominali, e la quarta in termini di potered’acquisto. Riforme economiche hanno trasformato ilpaese nella seconda economia a più rapida crescita,nonostante ciò l’India soffre ancora di alti livelli dipovertà, analfabetismo e malnutrizione.

LA CONDIZIONE DELL’INFANZIA IN INDIAL’India possiede il triste primato di essere la nazione col maggior numero di bambini lavoratori nel mondo.La stima ufficiale è di 13 milioni. Il numero attuale è molto più alto, secondo un rapporto Unicef del 1996, il numero di bambini lavoratori in India potrebbe attestarsi tra i 14 e i 100 milioni di bambini.Senza considerare il lavoro agricolo svolto nell’ambito di un’economia familiare di sussistenza. I bambini asiatici si dedicano a ogni tipo di produzione, in genere nel settore cosiddetto informale, cioè del lavoro nero e di subappaltoin piantagioni, concerie, cave, laboratori tessili, e di giocattoli, fornaci,edilizia, commercio, lavoro domestico e selezione dei rifiuti.

GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI

Per la prima volta nel 1998 Il Sole ha incontrato l’India. Ho effettuato la prima missione in questo Paese per conoscere i nostri tre referenti di quel tempo: Padre George, Mr. Anthony e Mr. Ankanna con i quali inizialmente abbiamo gestito una ses-santina di casi di sostegni a distanza. La collabo-razione con Padre George terminò molto presto, perché dopo poco tempo ebbe dalla sua Curia un incarico fuori dall’India. Il primo incontro con Mr. Ankanna fu invece particolarmente produttivo per noi, in quanto ci fece conoscere Mr. Asirvadam, che in seguito sarebbe diventato non solo uno dei nostri referenti ma anche, per un periodo di tempo, il nostro Referente Nazionale per l’India. Purtroppo anche la nostra collaborazione con Mr. Ankanna dopo qualche anno ebbe termine, anche in modo spiacevole, poiché venimmo a conoscenza che alle famiglie dei bambini del programma di sostegno a distanza veniva erogata solo una parte della somma da noi inviatagli, mentre il restante veniva usato per appoggiare l’ascesa di un uomo politico locale. Naturalmente di questa situazione

INDIAUn subcontinente pieno di contraddizioni dove Il Sole opera nello stato dell’Andhra Pradesh per dare una possibilità di riscatto ai bambini Dalit, i fuori casta.Una nazione in forte crescita, una realtà economica in evoluzione velocissima, ma ancora una realtà dove milioni sono le persone senza un vero diritto di cittadinanza.

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mettemmo subito al corrente i nostri sostenitori che non solo compresero la nostra difficoltà, ma continuarono a non negarci la loro fiducia, mentre i bambini furono presi in carico da Mr. Asirvadam.Ho comunque un ricordo netto della prima volta a Proddatur, mi rivedo davanti 30 bambini, tutti con le loro divise, le scarpe da ginnastica bianche, spesso di qualche numero più grandi, sulle quali con il pennarello era stato scritto il loro numero di codice identificativo. Ora, la maggior parte di loro, come ad esempio il n. 01 – Surendra Babu, sono diventati adulti indipendenti, con un lavoro, pronti ad assumersi le loro responsabilità nella vita.Mr. Asirvadam e Mr. Anthony sono dunque i due referenti che in questi 15 anni hanno collaborato con noi nel nostro lavoro in India. Un lavoro che ha portato risultati decisamente positivi, come la costruzione, grazie alla donazione di alcuni nostri sostenitori, dell’Olivia School. Questa scuola è stata, ed è, motivo di orgoglio sia per il DAS che per Il Sole Onlus, perché è stata la prima scuo-la costruita in questa zona per i bambini Dalit (casta degli intoccabili). La scuola nel tempo si è ampliata con la costruzione di un nuovo piano, costruito con i proventi ricavati dalla tournée di danze tipiche indiane che, nel 2002, ha portato in Italia un gruppo di bambini dell’Olivia School. La scuola è ora dotata di 12 aule e frequentata da circa 300 bambini, parecchi dei quali rientrano nel Programma dei nostri sostegni a distanza. Con Mr. Asirvadam si è creata senza dubbio una maggior

sintonia anche perché, essendo stato tre volte in Italia, si è reso conto sia del nostro modo di operare, che delle richieste degli sponsor.La collaborazione con Mr. Anthony si è invece in-tensificata dopo il 2004, perché dopo lo tsunami, abbiamo collaborato alla costruzione di alcune case per i Girjans (una casta ancora inferiore a quella degli intoccabili) e abbiamo fornito barche e reti ai pescatori che erano rimasti senza nulla in seguito a questo evento catastrofico. Sia Mr. Asirvadam che Mr.Anthony, hanno lascia-to il posto alle nuove generazioni, Vara, Prasad e Prakash che sotto la loro attenta supervisione continuano, con le nuove tecnologie, il lavoro iniziato dai loro padri.In questi 15 anni si sono creati rapporti sem-pre più solidi e a questo punto, con i nostri 365 sostegni a distanza, possiamo veramente parlare di sostegno a distanza ravvicinata, in quanto annualmente ci vengono inviate notizie dei nostri bambini, alcuni di loro scrivono ai loro donatori, alcuni sponsor si sono recati in India personal-mente per conoscere il bambino da loro sostenuto e sempre, quando partiamo per le nostre missioni, ci vengono spesso date lettere e regalini da con-segnare ai bimbi e tutto questo crea veramente un legame speciale, un legame che tiene uniti due mondi che seppur nella loro diversità imparano a conoscersi.

ORNELLA LAVEZZOLI

GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI

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DIARI DI MISSIONE

ETIOPIAIl bagaglioDi ritorno dal viaggio di conoscenza progetto Fiori che rinasconoAddis Abeba agosto 2012

Al termine di ogni viaggio ci si porta dietro sempre e comunque un bagaglio in più. Dentro non ci sono souvenir e vestiti, quelli in qualche modo li sistemi. E’ un bagaglio dal peso specifico più leggero, ma contiene delle ricchezze inestimabili: ricordi, odori, sapori, proget-ti, sogni e desideri.Io il mio l’ho riaperto solo qualche giorno fa e vi ho ritrovato dentro tutto quel mondo che per dieci giorni ho vissuto e respirato. C’era il caos, già dalle prime luci dell’alba, che invade le strade di Addis. I suoi pulmini bianchi e blu pieni di gente fino all’inverosimile, le piccole bancarelle dove donne raggrinzite dall’età indefinita vendono quel poco che la terra produce, una città che non può e non vuole fermarsi, c’è troppa vita da contenere.C’erano poi, accumulate in un angolo,le contraddi-zioni più vere e vivide di questa città che ti mettono continuamente in discussione. Girare per le strade di Addis Abeba è come andare su e giù da un’altalena. Un attimo sei su su in alto e l’attimo dopo sprofondi giù nel fondo. E non per colpa delle strade dissestate, ma perché la povertà si mischia alla ricchezza, la più pura delle gentilezze si accosta in maniera disarmonica e imperfetta alla più gelida indifferenza, il dolore cammina mano nella mano con una voglia di Vita dirompente. E’ disarmante.Ma poi sono andata lì nel fondo del mio bagaglio, dove di solito si mettono le cose più preziose per evitare che si rovinino e vi ho trovato i volti dei bambini, di questi piccoli fiori che cercano di sopravvivere nonostante le tempeste che gli si abbattono contro. Questi bambini così piccoli eppure così grandi, costretti a portarsi dietro il fardello di esperienze troppo pesanti e dolorose. Han-no un cuore un po’ più grande degli altri, per contenere

tutto questo. Hanno degli occhi grandi e scuri per saper guardare un po’ più in là e vedere nella povertà la più grande delle ricchezze. Hanno mani piccole e forti per aggrapparsi alla speranza. Hanno orecchie piccole per ascoltare con attenzione, per raccogliere il suono della vita che scorre. Hanno gambe forti per correre con gioia incontro ai loro sogni.E poi nascosto in un angolo un piccolo bagliore di luce. E’ la voce di tutti coloro che vorrebbero urlare ma non possono farlo, di coloro che cantano e non vengono ascoltati, di chi parla e non riceve risposta.

NICOLETTA VAIARELLO

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ETIOPIARapporto di missioneAddis Abeba 21-26 ottobre 2012

Obiettivi della missioneRealizzare un training rivolto ai counsellors, psicologi •e social workers del Counselling Center e della Federal Court. Contribuire alla creazione di una maggiore collabora-•zione tra il Counselling Center e la Federal CourtRealizzare un training rivolto esclusivamente a •counsellors, social workers del Counselling Center, delle Sponsorship e del progetto HIV.Incontrare, così come da loro richiesto, i professori •dell’Università di Addis Abeba per iniziare a discutere su una eventuale futura collaborazione.Raccogliere il materiale della ricerca sull’efficacia •del progetto Fiori realizzata in collaborazione con l’Università Milano-Bicocca

AttivitàPrimo training 22-24 ottobreObiettivo principale di questo training era iniziare una collaborazione tra il Counselling Center e la Federal Court. A parere della W/ro Mekdes tale collaborazione potrebbe essere utile sia per poter diventare riferimento ad Addis Abeba come servizio di eccellenza nella cura di bambini vittime di violenza sessuale sia per sensibilizza-re la Federal Court rispetto agli aspetti psicologici e non solo meramente giuridici di tale problema.La realizzazione di questo training è stata effettuata grazie all’intenso lavoro dei counsellors in particolare di Temesgen Tagele che ha organizzato tutta la parte logistica. Temesgen mi è stato inoltre di grande aiuto nella gestione del gruppo.Il training è stato centrato su diversi argomenti decisi nelle settimane precedenti durante un confronto con la W/ro Mekdes durante il suo soggiorno in Italia. Sono stati affrontanti nello specifico le seguenti tema-tiche: l’abuso sessuale infantile: definizioni incidenza e prevalenza, gli effetti psicologici dell’abuso sessuale sui bambini, definizione ed implicazioni del concetto di trau-ma, l’abuso sessuale come evento traumatico, il PTSD come conseguenza della violenza sessuale, le linee guida di intervento con vittime di violenza sessuale.

È stato inoltre dedicato del tempo alla presentazione dei servizi offerti dal Counselling Center e dei servizi offerti dalla Federal Court.Il training si è svolto in un clima di collaborazione e confronto reciproco. Hanno partecipato 15 psicologi e social workers della Federal Court e i tre counsellors del Counselling Center. Inizialmente i partecipanti della Federal court avrebbero dovuto essere 5 in più, ma per motivi organizzativi questi ultimi non si sono presentati. Sempre per motivi logistici non hanno partecipato gli altri dipendenti di IFSO, il numero di presenti sareb-be stato troppo alto per gli spazi dove il training si è realizzato. Tale decisione è stata presa da Temesgen senza in realtà consultarci precedentemente. Sono però anch’io dell’opinione che dato che appunto uno degli obiettivi era creare una rete di relazioni tra i partecipan-ti, in un gruppo troppo grande tutto ciò sarebbe stato più complicato.In conclusione del training, alla fine dell’ultimo giorno, ci siamo recati in visita alle Foster Home con tutti i partecipanti. I counsellors hanno illustrato ai dipendenti della Federal Court come funzionano le Foster home, e le tipologie di intervento e cura dei bambini ospiti.

ConclusioniSono soddisfatta del lavoro svolto ed in particolare del clima di collaborazione e discussione che si è creato nel corso del training. Non ho rilevato l’incompetenza descritta da IFSO dei dipendenti della Federal Court sul tema della violenza e dell’abuso. Le persone che hanno partecipato al training sono persone con ottima formazione. Il loro ruolo è quello di effettuare un singolo ed unico colloquio con il bambino quando questo con i genitori si reca alla Fede-ral Court per denunciare l’abuso. Durante tale colloquio l’obiettivo è raccogliere sufficienti elementi per procede-re con l’imputazione dell’abusante. Gli psicologi hanno riportato le numerose difficoltà che hanno e quanto il loro ruolo sia prevalentemente ridotto alla raccolta di informazioni e privato della possibilità di effettuare alcun tipo di intervento e supporto.

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Altri social workers hanno invece il ruolo di assistere il bambino durante la testimonianza in tribunale. Tale testimonianza avviene in una stanza opportunamente attrezzata “a misura di bambino” dove social worker e bambino si trovano durante il processo. Il professionista è dotato di cuffie attraverso le quali sente le domande che il giudice vuole rivolgere al bambino e suo compito è riproporle al bambino in un linguaggio a lui più comprendibile. Dall’aula del processo è possibile vedere tramite un video il bambino e sentire le sue risposte. Tale sistema è stato ideato a partire da un modello utilizzato in Sud Africa per evitare ai bambini di dover presentarsi direttamente in aula di tribunale ed essere a contatto, nel caso, con l’aggressore.I partecipanti al training hanno riportato come il vero problema sia che i giudici stessi non hanno una sufficiente formazione in ambito infantile e difficilmente sono in grado di comprendere le difficoltà presentate dalle vittime. Ad esempio non comprendono come molto spesso sia impossibile ottenere informazioni da bambini fortemente traumatizzati e che il silenzio o il rifiuto di comunicare possa essere una conseguenza del trauma più che un indice della mancata conoscenza di risposte.Solo 5 tra coloro i quali hanno partecipato al training lavorano nella parte della Federal Court che si occupa di violenza sessuale. Gli altri social workers lavorano nel campo della violenza minorile, della giustizia civile in materia ad esempio di affidamento familiare e nel campo delle adozioni.Per quanto riguarda i risvolti futuri credo che ci siano delle buone basi per organizzare ulteriori formazioni e che la collaborazione e il lavoro comune sia possibile e anche cercato da questi professionisti. La presentazione del centro è stata molto apprezzata e hanno mostrato molto interesse nel conoscere le nostre modalità di lavoro e di azione.Data appunto l’eterogeneità del gruppo dei partecipanti rispetto ai loro ambiti di lavoro è stata da loro espressa la necessità, nell’organizzazione di futuri training, di poter affrontare anche altri argomenti non strettamente centrati sulla violenza sessuale e sul trauma e di carat-tere maggiormente applicativo.

Secondo Training Gli ultimi due giorni di training sono stati rivolti esclu-sivamente ai dipendenti di IFSO. Hanno partecipato i

tre counsellors, i social workers del progetto HIV e i responsabili dello Sponsorship Project. Nei mesi precedenti al training ho avuto numerosi scambi di email con Temesgen al fine di poter realizzare un training che fosse il più possibile disegnato sulle loro esigenze, insieme abbiamo deciso di affrontare il tema dell’intervento ed il lavoro con le famiglie.Durante il mio primo giorno ad Addis Hawi e Moham-med mi hanno però chiesto di poter parlare delle diffi-coltà che loro hanno nel lavoro con i bambini utilizzando il gioco e mi hanno chiesto di fornir loro alcuni strumenti rispetto a tale ambito. Abbiamo quindi deciso di dedica-re un giorno alla terapia con i bambini attraverso il gioco e un giorno al supporto piscologico alle famiglie.Ovviamente essendo gli argomenti del training più rivolti alla terapia i counsellors hanno partecipato più attivamente degli altri partecipanti, ma è stato molto interessante il contributo dato in particolare dalle social worker del progetto HIV grazie al quale abbiamo potuto anche generalizzare ad altri ambiti applicativi le temati-che affrontate.

ConclusioniQuesto training, il mio secondo ad Addis, ha senza dubbio beneficiato della maggiore conoscenza reciproca tra me e i partecipanti. Questo ha permesso di creare un clima di confronto e discussione maggiore rispetto alla volta precedente. Abbiamo potuto affrontare e di-scutere anche alcuni casi specifici nell’affrontare i quali i counsellors hanno avuto o hanno momenti di difficoltà. Queste supervisioni e discussioni in gruppo sono state molto utili per poterli aiutare a sviluppare in modo concreto e applicativo nuovi modelli di intervento. Mi rendo conto che i counsellors hanno delle carenze dal punto di vista della conoscenza di strumenti terapeutici da utilizzare nel lavoro con i bambini. Questo spesso li fa trovare in difficoltà. Tale fatica è ovviamente collegata all’elevato numero di casi che hanno in carico per cui non possono dedicare a ciascun bambino il tempo di cui questo avrebbe bisogno. Ciononostante ho potuto ancora rilevare, come già nella mia missione prece-dente, la profonda conoscenza che hanno dei casi in carico e come siano in grado con molta professionalità di comprendere le difficoltà del bambino osservandolo a 360 gradi programmando interventi che lavorano sui diversi fronti.

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Due giorni di training sono stati senza dubbio troppo pochi per affrontare le diverse tematiche oggetto di interesse. Proprio questo maggiore clima di collabora-zione e discussione, nonostante sia molto più proficuo, richiede che gli venga dedicato più tempo. Mi sono quindi ritrovata ad accelerare eccessivamente nella parte finale e molti aspetti non hanno avuto spazio per essere approfonditi. È mia intenzione ritornare su alcune delle tematiche emerse durante le prossime formazioni come anche richiesto in fase finale dai partecipanti.I responsabili dello Sponsorship Project, che per la prima volta hanno partecipato al training, hanno inoltre richiesto una formazione rispetto a come affrontare le difficoltà scolastiche dei bambini e come fornire ai ge-nitori strumenti per aiutare i loro figli durante il percorso di apprendimento. Al di là della possibile realizzazione o meno di alcune tipologie di training credo che questo clima di scam-bio e di espressione delle loro necessità da parte dei collaboratori etiopi sia molto positivo e possa aiutare nell’organizzazione delle missioni future.

Ulteriori attivitàDurante i giorni del training mi sono occupata di raccogliere il materiale relativo alla seconda fase delle ricerca. Dopo numerose sollecitazioni i counsellors hanno raccolto gran parte del materiale, ma non tutto, come invece era stato chiesto loro. Le difficoltà di co-municazione rispetto a questo argomento sono notevoli. Chiedere loro di effettuare la raccolta con grande antici-po si è rilevata una strategia non produttiva perché co-munque tendono a rimandare, a lasciare tutto all’ultimo momento. Il loro approccio alla ricerca è cambiato da quando il coordinatore è diventato Temesgen. Mi sono resa conto nel confronto con lui che tale difficoltà è an-che dovuta al fatto che il vecchio coordinatore lo aveva reso poco partecipe del progetto e tendeva in qualche modo a far loro richieste senza coinvolgerli nel lavoro. Ho quindi lavorato per sensibilizzarlo rispetto agli obbiet-tivi e alle applicazioni del progetto e sembra che questo sia stato utile. Nelle settimane successive al mio ritorno ho ricevuto diverse mail all’interno delle quali ci siamo scambiati informazioni e ho potuto chiarire loro alcune linee guida. I counsellors si sono impegnati ad inviare il materiale mancante prima delle fine di dicembre.In collaborazione con Tesfay, responsabile dello Spon-

sorship Project, ho raccolto materiale per organizzare un piccolo gruppo di controllo per la ricerca. Hanno somministrato i test del disegno a 11 bambini delle sponsorship che non sono state vittime di violenza sessuale. Questi disegni verranno poi confrontati con quelli raccolti dal Counselling Center in modo da poter individuare indicatori di rischio così come già rilevato da altre ricerche svolte in culture occidentali.W/ro Mekdes ha detto di aver cercato di contattare più volte il professore dell’università ma che quest’ultimo non ha mai risposto al telefono. Lei ha ipotizzato che non si trovasse ad Addis durante quella settimana. Cre-do che il fatto che la W/ro Mekdes sia tornata insieme a me in Etiopia e quindi non abbia potuto organizzare direttamente la missione abbia influito su questo. Probabilmente se l’incontro fosse stato organizzato con il dovuto anticipo, così come previsto, si sarebbe realizzato.Non ho potuto neanche incontrare il presidente del tribunale sempre perché secondo la W/ro non c’erano i tempi e le disponibilità per farlo.

ConclusioniIn funzione dei suoi obiettivi principali la missione ha dato risultati positivi.Il training è stato molto interessante e formativo. Mi ha permesso di conoscere in modo più approfondito la situazione etiope rispetto alla cura e all’intervento nel caso di abuso sessuale. La collaborazione con la Federal Court avrà dei risvolti molto positivi proprio per i bambini stessi. Psicologi e social workers si sono impegnati a segnalare al Counselling Center i casi che loro ritengono abbiano bisogno di intervento. Per adesso sembra che questo sia l’unico tipo di collaborazione possibile. Inoltre a mio parere l’aver fatto loro conoscere meglio il nostro servizio e la sua utilità contribuirà ad aumentare la visibilità del progetto anche ad altri livelli.Il progetto di ricerca va avanti e nonostante i ritmi lenti e le difficoltà di comunicazione sembra che i counsel-lors si siano maggiormente sensibilizzati rispetto a tale lavoro.Ho potuto infine raccogliere numerosi spunti rispetto a come Il Sole potrebbe organizzare i training futuri.

MARIA SPINELLI

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INDIAPrasantata e SaktiSerenità e energia. In telugu.

È davvero incredibile quanto slegate tra loro possano essere le sensazioni, i pensieri, le emozioni da un lato e la realtà percepita dalla vista dall’altro.La “mia prima volta in India” è stata questo: energia e serenità, serenità e energia. Ma sono sensazioni arrivate lentamente, quasi subìte, perché prima ho sentito l’esigenza di “sospendermi” per un attimo.Devo essere sincera, subito subito non mi è piaciuto essere lì, ritrovarmi lì, poi, non so spiegare né come né perché, mi sono risvegliata in India, svegliata dall’India e dalle sue infinite sfumature, che passano dalla variopin-ta bellezza dei sari indossati dalle donne, dalle infinite e meravigliose corone di fiori ricevute, dai sorrisi bianchi e dagli occhi incredibilmente profondi dei tanti bambini incontrati. Forse il segreto di questo immenso Paese è che ti regala se stesso in modo pacato, misurato, ma continuo. È come se infondesse, davvero, energia e serenità, ma con i suoi tempi, che sono solo suoi e che sono fascinosi e sinuosi come non mai.La realtà che si para davanti agli occhi è tutt’altro dai benèfici influssi sensoriali che si subiscono. Le contrad-dizioni in questo Paese si sprecano, i problemi che si in-contrano, si intuiscono e che ti vengono raccontati sono infiniti e incastrati l’uno nell’altro come una gigantesca matrisoska o un rompicapo.I problemi sociali (le caste e le innumerevoli sottocaste, con le nuove generazioni provenienti anche dagli intoc-cabili che premono e emergono dal basso, ostacolate dalle caste superiori), si annodano ai problemi legati alla religione, alle diverse religioni (induisti e cristiani, musulmani e buddisti, conversioni e incomprensioni), i problemi legati alle differenti lingue parlate (24 tra ufficiali, regionali e dialettali) si intrecciano alle differenti tradizioni dei vari stati di cui è composta l’India (è una federazione di stati con parlamenti e governi autonomi. Ci sono 28 stati federati e 7 territori).E poi c’è l’economia, questa parola tanto condizionante e così poco reale. L’India è al momento considerata la seconda potenza economica del Mondo, eppure,

almeno per quanto riguarda le zone in cui Il Sole opera e che ho visto (lo stato dell’Andhra Pradesh), l’arretra-tezza è esasperante. I villaggi in cui ancora lavorano, e bene, le donne dei progetti di microcredito avviati e i villaggi dove risiedono molti dei nostri bambini sono posti quasi fuori dal mondo. In un tempo che non è tempo, come sospesi, dove la luce arriva, ma solo dopo le 18.30, quando il buio ha fatto capolino già da un po’, dove animali e persone condividono spazi, dove le case non sono case come le si intende dalle nostre parti, ma, unicamente tetti e pareti, spazi piccoli e angusti. Ma dove il senso di comunità ha una forza impressionante, l’accoglienza, la gentilezza e la gratitudine sono supe-riori a tutto il resto che passa per gli occhi.E i bambini. I bambini sono meravigliosi, lo sono ovunque, certo. Ma io ho avuto la fortuna di incrociarne alcuni assolutamente indimenticabili. E questo è un altro regalo ricevuto dall’India. Ora torno all’energia e alla serenità che mi son, inaspettatamente, portata a casa e che spero possa non lasciarmi mai. Forse devo ringraziare anche le mie compagne di viaggio, che, sicuramente, sono state complici di questa magnifica, proficua e anche diverten-te avventura. Grazie.

FRANCESCA POZZI

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IL SOSTEGNO A DISTANZA RAVVICINATAIl sostegno a distanza ravvicinata è una filosofia di intervento innovativa che permette di ravvicinare la distanza tra i sostenitori, l’Associazione e i beneficiari. L’Associazione vuole essere un tramite, un mezzo, uno strumento per garantire ai bambini il pieno supporto dei propri sostenitori. Più è diretto il rapporto tra sostenitori e beneficiari più è ravvicinata la distanza tra i due attori coinvolti. L’Associazione contribuisce con la propria esperienza, profes-sionalità, trasparenza e conoscenza nell’indicare la strada giusta per far sì che gli esponenti di due mondi lontani possano comunicare, interagire, confrontarsi al fine di intraprendere un percorso di vita comune e condiviso.

Cognome ……….……………………… Nome …………………..……………………………………

Denominazione (nel caso di un’azienda, ente o gruppo) ………………………………………………………

Codice fiscale o Partita Iva ……………………………………………………

Data di nascita ……….…….………… Professione …………………………………………………….

Indirizzo …………………………………………………………………………………………….……

Cap ……………… Città ………………………………………………………….. Prov. ………………

Tel. ………………………………………… Cell. ………………………………………………..……

E-mail……………………………………………………………………………………………………

Intendo attivare N° ……. sostegno/ i a distanza nel seguente Paese:

- Etiopia - India

- Etiopia – progetto Fiori che rinascono, bambini vittime di violenza sessuale

Quota:- Annuale (Euro 300) - Due rate semestrali di 150 euro - Quattro rate trimestrali di 75 euro

Per sostenere un bambino vittima di violenza sessuale inserito nel progetto Fiori che rinascono:- Annuale (Euro 516) - Due rate semestrali di 258 euro

È possibile versare la quota a copertura del sostegno a distanza tramite:- Bonifico bancario: Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù – IBAN IT71Q0843010900 000000260452- Conto corrente postale N. 11751229 intestato a: Il Sole Ong Onlus- Rid bancario compilando l’apposito modulo, scaricabile dal sito www.ilsole.org/come-sostenerci/ridiamo-fiducia-ai-nostri-bambiniTutti i versamenti sono da intestare a Il Sole Ong Onlus, specificando nella causale il Paese del sostegno, esempio: “Sad Etiopia”.

DATA ………………….. FIRMA ………………………………...............

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Le persone fisiche e giuridiche possono dedurre o detrarre gli importi delle donazioni a favore de Il Sole Ong Onlus ai sensi del D. lgs 460/97, Art. 13.

La presente scheda compilata e firmata, può essere inviata, con allegata copia della ricevuta del versamento o del bonifico:

- via e-mail all’indirizzo: [email protected] - via posta all’indirizzo:Il Sole OnlusViale Rimembranze 4521047 Saronno (VA)

INFORMATIVA AGLI UTENTI(Ai sensi dell’Art.13 del D.Lgs. 196/2003 - Codice in materia di protezione dei dati personali)

Titolare del trattamento è l’Associazione Il Sole Onlus, con Sede legale c/o Studio Dott.ssa Trombetta, via Giovane Italia 13, 22100 Como, che li utilizzerà per le operazioni connesse ai sostegni a distanza per l’invio della newsletter, del giornalino e del materiale informativo relativo ai progetti e alle campagne di raccolta fondi.I dati saranno trattati esclusivamente dal personale dell’Associazione, non saranno comunicati, né diffusi, né trasferiti ad altri.L’utente potrà esercitare i diritti di cui all’art. 7 del D. Lgs. 196/2003 nei limiti e alle condizioni previste dagli artt. 8, 9 e 10 del citato decreto legislativo rivolgendosi al Titolare del trattamento.

Acconsento al trattamento dei dati personali:

- Si - No

Firma ………………………………………………………….

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CALENDARIO EVENTI

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Natale 2012 insieme a Il Sole Onlus

Cari Amici,

Anche quest’anno abbiamo pensato al Natale con una campagna che propone la possibilità di fare regali solidali ideati per sostenere l’impegno de Il Sole in Etiopia, attraverso il progetto Fiori che rinascono.

Quest’anno vi proponiamo varie possibilità, tutte ricche di prodotti equo e solidali:

Kit 1 – panettone, contributo minimo 15 Euro•

Kit 2 – spezie, contributo minimo 10 Euro•

Kit 3 – selezione di té, contributo minimo 10 Euro•

Pallone da calcio, contributo minimo 20 Euro•

Confezione Libera Terra, contributo minimo 26 Euro•

Confezione Borsa Golosa, contributo minimo 16 Euro•

Confezione Tradizionale; contributo minimo 21 Euro•

Per prenotazioni e acquisti potete contattarci al numero 02 96193238, all’indirizzo e-mail [email protected].

Grazie a tutti e auguri!

Fiori che rinascono, ora anche un e-bookUn progetto genera storie, che ne generano altre, che vengono raccontate in diversi stili.Questo, in estrema sintesi, è il processo creativo scaturito da Fiori che rinascono, una delle attività di punta del Sole, sostenuta da grandi narratori attraverso il loro strumento più potente: la capacità di raccontare. Nasce così l’e-book che con orgoglio porta questo nome. Un nome che accomuna due progetti: quello del Sole con i bambini di Addis Abeba e quello di Dreamboox, etichetta editoriale dedicata al mezzo web, che promuove questa grande iniziativa reclutando nomi importanti del giornalismo e della scrittura in rete.Ci troviamo così a raccontare uno spaccato della vita del Sole in modo inusuale, meno attento alla vocazione informa-tiva e più concentrato sull’emozione, sulle metafore. Non descriviamo il progetto, ma raccontiamo storie dentro le quali se ne respira il senso: le persone e le loro relazioni; il trasporto che le unisce e le barriere che le dividono; i narratori, a volte osservatori, a volte protagonisti delle proprie trame.L’obiettivo è diffondere più possibile il nome del Sole e la sua filosofia, grazie alla forza attrattiva dei nostri autori e ambasciatori, che scrivono per noi questo bellissimo volume e scrivono di noi sui propri blog e social network.Tra i fiori che rinascono, infine, ne è nato uno nuovo: quello della collaborazione e dell’amicizia tra due realtà, Il Sole e Innexta, unite nell’entusiasmante sforzo di rappresentare un mondo, in modo semplice ma fedele.

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COSA STIAMO FACENDO

PROGETTI IN CORSO

BURKINA FASOLa casa delle Donne di Koumlèla Naponé con il finanziamento di Fondazione San Zeno e della Chiesa ValdeseProgetto sostegni a distanza

ETIOPIAFiori che rinascono (Counseling center, Foster home, laboratori artistici) con il finanziamento dell’Associazione Street Spirtis, SDL Foundation, Fondazione 10 decimiProgetto sostegni a distanzaProgetto sostegni a distanza Fiori che rinascono

INDIAProgetto sostegni a distanza

BENINSogni da riaccendere a Cotonou, con finanziamento della Fondazione Prima Spes

ITALIAIn avvio il progetto La parola ai giovani a Scampia, finanziato da Peretti Foundation

SOSTIENI I NOSTRI PROGETTI

Il Sole Onlus ha bisogno del tuo aiuto per continuare il suo impe-gno in Etiopia, Benin, Burkina Faso e India.Per avere maggiori informazioni consulta il sito www.ilsole.org nella sezione Progetti oppure telefona al numero 02.96193238.È possibile effettuare una donazione libera tramite:- Bonifico bancario: Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù – IBAN IT71Q0843010900 000000260452- Conto corrente postale N. 11751229 intestato a Il Sole Ong Onlus- Carta di credito, telefonando al numero 02.96193238

Tutti i versamenti sono da intestare a Il Sole Ong Onlus, specifi-cando nella causale il nome del progetto e il Paese.

I contributi e le donazioni erogate a Il Sole Onlus sono deducibili dalla dichia-razione dei redditi secondo le vigenti leggi.

PROGETTI IN FASE DI VALUTAZIONE

MADAGASCARStop à la violence

ITALIARiparare a distanza

SOSTEGNI A DISTANZA Etiopia - 610

Burkina Faso - 217

India – 358

Totale 1185

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ITALIA

Il volontariato vale 8 miliardi di euro, ma la politica non se ne accorgeI volontari nel nostro Paese sono oltre 5 milioni. Eppure nei fatti le istituzioni continuano a mettergli i bastoni fra le ruote. Perchè?5 Dicembre 2012Nel 2011 sono stati più di 5 milioni gli italiani che hanno svolto una qualche attività gratuita presso un’associazione di volontariato. . In Italia la partecipazione ad attività di volontariato è in crescita. Malgrado la crisi infatti secondo i dati Istat, in poco meno di 20 anni la percentuale di persone che si dedicano al volontariato è passata dal 6,9% al 10%. Oggi, 5 dicembre, Oggi, 5 dicembre, è la giornata internazionale del volontariato. L’Omu festeggia la ricorrenza dal 1985. I fenomeni dell’associazionismo e del volontariato coinvolgono maggiormente i residenti al Nord rispetto a quelli delle altre ripartizioni (13,5% rispetto all’8% del Centro e al 6,4% del Sud). Da una recente ricerca condotta da Istat e Cnel (2011)33 è inoltre emerso come il valore economico delle attività volontarie svolte all’interno del Terzo Settore sia pari a quasi a 8 miliardi di euro. Trasformando il numero delleore donate in unità di lavoro equivalente e, successivamente, in numero di occupati a tempo pieno, è stato quanti-ficato che il lavoro volontario in Italia è pari a 700 milioni di ore, corrispondenti a 385 mila unità occupate a tempo pieno.Particolarmente significativo è poi il numero degli affidamenti diretti dei servizi sociali alle organizzazioni di volon-tariato da parte dei Comuni italiani. Per il 2010, i dati34 indicano una percentuale di affidamenti diretti pari al 78% del totale delle procedure di affidamento, di cui ben il 72% rivolti alle organizzazioni di volontariato35 per la gestione di servizi sociali alla persona cd. “integrativi” di supporto agli interventi “complessi”, ovvero in particolare: laboratori di animazione sociale, interventi di sollievo e supporto psicologico, trasporti sociali, accompagnamento e servizi agli immigrati.Numeri importanti ai quali però non corrisponde un’adeguata attenzione da parte delle istituzioni (a parte le sfilate istituzionali come per esempio la recente conferenza nazionale dell’Aquila. (In allegato la lettera al Paese scritta dai volontari dopo l’assiste abruzzese). «Il governo oggi parla di equità, crescita e sviluppo, parole da sempre nel dizionario del volontariato, una delle vere capacità per far crescere il Paese», ricorda per esempio il presidente di Csvnet Stefano Tabò. A cui fa eco Fausto Casini coordinatore della Consulta del Volontariato presso il Forum: «Invece di eliminare gli sgravi di cui gode il volontariato con la prossima delega fiscale, o di ritardare i pagamenti del 5 per mille come sta avvenendo, o ancora, invece di dichiarare guerra ai falsi invalidi senza nemmeno consultare chi, come il volontariato, conosce la situazione, alle istituzioni chiediamo di considerare una volta per tutte il valore economico e sociale che il volontariato genera, smettendola una volta per tutte di considerarlo uno strumento per abbattere i costi?»Fonte: Vita.it

NOTIZIE DAL MONDO

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Bambini, il futuro rubatoNeonati “ipotecati” con una quota di debito pubblico di 3,5 milioni a testa, fermi alla terza media 18 giovani su 100. Destinati a essere sempre meno: appena 15 su 100 nel 2030. Save the Chil-dren presenta il terzo “Atlante dell’infanzia (a rischio)”

4 Dicembre 2012Bambini sempre più fragili e poveri di futuro, esposti a sfide sempre più difficili. Neonati e già con un’ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa, il più alto d’Europa. Destinati ad essere sempre meno nel prossimo futuro, 15 ogni 100 nel 2030 (-1,5% rispetto ad oggi), con sempre meno peso politico (4% incidenza voto, -0,2%). Con aiuti di poche decine di euro - 25 euro annui la spesa pro-capite dei comuni in servizi per l’infanzia e famiglie in alcune regioni del Sud. Minori fuori della scuola - 18 su 100 i dispersi con punte di 25 su 100 in Sicilia e Sardegna (+15% rispetto all’obiettivo all’europeo), senza competenze e stimoli culturali – 314.000 soprattutto ad Sud. In territori avvelenati dalle mafie - almeno 700.000 minori, e da industrie inquinanti – 15 ogni 100, circondati dalla cemen-tificazione che procede con il ritmo serrato di 10 metri quadrati al secondo. In un quadro in cui aumentano anche i giovani senza lavoro - 1 giovane su 3 disoccupato (+21% la disoccupazione fra i laureati), e sono “scoraggiati” il 34% di essi (oltre 4 volte la media Ue del 7,8%).E’ questo il messaggio più forte sotteso al terzo “Atlante dell’Infanzia (a rischio)” di Save the Children presentato il 4 dicembre a Roma, nel corso di un dibattito in collaborazione con il Garante Nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Vincenzo Spadafora, con la partecipazione del Presidente Istat Enrico Giovannini e di un gruppo di giovani rappre-sentanti delle migliori risorse del nostro paese. Un’iniziativa moderata da Marino Sinibaldi, Direttore di Radio 3 Rai, che si inserisce nell’ambito della Campagna “Ricordiamoci dell’Infanzia” lanciata da Save the Children nel maggio scorso, a sostegno dei minori a rischio nel nostro paese.Oltre 100 pagine, l’Atlante include anche 77 mappe, istantanee dell’universo bambini e giovani in Italia di qui al 2030 che si possono usare come delle bussole per capire come ridare futuro a chi del futuro di una società do-vrebbe essere l’architrave. “La terza edizione dell’Atlante dell’infanzia (a rischio) di Save the Children fornisce un quadro molto preoccupante ”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. “Possiamo leggere la stragrande maggioranza di queste mappe con il sottotitolo: “indice del consumo di futuro dei bambini e dei giovani italiani”, un indice che corre parallelo alla crisi economica, al debito pubblico, alla scarsità di asili nido, alla miseria della spesa sociale per l’infanzia in alcune aree del paese, alla mancanza di una politica per l’infanzia nazionale e organica, alla pochezza del sostegno pubblico alle famiglie giovani. Ma l’Atlante di Save the Children mostra anche un’altra cosa. Consumando l’idea di futuro dei bambini e dei giovani, le loro aspettative, i loro desideri e i loro sogni, stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti.”Inizia prestissimo l’erosione dell’”indice di futuro”: insieme alla loro cameretta i 560.000 neo-nati quest’anno si ritrovano in eredità un’ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa (il più alto d’Europa). A cui si somma la povertà che cresce anziché arretrare fra la popolazione under 18: 7 minori ogni 100 in Italia, pari a 720.000, vivono in povertà assoluta, cioè privi di beni e servizi che assicurino loro un livello di vita accettabile. 417.000 nel solo Sud, con un aumento rispetto al 2010 di 75.000 piccoli grandi poveri, l’equivalente dell’intera popolazione infantile di Taranto e Messina. D’altra parte quanto possono 25 euro pro-capite all’anno in servizi per l’infanzia e famiglie? A tanto ammonta la spesa pro-capite da parte dei comuni per famiglie e minori in regioni come la Calabria, oltre 8 volte in meno rispetto all’ Emilia Romagna (282 euro annui). Con uno sbilanciamento nell’offerta di servizi cruciali come gli asili-nido: in Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Molise è compreso fra 2 e 5,5 il numero di bambini (ogni 100 da 0 a 2 anni) in carico agli asili nido pubblici o ad altri servizi integrativi, a fronte dei 27-29 in Valle d’Aosta, Umbria, Emilia Romagna.E dai pochi asili a poca scuola. E’ in crescita l’area della disaffezione allo studio, anche fra ragazzi senza particolari carenze affettive, relazionali o economiche: sono quasi 800 mila i giovani tra 18-24 anni dispersi, che cioè hanno interrotto gli studi fermandosi alla terza media e non iscrivendosi neanche a corsi di formazione. In Sicilia e in Sar-degna la dispersione scolastica è 15 punti rispetto all’obiettivo europeo (pari al 10% ) - con 25 giovani fra 18 e 24 anni - fermi alla terza media.“Di fronte all’apparente inutilità di un titolo di studio anche elevato e al fallimento, che la realtà più diffusa ed evi-dente sembra attestare, dei valori dell’onestà, del rispetto, del puntare sulle proprie forze e competenze, i ragazzi si orientano sempre più spesso verso modelli di successo facile, in cui la scuola e la stessa università sono viste con distanza e perfino sarcasmo”, prosegue Valerio Neri.

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Altissimi infatti sono i livelli di disoccupazione giovanile: 1 giovane sotto i 25 anni su 3 è disoccupato. Molti dei quali con laurea: la crescita maggiore della disoccupazione giovanile, pari a quasi il 21%, si è avuta infatti tra i laureati. La crescita più alta d’Europa . Nello stesso periodo in Germania la disoccupazione giovanile è scesa in totale del -4,1% e non ha inciso tra i laureati.Disoccupati oppure scoraggiati: l’Italia detiene il record della cosiddetta Potential additional labour force fatta da quei giovani di 15-24 anni che, pur dichiarandosi intenzionati, rinunciano a cercare un lavoro. Gli scoraggiati italiani sono 562 mila, il 34% della popolazione attiva in quella fascia d’età, quattro volte la media europea (7,8%).Un cocktail davvero preoccupante di sfiducia nello studio e totale immobilismo è quello rappresentato dai NEET (Not in Employement, Education or Training). Sono oltre 1 milione 620 mila soltanto al Sud e nelle isole. Hanno 18 - 24 anni, non sono iscritti a scuola, né all’università, né lavorano, né sono in formazione. I tassi di NEET nel Mezzogiorno sono inferiori soltanto a quelli rilevati in alcune regioni remote dell’Anatolia. E nel Mezzogiorno si concentra la gran parte dei 314.000 “disconnessi culturali”, bambini e adolescenti da 6 a 17 anni che negli ultimi 12 mesi non sono mai andati a cinema, non hanno aperto un libro, né un pc né Internet, né fatto uno sport.Ma le minacce al presente e al futuro dell’infanzia sono ancora altre. Le mafie per esempio: circa 700 mila i minori che vivono in uno dei 178 comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi 20 anni: comuni (e minori) dislocati nella stragrande maggioranza in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, con alcune propaggini nel Lazio e in alcune regioni del Nord (Liguria e Piemonte). E poi ci sono i territori avvelenati non solo metaforicamente ma anche re-almente: quasi un milione e mezzo di bambini e ragazzi italiani - 15 su 100 -nascono e crescono in prossimità di impianti siderurgici, chimici, petrolchimici, aree portuali, discariche urbane e industriali, non conformi, fuori controllo, altamente nocive. Poi c’è il cemento, che mangia verde, salute, benessere: il consumo del suolo marcia al ritmo di 100 ettari al giorno, 10 metri quadrati al secondo. E ci sono edifici insicuri a minacciare bambini e giovani, proprio quelli in cui dovrebbero sentirsi protetti e al sicuro, le scuole: 26.000 non sono state costruite con criteri anti-sismici, mentre solo 3.700 sono a prova di terremoto.A muoversi in uno scenario così difficile e minaccioso, con pochi aiuti, poche risorse, pochi stimoli saranno, come se non bastasse sempre in meno i giovani e i bambini e per di più privi di peso politico. Secondo lo scenario de-mografico più verosimile, nel 2030, quando chi nasce oggi compirà 18 anni, ci saranno 10 milioni di minori, per un’incidenza pari al 15,4%, 1 su 5 sarà straniero. 60.000 le nascite in meno rispetto al 2011, con un decremento della natalità dell’ 1,5% , superiore alla media europea. Così nel 2030, 100 persone in età da lavoro dovranno farsi carico di 63 inattive, per due terzi anziane. Nel 2050 la fascia di popolazione 83-85 eguaglierà quella 0-2 anni.E nel 2030, quando chi nasce oggi avrà 18 anni e potrà votare, sarà del 4% l’incidenza del voto dei giovanissimi (18-21 anni) rispetto al resto dell’elettorato. Una voce sempre più flebile (-0,2% rispetto ad oggi), di nuovo e soprattutto, al Sud (nel Mezzogiorno andrà perso un voto su 5).“Il futuro dei bambini è stretto in una morsa”, commenta il Direttore Generale Save the Children Italia. “Da una parte il peso del debito pubblico, con la contrazione della spesa sociale, aggravata dalla crisi, dall’altra il rapido invecchia-mento della popolazione, che costituisce un’ulteriore sfida ai sistemi di welfare, perché drena risorse per le pensioni e l’assistenza agli anziani Il risultato è che fra 18 anni i bambini saranno più preziosi del petrolio in via di estinzione. Ma quel che è peggio”, ”, sottolinea Valerio Neri, “è che, se i trend rimangono gli attuali, non solo bambini e ado-lescenti saranno pochi numericamente ma saranno sempre più privi di forza contrattuale e politica, depressi, sviliti, impotenti. Ma deprimere e quasi cancellare l’infanzia, significa cancellare il futuro di tutti”Per questo “il 4 dicembre a Roma abbiamo riunito un gruppo di giovani molto validi, che rappresentano il meglio del nostro paese per avviare un dibattito più ampio . Con il loro aiuto formuleremo delle proposte che presenteremo a maggio al probabile nuovo governo, nell’ambito della Campagna “Ricordiamoci dell’infanzia” a sostegno dell’infanzia a rischio in Italia”.“Alcune di queste proposte ci sono chiare sin da ora, come per esempio la messa a punto di un piano di lotta alla povertà minorile e l’innalzamento dei finanziamenti per l’infanzia ad almeno al 2% del Pil scorporandoli dal computo del debito pubblico. La promozione e sostegno dell’infanzia debbono essere considerati un investimento e non una spesa”, aggiunge Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.“Nell’Atlante, oltre a tanti dati preoccupanti ce ne è anche uno positivo che può essere di stimolo al nostro lavoro”, conclude Raffaela Milano. “ Negli ultimi cinque anni è raddoppiata la disponibilità al gioco dei padri e delle madri con i figli. Preserviamo e accresciamo questo spazio di gioco, di serenità, di benessere e di futuro per tutti noi”.Fonte: Vita.it

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ETIOPIA

Una Rinascita elettrica entro il 2015La febbre da diga a caccia di più energia per lo sviluppo non risparmia l’Etiopia che progetta di attivare tre nuovi impianti idroelettrici entro il 2015...

4 Dicembre 2012 In un’agenzia Reuters di qualche giorno fa Alemayehu Tegenu, ministro per l’Energia e le Attività minerarie del Paese africano, minimizzava le preoccupazioni sul recupero dei finanziamenti necessari a realizzare la prima di una serie di grandi dighe che potrebbero rivoluzionare i mercati dell’energia dell’Africa orientale. Secondo Alemayehu Tegenu l’Etiopia è «sulla buona strada per avere tre centrali on line entro il 2015»: la Grande Diga della Rinascita da 4,1 miliardi di dollari progettata sul fiume Nilo, nella parte occidentale della regione di Benishangul-Gumuz, e altre due dighe più piccole, dovrebbero essere completate in tempo. Insieme le tre dighe dovrebbero poter produrre 8.124 MW a pieno regime: un bel salto rispetto alla capacità attuale dell’Etiopia di circa 2.167 MW di energia (tra idroelettrica ed eolica).Il Corno d’Africa ha disposto di investire più di 12 miliardi di dollari per sfruttare i potenti fiumi che scorrono at-traverso i suoi altopiani con l’obbiettivo di generare oltre 40 mila MW di energia idroelettrica entro il 2035, il che renderebbe l’area prima potenza esportatrice di energia del continente.La diga più grande d’Africa – per ora finanziata con 277,1 milioni dollari recuperati perlopiù dalla vendita di titoli di Stato – produrrà un picco di 6 mila MW e la sua costruzione, a detta del ministro, è già al 13% dell’intera opera, collocandosi come ultimo di una serie di progetti infrastrutturali ambiziosi lanciati dall’Etiopia dopo anni di crescita economica. Qualche ansia rispetto alla raccolta di risorse destinate alla realizzazione di questo come di altri progetti ha però spinto alcuni esperti ad invitare il governo di Addis Abeba a (s)vendere le imprese statali e attività potrebbero rastrellare un potenziale di 9,6 miliardi di dollari. Grande Diga della Rinascita a parte, in cantiere sono infatti anche la diga Gilgel Gibe III, lungo il tratto meridionale del fiume Omo (1.870 MW a partire dalla fine del 2013, ad un costo di 1,8 miliardi di dollari), realizzata per oltre il 65%, e una diga da 254 MW nella regione di Oromiya. Fonte: Valori.it

Cresce la partnership tra Kenya ed Etiopia Le aree di interesse riguardano la lavorazione nel settore agricolo, i servizi finanziari, il commercio distributivo, la scienza e la tecnologia. 4 Dicembre 2012a cura di Stefania Basso Uno dei maggiori sviluppi da tenere sotto osservazione nel Continente africano è la nascente partnership commer-ciale tra Etiopia e Kenya.L’Etiopia è una terra vasta e densamente popolata mentre il Kenya è una regione commerciale ideale sulle sponde dell’Oceano Indiano. Una nazione sempre più riconosciuta per l’innovazione tecnologica.Tuttavia, oggi, la dimensione commerciale tra questi due paesi complementari è ancora molto ridotta e gli accordi in essere giocano tendono a favorire il Kenya. C’è ancora un enorme potenziale non sfruttato per sviluppare il com-mercio bilaterale.Le aree di opportunità riguardano la lavorazione nel settore agricolo, i servizi finanziari, il commercio distributivo, la scienza, la tecnologia e l’innovazione e infine l’istruzione superiore.

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Il Kenya, l’Etiopia e il Sud Sudan hanno sviluppato insieme un corridoio economico e una rete di trasporti con una linea ferroviaria che collega Lamu Port in Kenya a Addis Abeba e Juba. La rotta consentirebbe ai prodotti etiopi di raggiungere il mare e il mercati esteri. Una delle frustrazioni del Kenya è la riluttanza dell’Etiopia ad aprire il pro-prio settore finanziario agli investitori esteri. Equity Bank è interessata all’apertura di filiali in Etiopia vista l’elevata popolazione. L’Etiopia già estende la propria rete elettrica al di là del confine, alle città keniote di Moyale e Sololo. Questa è la dimostrazione delle intenzioni positive dei due Governi di promuovere il commercio e gli investimenti transnazionali. Inoltre, il Governo etiope garantisce un trattamento speciale e preferenziale agli investitori del Kenya, un segnale di impegno da parte del Governo etiope alla cooperazione commerciale con il proprio partner. La pace e la sicurezza nella regione sono elementi importanti per uno sviluppo sostenibile, dunque l’accordo prevede anche una garanzia reciproca di stabilità nella regione. Negli ultimi decenni l’Etiopia ha agito da forza di pace nella regione e continuerà ad assumere questo ruolo in futuro.Il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn ha dichiarato che è arrivato il momento per i Governi dell’Africa orientale di investire nella costruzione di proprie infrastrutture. Ha osservato che l’Etiopia sta già lavorando al fine di aumentare le proprie abilità nel settore manifatturiero. L’Etiopia potrebbe diventare una base di produzione di rilievo in futuro.Fonte: Fondionline.it

INDIA

Diplomazia del cricket: ai fan pakistani, 3mila visti per le partite in IndiaDagli attentati di Mumbai nel 2008, è la prima volta che appassionati del Pakistan potranno assi-stere a una partita della loro nazionale su suolo indiano. Gli incontri si terranno tra il 25 dicembre e il 6 gennaio. 30 Novembre 2012Per la prima volta dopo cinque anni, i pakistani appassionati di cricket potranno assistere alle partite della loro nazio-nale in India. New Delhi infatti ha annunciato che rilascerà 3mila visti temporanei, per permettere ai fan di vedere gli incontri tra le squadre di India e Pakistan. La mossa segna un’altra tappa nel cammino di riavvicinamento tra i due Paesi, i cui rapporti si erano interrotti in modo brusco con gli attentati di Mumbai nel 2008.I giochi si terranno a Chennai, Delhi, Calcutta, Ahmedabad e Bangalore, tra il 25 dicembre e il 6 gennaio prossimi. Dei 3mila visti messi a disposizione, un terzo andrà agli spettatori della sola partita di Delhi, mentre 500 saranno riservati per ciascuna delle altre tappe.Negli ultimi cinque anni, le due squadre hanno continuato a sfidarsi in altri Paesi, ma mai sui rispettivi campi da gioco. L’ultima partita giocata risale al settembre scorso in Sri Lanka, quando hanno disputato gli ottavi di finale dell’ICC World Twenty 2012.Costati la vita a 166 persone, gli attentati di Mumbai sono considerati un capitolo nero nella storia recente dell’India e nei rapporti con il Pakistan. New Delhi infatti ha sempre accusato Islamabad di avere legami con il Lashkar-e-Taiba (Let), organizzazione terrorista per la liberazione del Kashmir responsabile degli attacchi. Ajmal Kasab, unico atten-tatore sopravvissuto, è stato giustiziato il 21 novembre scorso.Fonte: Asianews.it

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Chiesa anglicana: sosteniamo le proteste anti-nucleari di KudankulamMessaggio ufficiale della Church of South India (Csi). I leader protestanti suggeriscono la chiusura di tutti gli impianti atomici indiani, e di puntare sulle energie rinnovabili, come quella solare. Per l’International Atomic Energy Agency (Iaea) dell’Onu i reattori indiani sono tra “i migliori e i più sicuri” al mondo.

24 Novembre 2012Leader protestanti dell’India meridionale sostengono la protesta contro la centrale nucleare di Kudankulam (Tamil Nadu). In un messaggio ufficiale, delegati della Church of South India (Csi, anglicana) esprimono “piena solidarietà alla lotta delle comunità di Idinthikarai e di Kudankulam, la cui sopravvivenza è incompatibile con il progetto nucleare indo-russo”. Il comunicato è stato presentato durante un seminario organizzato dal Department of Ecumenical Rela-tions and Ecological Concerns della Csi, il 20 novembre scorso.Firmato nel 1988 ma avviato solo nel 1997, il progetto indo-russo di Kudankulam è da tempo al centro di forti pro-teste, che ne hanno causato diversi rinvii. Secondo la popolazione locale, gli scarichi dei reattori uccideranno i pesci e distruggeranno l’ecosistema marino della Baia del Bengala, prima fonte di reddito per i tanti piccoli pescatori della zona.Secondo i leader protestanti, l’India dovrebbe commissionare tutte le centrali del Paese fino al loro completo spegni-mento, e puntare sulle energie rinnovabili. In particolare, essi suggeriscono di puntare sull’energia solare, rendendo obbligatoria l’applicazione di pannelli sui tetti di grandi edifici e fabbriche. Inoltre, villaggi e città dovrebbero ridurre l’inquinamento, e avviare programmi di riciclo per convertire i rifiuti solidi in energia.Proprio in questi giorni, l’International Atomic Energy Agency (Iaea), l’organismo di controllo sul nucleare delle Nazioni Unite, ha stabilito che i reattori indiani sono tra “i migliori e i più sicuri” del mondo. Funzionari dell’Iaea hanno visitato l’impianto del Rajashtan, i cui due reattori “possono fronteggiare un incidente come quello di Fukushima”. Per gli analisti, l’appoggio dell’ente Onu dovrebbe aiutare a placare le voci anti-nucleare, come quella di Kudankulam.Altri giudicano in modo positivo le dichiarazioni dell’Iaea, ma credono che l’India dovrebbe verificare la centrale di Ta-rapur, la più antica, costruita nel 1969 dalla General Electric. Secondo A. Gopalakrishnan, ex presidente dell’Atomic Energy Regulatory Board, “i due reattori di Tarapur non sono affatto sicuri e avrebbero dovuto essere chiusi molto tempo fa. Essi, infatti, sono simili a quelli esplosi uno dopo l’altro a Fukushima.Fonte Asianews.it

Mumbai 2008: giustiziato Ajmal Kasab, unico attentatore sopravvissutoIl terrorista di origine pakistana è stato impiccato questa mattina nella prigione centrale di Yera-wada. Poco dopo è stato seppellito. Per il capo del governo del Maharahstra, la sua esecuzione è un “omaggio alle vittime innocenti”, perché gli attacchi di Mumbai sono stati “un attacco all’intero Paese”. Tra cinque giorni sarà il quarto anniversario delle stragi, costate la vita a 166 persone.

21 Novembre 2012Ajmal Kasab, unico terrorista sopravvissuto agli attentati di Mumbai nel 2008, è stato giustiziato questa mattina. Avvenuta per impiccagione, l’esecuzione si è svolta alle 7:30 (ora locale) nella prigione centrale di Yerawada (Pune, Maharashtra). Il corpo del condannato è stato seppellito poco dopo nei pressi del carcere. Di origini pakistane, Kasab non ha lasciato ultime volontà. R. R. Patil, ministro del Maharashtra, ha dato l’annuncio, specificando che il governo del Pakistan era stato informato dell’imminente azione tramite una lettera. Tuttavia, Islamabad ha rifiutato di ricevere la lettera. La condanna a morte è stata eseguita a cinque giorni dall’anniversario delle stragi, avvenute il 26 novem-bre 2008 e costate la vita a 166 persone.Con l’impiccagione di Ajmal Kasab si chiude così un pesante capitolo della storia recente indiana, e l’intero proce-dimento giudiziario legato agli attentati di Mumbai. Per Patil, l’impiccagione del terrorista pakistano rappresenta “un vero omaggio alle vittime innocenti, inclusi i poliziotti e il personale della sicurezza che hanno perso la vita in quelle ore. Gli attacchi di Mumbai sono stati un attacco all’intero Paese”.Pur essendo considerata un “atto dovuto” al popolo indiano, la rapidità e la segretezza con cui si è svolta la condanna ha destato grande sorpresa. Il presidente Pranab Mukherjee ha negato la grazia l’8 novembre scorso, e ministro

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dell’Unione Sushil Kumar Shinde ha subito firmato l’ordine di esecuzione. Due giorni fa, Kasab è stato trasferito dalla prigione di Arthur Road a Mumbai - dove era stato rinchiuso poco dopo l’attentato - alla prigione di Yerawada. Infine, l’esecuzione e la tumulazione di questa mattina, di cui si è dato l’annuncio solo a cose fatte. “Per noi - ha detto solo il ministro Shinde - era importante mantenere il segreto”.Il 26 novembre 2008, una serie di attentati hanno colpito alcuni dei punti nevralgici di Mumbai: stazioni ferroviarie, aeroporti locali, ospedali, e due fra i più lussuosi alberghi della metropoli, l’Oberoi e il Taj Palace. Gli attacchi fecero 166 vittime e 238 feriti. Secondo l’intelligence indiana, gli attacchi sono stati pianificati dal Lashkar-e-Taiba (Let), organizzazione terrorista per la liberazione del Kashmir legata ai servizi segreti pakistani (Isi). Kasab e gli altri nove attentatori (morti negli attacchi, ndr) erano membri del Let. Dopo l’iniziale rifiuto di ogni accusa, Islamabad ha am-messo che gli attentati erano stati pianificati dal Pakistan.Ajmal Kasab è stato condannato a morte da una corte di Mumbai il 6 maggio 2010. All’epoca, per alcuni analisti il giovane (aveva 21 anni ai tempi dell’attentato, ndr) era una semplice pedina, la cui condanna non avrebbe colpito la rete terrorista. Tuttavia, l’Alta corte di Mumbai (21 febbraio 2011) e la Corte suprema indiana (29 agosto 2012) hanno confermato entrambe la pena di morte.Fonte: Asianews.it

L’addio di un milione di indiani a Bal Thackeray, storico leader indùIl fondatore dello Shiv Sena si è spento il 17 novembre a 86 anni. Carismatico e controverso, con il suo partito rivendicava l’identità del popolo indù originario del Maharashtra (i marathi), contro tutte le altre minoranze etniche e religiose. Legato al Bharatiya Janata Party (Bjp, ultranazionalista) dal 1980, ha sostenuto le violenze di Mumbai tra indù e musulmani e la demolizione della moschea di Babri Masjid ad Ayodhya. Con la Chiesa cattolica, si era scontrato su una legge che proponeva di controllare le scuole materne.

19 Novembre 2012Più di 1 milione di persone ha affollato ieri le strade di Mumbai, per dare l’ultimo saluto a Balasaheb Thackeray, carismatico e controverso fondatore del partito nazionalista Shiv Sena, morto a 86 anni dopo una lunga malattia il 17 novembre scorso. Nella giornata di ieri, per evitare disordini, la polizia ha blindato la capitale del Maharashtra, in particolare la zona intorno alla residenza del defunto, Matoshree, nel ricco quartiere di Bandra East. In serata, secondo la tradizione indù, il figlio Uddhav ha acceso la pira funebre su cui è stato cremato il corpo del padre. Grande protagonista di alcune delle pagine più violente e razziste contro le minoranze della storia dell’India, Thackeray è stato ricordato dal primo ministro Manmohan Singh come “un consumato comunicatore, la cui statura politica in Maharashtra era unica”. Per lui, ha aggiunto il premier, “gli interessi del Maharashtra erano molto importanti, e ha sempre lavorato per inculcare un sentimento di orgoglio nella sua gente”.Nato nel 1926, Bal Thackeray inizia la sua carriera come vignettista politico. Nel 1966 - ad appena sei anni dalla creazione dello Stato del Maharashtra - fonda lo Shiv Sena (“esercito di Shiva”), partito nazionalista che rivendica l’orgoglio marathi e salvaguarda gli interessi degli abitanti del Maharashtra. Thackeray raccoglie consensi facendo leva su questioni sociali come la disoccupazione giovanile e la discriminazione sul posto di lavoro. Con tali premesse, nel 1980 è quasi naturale vedere lo Shiv Sena legarsi al Bharatiya Janata Party (Bjp), partito ultranazionalista indù, e abbracciare l’ideologia hindutva. Dal 1995 al 1999, il partito è alla guida del Maharashtra: anche se lo chief minister è Manohar Joshi, la mano di Bal Theckaray è dietro ogni azione promossa in quegli anni dallo Shiv Sena.“Il peso di Bal Theckaray - nota ad AsiaNews Ram Puniyani, intellettuale e attivista - è legato a due fattori. Da una parte, vi erano i suoi sostenitori, che si identificavano nella sua politica di ‘figlio della terra’, diretta contro gli abitanti di altri Stati; dall’altra, vi erano quelli spaventati dalla violenza dei suoi seguaci”. Nel 2002 e nel 2008, Thackeray ha incitato i suoi sostenitori a formare delle squadre suicide indù, per scagliarsi ed eliminare i musulmani.Per fomentare le azioni violente, spiega Puniyani, “egli ha incentrato la sua politica solo su questioni di identità. L’altra faccia della medaglia era il sostegno all’ideologia hindutva: ancora una volta basata sull’identità, quella indù, e rivolta

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contro le minoranze”. Secondo l’attivista, “il suo coinvolgimento nella demolizione della Babri Masjid, la moschea di Ayodhya, compiuta dai nazionalisti indù (1992) e nei disordini tra indù e musulmani a Mumbai (1992-1993) lo mostrano in modo evidente”.In oltre 40 anni di presenza sulla scena politica indiana, la strada di Bal Theckaray ha incrociato anche quella della Chiesa cattolica. Nel 1996, il Maharashtra Pre-School Centres (Regulation of Admission) Act - legge che propone di riservare il 50% dei posti nelle scuole materne ai bambini che vivono vicini alla scuola, non più scelti dal consiglio scolastico - scatena la reazione della Chiesa.La mossa è considerata un modo per controllare i prestigiosi istituti cristiani. L’allora arcivescovo di Mumbai, il card. Ivan Dias, si fa promotore di una campagna per fermare l’attuazione della legge, riferendosi all’art. 30 della Costituzione, che dà alle minoranze il diritto di fondare e amministrare le proprie scuole. Nella diocesi, la Chiesa gestiva circa 136 istituti.Secondo fonti locali, Thackeray aveva chiesto un incontro privato nella sua casa con il porporato. Tuttavia, il card. Dias declinerà l’invito, spiegando che Thackeray sarebbe stato sempre il benvenuto all’arcivescovado di Mumbai. Poco dopo, la proposta di legge verrà richiusa in un cassetto e mai approvata.Fonte: Asianews.it

Onu: l’infanzia negata delle spose bambineAllarme Onu, in 70 milioni all’altare prima dei 18 anni

20 Novembre 2012“Abbiamo eliminato cose brutali come l’apartheid, possiamo porre fine anche ai matrimoni precoci”: in queste parole dell’arcivescovo Desmond Tutu, premio Nobel per la pace nel 1984 e figura chiave della lotta contro la segregazione razziale in Sudafrica, è racchiuso l’impegno dell’Onu contro le nozze che hanno per protagoniste spose bambine. Nel mondo, quasi settanta milioni di giovani donne nella fascia di età compresa tra i 20 e i 24 anni - una su tre - si sono sposate prima di compiere 18 anni. Un terzo di loro - circa il 12 per cento - ne aveva addirittura meno di 15. Alcune avevano solo cinque anni. E se si considera una forbice che va dai 20 ai 49 anni, si arriva a quota 400 milioni. La fotografia di una pratica che rimane una minaccia reale al rispetto dei diritti umani arriva dal rapporto Onu sulle spose bambine, presentato oggi al Palazzo di Vetro dall’arcivescovo Tutu insieme al direttore esecutivo di Unfpa Babatunde Osotimehin, in occasione della prima ‘Giornata Internazionale delle Bambine’. Porre fine a queste unioni è una delle battaglie per cui le Nazioni Unite, attraverso le sue agenzie Unicef, Un Women e Unfpa, si stanno battendo da tempo.“Il matrimonio precoce nega ad una ragazza la sua infanzia e la sua adolescenza, sconvolge la sua istruzione, au-menta il rischio che sia vittima di violenze ed abusi”, si legge nel dossier. Tali unioni poi significano spesso gravidanze altrettanto precoci. E la morte per complicazioni legate al parto è la maggiore causa di morte delle ragazze dai 15 ai 19 anni. “E’ una chiara violazione dei diritti umani”, avverte il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, ricordando che anche Malala Yousafzai, la giovanissima attivista pakistana ferita dai talebani, ha lottato affinché nel suo Paese si ponga fine a questa usanza. Quasi la metà delle giovani maritate prima dei 18 anni vivono in 5 Paesi nell’Asia del Sud: Bangladesh (66%), India (47%), Nepal (41%), Afghanistan (39%), e Pakistan (24%). Se il trend proseguirà al ritmo attuale, entro la fine di questo decennio nel mondo 142 milioni di ragazze tra i 20 e i 24 anni si saranno sposate prima dei 18 anni. “Dobbiamo lavorare insieme e porre fine ai matrimoni precoci perché le giovani abbiano il diritto di scegliere”, ha detto il direttore di Unfpa. “Immaginate il loro potenziale se potessero essere persone, e non solo mogli”, spiega ancora l’arcivescovo Tutu. “Quando avevo 16 anni, la mia famiglia decise che dovevo sposare un uomo molto più vecchio di me. Io non ero d’accordo, volevo continuare ad andare a scuola”, è la testimonianza della giovane attivista nigeriana Gaicha Salmatou Agali. “Ho chiesto a mio fratello maggiore, il più istruito, di aiutarmi - aggiunge -. Alla fine siamo riusciti a convincerli”. Purtroppo non è accaduto lo stesso a sua cugina, costretta ad andare all’altare a 16 anni. Gaicha tuttavia crede nel futuro: per lei porre fine ai matrimoni precoci, e consentire alle giovani donne di avere una chance, è possibile.Fonte: Ansa.it

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BENIN

Benin-Nigeria: il viaggio dei nuovi schiaviLe famiglie In difficoltà del Benin mandano i loro figli a lavorare in condizioni brutali nella vicina Nigeria

3 Dicembre 2012Gli abusi che Timothy Goudjana ha subito da adolescente come operaio in Nigeria ancora lo tormentano. Ma decenni dopo, ha affidato due dei suoi figli, in età molto più giovane, ad un simile destino.La tratta di esseri umani è il crimine organizzato più in rapida crescita al mondo. Ogni anno, 4 milioni di bambini africani – l’equivalente dell’intera popolazione della Liberia - sono venduti per lavorare prima del loro 15° comple-anno.La maggior parte provengono da villaggi come Zakpota, nel centro del Benin, dove centinaia di genitori – messi al muro dalla miseria - mandano i propri figli nella vicina Nigeria. Il bambino lavorando, si spera, porterà denaro in casa, e sarà una bocca in meno da sfamare.“E’ un ultimo ricorso, una strategia di sopravvivenza - i genitori lo vedono come un modo per i bambini di contribuire alla famiglia”, dice Jean Lokenga, lo specialista Unicef per la protezione dei bambini in Benin. Con quasi la metà della popolazione del paese che è precipitata al di sotto della soglia di povertà negli ultimi dieci anni, i genitori che a 20 anni andavano Africa occidentale per lavorare ora stanno mandando i loro figli molto più piccoli di quell’età.A Zakpota, le fiamme del disagio sono alimentate da una storia brutale. “Fin dai tempi antichi il traffico di esseri umani qui è stato ben organizzato “, Lokenga spiega, riferendosi al grande regno pre-coloniale del Dahomey, che si arricchì grazie al traffico di schiavi per gli acquirenti europei.Oggigiorno, un membro di fiducia della comunità, conosciuto come un “patron”, una sorta di protettore, in genere inserisce un bambino all’estero, in Nigeria o in Gabon, per due anni, dopo la consegna di circa 200 dollari in contanti. Tornati a casa, i loro scarsi salari servono a comprare sacchi di riso e fertilizzanti, e a pagare i debiti. Risparmiato con cura, il ricavato viene utilizzato per comprare beni di lusso, come una bicicletta o un tetto di lamiera. Alcuni bambini guadagnano abbastanza da ritornare come patroni stessi.Goudjana ha sepolto i ricordi di tre anni in una cava nigeriana, spaccando pietre con un martello, mangiando polenta una volta al giorno. “Poi un anno non ci fu niente da mangiare, non c’era modo di sopravvivere”, dice, seduto all’om-bra della sua capanna di fango.I due figli adolescenti avevano un reddito, seppur magro, come meccanici di moto, ma Goudjana li ha portati ad uno zio che aveva contatti con i trafficanti nigeriani. “Il ragazzo maggiore arrivava all’altezza della vita, il più piccolo aveva forse otto anni”, dice Goudjana. Dopo un momento di pausa, continua: “Mi hanno offerto una radio prima di prenderli, ma io ho detto di no. Se ti fanno regali possono fare qualsiasi cosa al tuo bambino e dopo devi solo tacere.” I figli di Goudjana hanno lavorato come aiutanti domestici fino a quando il datore di lavoro nigeriano ha chiesto ragazzi più giovani per poter pagare loro un salario più basso.Come Segun Assis, 13 anni, i ragazzi si sono messi scavare sabbia per vendere il cemento. Per tre ore al giorno, Assis si applica dei pesi alle caviglie, si immerge nelle acque inquinate di petrolio della laguna di Lagos, con fatica ritorna in superficie con la sabbia, secchio dopo secchio. Lui e altri 60 ragazzi nigeriani e del Benin guadagnano 1 dollaro per ogni canoa da 15 posti che caricano con la sabbia. Seduto accanto a Miller, il suo patrono vestito elegan-temente, Segun dice che si considera fortunato di poter lavorare.“Ma io non auguro questa vita a nessuno. L’acqua sporca ti entra nel cervello e non ti fa dormire la notte”, dice, mo-strando delle ferite aperte sulle sue caviglie, dove l’acqua salata ha irritato le piaghe procurate dai pesi. Comunque, tornare in Benin non è mai stata un’opzione. “Se dovessi tornare, non potrei che essere un ladro.” E La punizione locale per i ladri è venire bruciati vivi, dice.Il governo del Benin ha compiuto alcuni sforzi per arginare il flusso di 50.000 bambini vittime di tratta ogni anno,

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rendendolo, nel 2006, un reato punibile con 20 anni di carcere. All’inizio di quest’anno, la polizia ha fermato due navi dirette in Nigeria con a bordo 85 bambini.Ma i trafficanti a volte vengono rilasciati nonostante le prove che li incriminano, ammette un funzionario del Mini-stero della Famiglia del Benin. “C’è stato un caso in cui gli anziani del villaggio hanno organizzato delle cerimonie di benvenuto per celebrare il loro rilascio. Quando ne abbiamo sentito parlare ci siamo chiesti se stessimo sognando”, dice il funzionario.Incoraggiare le famiglie più piccole ha portato a piccoli progressi. Ancora più importante, dicono gli attivisti, è stato rompere l’accettazione sociale di questa pratica, una tendenza che si riflette in tutta l’Africa occidentale. “Nel com-plesso la popolazione è consapevole del fatto che i bambini non devono essere utilizzati per il lavoro a tempo pieno, ma sono convinti, anche, che i bambini che lavorano facciano parte di una formazione sociale importante: imparano a lavorare con gli altri, a cavarsela da soli, a contribuire” dice Odette Asaba, il direttrice del Centro di Promozione sociale, finanziato dal governo, di Zakpota, che lo scorso anno ha salvato circa due dozzine di bambini vittime di tratta. “Molte famiglie si sentono tradite quando scoprono che i loro figli vengono maltrattati.”Come Paul Tougma, 12 anni, del Burkina Faso ha imparato, dopo essere stato attirato a lavorare per le aziende agricole di cacao della Costa d’Avorio con la promessa di 200 dollari e una moto. “Volevo aiutare la mia famiglia, ma alla fine, il patrono ha riso quando ho chiesto la mia moto. Lui mi ha dato 20.000 franchi CFA (40 dollari) per due anni di lavoro. Ho pianto per mesi”, dice Tougma.L’atteggiamento sembra lentamente cambiare. Seduto su una stuoia di rafia a Zakpota, Sylvain Viga mostra le cica-trici delle frustrate sulla schiena risalenti a quando lavorava nelle cave della Nigeria. ”Io non manderò mai via miei figli. Mangeremo sabbia se dobbiamo”, dice.Fonte: piattaformainfanzia.org

BURKINA FASO

Fotovoltaico: UE finanzia centrale da record

20 Novembre 2012Trentadue milioni di dollari. A tanto ammonta il contributo che l’Unione Europea ha deciso di stanziare per la realizza-zione di un impianto fotovoltaico da 22 MW di potenza a Zagtouli, in Burkina Faso. Lo ha annunciato il Commissario UE allo Sviluppo Andris Piebalgs in occasione della Conferenza dei ministri dell’Energia africani e della All Africa Energy Week.La nuova centrale a energia solare, la più grande del continente africano, sorgerà alla periferia della capitale Ou-agadougou è sarà costituita da 96.000 pannelli solari. L’impianto dovrebbe fornire 32 GWh di elettricità all’anno, pari al 6% della produzione totale di corrente elettrica del Burkina Faso. Numeri che permetteranno di soddisfare il fabbisogno di energia di circa 400.000 persone. Nel dare l’annuncio, il Commissario Piebalgs ha dichiarato: L’energia è fondamentale per lo sviluppo. Niente energia significa niente crescita economica sostenibile, niente agricoltura sostenibile, niente assistenza sanitaria di qualità, niente educazione decente. In breve, nessuna energia significa nessuno sviluppo. E questo è particolarmente vero per l’Africa, in cui l’apprendimento a distanza e la tec-nologia sono in grado di fornire un motore per lo sviluppo, che però dipende totalmente da un approvvigionamento di energia elettrica affidabile e conveniente. Al momento, solo il 15% della popolazione del Burkina Faso ha accesso all’elettricità e il Paese dipende ancora fortemente dalle importazioni di energia. Oltre al contributo dell’Unione Europea, la costruzione della nuova centrale fotovoltaica si avvarrà del sostegno della Banca europea per gli investimenti (BEI) e dell’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD) attraverso la concessione di prestiti per un totale di circa 48 milioni di dollari.Fonte: greenstyle.it

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LETTURE CONSIGLIATE

Katherine Boo, Belle per sempre, Ed. Piemme, 2012

Abdul è un ragazzino dall’età indecifrabile. Vive e lavora ad Annawadi, baracco-poli a ridosso dell’aeroporto di Mumbai. Fa parte di una comunità formatisi in seguito all’immigrazione da tutte le parti dell’India, soprattutto dalle campagne. La sua baracca appartiene quindi al maidan, nel quale la povertà e il degrado sono le caratteristiche salienti, e nel quale migliaia di anime sono dislocate in circa 3000 baracche esposte ai monsoni, all’insalubrità dell’aria e a torme di parassiti e roditori. D’altra parte, la vicinanza con l’aeroporto offre un’insperata risorsa ad Abdul, alla sua famiglia e a tutta la comunità: una quantità enorme di immondezza lasciata dai ricchi degli alberghi di lusso e che transitano dall’ae-roporto. Fra gli abitanti di Annawadi che maggiormente traggono profitto dalla rivendita dei rifiuti, c’è anche Abdul che si può definire un “selezionatore”, posi-zione leggermente superiore, nella scala sociale, a quella dei coetanei “ricerca-tori”. Zehrunisa Husain, madre di Abdul, è una donna musulmana che assomma in sé dolcezza e saggezza ma anche spirito di rivalsa, denotando un’anima molto sfaccettata e una grande umanità. Asha invece, quarantenne indiana, svolge un

ruolo assai importante ad Annawadi, essendo perfettamente integrata nella comunità come maestra elementare, consigliera del capo della circoscrizione e punto di riferimento per tutte le donne del villaggio. Non facendosi scrupoli nell’utilizzare a suo piacimento corruzione e amicizie altolocate ma anche le sue innegabili capacità persuasive, si aggira a proprio agio per i vicoli fangosi dello slum. Ecco solo alcuni dei realistici personaggi del romanzo-reportage di Katherine Boo, la giornalista Premio Pulitzer nel 2000, del Washington Post e del New Yorker, che ha vissuto per quattro anni nella baraccopoli che è anche l’ambientazione del romanzo, svolgendo un attento lavoro di ricerca e condividendo con i suoi abitanti tutte le vicende, sia nel quotidiano sia negli eventi particolari. E’ stata quindi una full-immersion attraverso la quale la reporter ha potuto inserire le storie di ciascuno dei personaggi nel contesto storico politico e sociale dell’India in ascesa, studiato quindi dall’interno e non dall’esterno. La Postfazione del romanzo è quindi particolarmente interessante per conoscere come il romanzo sia nato ma anche come l’autrice sia riuscita a entrare nelle vite dei personaggi senza in alcun modo sconvolgerle o alterarne il corso. La comprensibile diffidenza iniziale manifestata dalla popolazione in studio si è poi trasformata in una collaborazione senza riserve, soprattutto da parte dei bambini dello slum, i veri protagonisti della storia. Quei bambini che spesso denutriti, sfiniti dal lavoro e privi di istruzione, sono per lo più abbandonati a se stessi o affidati ad adulti che li sfruttano. Il risultato di tutto questo lavoro è molto interessante sia dal punto letterario sia punto di vista del reportage: le vicende dei personaggi si dipanano senza pietismi né commiserazione da parte dell’autrice, ma con rigore stilistico, storico e sociologico e, a tratti, una certa salvifica ironia.

ELISABETTA MACCIONI

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Paolo Rumiz, Trans Europa Express, Ed. Feltrinelli, 2012

Paolo Rumiz, giornalista di “la Repubblica” e “Il Piccolo” di Trieste, nel 2007 compie 60 anni e contemporaneamente cadono le frontiere di Schengen at-torno a Trieste. Dopo i festeggiamenti del caso, l’autore decide di intraprendere un viaggio per ricercare altre frontiere da superare, vere o virtuali, esteriori ma anche interiori, lungo un itinerario che diventa un viaggio dell’anima. Già nel pianificare l’itinerario decide di non risparmiarsi, in altre parole di partire dal Nord dell’Europa sino a Odessa, sul Mar Nero e lo fa d’inverno, quando i rigori del freddo rendono gli spostamenti difficili e i sentieri più impervi. I mezzi di spostamento sono per lo più mezzi pubblici, treni e battelli, qualche volta l’auto. Usa anche muoversi a piedi, nonostante l’uso del bastone a causa di una pre-cedente frattura al piede che lo rende claudicante. Per essere più leggero, porta con sé solo uno zaino di 6 chili contenente pochi abiti e cancelleria oltre a delle mappe “autoprodotte” sulle quali, prima della partenza, ha segnato una serie di informazioni, preziose sia all’inizio che alla fine del viaggio. Sua compagna di vita e di viaggio è Monika, abile interprete e fotografa, che lo raggiunge in una delle prime tappe. Il viaggio inizia quindi a Rovaniemi in Finlandia e procede in modo irregolare verso sud. Nessuna delle tappe scelte è scontata e ognuna di esse è importante per qualche avvenimento storico o scientifico che vi si è svol-

to, fuori dagli itinerari turistici più battuti. Le descrizioni che l’autore ci regala denotano una grande partecipazione emotiva unita all’obbiettività del giornalista: ogni persona incontrata è degna di nota, come il pescatore di granchi di Murmansk o il rabbino Pfeffer di Vilnius. Ogni trasformazione della lingua, dei costumi e dei luoghi man mano che l’itinerario si svolge, è rilevata dall’autore come in un vero taccuino di viaggio di un geografo d’altri tempi. Egli però non è un osservatore indifferente, soprattutto quando incontra i segni dell’invasività dell’Europa e dell’Occidente che contribuisce a corrompere i luoghi, a omologarli secondo canoni estetici e culturali spesso discutibili. Si distingue sicuramente l’affinità dell’autore per quei paesi che, martoriati da guerre e da regimi totalitari, possono considerarsi il centro dell’Europa, la vera Mittel Europa e non la periferia della civiltà. E’ forse l’”anima slava” che si manifesta e gli permette di sentirsi a casa anche in una vecchia fortezza o in una foresta di betulle o in un’osteria dove si serve la zuppa con la vodka. Leggere questo libro è sicuramente un’esperienza unica: insegna al lettore che vedendo il mondo “dal basso” e con lentezza, si incontrano persone eccezionali, si gustano i sapori e gli odori della natura ma ci si imbatte anche nei resti delle guerre e nelle contraddizioni del vecchio con il nuovo. Vale la pena di affidarsi a Paolo Rumiz ed al suo stile pieno e interessante per attraversare Norvegia, Finlandia, Russia, Bielorussia, Estonia, Lituania ed altre terre delle quali raramente si sente parlare, osservandole tramite l’occhio dello scrittore che, grazie alla sua profonda sensibilità e empatia, diventa anche quello del lettore.

ELISABETTA MACCIONI

Page 33: Il Sole news n. 35 - dicembre 2012