24
numero II, anno III Liceo Classico Jacopo Stellini Conferenza sul clima di Parigi Se fino a qualche anno fa il surriscaldamento glo- bale e l’impatto dell’attività umana sull’ambiente erano temi ignorati, ora ben 150 paesi di tutto il mondo stanno cercando un accordo comune per ridurre le emissioni di CO2 e salvare il pianeta. Tutto ciò si svolge a Parigi, durante una conferenza che durerà dal 30 novembre all’11 dicembre e in questi dodici giorni i leader di tutto il mondo potrebbero cambiare il destino dell’Umanità oppu- re condurla sull’orlo del baratro. In copertina Immagina quei ragazzi sul pavimento del Bataclan. Ma immaginali per davvero, distesi, tar- tassati, in una pozza di sangue, lo sguardo perso nel vuoto, uno vicino all'altro, ragazzi per lo più sconosciuti fra di loro, uniti da quel terribile desti- no. Molti corpi, si toccano, si sfiorano. Il pavimen- to accoglie metro dopo metro uomini, donne estre- mamente diversi per storie, caratteri, gusti eppu- re incredibilmente legati in quel tragico momento, in quel dannato attimo. Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 1

In copertina Conferenza sul clima di Parigi · Quando penso a Parigi, bombardato di commenti e notizie tra moralisti e ... società ideale dell’Islam con il primo ... ma a differenza

Embed Size (px)

Citation preview

numero II, anno IIILiceo Classico Jacopo Stellini

Conferenza sul clima di ParigiSe fino a qualche anno fa il surriscaldamento glo-bale e l’impatto dell’attività umana sull’ambienteerano temi ignorati, ora ben 150 paesi di tutto ilmondo stanno cercando un accordo comune perridurre le emissioni di CO2 e salvare il pianeta.Tutto ciò si svolge a Parigi, durante una conferenzache durerà dal 30 novembre all’11 dicembre e inquesti dodici giorni i leader di tutto il mondopotrebbero cambiare il destino dell’Umanità oppu-re condurla sull’orlo del baratro.

In copertinaImmagina quei ragazzi sul pavimento delBataclan. Ma immaginali per davvero, distesi, tar-tassati, in una pozza di sangue, lo sguardo personel vuoto, uno vicino all'altro, ragazzi per lo piùsconosciuti fra di loro, uniti da quel terribile desti-no. Molti corpi, si toccano, si sfiorano. Il pavimen-to accoglie metro dopo metro uomini, donne estre-mamente diversi per storie, caratteri, gusti eppu-re incredibilmente legati in quel tragico momento,in quel dannato attimo.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 1

Sommario

Editoriale

Come possiamo noi europei restare indifferenti dopociò che è successo a Parigi? Non possiamo. Quelloche è accaduto rimarrà inciso per sempre nellenostre menti. Non si può più parlare di un sempliceattentato ad una redazione di una rivista esagerata-mente satirica e sprezzante, o di un attacco ad unsupermercato. C’è stato un enorme cambiamento.L’Is e altri estremisti islamici hanno portato la guer-ra in Europa, da noi. L’Isis si è radicato in Occidenteirrevocabilmente. Non è solo in medioriente, è qui.Lo troviamo per le strade, nei teatri, negli stadi, nellecase, nei ristoranti in tutti i luoghi tipici per lo svagodel fine settimana. Gli estremisti hanno lanciato unmessaggio: vogliono terrorizzarci, vogliono costrin-gerci chiusi in casa impotenti colmi di paura.Lo Stato Islamico ha i suoi centri anche nelle nostresocietà. Sfrutta l’odio riversato da alcuni ragazziverso la loro stessa società che a loro occhio non liidentifica. Siamo entrati in una vero e propria guer-ra globale che non è facile da combattere poichèsiamo di fronte ad un nemico senza scrupoli, capacedi sgozzare innocenti di fronte ad una telecamera.Ma nonostante questo non possiamo ridurci adassurde generalizzazioni e colpevolizzare milioni diinnocenti che hanno un visione completamentediversa da quella estremista. Non possiamo usare leprime pagine dei giornali per accusare una religionecon milioni di fedeli che non hanno alcuna colpa.Non possiamo sfruttare gli avvenimenti di Parigi perla propria campagna politica. Noi occidentali dobbiamo rimanere vicini e lottarecon forza contro la violenza e l’intolleranza rima-nendo noi stessi.

Paolo Petrucco 3E

In copertinaCoscienza di piomboImmagina quei ragazzi sul pavimento del Bataclan. Maimmaginali per davvero, distesi, tartassati, in una pozza disangue, lo sguardo perso nel vuoto, uno vicino all'altro,ragazzi per lo più sconosciuti fra di loro, uniti da quel ter-ribile destino. Molti corpi, si toccano, si sfiorano.

Attualità

Poesie

CronacheImmigrazione, unproblema per tuttiPag. 7

Relax

Vietato piangerePag. 8

Qui suis je?Pag. 5-6

Conferenza sulclima a ParigiPag. 6

Isis fino ai giorninostriPag. 4-5

La guerra per lapacePag. 8

Je suis EuropeènPag. 6-7

L’etica e gli idealiPag. 10

Il giubileo straor-dinario dellamisericrdiaPag. 9-10

Alzati fanciullaPag. 9

WA: a spirit ofunityPag. 11-12

In itinerePaestumPag. 13

Giustizia o per-dono?Pag. 16

Un cavallo ram-pantePag. 15

PalamedePag. 16-17

Alla tua etàPag. 12

Terza pagina

L’epilogoPag. 14

Il mostro che nonc’èPag. 14

IpaziaPag. 17

Articolo n.20Pag. 18

Decalogo di unpigroPag. 18

Il soldatoPag. 19

Le ricette diNatalePag. 20

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 2

In copertina

Coscienza di piomboGiuseppe Beltrame 3CImmagina queiragazzi sul pavi-mento delBataclan. Maimmaginali perdavvero, distesi,tartassati, in unapozza di san-gue, lo sguardoperso nel vuoto,uno vicinoall'altro, ragaz-zi per lo piùsconosciuti fradi loro, uniti daquel terribiledestino. Molticorpi, si tocca-no, si sfiorano.Il pavimento accoglie metrodopo metro uomini, donneestremamente diversi per sto-rie, caratteri, gusti eppureincredibilmente legati in queltragico momento, in quel dan-nato attimo. Morti, uccisi daloro coetanei, senza un veromotivo. Tutte le loro aspettati-ve, le loro speranze, distrutte,crollate a colpi di kalashnikov,cadute coi caduti su quel freddo pavi-mento. Ora invece immagina queiragazzi in mezzo a loro, non con gliocchi vuoti ma pieni di terrore, che sifingono morti fra i morti, caduti fra icaduti, le loro speranze sono vive,anzi risplendono insieme a loro, sison trovati di fronte ai mitragliatori,si son buttati per terra, d'istinto, persalvarsi e insieme a loro salvare unaparte di ogni ragazzo caduto, colpitoda quella scarica di fucile, salvareuna speranza, un germoglio piantatoproprio in quel momento, destinato acrescere. Il Bataclan era un inno allavita, uno spettacolo per passare unsabato sera con qualche amico, èdiventato un quadro di morte, un qua-dro imbrattato di sangue.Quando penso a Parigi, bombardato

di commenti e notizie tra moralisti eguerrafondai, mi domando se qualcu-no abbia pensato agli occhi di quegliassassini brutali, quei ragazzi venten-ni o poco più, abbia pensato al lorosguardo assetato di morte, preannun-ciava già ognuna delle vittime chesarebbe caduta sotto i colpi del fucilesottobraccio. Chissà com'erano que-gli occhi entrando nel Bataclan, acce-si, vivi, decisi, in un misto di fanati-smo e foga e poi man mano che siavvicinano alle vittime che urlavanoterrorizzate, occhi spietati, occhi dichi non tornerà mai indietro. Poi arri-vo a chiedermi come fossero mentrepremevano quel maledetto grilletto,cosa vedevano, cosa sentivano, cosadicevano, mentre i loro sguardi siincontravano, si incrociavano conquelli della loro vittima, del loro

coetaneo, del-l'uomo che ave-vano di fronte.Lì non mirispondo, noncapisco, noncomprendo. Noieuropei, cisiamo trovati alprincipio diso-rientati e turbatidi fronte ad unastrage che nonpuò che riporta-re alla mentetristi episodi diguerra , pariginiche potevanoessere romani,

berlinesi, moscoviti, ricordia-mo anche l'aereo russo fattoesplodere da questa fantomati-ca frangia islamica estremistache è l'Isis solo poche settima-ne fa di cui non sappiamoquasi nulla, innocenti che sisommano ad innocenti, uccisidietro la maschera della reli-gione. Trovatemi un Dio chepredica ad un uomo, sua crea-

tura, di uccidere un suo simile in suonome.La strage di Parigi ha aperto una feri-ta profonda ma non impossibile darimarginare, molti osannano la guerradi religioni, lo scontro di culture, altriinvece predicano l'accoglienza e lacomprensione. Forse dovrei schierar-mi, non credo lo farò, almeno non inquesto articolo, non voglio rovinare ofar dimenticare le vivide immaginiche ho cercato di trasmettere, quellevittime che cadono una dopo l'altra, ilcolpo, il sibilo, la morte e insiemecadono anche i superstiti, ancorapieni di vita, di speranza, non siarrendono. Cercate di immaginare gliocchi degli attentatori, quegli sguar-di, quelle pupille di morte.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 3

Attualità

Isis fino ai giorni nostriErika Tiepolo 3C

IS, ISIS, ISIL varie denominazioni perindicare l’organizzazione terroristicaarmata guidata da Abu Bakr al Baghdadiche mira a ricreare le circostanze che nelVII secolo portarono all’istituzione dellasocietà ideale dell’Islam con il primocaliffato. Questo movimento ha avuto perla prima volta un piccolo, ma straordina-riamente efficace ruolo all’interno dellaresistenza Sunnita contro gli Americaninell’invasione dell’Iraq, chiamandosi,perciò, al-Qaeda in Iraq, o AQI. Il movi-mento accrebbe ulteriormente la suapotenza sotto la guida dello scomparsoAbu Musab al Zarqawi, un uomo che hasfidato la leadership storica di Osama BinLaden e che ha riacceso l’antico e sangui-noso conflitto tra sunniti e sciiti quale tat-tica chiave per la ricostruzione delCaliffato. Nel 2007, dopo la morte delsuo fondatore, AQI cambiò nuovamenteil suo nome in Islamic State in Iraq, o ISI.Dopo aver subito varie battute d’arresto,nel 2011, con l’entrata in guerra dellaSiria, l’ISI individuò un’opportunitàunica, un trampolino di lancio per tutticoloro che avevano assimilato la tatticadi al Zarqawi e aspiravano a realizzare ilsuo sogno, come al Baghdadi, il nuovocaliffo. Il successo di quest’ultima fu san-cito nel 2013, quando AQI si spinse finoin Siria, adottando un nuovo nome:Islamic State in Iraq and Syria (ISIS).Successivamente mutò ancora una voltala sua denominazione in State of theIslamic Caliphate (SIC), rimarcando lasua ambizione di governare sui musulma-ni di tutto il mondo.Ma da questo passato, qual è stata, dun-que, l’evoluzione cruciale che ha portatol’IS a diventare quel movimento integra-lista e fondamentalista, che oggi incutetanto terrore alla società mondiale,mirando a privarla della sua stessa liber-tà? Le ragioni essenziali sono tre.In primo luogo si è verificata l’emersionedi una leadership maggiormente attendi-bile e solida. Il nuovo emiro, Abu Bakral-Baghdadi, proclamatosi discendentedel Profeta, ha una laurea in studi corani-ci, è estremamente esperto e gode diappoggi a livello mondiale. La formazio-ne accademica dà credibilità alla suainterpretazione dell’Islam e ha promossola sua immagine di moderna versione delProfeta. Ad aiutarlo a consolidare ulte-

riormente il suo potere fu Hajji Bakr,precedentemente colonnello nell’esercitodi Saddam Hussein, noto per la sua azio-ne di eliminazione, secondo il criterio diSaddam, dei suoi potenziali rivali. In secondo luogo, gli eventi in Siria tra il2011 e il 2014 hanno giocato a favore diIS, dandogli un nuovo e potente fonda-mento e decretando la definitiva rotturacon al-Qaeda, che aveva ormai perso ilsuo ascendente. L’abilità politica dimo-strata da al Baghdadi gli ha consentito diraccogliere ingenti quantità di denari daparte del Kuwait, Qatar e Arabia Saudita,oltre che addestramento e attrezzaturemilitari occidentali.In terzo luogo, favorevole per il consoli-damento di IS è stata la proclamazionenel 2014 della restaurazione del califfato,fatto considerato dei musulmani come unpresagio dell’apocalisse. IS ha assunto,così, un ruolo di prestigio, molti musul-mani di tutto il mondo si sono precipitatia combattere sotto la sua bandiera neracon più di 20.000 combattenti stranieri.Il Califfato oggi è formato soprattutto dagiovani raccolti in tutte le comunitàmusulmane del pianeta. La loro ideologiafondamentalista fino all’estremo non hauna larga diffusione, non è un fenomenodi massa, ma a differenza del mondo deitalebani afgani che era limitato alle scuo-le coraniche e a un sapere basato sulleparole del Profeta, si basa sulla globaliz-zazione e l’uso delle moderne tecnologiedei social network e su una profondacomprensione delle tecniche di comuni-cazione. La propaganda attraverso i massmedia permette di contattare e unire que-ste minoranze radicali sparse nei conti-nenti, spingendole a raggiungere l’unicoStato dove vivere la legge coranica piùpura e dura, per riprendersi dal vuotopolitico creato da fattori allarmanti pre-senti nei moderni stati musulmani qualila corruzione dilagante, la disuguaglianzae l’ingiustizia. Si tratta di un messaggiopotete anche per chi vive all’estero inEuropa ed in America, per quei giovaniche lottano per integrarsi in una societàoccidentale che offre sempre menoopportunità alle giovani generazioni. Chiunque si oppone va eliminato, tutti gliinfedeli devono essere uccisi o resi schia-vi: non ci sono vie di fuga, non ci sonoattenuanti né compromessi. La ferocia è

il cemento del Daesh (nome arabo perIS), le reclute vengono educate alla cru-deltà, con continue manifestazioni edesecuzioni pubbliche. I giovani vengonoeducati attraverso una spettacolarizzazio-ne della morte, nel suo più crudo e stra-ziante aspetto. La violenza estrema è unelemento che viene utilizzato per diffon-dere la paura attraverso la moderna tec-nologia dei social che fa rimbalzare i fil-mati delle barbare azioni perpetrate inogni angolo del mondo con una potenzamolto superiore a dei sermoni religiosi.Lo Stato Islamico non vuole alcun tipo diriconoscimento, se non il terrore; nonconosce frontiere, inseguendo l’epopeadel Profeta si è esteso in pochi decennifino alle porte di Parigi e ai confinidell’India. Si offre come modello achiunque voglia affiliarsi: ha creato pro-vince in Libia, Egitto e Caucaso, cercaalleati in Afghanistan, Pakistan, Tunisia eLibano. Per perseguire il suo truce idealesfrutta le numerose debolezze dei gover-ni mondiali, incapaci tutt’oggi di prende-re decisioni condivise e comuni, schiac-ciate da processi decisionali lunghi,dibattuti, sottoposti agli umori delle opi-nioni pubbliche. Mira a sgretolare passoper passo una libertà fragile, in cui lastessa società occidentale crede poco.Tutto questo ha portato oggi a un con-fronto con una società cresciuta, inveceche nella pace, fra le bombe e le macerie,una società agguerrita, disposta a tuttopur di rivendicare i suoi diritti, una socie-tà stanca di essere emarginata; i risultatisono stati violenza, incomprensione, dif-fidenza e chiusura in noi stessi. Per anniabbiamo voltato le spalle a queste realtàdisagiate, ritenendo che non ci toccasseroda vicino, che fossero estranee e lontane,ma sono sempre state accanto a noi, allenostre vite, erano solo nascoste, offusca-te dal nostro egoismo e indifferenza.Abbiamo tentato di convincerci che ilmigliore contributo da parte nostra fossequello di buttare bombe dall’alto, di com-battere semplicemente utilizzando droni;tattiche che per altro si sono rivelate pale-semente inefficaci: ottomila raid occiden-tali finora sono stati inutili, spesso i cac-cia tornano alla base senza sganciare mis-sili, non sanno nemmeno cosa colpireperché non ci sono informazioni dalregno del Terrore.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 4

Ora è giunto il momento di prendereparte concretamente e attivamente a que-sta guerra, perché tale è diventata.Dobbiamo difendere i nostri valori, siapure pagandoli a caro prezzo, che nonsignifica aprire le frontiere in nome del-l’integrazione per poi chiudere gli occhidi fronte alle effettive esigenze che con-cernono il lavoro e l’educazione, poichéquesta non è accoglienza, ma pura non-curanza. L’epocale problema del nostrorapporto con l’ignoto, col diverso e, spe-cificatamente, con l’Islam in ogni suacomponente, non può venire ridotto asuperficiali tattiche di integrazione,peraltro fallite, come testimonia la citta-dinanaza di alcuni degli autori delle stra-gi di Londra e Parigi; tutto questodovrebbe rappresentare un prezzo assai

modesto per la difesa dei nostri valori.Dobbiamo smettere di voltare le spalle auna realtà ormai dilagante, di credere chesia possibile sconfiggere un nemico chenemmeno conosciamo, al quale per anniabbiamo guardato con indifferenza e per-sino con disprezzo. Perché il vero proble-ma non sta in Siria, ma vicino a noi:molti giovani che si uniscono alle forzedi IS sono figli nostri, dobbiamo, dun-que, interrogarci sul motivo per cui sisentono abbandonati a casa loro, perchépensano di non poter costruire qualcosaa casa loro, perché non siamo in grado difornire loro valori solidi su cui costruiree sognare. Dobbiamo distinguere tra chiè un pericolo e chi è in pericolo. Masoprattutto dobbiamo indagare sullanostra società e sul vuoto etico e morale

da cui, ormai, essa è dominata, che hasostanzialmente portato il denaro e leconvenzioni sociali ad acquistare il ruolodi preminenza, occupato sino a pocotempo fa dalla virtù: chi non condividequeste idee è emarginato, tagliato fuorida ogni effettiva attività a livello cittadi-no. Tale situazione è diventata tantoopprimente da spingere alcune persone arifugiarsi nel fondamentalismo religioso.Pertanto le lacrime devono servire a tenersgombro lo sguardo, non renderlo ancorapiù confuso, devono servire da monito aigoverni di tutto il mondo e a noi tutti,affinché sia chiaro lo scopo, l’obbiettivoe l’assetto politico, istituzionale e socialeche miriamo a realizzare e i valori per cuiè necessario che lottiamo.

Qui suis-je?Gloria Selleri 2B

Per molto tempo non molti mesi fasiamo stati tutti Charlie, dopo che aveva-no provato a toglierci la libertà di espres-sione, e nemmeno una settimana fa daquando sto scrivendo oggi, siamo statitutti Parigi. Milioni di noi italiani sonoscesi in piazza al grido “Je suis Paris! Jesuis Paris! Io sono Parigi!” perché nuo-vamente hanno tentato di privarci dellanostra libertà di muoverci, di divertirci,di vivere. Sì, noi. Ma chi siamo noi?Spostiamo un attimo la nostra attenzionea qualche giorno prima delle esplosioniche fecero cadere in ginocchio Parigi, inun luogo non molto lontano da dove citroviamo. Beirut, Libano, 12 novembre 2015. Cisono molte persone nella vie e nelle piaz-ze, in particolare nella parte meridionaledella città, dove si trova una delle areecommerciali più importanti, poco lonta-no da un ospedale. Molta gente fa com-pere, si diverte con gli amici o guardasemplicemente le vetrine, in una seratache non sembra molto diversa dalle altre.Alcune persone, però, forse non sannoche quel quartiere è anche consideratouno dei centri principali del partito sciitaHezbollah e che il perenne scontro pre-sente fra sunniti e sciiti non è così lonta-no come credono. Scoppia la primabomba. Seguono urla di dolore e pauradella gente che non sa dove andare efugge, oppure che ad un tratto si ritrovasenza più una gamba e si rende conto dinon poter scappare. Poi una seconda.

Altro boato, altre grida. La terza s’incep-pa, non esplode. La sorte decide che ilnumero di morti è sufficiente. Il suo por-tatore sarà ritrovato morto il giorno dopo.Poi i rumori assordanti delle sirene del-l’ambulanza e della polizia, le luci blu erosse che si riflettono sulle pozze di san-gue nelle strade. Tutto accade in fretta, inmeno di un minuto muoiono 10 personee ne vengono ferite più di 200. Il giornodopo le vittime diventano più di 40, men-tre nell’ombra l’IS rivendica questo mas-sacro soddisfatta.Personalmente, non vedo molta differen-za fra questo e l’attentato di Parigi.Entrambi mi suscitano orrore, collera etristezza. Sì, i morti sono di meno eBeirut non è così vicina a noi come laFrancia, ma quando si tratta della stragedi persone innocenti non dovrebbe conta-re il luogo o chi è stato ucciso, vero? No,non è vero. Il 13 novembre sulla prima pagina dellaRepubblica non c’è stato nessun accennoriguardo all’attentato in Libano, mentrenei telegiornali la notizia non ha suscita-to più scalpore di molte altre. Poi Parigi,e il mondo è caduto nel panico. Perché?Forse Beirut non è abbastanza famosacome la capitale francese, o forse è con-siderata una notizia non particolarmenterilevante perché è accaduta in Libano, enon in Europa. Perché è capitato a loro,non a noi. Perché noi siamo italiani, fran-cesi, europei, non libanesi. Perché ormaisi sa che in Medio Oriente e in Africa

ogni giorno muoiono centinaia di perso-ne a causa delle bombe, delle fucilate,delle coltellate e migliaia gridano il lorodolore mentre vengono torturate all’in-terno di scantinati: sono notizie a cuisiamo abituati ed essere informati di que-ste cose non ci importa più. Beirut è unacittà sconosciuta in un Paese lontano,abitata da persone straniere di cui nonsappiamo nemmeno il nome della linguache parlano. Parigi, invece, la conosco. Euna mia amica studia il francese ognigiorno. Quindi si scende nelle piazze, siurla “Je suis Paris” e qualche volta anche“Via tutti i musulmani”, perché la nostralibertà è più importante della loro.Oppure perché abbiamo paura che i pros-simi obbiettivi saremo di nuovo noi, e ilterrore che risveglia il nostro desiderio disopravvivenza ci riconduce al più primi-tivo dei nostri istinti,che una volta forsecredevamo di aver superato con l’evolu-zione: “Uccidere loro o morire”. Doveloro sono gli tutti gli arabi, i musulmani,, non importa se urlano “Allahu akbar!” esi fanno esplodere o se gridano per ildolore dopo aver perso un braccio o unfiglio e ci chiedono aiuto. Non ci impor-ta che il 95% dei morti uccisi dall’ISsono loro, non ci interessa che siamo noia vendere le armi all’organizzazione ter-roristica . È più facile dividere il mondoin buoni e in cattivi, altrimenti le cosediventano troppo complicate. E magaririflettendo capiremmo che la colpa non èsolo loro. Nel 1989 il muro di Berlino

Qui suis-je? Chi sono io? Chi siamo noi?

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 5

Attualitàvenne distrutto per eliminare per semprequalunque barriera dividesse l’umanità.In questi giorni se ne sta creando un altromille volte più solido e pericoloso. Quisuis-je? Io sono una semplice ragazzinadi quindici anni che ritiene che il nemico

da sconfiggere siano i terroristi, non imusulmani, e che le vittime da piangerenon siano solo le persone di cui conoscia-mo la lingua o il luogo dove sono nate, eche crede fermamente che non esista nes-sun loro, ma solo un grande e potente

noi. Un noi che urla non “Je suis Paris”, ma“Je suis humanitè”, perché la libertà è undiritto universale e non la si può mante-nere ignorando coloro a cui viene strap-pata via.

Conferenza sul clima a ParigiGiovanni Cabroni 1DSe fino a qualche anno fa il surriscalda-mento globale e l’impatto dell’attivitàumana sull’ambiente erano temi ignorati,ora ben 150 paesi di tutto il mondo stan-no cercando un accordo comune perridurre le emissioni di CO2 e salvare ilpianeta. Tutto ciò si svolge a Parigi,durante una conferenza che durerà dal 30novembre all’11 dicembre e in questidodici giorni i leader di tutto il mondopotrebbero cambiare il destinodell’Umanità oppure condurla sull’orlodel baratro. C’è chi, infatti, tra i tantipaesi partecipanti, non considera il surri-scaldamento del pianeta come una possi-bile minaccia e oppone resistenza aglistati che, al contrario, vogliono tagliare leemissioni di gas serra. L’India, ad esem-pio, si sente in diritto di poter bruciare econsumare grandi quantità di carbone epretende dei risarcimenti economicimolto sostanziosi in caso di riduzione delconsumo di questo combustibile fossile.Anche altre nazioni, situate in Medio-Oriente e nel Golfo Persico, non voglio-no ridurre l’estrazione mineraria e il con-sumo di combustibili inquinanti, poiché

queste attività sono la principale fonte diguadagno. C’è chi invece, come gli StatiUniti, vuole ridurre il consumo di mate-riali inquinanti ed è disposto a trattare estipulare un accordo sul suddetto obbiet-tivo. Gli USA in particolare, però, nonsono, a mio parere, liberi di dare unasvolta positiva alle emissioni di CO2 per-ché, sebbene il presidente Barack Obamaabbia già ammesso gli errori che ha fattoil suo paese negli ultimi decenni, tra circaun anno avverranno le elezioni presiden-ziali e, nel caso di una sconfitta deiDemocratici, i Repubblicani non garanti-rebbero un impegno duraturo sul fronte

delle emissioni. Nonostante l’impegno dimolti paesi dobbiamo ricordare chedurante l’inizio della conferenza, proprioa Parigi, un numero non ininfluente dimanifestanti protestava contro i governidi tutto il mondo e criticava giustamente,se pur con molta violenza ingiustificabi-le, la propensione degli stessi stati alsistema capitalistico che, pur offrendomolti servizi e vantaggi ad una partedella popolazione mondiale, minacciaseriamente di nuocere all’ecosistema acausa del consumo indiscriminato disostanze tossiche, combustibili altamenteinquinanti e innumerevoli prodotti noci-vi, molto spesso, anche all’uomo.Quindi, se davvero teniamo al nostroPianeta Blu, dobbiamo impegnarci a con-sumare meno energia, a utilizzare lerisorse rinnovabili che la Terra ha daoffrire e dobbiamo inoltre preservare eallo stesso tempo consumare con moltamoderazione le risorse non rinnovabili,affinché anche i nostri posteri possanovivere un futuro migliore in un mondomigliore.

Je suis EuropeènFederico Collavini 3BGuerra o pace. Un quesito che ha attana-gliato l’umanità fin dalla sua nascita, chela perseguita tuttora e la dividerà in futu-ro. In questi giorni siamo noi Europei adover dare una risposta. La tolleranza, dicui il Vecchio Continente è la culla, èstata messa a dura prova. Molti gridanoalla mancanza di valori che avvelena ecorrode la nostra società, all’ostinataindifferenza mostrata di fronte alladistruzione dei nostri principi. Premonoper una reazione, forte, armata. Altremorti, altre vendette. Guerra. Lottano persopprimere il valore impresso più afondo nelle nostre coscienze. La pace.Per secoli i nostri confini sono stati mac-chiati di sangue, i nostri avi si sonomacellati senza pietà, intere popolazionihanno provato un astio immenso verso

altre. Ora, poco più di mezzo secolodopo la fine del più esteso conflitto euro-peo e mondiale, è possibile passare da unterritorio all’altro senza dover nemmenomostrare il proprio documento, circolauna moneta unica, è nata un’identitàcomune. Un’utopia, luminosissima, sco-nosciuta agli Americani, incomprensibileai Russi, un miracolo avvenuto ad unavelocità impressionante, una conquistairrinunciabile che adesso ci voglionoportare via. Vogliono far sì che le libertàche ci siamo conquistati vengano sop-piantate dalla paura, dal naturale ed irra-zionale istinto di sopravvivenza. Ma noinon vogliamo sopravvivere, vogliamovivere. E questo implica un rischio, chedobbiamo essere pronti a correre, chedobbiamo accettare. La pace è solo per i

coraggiosi e, quando il PresidenteHollande parla di guerra, quando vieneintonata la marsigliese nelle piazze ditutta Europa, si constata con tristezza chea molti manca la lucidità per capire edapprezzare la nostra storia, la più grande,bella storia che gli infiniti popoli dellaTerra abbiano vissuto. Sappiamo ancheche il rancore ed il risentimento non siriverseranno sui reali colpevoli, peraltrosconosciuti, ma sulle migliaia di profu-ghi che, in questo momento, si presenta-no speranzosi alle nostre porte, alle portedell’Europa. Fuggono dalla disperazionee dalla guerra verso un luogo di pace.Papa Francesco ha implorato: “Per favo-re, niente porte blindate”, ma numerosisono coloro che continuano a predicarela chiusura e l’isolamento.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 6

Immigrazione: un problema per tutti.Federico Daici 5F

La storia ci insegna che l'esodo dimilioni di persone verso zone abitateda popolazioni totalmente differentida loro ha rappresentato un problemainsormontabile per le civiltà chehanno subito questo fenomeno.Indicativo è infatti il caso dei Goti, acui l'imperatore Valente nel 376 per-mise di proteggersi dall'avanzatadegli Unni emigrando entro i confiniromani, pensando di poterli integraretra la popolazione imperiale, per poiutilizzarli a suo piacimento nelle lottecontro altre tribù germaniche.Cessato il momentaneo pericolo,però, il popolo barbaro diventò benpresto un nemico interno dell'Imperoe una delle cause della sua caduta:l'ultimo imperatore d'Occidente,Romolo Augustolo, fu infatti depostoproprio da Odoacre, capo degliOstrogoti. Analoga a questo evento, esoprattutto molto più recente, è la sto-ria del Kosovo, regione che, puravendo sempre fatto parte dellaSerbia e rappresentando per i serbiuna territorio sacro in seguito allabattaglia del 1389, in cui essi si dife-sero coraggiosamente dall'avanzataturca venendo però massacrati, haottenuto l'indipendenza nel 2008. Ciòavvenne dopo una serie di scontriarmati tra la popolazione albanese,diventata maggioritaria nel corso del'900 a causa di una forte immigrazio-ne e un tasso di natalità molto alto, ele forze serbe, che difendevano lapopolazione autoctona, in proporzio-ne diminuita a causa dell'aumento diquella albanese, tanto da essere unaminoranza nella stessa terra natia. Perquanto riguarda invece l'attuale spo-stamento verso l'Europa di masse che

giungono dai Paesi musulmani, sipuò notare un fenomeno molto preoc-cupante legato a questo esodo, ilquale può far presagire un'evoluzionedei fatti analoga a quella degli eventistorici sopracitati: molti tra gli immi-grati provenienti dai territori islamicie sempre più spesso anche i loro figlie nipoti, cioè persone cresciute inEuropa e in linea teorica facenti partea tutti gli effetti della società occiden-tale, spesso non vogliono integrarsitra la popolazione del Paese che liaccoglie, ma anzi cercano di conser-vare in maniera forte la loro identitàtradizionale ed imporre i loro costu-mi, anche qualora siano avversi alleleggi dello Stato in cui vivono, comeaccade in alcune località inglesi nellequali, più o meno legalmente, la sha-ria sostituisce il codice civile. Questoevento appare ancora più preoccu-pante alla luce del fatto che le comu-nità di immigrati musulmani spessopossiedono un tasso di natalità moltosuperiore a quello della popolazioneautoctona, ciò quindi può permettereloro di ottenere una rapida crescitademografica, capace di rovesciare inqualche decina di anni gli equilibrietnici europei.Risulta quindi palese che l'odiernaciviltà europea rischi di essereschiacciata dal peso delle migliaia dipersone che ogni giorno sbarcanosulle sue coste o varcano i confiniorientali del suo territorio. Questoingente numero si va poi ad aggiun-gere a quello, già consistente, di unaparte di quei 16 milioni di musulma-ni che abitano in UE senza essersiintegrati all'interno della popolazio-ne. La colpa di questo esodo di massa è

però degli stessi Stati che lo subisco-no, oltre che degli Stati Uniti:l'Occidente, infatti, ha spesso com-messo gravi errori nella gestionedelle controversie internazionali chehanno interessato i territori da cuiprovengono i migranti, destabilizzan-doli economicamente e socialmente,tanto da obbligarne gli abitanti ascappare per cercare una vita tran-quilla. È quindi una responsabilitàdegli stessi Stati occidentali quella distabilizzare politicamente le zone diemigrazione, favorendone poi lo svi-luppo, in modo da permettere ai loroabitanti di restare in patria senzadover affrontare un viaggio colmo diperipezie per poter vivere in manieradignitosa. Un intervento umanitario eun susseguente sostegno economicopotrebbe poi permettere agli Statioccidentali di ottenere una maggioreinfluenza politica ed economica inqueste aree, tra l'altro spesso ricche dimaterie prime, e quindi vantaggiosesia sul piano commerciale che suquello strategico, utili nella lotta allefrange violente del fondamentalismoislamico presenti in questi territori.Ritengo quindi dannoso scialacquaremiliardi per "accogliere" i migrantiche in questo periodo giungono inEuropa, quando, spendendo cifreanaloghe, o di poco superiori, potreb-bero essere applicate delle politichelungimiranti, propedeutiche a far ces-sare il drammatico fenomeno dell'im-migrazione e a migliorare la situazio-ne politica mondiale, salvando inquesto modo la nostra società da unfuturo crollo dovuto ad uno stravolgi-mento etnico.

Cronaca

I migranti non andrebbero "accolti", ma aiutati realmente. L'Europa, poi, rischiamolto più di quanto si possa pensare.

L’esperienza umana, però, insegna che ilnomadismo è spesso un’opportunità,un’occasione di arricchimento, di cam-biamento.

Non ci è ancora dato sapere se le nostreazioni derivino da una vasta ed incom-prensibile concatenazioni di cause edeffetti, da una volontà superiore o dalla

nostra libertà di arbitrio, ma abbiamoimparato a nostre spese che queste hannodelle conseguenze. Pace o guerra.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 7

Cronaca

La guerra per la paceMarta Pisani 1CFin dall'antichità il mondo è stato caratte-rizzato da innumerevoli guerre; guerreche hanno sempre causato morti, povertàed epidemie. Dopo centinaia di conflittil'uomo non ha ancora imparato la lezio-ne, non ha capito che usando le armi sicausano soltanto altre guerre, morti epovertà, per non parlare dell'enormespreco di soldi. Vi siete maichiesti quanti soldi vengano but-tati via a scopo militare? Larisposta è 1776 miliardi di dolla-ri annui; non so voi, ma io nonriesco neanche ad immaginareuna cifra simile. L'Italia è aldodicesimo posto come spesamilitare con 29,2 miliardi dieuro, ossia 80 milioni al giorno.Ovviamente al primo posto sitrovano gli Stati Uniti con 610miliardi di dollari, seguiti dallaCina (216 miliardi) e dallaRussia (85 miliardi).Durante la guerra fredda, gli Stati Unitihanno speso, soltanto per armamentinucleari, una somma tale che, se fossecostituita da banconote da un dollaro e lebanconote fossero legate in mazzette eusate come mattoni, ci si potrebbecostruire un muro di dollari altro duemetri che circonda la terra all'altezzadell'Equatore per oltre cento volte; eaggiungendo la spesa per gli armamentinucleari sostenuti dall'Unione Sovietica,l'altezza del muro si potrebbe raddoppia-

re. Queste somme sono inimmaginabili, epensare che noi spendiamo tutto questodenaro per procurare la morte, non è orri-bile? Questi soldi si potrebbero utilizzare peruna guerra decisamente più importante,la guerra contro la povertà; a me sembrauna guerra molto più giusta, non ci sareb-

be neanche una vittima. Pensate chebasterebbe risparmiare quanto si spendein un giorno a scopo militare (4,9 miliar-di) per triplicare il bilancio annualedell'Organizzazione mondiale dellaSanità; si potrebbero così potenziare lalotta contro le grandi malattie tra cuil'Aids, la tubercolosi e la malaria, cheprovocano ogni anno 6 milioni di mortipremature. Basterebbe risparmiare quan-to si spende in due giorni a scopo milita-re per ricavare la cifra necessaria a finan-

ziare l'istruzione primaria per tutti queibambini e quelle bambine che, a causadella povertà, non possono andare ascuola. E per finire basterebbe risparmia-re quanto si spende in tre giorni per dareal PAM (Programma AlimentareMondiale) i fondi per assicurare a 270milioni di bambini poveri un pasto a

scuola. Quante cose si potreb-bero risolvere con i soldi delleguerre. Io penso che sia piùconveniente investire i soldiper queste cause invece chedarli alle industrie bellicheche sono le uniche a trarreguadagno dai conflitti. Vorreiinvitare tutti a non lamentarsidi quelle persone disperateche scappano dalle guerrerischiando la vita per un futu-ro migliore e che una voltagiunte nella “magica” Europasono vittime di pregiudizi e

accusate di colpe insensate, perché ricor-do che siamo anche noi a procurare ilfenomeno dell'immigrazione finanziandole guerre da cui loro scappano.Per finire vorrei concludere con una frasedi uno dei miei eroi, Gandhi: ''Il genereumano può liberarsi della violenza soloricorrendo alla non violenza. L'odio puòessere sconfitto soltanto con l'amore.Rispondendo all'odio con l'odio non si faaltro che accrescere la grandezza e laprofondità dell'odio stesso.''

Vietato piangereSofia D’Urso 3CNonostante il divieto delle convenzioniinternazionali, in diverse parti del mondocontinuano ad essere utilizzati bambini eragazzi-soldato. Solitamente hanno un’e-tà compresa fra i 15 e i 18 anni, ma spes-so vengono reclutati già all’età di 10 annida parte di eserciti regolari o di gruppiarmati. I bambini vengono utilizzatidirettamente in combattimento oppurecome vedette, esche, messaggeri o spie.Sono bambini sofferenti, privati di ognidiritto, della famiglia, degli amici e del-l’infanzia. Privati della capacità di sorridere.I bambini, la nuova generazione, sono ilfuturo del mondo e negando loro i diritti

si commette una violenza control’Umanità intera, strappandole il sognodi un futuro migliore. I bambini vengonodisumanizzati, sono strumenti nelle manidi potenti, che li sfruttano, li esauriscono,che se ne approfittano come fosserooggetti, togliendo loro la vita e la vogliadi vivere.Negli ultimi mesi anche la minacciaincombente dell’ISIS ha iniziato a reclu-tare nell’esercito bambini-soldato, cometestimoniano le poche immagini cheescono da città come Raqqa che mostra-no numerosi gruppi di bambini raccolti,attenti attorno allo jihadista di turno, chedetta loro i principi di Corano e Sharia.

I miliziani dell’Isis sanno che non bastaconquistare territori e gestirne le risorse:un Califfato va anche popolato e prepara-to a resistere nel tempo, i bambini di oggidevono diventare gli jihadisti di domani,divisi tra i soldati che difendono i confi-ni dello Stato e gli amministratori cheapplicano ligi la legge islamica.Le giovani donne risparmiate ai massacrisaranno invece le madri della futuragente dello Stato Islamico: sono costrettea diventare spose degli jihadisti. I bambini arruolati nell’ISIS, chiamatiaffettuosamente “I cuccioli delCaliffato”, sono addestrati a combatterecon armi automatiche, a resistere a dolor

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 8

e fatica, a tagliare la gola o a sparare allatesta di ostaggi inermi provandone orgo-glio, come in un bel gioco… Sonomigliaia, forse un'intera generazione per-duta.Cosa ne sarà di loro? Quale sarà il lorofuturo?Il respiro della morte avanza ed è semprepiù vicino. Spogliandoli da ogni diritto di esser bam-bini, soli con loro stessi, in braccio allamorte, il loro è l’ultimo respiro sulle alidi un sogno spezzato.

‘Alzati, fanciulla!’Benedetta Ardito 3C

‘Talitha Kum’ (5,41Vangelo di Marco) non èsolo la frase che Gesùpronunciò dopo averresuscitato la figlia diGiaro, ma anche il nomedi un’organizzazione disuore impegnate nellaprevenzione, protezione,assistenza, sensibilizza-zione e denuncia dellatratta di persone.Innanzitutto però ènecessario chiarire checosa si intende quando siparla di ‘tratta di perso-ne’, ovvero ‘il recluta-mento, il trasporto, il tra-

sferimento, l'alloggio ol'accoglienza di una opiù persone, usandomezzi illeciti ai fini dellosfruttamento. Ciò com-prende lo sfruttamentodella prostituzione altruio altre forme di sfrutta-mento sessuale, il lavoroo i servizi forzati, laschiavitù o le praticheanaloghe alla schiavitù,la servitù o il traffico diorgani.’. Questo è unproblema più attuale diquanto non si pensi, a cuii media non attribuisco-no la necessaria impor-

tanza: i dati parlano di unnumero vittime che ognianno attraversano ille-galmente le frontiereinternazionali che variatra 800 000 e 2 000 000persone, ma in generalequesta realtà tocca l’1%della popolazione mon-diale, ovvero quasi 73milioni di persone. Fraqueste, quasi l’80% sonodonne (66% adulte, 13%bambine), il 12% uominied il 9% ragazzi. Laschiavitù quindi non èsolo cosa dell’Ottocento,non è solo il ‘commercio

triangolare’ che tanto si studia sui libri distoria (ovvero quel fenomeno che consi-stette nella deportazione di uomini dicolore dall’Africa alle Americhe fra ilXVI sec. e il XIX sec.), la schiavitù pur-troppo ci tocca da vicino anche oggi: adagire in questo campo c’è proprio questaorganizzazione, ‘Talitha Kum’, che com-prende ad oggi più di 1100 suore sparsein 80 Paesi. La loro particolarità?Agiscono, per così dire, ‘in borghese’: sitravestono infatti da prostitute e si infil-trano nei bordelli per entrare direttamen-te in contatto con le donne e i bambinicoinvolti. Il presidente dell’organizza-zione afferma ‘Queste suore non si fida-no di nessuno. Non si fidano dei governi,delle aziende e della polizia locale. Inalcuni casi non possono nemmeno confi-dare nel clero maschile’, aggiungendoche il gruppo preferisce concentrarsi sulsuo lavoro, non far pubblicità. ‘Lavoranonei bordelli. Nessuno sa che esistono.’Nel corso della ‘Trust WomenConference’ sui diritti delle donne e sul

traffico di esseri umani organizzata dallaThompson Reuters Foundation, sonoemersi episodi agghiacciati: una donna,non riuscendo a raggiungere l’obbiettivodi 12 clienti al giorno, venne rinchiusa inuna gabbia senza cibo, costretta a man-giare le sue feci.Il loro impegno nell’ambito della prosti-tuzione non basta? Le sorelle si sono

anche attivate per salvare dalla schiavitùi bambini venduti dai loro stessi genitori,non solo creando una rete di case perospitarli in Africa, nelle Filippine, inBrasile ed in India, ma anche hannoavviato un fondo per acquistare loro stes-se questi bambini, per evitar loro una vitada schiavi (consideriamo che la trattadella vendita di bambini è la terza attivi-tà criminale nel mondo). Sono quindi queste suore un chiaroesempio di eroine moderne, coraggiose,che non operano per avere fama, masolamente per aiutare veramente le per-sone. ‘Talitha Kum’ ovvero ‘Alzati, fan-ciulla!’ è, a mio parere, il motto più adat-to: ma non sono solo le fanciulle adalzarsi grazie a loro, ma anche gli uomi-ni, i ragazzini e le donne adulte. C’è chisi alza dalla strada dove è costretta a pro-stituirsi, chi si alza da un campo di granodove lavora, chi si alza dal marciapiededove spaccia, ma l’importante è che tutti,in un modo o nell’altro, riescano adalzarsi.

Il Giubileo straordinario della MisericordiaFrancesca Beltrame 2C

Il Giubileo è quel periodo di tempo cheoccupa sostanzialmente un intero anno incui i cristiani si dedicano con più devo-zione possibile alla preghiera e all’ogget-to centrale dell’anno santo, chiamato cosìperché inizia, si svolge e si conclude consolenni riti sacri. Dapprima, quando ilGiubileo ha avuto origine, cioè ormai

dalla tradizione ebraica, questo specialeanno era indetto costantemente ogni 50,ma, pensando ci fosse un periodo troppolungo fra un anno giubilare e l’altro, sidecise di accorciare la differenza a 33,tempo associato agli anni di vita diCristo, e infine fu ridotto a 25.Il Giubileo, che significa “momento di

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 9

Cronacadi felicità”, può essere ordinario, se isti-tuito a seguito delle scadenze, quindiogni 25 anni, o straordinario, come lo èquello iniziato il 29 novembre 2015, poi-ché non legato alle date di norma (l’ulti-mo, il Grande Anno Giubilare, si è svol-to solamente 15 anni fa, nel 2000).Il Giubileo straordinario dellaMisericordia è stato proposto da PapaFrancesco già dal 13 marzo 2015 affin-chè iniziasse l’8 dicembre 2015, dalmomento che in tale giorno 50 anni fa siè concluso il Consiglio Vaticano II. Ciònon è accaduto: Papa Francesco ha deci-so di anticipare la data d’inizio al 29

novembre, dopo il viaggio nellaRepubblica Centroafricana, colpita dallaguerra civile. Esso finirà il 20 novembre2016.Come detto, quest’anno giubilare èstraordinario, infatti il pontefice intendefar presente l’importanza della Chiesa,nel mondo per la diffusione dellaMisericordia di Dio, ricordare per qualiintenzioni e interessi i membri delConcilio Vaticano II hanno discusso,ovvero la volontà di avvicinarsi maggior-mente al popolo cristiano e la fratellanza,compreso l’abbattimento delle diversitàdi lingua, etnia e religione, e far capire

che lo straordinario Giubileo dellaMisericordia desidera ricordare nelmiglior modo possibile quanto Dio, attra-verso il suo amore misericordioso, abbiadato luogo a grandi episodi nella Storiadella Salvezza.Ritengo che, se il Cristianesimo è riusci-to nel corso di secoli ad affascinare cosìtante persone inducendole a spenderetutta la loro esistenza per Gesù, qualcosadi vero e di importante per la vita di cia-scuno racchiuda. Il Giubileo, quindi, puòessere un occasione, sia per i credenti cheper i non credenti di coltivare quest’inte-resse frenato da una prevenzione diffusa.

L’etica e gli idealiSofia Zulini 1E

Per etica si intende un modo di vivere odi comportarsi in base a quello che ognu-no crede essere la cosa più giusta. Oggil’etica è forse una delle cose più com-plesse che esistano, è dappertutto e inogni nostra azione, è un qualcosa di inna-to, ma al contempo ragionato e di cui gliuomini hanno bisogno pervivere con gli altri e inprimo luogo con sé stessi.Quando camminiamo per lastrada, quando lavoriamo ostudiamo o quando svolgia-mo una tra le più comunioperazioni quotidiane, inqueste occasioni entra ingioco l’etica. Solitamentenon ci facciamo caso anchese appartiene alla nostraquotidianità: noi ci compor-tiamo in un certo modo enon in un altro, consideria-mo alcune cose giuste ealtre sbagliate e ci conside-riamo uguali perché siamocresciuti con questi ideali, molto sempli-ci per un bambino, scontati per noi nellavita di ogni giorno, ma indispensabili perdelineare ciò che siamo. L’etica è unqualcosa di soggettivo, varia di personain persona e proprio per questa sua carat-teristica non ha dei principi ben definiti.L’etica non è una cosa nata da poco, èsempre esistita tanto che molti filosofiantichi, che noi conosciamo, parlando,esponevano i loro ideali, che appuntoappartenevano al loro modo di vedere ilmondo e quindi alla loro percezione del-l’etica. Socrate ad esempio vedeva nellasua etica la suddivisione del mondo in

due categorie: i “cattivi” che per luierano gli ignoranti, le persone non accul-turate e che quindi non avevano la capa-cità di immaginare le conseguenze delleproprie azioni; e i “buoni” che inveceerano coloro che studiavano e che aveva-no una certa cultura e per questo poteva-no essere capaci di valutare in modo cor-

retto ciò che facevano e, quindi, erano ingrado di autoregolarsi; erano, quindi,coloro che, per Socrate, delineavano lasocietà giusta. Ognuno di noi avrà apprezzato o meno ilpensiero di Socrate, ciò che però èimportante non è tanto fare della critichead un pensiero altrui, quanto capire qualisono gli ideali di ognuno di noi e custo-dirli avidamente, in quanto le propriemorali e le proprie idee sono la più gran-de ricchezza a cui l’essere umano puòaspirare in tutta la sua vita. Oggi numerosi sono gli eventi storici,ambientali e addirittura globali che pos-

sono e devono far riflettere. Uno deidoveri dell’uomo è quello di mostrarsipartecipe ad ogni situazione o problema-tica che riguardi l’intera comunità; si puòadempiere a questo compito in modomolto semplice, quasi scontato: rifletten-do!Se si verifica un fatto grave oppure se ci

sono problematiche altret-tanto significative cheriguardano uno Stato, oaddirittura un continente,o il mondo intero, ilmiglior modo per aiutarenella piccola quotidianitàè quello di pensare a ciòche, per ognuno, è la cosagiusta da fare e, anche sele opinioni saranno diver-se, si sarà fatto un passoavanti per aiutare la socie-tà. L’unica arma contro ledifficoltà sono i propripensieri, che appartengo-no a sé stessi, ma che pos-sono essere condivisi,

anzi, forse è proprio la condivisione deidiversi pensieri a fortificare una comuni-tà di persone. Quindi l’etica appartiene atutti, in forme diverse, può essere unafonte di unità se condivisa e se rispettata,allo stesso tempo può essere creatrice didibattiti e di liti che possono, anzichéunire, dividere; per questo rispettare l’o-pinione altrui è importante per costruireil futuro!“Etica” è quindi la parola per definirequei pensieri, quelle riflessioni e quegliideali presenti in ogni essere umano chemirano a fare la cosa ritenuta più giusta.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:25 Pagina 10

WA: a spirit of unityAlice Chiaruttini 3E

“Jamboree” ci era risuo-nata troppe volte nelleorecchie quella parola enon eravamo ancora par-titi.Jamboree, jamboree, eche sarà mai? Un viaggio,certo, lontano, sì.Quello che non sapevamoè che sarebbe diventato ilviaggio della nostra vita;perché avere 16 anni epartire per il Giappone inun raduno mondiale discout e guide provenientida 161 paesi diversi, nonè da tutti.Ci eravamo preparati tanto:campi, amicizie, incontri, maniente avrebbe potuto eguagliarel’emozione che trasudava dalladistesa di tende e ragazzi che sistendeva davanti ai nostri occhi.Era il nostro posto. Quattro chi-lometri quadrati di scout entu-siasti di esserci e di vivere que-sta esperienza, 15 giorni di paceed armonia a 9000 km da casa.

“Dal diario di Alice 27 luglio2015”-Siamo qui, siamo qui! Ma cicredi? Il sogno di una vita e ora siamoqui! Mi sento come se fossi in un film,vivo da tre giorni in Giappone e già misento a casa.La mia famiglia mi ha accolta con calore,quasi fossi loro figlia, e l’aria è diversa,più blu, più viva, come a dirmi sì, è vero,ci sei.-

La nostra famiglia ci aveva ospitato pertre giorni, prima di andare al campo;erano stati molto ospitali e avevano cer-cato di mostrarci il Giappone vero, quel-lo della gente, che si siede per terra e vain giro in kimono, che si stupisce a vede-re un piatto di pasta e con orgoglio ti faassaggiare nuovi tipi di sushi, da mangia-re in un sol boccone o meglio, nel loroinglese orientalizzato, “all together”.Poi ci aveva accolto il vero Jamboree, lamarmellata di scout che tanto aveva abi-tato i nostri pensieri e i nostri sogni, ed èlì che è davvero avvenuta la magia, lo

scambio culturale e di valori che il nostromondo tanto sogna e rende utopia.

“Dal diario di Alice 30 luglio 2015”-A destra i thailandesi, a sinistra gli sve-desi, di fronte gli americani, cammino trele tende e cammino nel mondo.Ieri c’è stata la cerimonia di apertura: hoavuto l’onore di fare da portabandiera.All'inizio, non ci credevo, e invece le sor-prese in questi giorni non finiscono mai.Penso sia questo il bello del viaggio: misembra di essere tornata bambina, mi stu-pisco per ogni cosa che vedo, ad ognirumore che sento, ad ogni emozione cheprovo. Quando ero lì, davanti a 30.000persone e hanno gridato “Italy”, io misono sentita viva, rappresentavo tutti gliscout italiani, rappresentavo il mio grup-po, la mia città, il mio paese e, soprattut-to, rappresentavo lo scoutismo e i valoriche esso incarna, è stata la più bella espe-rienza che io abbia mai fatto.-

Jamboree era una filoso-fia di vita, un sogno chediventava realtà, un pic-colo mondo che aveva-mo il dovere ed il dirittodi proteggere una voltatornati alle nostre vitereali.Lo scoprivamo giornodopo giorno, parlando,abbracciando, ascoltandoragazzi e culture nuove esconosciute.Abbiamo visitatoHiroshima, la città dellabomba atomica, la città

della ricerca della pace.“Mi dispiace, mi dispiace e vichiedo scusa, anche se so chenon è colpa mia, non succede-rà più, mi impegnerò perchéquello che è successo nonaccada a nessun altro, in nes-sun tempo, in nessun modo.”Queste sono state le paroledette da un ragazzo americanoalla conferenza giapponese nelmuseo di Hiroshima, unabbraccio tra ragazzi, un pontetra popoli.

“Dal diario di Alice 7 luglio2015”Stamattina mi sono svegliata prima delsolito. Le pareti della tenda sembrava chemi stringessero di più, il caldo attanaglia-va di più il mio viso. Oggi è il giorno,dobbiamo partire, e non tornare, perchéun'esperienza così non tornerà mai più,ne siamo consapevoli.Eppure questa nostalgia ci stringe ilcuore, gli abbracci si fanno più lunghi egli occhi più lucidi.E mentre ci allontaniamo da quel posto,il nostro posto, e sentiamo la gente urlareuna canzone, la nostra canzone, guardia-mo i fuochi d'artificio in lontananza,guardiamo i nostri volti, tanti ne avrem-mo visti nella nostra vita ma non sareb-bero mai stati ugualmente luminosi evivi.Ora il nostro compito è questo, racconta-re, perché il Jamboree non finisca connoi.

Storia di un viaggio e dei suoi viaggitori

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 11

Cronaca

“Il viaggio non finisce mai; solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi inmemoria, in ricordo, in narrazione.” Così ci è stato detto e così faremo, la pace, l'amicizia, sonopossibili; prendiamoci per mano e cambiamolo sto'mondo.

“Siamo stati chiamati la Crociata dei Ragazzi, la Crociata della Pace, e questa è una definizionequanto mai appropriata della nostra fraternità scout. Giovani di tutti i Paesi rappresentati alJamboree si sono riuniti e si sono votati alla crociata dell’amicizia e della buona volontà.Voi scouts vi siete riuniti qui da tutte le parti del mondo come ambasciatori di buona volontà, evi siete fatti amici l’un l’altro, abbattendo qualsiasi barriera di razza, di religione e di classe socia-le. Questa è certamente una grande crociata. Vi consiglio ora di continuare questo buon lavoro,perché sarete uomini e se contese dovessero sorgere tra qualche nazione, è su di voi che ricadràil fardello della responsabilità.”

“Dal 5° discorso al Jamboree di Robert Baden Powell, fondatore dello scoutismo”

”Alla tua etàGrazia Cucchiaro 2CE’ certamente capitato ad ognuno di noidi vedere paragonata la nostra adole-scenza a quella dei nostri predecessori.Innanzitutto le abitudini che abbiamoattualmente sono differenti da quellepassate e ciò è certamente dovuto allosviluppo della società nel corso deglianni. Al giorno d’oggi, ad esempio,abbiamo molta più facilità nel manteni-mento di rapporti a distanza rispetto ainostri genitori e nonni.Internet e i cellulari sono certamentemolto utili nella nostra quotidianità,bisogna, però, fare attenzione al modoin cui ci poniamo nei confronti di tuttequeste agevolazioni, perché non sempreesse sono necessarie e possono divenireperfino un ostacolo per una reale socia-lizzazione. Ciò avviene ad esempio nelmomento in cui abbassiamo lo sguardodurante un dialogo con qualcuno, allaricerca dello schermo del nostro smart-phone, controllando con un’occhiatasfuggente se sono presenti nuove notifi-che o meno. Questa è un’azione checompiamo moltissime volte ogni giornoed è tanto frequente da diventare quasiinvolontaria. Probabilmente trasmettesicurezza il fatto di stringere fra le maniin continuazione il piccolo e fasullomondo dei social network, oppure siamosemplicemente dipendenti da esso, per-

ché sta di fatto che passiamo moltotempo navigandoci all’interno. Per nonparlare, poi, di come diventiamo para-noici nel caso qualcuno non ci rispondacon un tempismo perfetto! Tutto ciò puòcompromettere la capacità di relazionar-

si con il mondo reale che ognuno di noiha la necessità di possedere per vivere ilpiù felicemente possibile.Non dobbiamo però pensare che soltan-to chi utilizza il cellulare in modo osses-sivo abbia una carenza nei rapportiinterpersonali, perché è altresì vero chequesto tipo di persona comprometteanche le relazioni di coloro che ha al suofianco, i quali potrebbero sentirsi trascu-rati, sentimento che degenera via viaverso una non comprensione generaliz-zata dell’umanità e del modo corretto difarne parte. Per sentirsi realmente appar-tenenti ad un determinato gruppo di per-sone è certamente più utile confrontarsicon esse guardandole direttamente negliocchi, in modo tale da conoscerle ecapirle meglio, sapere ciò che pensano,

come agiscono e perché lo fanno in unmodo piuttosto che in un altro. Cosìfacendo, si è portati alla costruzione diamicizie più vere e stabili, che non esi-stono soltanto perché fa comodo a noiconoscere qualcuno per una mera que-

stione di popolarità.Dopotutto, cosa pensiamo sappia di noil’amico con cui spendiamo la maggiorparte del tempo chattando?Quali esperienze ed emozioni abbiamovissuto con lui?Riguardo a ciò i nostri predecessorierano certamente più fortunati rispettoa noi, perché trascorrevano moltomeno tempo, o non ne passavano pro-prio, davanti ad un cellulare, essendo,quindi, condotti, dalle abitudini e pos-sibilità di allora, ad avere più rapportidiretti con gli altri. Attualmente, pren-dendo in considerazione un certonumero di ragazzi italiani, emerge che

circa il 95% di essi possiede un cellula-re e l’86% lo utilizza per navigare inrete. È sconcertante come sia cambiato lostile di vita degli adolescenti e comesiano poco evidenti, se non rari, queivalori che ci fanno dire di una personache è speciale. Dovremmo, quindi, pre-stare più attenzione a quello che pensa-no e provano le persone che ci circonda-no, a come si comportano, e perché lofanno in un determinato modo, impie-gando il meno tempo possibile nell’ir-reale mondo dei social network, i qualinon sono certo in grado di regalare atti-mi di autentica felicità come, invece, safare un essere umano.

Nel 2014 oltre la metà delle perso-ne con almeno 3 anni di età(54,7%) utilizza il pc e oltre la metàdella popolazione di 6 anni e più(57,3%) naviga su Internet.

Percentuali

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 12

In itinere PaestumLorenzo Battello 2BRiccardo Lucheschi 2BLuca Maggio Zanon 2B

Terza pagina

È come se un dio, qui, avesse costruito con enormi blocchi di pietra la sua casa. (F. Nietzsche)Probabilmente chi ha visitato Paestumconcorderà che mai frase fu più azzecca-ta per descrivere questo magnifico emonumentale sito archeologico. Paestumnasce come colonia greca con il nome diPoseidonia ed assunse ilnome di Poistum inseguito alla conquistaLucana. Il nomePaestum è quindi unatraslazione di un nomedi origine italica e fuconosciuta anche con ilnome di Pesto. Ciò chepiù colpisce di questosito è come elementi ditre civiltà differenti con-vivano tra loro, si fon-dano sino a creare unospettacolo di impressionante bellezza. Siamo partiti assieme alla SocietàFriulana di Archeologia alla volta diPaestum la prima settimana di scuola,con l'obbiettivo di contribuire a mantene-re pulito lo scavo, che sennò sarebbeapparso ai visitatori invaso da erbacce;ma quella che doveva essere una settima-na di lavoro si è trasformata in un'espe-rienza magnifica. Le nostre giornate - eccetto quelle dedi-cate alla visita dei musei o di Ercolano eNapoli - si svolgevano pressoché uguali:lavoravamo tre orette la mattina e tre ilpomeriggio, ed il nostro impiego consi-steva nel ripulire le strade e gli edifici delsito da erbacce infestanti e ripulirlo dallaterra in eccesso. Nelle pause ci fiondava-mo - letteralmente - sulla spiaggia, pergoderci l'ultimo Sole della nostra estate,le onde, il mare, tutti e tre così diversi daquelli del Friuli: provare per credere. Equi chi faceva il bagno in un mare cristal-lino, chi usciva in barca a vela, chi gioca-va a pallavolo, insomma, tutti trovavanoqualcosa da fare. E anche le “ore lavora-tive” volavano, con l'idea che ben prestoci si sarebbe potuti rinfrescare in un marestupendo. Spesso ci svegliavamo prestoanche la mattina per goderci l'alba, quan-do il mare ed il cielo si tingevano di colo-ri incantevoli. Penso che ognuno di tuttiquelli che, come noi, sono stati aPaestum preservi nel suo cuore almeno

un ricordo di quella spiaggia o di quelcampeggio dove abbiamo vissuto milleavventure.Abbiamo convissuto per una settimanatutti assieme, condividendo emozioni,

pensieri, sensazioni, approfondendo lenostre amicizie e creandocene delle altre.E nessuno potrà mai togliercelo. È que-sto, secondo noi, un motivo per cui que-ste attività andrebbero valorizzate mag-giormente: danno veramente l'occasionea noi ragazzi di confrontarci con realtàanche diverse dalle nostre. Abbiamo,inoltre avuto, l'opportunità di vivere acontatto con la Storia, di vedere, di tocca-re con le nostre mani cose che fino apochi giorni prima avevamo studiatosolo sui libri di scuola. Non capitava dirado che, durante la pulizia degli scavi,ad esempio, saltasse fuori dal terrenoqualche frammento di anfora dipinto, oqualche frammento di lucerna, o unframmento d'osso; può sembrare banale,ma l'emozione era tanta nello stringeretra le mani un pezzetto di Storia che ave-vamo riesumato noi, che era nostro. Le

sensazioni provate camminando su stra-de vecchie di secoli, la sensazione dicamminare sfiorando le colonne dei tem-pli, maestosi, senza pari... pareva quasi dipoter percepire lo scorrere della storia.

Per non parlare dellevisite ai vari musei -Paestum, Napoli,Ercolano - che cihanno regalato lavisione di stupendeopere scultoree e nonsolo, come ad esempioil mosaico che ritrae laBattaglia di Isso, ilgruppo scultoreo deitirannicidi Armodio edAristogitone... l'elencosarebbe veramente

lungo. Un altro aspetto molto importanteriguarda la crescita personale; riteniamo,infatti, che queste iniziative, oltre adessere ottime dal punto di vista dell'arric-chimento culturale, siano assai importan-ti per la maturazione delle persone:abbiamo, infatti, imparato ad organizzar-ci, a lavorare di squadra, a convivere tranoi - e questo è stato importante non solosul piano delle relazioni - e a convivereanche con realtà italiane differenti dallanostra. La visita ad Ercolano ci ha dato lapossibilità di vedere quanto è tangibileper l'Italia il problema della conservazio-ne del suo patrimonio culturale.Ercolano, infatti, era assai mal tenuta, apochi ha fatto una buona impressione.Molte strutture erano mal tenute e dava-no un’idea di trascuratezza. Anche que-sto ci ha fatto riflettere: abbiamo una ric-chezza incommensurabile per quantoriguarda il patrimonio storico-culturale enon siamo in grado di conservarla digni-tosamente.Queste sono, quindi, opportunità nonsolo da incentivare, ma anche da coglie-re subito al volo; sono opportunità vera-mente singolari, ben poche ti concedonodi vivere a stretto contatto con la Storiacome questa e al contempo a stretto con-tatto con i tuoi amici; e ben poche, comequesta, sono capaci di regalarti un'infini-tà di emozioni concentrate in pochi gior-ni che nessuno mai scoderà.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 13

Terza paginaL’epilogoLetizia Rigotto 3CDa generazioni mette a dura prova le piùsalde amicizie, peggio di una carta "+4"giocata all'ultimo turno di Uno dal tuomigliore amico o di uno spoiler riguardoalla tua serie TV preferita: sto parlandodella domanda delle domande: "Cosa faia Capodanno?".Ogni altra questione diventa superfluaperché in testa hai solo una singola,importantissima cosa: mettere d'accordoun gruppetto di almeno 10 persone pernon dover passare il primo dell'anno contua nonna e il gatto a guardare CarloConti su Rai Uno.All'inizio sembra un problema piuttostosemplice: tutti sono carini ed educati epropongono le loro idee con garbo, maogni conversazione finisce inesorabil-mente con un: "Ma sì abbiamo tempo, èsolo il 3 dicembre".Solo verso il 20 o 21 del mese ci si rendeconto che il tempo stringe e che bisognaassolutamente decidere di fare qualcosa.

A quel punto è guerra aperta: sebbene sicerchi di mantenere un minimo di civiltàè inevitabile non cominciare a litigarefuriosamente dando origine ad insulticosì coloriti ed espliciti che in confrontoBalzac era un dilettante nei neologismi.C'è quello che vuole andare in discoteca,quello che vuole stare tutta la sera in cen-tro, quello che vuole organizzare unafesticciola intima di 15/20 persone equello che vuole andare in montagna per-ché evidentemente sente risuonare anco-ra dentro di sè lo spirito natalizio, maquesta tipologia di persone costituisce inrealtà solo il 40/50% di un gruppo, men-tre l'altra metà è costituita dai "Non loso".I "Non lo so", conosciuti anche come i"A me va bene tutto" sono quelle personeche, come suggerisce il nome, non hannomai uno straccio di idea e che ogni annolasciano fare il lavoro sporco agli altri,aggregandosi solo all'ultimo momento

quando ormai la decisione è bella chepresa. Queste persone, se è possibile,sono anche più odiate di quelli che hannoun'idea diversa dalla tua poiché, quandosi deve mandare ai voti ogni decisione,non riescono a prendere una singola, dan-natissima posizione causando delle infi-nite campagne elettorali da parte deglialtri membri che cercano invano di con-vincerli.Toccherà a questi ultimi (poveri disgra-ziati e abbandonati da Dio) cercare dimettersi d'accordo senza saltarsi alla golaper uccidersi gli uni con gli altri.Sono sempre i giorni più difficili dell'an-no quelli che vanno dal 20 al 30 dicem-bre, ma quando hai deciso finalmentecosa fare in quel fatidico capodannonulla potrà abbatterti perché ora, se qual-che disperato dell'ultimo minuto ti verràchiedere: "Ma tu sai cosa fare l'ultimodell'anno?", tu potrai rispondere fiera-mente: "Sì, io lo so!"

Il mostro che non c’èSimone Del Fabbro 2DMostri e figure maligne sono sempre statipresenti nella storia dell’uomo per prova-re a dare spiegazioni di qualche tipo allecose per lui misteriose e incomprensibili.Ne sono esempio i draghi, le streghe, imostri marini… ed è appunto di questiche voglio parlare. Infatti, alcuni miti“inventati” dagli antichi si sono poi rive-lati non completamente infondati.Eviterò di scrivere di leggende comequelle di “Nessie” o del “Megalodonte”anche perché, personalmente, pensosiano semplicemente fandonie messe ingiro ad arte da persone che vorrebberoguadagnarci sopra. Ormai tutti sanno dell’esistenza delcalamaro gigante, per gli amici“Architeuthis”. Era presente, già nelXVIII nella cultura norvegese comeKraken, un mostro capace di avvolgereintere navi con i suoi enormi tentacoli.Probabilmente, però, pochi sanno cherecentemente è stato scoperto un animaleancora più grande e spaventoso: ilCalamaro Colossale o “M. hamiltoni”.Ovviamente tutte e due le specie sonoinnocue, ma l’idea che uno di questi esse-ri possa arrivare a distruggere un vascel-lo ha sempre spaventato e affascinato inostri avi.

Altro mostro marino è il “Carcino” ogranchio gigante. Questo animale èdescritto nella mitologia greca come l’es-sere che cercò di aiutare l’Idra a sconfig-gere Ercole pungendogli i piedi. L’eroe,

poi, lo schiacciò ed Era lo trasformò nellacostellazione del Cancro. Per ora sonostate scoperte due specie di questo gran-de crostaceo che dovrebbero vivere nelMar del Giappone e nel Mare del Nord. Nella Bibbia, più precisamente nel librodell’Apocalisse, viene descritto un altroessere mitologico. Vi si narra di un enor-me mostro marino che « Fa ribollirecome pentola il gorgo, fa del mare comeun vaso di unguenti. Nessuno sulla terra

è pari a lui, fatto per non aver paura. Loteme ogni essere più altero; egli è il re sututte le bestie più superbe» (Giobbe40:25-32, 41:1-26). Questo spaventososerpente (o coccodrillo) è stato citato inmaniera non esplicita da HermanMelville in Moby Dick, dove questabalena bianca dovrebbe essere un’inter-pretazione dell’orribile mostro apocalitti-co. Il nome della creatura è Leviatano,ovvero, in ebraico, “l’attorcigliato”. Venendo al presente, le cronache segna-lano vari ritrovamenti di carcasse di ani-mali, spiaggiate, di forma strana e anor-male. Tali avvenimenti hanno scatenatole fantasie più sfrenate: qualcuno ci vededei dinosauri sopravvissuti all’estinzio-ne, qualcun altro le sirene, altri ancora,esseri di una civiltà sottomarina ma,ovviamente, si tratta semplicemente diinsinuazioni senza senso. Il più dellevolte, infatti, questi cadaveri altro nonsono che capodogli o balene in decompo-sizione, poiché i cetacei assumono leforme più svariate prima di terminare laloro degradazione organica. Tutto ciò è ladimostrazione di come l’umanità cono-sca solo una minima parte della vita chepopola le profondità marine. E quandonon sa, “inventa”.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 14

Un cavallo rampanteEmanuele Tullio 5FSi trattava di un gran bel purosangue.Non conoscevano le parole adatte adarne una valutazione tecnica seria esoddisfacente, ma mentre lo contempla-vano fuori dal suo box non potevanoresistere alla tentazione di sottolinearnela bellezza e l'eleganza. Un gran cavallosenza dubbio; bel manto, ottimo porta-mento, occhi espressivi; non ci fossestato il cancelletto del box e forse sisarebbero potuti vedere pure gli zoccolisicuramente puliti. Davvero una granbella bestia, come non se ne fanno più.Non avevano troppi argomenti di con-versazione, a pensarci bene, ma delresto il proprietario dell'animale, concui erano d'accordo di trovarsi all'ippo-dromo per iniziare il loro lavoro, nonarrivava, e loro due non si conosceva-no. Era tuttavia il caso che, durante l'at-tesa, trovassero qualcosa da dirsi, dalmomento che, secondo il contratto, igiorni successivi li avrebbero trascorsiinsieme. Della bestia avevano dettotutto ciò che potevano: altro non pote-vano considerare nell'animale di cui eravisibile soltanto il cranio attaccato allacriniera mentre il resto del corpo eranascosto nell'oscurità del box. D'altraparte nessuno dei due voleva buttare ildiscorso sulla vita personale, sulla fami-glia, sulle occupazioni e su altri temigenerici e affini in quanto si sarebbe tro-vato costretto a mentire sulla sua realecondizione, cosa che in fondo non glisarebbe dispiaciuta troppo se il lorocomune datore di lavoro non avesseconosciuto casualmente e con precisioneentrambe le loro situazioni, e non fossestato inconsapevolmente in grado di sbu-giardarli nelle circostanze casuali di unaconversazione. Dire la verità, così pecu-liare e privata, e per di più ad uno scono-sciuto, soltanto per inventarsi una con-versazione, era per tutti e due ugualmen-te fuori discussione. Se avesse dovutovenir fuori meglio che la dicesse ilpadrone, così poi la conversazione nonl'avrebbe ripresa più nessuno e si sarebbestati meglio gli uni con gli altri. Poi, se sene stava zitto, tutto andava per il meglioanche questa volta. Pensavano pressochéle stesse cose ed erano in uno stato emo-tivo simile ma non lo sapevano...maintanto, il cavallo! Era l'unica cosa di cuisi poteva parlare. Anzi, non lo era affat-to, il tempo, gli avvenimenti e le altre

migliaia di cose erano papabili comeargomento di conversazione, ma l'anima-le col suo testone era lì, e non era distan-te come lo era stato nel resto delle lorovite. Reclinava qualche volta il capoverso il terreno, poi verso il cavallo, poiverso il suo compagno e concludeva chenon erano troppo diversi, al contrario, senon si tiravano fuori quei due, tre, argo-

menti che la sera prima si erano promes-si di evitare, erano quasi amici. In queglistessi momenti il proprietario del cavalloaveva perduto due treni ed era in un irri-mediabile e palese ritardo. Arrivò sulposto almeno quattro ore oltre l'orarioconvenuto. Nella concitazione del viag-gio tardivo e frettoloso aveva pensato aidue poveracci che aveva abbandonatoall'ippodromo e provava di sicuro un sen-timento vago e pietoso per loro, quasi dicolpevolezza, ma il passare veloce dellastrada che ansiosamente percorreva loconvinse giustamente che si trattava diun sentimento banale e che non valeva lapena pensarci. Scese dalla corriera presaall'ultimo con una concitazione ostentatae si incamminò verso l'ippodromo conpasso veloce. Sudato per la tensione esgradevolmente rosso in volto, quandoarrivò nella zona vecchia si trovò inmezzo a una confusione di curiosi e dipoliziotti. Nessuno dei passanti seppedargli le informazioni che chiedeva e nonriusciva sul serio a capire che cosa acca-desse. A stento ricordava la strada di terrabattuta che portava al suo box. In quelmomento, come per toglierlo da unimbarazzo, proprio da lì arrivava unragazzo facendosi strada euforico tra lacalca di persone che si era ammassata.Appena scorse il nostro uomo, che a un

suo primo e preciso sguardo apparivaconcitato e disorientato e che per di piùaveva in mano una valigetta leggera, glicorse incontro gridando e gesticolandocome fanno i bambini. Questo, senzacapire nulla, si trovò a correre dietro alragazzino che gli faceva strada nel torri-do caldo estivo. Il terreno giallastro gli siattaccava alla camicia piomba di sudoree alle caviglie dei pantaloni blu oceano.Nella foga di accompagnarlo, il giovanelo distanziò di parecchi metri, quasi sifosse dimenticato di lui, e per starglidietro dovette sfilarsi, ingenuamente,gli scomodi mocassini beige e consu-marsi la pianta dei piedi correndo. Dopopochi passi, infatti, iniziò a sanguinare enell'ultimo tratto si lasciò dietro unalunga scia di impronte rossastre chequalche curioso si fermò a fotografare.Quando il ragazzo arrivò finalmentenella zona dove si era radunato unosquadrone della polizia, senza che inrealtà il suo accompagnato fosse ancorain vista, preso dall'euforia, iniziò a gri-

dare: "Ecco il veterinario! Ecco il veteri-nario!" Pochi secondi dopo il padrone del caval-lo arrivò saltellando a causa delle piaghesotto i piedi, e, senza che se ne rendesseconto o riconoscesse il luogo, venne con-dotto da un poliziotto al suo box, dove,non appena entrato, andò subito in arre-sto cardiorespiratorio. Le zampe anteriori erano state legate condelle catene agli stipiti del portoncino,poi, attraverso una carrucola improvvisa-ta con delle cinture, erano state sollevateverso l'alto, impedendogli di toccareterra. Le zampe posteriori che, natural-mente, a quel punto reggevano il pesodell'intero corpo, erano state spezzatecon delle canne di ferro, per prevenireeventuali pedate, ed erano state legate,sempre con delle catene, a dei palettisapientemente piantati nel terreno.Riproduceva la figura quasi esatta di uncavallino rampante. Tra le natiche avevainfilato un grosso rastrello di quelli per ilfieno - come osservò uno sveglio sergen-te di polizia - e c'erano segni inconfutabi-li di abrasione e dilatamento. "Alla lucedelle diffuse e gravi lesioni non possoche consigliarne la soppressione.", dia-gnosticò saggiamente il vero veterinario.Eseguirono sul posto e lo portarono viaall'alba del giorno successivo.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 15

Giustizia o perdono?Biagio Sartori 3C

Terza pagina

L'uomo era particolarmente nervoso quelgiorno. Si era ripromesso di rimanerecalmo, ma non lo era. C'erano stati tutti iproblemi: poco lavoro, poca grana, pocoda mangiare. E la consapevolezza di nonpoter farci molto. Almeno non fino alpunto dove si era spinto. Si sfregò lemani, era infreddolito. Molto probabil-mente doveva essere per il peso che sen-tiva incombergli addosso. Aveva peròscelto di stare lì, e perciò avrebbe dovutoandarsene in mezzo al gelo per dar spa-zio a un altro infelice. Un altro che da lìa poco sarebbe andato a morire come lui.Condannato. Iniezione letale. Non dove-va andare così. Quella donna non dovevamettersi a gridare, quella spranga dovevasolo servire a spaventare. Nulla di più.Ora invece le mani che avevano vibratocosì tanti colpi erano ben strette da brac-ciali d'acciaio. Proprio quelle mani cheavevano riversato una furia tremenda gliavevano garantito il processo per direttis-sima. Aveva paura di quelle mani. Certoc'era bisogno di soldi, ma sapeva di esse-re diventato cattivo. Aveva posto fine aisogni, alle gioie, ai dolori, ai problemi ealle soddisfazioni di un’altra persona.Una persona non diversa da lui. Si eraarrogato il diritto di sacrificare qualcuno,di sacrificarlo per il suo odio. Colpendoquella donna aveva ammazzato se stesso.Per un attimo pensò che probabilmentefosse giusto che lo uccidessero. In fondoaveva vissuto come un delinquente. Oraperò aveva paura. Non aveva mai credu-to in un dio, o almeno non gli era maipassato per la mente di averne bisogno.Lo avrebbe comunque odiato come unpadre assente. Davanti all'evidenza dellafine sentiva, però, che probabilmente sene sarebbe andato all'inferno. Non avevapiù tempo per rimediare. Aveva buttatovia la propria vita cercando disperata-mente di migliorarla. Ora aspettava solo

il momento. L'attimo del definitivo batti-to di ciglia. La tuta arancione gli andavastretta. Sentiva di odiarla ma ormai nongli importava più molto. Guardava unpunto fisso nel mezzo del soffittoammuffito. Tutto sapeva di decadenza,pulito alla bell'e meglio con varecchina epersino la luce era odiosa. Era una luceelettrica, intensa, da bruciarsi gli occhi.Poteva sentire i rintocchi del tempo cheinesorabilmente fuggiva troppo in fretta.L'esecuzione era fissata per le sei delmattino. Un'ora maledettamente tristeper morire. Erano più o meno le cinque emezza. Immaginava i passi che lo avreb-bero accompagnato per l'ultima prome-nade della sua vita. Una passeggiataschifosa, attraverso il penoso bracciodella morte che stava a sud della prigio-ne. "Ehi fratello, come stai? Ti sei agita-to tutta la notte." Le parole giunsero dallacella a destra. Ci avevano portato un altrodetenuto durante la notte. Questi si eramesso sulla brandina e si era messo adormire di gusto. "Pazzesco, dormire quando da qui a pocosarai ammazzato" aveva pensato l'uomo.Comunque nessuno gli aveva mai chiestocome stesse. Probabilmente gli avrebbedato pure fastidio. Era chiaro come se lapassava. Ma lì dentro, in quei lentissimiistanti, quelle parole sarebbero state leultime. "Nessuno mi ha mai fatto unadomanda del genere. Tu cosa mi dici?Hai dormito tutta la notte.", disse imma-ginando il sole nascente oltre le pareti. "Beh, le ultime ore della mia vita levoglio passare riposato. Non so tu, ma iovoglio vedere in faccia la fine. Nonvoglio addormentarmi." "Che hai fatto per finire qui?", chiesesbadigliando."Oh, non ho avuto una vita molto tran-quilla. Vendevo droga a mezza città.Qualche tempo fa mi è venuta la bella

idea di farla pagare a un tipo perché midoveva dei soldi. Ho ucciso lui e tutta lasua famiglia. Col fucile. Non sono nem-meno scappato. Tu dopo... che haifatto?". Il vicino di cella aveva parlato con unafranchezza incredibile, quindi l'uomo sisentì in dovere di fare altrettanto. "Houcciso una incinta a colpi di spranga.Hanno detto che sono una bestia assassi-na. In realtà dovevo solo prendere deisoldi. Almeno era così che doveva anda-re.". L'uomo continuava a cercare di tra-passare i muri per dare un'ultima occhia-ta al sole. "Le cose non vanno mai come le imma-giniamo. Pensa se una volta che ti chiu-deranno in un sacco sarai di fronte aquella donna.". "Accidenti, grazie! Adesso dovrò andareall'altro mondo con una preoccupazionein più"."Io non credo. Sono sicuro che ti ha giàperdonato. In fondo è così che si devefare no? Altrimenti non si va avanti. Ionon l'ho fatto ed eccomi qua". "E tu credi che rivedrai quell'uomo etutta la sua famiglia? Che ti perdoneran-no?". "So solo che non vorrei stare qui. Vorreiriabbracciare mia madre, innamorarmi diuna brava ragazza e chissà, magari averedei figli". "A me sarebbe piaciuto finirela scuola. Ma ora non potremo fare maipiù tutto questo. Esattamente come èstato per loro. Questa è la giustizia degliuomini. Sì, chiederò perdono a lei e alsuo bimbo. Magari pure a Dio, per menon c'è mai stato ma è pur sempre nostropadre, no? Addio fratello". I passi giun-sero puntuali. Lo accompagnarono finoalla stanza. Fu steso sul lettino. Chiusegli occhi e vide la donna. Uno sguardopieno di pietà. Poi, solo il freddo dell'a-go. Morì alle sei e venti.

PalamedeFrancesco Giacomarra 4E"Avete ucciso, avete ucciso, o Danai, ilpiù sapiente, l'usignolo delle muse chenon faceva del male a nessuno" Queste leparole usate dal poeta Euripide perdescrivere Palamede. Un eroe pieno divirtù e privo di difetti, un eroe unicocome unico è stato il suo tristemente iro-nico destino. Già, perché colui "che nonfaceva del male a nessuno" proprio da

lui, Nessuno, è stato eliminato. Il grandeOdisseo infatti veniva continuamentebattuto da Palamede e proprio sul suocampo favorito, l'astuzia. E questoavvenne fino a quando il re di Itaca, stufodi vedere i suoi inganni smascherati,accusò Palamede di tradimento. Il pove-rino si difese brillantemente, come ricor-da il retore Gorgia, ma nemmeno lui

poteva essere più grande della volontà diconservare il proprio potere dei capiAchei, Agamennone in primis, e cosìvenne ucciso per lapidazione. AlessandroBaricco, uno dei maestri italiani delcosiddetto "teatro narrazione", scegliequesta volta di portare in scena del mera-viglioso Olimpico di Vicenza del teatroclassico, costituito dall'alternarsi sulla

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 16

IpaziaEmma Mattiussi 3C

scena due soli attori, Michele Di Mauro eValeria Solarino, che interpretano deimonologhi tratti da quel poco che la let-teratura antica ci ha lasciato sull'eroe,quasi, dimenticato concludendo con unariflessione finale dello stesso Baricco,che pone l'attenzione sulla valenza stori-ca e sull'attualità della vicenda diPalamede, dimenticato perché "scomo-do". La scenografia è tanto essenziale

quanto suggestiva costituita da un com-plesso di colonne di cristallo che vengo-no infrante davanti a tutti per sancire lamorte ingiusta e crudele dell'eroe. Uno spettacolo veramente suggestivoche vuole mettere in giusta rilevanza unafigura adombrata da una sorta di censurapolitica ante-litteram, la cui unica pecca,se proprio la si vuole andare a cercare, èla sua brevità, dettata però dalla scarsez-

za di fonti storiche e dalla volontà di noncontaminare la letteratura con eventualiinvenzioni moderne. In definitiva quellodi Baricco è un piccolo gioiello rappre-sentato in quello che è un piccolo gioiel-lo dell'architettura quale l'Olimpico diVicenza che riesce pienamente nell'inten-to, rendendo "l'eroe dimenticato" un per-sonaggio memorabile.

"C'era una donna, allora ad Alessandria,il cui nome era Ipazia. Era figlia diTeone, filosofo della scuola diAlessandria, ed era arrivata a untale vertice di sapienza da supe-rare di gran lunga tutti i filosofidella sua cerchia." (SocrateScolastico). Ipazia fu filosofaneoplatonica, matematica, astro-noma e influente politica, e vissead Alessandria d'Egitto nellaprima metà del V sec. d.C. Lacittà, in quel periodo, ospitava trediverse comunità, spesso in con-flitto fra loro: quella pagana,quella ebraica e quella ormaidominante dei cristiani; Ipaziaera una pagana. Intellettuale earistocratica, ma pur sempredonna in un'epoca fortementemisogina, era ammirata e rispet-tata dagli uomini, tanto da eserci-tare un certo potere in città. Essa,scrive Diderot nella suaEnciclopedia, "non aveva pauradi apparire alle riunioni degliuomini: anzi, per la sua straordi-naria saggezza tutti i maschi laguardavano con ammirazione."Più volte, inoltre, è stata associa-ta all'unica figura femminile ne "La scuo-la di Atene" di Raffaello, elemento chesottolineerebbe il rilevante impatto diquesta pensatrice non tanto sulla filoso-fia, che insegnava pubblicamente, quantosulla matematica e l'astrologia, sebbenenessuno dei suoi presunti scritti ci siapervenuto. Ella, infatti, inventò l'astrola-bio, per studiare i cieli, l'aerometro, permisurare la densità dei gas, e l'idrosco-pio, per esplorare il fondo marino. Morìnel 415, linciata e ridotta a brandelli daun gruppo di fanatici cristiani con a capoCirillo d'Alessandria, vescovo monofisitaappartenente alla Chiesa Copta e tuttorasanto.

Il caso di Ipazia ci viene raccontato da trefonti antiche, due cristiane (Sinesio, suodiscepolo, e Socrate Scolastico) e una

pagana leggermente più tarda(Damascio), le quali, per quanto diversefra loro, proclamano all'unanimità la suainnocenza. Oltre ad essere amata dai suoidiscepoli, scrivono, la filosofa era "elo-quente e dialettica nel parlare, ponderatae piena di senso civico nell'agire, cosìche tutta la città aveva per lei un'autenti-ca venerazione e le rendeva omaggio. E icapi politici venuti ad amministrare lapolis erano i primi ad andare ad ascoltar-la a casa sua. Perché, anche se il pagane-simo era finito, il nome della filosofiasembrava ancora grande e venerabile aquanti avevano le più importanti carichecittadine." Questa influenza sulla classe

dirigente della città, fino ad allora appar-tenuta al filosofo, dopo l'editto di tolle-ranza di Costantino (313) e quello di

intolleranza di Teodosio (380),grazie al quale il Cristianesimodiventa ufficialmente religionedi stato, inizia a sovrapporsi alpotere del vescovo. "Φθόνοςpersonificato si levò in armicontro di lei", racconta SocrateScolastico, secondo cui questanuova contesa di potere fravescovo e filosofo, religione elaicità, suscitò lo φθόνος, ovve-ro l'invidia, di Cirillo per Ipazia.La filosofa fu dunque assassina-ta dagli eccessi integralisti dellaneonata Chiesa che, per quantogiovane, possedeva già una con-siderevole autorità. Non devequindi sorprendere che il caso diIpazia, fra le prime vittime delCristianesimo, sia stato insab-biato, rimanendo all'epocaimpunito. Trovò, invece, un suo"tribunale" molto più tardi, conl'avvento dell'Illuminismo, gra-zie a intellettuali come Gibbon,Toland, Diderot, Voltaire, Pascale Leopardi che la resero martire

della libertà di pensiero e della scienza.Ipazia fu, dunque, una donna che vissecon saggezza, dedicandosi alla matemati-ca e insegnando a considerare la filosofia"uno stile di vita, una costante, religiosae disciplinata ricerca della verità"; unadonna profondamente rispettata dai suoiconcittadini la cui vita, tuttavia, si con-cluse tragicamente. È importante che siaricordata sia per la dignità della sua figu-ra, ma anche per rendersi conto che, adistanza di 1600 anni, la civiltà umana sitrova ancora all'interno di un conflitto direligioni e di potere che, per violenza ecrudeltà, non si differenzia troppo daquello di cui Ipazia fu innocente vittima.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 17

Terza paginaArticolo n. 20Francesco Ponti 5FScrivere un articolo è un operazione diper sé antipatica. Nel senso: la pretesa discrivere un articolo è, presumibilmente,che sia letto. Ed è questa premessa adisturbarmi, rende il tutto infantile e uni-laterale. Ciò che vorrei è che un articolofosse scritto per non essere letto, fossescritto per non essere ricordato, e per nonessere scritto. Che l’articolo, e la suanascita e la sua composizione, avvenisse-ro come un fiume che straripa dagli argi-ni, immotivatamente, per uno spontaneoed autonomo bisogno di venire alla luce.Al dunque, tempo fa sono stato a Trieste,per porte aperte. Dopo aver perso il treno prestabilito peril ritorno, aspettai quello successivo conun amico, nel parco vicino alla stazione. Qui, per ragioni del tutto casuali, rivol-gemmo la parola ad un anziano, sedutovicino a noi, e senza che ce ne rendessi-mo bene conto, iniziammo a parlare. Nonera propriamente interessato a me e almio amico, e la cosa mi piacque, poichéfaceva sembrare il suo parlarci qualcosa

di inevitabile, e diede sacralità alla con-versazione. Il discorso, da generico cheera, si fece subito personale, e il vecchioiniziò a raccontarci la sua vita, in manie-ra lucida, come descrivendo il proprioriflesso nell'acqua. Venimmo a sapereche questi, un immigrato rumeno, eragiunto in Italia un trentennio prima e dasubito, a suo dire, aveva cercato di inte-grarsi e di adattarsi. Aveva lavorato perpiù di 20 anni in una fabbrica, prima chei direttori truffassero tutti, si intascasseromilioni e lasciassero gli operai senza unlavoro. A questo punto alle nostredomande che si facevano insistenti sullafaccenda si ricordò che la cosa lo toccavapersonalmente e aprì le braccia a mo' diimpotenza e scosse la testa. Da lì ci esor-tò a riflettere sugli immigrati mulatti cheavevano occupato il resto del parco,intenti ad ascoltare musica e a sonnec-chiare. Ebbe parole vagamente razzisteriguardo la differenza fra l’immigrazioneinterna all’Europa e quella provenienteda fuori, ma io condivisi ciò che diceva,

se non altro per la richiesta di esserecapito che il suo sguardo, incavato fra lepieghe delle sopracciglia, mi comunica-va. Era come se la sua persona fosse con-tenuta interamente in quello sguardo.Parlammo per quasi mezz'ora e la con-versazione ritornava ciclicamente al suosenso di smarrimento, per la direzioneche il mondo stava prendendo, e di quan-to sentisse l’intimità con la morte.Nell’atto di andarmene ebbi l’impressio-ne che fosse prematuro alzarmi da quellapanchina, come in effetti era, e che nonfossi padrone della mia vita. Ci salutò eci disse in una maniera parafrasata einfantile di cambiare le cose; e io sorrisidapprima della sua ingenuità, ma, poi,vedendolo rimanere seduto in quella pan-china, dirigere il suo sguardo su dei pic-cioni a pochi metri da lui, capii che dove-vo prenderlo seriamente.A riprova diquanto la vita sia priva di significato, dilui mi dimenticai dieci minuti dopo e mene sono ricordato casualmente ora, perun gioco di associazioni.

Decalogo di un pigroFrancesco Angeli 3B

In effetti non so bene perché mi stia tro-vando a scrivere questo articolo, quandopotrei fare cose molto più produttive esoddisfacenti, come dormire, oziare,stare disteso sul divano, giocare col tele-fono sdraiato sul letto o leggere un bellibro stravaccato su una poltrona.Tuttavia ora che ho iniziato sento l’oneremorale di concluderlo, nonostante lavolontà di smettere sia forte. Ecco dun-que un elenco in cui, se sei un vero pigro,potrai ritrovarti:

1. Trovi qualsiasi scusa pur di noniniziare qualcosa che non hai voglia difare: all’improvviso pettinare il tuoamato cagnolino, leggere con attenzionetutti gli ingredienti e le informazioninutrizionali dei biscotti che stai mangian-do o addirittura il campionato lappone dibaseball diventano i più grandi interessidella tua vita. Almeno fino a quando nonè troppo tardi per cominciare a fare ciòche devi realmente.

2. Interrompere ciò che stai facen-do è uno stile di vita: se non è abbastan-za importante non merita di stare davantial lanciarsi in una dettagliata ricerca divideo su gatti che si gettano dai davanza-li nella tua lista delle priorità. Di conse-guenza verrà sorpassato anche nell’elen-co di cose da fare al momento.

3. Se basta fare un certo numero dicose per essere sufficienti, perché maiesagerare?

4. Dopo 5 minuti di lavoro il lettodiventa il tuo più grande desiderio e incasi estremi rischi anche di fare uno sfor-zo per arrivarci.

5. Rimandi i tuoi doveri finoall’ultimo minuto disponibile, salvo poidover fare tutto molto di corsa. Questafretta, che apparentemente sembrerebbecontraddittoria rispetto al tuo proclamar-ti pigro, serve quantomeno per potertimettere a riposare il più presto possibile.

6. A meno che quello che vuoi almomento non sia strettamente necessa-rio, se non c’è qualcuno che ti aiuti puoisicuramente farne a meno: un uomopigro può sopportare la sete anche per unintero pasto a base di cibi speziati e/opiccanti se in tavola non c’è acqua e nes-suno è disponibile ad alzarsi per prender-la.

7. Se fa freddo la mattina, ti avvol-gi in una coperta e non te la togli neancheper lavarti, si sprecherebbe calore e fatica.

Anche se la premessa era di realizzare 10punti, come si può vedere al numero 3 misono già spinto oltre a ciò che la mia filo-sofia mi spinge a fare, anzi ho fatto addi-rittura 7 punti al posto dei 6 che miavrebbero garantito una più che onestasufficienza. Spero che abbiate apprezzatoquesto mio immane sforzo.

“Pigrizia is a state of mind”.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 18

Il soldatoAlessandro Simonutti 3C

Freddo. L'ampio fossato in cui atten-do è ricolmo di individui interamentecoperti di verde, la testa cinta da unelmetto, come tante formiche guer-riere. Ti illudiche in un postodel generepossa esistereancora l'uomo.Eppure, strin-gendo la super-ficie scheggiatadella scalettache mi separadalla morte,cerco di con-vincermi diessere unico, dinon essere unofra i tanti,debole conso-lazione di fron-te a un maleimmenso. Unfischio acuto. Urla. La marea umanacomincia a valicare la parete del fos-sato, in lontananza cominciano a sen-tirsi i battiti cadenzati della mitra-gliatrice nemica. Mettendo da parte ipensieri di un attimo prima, decido diaffidarmi al caso o al limite all'istin-to, come un uomo disperato di fronteall'impotenza della propria ragione.E corro, come un animale in fuga,ansimando e incespicando tra i corpiche lentamente cominciano a mac-chiare il suolo di tanti puntini verdi,esanimi. In una mano stringo il fuci-le, nell'altra il sangue delle feriteinflittemi per spostare il filo spinato.D'un tratto mi rendo conto di essereuscito dall'oblio ferale da cui mi erofatto guidare nella terra di nessuno.Piombato nella trincea nemica, puntola baionetta davanti a me, vergognan-domi di essermi finalmente abbassa-to alle regole del gioco. Il fumo del-

l'artiglieria satura l'aria, avvolgendoogni forma di vellutato pallore eombre maligne. Solo dopo alcuniattimi mi accorgo che sul fondo di

quell'empio corridoio si staglia lafigura sottile e tremenda di un giova-ne che, col fucile puntatomi contro,aspetta. Sotto l'elmetto diverso dal

mio sfugge un ciuffo biondo che sioppone al grigio della follia che cicirconda. Avrà si e no vent'anni, congli occhi azzurri di chi deve comin-

ciare a vivere el'espressione tristee fredda di chi sitrova in una situa-zione più grandedi lui e non sa per-chè. Immobili, cistudiamo a vicen-da, scavando nellosguardo di dueuomini che sicompiangono die-tro un finto orgo-glio. A un certopunto realizziamotacitamente diesserci conosciutiabbastanza beneda poter abbassarela guardia, da

poterci fidare. La fiducia, un senti-mento che di questi tempi è il primoad essere dimenticato dall'uomo, tra-dito dall'amore per la vita e dalle cir-costanze. Il giovane distende le cigliaaggrottate, abbassa il fucile, ma nontrova il coraggio di accennare ad unsorriso, come se si fosse dimenticatocome farlo, lasciandosi sfuggire soloun maldestro tentativo di smorfia.Intorno al nostro piccolo orizzonte disalvezza infuria un concerto di tuoniche ha come sottofondo le urla soffo-cate di chi è stato meno fortunato dinoi. La perfezione dell'attimo vienebruscamente interrotta da una grana-ta che esplode sulla sommità dellatrincea dove stava nascendo il nostrosilenzioso amore fraterno. Nella con-fusione del momento la sua manofreme sul calcio del fucile, lo risolle-va di scatto. Premo il grilletto. Colposordo. Sono un vigliacco.

Scrivo della guerra che combattemmo 100 anni fa e che sta vendendo ampiamente taciu-ta.

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 19

Rubriche

Biscotti pan di zenzero

Ingredienti:● 300g di farina '00'● 100g di burro● 100g di miele● 100g di zucchero● 1 uovo● 1 cucchiaino da caffè di bicarbonato● 1 cucchiaino da tè di zenzero macinato● 2 cucchiaini da tè di cannella● 1 cucchiaino da tè di noce moscata macinata

Procedimento:In una ciotola montate il burro con lo zucchero e quando avrete ottenuto una cremaspumosa aggiungete il miele e l'uovo. Unite poi al composto la farina, il bicarbonato ele spezie. Impastate tutto velocemente e fate riposare in frigo la frolla per 30 minutiavvolta nella pellicola da cucina. Trascorso il tempo necessario, stendete l'impasto conil mattarello su un ripiano infarinato e, con l'aiuto delle formine, ritagliate i vostribiscotti. Infornate a 180°C per circa 12 minuti. Infine decorate i biscotti a vostro pia-cimento. Conservateli in una scatola di latta.

Un Natale da mangiare

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 20

Rubriche

ZensazionaleAnonimo maestro zen

Le lezioni del maestro Bankei nonerano frequentate solo dagli studentidi Zen ma anche da persone di ogniceto e di ogni setta. Lui non citava isutra né si dilungava in dissertazionidottrinali. Al contrario, le parole gliuscivano direttamente dal cuore eraggiungevano il cuore di chi loascoltava.Che lui avesse un pubblico tantonumeroso fece infuriare un pretedella setta Nichiren, perché tutti isuoi seguaci lo avevano abbandonato

per andare a sentire lo Zen.L'egocentrico prete Nichiren si recòal tempio, risoluto ad avere un con-traddittorio con Bankei.«Ehi, insegnante di Zen!» gridò.«Aspetta un momento. Chi ti rispettaobbedirà a quello che dici, ma unuomo come me non ti rispetta. Puoiconvincermi ad obbedirti?».«Vieni qui accanto a me e te ne daròla prova» disse Bankei.Con aria altera, il prete si fece largoin mezzo alla folla e si avvicinò

all'insegnante.Bankei sorrise. «Vieni qui alla miasinistra» Il prete obbedì.«No,» disse Bankei «parleremomeglio se ti metti alla mia destra.Vieni da quest'altra parte».Con aria sprezzante il prete passòdall'altra parte.«Come vedi,» osservò Bankei «tu mistai obbedendo, e io trovo che seiveramente gentile. Ora siediti eascolta».

Obbedienza

Molti allievi studiavano meditazionesotto la guida del maestro di ZenSengai. Uno di questi tutte le notti sialzava, scavalcava il muro del tempioe andava a divertirsi in città. Unanotte, nel fare un giro di ispezione neidormitori, Sengai scoprì l'assenza

dell'allievo, e trovò anche l'alto sga-bello che egli aveva usato per scalareil muro. Sengai tolse lo sgabello e siappostò ai piedi del muro.Quando il nottambulo tornò, nonsapendo che Sengai era lo sgabello,mise il piede sul capo del maestro e

saltò nel giardino. Non appena scoprìciò che aveva fatto rimase sgomento.Sengai disse: «La mattina presto famolto freddo. Bada di non prendertiun raffreddore». L'allievo non uscìpiù di notte.

La gita di mezzanotte

Gli insegnanti di Zen abituano i lorogiovani allievi ad esprimersi. Duetempli Zen avevano ciascuno unbambino che era il prediletto tra tutti.Ogni mattina uno di questi bambini,andando a comprare le verdure,incontrava l'altro per la strada. "Dovevai?" domandò il primo. "Vado dovevanno i miei piedi" rispose l'altro.Questa risposta lasciò confuso ilprimo bambino, che andò a chiedere

aiuto al suo maestro. "Quandodomattina incontrerai quel bambino,"gli disse l'insegnante "fagli la stessadomanda. Lui ti darà la stessa rispo-sta, e allora tu domandagli: "Fa'conto di non avere i piedi: dove vai,in quel caso?". Questo lo sistemerà".La mattina dopo i bambini si incon-trarono di nuovo. "Dove vai?"domandò il primo bambino. "Vadodove soffia il vento" rispose l'altro.

Anche stavolta il piccolo rimasesconcertato, e andò a raccontare almaestro la propria sconfitta. "E tudomandagli dove va se non c'è vento"gli consigliò il maestro.Il giorno dopo i ragazzi si incontraro-no per la terza volta. "Dove vai ?"domandò il primo bambino. "Vado almercato a comprare le verdure"rispose l'altro.

Dialogo zen

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 21

Poesie11.52

Se mai un giorno, abbandonata la finzione,lasceremo queste parti mediocri sul palco,

la maschera che mi soffoca riveleràil volto distrutto.

Orizzonte irraggiungibile, sfondo della vita,come il vecchio capitano che cerca

il riflesso fra oceano e cielo,quel giorno toccherò la tua luce

attraverso il cannocchiale.Ora, brancolando nella bruma,ballo pericolosamente in bilico

su una sottile treccia di speranza,come l'equilibrista che tende

le braccia fra paura e desiderio.

Biagio Sartori 3CTu che bruci

Tu che reggi la torcia minaccioso,tu che spari a un ragazzo innocente,

tu che rapisci una vita nascente,tu che bruci la tua in un parcheggio,

distogli subito la cieca mira.Uomo annegato in questa libertàci salti dinnanzi mentre fendiamo il gelido soffio che qui c'investe,

combatti con vecchie armi arrugginiteper un'idea canuta e rinsecchita.Rabbioso per questa focosa sete

ti innalzi a una sorgente mendace.Ma ora spezza l'urlo contro il cielo

e fa' volare alto il tuo pensiero.

Biagio Sartori 3C

L’ultimo amico

Senza domande eulteriori fastidiio accoglierò

chi a me arriverà.io te lo dico,

dopo di me più nessuno,Io sono sincero,

oltre a me più nessuno.

E.M.O.

Ora che puoiRespira ora che puoi

fragile creatura del mondochiudi gli occhi per amore

ora che non devi farlo per pauraparlami a voce alta

finché le parole avranno uno scopoviaggia dovunque

prima che lontano diventi sinonimo di maleassapora il cibo

prima che il suo gusto ti sia amarosfiora l’aria con le dita

ora che questa è ancora di tuttie soprattutto non dimenticare

che la vita non è finitama deve ancora iniziare

Lucy G

Indifferenza cittadinaDue lampioni luminosi

e refrattari al benespalancano con raggiincandescenti le porte

del pensiero dei passanti.Vittime disattente

di una luce che trafiggee si stringe nelleloro reti visive,adorano il male

fra le strade affollatee si ignorano,

anche solo con lo sguardo.

Filippo Cerchio 3D

L’immensità dei desideriMi svegliai con il suon del marecon le onde infrante sugli scogli

lo specchio dei miei pensieri nell’immensità dei desideri

Mi svegliai con il suon del ventocon le foglie sibilanti nell’aria

il suono delle mie parolenell’immensità dei desideri

Mi svegliai con il suon del cielocon le nuvole tra me e il Sole

l’immagine nei miei occhinell’immensità dei desideri

Lucy G

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 22

Relax

Paestum il tempio della vita

Strada in pietra, piccola via che si snodava tra il verde dei prati e le rovine tue, su cui mille uomini hanno impresso

l'orme dei passi della vita loro.E nel silenzio del tramonto che baciava i templi

riecheggiavano su quell'antica via i passi e le risa nostre.

O era forse l'eco della Storia,riverbero immortale che ancora s'ode risuonare

tra queste pietre baciate dal Sole?E toccare le colonne, tese al cielo,

quasi a tentare di afferrare il destino iscritto tra le stelle e gli Dei,

quel brivido di vita, al loro tocco,quel brivido d'esser piccolo mattoncino

nell'immenso Tempio della Vita.

Luca Mggio Zanon 2B

Tesoro Perduto

Bui e lugubri si susseguono i giornie ogni cosa,

rischiarata da timide lucciole di felicità,altro non è che vuota solitudine.

Se tutte le albe portano un velo oscuroe affondo in un insalubre mare,

ogni crepuscolo effondeuna luce dolcissima

e ogni notte mi colma di gioia.Quando infatti il pensiero si libera

della dolorosa realtà,ecco posso scorgerti,

inestinguibile e radiosa bellezza,e sfiorare il tuo volto

con la punta delle dita.

Biagio Sartori 3C

Mattina

Si staD'Inverno

In quarantaSul termosifone

G.U.

Svarioni nelle traduzioni!• Saluti al momento più opportunoFugam salutem pete!(Cerca la salvezza nella fuga)Nella fuga salutami Pete!• Si risveglieranno fra 2000 anni...Romanae copiae in Gallia hibernant(Le truppe romane passano l'inverno in Gallia)Le copie dei Romani vengono ibernate in Gallia.• Ricette con l'imperatore: imperatore al gratinImperator venit gladiatoribus gratulatus(L'imperatore venne salutato dai gladiatori)L'imperatore venne gratinato dai gladiatori.• Proprio lui!Senex habebat filium(Un vecchio aveva un figlio)Seneca aveva un figlio.• Mura regali?Romani consolibus duobus utebantur, ut Urbem regerent( I Romani si avvalevano di due consoli per governare Roma)I Romani si avvalevano delle mura difensive per governareRoma.• Nuovi comandanti antichiΟί τοῦ Καίσαρος στρατιῶται(I soldati di Cesare)I soldati di Caisaro• Enea contadinoΑἰνεαίς δέ τόν πατέρα γέροντα τελέως ἀράμενος(Enea sollevando il vecchio padre sulle spalle)Enea arando completamente il vecchio padre.• Soprattutto quando dobbiamo tradurloSenectus ab hominibus morbus putatur(La vecchiaia è considerata dagli uomini una malattia)Seneca è considerato dagli uomini una malattia.• Civette friulaneCivitas magna opulentia fuit(La città fu molto ricca)La civetta mangiò la polenta e fuggì.• Maiali violenti...ab suis fraude necatus est(Fu ucciso con l'inganno dai suoi)Fu ucciso dalla scrofa fraudolenta.• Metodi logici di conquistare il potereDucem eligebant, cui vitae necisque potestatem tribuerant (Eleggevano un comandante al quale affidavano il diritto divita o di morte)Scelsero un duca, gli tolsero la vita e si attribuirono il potere.• Aforismi greciΠάντα ρέιΠάντα λονιΠάντα κολλαντ

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 23

A K H L Y S I R E CR N A N G I O R I RT I F O N E O C T EE R I I G S E R I OM I D A T R A N S NI D I C O R A P E TD E A G T B I R K EE A C H E L O O I LO G E T A K E D N SI R O C C I A S I E

Trova tutte le parole, le lettere restanti creeranno il nome di un famoso genere teatrale cherappresenta la nostra scuola...

ACHELOO AKHLYSANFITRIONEANGIOARTEMIDECALIPSOCICEROCREONTE

DEADICOEGOEISERISEROSFIDIAGI

IRIDEKOREMIDANIKEROCCITEBANITIFONETOTE

Trova le parole!

Scriveteci!

Seguiteci!

@Asteriskos

[email protected]

Asteriskos dicembre 2015_bozza.qxd 14/12/2015 18:26 Pagina 24