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Il mondo non è così semplice o, perlomeno, così facilmente leggibile nel campo della religiosità o delle credenze: oltre alle pressioni indotte da sette, movimenti per il potenziamento della mente umana, leggi Ron Hubbard, religioni ispirate, quelle tradizionaliste o di provenienza americana, movimenti ufologici, reverendo Moon ecc. esistono pubblicazioni o trasmissioni televisive che sono peggiori di un semplice approccio ad una corrente dalle presunte pretese salvifiche: peggiori, perché più sottili e tortuose nel loro divincolarsi dialettico che non conosce confronto ; parliamo del revisionismo che non ha matrici religiose ma laiche. La grande esplosione di letture che affollano le librerie permette di trovare accanto a testi di elevato interesse altri di “serpentina maliziosità” che mirano, anche senza palesarlo, a demolire la fede cristiana nel lettore credente, magari debole di fede o impreparato, con argomentazioni che debbono, hanno la necessità, di essere vagliate attentamente, poiché decontestualizzano, come in questa opera di Augias, il soggetto posto in esame dalla sua cornice magmatica dal quale è nato e fuso.
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Essere bigotti non va bene, ma nemmeno
farsi prendere per fondelli.
ANTONIO DAL MUTO [email protected] 349-35.80.890
Accenni biografici Romano di nascita ha vissuto ad Ariccia. Da tempo, vive e lavora a Cesena. E’ maestro d’Arte – Pittura e Disegno – diplomatosi presso l’ Istituto Statale d’Arte di Marino; possiede la qualifica di Architetto Interior Designer; ha frequentato la Facoltà di Architettura a Firenze; è Critico d’Arte;
E’ autore di Storie di Città a Fumetti: Ha realizzato una poderosa – 5 volumi – “Storia a fumetti di Cesena, Rimini, Ravenna e Forlì. Dalle Origini all’Unità d’Italia” pubblicata dalla locale Casa Editrice “Ponte vecchio”. Il premio Nobel Dario Fo lo ha citato nella sua opera “Storia di Ravenna”. Ha pubblicato la “Storia di Ariccia Antica” assieme ai curatori dei testi dott. Alberto Silvestri e d.ssa Maria C. Vincenti, fumetto sponsorizzato dalla Provincia di Roma, Comune di Ariccia (RM) e dall’Archeoclub locale per diffondere la conoscenza del territorio nella popolazione scolastica e non. “Storia di Sarsina Antica. Dalle Origini all’ XI secolo”; “Storia di Castrocaro. Dalle Origini alla costruzione della cittadella di Terra del Sole”; “ Storia di Comacchio” e “Storia di Anzio a Fumetti. Dalle Origini a Nerone”; “Storia di Cervia a Fumetti. Dalle Origini all’Età contemporanea”. “Cesena nell’800”, ricostruzione grafica dei siti urbani demoliti”;
E’ vignettista e caricaturista: Ha collaborato con il settimanale Corriere Cesenate e con TeleRomagna,
attualmente collabora con Videoregione; con TELECOUNTRYNEWS la TV on WEB con sede a Genzano; con l’OSSERVATORE LAZIALE giornale on line
E’ Scenografo: Sue sono le scenografie realizzate negli anni ’90 per il festival della
Canzone romagnola “ E Campanon” ( Il Campanone). E’ Pittore_ Nella sua pittura predilige la figura e il paesaggio, ma anche realizzazioni
tematiche come la Mostra sulla Shoah fatta a Cesena nel 2004 e poi a
Forlì e a Cervia tra il 2006 e il 2008. L’intera collezione è ora di proprietà
dll’Ass. ANPI di Comacchio
E’ ritrattista: Sue sono la “Galleria di uomini illustri legati all’amministrazione comunale cesenate.
Dal Risorgimento all’ultimo sindaco in carica (1835 -2008) ” di proprietà
dell’amministrazione comunale ( messa in magazzino);
la “Galleria degli abati del monastero di Santa Maria del Monte di Cesena. Dal 1888
all’ultimo abate in carica (1888-1999)” di proprietà del Monastero omonimo;
la “Galleria dei parroci della Parrocchia di Sant’Egidio di Cesena. all’ultimo parroco in
carica (1954 – 2009)” di proprietà della Parrocchia omonima ( e riposta in armadi).
Ritratto di Gianni Agnelli, di proprietà dell’omonima famiglia;
Ritratto del Premio Nobel Rita Levi Montalcini, di proprietà della stessa;
Ritratto di Marco Pantani, di proprietà della famiglia Pantani ed esposto presso lo
“Spazio Pantani” a Cesenatico;
Ritratto di famiglia di Marina Berlusconi di proprietà della stessa;
Ritratti di Ferrari, Agnelli, Montezemolo, Schumacher e Barrichello di proprietà della
Ferrari sede di Maranello;
Ritratto di papa Giovanni Paolo II di proprietà della Fabbrica di San Pietro
Ritratto di papa Benedetto XVI di proprietà della Fabbrica di San Pietro;
Ritratto di papa Francesco di proprietà della Fabbrica di San Pietro…
E’ Saggista Molte sue opere si trovano su SCRIBD. COM e sono scaricabili e disponibili gratuitamente
RIFLESSIONI SULL’OPERA “INCHIESTA SU GESU’
Il mondo non è così semplice o, perlomeno, così facilmente leggibile nel
campo della religiosità o delle credenze: oltre alle pressioni indotte da
sette, movimenti per il potenziamento della mente umana, leggi Ron
Hubbard, religioni ispirate, quelle tradizionaliste o di provenienza
americana, movimenti ufologici, reverendo Moon ecc. esistono
pubblicazioni o trasmissioni televisive che sono peggiori di un semplice
approccio ad una corrente dalle presunte pretese salvifiche: peggiori,
perché più sottili e tortuose nel loro divincolarsi dialettico che non
conosce confronto ; parliamo del revisionismo che non ha matrici religiose
ma laiche. La grande esplosione di letture che affollano le librerie
permette di trovare accanto a testi di elevato interesse altri di
“serpentina maliziosità” che mirano, anche senza palesarlo, a demolire la
fede cristiana nel lettore credente, magari debole di fede o impreparato,
con argomentazioni che debbono, hanno la necessità, di essere vagliate
attentamente, poiché decontestualizzano, come in questa opera di Augias,
il soggetto posto in esame dalla sua cornice magmatica dal quale è nato e
fuso.
Non dobbiamo dimenticare che anche queste esperienze fanno parte di
quel “sudore della fronte” che occorre versare per tornare laddove siamo
stati cacciati, ossia nella patria perduta in cui la conoscenza e la
comprensione della essenza creativa rappresentano le piante da frutto.
Dobbiamo tornare a riattaccare la mela strappata dal ramo.
E Inchiesta su Gesù – Chi era l’uomo che ha cambiato il mondo - di
Corrado Augias e Mauro Pesce, così come alcune trasmissioni televisive,
ultima delle quali quella della La7, condotta da Gad Lerner che, il giorno
19 marzo 2008, cercò di far passare la Resurrezione di Cristo come
Simbolo – ipotesi portata avanti dall’ospite Paolo Flores d’Arcais. E tutto
sotto gli occhi di due prelati silenziosi incapaci o messi nelle condizioni di
non replicare adeguatamente. Queste produzioni sono accomunate dalla
stessa tesi denigratoria mediante una mirata analisi dei Vangeli, ma al
contempo, la sfida che il negazionismo porta non può che indurre la
voglia di ragionare dei credenti per smascherare gli ipocriti
ragionamenti .
Espressioni revisioniste diremmo, accomunate dallo stesso target:
rimettere in discussione le verità fondamentali della fede, contando
sull’ignoranza in questo campo degli ascoltatori o lettori. Quella di
Augias-Pesce, portata avanti, a nostro parere, con una disincantata,
quanto arzigogolata analisi sui vangeli, porta ineluttabilmente,
pericolosamente e irrispettosamente a confondere le idee di chi non ha
adeguata capacità di analisi. Irrispettosamente anche nei riguardi
dell’onestà intellettuale e della qualità dell’analisi che meriterebbe un
argomento così importante.
Per questo che il metodo di comparazione e deduzione appare il più idoneo
a fare “il pelo e contropelo” ai due autori.
Ma veniamo ai fatti analizzando alcuni passi dell’opera di Augias.Pesce.
Già dal sottotitolo: “Chi era l’uomo che ha cambiato il mondo” si lascia
intendere il seguente messaggio: “Gesù era un uomo e non certo Dio,
anche se ha influenzato la Storia dell‟umanità”; e nel corso della
lettura, questa impostazione, cercherà di diventare realtà. Non,
sospettate già, cari lettori, l’ombra antica della negazione della divinità di
Cristo? Nel risvolto interno della copertina, tra le altre cose leggiamo:
“… fino alla nascita di una religione che da lui prese il nome, anche se egli
non ha mai detto di volerla fondare…” una affermazione del tutto
gratuita, tesa a imporre un punto di vista che vorrebbe far passare il
cristianesimo, sin dalle sue origini, come l’invenzione di un manipolo di
avventurieri, i quali, aggiungiamo noi, mirarono ad un proprio tornaconto (
infatti che senso ha dare a questa invenzione, in nome di Cristo, se Cristo
stesso non l’aveva mai pensata o voluta, secondo Augias? ). Quale fu
questo tornaconto ci sfugge, anche perché molti, in nome di Cristo, furono
messi a morte o scelsero il martirio a cominciare da Pietro e Paolo. E
questo è il secondo esempio del tentativo di revisione laica del messaggio
di Cristo; ma come non ricordare le parole dette da Cristo “ Andate: ecco
io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi…in qualunque casa entriate,
prima dite: Pace a questa casa…” LC 10, 3-5 .
Ora, proviamo ad immaginare un qualcuno che avesse chiesto ad uno di
questi discepoli inviati a portare la Parola del Signore, “Chi vi manda?”
cosa avrebbero potuto rispondere se non “Ci manda Gesù il Messia,
l’Unto, il Cristo”. E chi è inviato da Cristo è discepolo di Cristo è, per
forza di cose, cosa è se non un cristiano? Almeno così la pensava Flavio
Giuseppe, ebreo romanizzato del I secolo d.C. e autore dell’opera “Le
guerre Giudaiche” che per la prima volta chiamo “cristiani” i discepoli di
Cristo
E’ interessante, inoltre, notare la metodica di analisi che accomuna molti
di questi autori o conduttori o ospiti televisivi: si rifanno ai Vangeli; citano
versi che, secondo loro, giustificherebbero le loro ipotesi, ma non
prendono in esame i versi che metterebbero in crisi i loro stessi esercizi
di riflessione. Ecco perché ho poc’anzi accennato a una “…mirata analisi
dei Vangeli”.
Nella Premessa dell’opera in esame, dal titolo “Molte domande, alcune
risposte” è riportata una citazione di Harold Bloom - eminente
Professore di Letteratura americana e Critico letterario - che così suona:
“ E’ possibile che Gesù sia stato un enigma anche per se stesso”. Non
occorre, credo, sottolineare che quando si sceglie una citazione tra le
tante, se ne sceglie una e la si decontestualizza per renderla più è
vicina agli obiettivi che si vuole raggiungere con le proprie
dissertazioni. La citazione di Bloom, quindi, racchiude in se il leit motiv , la
portante su cui si svilupperà il discorso, anima di tutto il contenuto del
libro: ossia che Cristo Gesù è stato sì un importante personaggio storico,
ma anche un enigma per se stesso; è stato un uomo tra gli uomini; è nato e
morto definitivamente, diventando un mito. Come Pantani.
Scorrendo le pagine nella lettura dell’opera, i concetti espressi, si parla
della numerosa mole di scritti su Gesù, pervenutici sia interi che in
frammenti, ribadendo, giustamente, come il Nuovo Testamento, così come
lo conosciamo, è stato definito nel IV-V secolo, pur non sottacendo che
già prima del suddetto periodo i contenuti del N.T. - la qual cosa non fa
che indebolire la presunzione di una loro stesura tarda - erano in
circolazione, sparsi, ma noti alle varie comunità che ne custodivano
gelosamente e attentamente il contenuto. Entriamo così nel vivo
dell’analisi di questa opera. Vediamone alcuni argomenti trattati nel libro
da Augias e dal prof. Pesce.
PRIMO ARGOMENTO
I Vangeli
E’ evidente ed inevitabile che una grande mole di scritti venissero
prodotti da chiunque fosse in grado di scrivere – ed erano assai pochi
allora coloro che sapevano usare la penna - dopo la morte di Cristo. Non
deve meravigliare se si dice che dei Vangeli a noi noti, non siano gli
originali scritti lasciatici da Luca, Marco, Matteo e Giovanni; ma questo
non significa che non li hanno scritti loro: non esistono prove che
affermano che essi non c’entrano; e’ verosimile che degli scritti originali,
memorie degli apostoli da tramandare, fossero state fatte più copie per
distribuirle alle sempre più numerose comunità cristiane; e non deve
meravigliare che nel copiare alcuni abbiano commesso errori o addirittura
fatto aggiunte in buona fede o in mala fede, aggiungendo, magari, episodi
ricevuti dalla tradizione orale o da altre fonti, magari gnostiche.
Includendo tra i tanti manoscritti anche quelli artatamente modificati per
combattere il messaggio di Salvezza o per proporne una differente
visione. Ricordiamo ciò che scrisse alla comunità dei Galati - Gal. 1,6 -
Paolo di Tarso: “ … Mi meraviglio che così in fretta passiate ad un
altro Vangelo. In realtà, però, non c’è ne un altro. Soltanto che vi
sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un
vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema
(escluso dalla comunità - N.d.R.) I tentativi di corrompere il messaggio di
Cristo sono, dunque, già contemporanei alla prima predicazione degli
apostoli. L’eresia è nata contemporaneamente alla predicazione: studiare
le forme eretiche significa, per analisi indiretta, identificare le verità
evangeliche e trovare conferma di ciò che il N.T. contiene.
Rifiutiamo quindi la lezione che Augias vuole trasmettere con
quest’opera che i Vangeli hanno un grado di attendibilità, riguardo le
verità fondamentali, discutibile! Poiché le opinioni espresse in merito,
anche se condivise da una parte degli scienziati di Critica testuale
sono e rimangono opinioni; di rispetto, ma opinioni.
SECONDO ARGOMENTO
L’ebraicità di Gesù
Più avanti Augias si meraviglia del fatto che Gesù, in genere, non venga
considerato ebreo: questa è la scoperta dell’acqua calda. Gesù era ebreo,
un ebreo che ha rispettato la legge fino a quando ebbe inizio la sua
missione. Onde per cui, la domanda, studiata a tavolino, da Augias e
rivolta al prof Pesce “ Ho l’impressione che il credente di una confessione
cristiana percepisca quasi sempre come una scoperta questa ebraicità”
voglia comunicare la sensazione di una presunta scarsa dimestichezza con
le scritture da parte di chi pone la domanda, altrimenti Augias avrebbe
saputo, al contrario, che Cristo porta a compimento quel Piano di Salvezza
iniziato con la liberazione degli ebrei dalla schiavitù d‟Egitto.
L’ignoranza dei testi biblici è una cosa, la consapevolezza dottrinale è
un’altra. Ai fini della Salvezza tenere a mente che Gesù era un ebreo è
irrilevante; non c‟è quindi alcun bisogno di re-inserire Gesù all’interno del
Giudaismo. Queste sono cose che lasciamo ai dottori della speculazione
linguistica e storica, ma che non sono fondamentali ai fini della fede.
TERZO ARGOMENTO Fin dove arriva l’audacia delle ipotesi
Leggiamo a pag. 29 le parole del prof Pesce: “… Quando ha insegnato il
Padre nostro, egli (Gesù - N.d.R.) non pensava di dover morire per i
peccati degli uomini.” Non c’è molto da discutere su queste parole: prima
si invoca la difficoltà della procedura scientifica per spiegare la
formazione del Nuovo Testamento, poi si ha la presunzione di essere nella
mente di Gesù, facendo intendere che il Messia non sapeva del suo ruolo
salvifico. E a proposito della figura di Cristo Salvatore, il prof. Pesce
chiama in causa “…il grande riformatore Melantone…” tralasciando di
specificare, chiaramente, in maniera divulgativa, che Melantone fu un
grande pensatore ma anche luterano/calvinista e quindi la sua posizione su
Cristo/eucarestia non è associabile a quella della Chiesa cattolica. Un
puzzle che è fuorviante quando manca di esatte istruzioni.
QUARTO ARGOMENTO
Gesù leader politico
Il modo in cui viene affrontata la figura di Gesù è così articolata da
sembrare un’operazione di smontaggio a cui segue un montaggio
differente dalla condizione di partenza; condizionato dai “se” e dai “ma”,
si lascia il lettore poco accorto e poco avvezzo alla riflessione( quello che
fa il successo editoriale in campo religioso di Augias) un senso di
smarrimento. Prova ulteriore ne è il brano che troviamo a pag. 57 in cui il
prof Pesce dà la sua risposta sulla ipotetica figura di Gesù come capo di
un partito antiromano: “… Esiste anche una forte corrente di pensiero
secondo la quale l’intera azione di Gesù mirava a una rivoluzione politica, a
sollevare cioè il popolo ebraico contro i romani …” e riferisce di uno
scrittore inglese, tale S.G.F. Brandon, che ipotizza come l’azione
evangelica di Paolo sia la spiritualizzazione dell’opera politica di Cristo,
tralasciando, ancora una volta, di dire che Brandon era sì uno studioso, ma
anche un pastore anglicano, quindi, con una visione distante dalla fede
cattolica, un pastore della fede così preparato, ma non in grado di porsi
una domanda topica: “ Ma come si fa ad essere seguaci di una chiesa,
quella anglicana, fondata da un passionale adultero e omicida quale fu
Enrico VIII° ?”
Continuiamo: chissà perché non cita mai le figure straordinarie della
Chiesa Cattolica il prof Pesce? E chissà perché non si tiene conto, in
questo contesto, della frase di Gesù detta davanti a Ponzio Pilato: “ Il mio
regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i
miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai
Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù” Gv. 18, 36
Le motivazioni del sistema fuorviante, messo in piede dal duo Augias-
Pesce, le troviamo in questa specifica evangelica, che contraddice l’ipotesi
di Brandon, plasmate dalla e sulla metodica di analizzare solo le cose che
sembrano convalidare le ipotesi espresse e non quelle che le mettono in
dubbio presenti nello stesso contesto analizzato.
La riflessione continua citando un altro studioso, Oscar Cullmann, ma,
finalmente, si dice che è protestante. Questa specificazione chiarisce, a
caduta, come qualsiasi giudizio su Gesù dato da un protestante sia, in
partenza, condizionato dalla sua fede tutt’ora scismatica rispetto al
magistero della Chiesa Cattolica Romana.
QUINTO ARGOMENTO
La nascita di Gesù
In questo confronto fatto di domande e risposte, si cerca di ri-creare la
figura storica di Cristo, smontandone, filologicamente, quella divina, non
facendosi mancare la voglia di insinuare il dubbio, nel lettore beone, che
Cristo sia stato messo al mondo da un parto normale. Il primo passo è
quello di svilire la famosa profezia di Isaia il profeta Is 7,14: “…Il
Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà un figlio e
lo chiamerà Emanuele ( Dio con noi N.d.R.). “
E a proposito della nascita di Gesù, il prof. Pesce fa notare – pag 90 –
che la parola ebraica Almàh significa semplicemente giovane donna e che
nella traduzione dei Settanta, ci fu una impropria traduzione, testuali
parole “… è resa da un traduttore non molto preciso con Parthenos,
Vergine…”. (questo ritornello lo ritroviamo nei dialoghi con il prof. Vannini
nell’altra opera di Augias “ Inchiesta su Maria )
Chiediamoci ora 1) come possiamo definire il traduttore “non molto
preciso” visto che non lo conosciamo, non sappiamo se fosse greco, o
ebraico di lingua greca, per esempio; 2) ma, soprattutto, il profeta Isaia
dove è che vede la potenza di Dio, richiamandosi al parto di una
giovane donna? Come fa a considerare profezia le sue parole che hanno
come soggetto la cosa più banale di questo mondo, nel senso più normale e
usuale come la nascita di un figlio da una giovane donna? E questo è un
segno? Dov’è quella straordinarietà che merita anche la profezia? Tutto
diventa possibile se si tralascia il considerare il contesto biblico e la
natura della profezia che è stimolta non da doti psico-emotive ma
dall’azione dello Spirito Santo, colui che è stato, è, e sarà colui che rende
le parole scritte utili a comprendere un regno che non è di questo mondo;
è il regista, lo sceneggiatore di un evento che è sì inserito nella storia ma
che va oltre la storia. Ovviamente, se la tal cosa non viene presa in
considerazione dai due scettici materialisti, inutile analizzare figure come
Cristo e come Maria, Madre di Dio. Se non consideriamo questo, tutto è
vano e tutto, come viene ipotizzato nel libro, è impossibile. Tutto
verrebbe ricondotto ad una mera esperienza storica delle scritture,
una narrazione di antichi fatti al pari della Bhagavad Gita o del
poema di Gilgamesh. Un semplice quanto inutile tentativo di illudersi
che oltre la vita esista il compimento e il senso della stessa in
funzione di scenari più ampi.
Leggiamo, pag 95, e comprendiamo come l’ipotesi su espressa ha
l’obiettivo di rendere banale e artefatto tutto il messaggio di Salvezza.
La continua citazione dei vangeli apocrifi fa il resto. E qui, il lettore
accorto dovrebbe porsi una domanda e fare una riflessione che porta a
due domande ben precise:
1) Se i Vangeli – secondo gli autori del libro in esame - hanno un grado
di attendibilità ancora da verificare, allo stato attuale labile, che
senso ha, allora, citare i vangeli apocrifi come elemento di
“misurazione” della figura di Cristo?;
2) Tenendo conto che, secondo la coppia Augias-Pesce, se i vangeli
contenuti nel N.T. danno solo ipotesi altrettanto lo saranno gli
apocrifi, slegati teologicamente tra loro e contaminati da visioni
dottrinali estranee a quelle del N.T. e soprattutto non riconosciuti
dalla Chiesa come attendibili?
La necessità di porsi queste due domande dà poi la risposta e la misura del
valore della discussione tra Augias e Pesce.
Ridicole appaiono, inoltre, le osservazioni fatte in merito ai versetti
contenuti nel Vangelo di Giovanni Gv 6,41: “… Io sono il pane disceso dal
cielo… costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo
il padre e la madre. Come può dunque dire: io sono disceso dal cielo?
”. Le riflessioni in merito a ciò, fatte dagli autori, sembrano insinuare che
l’evangelista Giovanni non dia credito alla nascita, di Gesù per opera dello
Spirito Santo, considerandolo figlio di un parto normale. Ma, diciamo noi:
se Gesù stesso si raccomandò, durante la sua missione, di “non dire chi
egli fosse”, facendo intendere che fino alla sua manifestazione egli
intendeva vivere come uomo tra uomini, perché i due autori vogliono a
tutti i costi tradurre lo stupore dei compaesani di Gesù come la prova
provata della sua nascita tra doglie sangue e liquidi amniotici, ipotizzando
situazioni che non hanno riscontro documentabile? Ditemi quale uomo può
dire, sempre dal Vangelo di Giovanni GV 14, 23:” Se uno mi ama,
osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui.”? Un uomo come lo intendiamo noi
verrebbe giudicato pazzo, ma sicuramente non avrebbe risorto Lazzaro e
non avrebbe guarito i lebbrosi solo con un atto di volontà.
SESTO ARGOMENTO
I fratelli di Gesù
Si cita il famoso brano di Marco Mc 6,2: “…Venuto il sabato incominciò a
predicare nella Sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e
dicevano: “…non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, fratello di
Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone, e le sue sorelle non stanno
qui con noi…?.
Il brano viene citato da molte dottrine, annunciatrici di particolari
messaggi di salvezza, ma separate dalla Chiesa di Roma, per sostenere, in
maniera approssimativa e lontano da una accurata indagine linguista, che
Gesù fosse il primogenito di una numerosa famiglia (vedi i Testimoni di
Geova e Augias). Occorre rammentare una cosa molto importante: in quel
tempo la parola “fratello” veniva usata anche per indicare i cugini o,
addirittura per indicare una comunione di comunanza spirituale. I negri di
America, oggi, non si chiamano fra loro “fratello”?
Comunque, se leggiamo in Matteo Mt 25,40 “… In verità vi dico: ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli l’avete fatta a me…” comprendiamo immediatamente il senso
della parola. Allora, non è tendenzioso ribattere sui fratelli di Gesù
usando il testo di Marco per negare, tralaltro, la verginità di Maria?
Persino Calvino così si espresse: “Secondo il costume ebraico si
chiamano fratelli tutti i parenti. E tuttavia Elvidio si è mostrato
troppo ignorante, nel dire che Maria ha avuto diversi figli perché in
qualche punto si è fatta menzione di fratelli di Cristo » (Calvino,
Commento in Matteo 13,55)
Ecco dunque, i molti significati che nella cultura giudeo-ebraica la parola
“fratello” poteva assumere:
Fratello", cioè figlio degli stessi genitori: p.es. Caino e Abele (Gen 4,1-2);
Esaù e Giacobbe (Gen 25,24-26, dove si tratta propriamente di gemelli);
Mosè, Aronne e Miriam (Nm 26,59);
"fratellastro", cioè fratello dello stesso padre ma madre diversa: p.es. i
dodici figli che Giacobbe ebbe da quattro donne diverse (Gen 35,22-26;
37,4; 42,3; 42,4; 42,13);
"parente" o "cugino", cioè generico appartenente alla cerchia familiare
(cugino di vario grado, nipote = figlio del figlio, nipote = figlio del
fratello): p.es. Abramo chiamava 'fratello' suo nipote (figlio del fratello)
Lot (Gen11,27;13,8;14,14;14,16), e lo stesso dicasi per Labano verso suo
nipote Giacobbe (Gen29,15). In 1Cr23,22 il termine 'fratelli' viene usato
per indicare i figli del fratello del padre, cioè i cugini di primo grado; in
Lv10,4 indica i figli del cugino di primo grado;
"membro di una stessa tribù", intendendo con tribù i 12 raggruppamenti
etnici relativi ai figli di Giacobbe-Israele: p.es. Nm8,26; 2Sam19,11-13);
"amico" o "alleato", in particolare nei momenti avversi: p.es. 2Sam1,26;
1Re9,13; Pr17,17;
"collega", cioè individuo accomunato da un medesimo incarico di tipo
religioso, civile, militare: p.es. 2Cr31,15; 1Re20,32; 1Sam30,23;
"prossimo", cioè individuo di pari grado sociale verso il quale si hanno
precisi obblighi morali: p.es. Ger 9,3; Ez 47,14;
"compagno nella fede", significato che nella successiva tradizione
cristiana darà origine al termine 'frate': p.es. Dt1,16; Sal 133,1 (Sal132,1
nella ordinazione della Vulgata, ripresa anche dalla Bibbia CEI).
In ultima analisi, gli autori facendo riferimento , al verso, riportato nel
libro – pag 112 – e che si riferisce a ciò che scrisse Paolo ai Galati Gal
1,19: “ …Giacomo, il fratello del Signore…” nascondono non dicendolo
che Giacomo e Giovanni sono figli di Zebedeo e non certo di Giuseppe!!!
Più chiaro di così!! Ma nulla di tutto ciò è sottolineato da Augias e Pesce,
perché occorre fare sensazione e portare il lettore sulle loro tesi!!! Come
al cinema o in televisione, dove si usano i trucchi per far credere qualsiasi
cosa.
SETTIMO ARGOMENTO
Gesù taumaturgo
Leggiamo a pag 134 “… Si potrebbe dire che Gesù è stato un mistero non
solo per gli altri, ma anche per se stesso”
Questa presunzione di psicoanalisi fatta a distanza di… duemila anni tocca
il culmine quando il prof Pesce afferma a pag 135 testualmente:”… anche
se Luca, nell’episodio della trasfigurazione, sembra suggerire che egli
abbia invocato Elia e Mosè perché gli chiarissero il suo destino futuro”
Siamo sicuri che sia Luca ad insinuare una cosa del genere o è il prof
Pesce, che lavora di fantasia in barba a tutte le regole dettate dall’onestà
intellettuale? Si dà di Cristo una personalità da sprovveduto: risuscita
morti, fa guarigioni, ma non sa che cosa fare il giorno dopo e nemmeno che
valore abbia la sua missione fino a quel momento!
OTTAVO ARGOMENTO
Il processo
Nelle pagine che trattano questo argomento si arriva a stabilire che i
fatti, relativi alla cattura, al processo, Pilato ecc. riportati dai Vangeli
sembrerebbero invenzioni come risulta dalla domanda posta da Augias:
“…è possibile che questi fatti siano stati volutamente falsificati?”
La risposta del prof Pesce fa intendere un atteggiamento nei redattori o
copisti non propriamente e volutamente falsificatore, ma come frutto di
convinzioni personalissime; leggiamo – pag 157, 158 – “… li porta ad
introdurre elementi storicamente non avvenuti … gli autori hanno
certamente trasformato o creato una serie di episodi che, di fatto, non si
verificarono” Il risultato è lo stesso!! I vangeli sono frutto della
fantasia dei copisti. Ma non esistono prove che attestino le
affermazioni di Pesce!! Ricordiamolo questo.
Anzi!!! Mi vengono in mente le parole scritte da Svetonio (Claudio 25 11),
il quale riferì come l’Imperatore Claudio cacciò da Roma gli Ebrei e i
Giudeo-cristiani che a “…causa di un certo Chresto…” con le loro
continue e violente assemblee mettevano in pericolo l’ordine pubblico. E
Paolo incontrò a Corinto una coppia di giudeo-cristiani cacciati da
Roma, Aquila e la moglie Priscilla. Il fatto avvenne a pochi decenni dalla
morte di Cristo, quindi come possono Augias e Pesce dire che l’arresto, la
condanna e la morte di Cristo siano evento non avvenuti, ma immaginati dai
copisti? Cosa è questa se non, a mio parere, disonestà intellettuale?
Ecco, si vuole suggerire al lettore beone che molto probabilmente, anche
senza prove contrarie che tutto è discutibile. Come affermare che
L’Odissea che conosciamo non è realmente quella che ha scritto Omero.
Secondo gli autori quindi, il messaggio di Salvezza, per il quale molti si
sono fatti martirizzare, hanno versato il loro sangue, non è altro la
risultante di molteplici pareri e trasformazioni o invenzioni dei copisti,
carta straccia in poche parole!
Se fosse vera l’asserzione, del prof. Pesce, allora, cari lettori, stracciate
pure quelle pagine dalla vostra Bibbia, poiché le opinioni personali non
hanno potere di salvezza! E i vari personaggi che hanno testimoniato
Cristo nella storia, dalla decapitazione di San Paolo, la crocefissione di
Pietro, sulla cui tomba fu eretta la Basilica Costantiniana, San Francesco,
Don Giovanni Bosco, San padre Pio che della Passione di Cristo hanno
fatto la loro gioia e croce quotidiana, possiamo dedurre, alla luce di
quanto affermato, che sono stati tutti ingannati, o per lo meno si sono
illusi, autoesaltandosi, a questo punto, non spiritualmente, ma
psichicamente, isteria in poche parole, nelle loro meditazioni sulla
Passione stessa di Cristo!
NONO ARGOMENTO
La Trasfigurazione e la Resurrezione
Se molti episodi evangelici sono considerati invenzioni dottrinali come
potrebbe essere considerata, dai due autori, la resurrezione di Cristo,
punto di arrivo e di partenza del Piano di Salvezza iniziato seimila anni
prima? Come una semplice ipotesi di isteria individuale o collettiva! A
tal proposito, il duo cita un eminente studioso, tale Adolf Holl, teologo
viennese – ancora una volta, però, si dimentica di dire che fu cacciato
dall’università in cui insegnava per le sue teorie dottrinali. Quindi, stando
così le cose, le affermazioni del dott. Holl sulle apparizioni spirituali
stimolate anche da particolari droghe – leggi a pag. 177 – danno il
senso della qualità culturale e del procedere nella riflessione che i due
autori intendono dare della resurrezione. Poi, quando si parla di Paolo e
della sua… folgorazione sulla strada per Damasco, del fatto che da
persecutore di cristiani divenne uno strenuo difensore del Vangelo e il
primo degli apostoli, leggiamo, del prof. Pesce, testuali parole:
“…personalmente soggetto ad avere visioni, come quella celeberrima sulla
via di Damasco ( a proposito della quale si è parlato di un possibile attacco
epilettico) …” e ancora a proposito della Resurrezione: “… Si potrebbe
facilmente obiettare, ed è stato fatto, che la Maddalena era talmente
presa o innamorata di Gesù… che crede di vederlo in quel giardino, in una
di quelle che sono state definite visoni isteriche o allucinazioni…”.
Queste affermazioni scatenano nel lettore attento altre riflessioni e
domande del tipo: Perché gli stessi non hanno il coraggio di affermare,
per esempio, che i tre pastorelli di Fatima erano isterici e allucinati?
E così di Bernardette Soubirous? Comunque il vezzo di fare analisi
mediche a distanza di duemila anni rimane una costante, ed insinuare che
Paolo probabilmente poteva essere un epilettico dà la misura della
qualità scientifica delle parole riferite dal dott. Pesce che è, non
dimentichiamolo docente presso l’Università di Bologna e storico del
Cristianesimo e noto biblista. Il resto delle considerazioni, basate sulle
sue affermazioni riportate con Augias, le lascio al lettore.
Ma non solo: molte esperienze sarebbero frutto di pratiche esoteriche,
come nel caso della Trasfigurazione utile, a parer loro, a Gesù, per
capire cosa dovesse fare i giorni a seguire. Leggiamo infatti a pag
184: “… Mi domando – spiega il prof. Pesce - influenzato anche dalle
ricerche di mia moglie Adriana Destro, che insegna antropologia a
Bologna, se non ci troviamo di fronte ad una vera e propria forma di
trasmissione di esperienze esoteriche a un ristrettissimo gruppo di
seguaci… si spiegherebbero anche le apparizioni del risorto, che, di per
sé, sono delle visioni”; il prof. Pesce introduce, poi, l’antropologico
sospetto di una pratica di negromanzia attuata da Gesù a proposito del
colloquio con Mosè ed Elia. La scientificità dell’analisi ha toccato il suo
culmine!!! Ci piacerebbe anche sapere che tipo di ricerche ha fatto la
moglie del dott. Pesce per capire esattamente, senza l’ombra del dubbio,
cosa sia successo duemila anni fa. Ma ci preme sottolineare la
disinvoltura, degli autori, nell’aprire al lettore la possibilità, la via, alla
consistenza ipotetica della negromanzia e dell’esoterismo all’interno
del messaggio cristiano: per gli autori appare molto più reale poter
parlare con i morti – definita come esperienza antropologica – e, al
pari, attraverso pratiche esoteriche, di non bene identificata
procedura, colloquiare con profeti defunti, piuttosto che considerare
l’evento di Paolo sulla via di Damasco come un intervento divino.
Facciamo una piccola e semplice considerazione: Se la Trasfigurazione è
una balla; se Cristo è un uomo nato, morto e sepolto come tutti; se il senso
dell‟aldilà è un evento isterico, come si fa a credere nella sopravvivenza
dell’anima e quindi ipotizzare un regno dei morti con cui poter dialogare?
Ma se questi illuminati autori ipotizzano l‟esistenza del regno dei morti,
garantita, secondo loro, dall’esperienza negromantica ed esoterica, allora
esiste un aldilà, un mondo ove la materia non esiste così come la vediamo;
un mondo ove lo spirito del defunto continua ad esistere e con esso la
personalità dello stesso… Ergo: allora, esistendo un aldilà, esiste anche
Dio e con Dio un piano di Salvezza e con esso la realtà salvifica di
Cristo. E questo per la semplice constatazione che se esiste ed è
teorizzato il mutuo soccorso, dettato o dalla pietà o da un amore tra di
noi terrestri con corpo, è pensabile, allora, come reale e vero che possa
esistere un mutuo soccorso che parte dal mondo dello spirito per arrivare
su questa dimensione: un aiuto dei fratelli incorporei verso chi ancora ha
il corpo e vive nel disagio delle tenebre. Concludendo: chi può dire che
oltre il regno dei morti non ci sia nulla? Che oltre il regno dei morti non ci
sia il Regno della Pace da cui partì millenni orsono il Piano della Salvezza?
Augias e Pesce ce lo possono dire visto che hanno accertato o ipotizzato
che a far tornare Elia e Mosè su questa Terra è stato sufficiente un rito
negromantico da parte di Cristo. Grazie Augias grazie prof Pesce, ci
avete dato la prova che esiste la vita oltre la morte!!
DECIMO ARGOMENTO
Il lascito di Gesù
Appare sempre più sconcertante la disarmante analisi condotta, a botta e
risposta, tra i due autori del libro, attraverso affermazioni come quella a
pag 200, ove si legge testualmente: “… il cristianesimo e, in
particolare, il cattolicesimo si sono via via impregnati di pensiero
neoplatonico, con un monoteismo solo apparente, che ha ripristinato in
realtà un pantheon di entità divine attraverso il culto di figure
intermedie…” Queste affermazioni non possono far sorridere pensando,
come persone, culturalmente preparate, possano confondere la figura di
un santo con una di tipo paganeggiante, tale da rievocare il pantheon di
ellenica memoria, dove la situazione era radicalmente differente; tutti
sanno che i santi, persino la Madonna, si venerano ma Dio e Cristo si
onorano. Eppure si procede con questo registro che ha come obiettivo
finale l’esaltazione storica di un evento fine solo a se stesso; come evento
storico appunto. E basta. Augias, in questo capitolo – vedi pag 213 –
artatamente pone una domanda di cui sa già la risposta. Ci riferiamo alle
seguenti parole: “ Come si pone Gesù di fronte al male che sembra
dominare il mondo?” Qualsiasi cristiano, anche il meno fervente, conosce
che Cristo ha abbracciato il mondo, così com’era, CON TUTTI I SUOI
MALANNI e sacrificandosi lo ha riscattato lasciandoci il suo messaggio di
redenzione, di invito al pentimento per iniziare il processo di
trasformazione: da uomo vecchio a uomo nuovo. Ma questo appare troppo
dottrinale per i due, poiché il prof Pesce, a cui vanno i nostri complimenti
per dimostrare la profonda conoscenza della psiche di quel Cristo che
visse duemila anni fa, risponde: “…Dio gli appare anche incomprensibile.
Per tutta la vita cerca di sapere che cosa Dio voglia; alla fine si
sente abbandonato e non capisce perché Dio lo destini a una fine
ingiusta, a una sconfitta umiliante oltre che a patimenti atroci.” In
questa risposta c’è quel ricamo finale che completa la personale quanto
atea visione Cristoclasta dei due, facendo passare per epilettici, allucinati
tutti coloro che si sono santificati e che hanno avuto dialoghi mistici,
documentati, dalla Chiesa, con Cristo stesso. L‟insegnamento dottrinale e
teologico, quindi, per Augias e Pesce, sembrerebbe essere vano, perché
basato su documenti manipolati e poco attendibili e dove Cristo appare
come un fallito!
Ne esce, quindi, una figura di Cristo come uno che si trovò coinvolto, per
caso, all’interno di un disegno che non comprendeva; tralasciare, in questa
analisi, frasi che invece danno l’esatto contrario fa parte di quel metodo
più volte richiamato; di dimostrare, infine, un uomo morto e sepolto,
grande uomo ma ridotto in polvere dal tempo. Nulla contano le parole
dette da Gesù nella notte tra gli ulivi: “allontana da me questo calice
amaro ma sia fatta la tua volontà” quindi è evidente che Cristo si sia
volontariamente immolato, conoscendo la Volontà del Padre, e no che sia
caduto in un fraintendimento. Poteva fuggire quella notte da
Gerusalemme.
Una prova di ciò che affermiamo la troviamo a pag 204, ove di Gesù si
dice, alimentando sempre la pianta del dubbio, le seguenti frasi: “…se sono
di Gesù le frasi che il Vangelo di Matteo gli attribuisce sul giudizio
universale, quando i malvagi saranno finalmente puniti: da ultimo Gesù
non è filosofo e neanche teologo…” Ecco, dunque, l‟affermazione che
conferma la loro visione: Gesù non è Dio incarnato, ma un semplice uomo, e
quindi non può avere una visione o conoscenza teologica di Dio! Nulla
valgono per i due le parole, tra le tante, che Gesù pronunciò Gv 14, 24. “
Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che ascoltate
non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.”
Quindi Gesù sapeva quale era ovviamente la sua missione: riferire le
parole che il Padre gli aveva detto per la Salvezza dell’uomo!! E queste non
valgono perché mostrano la ridicolezza delle affermazione del duo Bla-
Bla.
Conseguentemente, anche Paolo si è sbagliato o a curato i suoi interessi
quando scrive agli efesini: “… l’efficacia della sua forza che egli
manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla
destra nei cieli, al di sopra di ogni principato…” Ef. 19-20
Ma al troppo non c’è mai fine. Sentiamo, o meglio, leggiamo cosa dice il
prof Pesce a proposito del battesimo di Gesù: “ Il fatto che Gesù vada
a farsi battezzare da lui (Giovanni battista N.d.R.) rivela che anch’egli
avvertiva il bisogno di rinnovamento, di una conversione interiore.” Al
Cristo totalmente uomo, i due sembrano aggiungere un altro elemento:
Cristo Gesù è talmente umano che probabilmente aveva qualche
scheletro nell’armadio e, Giovanni battista, gli ha dato la possibilità di
iniziare un cammino di conversione! Questo lasciano intendere le frasi
appena lette e lasciamo fare a voi, o lettori, ulteriori riflessioni. Non
importa se Giovanni il battezzatore disse di Gesù che, egli, il
battezzatore, non era degno nemmeno di sciogliere i lacci dei suoi calzari.
A due non importa.
Ma, tanto meno importa e si tralascia la risposta che Gesù dà ad un
Giovanni meravigliato, che si chiede come mai colui che salverà il mondo va
a farsi battezzare come un semplice peccatore: “Lascia fare per ora,
perché conviene che così adempiamo ogni giustizia.” In questa frase c’è
la piena conoscenza e consapevolezza di Cristo sulla sua missione,
secondo quanto profetizzato nel V.T.; Cristo sa di doverne rispettare il
piano e le tappe.
E i cieli si aprirono in quell’occasione e Dio parlò dicendo “ Questi è il
figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” Gesù non aveva
bisogno di ricorre alla negromanzia, come teorizzato dal professore
precedentemente, per conoscere la sua missione e non come si scrive a
pag 218 “…Gesù cerca rivelazioni e in qualche caso le ottiene.”
Probabilmente le condizioni meteorologiche palestinesi avranno
influenzato sulla capacità di ricevere o meno rivelazioni!
Non è il caso di tirare a lungo l’analisi di questa “fondamentale quanto
scientifica ed importante discussione per la cultura italiana” tra Augias
e Pesce.
Riteniamo che il lettore abbia compreso la “qualità scientifica” della
dissertazione su Cristo.
Ma le brutte abitudini non si perdono facilmente. In una recente
trasmissione televisiva, se ben ricordiamo intitolata “Enigmi”, andata in
onda nel dicembre del 2007, il conduttore, guarda un po’, sempre Augias,
introduce i telespettatori ad una riflessione su Cristo con questa
domanda, tratta dal Vangelo, che Gesù pone ai suoi discepoli: “ …e voi che
dite chi io sia? “ ricordate? Ebbene, ascoltate le parole noi ci si
aspettava che Augias continuasse ricordando la risposta di Pietro “…tu
sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente…”, invece no. Augias tralasciò di
leggere questa risposta fondamentale per la conoscenza evangelica di
Cristo e cominciò la sua tiritera Cristoclasta arrivando a parlare di
leggende che vogliono Cristo invecchiato e sepolto in India o in Giappone
con figli e nipoti. La solita pasta, la solita cultura lobbistica di una
Italia culturalmente in declino ed autolesionista! Oltre che
autoreferenziale per fini economici.
CONCLUSIONI
Al termine della nostra disamina, riportiamo le edificanti frasi – pag. 237
- uscite dalla illuminata penna di Nicola Pesce, che vogliono mostrare e
dimostrare la tesi di un Cristo morto e sepolto nella più acuta sconfitta
personale e morale:
“ In questo libro mi sembra di aver sostenuto, in grande sintesi, che
Gesù era un ebreo ( scoperta della famosa “hot water” N.d.R.) che non
voleva fondare una nuova religione. Non era cristiano ( come dire che
un macellaio è uno strenuo difensore della vita delle mucche N.d.R.). Era
convinto che il Dio delle Sacre Scritture ebraiche stesse cominciando
a trasformare il mondo per instaurare finalmente il suo regno sulla
terra ( erano, al tempo di Gesù, circa da 1500 anni che il popolo ebreo
s’era incamminato verso la Terra promessa. E se lui era Ebreo… N.d.R.):
era del tutto concentrato su Dio e pregava per capire la sua volontà e
ottenere le sue rivelazioni, ma era anche del tutto concentrato sui
bisogni degli uomini, in particolare i malati, i più poveri e coloro che
erano trattati in modo ingiusto… (“quanto è umano lei” da Fantozzi
N.d.R. ) Il regno di Dio non venne e, anzi, egli fu messo a morte…
(Ma non avevano i due affermato nelle pagg 157-158 “… li porta ad
introdurre elementi storicamente non avvenuti … gli autori hanno
certamente trasformato o creato una serie di episodi che, di fatto, non si
verificarono”?) … messo a morte dai romani per motivi politici. I suoi
discepoli, che provenivano da ambienti i più vari, ne diedero dall’inizio
interpretazioni differenti. Si interrogarono sulla sua morte fornendo
spiegazioni diverse e molti di loro si convinsero ( la solita tirata in ballo
dell’isteria di scuola ottocentesca che accomuna gli apostoli con le
verginelle non maritate, ma vogliose? N.d.R.) che egli fosse risuscitato…
i fondamentalismi, di qualunque tipo dimostrano la propria debolezza
culturale e la devastazione mentale che operano.”
Con queste battute finali, Pesce, in pratica, ci lascia intendere che tra
questi fondamentalismi ci sia anche la Chiesa Cattolica, rappresentante,
quindi, di una religione fondamentalista, perché fondata su Cristo,
animata da persone con debolezza culturale e con un patrimonio mentale
devastato. Dobbiamo ritenere, se essere cristiani significa essere
fondamentalisti, che papa Ratzinger ( oggi papa Francesco N.d.R.) sia il
rappresentante della comunità cristiano-cattolica che ha la mente
devastata? Ci risponda prof Pesce.
Ai lettori l‟ardua sentenza!
Antonio Dal Muto, sperando di aver reso un buon servizio al lettore Anno 2008