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IL TARTUFO FRIULANO Tuber Mesentericum

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Il tartufo frIulanoTuber Mesentericum

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Barnia ErminioPresidentedi Pinzano al Tagliamento (PN)

Bragato Dott. gilbertoricercatore - pedologo

Vice-Presidentedi Trieste

Baratto EmanueleSegretariodi Montereale Valcellina (PN)

DE collE PierluigiConsiglieredi Campoformido (UD)

cUSSigH PietroConsiglieredi Tarcento (UD)

tUrco renzoConsiglieredi Udine

rUDES andreamicologo

Consiglieredi Trieste

Iniziativa realizzatacon il sostegno dellaProvincia di Pordenone

In collaborazione conIstituto d’IstruzioneSuperiore di Spilimbergo

Fonte datiassociazione tartufai fVGBragato Dott. Gilbertoraggi VivaiChiandotto Prof. Dorino

Fotoarchivio associazione tartufai fVG

FotoCiriani Serena

Grafica, impaginazione e stampa:litostil s.a.s.Via G.a. Pilacorte - Z.I.33034 fagagna (uD)

associazione tartufaidel friuli-Venezia Giulia

A cura del Consiglio Direttivo:

Provincia diPORDENONE

AssociazioneTARTUFAI FVG

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Premessa: Associazione Tartufai del Friuli-Venezia Giulia 3

Undici anni fa, e precisamente il giorno 16 agosto 1999, veniva pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 33, la Legge Regionale n. 23 «Disciplina di raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi». La Regione ha promulgato queste norme nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla Legge 16 dicembre 1985, n. 752 (GU n. 300 del 12/12/1985), assumendo come obiettivi la promozione, lo sviluppo e la valorizzazione del settore tartuficolo nell’ambito della necessaria tutela e conservazione ambientale dei territori regionali.E proprio per assolvere a questo compito un gruppo di appassionati, che da tempo si interessava di tale argomento, recepiva tale sfida ed affrontava una prima esperienza associativa nel settore, in Friuli.Nel 2002 veniva costituita l’Associazione Tartufai del Friuli-Venezia Giulia con sede a Spilimbergo in via Cavour, 5/e.L’Associazione non persegue scopi di lucro ed è un centro permanente di vita associativa che ha come fine fondamentale la conservazione e lo sviluppo della cultura del tartufo tipico delle nostre terre, con l’intento di garantire un riferimento di aggregazione per gli appassionati del tartufo, che consenta la tutela e l’incremento delle tartufaie, in una logica di protezione della natura e salvaguardia dell’ambiente.Tra le finalità che l’Associazione persegue ci sono:

Collaborazione con enti e ricercatori impegnati nello studio e nella coltivazione del tartufo, con verifica e controllo delle piantine micorrizate.

Studio della legislazione in materia di tartufo al fine della sua corretta applicazione, nonché la collaborazione propositiva alla stesura di nuovi testi normativi volti a introdurre modifiche migliorative alle leggi vigenti.

Organizzare manifestazioni, incontri, dibattiti, convegni, spettacoli, feste, sagre, mostre, fiere, mercati ed escursioni, al fine di valorizzare zone o paesi vocati alla raccolta e alla coltivazione del tartufo, con particolare attenzione al recupero di aree abbandonate o depresse.

Attivare rapporti e sottoscrivere convenzioni con enti pubblici e privati, nazionali ed esteri, anche per la gestione diretta di riserve, spazi e strutture. Vi hanno aderito fino ad oggi circa 150 soci, che spaziano dai semplici appassionati ricercatori ai coltivatori, ristoratori, commercianti, micologi, associazioni micologiche e amanti degli ambienti naturali della nostra regione.Nel corso degli anni, e conformemente agli indirizzi degli scopi sociali, l’Associazione ha contribuito alla modifica della Legge Regionale, cui rimandiamo, L.R. n. 17 del 25.08.2006, che ha dato un’importanza notevole all’Associazione Tartufai del Friuli-Venezia Giulia, peraltro unica associazione riconosciuta dalla Regione - decreto n. 2932 Servizio Produzioni Agricole del 19 ottobre 2007, con il quale se ne riconosce il ruolo istituzionale a curare la materia dei tartufi.

Premessa

aSSoCIaZIonE tartufaIDEl frIulI-VEnEZIa GIulIa

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L’Associazione per tramite degli appassionati iscritti ha monitorato, negli anni, il territorio regionale al fine di fornire una esatta conoscenza della realtà tartuficola Friulana, per migliorare la legislazione e la conoscenza scientifica.Oggi collaboriamo con l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale ERSA, al fine di dare una degna attuazione alla Legge Regionale in vigore, e per soddisfare l’interesse degli appassionati, semplici ricercatori, o coltivatori del prezioso Tuber.Già in passato, l’ERSA aveva eseguito uno studio sullo stato dei tartufi nel territorio regionale – pubblicato sul Notiziario ERSA n. 5, n. 6 del 2001 e n. 6 del 2003 – in cui si individuavano le aree tartuficole nel Friuli-Venezia Giulia e si descrivevano i vari tipi di tartufo rinvenuti.Delle 9 specie di tartufi di cui è consentita e regolamentata la raccolta dalla Legge Regionale, nella nostra Regione in natura ne sono state ritrovate 7, e precisamente: Tuber magnatum Pico (bianco pregiato) in scarsissime quantità; Tuber brumale Vitt. var. moschatum in alcuni ritrovamenti; Tuber aestivum Vitt. In discrete quantità; Tuber aestivum Vitt. Varietà uncinatum in alcuni ritrovamenti; Tuber brumale Vitt. in scarse quantità; Tuber borchii Vitt. (bianchetto) in discrete quantità e di ottima qualità; Tuber mesentericum Vitt. In quantità abbondante sparso per tutta la pedemontana e vallate montane del Pordenonese e Udinese.Proprio per valorizzare questo tartufo, il mesentericum, e per farne conoscere ed apprezzare il valore in cucina, in ottica di promozione gastronomica e turistica delle zone più belle della pedemontana friulana, in collaborazione con l’Istituto d’Istruzione Superiore di Spilimbergo e grazie al sostegno della Provincia di Pordenone abbiamo pensato di elaborare questa pubblicazione per divulgare al pubblico le nostre preziose esperienze.

Premessa: Associazione Tartufai del Friuli-Venezia Giulia

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La carta d’identità dei tartufi 5

la Carta D’IDEntItàDEI tartufI

Dove si trovanoLa presenza dei Tartufi è legata a quella di specie arboree ed arbustive comuni in Friuli-Venezia Giulia, quali il Nocciolo, il Carpino, le Querce, i Pioppi, i Salici, i Tigli, i Pini.Ogni Tartufo ha un ambiente di crescita specifico sia per quanto riguarda i terreni, le condizioni climatiche, sia per quanto riguarda le piante simbionti.In Friuli si possono trovare le seguenti specie commestibili di Tartufo:• Tuber Magnatum Pico (Bianco pregiato);• Tuber Borchi Vitt. (Bianchetto-marzuolo)• Tuber Aestivum Vitt. (Scorzone);• Tuber Uncinatum Ch. (Scorzone Autunnale);• Tuber Brumale Vitt.;• Tuber Mesentericum Vitt. o nero ordinario, il più presente ed abbondante

nella nostra regione. Ad oggi il Tuber Melanosporum ( nero pregiato) è stato ritrovato solo in Tartufaie coltivate, (non si hanno notizie di ritrovamenti in natura).I tartufi devono essere raccolti con l’ausilio del cane appositamente addestrato.

Cosa sono i TartufiI tartufi sono Funghi che si sviluppano sotto terra, cosiddetti “Simbionti”, cioè che vivono in Simbiosi con l’apparato radicale di alcune specie di alberi, scambiandosi reciprocamente alcune sostanze nutritive indispensabili per la loro vita.In Italia sono presenti circa 25 specie di Tartufo, ma solo 9 sono considerate commestibili e possono essere commercializzate.

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6 La carta d’identità dei tartufi

Come si riconosconoSi presentano come dei “tuberi” di forma generalmente globosa, detti anche Carpofori. La scorza esterna o “peridio” può essere liscio o rugoso a seconda della specie. La polpa interna o “gleba” risulta sempre marmorizzata, con venature più o meno fitte. Quando sono maturi emanano un profumo caratteristico ed unico per ogni specie.

Quando si trovanoOgni specie di Tartufo si sviluppa e matura in un determinato periodo dell’anno.• in autunno il tartufo bianco, l’uncinatum, il mesentericum;• in inverno e inizio della primavera il nero pregiato, il brumale e il bianchetto;• in estate ed inizio autunno lo scorzone.

Conservazione ed uso in cucinaI tartufi possono essere conservati freschi, congelati o trasformati in salse, patè, formaggio.Per quanto riguarda i tartufi freschi possono essere conservati per circa una o due settimane in frigorifero, in contenitori ermetici ed avvolti in carta assorbente, da sostituire almeno una volta ogni due giorni. In caso di congelamento (sconsigliato per il Bianco pregiato in quanto perderebbe almeno la metà del profumo, ma valida alternativa per tutte le altre specie), i tartufi possono essere conservati per vari mesi sia interi o affettati in contenitori con l’aggiunta di burro fuso.Per quanto riguarda l’uso in cucina, i tartufi rappresentano uno dei migliori condimenti esistenti.È consigliabile utilizzarli freschi in quanto esprimono al meglio tutti gli aromi e profumi caratteristici.

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La diffusione del Tuber Mesentericum in Friuli-Venezia Giulia 7

la DIffuSIonE DEltuBEr mESEntErICum

In frIulI-VEnEZIa GIulIaa cura di Bragato Dott. Gilberto

ricercatore-pedologo

Il Friuli-Venezia Giulia è stata tra le ultime regioni italiane a prendere coscienza di una propria vocazionalità tartuficola. La specie commerciabile predominante in regione è il tartufo mesenterico (Tuber mesentericum) che, pur se meno valutato, fornisce buone produzioni, interessanti non solo per il consumo fresco, circoscritto al periodo di raccolta compreso tra settembre e dicembre, ma anche per il prodotto trasformato, che potrebbe essere disponibile almeno fino all’inizio dell’estate.

Le vallate e la pedemontana Pordenonese sono particolarmente vocate a questo tartufo.

Da qui l’esigenza di uno studio e valorizzazione non solo per il tartufo stesso, ma anche in ottica di valorizzazione del territorio e di un turismo gastronomico.

I funghi micorrizici ipogeiIl regno dei funghi è caratterizzato da una grandissimo numero di specie note e da un’estrema complessità di forme, strutture e cicli biologici. Adottando la corretta terminologia tassonomica, l’interesse della nostra Associazione è però circoscritto alla divisione Eumycota e specificamente ai funghi eduli della sottodivisone Ascomycotina che formano corpi fruttiferi sotterranei e che per questa caratteristica vengono identificati con il termine generico di funghi tartufigeni. Scorrendo la tassonomia, siamo quindi interessati all’ordine delle Tuberales, alla famiglia Eutuberacee e al genere Tuber.Caratteristica biologica fondamentale delle specie tartufigene è quella di stabilire simbiosi, cioé relazioni di mutuo scambio, con piante superiori rappresentate soprattutto da specie arboree forestali. Gli scambi – di composti organici, elementi nutritivi e acqua – avvengono nel suolo attraverso una particolare connessione anatomica tra fungo e apici radicali della pianta arborea denominata micorriza, che al microscopio ottico si presenta come un manicotto apicale di aspetto feltroso. Più in dettaglio, le micorrize che si formano dall’incontro tra specie tartufigene e piante superiori sono denominate ectomicorrize perché il micelio del fungo non penetra all’interno delle cellule dell’apparato radicale, ma esclusivamente negli spazi vuoti dei tessuti radicali, dove hanno fisicamente luogo gli scambi tra i due organismi. Nel corso del suo ciclo biologico il fungo micorrizico utilizza le sostanze messe a disposizione dall’albero simbionte per vivere e arrivare alla fruttificazione, producendo corpi fruttiferi che possono svilupparsi sopra o, nel nostro caso, sotto la superficie del suolo.Il tartufo mesentericoIl tartufo mesenterico è stato descritto per la prima volta dal Vittadini nel

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8 La diffusione del Tuber Mesentericum in Friuli-Venezia Giulia

1831, che gli ha conferito l’aggettivo mesentericum per ricordare che le tipiche ripiegature delle vene dell’ascocarpo rassomigliano alle circonvoluzioni dell’intestino nel sacco peritoneale (mesentere). Nomi volgari, oltre a quello di tartufo mesenterico, sono quelli di tartufo nero ordinario e di tartufo di Bagnoli (dalla località campana di Bagnoli Irpino).La sua identificazione si basa, ancor oggi e nonostante le sofisticate tecniche di biologia molecolare esistenti, sulla morfologia dei corpi fruttiferi, che gioca un ruolo decisivo nella distinzione tra le diverse specie di Tuber. I corpi fruttiferi del tartufo mesenterico hanno una forma rotondeggiante quasi sempre caratterizzzata da una sezione reniforme, con depressione basale più o meno (come nella foto sottostante) accentuata.Entrando nel dettaglio, altri aspetti macroscopici e microscopici impiegati nel riconoscimento di questo fungo sono:

• la forma e le caratteristiche del peridio (il tessuto esterno del corpo fruttifero) che deve avere un colore molto scuro o nero con piccole verruche piramidali a spigoli vivi come quelle visibili nella figura.

• le dimensioni vanno dalla nocciola ad un mandarino; in Friuli non è raro trovare esemplari che raggiungono le dimensioni di un grosso arancio e pesi, alle vol-te, anche superiori ai 300 gr.

• l’aspetto della gleba (la polpa del corpo fruttifero) i l cui colore vira dal bianco al grigio-bruno ed è solcata da venature bianche il cui andamento tortuoso caratterizza il tartufo mesenterico ed è ben visibile nella foto seguente.

•le caratteristiche degli aschi e delle ascospore, le strutture riprodutti-ve sessuali degli Ascomiceti. Gli aschi sono le cellule madri delle ascospore, che vengono libera-te a maturità del corpo fruttifero. Aschi e ascospore sono visibili al microscopio ottico. Nella figura seguente si vede un asco di tartufo mesenterico contenen-te tre ascospore. Gli aschi del tartufo mesenterico contengono da 1 a 6 ascospore ellittiche caratteriz-zate, come in figura a pagina successiva, da una densa reticolatura.

Un’ultimo aspetto utilizzato nella classificazione dei funghi, e delle specie tartu-figene in particolare, è quello organolettico. Nel caso del tartufo mesenterico, l’odore caratteristico è quello di tintura di iodio o di bitume che si sente nel fun-go appena raccolto e che tende a svanire dopo qualche ora e con la cottura. L’odore del corpo fruttifero gioca un ruolo importante anche nelle operazioni di ricerca e raccolta dei corpi fruttiferi, che possono essere fatte solo con l’ausilio di cani opportunamente addestrati per il suo riconoscimento.

Le caratteristiche macroscopiche del corpo fruttifero delle specie tartufi-

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gene non hanno solo valore scientifico, ma anche una notevole importanza per la commercializzazione dei tartufi. Su di esse si basa la differenziazione dei vari tartufi commercia-bili, la valutazione della qualità del prodotto e il prezzo che esso può raggiungere. Nel caso del tartufo mesenterico, le caratteristiche morfolo-giche sono indispensbili per distinguerlo dal tartufo estivo o tartufo scorzone (Tuber aestivum), specie geneticamente affine al Tuber mesentericum. I caratteri differenziali sono rappresentati dall’aspetto reniforme del tar-tufo mesenterico, dagli spigoli vivi delle verruche del peridio, dall’andamento circonvoluto delle vene della gleba e dall’odore di iodoformio.

Diffusione e biologia del tartufo mesentericoIl nostro fungo ipogeo è presente in buona parte dell’Europa centro-occidentale, nelle aree pedemontane e montane che vanno dai Pirenei ai Carpazi e che sono caratterizzate dalla presenza di formazioni rocciose calcaree o comunque ricche in carbonato di calcio. In Italia, si ritrova in parte dell’arco alpino, lungo la dorsale appenninica e in Sardegna: come con altre specie di Tuber, per motivi climatici le aree produttive italiane tendono a salire in altitudine secondo la direttrice nord-sud. Nel caso del tartufo mesenterico si passa dalle quote inferiori ai 200 m di altitudine dell’alta pianura friulana agli oltre 1500 m degli Appennini meridionali.I simbionti di questa specie tartufigena sono rappresentati da varie essenze arboree forestali che sono comuni anche ad altre specie del genere Tuber, le più comuni tra queste sono il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il cerro (Quercus cerris), il nocciolo (Corylus avellana) e la roverella (Quercus pubescens). A queste specie si aggiungono il faggio (Fagus sylvatica), il pino nero (Pinus nigra) e il pino silvestre (P. sylvestris), che il tartufo mesenterico ha in comune solo con il tartufo estivo o scorzone (Tuber aestivum). In Friuli le piante simbionti più diffuse sono il nocciolo ed il carpino nero.Come alcune altre specie di Tuber, il tartufo mesenterico ha la capacità di creare aree denudate intorno all’albero simbionte, denominate “pianelli” o “bruciate”. Uno di questi è ben visibile nella foto a pagina successiva.

I pianelli sono imputabili all’attività “diserbante” del fungo, il quale produce sostanze allelopatiche che impediscono la germinazione e la crescita delle piante erbacee, in particolar modo le graminacee. La creazione del pianello non è però obbligatoria: nei boschi fitti lo sviluppo dello strato erbaceo viene limitato semplicemente dall’ombra creata dalle chiome e il tartufo mesenterico può limitare l’intervento diradante, risparmiando energia metabolica.

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10 La diffusione del Tuber Mesentericum in Friuli-Venezia Giulia

La funzione del pianello non è stata ancora chiarita del tutto. È certo che nella zona diradata si verifica un aumento dell’aerazione e della sofficità del suolo. Sembra, inoltre, che i materiali organici delle piante erbacee eliminate siano utili al tartufo per il suo nutrimento, forse nella fase di accrescimento dei corpi fruttiferi.Il tartufo mesenterico fruttifica dall’autunno all’inizio della primavera, venendo generalmente raccolto prevalentemente alla profondità di 5-10 cm. La raccolta viene agevolata dalla presenza del pianello perché i corpi fruttiferi si rinvengono solo all’interno dell’area diradata, prevalentemente in prossimità dei bordi.

L’habitat del tartufo mesentericoGli ambienti di crescita del T. mesentericum hanno finora ricevuto scarsissima attenzione, tanto che si possono segnalare solo le indagini di Palenzona e altri a Bagnoli Irpino (1976) – indagini fondamentali cui faranno riferimento più o meno esplicito tutte le indagini successive –, quelle di Napoliello e altri in Irpinia e altre aree campane (1990) e quelle di Gregori in Friuli-Venezia Giulia (2001). Il lavoro di Palenzona e altri è sicuramente il più esaustivo, avendo preso in considerazione non solo gli aspetti micologici, ma anche quelli botanici e pedologici relativi agli ambienti del tartufo mesenterico. Gli Autori segnalano la localizzazione delle tartufaie su calcari mesozoici eventualmente ricoperti da ceneri di origine vulcanica, in zone dove la temperatura media annua si attesta intorno a 8,3 °C, la piovosità arriva anche a 2200 mm/anno, la siccità estiva è attenuata e vi sono 45 giorni di potenziali gelate. Entrando più in dettaglio, essi notano che le tartufaie si collocano sempre su pendici soggette ad erosione, dove prevale il pino nero come simbionte, o dossi non interessati da fenomeni erosivi, dove il simbionte più frequente è il faggio. I suoli risultano inoltre essere ben drenati, caratterizzati da un pH neutro o debolmente alcalino (conferito loro dalla presenza di carbonato di calcio o di calcio scambiabile), da un elevato contenuto in sostanza organica (soprattutto nelle superfici dove sono presenti ceneri vulcaniche) e da una tessitura tendenzialmente grossolana.Le indagine fatte da Gregori (2001) in collaborazione con ERSA concordano

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per molti aspetti con quanto osservato da Palenzona e altri. Tutte le località produttive rilevate si localizzano su calcari mesozoici e sedimenti torbiditici eocenici ricchi in carbonato di calcio, circa l’80% di esse è caratterizzate da una piovosità annua superiore ai 1500 mm e la temperatura media si aggira su 11-12 °C. Tutti questi fattori favoriscono lo sviluppo di simbionti quali il carpino nero, il faggio, il nocciolo, il pino nero e la roverella. I suoli, inoltre, sono frequentemente caratterizzati da frammenti rocciosi abbondanti, da un tenore in sostanza organica elevato e da un pH quasi sempre superiore a 7,0. Passando dalle pubblicazioni alle esperienze dirette fatte dalla nostra Associazione, alle osservazioni possiamo aggiungere alcune informazioni più precise sulle caratteristiche degli habitat del tartufo mesenterico nelle nostre aree. Un aspetto biologico distintivo è dato dagli alberi simbionti: al pino nero e al faggio della zona irpina si sostituiscono il nocciolo e il carpino nero, eventualmente accompagnati dalla roverella. Riguardo alla posizione nel paesaggio, tutte le località di raccolta sono disposte in aree pianeggianti o in versanti e zone di raccordo tra pendici e fondovalle ben esposti, situati cioè nelle posizioni più calde e soleggiate dei paesaggi collinari e montani.Partendo da questi ultimi, esistono due tipologie di luoghi produttivi. La più frequente e quella costituita dai boschi localizzati ai margini di coltivi abbandonati o di prati sfalciati come quello che si vede nella figura sopra.Spesso queste zone sono situate in aree ripiananti di fondovalle e di versante, nonché nelle zone di raccordo tra pendice e fondovalle. L’idoneità di questi luoghi per la produzione tartuficola si spiega con un microclima relativamente più caldo rispetto alle porzioni interne del bosco, con l’effetto residuale delle vecchie lavorazioni e con l’attività di sfalcio, che agevola lo sforzo del tartufo mesenterico nella creazione del pianello. Una notazione importante dal punto di vista ecologico è che le posizioni di bordo descritte sono caratterizzate da un equilibrio dinamico la cui modificazione incide anche sulla presenza del tartufo mesenterico. Se gli sfalci e le altre operazioni agricole favoriscono la produzione, il completo abbandono di tali attività determina il ritorno del bosco, una riduzione dell’insolazione diretta, il raffreddamento del microclima e la scomparsa se non del fungo stesso, almeno della sua fruttificazione.

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In ordine di frequenza, il secondo habitat del tartufo mesenterico è rappresen-tato dai boschi di nocciolo che si localizzano in zone di versante ben esposte, localizzate della fascia pedemontana e montana pordenonese e friulana in genere. In queste condizioni, nonostante le chiome ombreggino fortemente le superfici, la buona esposizione dei versanti consente di mantenere un mi-croclima relativamente caldo. L’ombreggiamento, d’altro canto, consente al fungo di risparmiare energie nella creazione del pianello, dedicandole piut-tosto alla fruttificazione.

Riguardo all’aspetto del suolo nei punti di raccolta, in entrambi gli habitat descritti si ritrovano suoli di colore scuro eventualmente coperti, nel periodo di raccolta, dalla lettiera fresca dell’anno. Dalle segnalazioni dei nostri associati, inoltre, sembra sia infrequente trovare un accumulo di materiali organici poco decomposti nei punti di raccolta, ulteriore segno di un microclima relativamente temperato che favorisce l’attività di metabolizzazione della lettiera forestale.

Il terzo habitat presente prevalentemente in aree di pianura della provincia di Pordenone è quello dei rimboschimenti artificiali di carpino nero attuati con i contributi del Regolamento CEE 2080/1992.

Sono boschi giovani che però hanno già ombreggiato completamente la superficie, agevolando la formazione dei pianelli. I suoli sono stati a lungo coltivati e non presentano i livelli di accumulo di sostanza organica che si registrano negli altri habitat.Il periodo di maturazione può andare da ottobre a marzo/aprile. In Friuli si è notato che nelle zone tartufigene di fondovalle ed in coincidenza della fascia pedemontana, la maturazione è spesso anticipata ad agosto/settembre.

Sono stati rinvenuti carpofori anche a giugno/luglio che solitamente si presentano molto attaccati da insetti ed invasi da larve, marcescenti o generalmente di rapido deperimento.

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La diffusione del Tuber Mesentericum in Friuli-Venezia Giulia 13

Le peculiarità degli ambienti friulaniLa valorizzazione della produzione tartuficola della provincia di Pordenone dovrebbe fondarsi sul medesimo concetto di terroir utilizzato in vitivinicoltura. Bisognerebbe cioé esplicitare le peculiarità che legano il tartufo mesenterico agli ambienti naturali delle nostre zone.

Pur essendo alquanto scarne le notizie sulla distribuzione della produzione tartuficola, i dati a disposizione dell’Associazione Tartufai del Friuli-Venezia Giulia consentono di affermare che questo legame esiste e può essere sfruttato per valorizzare la produzione tartuficola della regione in generale e della provincia di Pordenone in particolare.

La vocazione friulana per la produzione di tartufo mesenterico può essere evidenziata attraverso il confronto con il tartufo estivo (Tuber aestivum). Le due specie sono geneticamente affini, nonchè comparabili per tipologia di simbionti (carpino nero, nocciolo, roverella) e di aree produttive (aree prative/pascolive al margine del bosco, zone boscate non eccessivamente fitte). Tuttavia, mentre il tartufo estivo predomina in gran parte d’Italia, nelle aree tartuficole regionali lascia la scena al tartufo mesenterico, che diventa la specie regina nella fascia pedemontana e nelle zone montane contermini.

La vocazionalità del Friuli-Venezia Giulia per questo tartufo è verosimilmente legata alla piovosità media della nostra regione, una delle più elevate d’Italia. Se si osserva una carta della distribuzione delle precipitazioni in Friuli-Venezia Giulia (reperibile ad esempio all’indirizzo www.osmer.fvg.it/~www/IT/CLIMATOLOGIA/MAPPE_FVG/mappe/piogge_stat_med_anno.png).

Si potra notare che le aree di massima diffusione del tartufo mesenterico sono quelli in cui la piovosità media annua supera i 1600-1700 mm, mentre il tartufo estivo comincia a comparire nella fascia pluviometrica dei 1300-1700 mm/anno.

In termini di caratteristiche del suolo, è presumibile che un aumento della

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piovosità comporti un maggior dilavamento dei carbonati e un maggior accumulo di sostanza organica, segnalato dal colore scuro del suolo notato in molte aree di raccolta. I dati raccolti da ERSA-FVG non sono tuttavia sufficienti a evidenziare questi aspetti e sarebbe utile approfondire l’argomento partendo dall’ipotesi che il tartufo mesenterico sia più competitivo del tartufo estivo proprio in queste condizioni, che si possono considerare estreme per la gran parte delle specie del genere Tuber.Una seconda peculiarità, specifica delle aree produttive pordenonesi, è rappresentata dai rimboschimenti “2080”. In controtendenza con il generale regresso produttivo e la contrazione delle aree di raccolta che sta toccando i tartufi d’interesse commerciale, il tartufo mesenterico sta andando incontro ad un ampliamento dell’areale produttivo. Visto che nei rimboschimenti “2080” non sono stati utilizzati semenzali appositamente micorrizati con T. mesentericum, il fenomeno può essere imputato a due diverse cause, una involontaria micorrizzazione dei semenzali in vivaio e/o la presenza di spore dormienti di tartufo mesenterico nelle aree di attuale raccolta. Quale che sia l’origine del fenomeno, l’aspetto da sottolineare è che i rimboschimenti produttivi sono stati fatti in suoli idonei alla colonizzazione e fruttificazione del tartufo mesenterico. In termini pratici sarebbe quindi possibile definire la tipologia di suolo presente nei

Piogge 1961 - 2000: media anno.Dati: Direzione Centrale Ambiente e Lavori Pubblici Servizio Idraulica

Elaborazione: ARPA-OSMER 30/05/2008

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rimboschimenti produttivi per spendere questa informazione nell’ambito del vigente Piano di Sviluppo Rurale regionale allo scopo di attuare, in aree di pianura, interventi di rimboschimento mirati non solo alla produzione legnosa ma anche a quella del tartufo mesenterico, con l’eventuale impiego di semenzali appositamente micorrizati con questo tartufo.

Un’ultima interessante peculiarità, emersa proprio nei rimboschimenti “2080”, riguarda i caratteri organolettici dei tartufi raccolti. In queste aree, infatti, la produzione non manifesta il marcato odore di iodoformio considerato caratteristico della specie. Quali che siano le cause all’origine del fenomeno (il cui studio meriterebbe uno specifico approfondimento scientifico), questo fatto può avere due importanti risvolti. In primo luogo, tartufi con queste caratteristiche sono più indicati per il consumo fresco e spuntano prezzi di mercato superiori. In secondo luogo, la discordanza con le caratteristiche organolettiche ritenute tipiche del T. mesentericum suggerisce di riaprire il dibattito sui caratteri organolettici “centrali” della specie, che potrebbero essere più prossimi di quanto si pensi a quelli della produzione friulana.

Bibliografia

• Gregori, G. (2001) Individuazione di aree tartuficole nel Friuli-Venezia Giulia. Notiziario ERSA 5/2001:27-32.

• Napoliello A., Pintozzi P., Verdoliva A. (1990) Il tartufo in Campania. Atti 2° Congresso Internazionale sul Tartufo. Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano, Spoleto, pp. 539-544.

• Palenzona M., Curto A., Mondino G. P., Saladin R. 1976. Il tartufo di Bagnoli Tuber mesentericum Vitt. Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura, Avellino, 48 pp.

• Vittadini C. 1831. Monographia Tuberacearum p. 40.

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CAMPIONI 1 2 3 4

% scheletro ( Ø >2 mm ) 78 54 68 58

% terra fine (Ø < 2mm ) 22 46 32 42

% sabbia (2mm >Ø >0,02mm ) 84 68 66 78

% limo (0,02 mm > Ø > 0,002 mm) 12 20 20 17

% argilla (Ø < 0,002 mm) 4 12 14 5

pH in H2O (1: 2,5 ) 8,33 8,28 8,31 8,17

pH in KCl 1 N (1: 2,5 ) 7,15 7,24 7,31 7,32

% calcare tot. (CaCO3) 29 25 50 37

% calcare attivo 1,9 1,4 1,3 1,0

% S.O. (sost. organica ) 13.8 7,4 5,7 14,7

16 Analisi terreni habitat del tartufo friulano

analISI tErrEnI haBItat DEl tartufo nEro

frIulanoa cura di Chiandotto Prof. Dorino

dell’istituto di istruzione superiore di spilimbergo

Legenda campioni:1) Terreni impianti 2080/922) Terreni impianti 2080/923) Terreni impianti 2080/924) Bosco di nocciolo naturale

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Tutela e valorizzazione: la legge regionale sui tartufi 17

tutEla E ValorIZZaZIonE:la lEGGE rEGIonalE

SuI tartufI

Come già anticipato in Friuli-Venezia Giulia il settore dei tartufi è regolamentato dalla legge Regionale n. 23 del 16 agosto 1999 (e successive modifiche ed integrazioni).Nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge nazionale 16 dicembre 1985, n. 752, con la citata normativa la Regione FVG disci-plina la raccolta, la coltivazione, la conservazione ed il commercio dei tartufi nel proprio territorio, assumendo come obiettivi la promozione, lo sviluppo e la valorizzazione del settore tartuficolo nell’ambito della necessaria tutela e conservazione ambientale dei territori interessati.

In particolare la legge, a cui rimandiamo, stabilisce che:• la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati;• la raccolta è consentita solo nei periodi previsti dal calendario regionale;• la raccolta del tartufo è consentita esclusivamente con l’impiego del

vanghetto;• per poter raccogliere il tartufo bisogna munirsi di un apposito tesserino di

abilitazione dopo aver superato l’esame;• la ricerca del tartufo deve essere effettuata con l’ausilio del cane

appositamente addestrato;• le buche o forate aperte per l’estrazione del tartufo devono essere riempite

subito dopo con il medesimo terreno di scavo;• la ricerca e la raccolta dei tartufi sono vietate nelle ore notturne.

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18 Profilo sensoriale del Tuber Mesentericum

ProfIlo SEnSorIalE DEltuBEr mESEntErICum

a cura di Mondello Dott. Alessandro

Noto volgarmente come “Tartufo nero ordinario o Tartufo di Bagnoli” in Abruzzo è addirittura chiamato “tartufo all’acido fenico” per lo spiccato odore di fenolo e di iodoformio che emana.

Il profilo sensoriale del Tuber mesentericum è piuttosto interessante in quanto si caratterizza per due differenti aspetti. Il primo è il suo odore caratteristico precedentemente menzionato con note pungenti che ricordano la tintura di iodio, trielina, catrame e note salmastre tutte sensazioni molto decise che però si attenuano nel tempo e si trasformano in note più ampie e complesse nell’utilizzo in cucina.

Infatti il tartufo mesenterico, a seconda della zona in cui viene raccolto presenta anche sentori di tabacco affumicato, china, rabarbaro, chiodi di garofano, note delicate di miele di grano saraceno e di sottobosco.

In cucina molte sono le preparazioni che lo vedono protagonista, viene utilizzato per la preparazione di numerosi primi piatti che prevedono unicamente per questo tipo di tartufo l’utilizzo della panna da cucina che ha la funzione di attenuare i suoi sentori primari. Nelle altre preparazioni normalmente il tartufo viene grattugiato in modo che gli aromi più complessi si possano esprimere e si integrino perfettamente con le pietanze a cui viene aggiunto.

Se preparato adeguatamente questo tartufo è in grado di dare delle belle soddisfazioni in cucina e di fare bella figura anche nei confronti dei suoi parenti più nobili. Per l’abbinamento con i vini si consiglia di proporre vini del territorio con una particolare attenzione ai vini rossi di medio corpo.

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RICETTE A BASE DITARTUFO NERO FRIULANO

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Ingredienti per 1 kg di salsa• 1 kg di tartufo Mesenterico• 1 litro abbondante di olio d’oliva (che non sia di aroma intenso: andrebbe a coprire i profumi del tartufo)• 3 spicchi di aglio• Pasta di acciuga• Sale q.b.• Succo di mezzo limone• 1 cucchiaio da minestra di aceto

Preparazione• Sbucciare i tre spicchi d’aglio, metterli in una

padella con l’olio e farli rosolare a fuoco basso fino a quando saranno dorati.

• Quando l’aglio è imbiondito, spegnere il fuoco e togliere l’aglio.

• Macinare molto finemente il tartufo con un robot da cucina, fino ad assumere la consistenza del pepe macinato.

• Quando l’olio si è un po’ raffreddato, aggiungere il tartufo e circa mezzo tubetto di pasta d’acciuga.

• Riaccendere il fuoco ed aggiungere il limone e l’aceto mescolando con cura il tutto, regolando se serve di sale.

• Quando la salsa ritorna a bollire, attendere un paio di minuti per poi spegnere.

N.B.: se si desidera una salsa ancora più cremosa, passarla con il mixer ad immersione.Può essere conservata per vari mesi congelata, oppure in frigo in un vasetto di vetro per alcuni giorni.

Ricetta a cura di Baratto Emanuele,segretario dell’Ass. tartufai FVG.

SalSa al tartufo nEro frulano

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Ingredienti per 4 persone• Formai “Tal Cit” (antico Formaggio delle Vallate Pordenonesi)• 50 grammi di Tartufo Nero Friulano (Tuber Mesentericum)• Burro q.b.• Panna q.b.• Latte q.b.• Parmigiano o pecorino grattugiato

Preparazione• In una padella, far sciogliere il burro e il “formai tal cit” a fuoco basso,

finchè raggiunge la consistenza di una fonduta il più morbida possibile.• Aggiungere poi circa 30 grammi di tartufo tagliato a Julien.• Cuocere il tutto per circa 2/3 minuti a fuco lento.• Nel frattempo cuocere la pasta ( i risultati migliori si hanno con i “blecs

friulani” o altra pasta fresca tipo tagliatelle o tagliolini).• Si consiglia di cuocere la pasta in brodo vegetale anziché in acqua.• Scolare la pasta e versarla nella padella della fonduta.• Mantecare la pasta aggiungendo un po’ di panna.• Distribuire la pasta nei piatti e spolverare ciascun piatto con il restante

tartufo con un pizzico di parmigiano o pecorino.

Un piccolo consiglio...Per ogni piatto a base di tartufo, usare SEMPRE piatti caldi (magari scaldati in forno); questo per poter apprezzare fino all’ultima forchettata questo gustosissimo piatto.

Ricetta a cura di Baratto Emanuele, segretario dell’Ass. tartufai FVG.

PASTA (“BLECS” FRIULANI)CON FONDUTA

DI “FORMAI TAL CIT”AL TARTUFO NERO FRIULANO

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ChItarrInE (aBruZZESI)al tartufo nEro

frIulano(Tuber Mesentericum Vitt.)

Ingredienti per 4 persone• 400 gr. di chitarrina di grano duro all’uovo• 2 spicchi d’aglio• Prezzemolo tritato• Burro di malga q.b.• 100 gr. di tartufo• Olio extravergine d’oliva ( 1 cucchiaio)• Sale e pepe

Preparazione• Sciogliere il burro e fare imbiondire l’aglio; quando

l’aglio è imbiondito, toglierlo ed aggiungere il tartufo tagliato a julien con una spruzzata di prezzemolo per circa 2 minuti, sempre a fuoco lento.

• Cucinare la pasta in acqua salata, quando la pasta sarà pronta, scolarla, unirla al burro e mantecare il tutto aggiungendo un cucchiaio di olio un pizzico di pepe e sale.

• Servire in piatti caldi.

Ricetta a cura dell’Enoteca con Cucina AQUILA NERA di Barcis (PN) e degustabile presso la stessa Enoteca.

EnotecaRistorante-Tipico

Via Roma, 18Barcis (PN)

tel. 0427 76390

Su prenotazione - chiuso il lunedì

Cucina stagionalee del territorio

Taglieri di salumiSerate organizzate

Vini, grappe e...fantasia!

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Ingredienti per 8 persone• Mezzo cespo di insalata verde (tipo lattuga, lattuga romana o insalata gentile) curata e lavata• 2 mele (sbucciate)• 8/10 noci• Tartufo Nero Friulano affettato• Olio• Sale• Pepe• A scelta, aceto balsamico o limone• A piacere, alcuni chicchi di melograno

Preparazione• In una terrina capiente mescolare assieme l’insalata, della mela tagliata a

cubetti piccoli o a fettine sottili, le noci sminuzzate (ma non troppo piccole) ed il Tartufo tagliato a fettine sottili con il tagliatartufi, oppure sminuzzato con frullatore.

• Condire con olio d’oliva, sale e pepe.• A scelta si può aggiungere dell’aceto balsamico oppure del limone, e alcuni

chicchi di melograno.• Mescolare con cura il tutto e servire.

Ricetta a cura della Sig.ra Nerina e Attilio Bolzon,soci dell’Assocciazione tartufai FVG.

INSALATAAL TARTUFO NERO

FRIULANO

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PolEnta altartufo nEro frIulano

Ingredienti per 4 persone• 30 g di Tartufo Nero Friulano• 300 g di farina di mais• 100 g di pancetta affumicata • 1 spicchio di aglio in camicia• 250 g di formaggi misti come Montasio, Latteria o formaggio di malga (si

consigliano anche “Formai Tal Cit” e “Formadi Frant”)• Mezzo bicchiere di latte• 200 g di pane grattugiato• 3-4 cucchiai di olio extra vergine di oliva• Sale• Noce moscata

Procedimento• Preparate la polenta, regolate di sale e fate in modo che a cottura ultimata

risulti morbida.• Nel frattempo fate tostare in una padella il pan grattato, mescolate di tanto

in tanto con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una doratura uniforme, salate, aggiungete l’olio extra vergine di oliva e trasferite il tutto in un altro contenitore per fermare la cottura.

• Fate rosolare in una padella la pancetta affumicata e l’aglio in camicia (appena schiacciato) con un filo di olio.

• Mettete il latte in un tegamino a fuoco moderato, una grattata di noce moscata ed i formaggi tagliati a cubetti.

• Quando gli ingredienti si saranno amalgamati toglieteli dal fuoco e aggiungete la pancetta rosolata e la raspadura di tartufo.

PresentazioneDistribuite la polenta sul fondo del piatto, uno strato leggero di pane grattato, versate la crema di formaggi e tartufo e guarnite il piatto con julienne di montasio e scaglie di tartufo.

Ricetta di Alessandro MondelloCo-fondatore dell’ associazione “Mondo Tartufo”.

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PICCIONE AL FORNORIPIENO CON TARTUFO

NERO FRIULANO

Albergo RistoranteOsteria da Afro

Via Umberto I, 1433097 Spilimbergo (Pn)

Tel./Fax 0427 2264www.osteriadaafro.it

Ingredienti• Piccione già pulito• Pancetta• Spago per legare

Per il ripieno• Salvia• Rosmarino• Cuore e fegato del piccione tritati• Uova• Pane grattugiato• Salsiccia fresca (Lovison)• Tartufo Nero Friulano• Aglio

Preparazione• Impastare il ripieno e riempire il piccione.• Foderare con la pancetta il piccione, legare il tutto con lo spago da cucina

aggiungendovi sopra ancora qualche scaglia di tartufo.• Cucinare in forno a 180° per 30/40 minuti.

Questa ricetta è stata curata dal Ristorante Osteria da Afro di Spilimbergo e la si può degustare presso lo stesso ristorante.

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FORMAGGIOAL TARTUFO NERO

FRIULANO

Ingredienti• Latte di mucca o pecora• 500/600 g di Tartufo Nero Friulano (Tuber Mesentericum) per ogni 10 kg di formaggio (sufficienti per circa 20 caciotte)• Sale

Preparazione• Tagliare il tartufo a julien aggiungendo un pò di olio e sale. • Effettuare la cagliata del formaggio e dopo averla tolta dal siero, mescolarla

con il tartufo ed il sale.• Disporre il composto nelle apposite vaschette (ad esempio quelle usate per

fare le caciotte).• Stagionare il formaggio in appositi locali per circa 30/60 giorni, prima di

consumarlo.

N.B.: logicamente se non si hanno le nozioni, i materiali ed i locali idonei per la preparazione delle caciotte, rivolgersi ad un casaro di fiducia. Fare molta attenzione alla stagionatura, per evitare di rovinare il formaggio.

Ricetta a cura del Segretario BARATTO Emanuelee del consigliere CUSSIGH Pietro dell’Associazione tartufai FVG.

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Azienda Valchiarò Srl • Via dei Laghi 4/c • I-33040 TorreanoTel. +39 0432 715502 • Fax +39 0432 715735

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[email protected] - www.raggivivai.it

Grazie al contributo di:

Il Tartufo Nero Friulanosi può degustare anche da:

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Provincia di [email protected]

Associazione Tartufaidel Friuli-Venezia GiuliaVia Cavour, 5/e33097 Spilimbergo (PN)Tel. [email protected] - www.tartufaifvg.it

Istituto d’IstruzioneSuperiore di Spilimbergocon sez. associateI.T.Ag. - I.T.I.S. - I.P.S.C.T.Via degli Alpini, 133097 Spilimbergo (PN)Tel. 0427.40392 - Fax [email protected]