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numero 24 Settimanale quotidiano Il Serale 14 ottobre 2013 Illegale e legittima Storie di necessaria occupazione

Illegale e legittima

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Storie di necessaria occupazione

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numero 24

Settimanale quotidianoIl Serale 14 ottobre 2013

Illegale e legittimaStorie di necessaria occupazione

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L’occupazione è semplice

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Questo è numero è dedicato a chilegge Occupazione con le K, a chi

vi associa un colore vermiglio tra la togae la falce, a chi vi lega il profumodell’autogestione scolastica, dellaragazzata. Occupare delle caseabbandonate, delle scuole o degli edificipubblici vuoti sarà illegale, ma è anchela naturale riappropriazione dello spaziourbano. Le storie qui raccolte raccontanodi famiglie e di studenti che hannoricostruito il proprio habitat e che inprima persona hanno deciso diproteggerlo da qualunque tipo di fauci;hanno preso pezzi di città migliorando ilproprio quartiere perché stanchi diaspettare il successivo valzer di deliberee assegnazioni.

Il welfare si frammenta, spaccato inmille utilissimi pezzi sparsi nelle città,perché dietro le occupazioni mancano leamministrazioni. Questo numero èdedicato anche a loro, afflitte da unacuriosa forma di entusiasmo ediliziosalvo poi sorprendersi e ordinare glisgomberi: se si costruiscono case pernessuno la cosa più semplice da fare èriprendersele.

di Tommaso Brolino

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Il paradosso del cemento sfitto

Nei prossimi tre anni sa-ranno verosimilmente

eseguiti almeno 300mila sfrattiin tutta Italia.Tra il 2001 e il 2011 la popola-

zione italiana è cresciuta del4,3%, gli edifici abitativi (dallepalazzine alle villette) sono au-mentati dell’11%.

Lo scorso giugnol’Associazione ita-liana tecnico econo-mica del cemento hareso noto che il con-sumo di cementonel Paese è calatodel 22,1% dal 2011al 2012, ovvero di-

mezzandosi rispetto al dato del2005.Mischiate questi tre dati appa-

rentemente sconnessi, e avretepronto il terreno per una primariflessione sul contesto in cui sista estendendo il fenomenodelle occupazioni, sempre piùvivo e pulsante nelle nostrerealtà urbane (soltanto oggi aRoma, nella città in cui vivo,mentre scrivevo questo pezzo,sono stati occupati sei stabili ab-bandonati in varie zone della

città).Partiamo smistando il campo

da equivoci: occupare è un reato.Violazione di domicilio; inva-sione di terreni, edifici o fondialtrui; turbativa violenta del pos-sesso di cose immobili: sono que-ste le infrazioni punite, inmaniera complessa e diversifi-cata, dal nostro co-dice penale. E non èsempre necessarioche venga sportaquerela, a volte laforza pubblica èchiamata a proce-dere d’ufficio in se-guito all’attocompiuto.La chiarificazione è d’obbligo

sia perché il tema è di urgente at-tualità, e sia per rileggere megliouna notizia riportata alcuni fa inmaniera pressoché uguale dallemaggiori testate nazionali: «Se siè veramente poveri occuparecase popolari non è reato». Cosìrecitava, ad esempio, il titolo del-l’articolo di Repubblica.it cheraccontava di questa sentenzacon cui la Cassazione aveva «ac-colto il ricorso di una 38enne ro-

Occupare è un reato e avere casa è un diritto: il confine simuove tra gli edifici costruiti per essere vuoti e lo “statodi necessità” di chi non sa che altro fare di Nicola Chiappinelli

In dieci anni lapopolazioneitaliana èaumentata del4.3%, gli edificidell’11%

Rispetto al 2005il consumo dicemento è la

metà, sceso dal2011 al 2012 del

22,1%

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mana, sola e con un figlio a ca-rico, condannata dal Tribunale edalla Corte d'appello di Roma (auna multa di 600 euro, ndr) peril reato di occupazione abusiva diun immobile di proprietà del-l'Iacp (Istituto autonomo casepopolari)».

Ne derivava che, «per i giudicidella Cassazione, il "diritto all'a-bitazione" merita di essere anno-verato tra i diritti fondamentalidella persona» contemplati dal-

l’articolo 2 della Costituzione:«La Repubblica riconosce e ga-rantisce i diritti inviolabili del-l'uomo, sia come singolo sia nelleformazioni sociali ove si svolge lasua personalità».

Peccato che la decisione della

Corte riguardasse un caso speci-fico, e si limitasse ad annullareuna sentenza per rinviarla ad unaltro giudice, chiamato a stabilirese nell’occupazione vi fosse statoo meno il principio previstodall’art. 54 del codice penale:“non è punibile chi ha commessoil fatto per esservi stato costrettodalla necessità di salvare sé o altridal pericolo attuale di un dannograve alla persona.”

La legge riconosce insomma lostato di necessità (come può es-sere quello di una mamma solacon un figlio a carico), ma solo secircoscritta nel tempo e nellospazio. L’ha ben spiegato unanuova sentenza della Cassazione,datata marzo 2012: una precariae ipotetica condizione di salutenon può legittimare l’occupa-zione permanente di un immo-

«Per i giudici della Cassazione ildiritto all’abitazione merita di essereannoverato tra i diritti fondamentalidella persona»

Secondo una sentenza del 2012 di fronte a casicircoscritti nel tempo, la Cassazione riconosce

la possibilità di occupare per necessità

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bile per risolvere un’esigenzaabitativa, tanto più per gli alloggiIacp, destinati proprio ai menoabbienti.«Il 2013 ha fatto registrare un

aumento del 25% di richieste dicase popolari rispetto all’annoprecedente».A dirlo, qualche settimana fa,

è stato l’assessore alle politicheabitative della Regione Umbria,Stefano Vinti, colui al quale sideve il numero dei 300milasfratti riportato in testa all’arti-colo. Si registra, per Vinti, «unboom allarmante che certifical’aggravamento del problemacasa nel Paese e che minaccia dicontinuare per ancora moltotempo».L’ultimo censimento Istat

(aprile 2012), che ha fornito ildato iniziale sullo squilibrio traaumento degli edifici e crescitademografica nazionale, ha anchespiegato come in questi diecianni siano più che triplicate(71.101) le famiglie residenti inItalia che dichiarano di abitare inbaracche, roulotte, tende o abi-tazioni simili.Ma non dimentichiamo che,

stando alla sopracitata denuncia

dell’organizzazione dei produt-tori di cemento (Aitec), «la crisieconomica ha avuto impattosull’industria del cemento piùche su qualunque altro com-parto». Eppure l’Ispra ha calco-lato che tra il 1956 e il 2010 lapercentuale di territorio italianocementificato si è estesa dal 2,8%al 6,9%, al ritmo di più di settemetri quadrati al secondo. Perrendere più netta la misura: ècome se ogni singolo cittadinoavesse a disposizione un apparta-mento di 340 mq.Rimbalzano dati distanti, e

portano fatalmente ad un’unicaconclusione: in Italia si costrui-sce senza la necessità che qual-cuno poi in quelle strutturedebba metterci piede.Prendiamo le case. Nello Sti-

vale, isole comprese, i prezzidelle abitazioni continuano a

Così l’assessore umbro Vinti: «Il2013 ha fatto registrare un aumentodel 25% di richieste di case popolaririspetto al 2012»

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scendere in maniera stabile daalmeno sei anni, eppure a metà2012 ancora l’Istat ha registratoil più alto calo di trasferimentiimmobiliari ad uso abitativo dal2008 (-23%).In queste condizioni comprare

casa è sempre più difficile, e pro-liferano allora gli alloggi inven-duti: 694mila ad ottobre di unanno fa, raccontava MaurizioBongioanni in un’inchiesta suRepubblica.it, ricordando nelcontempo che «dall'altra parte,secondo Federcasa, ne servono583mila per soddisfare l'esigenzadi abitazioni popolari. Un contoche non torna. Ma non perl'Ance (Associazione nazionaledei costruttori edili) che perse-gue la costruzione di 328milanuovi appartamenti ogni anno».Per comodità siamo costretti a

concentrare il paradosso nellaCapitale. A luglio scorso si sonostimate circa 250mila case ro-

mane sfitte. Dato che si gonfia seinnaffiato da un altro numero,quello degli sfratti: 7mila quelliemessi nel 2012 a Roma, di cui5mila per morosità; uno sfrattoogni 44 famiglie in affitto privato(la media nazionale è 1:74).È qui, soprattutto, che si scrive

“occupazione” e si legge “unicaalternativa”. E se le opinioni deidiretti interessati potrebberosembrare scontate, riprendiamoallora un punto di vista politico,quello del neo-assessore alla Casadel Campidoglio, Daniele Oz-zimo: «Siamo ovviamente con-trari alle occupazioni, madobbiamo saper distinguere trachi occupa spinto da dispera-zione e stato di necessità, e chimagari pensa a questa praticacome una qualsiasi attività asso-ciativa o di altra natura». A partela distinzione, è evidente che laquestione non può essere ridottaall’illegalità del gesto. Se la casaè un diritto, va riconosciuto atutti.Ancor di più perché a far im-

pallidire è la distanza tra chi unacasa ce l’ha, e chi preferisce te-nerla sfitta piuttosto che abbas-sarne il valore. Dei quasi 29milioni di appartamenti censiti

Secondo l’ultimo censimento Istat(aprile 2012) sono più di 70mila lefamiglie che risiedono in baracche oroulotte o abitazioni di fortuna

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dall’Istat in Italia, c’è infatti un17% di abitazioni non occupatedai residenti; e non si tratta solodi case al mare o in montagna,ma anche di generici immobilitenuti vacanti. Case su cui peraltro i proprietari hanno pagatoingenti somme di Imu.In questo circolo vizioso che

rischia di fare perdere tutti, eccol’idea di Dean Baker, condiret-tore del Center for Economicand Policy Research di Wa-shington D.C., che in un’intervi-sta a Linkiesta ha proposto di«colpire case, edifici e immobililasciati sfitti attraverso un’impo-sta pari all’1 per cento del valorecatastale», così da convincere i«proprietari di edifici vuoti avendere o ad affittare, forzando iprezzi verso il basso». E se non sivuole andare fino agli Usa, bastavolgere lo sguardo in Toscana,

dove l’assessore regionale alWelfare, Salvatore Allocca, hapensato di istituire una tassa discopo di 10 euro al mese su ogniimmobile sfitto; il contributo ali-menterebbe un fondo di garanzia

per chi viene sfrattato non po-tendo pagare l’affitto.Ci sono zone d’Italia, rappre-

sentate da decine di comitati ecollettivi, che stanno combat-tendo per questo. Per il dirittoalla casa e per la fine della ce-mentificazione selvaggia. Di en-trambi abbiamo esempi limpidi aRoma: da una parte le occupa-zioni, abitative o rivalutative distrutture abbandonate; dall’altraparte le organizzazioni,comel’Osservatorio Casilino, che lot-tano contro una sentenza del Tarche ha tolto il vincolo di tutelaarcheologica per l’area Com-prensorio Casilino, lì dove la co-struzione di nuovi appartamentieliminerebbe l’ultimo polmoneverde di Roma tra Porta Mag-giore e la borgata Alessandrina,in una zona per altro a già altis-sima densità abitativa.

Succede, in Italia, che si con-cedano appalti a costruttori pro-mettendogli in cambio premi dicubature. È questo il Paese dovenon sono solo le occupazioni aessere illegali.

Se il diritto ad abitare èfondamentale e se le case costruite

sono vuote, perché costruirneancora? Solo a Roma esistono circa250mila appartamenti sfitti mentre7mila sono stati gli sfratti del 2012

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Occupare con tutto il quartiere

Occupare è per taluniun'arte. Per altri ancora,

però, l'occupazione può essereal contrario, un'arte fatta perl'arte. È un caso reiterato quelloche concerne l'utilizzo di spazida dedicare alla cultura: teatri,cinema, sale da concerti tutti ri-gorosamente riabilitati e rimessia nuovo come fossero usciti daun indulgente restauro, prontiper poter essere restituiti al fineper il quale erano stati origina-riamente concepiti, quello dellanobiltà, della purezza e dell'in-dipendenza dell'arte. Sarà pergli ovvi, immensi confini geo-grafici ma, nell'area di Roma, ri-troviamo una serie dipiattaforme che hanno avuto lafortuna di non finire al macero,incontrando altresì delle brac-cia – e soprattutto delle menti –

salvifiche che ne hanno per-messo la permanenza in vita o,come in altri casi, una vera epropria rinascita.

Quello che vi raccontiamo èper l'appunto uno di questi for-tunati casi, quello del NuovoCinema Palazzo. Per farlo ab-biamo bisogno difare un piccolo passoindietro nel tempo,fino al 15 aprile2011: è qui che co-mincia tutto. Nasceun progetto, che èquello di dismettere uno spaziodedicato fino a quel momento arappresentazioni dell'arte d'o-gni genere per metter su un ca-sinò, l'ennesimo in una città chein alcuni lati periferici già inquesti anni sembrava trasfor-marsi in una sorta di Las Vegas

Il “Nuovo” Cinema Palazzo ha scongiuratol’apertura di una sala bingo. E questo grazieanche alla zona che lo ospita: San Lorenzo di Mauro Agatone

Il 15 aprile 2011 il comunedi Roma decide di

dismettere il CinemaPalazzo e farne un casinò

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1(auto)distruggendo la fama dicentro culturale tra i più longevial mondo. San Lorenzo però, èun quartiere diverso da tantialtri: è vivo, popolare e popolatoda persone che hanno forte-mente a cuore il proprio lembodi terra e i propri spazi. Anche ilfascismo si dovette arrenderealla forza dell'unione delle genti:qui la marcia su Roma incontròl'impossibilità di accedere e farela propria “regale passeggiata”: ifucili puntati dagli abitanti nonlo permise. È per questo che icomitati e le libere associazionidi cittadini, di ragazzi e di vo-lontari decidono di cominciare aincontrarsi per discutere il dafarsi. Il Nuovo Cinema Palazzonon può morire così. Ancor dipiù se la morte è provocata perlasciar spazio a quel tipo di strut-ture che molto spesso sono vizioe stravizio di una fetta di popo-lazione che non riesce a rinun-ciarvi, terminando accalappiatacon braccia e mani legate nellarete fatalmente tesa dall'usura edallo strozzinaggio. Tutto ciò vaimpedito ed è per questo cheSan Lorenzo si schiera in batta-glia. I ragazzi decidono di racco-gliere le prime firme, 5mila inpochissime ore tra i residenti.C'è voglia di mettersi alla provae soprattutto di provarci, diaprire le porte e rimaner dentroper costruire culturalmente con-

tro la decostruzione edilizia esociale.

Siamo ancora lì, il 15 aprile:mentre i ragazzi decidono di su-perare le barriere architettoni-che e insieme la resistenza deiprimi vigili che si recano sulposto per cercare di sgombrare ilposto, a molti km di distanza unaltro resistente fa parlare di sé.Nel peggiore dei modi, pur-troppo: Vittorio Arrigoni, dopo

mesi di minacce, pestaggi e inti-midazioni viene ucciso a Gazada un gruppo estremista jihadi-sta salafita. «Ci è venuto dalcuore, spontaneamente – rac-conta Stefano, uno dei ragazziche danno anima e cuore al pro-getto NCP – intitolare a Vittorio

La sala è dedicata a Vittorio Arrigoni, morto il15 aprile a Gaza. «Ci è venuto dal cuore,spontaneamente intitolare a lui il nostro

lavoro»

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il nostro lavoro». È così che la –ora – Sala Arrigoni prende final-mente forma, sostanza e ancheun nome nuovo, come nuova èl'era che si spalanca davanti e leprospettive annesse. Tanti sonoi tentativi di far cessare le atti-vità: più volte viene staccata laluce e sono innumerevoli gliscontri innestati da una politicache il nostro amico non esita adefinire totalmente assente eancor peggio incurante dei biso-gni del territorio. Quel territorioche loro difendono a spadatratta, con le unghie e con identi, trovando anche una in-credibile vittoria nel febbraiodello scorso anno, quando ungiudice dà ragione ai cittadini mostrando la legittimità dell'oc-cupazione di uno spazio che è,semplicemente, bene comune. Èuna sentenza storica, una datache forma un precedente impor-tantissimo a livello non solo ita-liano, ma anche europeo.Parecchie sono infatti le reti dioccupazioni che mantengono icontatti e cooperano fra loro, inItalia e anche, ultimamente, al-l'estero, in un tentativo ambi-zioso di realizzare un pianocomune europeo forte nella pos-sibilità di schierarsi controsgomberi e tentativi estremi delcapitalismo 2.0. Da quella data,ancora più forte e unito è il cer-chio che si è stretto in favore

della tutela di una cultura che inItalia è decisamente troppo bi-strattata e ridotta a carta strac-cia: le firme e le partecipazionisimboliche – e non retribuite –di artisti di grande spessore nellaSala Arrigoni sono testimo-nianza viva del cuore più chemai pulsante di un'Italia bella epura, che non si arrende, chelotta e che dà coraggio. E soprat-tutto, che vince.

Ringraziamo Stefano e tutti i ra-gazzi della Sala Arrigoni per ladisponibilità.

La Sala Arrigoni tutela la cultura: firme epartecipazioni gratuite sono la testimonianzadel successo di un progetto fatto non per se

stessi ma per la comunità che lo ospita

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Il condominio nella scuola

ARoma c’è un quartiere chesi chiama Centocelle. Si

stringe tra la Casilina e la Prene-stina, nella periferia orientaledella città; qui le strade portanoi nomi di fiori e piante e poichéla metro c tarda così tanto ad ar-rivare da sfumare in utopia, si la-scia ancora attraversare dai tram

di pasoliniana me-moria. Nel suocuore popolare, invia delle Acacie,aveva sede unascuola elementareintitolata ad Ame-rigo Vespucci il cuicanone di locazionecostava al comunedi Roma più di 400

mila euro annui. Troppi davvero.Così, nel gennaio 2009, la scuolaviene chiusa e l’edificio restavuoto e abbandonato come unabalena di cemento. Poco tempodopo, il 22 Maggio, il Comitatopopolare di lotta per la casa de-cide di occuparlo, riqualificarlo efare di quei 5 piani l’abitazioneper 47 nuclei familiari, circa 120persone che ancora oggi vivonocon dignità negli appartamenti

ricavati dalle ex aule. Dignità èla parola chiave attorno cui do-vrebbe vertere il discorso sulleoccupazioni a scopo abitativo. Epiù volte ce l’hanno ripetutaGiulia e Silvia che in un roventepomeriggio di inizio Ottobre cihanno gentilmente aperto leporte di casa loro. Una nelle oc-cupazioni c’è diventata grande,l’altra ha scelto di farci crescereil suo splendido bambino; en-trambe sono qui dall’inizio e da-vanti a un caffè ci hannoraccontato come funzionano leoccupazioni organizzate dal co-mitato popolare.La premessa doverosa ai fini

della comprensione è che occu-

pare è l’extrema ratio per molti.Non è un’alternativa, è la sceltaobbligata di chi non ne ha altre.Nell’occupazione ci sono anzianiche vivono con 600 euro di pen-sione, famiglie di migranti, fami-

Affitto alto e nel 2009 la Vespucci resta vuota. In meno di5 mesi il Comitato popolare di lotta per la casa occupa eora dà casa a più di cento persone di Elisabetta Specchioli

L’elementareAmerigoVespucci è nelquartiere diCentocelle, travia Casilina e viaPrenestina

Occupare è l’extrema ratio per moltie in via delle Acacie la popolazione èvariegata: ci sono anziani, migranti,

famiglie con bambini

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glie italiane sfrattate che non po-tevano più permettersi di pagareaffitti esorbitanti e giovani lavo-ratori precari o che il lavorol’hanno già perso. Appartengonoa fette di popolazione da sempremarginalizzate a cui nell’ultimodecennio si è aggiunta buonaparte di quel famoso ceto medioche per le pressioni della gene-rale crisi economica si è ritrovatoimpoverito, insolvibile e infinesenza un tetto sulla testa. Eˋ benechiarire infatti che Il disagio abi-tativo non è un problema esplosoall’ improvviso, ma disoccupa-zione e casse integrazionil’hanno acutizzato; la drastica ri-

duzione delle capacità redditualidelle famiglie si è aggiunta, peg-giorandolo, a un problema strut-turale permanente: l'assenza dipolitiche abitative, soprattuttoquelle mirate alle fasce medio-basse e la conseguente carenza diun'offerta di abitazioni in affittoa prezzi sostenibili. La sintesidello studio condotto nel 2012 daCgil e SUNIA (Sindacato unitarionazionale inquilini e assegnatari)

ha fornito dati mortificanti: tra il2000 e il 2010 i canoni d’affitto aRoma sono aumentati del 150%,mentre il livello della retribu-zione netta è abbondantementecalato; nel 2011 gli sfratti emessinella sola capitale sono stati6.668 di cui 5.330 per morosità,7.206 le richieste di esecuzionepresentate all’Ufficiale giudizia-rio, di cui 2.343 eseguite. Ci si ri-trova così, nel 2013, con 30 milafamiglie che presentano do-manda per l’assegnazione di unacasa popolare. La presentanoall’Ater (Azienda territoriale perl’edilizia residenziale) le cui listeperò sono bloccate dal 2008 e

che nell’assegnare procede perestrazione (sic!). A questo quadro desolante sisomma la particolare storia urba-nistica di Roma. Quando è di-ventata capitale del Regno, haavuto inizio la costruzione deiquartieri di edilizia popolare che,destinati alle fasce socialmentepiù deboli, sono divenuti unaghiotta occasione per rilanciarel’attività edilizia in toto, lasciata

Dal 2000 al 2010 gli affitti sonoaumentati del 150% e nel 2013sono state addirittura 30mila lefamiglie a presentare all’Ater

domanda per l’assegnazione di unacasa popolare

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in mano ai privati, i cosiddettipalazzinari che a suon di ce-mento sono diventati i nuovi im-peratori dell’Urbe. Loro peròpiuttosto che bruciarla, hannopreferito soffocarla col calce-

struzzo e il risultato sono 100mila immobili vuoti, da utiliz-zare come merce di scambio neltriste Monopoli bancario, afronte di un’iniziativa pubblicaridotta a una manciata di alloggi.Il vergognoso paradosso l’ab-biamo già spiegato: personesenza case e edifici vuoti. Proprio gli edifici vuoti, abban-donati a un fisiologico declino,sono i luoghi deputati alla realiz-zazione del progetto abitativopromosso dal Comitato popolare.

Ci spiegano le ragazze che le lorooccupazioni non sono finalizzateesclusivamente a rimediare untetto per chi non ce l’ha: la que-stione non è banalmente quanti-tativa, ma qualitativa. IlComitato cerca di produrre unmodello valido, efficace e dun-que replicabile. E ci stanno effettivamente riu-scendo se si considera che ai lorosportelli si rivolgono anche i ser-vizi sociali per segnalare famigliein piena emergenza. Il principioispiratore è quello della giustiziasociale, del diritto alla casa che siconcretizza nell’autocostruzione;selezionati in base alle esigenze,gli occupanti riqualificano glistabili in cui andranno a stare.Come spese, viene richiesta lasomma necessaria per l’acquistodei materiali, poi ci si dà una

«Le occupazioni come questa nonsono fini a se stesse, ma voglionocreare un modello valido ed efficace.E dunque replicabile»

Le famiglie ospitate in via delle Acacie sitassano di 100 euro per contribuire alle spese di

manutenzione dell’edificio

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mano gli uni con gli altri:ognuno mette a disposizione leproprie capacità. Si costruisce lapropria casa, quella degli altri esi forma così un tessuto sociale incui gli occupanti sono inseriti to-talmente. E’ una crescita collet-tiva: s’impara a stare con personedi una cultura completamentedifferente, si impara ad avere ri-spetto per il prossimo. Lo statuto

parla chiaro: nes-suna forma di vio-lenza è consentita.Non è semplice, masi lotta tutti insiemenella sanissima con-vinzione la dignitàumana merita di es-sere valorizzata. All’occupazione divia delle acacie, a ul-

teriore riprova che il modellocreato e difeso dal Comitato fun-ziona, ha fatto seguito quella diun’altra ex scuola, la Hertz diAnagnina. Qui, sempre attra-verso l’autocostruzione, gli occu-panti hanno ricavato 22appartamenti tutti rigorosa-mente a norma. Come ci diceGiulia, sono esempi di <<eccel-lenza dell’occupazione>> e fortedi questa consapevolezza, il Co-mitato è riuscito a sottoporre ilproprio progetto abitativo all’at-tenzione del Parlamento euro-peo. Ciò che si chiede non è lalegalizzazione, concetto che non

ha molto senso giacché riescedavvero difficile considerare cri-minali coloro che vengono de-nunciati per “morositàincolpevole”, ma legittimazione,riconoscimento dell’efficacia diuna soluzione ben più decorosadei residence, dove in 30 mq vi-vono più famiglie, nella sostanzapiù simili a un domicilio coattoche a delle case e che costano alcomune migliaia di euro al mese. Insomma, le occupazioni comele intende e le gestisce il comi-tato popolare sono innanzituttouna risorsa sociale e il comune,che paga loro le utenze, rispar-mia cento volte tanto. Peccatoche quei soldi ancora non si rie-sca e non si voglia utilizzarli inun modo che metta dignitosa-mente fine al disagio abitativo.Quando a fine giornata ce ne an-diamo, nel cortile dell’ex scuolaelementare Vespucci, ci sono ibambini che giocano a pallone; cisono anche quattrosignori che seduti aun tavolino giocanoa carte. Nel mio pa-lazzo invece c’è lasignora del quartopiano che dopo treanni, ancora michiede se abito lì. Enon ha l’Alzheimer.

La scia tracciatain via delleAcacie funzionaanche grazie allostatuto internoche regola la vitadella comunità

Un’altro edificioscolastico, la

Hertz diAnagnina, ha

seguito laVespucci

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S.cu.p!, l’ibrido utileDai faldoni alla boxe: il miracolo di un exarchivio al servizio della comunità

Dietro la Basilica di Santa Croce, nelquartiere San Giovanni di Roma da quasi

due anni al civico 5 di via Nola non c'è più unedificio vuoto lasciato alla ruggine, ma S.cu.p!,Sport e Cultura Popolare. Marco, uno deglioccupanti mi guida attraverso la struttura, unimmobile di diversi piani dai muri colorati e lestanze piene di voci. È in corso un'assembleaall'esterno sul nuovo palinsesto della radio,alcuni ragazzi giocano sotto il canestro dabasket in cortile e una bambina raccoglielombrichi dentro una scatola per poi portarmelie sfidarmi a toccarli. Marco mi spiega che laloro «non è un'occupazione a scopo abitativoma neanche un centro sociale anni Novanta»,uno spazio che spesso esclude chi non fapolitica. S.cu.p! nasce dentro un edificioabbandonato di proprietà del Ministero deiTrasporti, sede fino a qualche anno fa degliarchivi della motorizzazione, e ospita oggi unapalestra popolare, una biblioteca pubblicacomposta da oltre 7mila libri regalati dagliabitanti del quartiere, nonché spazi gratuiti perlo studio con computer e connessione internete per i giochi dei più piccoli. Le attività sonoorientate agli abitanti della zona, con un'offertatrasversale per le varie età: dai bambini chegiocano nel cortile o fanno sport nell'area

In via Nola 5 c’erano gli archivi dellamotorizzazione: le pile di carta hanno fatto spazioa una palestra, una biblioteca e spazi gratuiti

di Flavia Orlandi

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adibita a palestra, passando per gli adolescentiche vengono a studiare e a passare del tempo nelbar all'aperto, fino agli adulti che partecipano aicorsi di lingua o a quelli di ginnastica posturale.Il tentativo è quello di aprirlo al quartiere inmodo che lo percepisca come suo, che “lo liberi”dall'uso (mancato) a cui era stato destinato. Perfarlo S.cu.p! cerca di coinvolgere la comunitàlocale nella sua gestione. Sul sito gli occupantispiegano così le loro intenzioni: «Il tema è laricchezza dei nostri territori in un'epoca di crisieuropea; la scommessa è intravedere la luce allafine del tunnel, ma soprattutto praticare unlavoro quotidiano di relazioni, cooperazione,solidarietà, fantasia, conflitto, per colmare ilvuoto lasciato dalla politica». S.cu.p! Sirichiama al pensiero zapatista, si definisce«mondo di sotto che si organizza, un mondoeterogeneo che ha come denominatore comuneuna sensibilità verso il vuoto».La metropoli contemporanea si configura

sempre più come una trama di perimetri chiusi epercorsi negati. L'accesso ad alcuni di essi èregolato dal mercato e ancora più che in passatolo spazio è merce. Una trasformazione prodottadalla minore attenzione che l'attore politicorivolge allo spazio pubblico. In “tempi di crisi”quello di battere cassa diventa l'imperativoassoluto, il cittadino un consumatore e il tempo

«Un lavoro quotidianodi relazioni percolmare il vuoto

lasciato dalla politica»

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libero una miniera d'oro. Il risultato? I luoghi diincontro non sono più la strada o la piazza, doveordinanze sempre più restrittive impediscono il“bivacco”, quando non la sosta. E se il centro ècostretto nella difesa del “decoro pubblico”, neiquartieri periferici, messi su carta più daicostruttori che dai politici, l'incontro spontaneotra persone non sembra neanche contemplato.La socializzazione si trasferisce quindi nei centricommerciali, nei bar, nei ristoranti, nellepalestre, creando nuove esclusioni sociali tracoloro che non possono permettersi l'accesso.Stare con gli altri non è più gratis. E si puòfacilmente intuire chi ne trae vantaggio. Unasocietà di individui soli di fronte ai lorotelevisori (o computer e smartphone, per unasocialità tutta virtuale) favorisce il controllosociale, l'omologazione, la paura del diverso, lacreazione di pubblici capri espiatori. E quindil'ordine politicamente inteso. Il tutto asvantaggio della qualità della vita: scompaiono lecomunità di quartiere, si sviluppano la diffidenzareciproca, l'individualismo, la solitudine,l'esclusione. Una trasformazione che per moltirappresenta un'ulteriore emergenza, accanto aquella abitativa, a cui il fenomenocontemporaneo dell'occupazione cerca dirispondere. Oltre all'ormai diffuso problemadella perdita dello spazio privato, quello dellacasa, si è infatti sviluppato anche quello della

L’ex motorizzazione èdiventata una rispostacreativa alla solitudine

metropolitana

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decostruzione dello spazio pubblico. E quientrano in gioco i progetti come S.cu.p! Neltentativo di coinvolgere i residenti locali glioccupanti hanno anche ipotizzato un possibile“bando” per ricevere proposte su nuove futuredestinazioni per le stanze ancora vuote delgrande edificio. C'è ancora spazio per lacreatività.

Dentro l'area S.cu.p! periodicamente sisviluppano eventi speciali, la cui organizzazionenon è sempre gestita dai più “assidui”. Per questomotivo le mura dell'antica motorizzazioneospitano diverse assemblee cittadine, laboratoridi teatro per bambini, corsi per l'installazione diimpianti solari, cineforum estivi, e addiritturaseminari di psicologia orientati alle famiglie. Tragli eventi fissi c'è il mercatino del biologico chesi tiene la prima domenica di ogni mese, mentrecome strutture stabili si possono contare l'osteriapopolare esterna e lo studio di registrazionedella webradio Radiosonar.net. Una serie diattività produttive che permettono a Marco diparlare del secondo obiettivo politico di questaoccupazione: coinvolgere gli esclusi dal mondodel lavoro, chi della precarietà ha fatto unacondizione esistenziale, i “bamboccioni”qualificati che attraverso la praticadell'autoreddito possono trasformare le attività

Dai corsi al mercato biologico,chi tiene un’attività riesce ad

avere anche un reddito

Attività ricreative eproduttive: S.cu.p!

accoglie i precari e dàloro un lavoro

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dello stabile in una fonte di seppur minimosostentamento.L'occupazione di S.cu.p! é avvenuta il 12

maggio 2012. Dopo circa nove mesi, il 25gennaio 2013 gli occupanti vengonosgomberati. Anche gli agenti che mettono isigilli non sembrano entusiasti: sul comunicatoufficiale sono riportate addirittura le parole diun poliziotto che mentre aiuta gli sfrattati aportare via i materiali della biblioteca si dicedispiaciuto perché il posto era “molto curato,molto vissuto”, ma lo sgombero era inevitabileperché su quel locale vuoto si erano sviluppatida un po' di tempo interessi privati. Lo stabileinfatti dopo anni di inutilizzo è stato inserito inun Fondo Immobiliare, e la vendita affidataall'Agenzia del Demanio, ente economicocreato dal Governo D'Alema per la gestione deibeni immobili pubblici sulla base di “logicheaziendalistiche”. Un'operazione che è andata asvantaggio delle stesse casse pubbliche:l'Agenzia del Demanio infatti ha primavenduto questo spazio (8800 mq al centro diRoma) alla F&F Immobiliare - agenziaformalmente inattiva, con capitale sociale disoli 10.000 euro, fondata pochi mesi primadell'acquisizione - ad un prezzo nettamenteinferiore al valore di mercato, per poi tornaread affittarla a caro prezzo, per altro senzadestinarla ad alcuna attività. Un giro d'affari poco chiaro per il quale gli

occupanti non hanno voluto arrendersi allosgombero: dal 10 febbraio, dopo due settimanenel deposito Atac abbandonato di via Monza,S.Cu.P! è tornato a via Nola.

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«Welfare in progress»Il Tufello e l’esperienza di Puzzle: colmare a 360° il

vuoto lasciato dalle amministrazioni

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L’istantanea che meglio diqualunque arida descri-

zione verbale immortala il con-cetto di fondo di Puzzle è unacassetta della frutta dipinta di unacceso verde speranza: una pic-cola struttura di compensato ri-pensata, riempita di libri ecollocata su un muro, l’ingegnoumano applicato alle piccolecose del quotidiano che restitui-sce alla vita un oggetto desueto,rinnovandolo. Riciclare e riqua-lificare è possibile, anche perstrutture ormai in disuso, ancheper una vecchia sede ASL delMunicipio IV sommersa da scar-toffie, polvere e perdite idrauli-che. Questo semplicissimoprincipio anima i ragazzi di LabPuzzle quando, il 19 febbraio2011, pongono fine a oltre 2anni di deperimento del com-plesso di via Monte Meta 25,quartiere Tufello. In barba aicontinui rinvii del Campidogliooccupano la struttura per resti-tuirla alla vita. Collettivi studen-teschi della Sapienza - su tuttiIngegneria e Medicina - in testaal corteo in una mattina soleg-giata e pungente dell’invernocapitolino, ostracismo delleforze dell’ordine al minimo sto-rico, atteggiamento insolita-mente conviviale di chi pareaver colto la nobiltà dell’inizia-tiva malgrado gli obblighi impo-sti dalla divisa. Inizia

l’avventura, i pezzi di Puzzle co-minciano a comporsi.

DAL BASSO VERSO L’ALTO - Il Municipio IV non può abdi-care in toto al proprio ruolo –ormai prettamente nominale -di presidio sociale del territorio,così stabilisce un accordo dimassima con gli occupanti: ipiani superiori - terzo, quarto equinto più parte del primo -

vengono destinati al progetto dialloggio dei ragazzi, la parte in-feriore dell’edificio rimane al-l’amministrazione dietro lapromessa di utilizzarla per atti-vità di carattere sociale. Propo-sta che rimane sul piano deimeri propositi, a distanza di più

di Pasquale Raffaele

«Dal 19 febbraio 2011 Puzzle si è raccontato in molti modi»Cliccando qui sopra si arriva al video “Puzzle si racconta”, dacui sono tratte le citazioni dei ragazzi di via Monte Meta 25

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di due anni e mezzo dal patto ilvistoso contrasto fra le condi-zioni dell’area studenti e quelleimmutate dell’area in mano alMunicipio illustrano due visioniantitetiche dello Stato Sociale,specchio fedele della stessa ri-partizione del palazzo: dilatorio,passivo e “basso” il secondo, pro-positivo, vivo e “alto” il primo.Il Welfare si fa da sé, Welfare inProgress, come sintetizza la

scritta che campeggia sul civico25; Welfare dal basso, come ri-badisce Simona, studentessa diMedicina in prima linea nell’ini-ziativa: «Siamo nati per soppe-rire alle carenze dello Statosociale che arriva dall’alto, maanche per far capire ai cittadini

che possono crearlo da sé e of-frirlo agli altri».

APERTURA - I ragazzi si rim-boccano le maniche, le difficoltàdei primi 4 mesi – caos primige-nio, assenza di riscaldamenti,servizi al piano terra che richie-dono “trasferte” anche soltantoper scolare la pasta – lascianospazio a idee che col tempo sitrasformano in progetti concretie tangibili nel segno dell’aper-tura ad ambienti extra-universi-tari, come nel caso dellosportello contro la precarietàabitativa e dei corsi d’italianoper migranti (che accolgono stu-denti dai 10 ai 60 anni), primopasso verso l’integrazione. Iltempo di mettere in piedi un ef-ficiente autofinanziamento gra-zie a una festa universitaria conraccolta fondi e arrivano le ripa-razioni dell’impianto elettrico eidraulico, pile di vecchi docu-menti e sporcizia fanno posto aservizi perfettamente funzio-nanti, lavatrice, scaldabagno. Laparola-chiave è sempre aper-tura, Puzzle si propone di com-porre, superare gli steccatiideologici e spalancare le porte atutta la cittadinanza. Alessia,studentessa di medicina pocopiù che ventenne alla ricerca diun alloggio, racconta delle sueiniziali perplessità sulla conno-tazione politica dell’iniziativa,

«Siamo nati per sopperire alle carenze delloStato sociale che arriva dall’alto, ma ancheper far capire ai cittadini che possono crearloda sé e offrirlo agli altri»

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perplessità superate dalla succes-siva esperienza diretta e tangi-bile della convivenza in Puzzle:«Qui viviamo pressappoco comein un qualsiasi appartamentostudentesco, siamo una decina etocchiamo con mano i momen-tanei disagi che possono deri-vare da una convivenzaallargata, ma ormai ho imparatoa conoscere i piccoli difetti quo-tidiani dei miei coinquilini e vi-ceversa, così non mi incazzo piùquando trovo la tazzina diMarco accanto al lavello perchéso che ce la lascia per riutiliz-zarla».

AGGREGAZIONE – Condivi-sione declinata nelle forme piùdisparate. Condivisione di og-getti inutilizzati e destinati alladiscarica - «Un abitante delquartiere ci ha lasciato un vec-chio televisore che stava perbuttare» – ma, soprattutto, di co-noscenza: «Qui ci aiutiamo tutti,così chi è più bravo ai fornelliinsegna a chi non sa neppurepreparare il sugo, chi se la cavacon gli impianti elettrici dà unamano a chi è digiuno in materia,c’è chi è bravo nei piccoli lavoridi riparazione». Condivisione abraccetto con aggregazione:uniti per far fronte comune con-tro la crisi dispiegata in tutte leproprie declinazioni, uniti percontrastare la recessione econo-

mica e morale di una societàsempre più incanalata nel solcodi un cieco individualismo im-perante. Ne emerge anche un ri-pensamento dell’attivitàpolitica, sana e secondo le pro-prie possibilità, proveniente daun basso virtuoso che dovrebbegenerare invidia e ammirazioniai piani alti. «Fare politica –come spiega Maurizio, studentedi ingegneria tuttofare – è cer-

care di cambiare lo status quoattuale della società attraverso leazioni e le interazioni quoti-diane, è non sentirsi mai ‘arri-vati’ e mettersi in gioco tutti igiorni».

«Qui ci aiutiamo tutti. Così chi è più bravo aifornelli insegna a chi non sa neppure

preparare il sugo, chi è bravo nei lavori diriparazione dà una mano a chi ne è digiuno»

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Settimanale quotidiano

Antonio Usalla