12
Per una Chiesa Viva www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 7 – Luglio 2011 Domenica 26 giugno abbiamo celebrato la solennità del Corpus Domini,espressione latina che significa Corpo del Signore, una delle principali feste dell’anno della Chiesa, istituita l’8 settembre 1264 da Papa Urbano IV, in seguito ad uno stra- ordinario miracolo eucaristico avvenuto a Bolsena. Per proclamare pubblicamente la fede nel mistero della presenza reale di Gesù Cri- sto nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e per esprimere con canti e preghiere la gratitudine al Signore per il dono indicibile del suo Amore che ancora oggi si offre nel Segno del Pane che ci trascende e ci trasforma, abbiamo portato solennemente Gesù Sacramento nelle strade principali del paese. La processione come prolunga- mento della celebrazione eucaristi- ca svoltasi in Duomo e della sosta meditativa e adorante dopo la co- munione, come ogni processione, è stata il segno parlante di una chie- sa viva che, come popolo di Dio, è pellegrina per le strade del mondo e cammina verso la patria ed i beni eterni, tenendo lo sguardo fisso su Gesù, unica via verso il cielo. Grande e devota è stata la partecipazione della gente che con le Autorità,la Confra- ternita del Nome di Cristo e del Carme- lo,i membri del Terzo Ordine Secolare e dell’Azione Cattolica, ha accompagnato il corteo processionale animato dalle corale del Duomo e dalla banda musicale. La bella,consolante e significativa testi- monianza di fede espressa nella Festa del Corpus Domini di quest’anno, ci invita a coltivare uno sguardo di fiducia nell’azione dello Spirito di Dio che abita nei cuori dei fedeli ed anima la Chiesa; proseguire con costante impegno nel cammino di formazione cristiana delle nuove generazioni,in particolar modo delle famiglie e delle Associazioni del laicato impegnato; mantenendo il corag- gio della testimonianza cristiana. In altre parole, dobbiamo credere vera- mente alla potenza dell’Eucarestia che salva il mondo, del quale è luce e anima. L’Eucaristia è il vero tesoro della chiesa. Nell’Omelia del Corpus Domini di quest’anno,il Papa Benedetto XVI ha ribadito che l’Eucaristia “è come il cuo- re pulsante che dà vita a tutto il corpo mistico della Chiesa: un organismo socia- le tutto basato sul legame spirituale ma concreto con Cristo. (...) Senza l’Eucaristia la Chiesa semplicemente non esisterebbe. È l’Eucaristia, infatti, che fa di una comunità umana un mistero di comunione, capace di portare Dio al mondo e il mondo a Dio. Lo Spirito San- to, che trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo, trasforma an- che quanti lo ricevono con fede in mem- bra del corpo di Cristo, così che la Chiesa è realmente sacramento di unità degli uomini con Dio e tra di loro”. Il Papa,sapientemente attento ai segni del tempo, ha soprattutto sottolineato che “In una cultura sempre più individualisti- ca, quale è quella in cui siamo immersi nelle società occidentali, e che tende a diffondersi in tutto il mondo, l’Eucaristia costituisce una sorta di ‘antidoto’, che opera nelle menti e nei cuori dei cre- denti e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione, insomma, la logica del Vangelo. I primi cristiani, a Gerusalemme, erano un segno evidente di questo nuovo stile di vita, perché vivevano in fraternità e mettevano in comune i loro beni, affin- ché nessuno fosse indigente, (...) E an- che nelle generazioni seguenti, attraver- so i secoli, la Chiesa, malgrado i limiti e gli errori umani, ha continuato ad esse- re nel mondo una forza di comunione. Pensiamo specialmente ai periodi più difficili, di prova: che cosa ha significa- to, ad esempio, per i Paesi sottoposti a regimi totalitari, la possibilità di ritrovar- si alla Messa Domenicale! Come diceva- no gli antichi martiri di Abitene: ‘Sine Dominico non possumus’ – senza il ‘Dominicum’, cioè senza l’Eucaristia domenicale non possiamo vivere. Ma il vuoto prodotto dalla falsa libertà può essere altrettanto pericoloso, e allora la comunione con il Corpo di Cristo è far- maco dell’intelligenza e della volontà, per ritrovare il gusto della verità e del bene comune”. Continua a pagina 2 L’Eucaristia il vero tesoro della Chiesa P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

INCONTRO LUGLIO 2011

Embed Size (px)

DESCRIPTION

periodico chiesa ravello

Citation preview

Page 1: INCONTRO LUGLIO 2011

Per una Chiesa Viva

www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 7 – Luglio 2011

Domenica 26 giugno abbiamo celebrato la solennità del Corpus Domini,espressione latina che significa Corpo del Signore, una delle principali feste dell’anno della Chiesa, istituita l’8 settembre 1264 da Papa Urbano IV, in seguito ad uno stra-ordinario miracolo eucaristico avvenuto a Bolsena. Per proclamare pubblicamente la fede nel mistero della presenza reale di Gesù Cri-sto nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e per esprimere con canti e preghiere la gratitudine al Signore per il dono indicibile del suo Amore che ancora oggi si offre nel Segno del Pane che ci trascende e ci trasforma, abbiamo portato solennemente Gesù Sacramento nelle strade principali del paese. La processione come prolunga-mento della celebrazione eucaristi-ca svoltasi in Duomo e della sosta meditativa e adorante dopo la co-munione, come ogni processione, è stata il segno parlante di una chie-sa viva che, come popolo di Dio, è pellegrina per le strade del mondo e cammina verso la patria ed i beni eterni, tenendo lo sguardo fisso su Gesù, unica via verso il cielo. Grande e devota è stata la partecipazione della gente che con le Autorità,la Confra-ternita del Nome di Cristo e del Carme-lo,i membri del Terzo Ordine Secolare e dell’Azione Cattolica, ha accompagnato il corteo processionale animato dalle corale del Duomo e dalla banda musicale. La bella,consolante e significativa testi-monianza di fede espressa nella Festa del Corpus Domini di quest’anno, ci invita a coltivare uno sguardo di fiducia nell’azione dello Spirito di Dio che abita

nei cuori dei fedeli ed anima la Chiesa; proseguire con costante impegno nel cammino di formazione cristiana delle nuove generazioni,in particolar modo delle famiglie e delle Associazioni del laicato impegnato; mantenendo il corag-gio della testimonianza cristiana. In altre parole, dobbiamo credere vera-mente alla potenza dell’Eucarestia che salva il mondo, del quale è luce e anima. L’Eucaristia è il vero tesoro della chiesa.

Nell’Omelia del Corpus Domini di quest’anno,il Papa Benedetto XVI ha ribadito che l’Eucaristia “è come il cuo-re pulsante che dà vita a tutto il corpo mistico della Chiesa: un organismo socia-le tutto basato sul legame spirituale ma concreto con Cristo. (...) Senza l’Eucaristia la Chiesa semplicemente non esisterebbe. È l’Eucaristia, infatti, che fa di una comunità umana un mistero di comunione, capace di portare Dio al mondo e il mondo a Dio. Lo Spirito San-to, che trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo, trasforma an-

che quanti lo ricevono con fede in mem-bra del corpo di Cristo, così che la Chiesa è realmente sacramento di unità degli uomini con Dio e tra di loro”. Il Papa,sapientemente attento ai segni del tempo, ha soprattutto sottolineato che “In una cultura sempre più individualisti-ca, quale è quella in cui siamo immersi nelle società occidentali, e che tende a diffondersi in tutto il mondo, l’Eucaristia costituisce una sorta di ‘antidoto’, che

opera nelle menti e nei cuori dei cre-denti e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione, insomma, la logica del Vangelo. I primi cristiani, a Gerusalemme, erano un segno evidente di questo nuovo stile di vita, perché vivevano in fraternità e mettevano in comune i loro beni, affin-ché nessuno fosse indigente, (...) E an-che nelle generazioni seguenti, attraver-so i secoli, la Chiesa, malgrado i limiti e gli errori umani, ha continuato ad esse-re nel mondo una forza di comunione. Pensiamo specialmente ai periodi più difficili, di prova: che cosa ha significa-to, ad esempio, per i Paesi sottoposti a

regimi totalitari, la possibilità di ritrovar-si alla Messa Domenicale! Come diceva-no gli antichi martiri di Abitene: ‘Sine Dominico non possumus’ – senza il ‘Dominicum’, cioè senza l’Eucaristia domenicale non possiamo vivere. Ma il vuoto prodotto dalla falsa libertà può essere altrettanto pericoloso, e allora la comunione con il Corpo di Cristo è far-maco dell’intelligenza e della volontà, per ritrovare il gusto della verità e del bene comune”.

Continua a pagina 2

L’Eucaristia il vero tesoro della Chiesa

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

Page 2: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Nel giorno più solenne e speciale dell’anno liturgico in cui viene messa al centro l'Eucaristia non solo “fonte di salvezza per l'umanità intera, ma anche fonte e culmine di tutta la vita cristiana, è perciò doveroso ricorda-re che l’Eucarestia attrae i credenti alla sublime carità di Cristo che ci strappa da noi stessi per dedicarci al compito affidatoci da Gesù, quello della conversione, della riconciliazio-ne e della testimonianza; una carità che tutto contiene e tutto abbraccia, tutto penetra e tutto muove, renden-doci strumenti di quel misterioso rin-novamento del corpo ecclesiale e del mondo che lo Spirito del Risorto con-tinuamente opera nel tempo. Daremo,altresì particolare rilievo alla Messa domenicale e alla stessa Dome-nica, sentita come giorno speciale della fede e della Famiglia di Dio,la Chiesa; giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana e rinnoveremo l’ im-pegno a tradurre nella vita quotidia-na la fede eucaristica. Una prima traduzione, molto sempli-ce,potrà essere,perciò, la frequenza della comunione eucaristica. Tutti noi che, facendo la comunione riceviamo il corpo del Signore , siamo chiamati a vivere con grande intensità quel momento, che corrisponde alla parola di Gesù: “Prendete e mangiate”. La comunione eucaristica ci mette in comunione non solo con Dio, ma fra di noi; fa di noi la Chiesa. Essa è la fonte, il cuore della nostra fede, l’alimento quotidiano della nostra carità. Comunicando insieme al pane della vita, diventiamo corpo di Cristo; non molti, ma un solo corpo. Siamo dav-vero consapevoli di questo effetto della comunione? Quando ci lasciamo andare al pettegolezzo superficiale e cattivo, quando siamo tentati di giu-dicare i fratelli, le sorelle, la comuni-tà, i preti, la Chiesa, ci ricordiamo

che, mediante l’Eucarestia, noi siamo una cosa sola con loro e dunque, se giudichiamo gli altri, giudichiamo noi stessi, se amiamo poco gli altri mo-striamo odio verso noi stessi? Infine, la comunione eucaristica deve avere un riflesso sociale, deve concretizzar-si nell’impegno per attuare il proget-to pastorale diocesano del “Camminare insieme” per vivere la solidarietà; per la costruzione della società civile, per mettere insieme gli sforzi di tutte le persone di buona volontà, per operare a favore della pace nel mondo e della fratellanza tra i popoli. Che il Signore, per interces-sione di Maria,Madre della Chiesa, ci conceda la grazia di comprendere il dono ineffabile del Suo amore e la nostra vita diventi a poco a poco un’esistenza donata, come la sua.

Don Giuseppe Imperato

La Parola di Dio e l’evangelizzazione delle culture

Il documento lancia un appello a un “rinnovato incontro tra Bibbia e culture”: “vorrei ribadire a tutti gli operatori cul-turali – scrive il Papa - che non hanno nulla da temere dall’aprirsi alla Parola di Dio; essa non distrugge mai la vera cultu-ra, ma costituisce un costante stimolo per la ricerca di espressioni umane sem-pre più appropriate e significative”. Inol-tre, “va pienamente ricuperato il senso della Bibbia come grande codice per le culture”. Si auspica anche la promozione della conoscenza della Bibbia nelle scuole e università, “vincendo antichi e nuovi pregiudizi”. Si esprime apprezzamento, stima e ammirazione di tutta la Chiesa per gli artisti “innamorati della bellezza”, che si sono lasciati ispirare dai testi sacri, aiutando “a rendere in qualche modo percepibile nel tempo e nello spazio le realtà invisibili ed eterne”. Si sollecita “un impegno ancora più ampio e qualifi-cato” nel mondo dei media perché possa “emergere il volto di Cristo e udirsi la Sua voce”. In particolare, si sottolinea il

ruolo crescente di internet, “che costitui-sce un nuovo forum in cui far risuonare il Vangelo, nella consapevolezza, però, che il mondo virtuale non potrà mai sostitui-re il mondo reale” (109-113). Parlando di evangelizzazione delle cultu-re, il Papa osserva che la Parola di Dio manifesta “un carattere profondamente interculturale, capace di incontrare e di far incontrare culture diverse”; “l’inculturazione - tuttavia - non va scam-biata con processi di adattamento super-ficiale e nemmeno con la confusione sin-cretista che diluisce l’originalità del Van-gelo per renderlo più facilmente accetta-bile”.

La Parola di Dio e la Nuova evangelizzazione

“La Parola divina … trasfigura i limiti delle singole culture creando comunione tra popolidiversi” invitando “ad andare verso una comunione più vasta … vera-mente universale” che “collega tutti, uni-sce tutti, ci fa tutti fratelli”. (114-116) La nostra epoca – conclude il Papa – “dev’essere sempre più il tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione”, perché “ancora oggi Gesù risorto ci dice ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura ’ (Mc 16,15)”. “Annunciando la Parola di Dio nella forza dello Spirito Santo, desideriamo comuni-care anche la fonte della vera gioia, non di una gioia superficiale ed effimera, ma di quella che scaturisce dalla consapevo-lezza che solo il Signore Gesù ha parole di vita eterna (cfr Gv 6,68)” (121-124).

Conclusione

SEGUE DALLA PRIMA

SINTESI DELLA ESORTAZIONE APOSTOLICA

“VERBUM DOMINI”

Page 3: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 3 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Presentiamo la dissertazione che S.E.R. il Card. Albert Malcolm Ranjith, Arcive-scovo di Colombo (Sri Lanka), ha tenuto al Convegno "Adoratio2011" (Roma, 20 - 23 giugno 2011) del Card. Malcolm Ranjith “Quando siamo davanti al SS. mo Sacra-mento, invece di guardarci attorno, chiu-diamo gli occhi e la bocca; apriamo il cuore; il nostro buon Dio aprirà il suo; noi andremo a Lui. Egli verrà a noi, l’uno chiede, l’altro riceve; sarà come un respiro che passa dall’uno all’altro”, que-ste erano le parole con le quali il curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney, cer-cava di spiegare l’adorazione (Il piccolo Catechismo del Curato d’Ars, Tan Books & Publishers, Inc. Rockford, Illinois, 1951, p.42). 1. Adorazione è stare dinanzi a Dio onni-potente in un atteggiamento di silenzio, potente espressione di fede: “Parla, Si-gnore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam.3,10). E’ davvero inspiegabile in termini umani. Papa Benedetto XVI ha spiegato il significato di adorazione come una proskynesis, “il gesto della sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire”, e come ad – oratio “contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo a-more” (Omelia del 21 agosto 2005 a Marienfeld, Colonia). E’ tale processo di presenza davanti a Dio che ci tra-sforma. San Paolo, parlando di coloro che si volgono verso il Signore come fece Mosè, dichiara: “quando ci volgeremo verso il Signore, il velo sarà tolto…e noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, venia-mo trasformati (meta morfoumetha) in quella medesima immagine, di gloria in gloria” (2 Cor. 3,16.18). E’ interessante notare che il verbo usato qui è lo stesso usato per spiegare la trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor (metemorfothè). La presenza dell’adorante dinanzi a Dio lo trasforma. Ciò è mirabilmente espres-so in quelle parole del libro dell’Esodo: “quando Mosè scese dal monte Sinai con le due tavole della Testimonianza nelle

mani, non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con Yahweh. Ma Aronne e tutti gli israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui” (Es. 34, 29-30). E’ co-me quando qualcuno si mette a fissare intensamente un tramonto; dopo un po’ di tempo, anche il suo volto assume un colorito dorato. Il vescovo Fulton J. She-en nota, nello spiegare tale esperienza, che quando guardiamo all’Eucaristia in un atteggiamento di adorazione, di pro-fonda riverenza e amore “accade qualcosa in noi di molto simile a quanto accadde ai discepoli di Emmaus. Il pomeriggio della domenica di Pasqua, quando il Signore si fece loro incontro, domandò perché fossero così tristi. Trascorse alcune ore alla Sua presenza e ascoltando di nuovo il segreto della spiritualità – “il Figlio dell’Uomo deve soffrire per entrare nella

Sua gloria” – finito il tempo di stare con Lui, i loro “cuori ardevano” (Un tesoro nell’argilla, Autobiografia). L’adorazione eucaristica è quindi un incontro profon-damente personale e, in qualche misura, comuni tar io c on i l Si gnore . L’atteggiamento innato di riverenza non è dato da alcun senso di remissività, ma da un atteggiamento di fede profonda e dal grande desiderio di dialogo, o me-glio, un atteggiamento di presenza e a-scolto tra l’”Io” e il grande “Tu” – la ri-cerca della comunione. E’ come quando Mosè guardava il roveto ardente. Il rove-to continuava a bruciare, ma non si di-struggeva. La nostra presenza davanti al Signore eucaristico non diminuisce la Sua

gloria, ma parla a noi e noi dialoghiamo con Lui. E in tutto questo, veniamo tra-sformati. Non è Lui che cambia, ma noi. Eppure, lungo la storia della Chiesa, questa grande fede nella Presenza di Ge-sù in persona nella Santissima Eucaristia, ha avuto anche dei detrattori, soprattutto quelli che criticavano la pratica ecclesiale dell’adorazione eucaristica. OBIEZIONI ALL’ADORAZIONE Le forme più antiche di obiezione all’adorazione eucaristica, sorsero nel contesto di una constatazione della non presenza fisica e reale del Cristo nelle specie consacrate del pane e del vino. Fu Berengario (999 – 1088), l’arcidiacono di Angers in Francia, che sorprendente-mente sosteneva questa posizione all’inizio del Medio Evo che, ipso facto, avrebbe reso superflua l’adorazione eu-caristica. Ma fu papa Gregorio VII, il capo della Chiesa allora regnante, che

ordinò a Berengario di firmare una ritrattazione a motivo della fede co-stante della Chiesa, un documento che divenne il primo pronunciamento defi-nitivo sulla fede eucaristica della Chie-sa. Dichiarava: “Credo con il cuore e professo apertamente che il pane e il vino offerti sull’altare, mediante la preghiera e le parole del Redentore, sono cambiati sostanzialmente nella vera e propria vivificante carne e san-gue di Gesù Cristo, nostro Signore, e che dopo la consacrazione, sono il vero

corpo di Cristo nato dalla Vergine e ap-peso alla croce in immolazione per la salvezza del mondo, così come il sangue di Cristo uscito dal Suo fianco, non solo come segno e in ragione della potenza del sacramento, ma nella verità e realtà della loro sostanza e in ciò che è proprio alla loro natura” (Mansi, Collectio am-plissima Conciliorum, XX 524D). Oltre a tale convinzione di fede, la Chie-sa diede impulso a una intensificazione del culto eucaristico sotto forma di pro-cessioni eucaristiche, atti di adorazione, visite a Cristo nella pisside, ecc. Queste tradizioni iniziate allora sono diventate espressioni di fede eucaristica.

Continua a pagina 4

DALL’ADORAZIONE ALL’EVANGELIZZAZIONE

Page 4: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 4 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

In seguito, presero corpo altre iniziative, quale l’istituzione della solennità del Corpus Domini da parte di papa Urbano IV. I miracoli eucaristici contribuirono alla crescita di tale fervore e rafforzò la fede della Chiesa sulle specie consacrate del pane e del vino, che sono realmente e integralmente il corpo e il sangue di Cri-sto, fede creduta fermamente dagli apo-stoli e sempre professata come dottrina fondamentale della Chiesa. In effetti, è quanto il Signore stesso aveva affermato e voluto per la Sua Chiesa. “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” (cfr. Lc, 22,19-20) e “fate questo in memoria di me” (Lc. 22,19), furono le parole de-terminanti del Signore che anche san Paolo riprende quando presenta l’Eucaristia (1 Cor. 4, 23-27). La fede eucaristica della Chiesa fu defini-tivamente definita e affermata dal Conci-lio di Trento, sullo sfondo della rivolu-zione luterana. Esso affermava che “nel divino sacramento della santa Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vi-no, il nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è contenuto veramen-te, realmente e sostanzialmente sotto l’apparenza di quelle cose sensibili” (c. 719) e ancora “poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane (Mt. 26,26ss.; Mc. 14,22ss; Lc. 29,19ss e 1 Cor. 11, 24ss) era veramente il suo corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzio-ne, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversio-ne di tutta la sostanza del pane nella so-stanza del corpo del Cristo, nostro Si-gnore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del Suo sangue. Questa conver-sione quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione” (c. 722). Inoltre, confutò l’errore propagato so-prattutto dalla riforma protestante, se-condo cui la transustanziazione fosse im-possibile. Zwingli preferì interpretare la consacrazione nel senso di transignifica-zione: non “questo è il mio corpo”, ma “questo è come il mio corpo”. Egli conte-sta che non può essere “è”, poiché se così fosse, noi mangeremmo letteralmente la carne e il Signore sarebbe lacerato dai

nostri denti. E dato che ciò non avviene, la transustanziazione non può essere ve-ra” (cfr. Sulla cena del Signore ‘1526’ in Corpus Reformatorum: Huldreich Zwin-gli Saemtliche Werke, vol 91 ‘Lipsia, Hensius 1927’, 796.2 – 800.5). Per que-sto il Concilio di Trento decretò che “se qualcuno negherà che nel santissimo sa-cramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità, e quindi il Cristo tutto intero, ma dirà che esso vi è solo come in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza: sia anate-ma” (canone 728). La Chiesa pertanto ha fermamente con-servato la verità che il pane e il vino con-sacrati, sono nella loro sostanza, vera-mente e integralmente il corpo e il san-gue di Cristo. Un dogma che è stato con-tinuamente riaffermato dai Concili che seguirono e dai supremi Pontefici. Come papa Pio XII, il quale dichiarò che “per mezzo della transustanziazione del pane in corpo e del vino in sangue di Cristo, come si ha realmente presente il Suo corpo, così si ha il Suo sangue” (Mediator Dei, 70). Lo stesso è stato ribadito da papa Paolo VI (Mysterium Fidei, 46), da papa Giovanni Paolo II (Ecclesia de Eu-charistia, 15, e da papa Benedetto XVI (Sacramentum Caritatis 10, 11 e 66). Papa Paolo VI, da parte sua, era seria-mente preoccupato riguardo a una certa tendenza nella Chiesa, successiva al Con-cilio Vaticano II, di attenuazione di fede sulla sostanza dell’Eucaristia, in partico-lare sulla transustanziazione e sulla pre-senza permanente. Egli dichiarò: “ben sappiamo che… ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l’animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione..” (Mysterium Fidei 10). E continua il papa: “non possiamo appro-vare le opinioni che essi esprimono e sentiamo il dovere di avvisarvi del grave pericolo di quelle opinioni per la retta fede” (ibid 14). Il papa, durante la cui vita si svolse la maggior parte del Conci-lio Vaticano II, affermava: “la costante istruzione impartita dalla Chiesa ai cate-cumeni, il senso del popolo cristiano, la dottrina definita dal Concilio di Trento e

le stesse paro-le con cui Cristo istituì la SS.ma Euca-ristia ci obbli-gano a profes-s a r e c h e ‘l’Eucaristia è la carne del nostro Salva-tore Gesù Cristo, che ha patito per i no-stri peccati e che il Padre per sua beni-gnità ha risuscitato’ (S. Ignazio di Antio-chia, Epistola ai smirnesi 7,1; PG 5,714). Alle parole del martire sant’Ignazio, Ci piace aggiungere le parole di Teodoro di Mopsuestia, in questa materia testimone attendibile della fede della Chiesa: ‘Il Signore, egli scrive, non disse: questo è il simbolo del mio corpo e questo è il sim-bolo del mio sangue, ma: questo è il mio corpo e il mio sangue, insegnandoci a non considerare la natura della cosa pre-sentata, ma a credere che essa con l’azione di grazia si è tramutata in carne e sangue’” (Mysterium fidei 44). In effetti, l’intera enciclica di Paolo VI è una solida difesa della retta fede della Chiesa sulla SS.ma Eucaristia. Inoltre, nella solenne professione di fede del 30 giugno 1968, egli affermò che “ogni spiegazione teologica che tenti di penetrare in qualche modo questo miste-ro, per essere in accordo con la fede cat-tolica, deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessa-to di esistere dopo la consacrazione, sic-ché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad essere realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vi-no” (25, AAS60 (1968) 442-443). Di conseguenza, il Papa sollecita i vesco-vi “affinché questa fede… rigettando nettamente ogni opinione erronea e per-niciosa, voi custodiate pura e integra nel popolo” e “promoviate il culto eucaristi-co, a cui devono convergere finalmente tutte le altre forme di pietà” (Mysterium fidei 65). Risulta chiaro dunque che le obiezioni all’adorazione eucaristica basate su una contestazione o una falsa interpretazione della fede e dottrina ecclesiali, sono di-sapprovate e fermamente respinte.

SEGUE DA PAGINA 3

Page 5: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 5 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Uno dei momenti importanti vissuti nel corso dell’anno liturgico, da una comu-nità parrocchiale, è la Celebrazione della Messa di Prima Comunione. Quest’anno nella nostra comunità parrocchiale la Celebrazione è stata anticipata al 12 Giu-gno, Domenica di Pentecoste . Tre no-stri fanciulli hanno ricevuto per la prima volta Gesù nel loro cuore: Acanfora Ca-terina, Greco Roberto ed Alessandro Mansi. L’aria di festa nella nostra parroc-chia si respirava già da Venerdì 10 Giu-gno, quando ci siamo incontrati per vive-re un breve ma intenso momento di pre-ghiera, animato da Don Carlo Magna che ha invitato i fanciulli a riflettere sull’ Amore di Gesù per noi, grande a tal punto da donarsi come Cibo di Vita E-terna. La mattina della Domenica, il suo-no a distesa delle campane ha predispo-sto il cuore di ognuno di noi a vivere un momento di gioia ricco di fede e parteci-pazione. Ci siamo ritrovati puntuali alle ore 10,00 alla Chiesa Santa Maria a Gra-dillo. Abbracciare questi ragazzi un po’ ansiosi, preoccupati, guardare i loro oc-chi da cui traspare la felicità e la trepida-zione di ricevere Gesù, salutare i loro

genitori, è sempre un momento di gran-de commozione. Alle 10,20 in Proces-sione ci siamo incamminati verso il Duo-mo, accompagnati dal canto “ oh che Giorno Beato”, seguito dall’intonazione della Liturgia dei Santi, da parte di Don Carlo . Sul Sagrato il nostro parroco Monsignor Giuseppe Imperato ci attendeva per compiere il Rito dell’Accoglienza . Dopo aver presentato i fanciulli alla Comunità, abbiamo ricevuto l’aspersione con l’Acqua Benedetta, simbolo del Battesi-mo. Ci siamo recati all’Altare, accompa-gnati dal canto “Effonderò il mio Spiri-to”; è cosi iniziata la Celebrazione , per questi fanciulli l’inizio della partecipa-zione completa all’Eucaristia settimana-le, attraverso il Banchetto Eucaristico. Nell’Omelia Don Carlo, che ha presie-duto la Celebrazione, ha ricordato a que-sti fanciulli che al loro Battesimo , i geni-tori hanno ricevuto dal sacerdote cele-brante una candela, simbolo della fede , ed una vestina bianca , simbolo della purezza. Don Carlo ha spiegato che nel tempo in cui essi hanno ricevuto il Batte-simo erano piccoli e non consapevo-

li ,ora , essendo diventati più grandi, soprattut-to avendo parte-cipato alle cate-chesi, avendo conosciuto Gesù sono in grado di alimentare “ la fiamma della loro fede”, partecipan-do all’Eucaristia domenicale, pre-gando Gesù ogni giorno, coltivan-do il rapporto di amicizia con “ Questo Grande Amico “. Se la fiamma della fede sarà sempre viva, ha continuato Don Carlo, allora anche il loro cuo-re sarà puro, e la veste della loro

anima avrà meno occasione di macchiarsi restando sempre bianca, come il “ saio simbolo della purezza “ che indossano in questo giorno speciale, perché chi è in unione con Gesù vuole essere Buono, Ubbidiente, Mite, Caritatevole così co-me Egli è. Questo è stato l’augurio di Don Carlo ad Alessandro, Caterina e Roberto: rimanere sempre in unione con Gesù. Dopo il Rinnovo delle Promesse Battesi-mali, la Celebrazione è continuata fino al momento tanto atteso: l’Incontro di Ge-sù nella Comunione. Gesù Ostia Consa-crata, sotto le sembianze del pane e del vino, è entrato nel cuore di questi fan-ciulli, li ha presi per mano per non la-sciarli mai più, per fare con loro il cam-mino della vita. Prima della Benedizione finale, Alessandro , Caterina e Roberto , hanno recitato una preghiera di ringrazia-mento a Gesù , ed una preghiera di affi-damento a Maria, Madre di Gesù, affin-chè con lo sguardo materno vegli su di loro e li aiuti ad essere perseveranti nell’Incontro con Gesù , Pane di Vita.

Giulia Schiavo

CELEBRAZIONE DELLA MESSA DI PRIMA COMUNIONE

Page 6: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 6 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Il mese di giugno che ci siamo lasciati da poco alle spalle,grazie alla data della Pasqua,quest’anno è stato caratterizzato da un serie di solennità che,se sono state vissute nel modo giusto,sono state per le comunità ecclesiali una vera e propria cura preventiva per affrontare bene l’estate,tempo notoriamente dedicato al riposo fisico, inteso da alcuni come di-simpegno spirituale. Dalla prima all’ultima domenica di giugno,la liturgia ci ha fatto vivere,gustare e celebrare le grandi feste mobili,ossia quelle che non cadono in date fisse ma che dipendono dalla Pasqua,che nell’ordine sono: Ascensione,Pentecoste,Santissima Trinità e Corpus Domini(Santissimo Corpo e Sangue del Signore).Ad esse vanno aggiunte un’altra solennità mobile,il sacra-tissimo Cuore di Gesù,celebrata il 1 luglio,e le solennità della Na-tività di san Giovanni Battista(24 giugno) e dei santi apostoli Pietro e Paolo (29 giugno).Insomma una scorpacciata di solennità. Qualcu-no dinanzi a tanta ricchezza litur-gica tende a storcere il naso,in quanto le celebrazioni nei suddet-ti giorni dovrebbero essere anco-ra più curate e di conseguenza meno soggette al fattore tempo(la messa che duri al massimo 45 minuti;tre quarti d’ora alla settimana da dedicare al Signo-re sono sufficienti,perché si ha da fare) e talvolta gli stessi sacerdoti tendono ad apparire appesantiti da questo carico di solennità. Ricordo che qualche anno fa su una rivista liturgica specializzata diversi preti ,responsabili di più comuni-tà,lamentavano la difficoltà di poter af-frontare questo sovraccarico e ne propo-nevano la riduzione,se non erro, diminu-endo o declassando le solennità del peri-odo natalizio. Sciocchezze!Comunque è lecito chiedersi che cosa sia rimasto nella Comunità ecclesiale di un periodo litur-gicamente così ricco. Ognuno dovrebbe verificare quanto queste celebrazioni abbiano inciso sul proprio essere cristia-no e valutare fino a che punto esse siano state fruttuose. La cartina tornasole è come sempre rappresentata dalla capacità

di comprendere e mettere in atto l’essenziale,ossia la capacità di pregare. Ed eccoci al punto dolente. Non possia-mo negare che,purtroppo,su questo a-spetto fondamentale della vita del segua-ce di Cristo,sia individualmente,sia co-munitariamente le Comunità ecclesiali sono carenti o comunque dimostrano di non aver compreso ancora l’importanza della Preghiera. Bastano le belle celebra-zioni,le processioni abbastanza partecipa-te, le feste,le novene etc.etc.? La risposta ovviamente è no. Il rischio di cedere al sentimentalismo e al devozionalismo c’è,altrimenti come ci spieghiamo una

buona partecipazione alla processione del Corpus Domini e una sparuta partecipa-zione all’ora di adorazione settimanale?Fatti salvi i motivi ovvi (la processione è un momento particolare,si tiene di do-menica),è innegabile che le nostre Co-munità o non pregano o pregano poco e male. Non stiamo cedendo forse anche noi allo sterile attivismo?o meglio ad un attivismo che lascia il tempo che trova, perché, se altri organizzano meglio e più di noi, ottengono maggiore successo?E Ravello è un esempio chiarissimo! Dov’è la maggior parte dei nostri adolescenti? E dei giovani?Perché non riusciamo ad atti-rarli a Cristo?Non sarà forse perché noi che ci riteniamo “vicini”, fedeli e osser-vanti,trascuriamo l’essenziale?Ecco allora che giungono propizie le parole di papa Benedetto XVI che,durante l’omelia della Messa del Corpus Domini,ha detto che “dall’Eucarestia deriva il senso pro-

fondo della presenza sociale della Chiesa e che l’Eucaristia,mentre ci unisce a Cri-sto,ci apre anche agli altri;ci rende mem-bra gli uni degli altri:non siamo più divi-si,ma una cosa sola in Lui”. Parole sem-plici ma come sempre efficaci. Il Pa-pa,ancora una volta,probabilmente con-sapevole di quanto sia pericoloso il solo attivismo all’interno delle comunità ec-clesiali,ha voluto indicare la strada da percorrere. Una strada che parte dall’Eucaristia e arriva all’Eucaristia. Ciò che facciamo fuori,nelle strade,nelle piazze,nel mondo del lavoro,insomma nel quotidiano deve essere la conseguen-

za di quello che facciamo e apprendiamo davanti all’Eucaristia. Una pastorale che riduce la preghiera a mere formule mnemoniche,ripetute come formule magiche,che bolla l’adorazione del Santissi-mo come un momento per “vecchiette devote”,è una pa-storale zoppicante,destinata a fallire. Grazie a Dio, molti vescovi, tanti sacerdoti e laici stanno scoprendo e proponen-do questa strada che fa compie-re il vero viaggio,quello verso la vera meta che tanti arti-

sti,letterati,studiosi probabilmente non hanno raggiunto,credendola una meta terrena. Forti allora dei tanti spunti che la ricchissima liturgia del mese di giugno ci ha proposto,iniziamo anche noi il no-stro viaggio che però è singolare, perché è un viaggio che parte dalla meta e deve farci tornare ad essa in compagnia di quei tanti che,come sosteneva Charles Pé-guy,non solo vivono ma prosperano sen-za Gesù.In ginocchio davanti all’Eucaristia sforziamoci di far riaccade-re lo stupore dell’inizio,quello capitato ad Andrea e Giovanni alle quattro del pomeriggio di un giorno di tanti anni fa,ma che segnò definitivamente la loro vita. E viaggiamo per le strade del nostro mondo quotidiano senza ridurre,come sosteneva ancora Pèguy,la nostra fede a discorsi,nostalgie o parodie.

Roberto Palumbo

IL VIAGGIO

Page 7: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 7 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

L’avevo lasciato, un anno fa, nella Tebai-de, la prima skiti visibile al pellegrino che navighi sul traghetto diretto al Monte Athos. Una bella comunità monastica, la Tebaide: sei monaci, tutti di nazionalità russa, in un luogo ameno, con magnifico panorama che abbraccia l’intera penisola athonita. Edifici spartani ma accoglienti, la chiesetta ornata da una splendida ico-nostasi, il giardino e un frutteto con ci-liegie, pesche e albicocche: un’oasi di pace e di spiritualità, dove a notte fonda si ode il mormorio dei monaci che recita-no la preghiera del cuore. Così, quando all’inizio di quest’anno gli ho detto: “Agathangelos, sarò al Monte Athos alla fine di maggio, ci vediamo alla Tebaide”, la sua risposta mi ha sorpreso: “Non vivo più lì. Adesso sto alla Vigla. Potremmo incontrarci nel monastero rumeno di Timiou Prodromou, è il più vicino”. La Vigla è la punta estrema della penisola athonita, un luogo remoto e solitario, che ospita alcuni kellì di monaci che pre-feriscono la vita eremitica a quella ceno-bitica dei monasteri. Ma dove stava, pre-cisamente, Agathangelos? Lo immagina-vo in un grazioso kellì di pietra, la cucina rustica e profumata, l’orto da coltivare, l’incenso da preparare, e, a chiudere il giorno, la quiete esicastica della preghie-ra di Gesù. Chissà perché nella mia men-te si era formata quell’immagine ideale, bucolica, rassicurante. In ogni caso, sbagliavo di grosso. Perché Agathangelos l’avevo conosciuto tre anni prima a Karoulia, nella desolazione delle rocce lunari che strapiombano diretta-mente nel Mar Egeo. Dopo anni di pelle-grinaggi nei monasteri del Monte Athos, avevo espresso il desiderio di incontrare un asceta e pregare insieme a lui. Un monaco della Grande Lavra mi aveva suggerito di tentare con un eremita russo che parlava l’inglese e che viveva in un anfratto a metà costa dell’Eremos athoni-ta. Così, dopo una faticosa traversata di quel deserto verticale, avevo raggiunto il monaco Agathangelos, ed avevo corona-to il mio sogno. Da quell’incontro era nata un’amicizia che rinnoviamo ogni anno, camminando insieme lungo gli

innumerevoli sentieri del Monte Athos. Dopo anni di ascesi a Karoulia, lo ieronda (il maestro spirituale) di Agathangelos si era trasferito nella Tebaide, e il suo hypo-taktykos lo aveva seguito, perché questa è la regola che vige fra guida spirituale e allievo, al Monte Athos. “Siamo come in un Esercito”, dicono i monaci athoniti, “bisogna sempre obbedire ai superiori”. Ma l’anima di Agathangelos è quella di un asceta, e di sicuro la comoda vita della Tebaide non faceva per lui. Lo ieronda lo aveva capito, e gli aveva lasciato libertà di decisione. Così, ci saremmo rivisti alla Vigla: ma dove? Quando, dopo esserci riabbracciati nel monastero di Timiou Prodromou, gliel’ho chiesto, ha accennato un sorriso: “Seguimi. Dobbiamo camminare un po’”. Abbiamo lasciato il monastero rumeno e ci siamo avviati per un sentiero stretto e spinoso, serpeggiante giù per la china della Vigla, quella che si affaccia sull’Egeo. Cespugli bassi, pruni, rovi, in mezzo ai quali si passava a malapena. Tutt’attorno, solo sassi: nessuna costru-zione, nessuna presenza umana, nessun segno di vita. Dopo mezz’ora di discesa, una piccola spianata, due ruderi, una tettoia in alluminio e una tenda: “Benvenuto a Iannakopoula. Non trove-rai questo nome in nessuna mappa dell’Athos, ma si chiama così. Questa

tenda è la mia cella. Lì, sotto la tettoia, c’è la cucina. Quelle sono le rovine della chiesetta e del kellì di Iannakopoula. So-no stati abbandonati una cinquantina di anni fa. Li abitava un santo uomo dell’Athos, un vescovo che ha trascorso qui gli ultimi anni della sua vita. Restau-rerò prima la chiesetta, poi il kellì”. L’ho guardato negli occhi, e credo di aver tradito un senso di sconcerto, se non di angoscia. “Ma… proprio qui? In questo…”. “Sì, in questa pace. Ma tu stavi per dire: ‘in questo deserto’, vero?” “Sì”. “Bene, ti dico perché ho scelto di stare qui. Guarda in alto, a destra. Vedi quella cavità, e la cappella bianca che gli sta accanto? Quella è la grotta che abitò Sant’Atanasio, il fondatore del monaste-ro della Grande Lavra e del cenobitismo del Monte Athos. E ora guarda a sinistra: vedi quel costone roccioso? Lì dietro c’è la grotta che abitò per tutta la vita San Pietro l’Athonita, il primo, grande asceta della Santa Montagna. Iannakopoula è proprio in mezzo. Capisci, adesso? Siamo in uno dei luoghi più santi di tutto il Monte Athos. Io voglio vivere qui.”. “Per sempre?”.“Sì, se così vorrà Dio. Non penso al futuro. Quando sono arri-vato qui non c’era niente, neppure l’acqua”. “Che cosa? Non c’era acqua?”

Continua a pagina 8

UN ASCETA PER AMICO

Page 8: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 8 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

“No. Per tutto il mese di marzo sono stato senz’acqua. Me la portavo appresso con una ghirba, la prendevo dal monaste-ro di Timiou Prodromou. Poi, ad aprile, ho chiesto di potermi collegare alla grot-ta di Sant’Atanasio, e adesso l’acqua ce l’ho. Non tanta, ma mi basta”. “E per mangiare?” “Vado a Karyes una volta ogni venti gior-ni, prendo il pane e un po’ di viveri. E poi vado a pesca ogni sabato. Io mangio tanto pesce, e tanto miele”. Che dire? Ero ammirato, anzi, folgorato dalle parole di Agathangelos. Un luogo scelto per la sua santità, a prescindere da ogni altra considerazione. “Mettiti comodo, ti faccio un tè”. Mi sono seduto su una panca. Istintiva-mente, guardavo in basso. Ogni pellegri-no dell’Athos sa che sulla Santa Montagna vivono due specie di vipere pericolosissi-me, e che esse abbon-dano nella zona arida e sassosa della Vigla, cioè proprio dove mi trovavo. “Agathangelos, solo una cosa. Qui vivono due vipere velenose, lo sai bene. Non temi che…” “Hai sentito parlare di Pater Paissios, no? Alcune vipere vivevano vicino al suo kellì, e lui le nutriva con le sue mani. Non è leggenda, Paissios è morto nel 1994, e ci sono decine di testimoni, che ho conosciuto io stesso”. Già. Perché facevo tutte quelle doman-de? Domande insulse, dinanzi a quell’uomo. Compresi, in un istante, che nel pianeta “globalizzato” vivevamo, io e Agathangelos, due mondi diversi. Il mio, fatto di irrinunciabili cose materiali: c’era più roba nel mio zaino che in tutto ciò che lui si era portato appresso a Ian-nakopoula. E il suo mondo, quello di un uomo che non voleva possedere nulla, per non essere distratto dalle cose spiri-tuali. Preparammo da mangiare in una padella decrepita, che qualsiasi casalinga occi-dentale avrebbe gettato da tempo nella

spazzatura. Bevemmo l’acqua della grot-ta di Atanasio. Piuttosto calda, natural-mente; il “frigorifero” di Agathangelos è una buca nella terra, insufficiente per rinfrescare un’acqua proveniente da tubi di caucciù. Ma Agathangelos sorrideva, come sem-pre. Mi disse che avrebbe avuto molto da fare, lì. Pregare, innanzitutto, e fare l’incenso. Liberare la chiesetta e il kellì dalle macerie, e iniziare a ricostruirli. Trasportare sulle spalle tutto il materiale necessario, compresi i pesantissimi sacchi di calce e cemento: un’oretta per ogni viaggio. Disboscare il terreno intorno e iniziare a impiantare un orto. Riaprire il sentiero, ormai quasi invisibile, che porta sino al mare; una fatica immane, consi-derando che gli sterpi erano fittissimi e che le acque dell’Egeo, da Iannakopoula, sono distanti diverse centinaia di metri.

Ricordai all’improvviso le parole di San Giovanni Climaco: “Monaco è violenza della natura”. “Senti, Agathangelos, posso esserti d’aiuto? C’è qualcosa di cui hai particola-re bisogno?” “No, grazie, non ho bisogno di niente. Il bene sta nelle nostre radici, e le nostre radici sono qui, nella natura”. Sorrise di nuovo, e sorrisi anch’io. “Grazie, Agathangelos”. Lui si schermì, e rispose con uno sguardo di umiltà. Ma in quello sguardo lessi ciò che ogni suo gesto, ogni fibra del suo essere diceva a chiare lettere, la cifra spirituale che caratterizza ogni vero asce-ta: “Se non avessi demolito tutto, non avrei potuto costruire me stesso”. Armando Santarelli

Il Sacerdozio

Il 10 giugno è stato per tutta la Fraternità un grande giorno: il 25° anniversario di sacerdozio di Don Silvio. Sicuramente ad Angri, città natale di Don Silvio, il tripu-dio non sarà mancato e ce ne siamo ac-corti quando giunti lì, verso sera, abbia-mo trovato un paese in festa. A Ravello, certo, non è stata festa pubblica, ma nel-la nostra Comunità le acque sono state in tormento almeno da una settimana pri-ma: scendiamo? A che ora? Con chi? Quanti siamo?...Per scrivergli poi tre parole di ringraziamento, quanto siamo stati, nessuno di noi ha mai scritto ad un Sacerdote… Alla fine ci siamo organizza-ti e ci siamo ritrovati immersi in un glo-rioso silenzio. La Collegiata di Angri, piena di tanta gente, gente semplice, comune, e lo si notava dagli atteggia-menti, dall’accoglienza che hanno riser-vato a noi pellegrini “in terra straniera”. La Cerimonia religiosa con tanti prelati, dava ammirazione e allo stesso tempo un po’ di timore, immancabile il Porporato e in fondo, come ultimo tra i primi, il festeggiato. Il Vangelo trattava di Pietro, l’apostolo prescelto a capo della chiesa, che per ben tre volte si trova a dichiarare il Suo Amore al Signore e nella sua Ome-lia S.Ecc. Giuseppe Giudice, più volte ha ribadito come il “Sì” di Pietro sia il “Sì” quotidiano di Don Silvio e di tutti i sa-cerdoti. Queste figure, spesso un po’ austere e un po’ anche mal viste, con il loro carisma e la loro pazienza sanno invece guidare greggi umani verso l’Amore di Dio. Non è retorica, ma for-se, chi ha i paraocchi non lo capirà

SEGUE DA PAGINA 7

Page 9: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 9 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

molto. Piccole o grandi che siamo ogni comunità impegna tutto del Sa-cerdote: il tempo, la pazienza, l’intelletto, le risorse…e ben lo sa Don Silvio dall’umiltà delle fonda-menta di quel che ha costruito. A fiu-mi di parole si sono riversati i ringra-ziamenti per Don Silvio e la Sua opera e un po’ era commosso, ma tutto ciò che davvero da senso a quel che abbiamo festeggiato, è nelle Sue stesse parole: “Ti ringrazio, o Padre, di questo cammino, che Tu hai guidato con sapienza, e con infinita pazienza, mai stanco dei miei sbagli. Non conosco la strada mi accontento di raccogliere i frammenti di luce che giorno per giorno doni alla mia vita. Se oggi sono qui a cantare le tue lodi, come tuo sacerdote, è solo grazia a Te, alla tua paterna bontà. Se posso cantare la mia fede insieme ai fratelli che mi hai affidato, è solo grazie alla fiducia che hai riposto in me. Guardo con stupore i tuoi disegni, o Padre, Tu hai progetti molto grandi, più grandi delle mie forze e della mia fragile fede. Il futuro è lo scrigno dei sogni, il presente invece è l’officina delle opere, il luogo dove ogni passo è una conquista faticosa. Donami di cantare il canto nuovo gridare la tua fedeltà e continuare la mia corsa fin quando Tu vorrai. Amen. Alleluia”

Agli altri, si unisce il nostro “Grazie Don Silvio”

Elisa Mansi

Sul quotidiano spagnolo "La Razón" di mer-coledì 29 giugno è uscito l'articolo che pub-blichiamo di seguito in una nostra traduzione italiana. Il 29 giugno di quest'anno è la "Giornata del Papa" non solo perché si celebra la festività di san Pietro, il primo Papa di Roma, ma anche perché il suo attuale successore, Benedetto XVI, festeggia in questo giorno sessant'anni da quando, insieme a suo fratello Georg Ratzinger e altri quaranta compagni, è stato ordinato sacerdote nella città tedesca di Frisinga dal cardinale Michael Faulhaber. In occasione di questo anniversario riceve l'omaggio di tutta la Chiesa con iniziative che vanno da una grande mostra in Vati-cano, che riunirà opere di artisti attuali di fama mondiale, a tutta una catena di pre-ghiere di sessanta ore dinanzi al Santissi-mo Sacramento in tutte le diocesi del mondo. Queste manifestazioni di affetto filiale dei cattolici al Papa sono anche un'occasione per esprimere la grandezza e il significato del ministero sacerdotale e rivestono grande importanza in un mo-mento come quello attuale in cui, a causa delle infedeltà innegabili e dolorose di una minoranza di sacerdoti, gli sguardi, anche di ecclesiastici, e dell'opinione pubblica si volgono al clero e lo interro-gano sulla sua coerenza con l'alta missio-ne evangelica che è chiamato a svolgere, una missione eroicamente testimoniata da una moltitudine immensa di pastori della Chiesa nel corso della storia e anche ai giorni nostri. Sebbene si tratti di realtà spirituali non comprovabili con un sem-plice sguardo, queste iniziative contribui-scono non solo a far sì che i cristiani con-templino grati il dono benefico del sacer-dozio cattolico e che lo stesso clero pren-da maggiormente coscienza della santità di vita a cui è chiamato, ma contribuisco-no anche a far percepire con chiarezza nel comportamento semplice e discreto dello stesso Benedetto XVI la sua vita esemplare di sacerdote e la ricchezza straordinaria del suo magistero sul mini-stero ordinato. Con il suo esempio e attraverso le sue parole e i suoi gesti, Benedetto XVI non ha smesso di dimo-strare, in numerose occasioni, il suo a-

more personale per il sacerdozio, che considera l'evento più importante acca-duto nella sua vita, rimasta "posseduta" da questo sacramento, da Cristo in defi-nitiva, il quale, nel giorno della sua ordi-nazione, gli ha affidato il difficile e mera-viglioso compito di renderlo presente fra gli uomini. Così lo notò proprio Joseph Ratzinger quando - come egli stesso rife-risce nella sua autobiografia Aus meinen Leben Enrinnerungen 1927-1977 - dice che le persone lo trattavano in modo diverso, con sacra venerazione, dopo che aveva ricevuto prima l'ordinazione sacer-dotale e poi, negli anni, quella episcopa-le. Si doveva al Sacramento, aggiunge. Ed è proprio la chiave sacramentale e misterica, di trasformazione - di consa-crazione - per la missione a definire e a determinare l'essere e la vita del sacerdo-te, e anche il suo compito nella Chiesa e nel mondo, come spiega sempre Papa Ratzinger. È questa visione del sacerdo-te, d'identificazione sacramentale con Cristo che lo isola e lo destina a ricettore personale del dono di Dio e allo stesso tempo di amministratore - e non di pa-drone - nella Chiesa, che Benedetto XVI plasmerà nella sua visione teologica e nel suo magistero, approfittando di ogni atto papale per trarre conseguenze spirituali e pratiche sull'essere e sulla missione del sacerdote: pastore, apo-stolo, maestro e liturgista.

Continua a pagina 10

L'esempio sacerdotale del Pontefice

Page 10: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 10 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Le parole e i gesti di Benedetto XVI, anche di governo fermo nel suo pontifi-cato verso coloro che tradiscono il mini-stero che hanno ricevuto, sono una chia-mata permanente alla meravigliosa, grave e alta responsabilità che il sacerdozio comporta e allo stesso tempo un incorag-giamento a viverlo per gli stessi sacerdo-ti, sostenuti da tutti i fedeli. La celebrazione dei sessant'anni dell'ordi-nazione sacerdotale del Papa, che poteva apparire al principio un evento celebrati-vo fra i tanti nel susseguirsi degli anniver-sari ecclesiali, si sta di fatto dimostrando una grazia gioiosa e necessaria per l'intera Chiesa. In particolare per i sacerdoti che si prodi-gano con gioia in tutto il mondo al servi-zio di Dio e di tutti gli uomini. Sono in migliaia, stanno nelle parrocchie dei piccoli paesi e in quelle delle grandi città, e realizzano un lavoro generoso di aiuto agli altri con la loro opera evange-lizzatrice, con l'amministrazione dei sa-cramenti, con la promozione di tante opere sociali e culturali, con la vicinanza ai malati e ai sofferenti, con il consiglio pronto per chi ne ha bisogno. Altri vivono dedicandosi all'educazione dei più giovani e all'accompagnamento e alla consolazione dei malati negli ospeda-li; ce ne sono alcuni che danno ogni gior-no il meglio di sé per offrire una vita degna ai poveri e agli emarginati, a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù. Il meritato omaggio a Papa Benedetto XVI si estende anche a tutti costoro.

José Marìa Gil Tamayo

L’eredità di Pantaleone nel terzo millennio

Agli albori del Cristianesimo, nel fervore degli inizi, il primo testo catechesi dei discepoli di Cristo, la “Didachè”, racco-mandava: “Cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”. Giunti, ormai, nel terzo millennio, in un’ epoca di crisi della fede, caratterizzata da una diffusa indifferenza religiosa, che ha contagiato anche tanti che si professano cristiani, sembra ancor più valida questa esortazione. San Pantaleone, coraggioso testimone di vita evangelica, parla eloquentemente soprattutto a noi che ci vantiamo di a-verlo come cele-ste patrono ed invita tutti a ri-scoprire la fede limpida e radicale in Gesù Cristo, per poter opera-re, a livello indi-viduale e comu-nitario, un rinno-vamento spiritua-le. Un’esortazione ad attingere più abbon-dantemente ai tesori della misericordia donati dal Signore alla sua mistica sposa, la Chiesa, e a rispondere alla voce di Dio che chiede un profondo cambiamento nella nostra vita. A questo invito Pantaleone ha saputo rispondere pienamente e, scoperte le ineffabili bellezze della religione cristia-na, è diventato un uomo nuovo testimo-niando con generosità il Verbo Divino fino alla somma prova del martirio. Da qui possiamo e dobbiamo ripartire per raccogliere l’eredità della croce alla luce della Pasqua, di chi sacrificato più non muore, tesoro eccelso per noi stessi, per la nostra comunità, per il mondo. Per l’intercessione del Santo, Dio versi sulle nostre ferite l’olio della consolazio-ne e il vino della speranza, perché possia-mo guardare con fiducia al futuro, certi nel cuore di essere figli di un Padre che teneramente ci ama.

Luigi Buonocore

Un registro conservato presso il fondo Frezza dell’Archivio di Stato di Salerno riferisce di un evento prodigioso, avve-nuto la mattina del 27 luglio 1653 nella Cattedrale di Ravello, e narrato dal Sin-daco dei nobili Geronimo d’Afflitto. Avvenne che, mentre si celebrava la li-turgia per la festa del Santo Patrono, alcune colonnette che sostenevano le travi del tetto della navata sinistra “rotta et fracassata” caddero al suolo senza reca-re danno ad alcuno. Scampato il pericolo, i presenti attribui-rono alla potente intercessione del medi-co celeste la mancata tragedia. L’atto, in realtà, rinviava allo stato di pericolo con-tinuo in cui la versava la Cattedrale di Ravello in quel periodo e che rischiava di danneggiare la “cappella di detto glorioso martire, et pulpito di tanta squisitezza, et manifattura”. Si sollecitava perciò il Vescovo pro-tempore a non dilazionare più la ripara-zione per “l’evidente pericolo di rovinare tutta detta chiesa” affinché non si perdes-se “un tale tesoro, fabricato et edificato dai nostri antenati”.

Salvatore Amato

È ONLINE IL NUOVO PORTALE MULTIMEDIALE VATICANO

NEWS.VA

Il 28 giugno, alla vigilia della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, è stato presenta-to al Papa il nuovo portale vaticano news.va. “Cari amici, ho appena dato l’avvio news.va. Sia lodato Gesù Cristo! Con le mie preghiere e la mia benedizio-ne, Benedictus XVI” è stato il messaggio inviato su twitter dal Papa per l’apertura del nuovo sito. Il nuovo portale era stato presentato il 27 giugno nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno

SEGUE DA PAGINA 9 UN EVENTO PRODIGIOSO AVVENUTO IL 27 LUGLIO 1653

Page 11: INCONTRO LUGLIO 2011

PAGINA 11 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

partecipato mons. Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede; il dottor Giovanni Maria Vian, Direttore dell’Osservatore Romano; il dottor Gustavo Entrala, fondatore e Di-rettore dell’Agenzia di Pubblicità “101” e il dottor Thaddeus Milton Jones, Officiale del Pontificio Consiglio delle Comunica-zioni Sociali. “Un omaggio e molto di più, l’espressione della nostra fedeltà e dedizio-ne al Santo Padre, in occasione del 60° anniversario della Sua ordinazione sacerdo-tale”, ha detto il Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Sul nuovo portale multimediale, che come ha precisato mons. Celli era stato richiesto dalla Segreteria di Stato, è possibile trovare le principali notizie stampate o messe in onda dagli altri media vaticani che conser-veranno la loro autonomia ed identità: Agenzia Fides, L’Osservatore Romano, Sala Stampa vaticana, Vatican Information Service, Radio Vaticana e Centro Televisi-vo Vaticano.“Le notizie riguarderanno le attività o gli interventi magisteriali del Santo Padre, - ha precisato mons. Celli - le prese di posizione dei Dicasteri della Santa Sede, così come i più importanti avveni-menti del mondo o situazioni legate alle varie chiese particolari”. Per i primi mesi il portale sarà in italiano e inglese, dopo l’estate è previsto un primo restyling del sito e l’apertura progressiva ad altre lingue come lo spagnolo e forse il francese e por-toghese. “Il sito vatican.va - ha informato l’Arcivescovo Celli - non scomparirà, ma conserverà intatta, anzi potenziata, la mis-sione affidatagli di porre online il Magiste-ro - nelle sue varie forme - del Santo Pa-dre. Sin dall’inizio è stato un sito docu-mentale e tale resterà ed opererà in piena sintonia con il nuovo portale”. Il dottor Thaddeus Jones ha coordinato tutte le attività che hanno permesso la lun-ga e non semplice attuazione del processo, mentre il dottor Gustavo Entrala ha curato tutto l’aspetto tecnico e grafico di www.news.va. Fonte: ANS

Il ruolo delle Associazioni Culturali in Costiera

Nel marzo del 2011, la Provincia di Saler-no, attraverso un avviso pubblico, manife-stava la volontà di costituire un Albo pro-vinciale delle associazioni culturali.Le fina-lità dell’intervento erano quelle di racco-gliere le associazioni interessate a collabo-

rare alle iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale attivate dall'Ammini-strazione provinciale e, in particolare, dal Settore Musei e Biblioteche. Pur essendo poco chiare le indicazioni fornite dall’avviso pubblico, esso tuttavia rinviava ad un’ esigenza che deve essere fatta pro-pria dagli enti locali: l’affidamento delle attività di valorizzazione del patrimonio culturale alle associazioni operanti sul ter-ritorio. Proprio la valorizzazione, discipli-nata nella normativa vigente dall’art. 6 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, consiste “nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a pro-muovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condi-zioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso,anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di pro-muovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il so-stegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuo-vi valori paesaggistici coerenti ed integra-ti”.Alla definizione generale fornita dall’art. 6, gli articoli 111 – 121 chiarisco-no in maniera concreta le attività della valorizzazione. L’art. 111, al comma 9, stabilisce che per le attività di fruizione e valorizzazione dei Beni Culturali “ulteriori accordi possono essere stipulati dal Mini-stero, dalle regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico (…) con le associazioni culturali o di vo-lontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni cul-turali”. La breve premessa giuridica, non molto nota agli amministratori locali quan-do si tratta di predisporre le attività di va-lorizzazione, per le quali ci si affida ad in-terventi diretti di dubbia efficacia, si è resa necessaria per inquadrare il problema della gestione dei Beni Culturali in Costiera Amalfitana.Quante volte siamo costretti a constatare il degrado di un monumento, la chiusura al pubblico di una chiesa o di un palazzo storico,l’impossibilità di consultare gli archivi storici parrocchiali e comunali o di accedere ad una biblioteca, la dispersio-ne di testimonianze di altissimo valore storico-culturale.Anche se molto è stato fatto da qualche sodalizio di antica e recen-te fondazione,l’esiguità delle risorse eco-

n o m i c h e destinate alla cultura, de-solatamente ultima tra le voci dei bi-lanci comu-nali, impone la ricerca di nuovi percorsi per la valorizza-zione del nostro patrimonio.In quest’ottica si deve inserire l’apporto delle associazioni operanti sul territorio, censite di recente grazie all’ importante iniziativa del Proget-to “La Costiera dei Giovani”.Di queste almeno una ventina hanno come finalità la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale del proprio paese.La sinergia con i proprietari di Beni Culturali, Comuni, Arcidiocesi e Parrocchie in particolare, potrebbe costituire l’avvio di progetti di valorizzazione, destinati a garantire un servizio di alta qualità al territorio, avva-lendosi della competenza di tante profes-sionalità locali.I servizi offerti dalle associa-zioni potrebbero essere visite guidate, a-pertura di monumenti altrimenti destinati all’oblio, promozione di convegni e giorna-te di studio inerenti agli aspetti multiformi della cultura del territorio, avvio di pro-getti di ordinamento e inventariazione degli archivi storici,digitalizzazione e messa in rete di biblioteche ed archivi.Su questi ultimi due punti, sui quali mi piace insiste-re non tanto per deformazione professiona-le, ma per le possibilità che realmente ci sono, ricordo che la Regione Campania, nell’ambito dei “POR FESR 2007- 2013”, obiettivo operativo 1.10, “LA CULTURA COME RISORSA”, da alcuni anni promuo-ve diversi bandi.L’ultimo, pubblicato sul BURC del 28 marzo 2011, permette, at-traverso l’elaborazione di progetti di digi-talizzazione, di accedere a finanziamenti fino a 200.000€ su un fondo totale di circa 5.000.000€. Lo scorso anno, beneficiari i soggetti pubblici,il progetto Amalfi on-line ottenne 100.000€.Insomma,diversi sono gli ambiti di intervento su cui è possibile lavorare ed investire per la valorizzazione dei Beni Culturali,di cui la nostra Costa vanta un potenziale enorme.Solo in questo modo,favorendo tali attività con compe-tenza e passione, potremmo continuare a far parte,boccaccianamente, di quella “dilettevole parte d’Italia”che il mondo ci invidia, ma che troppo spesso viene dimen-ticata proprio dai suoi abitanti.

Salvatore Amato

Page 12: INCONTRO LUGLIO 2011

CELEBRAZIONI DEL MESE DI LUGLIO GIORNI FERIALI Ore 18.30: Santo Rosario Ore 19.00: Santa Messa con Meditazione GIORNI PREFESTIVI E FESTIVI Ore 19.00: Santo Rosario Ore 19.30: Santa Messa 7– 14 - 21 - 28 LUGLIO: ADORAZIONE EUCARISTICA dopo la S. Messa

3 LUGLIO - XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 10 LUGLIO - XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO DEDICAZIONE DELLA CHIESA EX-CATTEDRALE DÌ RAVELLO Ore 8.00-10.30– 19.30: Sante Messe 13-14-15 LUGLIO: Triduo in preparazione della Memoria liturgica della B.V. del Carmelo 16 LUGLIO Memoria liturgica della B.V. del Carmelo 17 LUGLIO - XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.30: Sante Messe INIZIO DEL NOVENARIO IN PREPARAZIONE ALLA FESTA PATRONALE 17-22 Luglio ore 19.30 Santa Messa. 23-24-25 Luglio - Triduo: ore 19.30 Santa Messa. 23-24 Luglio: ore 09.30 – Complesso della SS. Annunziata: Giornata di Studi “Ravello nell’Ottocento e il ruolo dei Cattolici nel Risorgimento Italiano”, a cura dell’Associazione per le Attività Culturali del Duomo di Ravello e l’Istituto per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon. 25 Luglio: ore 21.00 – Duomo: Concerto d’organo del M° Lorenzo Fragassi. 26 LUGLIO: VIGILIA FESTIVA ore 08.30: Lo Storico Premiato Gran Concerto Bandistico “G.Piantoni - Città di Conversano” (BA), diretto dal M° Vincenzo Cammarano, darà inizio ai festeggia-menti con marce sinfoniche in piazza Duomo. Seguirà il giro del paese. ore 12.00: Matinée nei giardini di Palazzo Rufolo. ore 19.00: Omaggio al Sacrario dei Caduti. ore 20.00: Liturgia della Luce, Esposizione della statua del Santo Patrono e canto dei Vespri. ore 21.00: Programma di musica sinfonica ed operistica in Piazza Duomo, artisti-camente illuminata dalla ditta “Donnarumma Grandi Eventi” di Pimonte (NA). 27 LUGLIO: SOLENNITA’ LITURGICA ore 7.30 - 9.00 - 12.00: Santa Messa Comunitaria. ore 10.30: Solenne Messa Pontificale. ore 12.00: Matinée in Piazza Duomo. ore 19.00: Messa Vespertina cui seguirà la processione per le vie del paese. ore 21.45: Grande spettacolo pirotecnico curato dalla rinomata ditta “Cav. Aniello Boccia”da Palma Campania (NA). Seguirà uno scelto programma lirico-sinfonico, eseguito dal sullodato Gran Concer-to Bandistico “G.Piantoni - Città di Conversano ”, con cui si concluderanno i fe-steggiamenti. 31 LUGLIO: XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.30: Sante Messe