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“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 1 La discesa agli inferi L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna Scuola di iconografia cristianoorientale di Tempio Pausania (OT) Euromediterraneo ISSR Relatrice Arch. Cecilia M.V. Sanna

inculturazione Sardegna - iconecristiane.it · 2018. 11. 18. · armeno‐ortodosso “Santa Madre di Dio” a Bikfaya, dove gli sono stati affidati i più antichi segreti dell’arte

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  • “Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010

    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 1

     

     

     La discesa agli inferi 

     

    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna  

    Scuola di iconografia cristiano‐orientale di Tempio Pausania (OT) Euromediterraneo ‐  ISSR 

       

    Relatrice  Arch. Cecilia M.V. Sanna   

  • “Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010

    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 2

    Sintesi    

    Il patrimonio di  conoscenze  sardo,  fecondato dalla  cultura di Bisanzio  che, dal secolo VI al X, dominò la Sardegna, ha espresso, nei secoli, un linguaggio autonomo  ma  arricchito,  tra  gli  altri,  anche  del  lessico  bizantino.  Un millennio di assoluto distacco dal mondo greco non ha cancellato  le  tracce che, tuttora, persistono negli usi e nei costumi come nei canti religiosi, nelle immagini  tessute  al  telaio,  nelle  decorazioni  ceramiche,  nei  vocaboli  della lingua sarda ancora  in uso, nella toponomastica, nei nomi di persona, nella venerazione di santi del menologio orientale1.  Nel  XXI  secolo,  veicolata  dal  sacerdote  armeno  don  Hovsep  Achkarian, iconografo e studioso dell’arte  iconografia2,  l’antica cultura bizantina, nello specifico ambito di tale arte sacra, ha fatto ritorno  in Sardegna per dar vita ad una scuola che va esprimendo le proprie icone sul filo della tradizione ma ragionevolmente radicate nel contesto della cultura locale.   Nel  recepire  i  canoni  dell’antica  arte  iconografica  la  Sardegna  ha  fatto propria un’importantissima eredità  sulla quale  sta  fiorendo una particolare sintesi  artistica;  attraverso  di  essa,  anche  per  gli    iconografi  del  luogo,  è divenuto possibile esprimere, con linee e colori, l’eterna e misteriosa  Bellezza di Dio.  

                 La relazione presenta, a titolo esemplificativo alcune tipologie di icone scritte secondo questi orientamenti. 

      

                                                        Indice  

    1. Introduzione 2. La  Scuola di  Iconografia  cristiano‐orientale  dell’Istituto              

    Euromediterraneo ‐ ISSR   di  Tempio Pausania 

    3. Il contesto storico                                    4. Problematiche  della pittura  su tavola  dal IV al  XI secolo 5. L’ esperienza  della  scuola  iconografica di Tempio Pausania 6. Alla ricerca di un campo di espressione per uno stile sardo   7. Presentazione di alcune icone scritte secondo gli orientamenti della Scuola 

              

  • “Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010

    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 3

    1. Introduzione Situata nel  cuore del Mediterraneo occidentale,  la Sardegna dista dalla  terraferma molto più di    tutte  le altre isole; la sua posizione geografica è causa di oggettivi svantaggi legati all'accentuata insularità che, tra le altre  cose, ne penalizza  la  crescita  culturale. Nello  specifico di  ciò  che  ci  concerne, ovvero  l’arte delle icone,  si  risente  della  penuria  di  incontri,  esposizioni,  conferenze,  occasioni  diverse  di  confronto,  utili  a favorire  lo  scambio  di  informazioni  e  di  esperienze, molto  più  presenti  e  accessibili  nelle  altre  regioni d’Italia.  

    La  ragione di  tutto ciò è da cercare nell’oggettiva difficoltà di spostamento appena mitigato dal continuo evolversi dei collegamenti con  l'esterno, specie quelli aerei, che sembrano  tendere verso una sempre più reale continuità territoriale con la penisola, condizione necessaria per porre la Sardegna nelle condizioni di non subire negativamente il proprio status insulare e di sentirsi concretamente proiettata verso il mondo3.   La presenza al convegno della Scuola  iconografica dell’Euromediterraneo nasce proprio dalla necessità di creare  i  contatti utili  ad  accorciare  le  distanze nonché dalla  volontà di  gettare un ponte  culturale  tra  la nostra e le altre scuole utili a superare il gap geografico che ci caratterizza e ad allacciare una rete di scambi fatta di reciproche conoscenze e di esperienze condivise perseguendo nel comune obiettivo di contribuire alla diffusione ed alla crescita della pratica iconografica in Italia.   

    2. La scuola di iconografia cristiano‐orientale di Tempio Pausania La  scuola di  iconografia  cristiano‐orientale,  rappresentata dalla  sottoscritta  in qualità di  collaboratrice di don Hovsep Achkarian, è  localizzata a Tempio Pausania, Diocesi di Tempio Ampurias, nel nord Sardegna, cuore  della  Gallura  montana,  e  fa  capo  all’Istituto  Euromediterraneo‐ISSR,  Scuola  Internazionale  di Formazione, Ricerca e Specializzazione 4, collegata con la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna che ha sede  in  Cagliari.  L’Euromediterraneo,  diretto  da  don  Gianfranco  Saba,  è  una  realtà  culturale  bipolare articolata nei centri di Olbia e Tempio Pausania,  intorno ai quali gravita un’area particolarmente aperta a forti  flussi di mobilità umana di origine  insulare, nazionale ed  internazionale. L’Istituto  intende  favorire  lo sviluppo del nuovo umanesimo cristiano attraverso nuovi orizzonti di formazione, di ricerca e di animazione interculturale  sulla  base  del  principio  secondo  cui  la  teologia  non  conosce  confini,  né  di  soggetti  né  di oggetti.  In  particolare  l'Istituto  si  caratterizza  per  la  sua  spiccata  vocazione  all'apertura  interculturale  e interreligiosa, volendosi caratterizzare quale polo internazionale di incontro tra le culture e le religioni che si affacciano sul Mediterraneo. Ne sono segno vivo le reti di partnership e di affiliazione con svariate istituzioni culturali e religiose dalla Germania al Marocco, dalla Francia a Israele e a Malta. 

    Il corso di iconografia, di durata triennale, ha alle spalle oltre dieci anni di attività ed è già un dato di fatto nella direzione che persegue l’Euromediterraneo nel promuovere il dialogo interreligioso ed interculturale e la  Scuola  iconografica,  per  il  suo  approccio  metodologico  verso  tutte  le  culture  di  matrice  bizantina, costituisce già un passo importante verso un itinerario di spiritualità artistica senza confini.  L’icona, precedendo le divisioni storiche tra cristiani d’Oriente e cristiani d’Occidente, rappresenta il simbolo della continuità della fede cristiana e ne diviene importante strumento ecumenico.   L’incontro  tra Occidente  e Oriente  cristiano,  ha  avuto  luogo  alla  Scuola  dell’Euromediterraneo,  grazie  a padre Hovsep Achkarian,  iconografo cattolico nato  in Libano da genitori armeni e  formatosi al monastero armeno‐ortodosso “Santa Madre di Dio” a Bikfaya, dove gli sono stati affidati  i più antichi segreti dell’arte dello scrivere le icone di cui, oggi è divenuto il custode. Sotto la sua guida è possibile compiere un percorso formativo  completo  che,  alle  acquisizioni  delle  basilari  conoscenze  tecniche  dell’arte  sacra  delle  icone, affianca,  tra  le  altre  discipline,  lo  studio  della  teologia  dell’icona,  della  simbologia  biblica,  della  storia dell’icona, dell’esegesi e della riflessione sulla Parola, indispensabili per la formazione e la crescita spirituale di un  iconografo. Padre Achkarian, ha reso possibile  il contatto tra  l’articolata cultura sarda e  l’universo di conoscenze  proveniente  dall’antico Oriente  Cristiano,  quando  la  Chiesa  delle  origini,  ancora  indivisa,  ha codificato  la teologia  in  immagini che ha  legittimato  l’esistenza dell’icona come pagina della Bibbia scritta con il linguaggio della bellezza ellenistica, l’illustrazione del mistero dell’amore.   

  • “Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010

    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 4

    3. Il contesto storico La  Sardegna,  crocevia  di  antiche  rotte  e  navigazioni,  sin  dall'antichità  ha  stimolato  l'interesse  di  diverse potenze coloniali ed ha subìto un succedersi di dominazioni straniere che, al di là di altre considerazioni di merito, hanno prodotto un indubbio arricchimento per la cultura locale fatto di scambi e di circolazione di nuove fogge stilistiche che, sempre seguite da un processo di distillazione da parte della cultura del luogo, sono andate stabilmente insediandosi nel patrimonio di conoscenze collettivo.  Ciò ha prodotto una cultura autoctona che, senza mai abbandonare le sue origini, è caratterizzata dall’apporto multietnico delle diverse civiltà che sono approdate nell’Isola, di cui qualcuna, come il caso della civiltà bizantina, ha lasciato i segni più indelebili e duraturi5.  

    La  cultura  bizantina  non  è  affatto  estranea  alla  tradizione  sarda,  la  storia  della  Sardegna,  già  provincia romana, comincia a divergere da quella dell'Occidente romano‐barbarico e ad entrare in una vera e propria fase bizantina nel 534 quando l’isola, dopo un breve intervallo di dominio Vandalico, viene riconquistata da Giustiniano e torna a far parte dell'impero romano che ha il suo baricentro a Costantinopoli.   La  Sardegna,  bizantina  dal  VI  al  X  secolo,  è  caratterizzata  da  una  storia  differente  da  quella  italica  ed europea  sia perché  sfugge alle orde barbariche  che  spadroneggiano nella Penisola,  sia perché non entra nella  sfera  carolingia e  feudale del  regno dei Franchi; essa diviene una delle  sette province dell’Esarcato d’Africa nella rete della collaudata organizzazione statale bizantina e, pur essendo una provincia ai confini dell'impero,  è  considerata  da  Bisanzio  un  territorio  di  interesse  per  posizione  geografica,  produzioni cerealicole e  ricchezza di metalli. Per quattro secoli Bisanzio esercita direttamente  il suo potere e nei  tre secoli  successivi  continuerà  a  far  sentire  il  peso  della  sua  cultura  e  della  sua  civiltà  grazie  alla  presenza massiccia  degli  ordini monastici  bizantini,  i  quali,  nell’opera  di  evangelizzazione  degli  abitanti,  si  erano trovati la strada spianata dai vescovi e dai cristiani precedentemente deportati in Sardegna dai vandali6.  Fu l'intensificarsi della presenza araba nel mediterraneo occidentale a rendere problematici i contatti con la madrepatria;  tra  il  700  e  il  1000  gli Arabi  tentarono  a più  riprese di  conquistare  la  Sardegna  senza mai riuscirvi,  ma  l’occupazione  di  Creta  e  della  Sicilia  nell'827  da  parte  dell'Islam  segna  il  cammino dell'isolamento della Sardegna da Bisanzio non più  in grado di garantire  la difesa dell’isola  lasciata  in balìa delle  incursioni  saracene  sempre  più  frequenti. Gli  Arabi,  di  fatto,  controlleranno  tutto  il Mediterraneo occidentale fino ai primi secoli del Mille7.  

    Una società di sussistenza e conservatrice, assoggettata per quattro secoli al dominio dell’Impero Romano di  Oriente,  ha  acquisito  la  civiltà  bizantina  nei  suoi  aspetti  molteplici  e  ne  ha  interiorizzato  l’estetica dominante che impone la perfezione del prototipo e la sua immutabilità nella continua ripetizione, come nel caso delle icone, la strada liturgica ha fatto il resto. Veicolato nell'Isola dai Monaci greci di rito ortodosso, il cristianesimo,  si  è  andato  sostituendo  al  paganesimo  dei  Sardi8  ;  nato  ad Oriente  e  carico  di  simbolismi forgiati  sui  modelli  ellenistici  e  su  quelli  anticlassici  dell’Antico  Oriente,  il  linguaggio  plastico  del cristianesimo si è naturalmente innestato sulla cultura sarda e si è fortemente radicato al punto che quelle acquisizioni primarie sono andate rafforzandosi fino a vivere quasi come  interferenze  i successivi secoli di cultura iberica che, pur apportando evidenti arricchimenti culturali, non ha prodotto verso la forma artistica in generale deviazioni sostanziali dall’approccio metodologico tipicamente bizantino.  

    L’influsso  bizantino  è  penetrato  nella  cultura,  nella  religione,  nell’arte;  le  usanze  greche  sono  state rapidamente assimilate dai  sardi  che  facevano uso nelle  chiese e nelle  cancellerie della  lingua greca, del menologio  orientale  con  il  conseguente  utilizzo  di  nomi  greci  da  imporre  ai  bambini,  del  battesimo  alla greca, (per  immersione) e adottarono, altresì,  l’usanza di far  iniziare  l’anno  il 1° settembre; al contempo si affermarono  nuove  forme  di  culto  come  la  venerazione  della  Vergine  dormiente,  la Madonna  d’Itria  o Odigitria, dell’imperatore Costantino, degli Angeli9.  

    L’adesione  al  rito  greco  scomparve  solo  all’epoca  di  papa Gregorio  VII  (1073‐1085)  che,  perseguendo  il disegno  politico‐religioso  di  portare  la  Sardegna,  legata  a  riti  e  tradizioni  religiose  bizantine,  nell'ambito della Chiesa di Roma, per diffondere nell'isola il rito latino, promosse l'arrivo del monachesimo occidentale dei Vittorini, benedettini dell'abbazia di San Vittore di Marsiglia che, avendo accolto nel  loro eremo alcuni monaci bizantini discepoli della regola di San Benedetto vantavano  la conoscenza della  lingua greca e del culto ortodosso che agevolava il rapporto con la realtà sarda, intrisa di cultura bizantina10.  

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 5

    4. Problematiche della pittura su tavola in Sardegna dal IV all'XI Sotto  la  dominazione  bizantina  la  Sardegna  fu  soprattutto  un  avamposto  militare  e  una  terra  su  cui esercitare pesanti drenaggi fiscali e sfruttamento delle ricchezze naturali. Per questo, presumibilmente,  la grande committenza brillò, allora come sempre, di cronica assenza;  di fatto, non sono sopraggiunte fino a noi opere d’arte di  rilievo  sia negli edifici di  culto  che del potere  civile, ma  condividiamo quanto dice  la storica dell’arte Renata Serra: “La produzione artistica non poteva non essere adeguata al  livello  toccato dalla cultura cristiana durante  l’alto medioevo e soprattutto alla portata del  livello dell’influsso esercitato dallo stile bizantino sulla tradizione artistica locale fin quasi ai nostri giorni”. 11

     

    Una storia dell'arte altomedievale in Sardegna è possibile soltanto come storia di frammenti, sia pittorici sia scultorei.   Mentre  è  possibile  attribuire  alla  dominazione  bizantina  la  nascita  di  numerose  chiese  con impianto  planimetrico  a    croce  greca  e  cupola  emisferica  sul  tipo  della  grande  Basilica  di  S.  Sofia  a Costantinopoli  e  di  cui  S.  Saturno  a  Cagliari  e  S. Giovanni  in  Sinis  sono  le  più  significative  ed  ancora  è possibile  riferire  dell’esistenza della  chiesa  di  Sant’Andrea  Priu  presso  Bonorva  (SS)12  considerata  la  più antica chiesa rupestre cristiana  in  Italia,  il quadro della pittura  in Sardegna dal  IV all'XI secolo si presenta povero  e  non  omogeneo,  rispetto  ad  altre  aree mediterranee  interessate  dall'irradiazione  della  cultura artistica romana e costantinopolitana.   Stranamente  in  Sardegna  non  sono  stati  rinvenuti  dipinti  su  tavola  e  non  vale  a  dimostrarne  l'antica presenza l'indizio, più volte citato, della menzione di una "icona beatae Virginis" nell'inventario duecentesco degli argenti, libri e arredi sacri delle chiese cagliaritane di Santa Cecilia, San Pietro e Santa Maria di Cluso. Tuttavia  l'assenza di notizie non autorizza a negare che anche  la Sardegna abbia conosciuto, com'è  logico ipotizzare,  l'esistenza  di  pitture  su  tavola,  d'importazione  se  non  di  produzione  locale  insieme  ad  avori, codici miniati,  tessuti  ad  uso  sacro  o  profano,  “da  interpretare  tutti  nella  loro  funzione  di  veicoli  per  la trasmissione ed  il costituirsi nell’Isola, di un patrimonio  iconico a  lunga durata che  il carattere arcaico ma inequivocabilmente bizantino dei soggetti decorativi più volte registrati, dice cristallizzatosi nei secoli fra il VI ed il XI” .13  Solo le arti popolari offrono un campo di indagine molto vasto e costituiscono importanti fonti di lettura per interpretare  a  fondo  l’influenza  della  cultura  figurativa  di  Bisanzio  in  Sardegna.  In  esse  si  ritrovano, disseminati  in tutta  l’isola, simboli diversi di sicura ascendenza bizantina come  la katalufa, motivo floreale composito  raffigurante  l’albero  della  vita,  pavoni  e  aquile, metafore  dell’apoteosi  divina  e  di  elevazione spirituale,  insieme  a  leoni,  colombe,  al  tralcio  di  vite,  disegni  geometrici  derivanti  dagli  antichi mosaici, reperibili negli ornati dei  tappeti o nei  frontali delle  cassapanche  intagliate  che  rimandano, per  struttura formale e decorazioni, ai sarcofagi paleocristiani. 14   La stessa ricchezza compositiva degli ornati, pervenuta dalla copiosità e dal fasto della civiltà dell’immagine bizantina e l’estrema stilizzazione legata al mondo bizantino anche grazie alla particolare tendenza sarda a rifuggire  la definizione plastica delle  forme ed al  rifiuto dell’idea dell’arte  come  riproduzione della  realtà visibile che  si esprime  con  la  tendenza all’astrazione di un geometrismo basato  senz’altro  su motivazioni simboliche  e  spiritualistiche.  Comune  a  tutte  le  subaree  dell’isola  è  l’impostazione  formale  dello  spazio, profondamente pre‐rinascimentale nella  sua bidimensionalità  con  il  rifiuto  delle  regole  prospettiche  che scandiscono la proporzionalità delle figure sul piano tridimensionale, l’annullamento della terza dimensione ed il conseguente appiattimento delle figure.15  

         

    5. L’esperienza della scuola di Tempio Pausania   In un contesto storico‐artistico come quello appena descritto, la tradizione bizantina e delle antiche chiese cristiano‐orientali,  bagaglio  culturale  del  padre  armeno Achkarian,  dal Vicino Oriente  ha  fatto  ritorno  in Sardegna relativamente al campo espressivo che maggiormente  la qualifica e  la  impone al mondo  intero, ovvero, l’arte sacra delle icone.  

    Questa millenaria tradizione si è andata ad innestare sulla altrettanto millenaria cultura sarda, caratterizzata 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 6

    da una multiforme ricchezza di immagini e  simboli espressi appieno nel campo delle arti applicate e che, al giorno  d’oggi,  si  arricchisce  aprendosi  alla  conoscenza  e  alla  elaborazione  dell’unica  arte  sacra  per eccellenza nel mondo cristiano.  

    La tradizione locale non ha mai abbandonato l’impronta delle sue origini pur essendo sempre stata ricettiva all’apporto esterno delle diverse civiltà che sono approdate nell’Isola ciò che ha consentito di forgiare una cultura ricca di apporti figurativi di matrice essenzialmente mediterranea. La  Scuola  di  Iconografia  dell’Euromediterraneo,  facendo  di  questa  realtà  un  punto  di  forza,  vuole intenzionalmente  formare  degli  iconografi  che,  dando  spazio  al  gusto  ed  allo  stile  individuale,  possano esprimere  delle  icone  sempre  sul  filo  della  tradizione ma  radicate,  al  contempo,  nell’articolato  e  ricco contesto della cultura locale.  

    L’obiettivo perseguito dalla scuola non può prescindere dallo studio approfondito delle  icone antiche nella loro fattura originale, nelle differenziazioni stilistiche e geografiche per poter poi affrontare la consapevole realizzazione di icone contemporanee in continuità con la grande tradizione iconografica bizantina. 

    E’  soltanto  attraverso  lo  scambio  di  esperienze  con  i  paesi  di  area  orientale,  detentori  di  una  cultura religiosa  e  teologica millenaria  di  cui  le  icone  sono  espressione,  e  attraverso  la  conoscenza  del mondo spirituale e simbolico che  sta dietro  l’icona, che si possono muovere passi sicuri verso  la giusta direzione della  tradizione.  Al  tale  scopo,  fanno  parte  integrante  dell’offerta  culturale  della  scuola dell’Euromediterraneo gli apporti di iconografi di diversa provenienza (Armenia, Bulgaria, Romania, Grecia, Etiopia, Siria, Egitto, Israele)  che, con adeguati stages di formazione, hanno messo e, in un futuro prossimo, metteranno a disposizione le loro conoscenze per fornire un quadro di informazioni il più possibile completo che consenta di confrontare stili e tendenze tra le varie scuole. 

    L’esperienza  della  Scuola  facendo  proprio  il  concetto  di  libertà  all’interno  del  canone18parte dall’approfondimento  dell’eredità  bizantina  per  fornire  a  ciascun  iconografo  gli  strumenti  necessari  ad elaborare  delle  icone  contemporanee  da  inculturare  nel  contesto  che  le  va  esprimendo  anche  se,  nella scuola, non si esclude la possibilità di poter fare anche un discorso di assoluta aderenza alla tradizione e gli di riprodurre gli antichi modelli canonici.  

    Al  proposito,  è  importante  sottolineare  che  l’arte  iconografica  dell’ecumene  ortodossa  si  è  sempre sviluppata all’interno di un canone unitario che  l’ha mantenuta dentro  i  limiti teologico‐dogmatici stabiliti dai  Concili,  senza mai  svilire  il  potenziale  creativo  delle  singole  culture  nazionali  (greca,  russa,  bulgara, copta, cretese, etc.)   che hanno potuto esprimere uno stile che era  loro proprio e che, a  loro volta, hanno tenuto conto delle tradizioni  locali nazionali nell’arte sacra delle  icone dando spazio ai regionalismi ed alle diverse scuole riconoscibili dalle differenze stilistiche come, a titolo di  esempio, la scuola di Kiev, Novgorod, Vladimir,  Pskov  e,  dopo  l’invasione  dei  Tatari,  di Mosca.  Spesso  anche  la  libertà  creativa  basata  sulla potenzialità dei singoli artisti ha dato vita a vere e proprie scuole stilistiche di grande rilievo come quella di Rublev, Dionisij o di Teofane il Greco16.  

    In Russia, l’arte delle icone iniziò  con la conversione al cristianesimo dopo l’anno Mille, quando il principe di Kiev, Vladimir, si convertì prendendo  in moglie una principessa bizantina. A Kiev si formarono atelier misti greco‐russi che diffusero  l’arte bizantina delle  icone operando  su modelli consolidati che, con  il  tempo  si andarono modificando per  via dell’introduzione di elementi  legati alle  tradizioni  religiose  locali e all’arte popolare. Si sviluppò un linguaggio artistico relativamente autonomo ma in continuità con la tradizione che diede spazio al nascere di tutte le identità locali con linguaggi formali specifici.  In  epoca  contemporanea,  vale  come  esempio,    il  caso  della monaca  Ioanna,  al  secolo  Julija Nikolaevna Reitlinger, nata a San Pietroburgo nel 1886 e vissuta  tra Parigi e Taskent  in Asia Centrale.  Ioanna oltre a conoscere alla perfezione  le  tecniche dell’iconografia  canonica  seppe  conservare anche una  certa  libertà artistica;  nelle  sue  opere  antico  e  nuovo  si  congiungono  dando  corpo  a  quello  che  lei  chiamava  “Icona creativa”, ovvero un  lavoro di ricerca all’interno del canone e non solo  la copia  letterale dell’icona antica condizionata dal timore di introdurre delle innovazioni non contemplate nei prototipi. 17 

     Suor    Ioanna    riuscì ad  integrare  l’iconografia  tradizionale  con gli  insegnamenti  sulla nuova pittura  sacra ricevuti, nel corso della sua formazione artistica, in ambito cattolico presso l’atelier di Maurice Denis. Le sue 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 7

    icone  si  caratterizzano  per  un’incisiva  interazione  e  compenetrazione  di  due mondi,  quello  orientale  e quello occidentale,  tanto  a  lungo  contrapposti, e  testimoniano  che  i due mondi  si  alimentano  a  vicenda attraverso la conoscenza reciproca.  

    Il rispetto della tradizione è assicurato anche quando il supporto è diverso, la libertà all’interno del canone consente l’impiego di diversi supporti su cui scrivere l’icona che, nella maggior parte dei casi, consiste in una tavola  di  legno  preparata  con  tela,  colla  animale  e  gesso;  alcune  tradizioni  utilizzano  come  supporto dell'immagine, elementi naturali come la pietra, il guscio dell'uovo (di gallina, di struzzo, oppure di legno o di metallo),  la pelle di pecora o ancora materiali  fabbricati dall'uomo come  la carta pergamena,  la  tela,  il vetro,  lo  smalto, etc.,18 nella  scuola di  Tempio Pausania  si  fa un uso  sperimentale di materiali  locali  che vedremo qui di seguito. 

      

    6. Alla ricerca di un campo di espressione per uno stile sardo   Il progetto di  inculturazione dell’icona  in  Sardegna  sta  verificandosi  sotto diverse  forme  a  seconda delle predisposizioni  o  degli  interessi  culturali  che  ciascun  iconografo  reputa  più  congeniali  alla  propria personalità.  

    Nella fattispecie si tenta qui di seguito una sintesi delle metodologie di intervento quali :  

    ‐ la  sperimentazione di  supporti diversi  relativi alle essenze di  legno  tipiche della natura del  luogo come, a titolo di esempio, il ginepro o il sughero, o l’impiego di altri materiali come la ceramica;  

    ‐ l’utilizzo, mutuato  dalla  tradizione  armena,  di  diverse  tipologie  di  tessuti  da  applicare  con  colla animale sulla tavola, tessuti che spesso sono realizzati al telaio secondo  le antiche tradizioni tessili che ancora perdurano tra i mestieri tradizionali delle donne sarde;  

    ‐ l’uso della lingua sarda per i titoli da attribuire alle icone;  ‐ la peculiarità di abbigliare  con abiti  legati all’antica  tradizione  locale  i personaggi  raffigurati  sulla 

    tavola;  ‐ l’introduzione  di  gioielli  tratti  dall’arte  suntuaria  tradizionale  per  ornare  la  Madre  di  Dio,  la 

    singolarità di tratteggiate con le volute della filigrana degli ornamenti preziosi dei sardi le stesse tre stelle, simbolo di verginità perpetua, sul manto della Vergine;  

    ‐ la reinterpretazione dei prototipi di riferimento per dar vita alle icone degli antichi martiri sardi non presenti nell’iconografia classica tradizionale, al proposito si riporta un breve elenco esemplificativo di alcuni martiri  locali come San Saturnino di Cagliari, Sant'Antioco, San Lussorio di Fordongianus, San  Gavino  di  Porto  Torres,  San  Simplicio  di  Olbia,  san  Bachisio,  sant’Efisio,  Santa  Sofia,  Santa Reparata, Santa Barbara. 

     In un’ottica di crescita di ciò che può definirsi, allo stato attuale delle cose, come un work‐in‐progress che va acquisendo sempre maggiore spessore e consapevolezza,  la Sardegna, alla  luce della modernità, potrebbe prendere ancora su di sé, per una volta  in maniera consapevole,  il ruolo di crocevia nel Mediterraneo per proporre  se  stessa  come  un  singolare  laboratorio  culturale  dove  si  incontrino  le  diverse  esperienze  e tradizioni di matrice mediterranea e quelle ad essa storicamente  legate; un  luogo  in cui far convergere, a cadenze stabilite, i diversi poli di irraggiamento della cultura iconografica presenti in tutte le aree dell’antico mondo  bizantino  perché  insieme,  si  possa  cooperare  per  una  rinascita  dell’arte  dell’icona  intesa  come fermento di comunione tra le chiese cristiane e come importante ricchezza da condividere.   

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 8

    7. Presentazione di alcune tipologie di icone dipinte secondo questi orientamenti   

    L’Anastasis, Battistero di Bulzi.  Sassari di don Hovsep Achkarian 

    tempera all’uovo su tavola  cm 40 x 50 

     

       E’ l’ icona ‐ manifesto della presente ricerca.  In  essa  si  attua  una  evidente  compenetrazione  tra  le  diverse  componenti  culturali,  bagaglio personale dell’autore, che hanno reso possibile la sua realizzazione:   ‐ la tradizione iconografica bizantina evidente nell’ impianto canonico dell’icona ‐ la cultura armena che ne informa i caratteristici toni cromatici e le iscrizioni in lingua armena 

    ‐ il  contesto  culturale  locale  in  cui  l’icona  nasce,  presente  nel  tradizionale    canto  pasquale  in lingua sarda del cartiglio, dove sono narrati gli eventi descritti dalle immagini 

     

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 9

    Icona del Crocifisso   Perfugas ‐ Sassari    

     

    di Cecilia Sanna Tempera all’uovo e oro 22 kt 

     

      L’iconografia classica del crocifisso è caratterizzata dall’inserimento dei disegni tipici dei tappeti o dei copricassa della  tradizione  sarda che divengono gli elementi decorativi del paramento ai  lati della tavola        

     

     

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 10

    Madre di Dio Odighitria di Gallura  di Cecilia Sanna 

    tempere all’uovo e foglia d’oro su tavola cm 50 x 60   

                   

                

    La Teotokos è abbigliata come le antiche donne di Gallura: il manto in seta operata a fiorami viola, tessuto con gli antichi telai e arricchito da frange annodate a macramè, la camicia bianca e la giacca in panno rossa con i bottoni in filigrana d’oro come la spilla e gli orecchini  

                 

    Particolari dello scialle sardo in seta viola e nero 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 11

    Icone storiche dai caratteristici manti floreali   

                   Vergine Kykkotissa                  Madre di Dio Odighitria             Artista veneziano XIII secolo operante nel Sinai         Onufrìu Kyprìou   Albania XVI secolo 

                       

                           

    Madre di Dio Il’inskaja,  Cernigof  XVIII secolo 

     

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 12

    La Madre di Dio della Passione di Aggius di    Cecilia Sanna 

    tempera all’uovo e foglia d’oro su tavola cm . 60x100   

      

                                    

    Orecchino  

        La  Teotokos  indossa  l’abito  dei  giorni  di  festa:  l’ampio  scialle  di  seta  viola  –  porpora  a  neri  disegni floreali è adorno di lunghe frange annodate a formare un pizzo. Un corsetto in velluto verde operato è fermato al collo con una spilla in filigrana d’oro come l’imponente orecchino pendente. La sua presenza nell’icona è fortemente legittimata dall’appropriata simbologia che lo informa:  l’orecchino come simbolo di sottomissione e di appartenenza della Vergine al Signore. 

             “Eccomi, sono la serva del Signore,  avvenga di me ciò che hai detto”. 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 13

    La Madre di Dio Eleousa  

    di Cecilia Sanna  

    Tempere all’uovo e foglia d’oro cm 36 x 46 

        

            

      

    Appendice con croce‐stella,coralli e pendagli in argento della Madonna dell’Ajuda. 

                 

                    

    La croce‐stella del rosario sardo in filigrana d’argento è divenuto fonte di ispirazione  per le tre  stelle  simbolo di verginità perpetua della  Vergine 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 14

    La Madre di Dio Eleousa di Korsun  

    di Cecilia Sanna  

    tempera all’uovo e foglia d’oro22 kt  su scorza di sughero dim. 20x30   

        

     

     

    L’icona raffigura  la Madre di Dio Eleousa di Korsun scritta  in versione canonica su un supporto  in scorza di sughero su quale è stata incollata una sottile tela di cotone trattata con imprimitura di gesso e colla secondo l’antica tecnica bizantina.    

    Le foto mostrano il contrasto tra la raffinatezza della tecnica iconografica e l’estrema povertà  del materiale naturale impiegato come supporto. 

                 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 15

    San Gavino di Torres martire  

    di  Cecilia Sanna  

    tempera all’uovo e foglia d’oro 22 kt su antica tavola di ginepro dim. 30x40  

                                  

            Gavino,  soldato  romano  al  tempo  di  Diocleziano,  fu martirizzato  nella  città  di  Porto  Torres  su ordine del preside di Sardegna e Corsica che ne decise la decollazione presso il mare.  L’icona  scritta  su  un  supporto  in  legno  di  ginepro  antico,  è  un  prototipo  in  quanto  non  esistono riferimenti precedenti. Nello scriverla si è tenuto conto delle raffigurazioni del santo presenti nel retablo maggiore e nel retablo minore di Nostra Signore di Ardara, entrambi di epoca tardogotica 

      

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 16

    Gesù Cristo Re de sa Gloria  

    di   Tonino Pulina  

    Tempera all’uovo e foglia d’oro su tavola  

       

    L’icona è  realizzata in modo canonico ma  le iscrizioni utilizzano la lingua sarda  

    Anche all’interno del nimbo l’ “ IO SONO ”  (ω ò ν) è divenuto “ EO SO ”  

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 17

    La Madre di Dio della Tenerezza  

    di Tonino Pulina  

    Tempera all’uovo e foglia d’oro su tavola  

        L’icona della Madre di Dio della Tenerezza  è realizzata in modo canonico fatta eccezione per le iscrizioni che utilizzano  la  lingua sarda: Mητηρ Θηου e  Ιεσουs   Χριστοs diventano Mama de Deus e Gesus Cristu.  

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 18

    Santi Gioacchino e Anna  

    di   Massimo Cordeddu  

      

    Tempera all’uovo e oro 22 kt su tavola  

     

        

    L’immagine dell’icona è inserita tra la chiesa dei Cappuccini ed altre architetture della città di Sassari 

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 19

     Pantokrator 

    maiolica invetriata cm 40 x 50  

    di Giuliana Mastinu                      

    Angelo della Resurrezione                                    Maiolica invetriata   cm 30 x 30 

          

    San Giacomo degli Armeni Gerusalemme         

       

    Le antiche maioliche policrome ispirate ai Sacri Testi nella chiesa di san Giacomo degli armeni.         

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 20

    Nostra  Signora di  Bonaria   patrona  massima di Sardegna  

     di  Giuliana Mastinu 

     maiolica invetriata  di cm. 40 x 60 

                                                        

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 21

     

    Beata Antonia Mesina martire sarda del XX secolo 

     di Antonella Asara 

     tecnica mista (acrilico e tempera)

    e foglia d’oro su tavola cm 30x 40  

                                        

       

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 22

    Il Mandylion di  Catherine Azzaro 

                     

      

                         

    Icona su tavola realizzata con l’antica tecnica della caseina e della tempera all’uovo   

            

     

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 23

    L’ Angelo Custode di    Elvira Solinas 

    tecnica mista  su tavola  cm . 20 x 40   

     

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 24

    Il Mandylion di Emilia Gramigna 

    tempere all’uovo e foglia d’oro su tavola  cm. 30 x 40  

     Icona su tavola realizzata con l’antica tecnica etiopica   

      

                            San Giorgio                                    Madre di Dio di Korsun                        

                        

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 25

      Note          

    1. Si citano a titolo di esempio S. Giorgio, s. Anatolia, S. Marina, s. Costantino e s. Elena, s. Bachisio, s. Pantaleo, ss. Cosma e Damiano, s. Basilio, s. Nicodemo, s. Tecla, s. Sofia, Santa Reparata, Santa Barbara etc. 

    2. Hovsep Achkarian,  Manuale di iconografia armena ‐ Rubbettino ed., 2005 3. L’Unione Sarda ‐  Politica: Insularità, svolta storica. 27.01.2009 4. Istituto di Scienze Religiose, Diocesi Tempio Ampurias; Annuario 2002‐2003, Tempio Pausania.    ISSR Euromediterraneo, 

    Mnemes Ammentos, Anno II, Fascicolo I e II, Novembre 2008. EDES Editrice Democratica Sarda, Sassari.  

    5. Cfr. Cecilia Sanna, Icone ed arte sacra, in Almanacco Gallurese n° 14, 2006/2007 6. Sergio Atzeni, Preistoria e Storia di Sardegna, Cagliari 1998 7. Alberto Boscolo, Dai Vandali ai Bizantini, La società in Sardegna nei secoli, Torino 1967 8. Raimondo Turtas, La chiesa in Sardegna, Città Nuova Editrice, 1999 9. Alberto Boscolo, L’età dei Giudici,  in La Sardegna , a cura di M. Brigaglia,  Cagliari 1982 10. Attilio Mastino,  La  Sardegna  cristiana  in  età  tardoantica,  in  Atti  del  convegno  nazionale,  “La  Sardegna  tra  Eusebio  e 

    Gregorio Magno”, Cagliari 1996 

    11. Renata Serra, Pittura e scultura dal Medioevo all’Ottocento, in La Sardegna a cura di M. Brigaglia, Cagliari 1982 

    12. La  chiesa dedicata  a  sant’Andrea  si  trova  all’interno della necropoli  ipogeica databile  al  3000  a.C., uno dei più  grandi complessi di Domus de janas conosciuti. L’ipogeo VI, noto come “Tomba del Capo”, venne rifunzionalizzato come luogo di culto cristiano in epoca paleocristiana prima, bizantina poi, e riconsacrato nel 1313. Intonacata e affrescata sulle pareti del bema, sono appena visibili un Cristo Pantocrator, elemento centrale di una Déesis, di cui rimangono ancora, sui piedritti dell’archivolto, le figure olosome della Vergine Maria a sinistra e di San Giovanni il Precursore, i quattro evangelisti ai lati, i 12 apostoli alla sua destra e l’ infanzia di Cristo alla sua sinistra. Dell’ipogeo si utilizzarono soltanto i tre vani principali, il primo  come    nartece  per  i  catecumeni,  il  vano  centrale  come  aula  per  i  fedeli  già  battezzati  e  l’ultimo  vano  come presbiterio per i sacerdoti. Sopra l’altare venne aperto un pozzo luce perchè il sacerdote sotto la luce del sole, avesse un contatto diretto con la luce divina di fronte a tutti i fedeli che restavano al buio. Anche la pioggia, provenendo dal cielo, entrava  dal  pozzo  luce  direttamente  nella  Chiesa  e,  dopo  aver  toccato  l’altare,  defluiva,  santificata,  in  due  canali  che terminavano in una pozza utilizzata come fonte battesimale. 

    13. Renata Serra , Pittura e scultura dall’età romanica alla fine del ‘500, Banco di Sardegna, Nuoro, 1990 14. Gerolama Carta Mantiglia, Il museo etnografico di Nuoro, Banco di Sardegna, Nuoro,  1987/88 15. Renata Serra, Pittura e scultura etc. 16. I. Solovjova, L.Evsejeva, V. Laurina, N. Lebedeva, I. Rodnikova, Icona russa,  2007 17. Irina Jazykova , Io faccio nuova ogni cosa, 2002, La casa di Matriona 18. Irina Jazykova , op. cit.  

       

    Bibliografia essenziale  

    ‐ AA.VV., Storia dei sardi e della Sardegna, Milano, 1987‐89  ‐ BERLINGUER L., MATTONE A. (a cura di) La Sardegna, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi.           Giulio Einaudi Editore, Torino, 1998  ‐ BRIGAGLIA, MASTINO, ORTU (a cura di), Storia della Sardegna. 1. Dalle origini al Settecento, Laterza,           Roma‐Bari, 2002. ‐ CASULA F.C., Breve Storia di Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 1994.  ‐ CHERCHI PABA F., La Chiesa greca in Sardegna, Fossataro, Cagliari, 1963 ‐ O. POPOVA, E. SMIRNOVA, P. CORTESI, Icone. Mondadori, Milano, 1995 ‐ PANAYOTIS  VOCOTOPULOS  L., Iconografia e stile nel bacino mediterraneo e nei Balcani.            Le icone il viaggio da Bisanzio al ‘900 a cura di Tania Velmans ‐ Jaca Book, Milano, 2005 ‐ RAIMONDO TURTAS, La chiesa in Sardegna, Città Nuova Editrice, Roma 1999 ‐ SPANO G., Catacombe di Sant’Andrea Priu Sant’Andrea Priu, Bonorva, “Bullett. Archeol. Sardo”, II,           (1856), pp. 170‐179. 

     

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 26

     APPENDICE 

    Allegato ai Capitoli 3 e 4   

    I.   Chiesa rupestre di  Sant’Andria Priu a Bonorva  

    E’  il  primo  esempio  della  presenza  di  Bisanzio  in  Sardegna  e  del  suo  profondo radicamento  nella  cultura  locale. Nella  necropoli  neolitica    la  “domus  de  janas” denominata  “tomba  del  capo”  venne  rifunzionalizzata  in  epoca  bizantina divenendo  una  delle  prime  chiese  rupestri  della  cristianità,  rifugio  per  i  primi cristiani al tempo delle persecuzioni e probabile quanto singolare catacomba.  

                

     Parete di ingresso 

                                                                                                   Planimetria 

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       Interno della chiesa 

                                                       Sant’Andria Priu                                                             El Fayyum 

        Volto ad encausto, affresco                                              Egitto romano ritratto di donna su tavola 

       

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 28

    II.   Il nuraghe e la chiesa a croce greca     

    La  cultura  bizantina  e  la  tradizione  sarda  si  confrontano con le architetture più  significative:  

                                      

            

        

    Chiesa bizantina di santa Sabina in Silanus Eretta in epoca bizantina all'interno di un complesso monumentale formato dal nuraghe omonimo, un pozzo sacro a "tholos" e una tomba dei giganti. In Italia non ha riscontri stilistici e rimane unica nel suo genere 

      

    III.   La Chiesa della Santissima Trinità di Saccargia  Il ciclo pittorico della Chiesa della Santissima Trinità di Saccargia e gli affreschi absidali della Chiesa di San Pietro di Galtellì costituiscono una delle poche testimonianze superstiti di pittura medievale di evidente ascendenza bizantina  

                      

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    L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 29

       

    L'affresco  di  Saccargia  esalta  l'elevazione  dello  spirito  umano  dalle  cose  terrene, rappresentata dalle scene della vita di Cristo (registro  inferiore) attraverso    la Parola della Chiesa  rappresentata  dai  12  Apostoli  (registro  mediano)  e  il  Cielo  di  Serafini  e  la Beatitudine di Dio rappresentato nella immagine della Trinità.