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Poste Italiane S.p.A., Sped. in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 - DCB Roma. Abbonamento annuale Luglio 2012 n.487 Ingegneri: verso l’unità e l’identità della categoria di Francesco Duilio Rossi

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Luglio 2012n.487

Ingegneri: verso l’unità e l’identità della categoria di Francesco Duilio Rossi

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Care amiche, cari amici,

La riforma della professione viaggia tra dibattiti e contraddizioni: ul-tima, in ordine cronologico l’abolizione delle tariffe professionali, con il

cosiddetto “decreto liberalizzazioni” convertito in legge e pubblicato sullaG.U. del 24 marzo 2012, e la successiva entrata in vigore del D.L. 22 giugno 2012

n. 83, che prevede il ripristino provvisorio delle stesse tariffe fino all’emanazione diun apposito D.L. di cui all’art. 9 comma 2 del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1., “ai fini della

determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contrattipubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria…”.

Al momento dell’abolizione delle tariffe professionali, si era registrato infatti un vuoto normativo, in base alquale le stazioni appaltanti non riuscivano a stabilire, ad esempio, quali fossero gli incarichi “sotto soglia”. Eradi recente intervenuta in soccorso delle stazioni appaltanti una deliberazione, la n. 49 del 3 maggio 2012, chestabiliva che “in attesa delle future determinazioni dell’Autorità in merito, i responsabili del procedimento,per individuare gli importi a base di gara, potrebbero riferirsi ai costi sostenuti dalla propria ammini-strazione, o da amministrazioni consimili, negli ultimi anni”. Insomma, un po’ di confusione: occorre pren-dere atto che i “decreti annunciati” non rispettano mai i tempi previsti. Prima di far entrare in vigore unanormativa, non sarebbe meglio “testarla”, con simulazioni e proiezioni per evitare disagi e contenziosi?

Si parla molto di cambiamenti, ma poi ci si ritrova a fare i conti con le solite problematiche…. Veniamo adesso alle novità relative alla “formazione continua”.

Lo schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 15 giugno, stabilisce che “ogni professio-nista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professio-nale. La violazione dell’obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.”

Attendiamo quindi che siano emanate norme di disciplina della formazione continua: l’Ordine degli Ingegneridella Provincia di Roma, come è tradizione del Consiglio in carica, cercherà di realizzare la formazione con-tinua, ritenuta vitale per la nostra professione, con criteri di massima qualità. Il nostro obiettivo, compati-bilmente con i regolamenti che saranno emanati, sarà quello di renderla gratuita anche mediante l’utilizzodei corsi “on line”, che consentiranno ai colleghi di formarsi con l’ausilio di un pc o di un tablet, in qualsiasiambiente, evitando scomode trasferte.

Il Direttore EditorialeVice-Presidente

Ing. Mario Leonardie-mail: [email protected]

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Direttore responsabile

Mario Beomonte

Direttore editoriale

Mario Leonardi

Il comitato di redazione

è composto dai Consiglieri dell’OrdineFrancesco Duilio Rossi (Presidente)Emilio AcerneseMario Beomonte Dario BugliFabrizio CabasMassimo CaldaCarla CappielloArmando CentioniMarco CherriCarlo FascinelliPaola Maria Angela GallianiCorrado Antonio KroppMario LeonardiMassimiliano RossettiSilvia Torrani

Amministrazione e redazione

Via Vittorio Emanuele Orlando, 8300185 RomaTel. 06 4879311Fax 06 487931223

Coordinamento editoriale e

segreteria di redazione

Mass Media Immagine e Promozione srlVia Pietro Tacchini, 12 - 00197 RomaTel/Fax 06 80691471 - [email protected]

Grafica

Mediamente sas - Art & Communication Via della Penna, 59 - 00186 RomaTel 06 64521729 - [email protected]

Stampa

Tipolitografia New GraphicVia Antonio Tempesta, 4000176 Roma

stampato su carta ecologica

scritto al Registro della Stampa delTribunale di Roma il 20/05/1958al nr. 6328

Ordine degli Ingegneri della Provincia di RomaVia Vittorio Emanuele Orlando, 8300185 RomaTel. 06 4879311Fax 06 487931223

[email protected]

In copertina: “Scuola-città” di Daniela Troina Magrì e Piero Magrì Elaborazione grafica-artistica dell’acquaforte“Piazza del Collegio Romano”, 2012 di Daniela Troina Magrì www.danielatroina.it

Finito di stampare luglio 2012 Noir - Notiziario dell’Ordine degli Ingegneri diRoma e Provincia

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6Focus on Ingegneri: verso l’unità e l’identità della categoria

9 Intervista A colloquio con l’Arch. Frncesco Karrer,

Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici

13Normativa L’evoluzione della legge sul Piano Casa nel Lazio e

i suoi riflessi sulle opportunità di rilancio economico del territorio

19Ricerca A compartive study of combustion between

biofuels and fossil fuels

27Energia Il rompicapo energetico: repetita iuvant

30Nucleare Il concetto di sicurezza degli impianti nucleari

in fase di esercizio e in fase di smantellamento

33Tecnologie Dal disastro della Costa Concordia al futuro della

navigazione: navigando verso “e-navigation”

36Arte Computer-art: la “Scuola-città” di Daniela Troina

Nell’inserto: La rete del ferro nell’area romanaQUADERNI

DEI TRASPORTI

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Ing. Francesco Duilio RossiPresidente Ordine Ingegneri

della Provincia di Roma Pensare che la modernizzazione, la globalizzazione e la liberalizzazionesiano la negazione della professionalità è profondamente sbagliato.E’ sbagliato perché la professionalità si misura e va rivitalizzata non

sui sistemi socio-economici ma nell’ottica dell’impegno, del talento e dellaresponsabilità.Cosa vuol dire oggi essere ingegnere?Un male indecifrabile rende fragile la nostra professione, un male difficileda definire sul quale da tempo ci si sforza per intervenire: questo male è lacontraddizione che segna la nostra natura specialistica. La contraddizionedi una comunità professionale che ha radici e tradizioni antichissime, ha unpatrimonio tecnico e scientifico che di per sé conta e vale quanto quello ditutte le altre attività: pur essendo la nostra la professione eterna e univer-sale, perché tutto quello che si realizza, lo si realizza attraverso l’ingegneria;nonostante tutto questo, non riesce a proporsi come unitaria perdendo divolta in volta occasioni forse irripetibili.Questo contrasto ci condiziona e dà valore all’impressione dell’esistenza didue professioni, un’impressione cui altri ricorrono per dare spiegazionedella debolezza della nostra unità. Molti, superficialmente o strumental-mente, sono arrivati a negarla dando enfasi a ciò che ci divide e cioè allamodalità con cui espletiamo la nostra attività, alla tipologia, ai diversi settoriche non a ciò che ci accomuna: alla responsabilità, alle difficoltà, alla bel-lezza, al fascino dell’ingegneria.E’ vero che la nostra unità e la nostra identità sono plurali perché la nostra,unica tra tutte, è la professione pluridisciplinare ed è questa probabilmente

la ragione del marcatissimo individualismo che distingue l’ingegnere, in-sieme con la nostra preparazione, la nostra precisione, la nostra pun-

tualità; sta di fatto che quella dell’ingegnere sarà l’ultima dellegrandi professioni liberali a presentarsi come unitaria, appa-

rendo ancora oggi l’unitarietà come un percorso incompleto,origine del divario tra liberi professionisti e dipendenti, civili,

informatici, meccanici, giovani, meno giovani, quinquennali etriennali.

Fatta questa premessa dobbiamo affermare che l’unità professionale

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Ingegneri:VERSO L’UNITÀ E L’IDENTITÀ DELLA CATEGORIA

una

professione

pluridisciplinare

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dell’ingegnere esiste e trova ancora fondamento nelben noto art. 51 del Regio Decreto n. 2537/1925 ancoraforte, immobile ed immortale che già 90 anni fa defi-niva l’amplissima portata dimensionale della nostraprofessione, segnandone i confini verrebbe da dire aldi là delle colonne d’Ercole.“Articolo 51: Sono di spettanza della professione diingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei la-vori per estrarre, trasformare ed utilizzare i mate-riali direttamente o indirettamente occorrenti per lecostruzioni e per le industrie, dei lavori relativi allevia ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comu-nicazione, alle costruzioni do ogni specie, alle mac-chine ed agli impianti industriali, nonché ingenerale alle applicazioni della fisica, i rilievi geo-metrici e le operazioni di estimo.”Quindi, trascurando le subordinate e le incidentali:sono di spettanza dell’ingegnere, il progetto, la con-dotta e la stima dei lavori relativi in generale alle ap-plicazioni della fisica. Poiché tutto è applicazione dellafisica, tutto attiene all’ingegneria.Questa unità di valori comuni e di comuni energie maiha trovato nel corso del suo millenario esercizio la suaespressione superiore di identità professionale. Qualeè allora la ragione di questo male indefinito? E’ unacondizione intrinseca e immodificabile o deriva da undifetto culturale, un errore ideologico, una condizioneprofessionale che dobbiamo correggere o modificareo rimuovere?Lasciando ai romanzieri il fascino del destino segnato,preponderei per questa seconda ragione e cioè che siaun difetto da correggere o da rimuovere e che quellodi oggi, alla vigilia della data ultima per la riforma degliordini e delle professioni, sia l’ultimo appello per potertentare l’operazione.Il problema risiede nella nostra difficoltà e nella nostranegligenza a comprendere per primi la nostra naturacomune e ciò porta di conseguenza che ci si disinte-ressa volutamente della ricerca della nostra unità ne-gando l’identità o riferendola a modelli non adeguati.L’unità dell’ingegneria definita dalle applicazioni dellafisica e l’identità dell’ingegnere non si realizzerannomai sul modello impostato dalla cultura anglofoba nétanto meno sui modelli idealistici che si riportano allevirtù del liberalismo o della pianificazione, poiché que-ste pongono al centro delle dinamiche il dato econo-mico o quello contrattuale. Per l’ingegnere questeimpostazioni portano al disfacimento dell’animo pro-fessionale in quanto antepongono alla identità co-mune, l’uno il guadagno (il dato economico) e l’altrola carriera (il dato contrattuale), trovando una spondasul fatto che viviamo nell’epoca del predominio delmercato e del successo e quindi –erroneamente- chinon ha, non è. Ma è proprio in questa epoca che è ne-

cessario valorizzare gli elementi comuni perché maicome nell’epoca del dominio del mercato, chi è oggi li-bero professionista domani potrà essere dipendente eviceversa, chi oggi ha uno studio di ingegneria struttu-rale domani potrà occuparsi con altrettanti merito e va-lore di un'altra materia.Come si devono manifestare unità e identità?L’unità e l’identità si devono manifestare rimettendo ilsoggetto e l’oggetto della professione in sintonia con ilsenso della responsabilità e soprattutto con la consape-volezza della propria forza liberandoli dai condiziona-menti delle lobby affaristiche e di mercato nonché dallaazione delle gerarchie che tendono ad allontanare l’in-gegnere dalla professione e che operano nell’ottica chetutto sia mercato, tutto sia negoziabile tutto sia una rin-corsa al guadagno, confondendo ed equivocando atti-vità professionale, frutto dell’intelletto, dellaresponsabilità, dell’impegno, del talento, della disciplinae della volontà con attività di mercato dove tutto si ri-conduce al fatturato; il fatturato, elemento decisivonella vita di un professionista, capace di modificare ca-tegorie dello spirito e stili di vita equiparando l’impegnoprofessionale verso l’attività con l’avanzamento dellacarriera con metodi fondati non sulla meritocrazia edove tutto, secondo le gerarchie societarie deve esserericondotto all’obbedienza.Per il professionista tutto questo è un veleno che con-tamina l’animo professionale e pregiudica, a volte pur-troppo per sempre, lo sviluppo naturale della sua vitalavorativa.Noi ingegneri dobbiamo finalmente imparare ad esserenoi stessi, dobbiamo riconoscere l’anima professionaleche è alla base della nostra unità e dobbiamo perseguireil valore dell’identità costruendo la nostra strada su que-sto tracciato, comprendendo che nessuna riforma estra-nea all’identità segnata dalla consapevolezza dei nostrimeriti e delle pesanti responsabilità che ci assumiamopotrà mai appagarci né moralmente né materialmente.Anche questo è il male indefinibile, la difficoltà soloapparentemente insormontabile che dobbiamo affron-tare oggi: nell’epoca della liberalizzazione dobbiamoessere convinti che o diventiamo una professione unitae competitiva o saremo cancellati da forze maggioridella nostra.La crisi che sta attraversando tutti gli assetti economicie sociali e che sta intaccando modelli di sviluppo, equi-libri e prospettive di vita pone riflessioni profonde.Confrontarsi con le nuove inaspettate condizioni lavo-rative, constatare come la nostra professione si stia tra-sformando in attività mercantile e vedersi considerarecome una classe di privilegiati, misurare la distanza checi separa dalle responsabilità che ci assumiamo in rela-zione alla considerazione che gli altri gruppi socialihanno di noi, queste prese d’atto debbono risvegliare in

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tutti noi oltre che una indignazione spontanea ancheuna reazione e uno scatto.La constatazione che il contatto diretto e fuori controllotra il nostro stile di vita e quello che scaturisce dalnuovo modello di espressione professionale livellaverso il basso sia la condizione di vita dell’ingegnere, siale aspettative verso il futuro di vasti strati professionaligenera un legame diretto tra la protesta e la rivendica-zione creando scoraggiamento e sfiducia che sonoanch’esse tra le cause del distacco tra la realtà e il sen-timento professionale comune e tra la solidarietà, unicoe vero valore da proteggere al giorno d’oggi.Cultura dominante, dibattito pubblico e comunicazioneripetendo i luoghi comuni del pensiero unico afferentiil nostro status di professionisti (lobbisti, corporativisti,protezionisti, privilegiati e quant’altro) sono ben lontanidalla realtà ed è il momento che si inneschi un processoche riabiliti completamente e sotto tutti i punti di vistala nostra categoria professionale.D’altro canto, se non prendiamo atto delle nostre attualifragilità, non saremo mai in grado di risvegliare lanostra potenzialità. La nostra professione è la piùesposta all’indifferenza e al disinteresse dellapubblica opinione: (i medici si occupanodella salute, gli avvocati della difesa, con-cetti elementari e basilari la cui importanzaè immediatamente assunta dall’opinione pub-blica) anche l’opera dell’architetto è ormai perce-pita. Dell’ingegnere invece si sente dire: “L’ingegnerecosa fa?”. La debolezza comunicazionale del lavorodell’ingegnere è in opposizione di fase con la sua consi-stenza strutturale e rappresenta una delle contraddi-zioni da superare per maturare il nostro sviluppo.Questo è il senso profondo del declino della considera-zione della nostra professione.Una crisi di funzione legata alla presunta non necessitàdell’ingegnere compresso sia dall’alto che dal basso daforze agenti in relazione alla maggiore forza finanziariae alla maggiore forza rappresentativa. E’ venuto quindiil momento improcrastinabile, come si dice da qualchetempo, del nostro “sdoganamento” e dovremo sdoga-narci da soli perché nessuno troverà interesse a farloper noi. Dallo sdoganamento dovrà emergere un nuovoingegnere ed emergerà se il nostro edificio avrà le fon-dazioni stabili della consapevolezza identitaria, a suavolta fondate sul solidissimo terreno dell’unità profes-sionale. La nostra spinta si dovrà incrociare con un pro-getto di alto profilo che presenti l’ingegnere comerisorsa irrinunciabile cui far ricorso nelle grandi sceltedel nostro Paese e tutti gli altri attori dovranno tenereconto della nostra professione la cui importanza nondovrà essere messa in discussione.E allora: cosa vuol dire essere ingegnere oggi?Essere ingegnere significa credere nel talento e nel me-

rito individuale che non è l’individualismo conflittuale:chi vale e chi merita può offrire di più a tutti. Essere ingegneri significa appartenere ad una comu-nità che opera e fornisce energia al tessuto sociale del

nostro paese.Essere ingegneri significa avere come orizzonti

di riferimento l’impegno, la disciplina profes-sionale, il rispetto, la puntualità, la respon-sabilità.

Essere ingegnere significa avere rispetto peril proprio ambiente, per la cultura, per lo svi-

luppo per la solidarietà. Essere ingegnere significacredere nella qualità dell’esercizio professionale, nella

qualità della vita ma soprattutto dell’esistenza, nellaqualità dell’operato della persona.La liberalizzazione è un dato di fatto, un portato del no-stro tempo, l’espressione socio-economica che gli stu-diosi fanno risalire agli eventi di Berlino del 1989 chehanno cambiato il mondo e la geopolitica; nessuno puòpensare oggi di farla regredire con misure protezionisti-che ma la liberalizzazione deve essere governata a van-taggio della collettività e per fare questo occorrestimolare una cultura ed uno spirito che rispettino e va-lorizzino il pluralismo delle competenze e delle respon-sabilità: amministratori, operatori del settore e cittadini.Io spero che nel prossimo futuro la nostra categoria siimpegni a superare le suddivisioni interne, raccolga leistanze emergenti e sia in grado di trasformare il disa-gio in progetti concreti.Oggi mi attendo che prenda vita e si avvii un camminoverso la realizzazione di una identità professionale chedia forma e sostanza al nostro futuro e a quello delleprossime generazioni di ingegneri. Oltrepassando lepeculiarità, spero che presto si dia corso alla più com-pleta espressione della professione di ingegnere, chesia più forte e consapevole a beneficio della sicurezzae del benessere della collettività e della grandezza delnostro Paese.

consape-volezza delle

fragilità per il risve-glio delle poten-

zialità

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Ing. Paola GallianiConsigliere Ordine Ingegneri

della Provincia di Roma Francesco Karrer, architetto, è ordinario di Urbanistica alla Università“La Sapienza” di roma. Attualmente è Presidente del Consiglio Supe-riore dei Lavori Pubblici. È autore di numerose pubblicazioni nei

campi della pianificazione, territoriale - urbanistica e progettazione e valu-tazione ambientale. Ha redatto piani urbanistici di città in Italia ed all’esteroe ha collaborato con le più importanti società d’ingegneria italiana con lequali ha sviluppato progetti e studi su molte delle principali opere pubblicheitaliane.Ha più volte partecipato alla elaborazione di progetti di legge statale e re-gionale nel campo del “governo del territorio” e della valutazione ambientaledi piani, programmi e progetti. È stato, fra l’altro, il Presidente della specialecommissione che ha redatto la proposta per la disciplina dell’offerta econo-micamente vantaggiosa (Dlgs n. 117/1998). A lui abbiamo rivolto alcune do-mande di interesse per la Categoria.

Presidente Karrer, quali sono le sinergie tra Università e PPAA?

La cooperazione e collaborazione dell’Università con la Pubblica Ammi-nistrazione è strategica per la crescita del Paese. Ed in tutti i campi.Dalla costruzione della domanda di sapere e di formazione, sino alla ri-sposta a questa domanda; le due istituzioni debbono cooperare e colla-borare, a vantaggio di tutti. Ma ciò deve avvenire nel rispetto dei ruoli edelle prerogative proprie nonché di quelle degli altri; istituzioni e sog-getti/attori in genere che operano negli stessi campi.Lo strumento leader da seguire per stabilire questi campi dovrebbe essere

quello della concorrenza. Ma senza fanatismi. Che nell’ambito pub-blico, fra università e pubblica amministrazione possano stabilirsi

relazioni preferenziali deve essere possibile. Ma, appunto, que-sto ambito va delimitato con rigore.

Sono quindi da sanzionare le forme improprie di collabo-razione: quello degli affidamenti di progettazione e piani-

ficazione in materia di ambiente, urbanistica e lavoripubblici, è uno di quelli dove facilmente si può verificare un tra-

valicamento dell’ambito di cui sopra.

A COLLOQUIO CON L’ARCHITETTOFRANCESCO KARRER

Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici

Collabo-razione e

cooperazione traUniversità e

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Ma il rischio è presente anche in tanti altri campi, ge-neralmente in quelli riferibili ai servizi. Notoria-mente un campo molto dilatato, ricco di articolazionie continuamente in evoluzione. È lo spazio peraltronel quale si materializza la prevalenza delle attivitàdi entrambi i soggetti.Da ciò emerge ulteriormente l’importanza strategicadella cooperazione e collaborazione tra i due soggetti,ma anche i rischi appunto per quanto attiene lo spa-zio di azione di altri soggetti, ugualmente legittimatiad operare in questo spazio.Quello della formazione culturale e professionale èprobabilmente quello meno a rischio da questo puntodi vista. La cooperazione in questo campo è impor-tante per entrambi i soggetti, anche per profili nonstrettamente limitati alla formazione. Per la P.A. che“acquista” la formazione dei propri quadri tecnici po-tenziali ed effettivi (aggiornamento, formazione con-tinua, etc.), che deve saper domandare; perl’università, che può misurare la domanda concretadi formazione e quindi dover offrire un prodotto for-mativo rispondente. Migliorando così complessiva-mente la sua offerta formativa.

Qual è il ruolo del Consiglio Superiore dei LLPP e

delle sue sezioni nell’ambito del Ministero delle

Infrastrutture e con particolare riferimento alla

realizzazione delle opere pubbliche?

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici è il più an-tico degli organi di consulenza dello Stato. Più vec-chio dello stesso Stato! Un tempo la sua attività diconsulenza era molto estesa non solo per l’ampiezzadelle materie di cui aveva competenza – ricordo cheun tempo la città e quindi l’attività urbanisticaanche era lavoro pubblico –, ma soprattutto perchéoperava sul progetto come sulla realizzazione e col-laudazione delle opere. La nascita di altri soggetti - le Regioni con le lorocompetenze, le autorities, altri centri di consulenza -ha portato ad una riduzione delle sue competenze.Oggi riguardano le opere pubbliche il cui costo èmaggiore di 25 milioni di euro e comunque quandola quota del finanziamento pubblico supera il 50%dell’intero finanziamento.Al Cslp sono stati sottoposti i maggiori progetti pub-blici. Per citare solo quelli più recenti: il ponte sulloStretto, la linea C della metropolitana di Roma, ilnuovo collegamento stradale del porto di Salerno,etc. La tipologia delle opere sottoposte al suo giudi-zio è un descrittore dell’andamento della produzionedelle opere in Italia.In questo momento, ad esempio, è l’energia che pre-vale: il parere sul rilascio della concessione demanialeper la realizzazione dei rigassificatori di Brindisi e

Gioia Tauro è al centro della sua attenzione.Presso il Cslp operano importanti Commissioni perla sicurezza, rispettivamente delle gallerie stradalie ferroviarie. Di una infrastruttura lineare può ac-cadere che al Cslp vengano sottoposte anche sotto ilprofilo della sicurezza secondo le norme europeeoltre che statali solo le gallerie previste.Al momento, il Cslp è strutturato in cinque Sezioni.Sinteticamente con questi campi preferenziali: costru-zioni, ambiente – energia – territorio, porti, dighe eschemi idrici, infrastrutture di trasporto lineari /reti. Il Cslp partecipa a molte commissioni di studio, diprogettazione normativa, etc., sempre nell’otticadella consulenza alla P.A. Inoltre sul Cslp è incar-dinato il Servizio Tecnico Centrale. Le sue compe-tenze sono molte e rilevanti.È l’organismo che è più a contatto con la filieradelle costruzioni, ed è alle dirette dipendenze delPresidente del Cslp. È infatti questo organismo cheautorizza l’entrata sul mercato dei prodotti di co-struzione e dei prestatori di servizi, rilevanti ai finidella pubblica utilità, quali, ad esempio, le autoriz-zazioni ai laboratori di prove o le abilitazioni agliorganismi preposti al rilascio della marcatura CEper i materiali da costruzione ad uso strutturale.Verificandone i requisiti sotto il profilo della sicu-rezza delle costruzioni.Naturalmente la normazione nel campo delle co-struzioni resta una delle attività principali e parti-colarmente significativa del Cslp.Il Cslp svolge una importante attività nella norma-zione – ad esempio, le NTC sulle costruzioni del2008 – e dialoga con gli altri normatori a livello in-ternazionale e nazionale sia di tipo “obbligato” che“volontario”.In questo periodo il Cslp è impegnato nella “rivisi-tazione” di quelle del 2008, in attuazione dell’ob-bligo di legge che impone un aggiornamentobiennale.In un campo così innovativo quale quello delle co-struzioni – sia nei prodotti che nei processi -, questacadenza si sta dimostrando molto opportuna.Nel periodo di validità delle attuali si sono resi ne-cessari infatti molti interventi di adeguamento: in-terpretazioni e “linee guida” relativamente sia aprocessi che a prodotti.Sicurezza e qualità delle costruzioni (prodotti e pro-cessi), sono i due fari che guidano questa azione, inuna logica di trasparenza, indipendenza ed integrità.

Presidente Karrer, quali sono le principali opere

in corso di istruttoria per il rilascio del parere del

Consiglio Superiore LLPP?

Ho già detto quali sono le opere che soprattutto in

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questo momento impegnano il Cslp. Sono le opereconnesse all’energia, compreso l’idroelettrico.Permane l’attività di espressione di pareri relativa-mente ai contenziosi che si formano nella gestionedegli appalti pubblici.Un aspetto molto interessante ed anche nuovo hariguardato l’espressione di pareri relativamente al“dialogo competitivo”. La legge prescrive che la suautilizzazione da parte delle stazioni appaltantisia subordinata al parere del Cslp. In questa pro-cedura aspetti urbanistici ed economici si mesco-lano con quelli della innovazione dei prodottiurbani e non solo.L’utilizzabilità di questo strumento – secondo lalegge – è consentita solo se la P.A. non conosce leforme di risposta alla domanda e se non è sufficien-temente attrezzata a rispondere.Ad esigenze cioè alle quali non sa dare risposte o cherichiedono risposte diverse da quelle convenzionali.L’esperienza è di grande interesse, soprattutto inprospettiva. Mi sto formando la convinzione che nelprossimo futuro anche l’assegnazione dei diritti dicostruire possa essere effettuata con l’applicazionedi questo (o simili) strumento. Ad esempio, nella ge-stione delle concessioni demaniali. Con esso infatti

è operazionabile il principio di concorrenza e si pos-sono sviluppare “negoziati” trasparenti molto utiliper il miglioramento dei prodotti urbani e non solo.Si migliorerà anche molto la capacità della pubblicaamministrazione e in generale degli operatori delmercato delle costruzioni.Mi auguro che lo strumento – riscattato da alcune li-mitazioni imposte dall’attuale quadro normativo –,possa affermarsi nella pratica.

Qual è l’iter procedurale per l’acquisizione del pa-

rere?

L’iter procedurale è molto semplice. Spetta al Presi-dente definire la natura della istanza (parere sui pro-getti, leggi, norme, etc; autorizzazioni in senso latorelative a prodotti e processi).Quando la richiesta comporta una risposta pluridi-sciplinare in quanto investe una molteplicità di pro-fili e di competenze, l’”affare” viene assegnato allaAssemblea Generale. Negli altri casi, viene affidatoalle sezioni per le rispettive competenze (costruzioni;urbanistica – ambiente; opere marittime in genere;dighe e acque interne in genere; infrastrutture di tra-sporto).La preparazione dei voti è curata da gruppi di lavoro

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(relatori e/o studio, a secondo dell’importanza e deltipo di espressione di parere richiesta).L’altro campo di competenza, come già ricordato, èquello del S.T.C. che ha una sua regolazione (una vi-sita dell’apposito sito può essere utile). Sono previsteanche visite in loco ed ispezioni prima dell’espres-sione delle autorizzazioni, accreditamenti etc. Visitesono previste (ed effettuate, pure se nei limiti dellepossibilità delle risorse disponibili) anche a organi-smi già autorizzati nella logica del controllo del mer-cato.

Parliamo del ruolo del professionista nella verifica

ai fini della validazione dei progetti nel nuovo re-

golamento del codice dei contratti.

L’attività di verifica e validazione dei progetti (inpratica il Capo I del DPR 207/2010), è ovviamenteun segmento tra i più importanti del ciclo del pro-getto. Come verifica interna del processo progettualee, soprattutto, come verifica finale, allorché cioè ilprogetto “va sul mercato”. Il momento cioè nel qualeè appunto il mercato a misurarne l’affidabilità; conquesta verifica si deve garantire la stazione appal-tante di non correre rischi e che la realizzazione del-l’opera potrà procedere nella “fisiologia”, avendoprevenuto le possibili patologie.Il verificatore ha quindi un ruolo decisivo a garanziadella qualità, alla rispondenza, etc., del processo pro-gettuale, rassicurando la stazione appaltante rispettoai rischi della realizzazione; non ultimi quelli di mer-cato.Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici è già in-tervento in questa materia con l’emanazione del re-golamento per la validazione dei progetti di “leggeobiettivo”. E’ un primo esempio ufficiale.Il mercato e l’esperienza internazionale mettono a di-sposizione molti altri riferimenti. I criteri per l’accre-ditamento degli organismi di validazione pubbliciai quali il Cslp, d’intesa con Accredia sta lavorando,ne metteranno a disposizione – seppure in forma im-plicita – di ulteriori. L’ipotesi di lavoro è che, indi-pendentemente dalla natura pubblica o privata delsoggetto che valida, criteri e metodi siano sostanzial-mente gli stessi.L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma siè già meritoriamente impegnato nel formare e primaancora nel sensibilizzare i futuri validatori / verifi-catori.Si deve imparare a gestire però “nodi” metodologicied organizzativi: può un singolo professionista effet-tuare questa attività dal momento che anche per leopere cosiddette minori, è richiesta una pluralità dicompetenze? Deve associarsi con altri specialisti? Che forma giu-

ridico – organizzativa deve assumere tale associa-zione? Il problema si pone anche per le strutture piùorganizzate. Infatti anche per queste può risultaredifficile disporre permanentemente di tutte le com-petenze implicate da un progetto. Dovrà probabil-mente acquistarne sul mercato. Ancora una voltasecondo quale forma giuridico – organizzativa. L’as-sociazione temporanea? L’avvalimento?Il problema riguarda anche le stazioni appaltanti.E’ il responsabile del procedimento che valida il pro-getto componendo le diverse verifiche.Ma, oltre questi pur non secondari aspetti, si devesegnalare la loro non neutralità rispetto alla qualitàdella verifica. Se il ciclo del progetto deve essere diqualità, tanto più lo deve essere questa attività. Chenon deve essere confinata alla sola fine di ogni fasedel processo. Al contrario dovrebbe accompagnareogni fase tipica dello stesso sin dagli studi di fattibi-lità e via via al progetto esecutivo / cantierabile.

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Ing. Luca MontesiPresidente Commissione

Urbanistica Ordine degli Ingegneri della

Provincia di Roma

Membro del Comitato per laQualità Urbanistica ed Edilizia

di Roma Capitale

Per comprendere bene l’ambito normativo nel quale la legge sul PianoCasa si inserisce e lo spirito che la sostiene è veramente opportunofare qualche breve cenno per riportare alla memoria i passaggi che

hanno condotto al testo della legge regionale vigente.La Conferenza Unificata Stato-Regioni ed Enti Locali l’1 aprile del 2009, sen-titi gli effetti della crisi che ancora incombe, lanciò l’iniziativa legislativa fi-nalizzata al rilancio dell’attività edilizia e del tessuto urbanistico. Questainiziativa era volta a favorire lavori di modifica del patrimonio edilizio eforme di semplificazione degli adempimenti previsti. In particolare, il docu-mento programmatico della Conferenza Stato-Regioni riconosceva in questidue provvedimenti urgenti la possibilità di rispondere ai crescenti bisogniabitativi delle famiglie. Con questi presupposti veniva sancito che, entro enon oltre i 90 giorni successivi, le Regioni promulgassero proprie leggi ispi-randosi a questi obiettivi:a. regolamentare interventi al fine di migliorare anche la qualità architetto-nica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esi-stente di edifici residenziali uni-bifamiliari o comunque di volumetria nonsuperiore ai 1.000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo di200 metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che possono pro-muovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica; b. disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con am-pliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% dellavolumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architetto-nica, dell'efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e

secondo criteri di sostenibilità ambientale, ferma restando l'autonomialegislativa regionale in riferimento ad altre tipologie di intervento;

c. introdurre forme semplificate e celeri per l'attuazione degli in-terventi edilizi.

E’ interessante ricordare che gli interventi edilizi indicatidalla Conferenza Stato-Regioni non possono comunque rife-

rirsi ad edifici abusivi, nei centri storici o in aree di inedificabilitàassoluta, oltre ad altri ambiti di particolare interesse. Chiude il testo

del provvedimento la misura volta a riconoscere premialità finalizzate

L’EVOLUZIONEDELLA LEGGE SUL PIANO CASA NEL LAZIO

e i suoi riflessi sulle opportunità di rilancio economico del territorio

DallaL.R.

21.8.09n.21 alla sua “ri-forma” introdotta

dalla L.R.13.8.11

n.10

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alla riqualificazione di aree urbane degradate.

LIMITI DEL TESTO ORIGINARIO

DELLA L.R. 21/09

A seguito di questo importante provvedimento molteRegioni, tra cui il Lazio, hanno legiferato in modo tal-mente affrettato, tanto da minacciarne l’attuabilità. Miriferisco al primo testo della legge regionale n.21 ema-nato l’11 agosto del 2009.La mia Commissione fu, a distanza di mesi, chiamata aevidenziare le ragioni per le quali il tanto declamatoPiano Casa stentava a decollare nella nostra Regione.Sembrava infatti strano che, a fronte della trasversalitàdi interessi che la legge muove e la numerosità di sog-getti che coinvolge, non venivano presentate istanze diattuazione degli interventi presso gli uffici territorial-mente competenti.A seguito dell’analisi della legge evidenziammo diversecriticità che successivamente furono segnalate all’As-sessorato all’Urbanistica perché fossero tenute in debitaconsiderazione nel futuro testo di modifica.E’ bene rievocare sinteticamente i contenuti e gli osta-coli che fissava l’originario testo della legge sul PianoCasa per capire meglio cosa è cambiato con il testo dimodifica che vedremo più avanti.

1. LIMITAZIONI PER GLI AMPLIAMENTI

In merito all’ampliamento degli edifici, si è notato chela legge si scontrava con la realtà eterogenea della Re-gione. Nelle aree agricole, per esempio, gli ampliamentipotevano essere realizzati solo dai coltivatori diretti edagli imprenditori agricoli. Questo contrastava con l’in-tendimento di valorizzazione delle aree agricole chepassa evidentemente attraverso il mantenimento o unleggero incremento della densità abitativa in ambito ru-rale. Contrastando lo spopolamento delle zone agricole,infatti, si determina un maggiore controllo del territorioe si induce una regolare manutenzione del suolo il cuidegrado, come sappiamo, è spesso fonte di dissestoidrogeologico e di inquinamento. Per meglio interpre-tare questa posizione si deve considerare che l’aumentodei carichi urbanistici in ambito agricolo sarebbe co-munque così poco rilevante da poter essere sostenutodalle opere di urbanizzazione già esistenti. Per quanto riguarda l’adeguamento sismico deifabbricati si deve notare che l’attuale classifi-cazione coinvolge tutto il territorio laziale.Il bonus per gli ampliamenti che venivaaccordato alle zone a maggiore vulnerabilitàsismica era del tutto insufficiente in rapporto aicosti da affrontare per l’adeguamento alla norma-tiva stessa.

Altra critica alla vecchia legge riguardava il divieto disopraelevazione che appariva inspiegabile allorquandofossero state osservate le norme urbanistiche e i dispo-sti del Codice Civile. Criticammo questa limitazione inquanto induceva l’aumento dell’indice di copertura deifabbricati e di conseguenza il consumo di suolo.Già questo è sufficiente per capire che se sommiamole fattispecie per le quali non era consentito l’amplia-mento, ossia il territorio a rischio sismico, le aree ruralinon condotte da imprenditori agricoli, i centri storici,gli ambiti vincolati e gli interventi di sopraelevazione,il territorio interessato da questo tipo di intervento siriduceva praticamente a zero.

2. LIMITAZIONI PER LE DEMOLIZIONI

E RICOSTRUZIONI

La demolizione e ricostruzione degli edifici sembravaessere, invece, la parte della legge che dava una verarisposta al rinnovamento e soprattutto all’adegua-mento sismico ed energetico del patrimonio edilizioesistente.Il 35% di premio di cubatura sembrava un incentivo chepotesse favorire la sostituzione edilizia di edifici pre-valentemente residenziali, in realtà su questo numerosi proponeva di fare qualche approfondimento volto adimostrarne la congruità. Si criticava in particolare ilfatto che la percentuale non teneva conto del contestoterritoriale e di mercato nel quale l’intervento era ubi-cato. E proponemmo, per questo motivo, che uno stru-mento diverso, più flessibile, avrebbe dovuto essereadottato per stimare caso per caso le percentuali daaccordare sulla scorta almeno di uno studio di fattibi-lità economica e finanziaria.Ci domandavamo, poi, se lo stesso provvedimento nondovesse essere esteso anche alle attività produttive persostenerne in modo più efficace la ripresa economicadel settore edilizio. Dopotutto, le attività commercialisono spesso quelle che detengono l’intera proprietàdell’immobile e che possono avere risorse finanziariepiù adeguate per trainare l’economia, specialmente inquesto perdurante periodo di crisi.Finalmente sul tema della demolizione e ricostruzionesi cominciava a parlare anche di qualità degli interventiincentivando con un 5% in più quelli che fossero statirealizzati sulla base di progetti vincitori di concorsi

banditi, giustamente, con l’assistenza degli OrdiniProfessionali. In questo caso il premio sembrava

adeguato in rapporto al valore corrente degliimmobili. E’ infatti interessante osservareche, in termini assoluti, maggiore è il vo-

lume in gioco, maggiore è il vantaggio dimettere a bando l’intervento. Dopotutto, in at-

tesa della legge sulla qualità architettonica il cuiiter di approvazione si è arenato in Parlamento, ci

Rispostainadeguata alla

realtà eterogeneadella Regione

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sembrava interessante notare che la legge sul pianocasa potesse rivestire un ruolo importante anche inquesta direzione.A fronte di queste notazioni positive si rilevavano peròalcune limitazioni che ostacolavano la naturale attua-zione della legge. Mi riferisco alla limitazione dell’altezza massima aquella degli edifici contermini e, soprattutto, dell’ob-bligo di destinare il 25% delle abitazioni aggiuntive rea-lizzate per la locazione a canone concordato per 8anni. Questa norma in parte scaricava sulle spalle dichi interviene sui manufatti un obbligo cui l’Ammini-strazione Pubblica poteva dare risposta con altri appo-siti strumenti già previsti nella legge. Questoprovvedimento, in altre parole, indeboliva l’interessealla sostituzione edilizia degli immobili di medie egrandi dimensioni.Pur apprezzando la semplificazione per l’ottenimentodel titolo abilitativo che poteva essere ottenuto conuna DIA per fabbricati fino a 3000 metri cubi, si rite-neva che questo limite potesse essere aumentato -tra-sferendo come previsto dal DPR 380/2001 laresponsabilità sui tecnici che firmano le DIA- per age-volare e velocizzare ancora di più il processo di sosti-tuzione edilizia. Riguardo l’esistenza o adeguamento da parte del sog-getto proponente delle opere di urbanizzazione prima-ria, al fine di agevolare ulteriormente gli interventi disostituzione edilizia, si proponeva poi che quelle averde e a parcheggio fossero monetizzabili. In questomodo -oltre ad evitare inutili ed eccessive frammenta-zioni delle superfici pubbliche- si sarebbe facilitata,usando i relativi oneri, la centralizzazione di questefunzioni con lo scopo di fargli guadagnare dignità di li-vello urbano.

3. IL RIPRISTINO AMBIENTALE, IL RIORDINO

URBANO E LA RIQUALIFICAZIONE DELLE

PERIFERIE

Cambiando argomento, il ricorso ai programmi inte-grati per il cosiddetto ripristino ambientale e per il rior-dino urbano e delle periferie rappresentava senzadubbio una misura concreta per procedere, attraversofondi privati, alla riqualificazione di aree degradate edi elevato pregio ambientale compromesse da edifica-zione impropria. Il programma integrato si sposa bene effettivamentecon l’obiettivo dell’interesse pubblico di riqualificarearee degradate, tant’è che la sua rilevanza edilizia e ur-banistica è tale da incidere sulla riorganizzazione deltessuto in cui si inserisce.Per quanto riguarda le percentuali che erano indicatenella legge non era possibile esprimere un giudiziosulla quantità se non quello riguardo l’adeguatezza. Si

è infatti detto che l’eterogeneità del territorio italiano,e in particolare di quello laziale, mostra caratteri e di-namiche economiche molto diverse, sia in termini di ap-petibilità che di propensione allo sviluppo. Per questomotivo, come accennato per gli interventi di sostitu-zione edilizia, si sarebbe dovuto studiare un sistemaflessibile di percentuali di bonus volumetrico che si sa-rebbero potute, ad esempio, stimare sulla base di unostudio di fattibilità economica e finanziaria. Si trattavaovviamente di uno stimolo per l’approfondimento sultema volto a garantire efficacia ed interesse su questistrumenti attuativi. Per il programma integrato di ripristino ambientale nonera chiaro come i Comuni potessero individuare “gli am-biti destinati ad accogliere gli interventi di ricostruzionecon riferimento allo strumento urbanistico vigente”. E’infatti evidente che fino a quando i soggetti coinvoltinon abbiano manifestato l’interesse ad aderire al pro-gramma non si possa stimare il volume da ricostruire edi conseguenza la dimensione delle aree da reperire. Inquesti casi il coinvolgimento dei privati, già nelle fasipreliminari, suggerirebbe da subito sia i perimetri da re-cuperare che quelli per la riedificazione anche se in va-riante urbanistica. Si eviterebbero così future lunghenegoziazioni, bandi che “vanno deserti” e fallimenti chegià conosciamo. Non c’è dubbio che un incentivo per la qualità anche peri programmi integrati sarebbe ancora più auspicabilevista l’importanza urbanistica di questo strumento at-tuativo. Si proponeva quindi che anche per i programmiintegrati fosse disponibile un incentivo perché gli inter-venti fossero frutto di bandi di concorso assistiti dagliOrdini Professionali, tanto per la parte urbanisticaquanto per quella edilizia che, se sviluppate contestual-mente, avrebbero garantito lo snellimento dell’iter au-torizzativo per la costruzione.Finalmente la legge 21/2009 parlava anche di tempi. IIparametro tempo molto spesso nelle scelte urbanisticheè una variabile trascurata nonostante giochi un ruolodeterminante dal punto di vista finanziario dell’inter-vento, la cui imperfezione rende lunghi e spesso inat-tuabili questi programmi.Dalla lettura della DGR 985 del 23.12.2009, vincolantesolo per i Comuni che hanno chiesto contributi per laformazione dei programmi integrati, si è constatato iltentativo di dare un regolamento attuativo di riferi-mento per la redazione dei programmi preliminari di in-tervento e dei programmi integrati veri e propri.Prendemmo lo spunto da questo sforzo per auspicare,vista la frammentarietà delle norme sui PRINT, che tuttii provvedimenti normativi riguardanti questo strumentofossero convogliati in un testo unico dotato di un pro-prio regolamento di attuazione, appello che sembra es-sere stato finalmente accolto dalla Regione. E’ questa

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infatti l’occasione per introdurre elementi riguardanti laqualità degli interventi, definire un chiaro assetto tem-porale e procedurale e promuovere programmi prelimi-nari di intervento nei quali siano chiaramenteindividuati gli attori coinvolti (siano essi Pubblici, Pri-vati, Imprenditori o Ordini Professionali).Per finire, passava un po’ inosservata la norma riguardola riqualificazione urbanistica. Pur non fornendo espli-citi bonus di cubatura, questa misura incentivava i Co-muni a promuovere strumenti urbanistici per lariqualificazione soprattutto delle periferie. Attraversobandi di concorso, unitamente alle proposte dei privati,si poteva dare una risposta anche agli ambiti sorti spon-taneamente e ancora scollegati dalle aree urbanizzate.La norma era condivisibile ma si aspettavano ovvia-mente i provvedimenti dei singoli Comuni per dare ungiudizio sul merito.

4. EDILIZIA RESIDENZIALE

PUBBLICA E SOCIALE

La parte della legge sull’edilizia residenziale pubblica esociale, forse perché chiudeva il ciclo delle misure indi-viduate dalla norma, sembrava essere quella meno in-dagata. In realtà proprio su questo tema si giocava granparte delle possibilità per rispondere al fabbisogno abi-tativo e rilanciare il settore edilizio.Con la legge sul Piano Casa la Regione ha inteso pro-muovere l’edilizia residenziale sociale attraverso sog-getti senza fine di lucro, imprese di costruzione ecooperative di abitazione. Con questo strumento nor-mativo sarebbe effettivamente possibile immettere sulmercato nuovi alloggi destinati alla locazione a canonesostenibile o a riscatto, una necessità -specie nellegrandi città- non più procrastinabile. Interessante poil’opportunità dell’albergo sociale per rispondere allacrescente richiesta di alloggi temporanei con servizi espazi pubblici.Riguardo la promozione delle azioni di autorecupero at-traverso mutui agevolati non potevamo che essere d’ac-cordo visto il miglioramento della prestazioneenergetica e l’adeguamento alle norme di sicurezza chene derivavano agli immobili di ERP. Il risanamento el’adeguamento del patrimonio dell’edilizia residenzialepubblica, spesso in stato di inaccettabile fatiscenza, èdiventato infatti uno dei temi più spinosi degli ultimianni specialmente per le ATER.La Regione con la legge 21/09 promuoveva la forma-zione di un piano decennale per l’edilizia residenzialesociale finalizzato alla manutenzione e realizzazione diedilizia sovvenzionata anche attraverso il recupero diedifici dismessi. Per fare ciò era ovviamente necessarioun censimento delle realtà di emergenza abitativa dapredisporre di concerto con i Comuni interessati che do-vevano quindi attivarsi tempestivamente per fornire alla

Regione un quadro complessivo della situazione allogginei loro territori . Per assolvere a questa finalità lalegge individuava interventi di fatto già contemplatinella normativa previgente.Le misure tese a incrementare in breve tempo l’offertadi alloggi sociali ritengo siano decisamente elastiche:vanno dal cambio di destinazione d’uso con o senzaopere al frazionamento di unità abitative, sino all’usodei piani terra liberi da parte delle ATER e altri Enti lo-cali proprietari. Solo riguardo gli interventi di ampliamento, l’applica-zione degli stessi parametri previsti per l’edilizia resi-denziale privata sembrava restrittiva (si sarebbedovuto eliminare la limitazione volumetrica di 1000mc), mentre per la sostituzione edilizia questi parame-tri sembravano più congrui premiando fino al 40% divolume in più senza vincolare la dimensione del fab-bricato.Si rilevava poi che la sostituzione edilizia applicata aquella residenziale pubblica poteva essere la rispostaconcreta alla demolizione di interi quartieri che tuttinoi definiamo mostruosità urbanistiche avulse dal con-testo culturale e architettonico, specialmente nellacittà di Roma.La legge prevedeva la novità che i Comuni, per ottimiz-zare l’utilizzo delle aree riservate per l’edilizia residen-ziale pubblica inserite nei piani di zona, potessero

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densificarli attraverso: • aumento della previsione edificatoria;• variazione degli standard urbanistici eccedenti inedilizia residenziale sociale;• interventi di ristrutturazione urbanistica.Solo riguardo la variazione degli extra-standard per larealizzazione di ERP avevamo qualche perplessità, es-sendo noto che spesso queste aree sono “residuali” epossono presentare enormi difficoltà per l’edifica-zione.Tra i vari strumenti urbanistici che proponeva la legge,ritengo che il programma integrato fosse particolar-mente efficace, considerato che la zonizzazione potevacomprendere anche aree agricole per opere di urba-nizzazione e standard urbanistici non reperibili all’in-terno del perimetro urbanizzato.Ultima notazione, veramente degna di merito, riguar-dava l’introduzione dello standard per l’edilizia resi-denziale sociale. Si trattava di un provvedimento chepotrebbe risolvere il problema della ghettizzazione cheha mortificato l’urbanistica delle nostre città negli ul-timi decenni. Questo standard consentirà di evitare laconcentrazione di alloggi sociali in circoscritti ambitiurbani.

GLI ATTUALI OBIETTIVI DEL PIANO

CASA LAZIO E IL SUO RAPPORTO

CON GLI STRUMENTI URBANISTICI

DEI COMUNI

Come sappiamo il testo vigente della legge sul PianoCasa è stato profondamente riformato dalla legge 10del 2011. Pertanto da qui in avanti mi riferirò esclu-sivamente ai contenuti del nuovo testo della legge21 del 2009 coordinato con quello della10/2011.Gli obiettivi strategici stabiliti dall’art.1della legge sono sostanzialmente tre: • misure straordinarie ed urgenti nel settoreedilizio, finalizzate a contrastare la crisi econo-mica ed a favorire l’adeguamento del patrimonioedilizio esistente alla normativa antisismica, il miglio-ramento della qualità architettonica e la sostenibilitàenergetico-ambientale del patrimonio stesso, secondole tecniche, le disposizioni ed i principi della bioedili-zia;• misure urgenti per incrementare e sostenere l’offertadi edilizia residenziale sovvenzionata e sociale;• snellimento delle procedure in materia urbanistica.Ma tra gli obiettivi della legge non si devono trascu-rare le importanti misure di salvaguardia del territorioche portano ad escludere dalla sua applicazione edificiubicati:

- nei paesaggi dei centri storici e nei nuclei storici indi-viduati dal PTPR;- nelle aree con vincolo di inedificabilità assoluta;- salvo eccezioni, nelle aree naturali protette, ma questopunto, non essendo stato ritenuto di competenza dellaRegione è stato impugnato dal precedente Governo da-vanti alla Corte Costituzionale;- nelle aree del Demanio Marittimo;- nelle zone di rischio molto elevato individuate daiPiani di bacino;- nelle aree strategiche, nel sistema della mobilità, delleinfrastrutture, dei servizi pubblici e degli standard;- nelle fasce di rispetto di strade pubbliche, ferrovie,etc.;- nei complessi rurali, ancorché non vincolati dal PTPR,che siano stati realizzati prima del 1930.La legge, per tener conto delle specificità dei singoli am-biti territoriali, si è anche prefissa l’ulteriore obiettivo diconsentire ai Comuni di individuare aree e immobili neiquali limitare o escludere gli interventi edilizi e urbani-stici. Non tutte le Amministrazioni locali hanno ritenutoopportuno deliberare in merito entro il termine del 31gennaio scorso fissato dalla legge stessa.In riferimento all’obiettivo posto dalla legge per il repe-rimento di alloggi a canone calmierato, si rileva che essaintroduce la novità di consentire il cambio di destina-zione d’uso a residenziale di fabbricati anche di notevolidimensioni, purché porzioni del fabbricato siano riser-vate all’housing sociale (30-35% della superficie). E’ evi-dente lo spirito del legislatore che, registrandol’incapacità finanziaria delle Amministrazioni Locali dicostruire e gestire ulteriore patrimonio edilizio, trasfe-risce questa incombenza ai privati.

Per quanto riguarda il rapporto della legge con la nor-mativa locale, ricordo che essa va in deroga alle

previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizidei Comuni, siano essi vigenti o adottati.

Questo vuol dire che indipendentementedalle prescrizioni dei PRG e/o dei piani at-

tuativi -purché non ricorrano le condizioni diesclusione che ho citato poc’anzi- si può dare at-

tuazione agli interventi previsti nel Piano Casa Lazioanche se in contrasto con i richiamati strumenti comu-nali. Questo perché l’urbanistica è materia concorrenteStato-Regioni per quanto riguarda il governo del territo-rio. Pertanto, le leggi emanate dalle Regioni in questamateria sono sovraordinate agli strumenti urbanistici ededilizi locali. Alla luce di questa affermazione, come precisato dallalegge, visto che il Piano casa va in deroga agli strumentiurbanistici locali, i bonus volumetrici non possono es-sere sommati con gli ampliamenti eventualmente con-sentiti da altre norme o da strumenti urbanisticicomunali.

ilrapporto dellalegge con la normativa

locale

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PIANO CASA E QUALITÀ EDILIZIA E

URBANISTICA

Spesso mi è stata rivolta la domanda: “Come può inci-dere la legge sul piano casa sulla qualità edilizia eurbanistica?”. Pur essendo la risposta a questa do-manda molto articolata, cercherò di sintetizzare quelloche penso riguardo l’incidenza di questa norma sullaqualità edilizia e urbanistica, nel breve e nel medio pe-riodo.Contrariamente a quanto spesso si è detto, la rinnovatalegge sul piano casa compie uno sforzo, specialmentenella prima parte, affinché si ottimizzi l’uso del patri-monio costruito. In questo modo si evitano inutili espan-sioni territoriali, inutili cementificazioni quali risultatidella moltiplicazione estensiva dei nuclei abitati, giusti-ficata principalmente dalla necessità di rispondere allarichiesta di fabbisogno abitativo.Ovviamente, come in tutte le valutazioni, bisogna usareuno spirito critico e, nel caso di specie, si deve capire –per usare un termine abbastanza in voga in questo pe-riodo- se la densificazione del costruito vada poi ascapito della qualità edilizia e, più in generale, della qua-lità urbanistica.Come sottolineato dal nostro Ordine e dalla Federa-zione degli Ingegneri del Lazio nelle Audizioni Pubblichepromosse dalla Regione in fase di stesura del nuovotesto, abbiamo con piacere osservato che è stato intro-dotto l’obbligo di ampliare edifici costituiti da più unitàimmobiliari sulla base di progetti unitari riguardanti l’in-tero fabbricato. Questo fatto, oltre ad essere a favoredella qualità, promuove il recupero della qualità di interiambiti.Proseguendo, l’incentivo volumetrico per l’adegua-mento sismico degli edifici è inconfutabilmente una mi-sura per migliorare la qualità strutturale del patrimonioedificato in un territorio peraltro vulnerabile da questopunto di vista.In termini di qualità ambientale, poi, l’imposizione delrispetto delle norme in tema di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia, promuove in modo forte lariqualificazione energetica e il rispetto dell’ambiente.Vorrei spendere poche parole anche sulla qualità indottadagli interventi di cambio di destinazione d’uso e sosti-tuzione edilizia, attraverso i quali finalmente si potrannorimpiazzare mostruosi relitti con fabbricati più moderni,efficienti ed architettonicamente -speriamo- migliori.Fra l’altro, a favore della qualità architettonica e nonsolo -diciamo pure a salvaguardia della bellezza dellenostre città- viene in soccorso l’incentivo per quei casiin cui il promotore si avvalga della procedura del con-corso di progettazione, che ha elevato nell’ultimo testodi legge la premialità di un ulteriore 10%.Riguardo la qualità urbanistica, questa passa sempre per

la capacità delle Amministrazioni di saper gestire e ma-nutenere il territorio urbanizzato. Le Amministrazioni–osserviamo oggi- non hanno più risorse per garantiree gestire una corretta manutenzione delle aree, special-mente quelle più periferiche. Allargarsi e consumarenuovo suolo non può essere più considerata una buonapolitica per il governo del territorio. Per questo motivocondividiamo la scelta di densificare con la condizioneche esistano o siano preventivamente adeguate leopere di urbanizzazione primaria e siano adeguati omonetizzati gli oneri di urbanizzazione secondaria.Concludo sottolineando un altro aspetto riguardantela qualità della norma, ossia quello finanziario. L’inte-gralità degli interventi previsti sono da considerarecome una miriade di piccoli progetti di finanza soste-nuti dalla disponibilità economica delle famiglie, deglioperatori privati e dagli aiuti che potranno arrivaredagli istituti di credito. Riguardo la sostenibilità degliinterventi, questa sarà misurata sul numero di istanzeche saranno presentate nei prossimi mesi.Non è da poco, poi, osservare che questa legge, percome è stata concepita, promuove l’attività imprendi-toriale in modo diffuso e a tutti i livelli. E’ proprio lapiccola imprenditoria, che rappresenta il principaletessuto produttivo della nostra Regione, oggi in grandedifficoltà, a beneficiare degli sperati effetti indottidall’attuazione della legge.Tutto sommato -considerato pure che la perfezionenon esiste- direi che questa legge è stata modificata,come avevamo richiesto, senza trascurare gli effettisulla qualità edilizia e urbanistica degli interventi, man-tenendoli al tempo stesso cantierabili.

CONCLUSIONI

Come ho recentemente dichiarato, il perdurare dellacrisi del settore edilizio e la crescente richiesta di hou-sing sociale e di edilizia residenziale pubblica manten-gono più che mai attuale l’obiettivo del Piano Casa nelLazio. Per dare compimento alla legge è auspicabileche tutti i soggetti coinvolti nel processo attuativo –miriferisco principalmente alle Amministrazioni e aglioperatori economici locali- siano chiamati a dare il lorocontributo, soprattutto per la competenza che possonoesprimere nel variegato e complesso contesto territo-riale e urbanistico sul quale la legge regionale va a in-cidere.Ricordo che il tempo per dare attuazione ai provvedi-menti di carattere edilizio della legge si ferma al 31 gen-naio 2015 che sembra congruo per dare corso alleopere di ampliamento ma che potrebbe essere inade-guato per gli interventi di demolizione e ricostruzionepiù complessi.

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Antonella IngenitoUniversity of Rome

“La Sapienza”

Roberto AndrianiMilan Politechnic

Antonio Agresta and Fausto Gamma

University of Rome “La Sapienza”

Current global energy supplies are dominated by fossil fuels, withmuch smaller contributions from nuclear power and hydropower.Bioenergy provides about 10% of the total energy supplies, making

it by far the most important renewable energy source used; solar, wind andother renewable energy sources have nowadays a very small contribution.On average, in the industrialized countries biomass contributes less than10% to the total energy supplies, but in developing countries the proportionis as high as 20-30%. Bioenergy could play a bigger role, especially in theindustrial countries that consume a lot of fossil energy and are thereforethe main contributors to atmospheric pollution and global warming. The-refore, biofuels can contribute to reducing the dependency on fossil fuelsand to lowering greenhouse gas emissions due to transport and other acti-vities and can be considered as both renewable and sustainable energysources. Indeed, these are recognized as “net zero CO emission” fuels dueto the very short-term carbon cycle. Thus the goal of this paper is to inve-stigate the possibility to reduce NOx and CO emissions still maintainingthe same conventional fuel performance. In particular, in the following, acomparative study of the bio-fuels ignition delay time, flame temperaturead emissions at different operative conditions with those of conventionalfuels, has been performed. Results have actually shown that renewablefuels could play a critical role in pollutants abatement and for the next ge-neration energy sources.

INTRODUCTION

BIOFUELS are generally composed by a mixture of multiple monoalkylesters of long-chain fatty acids. Most biofuels used in the world are madefrom soy oil and rapeseed oil by transesterification with an alcohol.The soy- and rapeseed-derived biofuels are complex mixtures composed sa-turated and unsaturated methyl esters (when methanol is used for the tran-sesterification process) and alcohols. Development of detailed chemicalkinetic models for biofuels oxidation is still at the beginning due to the verylarge size of the branched or unsaturated carbon chains that make up bio-fuels together with the chemical variability of biofuels. However, several re-cent studies describe kinetic mechanisms for those fuels, assuming aconspicuous number of species and reactions. The oxidation chemistry

A comparative study of COMBUSTION

BETWEEN BIOFUELS AND FOSSIL FUELS

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of Methyl Decanoate is modeled using a reduced me-chanism developed by Z.Luo [1, 2, 3], T.F.Lu et al. which contains 837 reactions among 118 spe-cies specifically suitable for high temperature oxida-tion (T > 1000K) and it's based on the related detailedLawrence Livermore Nation Lab (LLNL) mechanism.Also based on the LLNL mechanism, the Bio-Butanoldetailed chemical kinetic mechanism model [4], con-tains 431 species and 2336-step process.The chemical kinetic mechanism for JP10 is a reduced39 species,189-reaction mechanism [5, 6] while the n-Dodecane is modeled through 289 reactions among 56species [7].Furthermore, to predict NOx formation, the NO kineticsbased on the UCSanDiego mechanism, which models52 reactions among 23 species has been added to anymechanism above mentioned [8] . So far, no consensusis found in literature regarding their performance. Forexample, many authors report that biofuels increasesNOx emissions compared to hydrocarbon fuel [9, 10],but some other authors report a decrease [11, 12].In this work, a comparison between the different bio-fuels, i.e. methyl decanoate (C11H22O2) and bio-buta-nol (C4H9OH), and fossil fuels, i.e., n-dodecane(C12H26) and the JP10(exo-tetrahydrodicyclopenta-diene, C10H16) has been done in terms of ignitiondelay, flame temperature and emissions (carbon mo-noxide and nitrogen oxide).

FUELS CHARACTERIZATION

In the following, a summary of the selected fuels hasbeen reported. Among the fossil fuels, the n-dodecaneaviation fuel and the JP10 aircraft launcher fuel havebeen analyzed; as for the biofuels, the biobutanol andthe methyl decanoate have been selected.The n-dodecane is a liquid alkane hydrocarbon with thechemical formula CH3(CH2)10CH3 (or C12H26), alsoknown as duodecane. It is an oily liquid of the paraffinseries. In recent years, n-dodecane has garnered atten-tion as a possible surrogate for kerosene-based fuels

such as Jet-A, S-8, and other conventional aviation fuels.It is considered a second-generation fuel surrogate desi-gned to emulate the laminar flame speed, largely sup-planting n-decane, primarily due to its higher molecularmass and hydrogen to carbon ratio which better reflectthe n-alkane content of jet fuels. The simplifed Univer-sity of San Diego n-dodecane oxidation model kinetic iscomposed 56 species, 289 reactions [13].JP-10 is essentially a single hydrocarbon exo-tetrahy-drodicyclopentadiene. It has a minimum volumetricheat content of 39,434 MJ/m3 (141,500 Btu/gal). Forcomparison, Jet A or JP-8 has a volumetric energy con-tent of about 35,000 MJ/m3 (125,800 Btu/gal), about 11percent lower. JP-10 is a fuel developed for demandingapplications, such as aircraft-launched missiles. The re-quired properties are: maximum volumetric energy con-tent, clean burning, and good low-temperatureperformance. To achieve these properties, this fuel isformulated with high-density naphthenes in nearly pureform. These fuels only are used in limited volumes andin situations where price is a minor consideration.The Butanol [14] also called biobutanol when producedbiologically, i.e., by fermentation of biomass by bacteria(e.g. Clostridium acetobutylicum) or other microorga-nisms. Butanol production from biomass and agricultu-ral byproducts could be more efficient (i.e. unit enginemotive power delivered per unit solar energy consu-med) than ethanol or methanol production [7]. The bio-butanol is a primary alcohol with a 4 carbon structureand the molecular formula of CH3(CH2)3OH (orC4H10O). It belongs to the higher alcohols and bran-ched-chain alcohols. Butanol [1] may be used as a fuelin an internal combustion engine and as aviation fuel.Butanol has been demonstrated to work in vehicles de-signed for use with gasoline without modification. Theoxidation model kinetic is composed by 431 species and2336 reactions [15].The methyl decanoate is a saturated fatty acid. Its for-mula is CH3(CH2)8COOCH3 (or C11H22O2).The chemical kinetics mechanism is composed of 118species and 837 reactions [16].In Tab.1 a summary of the fuels proprierties is reported.

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RESULTS

In this Section a comparison in terms of ignition delay, flame temperature and emissions between JP10, NDodecano,Methyl-Decanoate and Bio-Butanol has been done at different pressures, temperatures and equivalence ratios. Igni-tion delays for the fuels in pure air have been reported in Refs. [17, 18, 19].

Ignition delay time, tid, for the purposes of this discus-sion is defined as the time for the gas mixture to reacha temperature 400 K higher than initial in a perfect stir-red reactor. Lean to reach mixtures of fuel and air areconsidered for a range of initial temperatures from 1000K to 1400 K at three different pressures: 1atm, 5 and 10atm (note that, at those pressures, no autoignition is fo-reseen at temperatures below 1000 K). Methyl decanoate and n-dodecane show similar autoi-gnition characteristics as function of equivalence ratioat a given temperature of 1200K, though there arequantitative differences (see Fig. 1-Fig.3).JP10 shows a very different ignition delay characteri-stics with respect to all other fuels, showing a minimumt_id of 0.0018 s at very lean mixtures. For lean mixtures

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(φ<0.6 at p=1tm and φ<0.8 at p=5 and 10 atm), the longer ignition delay is for the bio-butanol. Increasing the equi-valence ratio, the longer ignition delay is shown for JP10 for all three pressures. At the higher pressures and equi-valence ratios (i.e. P= 10 atm and φ>1), the biobutanol shows a lower ignition delay than fossil fuels.As for the methyl-decanoate has the shortest delay of all fuels: i.e., at P=10 atm and φ=0.4, it is ~ 68% shorter thanJP10 and n-Dodecane and 122% than Butanol; at φ=2, it is ~ 122% shorter than Butanol, 190% than n-Dodecane and390% than JP10. Therefore, MD shows very challenging characteristics in terms of ignition delay time, and accor-dingly in terms of the flame anchoring.Fig. 4 and Fig. 5 show that the methyl decanoate has the lower ignition delay through a range of initial temperaturesfrom 1000 to 1400 K, at the two different equivalence ratios. It is mainly due to its chemical formula that makes itsdecomposition faster than that of all others fuels examined in this work. As for the biobutanol, its autoignition cha-racteristic, instead, depends on the equivalence ratio: in fact, at the stoichiometric equivalence ratio, its ignitiondelay is shorter than that of the others two fossil fuels, instead at φ=0.4 it is longer than that of JP10. The n-dodecanehas a longer ignition delay with respect to all other fuels, and it does not ignite below 1100 K at p=10 atm.In Tab. 2, a summary of ignition delay variation percentage is shown.

As for the adiabatic flame temperature (see Figg. 6-8), the higher flame temperatures are reached by the fossil fuels,whereas the lowest temperature is for the biobutanol.

Actually, the difference is not significant, showing a ma-ximum variation of 50 K. This means that in terms of ef-ficiency, bio fuels show very good performance. As forthe NOx and CO emissions calculated after a reactor re-sidence time of 0.01s, Fig. 9- Fig.14 show that all fuelshave similar emissions characteristics as a function ofequivalence ratio at a given temperature and pressure(T=1200 K and p=10 atm). Higher NOx emissions interms of ppmvd (part per million volume dry) are foundfor fossil fuels, in particular for n-dodecane, whereas thelowest NOx ppmvd emissions are found for the butanol.A ppmvd variation between n-decane and biobutanolreaches its highest value of ~15% at φ=0.8.

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Due to the very short-term carbon cycle, the biobutanol has also the lower CO emissions: therefore in terms of fuelemissions, butanol seems to be the best choice.Depending on the initial conditions (p, T and φ), the methyl decanoate has a different behavior in terms of CO andNOx emissions. In fact, it has higher CO emissions than n-dodecane at p=1 atm and p=5 atm, the opposite is atp=10 atm and φ<1.6.Note that, because NOx emissions increase even after the flame temperature has been reached, depending on theresidence time different ppmvd are predicted (see Fig. 15 and Fig. 16). In fact NOx emissions decrease substantially

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by decreasing the reactor residence time. Therefore, depending on the combustor geometry and turbulence times,i.e. depending on the Damkäohler non dimensional number (it is the ratio between the convective and chemicalflow time), a different amount of NOx emissions can be found. In Fig. 17, the NOx emissions history of JP10 andButanol is shown.

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Fig. 17 shows that, for the biobutanol fuel, depending on the equivalence ratio and on the residence time, it is pos-sible to decrease the NOx emissions at values lower than 20 ppmvd: actually this is a interesting strategy to be pro-posed in terms of combustor geometry for the emission reduction to tolerable values.Furthermore, Fig. 16 shows that decreasing the initial temperature, the NOx ppmvd decreases for all fuels: Infact, it is well known that the most relevant NOx sources are due to the thermal NOx process that is highly tem-perature dependent.

sions study is conducted considering a reactor time re-sidence of 0.01s. In this case, the best behaviour is tobe assigned to biobutanol, as it shows the lowest emis-sions in terms of ppmvd for both NOx and CO. This be-haviour is consistent with the fact that, concerningwith the NOx emissions, butanol also shows the lowestvalue of adiabatic flame temperature, and, as for theCO emissions, it has a very shortterm carbon cycle.With respect to present day standards, biobutanol sho-wed a trend such that, depending on the equivalenceratio and on the residence time, it is possible to de-crease the NOx emissions at values lower than 20ppmvd. The methyl decanoate has a different behaviorin terms of CO and NOx emissions and as a matter offact, it has higher CO emissions than n-dodecane atp=1 atm and p=5 atm, while the opposite at p=10 atmand φ<1.6.The present work partially shows that the idea of acomplete replacement of fossil fuels is a challengingbut possible development for future combustor de-signs.

REFERENCES

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A summary of the NOx variation percentage with re-spect to the JP10 fuel is shown in Tab. 3. It is clearlyshown that depending on the initial conditions, bio-fuels can give good responses both in term of perfor-mance than in terms of emissions requirement.

CONCLUSIONS

Ignition delay, flame temperature and NOx and CO for-mation rates of JP10, n-Dodecane, compared with bio-fuels such as methyl decanoate and bio-butanol areinvestigated employing the CHEMKIN constant-pres-sure perfectly stirred reactor.The methyl decanoate is a saturated fatty acid, whilethe Butanol also called biobutanol when produced bio-logically, is a primary alcohol with a 4 carbon struc-ture. The ignition delay analysis shows that forpressure of 1 atm and 5 atm, methyl decanoate and n-Dodecane have similar behaviour though the latter hasconstantly longer autoignition times.JP10 and bio-butanol show a counter-trend. For leanmixtures (Φ < 0.8) butanol always has longer ignitiondelays while for richer mixture its delay starts decrea-sing, up until, for P = 10 atm and Φ = 2, it becomesshorter than that of the other two fossil fuels. On theother hand, JP10 has an upward trend where, for Φ >0.8 it increases its ignition delay. At all the pressure va-lues investigated, methyl decanoate showed the shor-test autoignition delays, reaching its minimum at P =10 atm and Φ = 2, when it autoignites 390% earlier thanJP10.Methyl decanoate, therefore, due to its chemical struc-ture, shows the best characteristics in terms of ignitiondelay and, hence, flame anchoring. NOx and CO emis-

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Ing. Vincenzo Morelli Già Direttore delle Costruzioni

dell’ENEL

Ing. Baldassarre ZaffiroGià Project Manager della Dire-

zione delle Costruzioni dell’ENEL

Troppe dichiarazioni caratterizzano il tema energetico italiano. Siamodi fronte ad uno strano paradosso nel quale ci si illude che i problemienergetici si risolvano con semplici dichiarazioni di intenti, non con-

siderando la loro complessità ed i tempi necessari per risolverli. Si prescindepurtroppo dalla realtà nella quale qualsiasi realizzazione, indipendentementedalle sue dimensioni, richiede tempi tecnici lunghi ed incomprimibili perprogettare, ottenere le necessarie autorizzazioni, sviluppare la committenzae costruire.Come è stato più volte messo in evidenza da parte di chi scrive1, le continueincertezze ed i ripensamenti che hanno caratterizzato qualsiasi iniziativa inquesto campo, hanno portato il nostro Paese ad affrontare oggi, non avendorealizzato ieri né impianti né infrastrutture, una pesante congiuntura concosti dell’elettricità superiori del 30% di quelli europei.Mentre gli altri Paesi da anni hanno attuato un Mix equilibrato di carbone,nucleare, gas naturale e fonti rinnovabili, cosa abbiamo fatto in Italia?Siamo usciti dal nucleare, scelta opinabile ma non priva di una logica dettatadalle difficili condizioni del nostro territorio e dalla diffusa opposizione dellacollettività.Abbiamo liberalizzato il mercato elettrico sostituendo un monopolio pub-blico con un oligopolio costituito in prevalenza da aziende municipali all’in-terno delle quali sono entrati protagonisti francesi, belgi, tedeschi, austriaci,etc. Tale oligopolio ha reso però molto più complicato attuare strategie conlogica mirata all’interesse nazionale perché i nuovi esercenti devono giusta-mente seguire strategie legate alle proprie esigenze di bilancio ed hanno

così privilegiato l’uso del gas naturale, trasformando in molti casi gli im-pianti esistenti con cicli combinati. Le ragioni principali sono state la

migliore accettabilità del gas dovuta ad un minor impatto ambien-tale ed il rendimento termodinamico di un ciclo combinato, su-

periore di circa 15 punti rispetto a quello degli impianti adolio o a carbone. Il risultato è stato che nel 2011 i cicli com-

binati hanno raggiunto una potenza di circa 30.000 MW con uneccesso di capacità produttiva che in un assetto di mercato concor-

renziale e privatistico, non è facilmente riassorbibile. Infatti dall’anno

Il rompicapo energetico:REPETITA IUVANT

leconse-

guenze dellaliberalizzazione

del mercatoelettrico

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scorso chi ha privilegiato il gas fatica addirittura a recu-perare il costo del combustibile, con margini sempre piùrisicati2. In ogni caso un uso così elevato del gas rendeil nostro sistema elettrico particolarmente vulnerabilenon solo per la provenienza del gas da aree ad alto ri-schio geopolitico ma anche per le mutevoli condizionidi mercato aggravate dal fatto che non è stato possibilerealizzare impianti di rigassificazione (Brindisi e PortoEmpedocle) che avrebbero attenuato la posizione do-minante delle forniture via gasdotto.Non siamo riusciti poi ad aumentare l’uso del carbone.Nell’intento di avere un Mix più equilibrato, l’ENEL datempo ha cercato di trasformare gli esistenti impiantiad olio con quelli a carbone. In particolare molto fatico-samente dopo 10 anni è riuscita a sostituire le quattrounità di Tor Valdaliga (Civitavecchia) con tre unità a car-bone, diminuendo peraltro la potenza complessiva.Un’analoga trasformazione a Porto Tolle invece, dopo 7anni di istruttorie, ottenute le necessarie autorizzazionied aver iniziato i lavori in sito, è stata sospesa da unasentenza del Consiglio di Stato. Gli altri impianti in eser-cizio a carbone poi stanno subendo forti contestazioni.Comunque molte difficoltà potrebbero essere ridottecon la messa a punto della nuova tecnologia di catturae stoccaggio della CO2 (tipo CCS), anche se costosa.Abbiamo poi sottoscritto l’impegno a livello europeo peril 2020 di ridurre la CO2, di migliorare l’efficienza ener-getica e di sostituire i combustibili fossili con fontirinnovabili (il ben noto 20/20/20). Si ricorda chenella Direttiva Europea 28/09 sono classifi-cate fonti rinnovabili quelle non fossilivale a dire l’idrica, la geotermica, l’eolica,il solare, la biomassa comprensiva della partebiodegradabile dei rifiuti industriali ed urbaninonché vari gas di risulta compresi i biogas. Per quanto riguarda l’idrica e la geotermica la loro pro-duzione ha praticamente raggiunto il massimo per obiet-tive ragioni legate alla morfologia, all’idrologia ed aistringenti vincoli territoriali anche se non vanno trascu-rati quei seppur modesti incrementi di produzione, rin-novando gli impianti laddove esistono possibilitàtecniche, economiche ed ambientali. Per le biomassesono stati realizzati numerosi piccoli impianti mentre itermovalorizzatori incontrano continue e forti opposi-zioni a livello locale. Sarebbe invece largamente auspi-cabile che questi ultimi venissero realizzati poichépotrebbero dare un apporto significativo alla produ-zione di elettricità contribuendo a risolvere il problemadella parte biodegradabile dei rifiuti urbani.Diversi invece sono il ruolo futuro e l’importanza del fo-tovoltaico e dell’eolico. I governi che si sono succedutinegli ultimi anni hanno correttamente spinto queste duefonti ricorrendo però fino ad oggi ad incentivi “appeti-tosi” (con una legislazione “generosa”) ben superiori a

quelli europei e che ci costeranno circa 6 miliardi di €all’anno per i prossimi 20 anni. Sull’onda di tali incen-tivi, si sono affacciati sul mercato numerosi piccoliproduttori molti dei quali probabilmente hanno consi-derato queste attività più come un prodotto finanzia-rio che un investimento produttivo. Il risultato è statoche nel 2011 il fotovoltaico ha raggiunto una potenzatotale di circa 13.000 e l’eolico di 7.000 MW.La normativa vigente poi prevede che l’elettricità pro-dotta con sole e vento goda del diritto di precedenza

nell’immissione al consumo, aspetto questo che haimportanti riflessi sull’assetto della rete, sul-

l’esercizio e sull’economia degli altri im-pianti. A conferma, nel primo trimestre

del 2012 recessione e diminuzione dellaproduzione industriale hanno provocato una

minor richiesta di elettricità di circa il 5%, cau-sando un andamento anomalo della borsa elettrica

per eccesso di offerta dovuto anche all’esplosione dellerinnovabili intermittenti. Fenomeno che si è accen-tuato nelle ore serali quando il fotovoltaico non fun-ziona e quindi devono intervenire i cicli combinatiimmettendo in rete energia a costi elevati. La rete per-tanto deve essere in grado di assorbire in qualsiasi mo-mento una produzione diffusa e discontinua, con lanecessità di avere sempre a disposizione una capacità“tradizionale” pronta a subentrare in qualsiasi mo-mento. E questo è un servizio che non è gratis ma checoncorre ad aumentare gli oneri totali a carico del-l’energia elettrica prodotta con il sole ed il vento. Inol-tre la rete oggi non è ancora strutturata per accogliereuna produzione diffusa, parcellizzata ed intermittente.Quindi il suo indispensabile adattamento alle nuoveesigenze non può avvenire senza costi da sostenere daparte del sistema cioè dagli utenti.Per inciso una doverosa osservazione va fatta sugliaspetti industriali del fotovoltaico e dell’eolico. La no-

Ruolo e importanza di

eolico e fotovoltaico

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stra industria purtroppo si è limitata a fare qualchecomponente elettrico o meccanico, parte di ingegne-ria ed i montaggi. A nostro avviso avrebbe dovuto im-pegnarsi da tempo in tale settore per ottenere almenoil risultato di diventare il protagonista del mercato na-zionale e con l’esperienza e le tecnologie acquisite,conquistare parti rilevanti del mercato mondiale. Maquesto purtroppo non è avvenuto. Invece abbiamoimportato i componenti più qualificati e più costosida industrie giapponesi, cinesi, americane e tedescheche al momento dominano la scena internazionale ecosì una buona parte dei nostri incentivi sono finitiall’estero.Per completare il quadro, dai dati della TERNA del20103 appare che il consumo interno lordo di elettri-cità (al netto dei pompaggi) è stato di 343 miliardi dikWh di cui 222 provenienti da via termoelettrica, 77dalle rinnovabili e 44 da importazioni. Della compo-nente termoelettrica circa il 70% è stato prodotto congas naturale, delle rinnovabili circa il 73% da idrica egeotermica e solo il 3% da eolico e fotovoltaico. Si fapresente tuttavia che per il fotovoltaico nel 2011si è verificato un autentico boom, con l’ag-giunta di quasi 9.000 MW a quelli esistenti,per cui la relativa ripartizione percen-tuale ne risulterà comunque modificata.La “fotografia” di quanto esposto mette inevidenza che negli ultimi anni è mancata unastrategia nazionale e razionale. Quanto realizzatoinfatti sembra più casuale che strategico.Sarebbe pertanto auspicabile che a livello politiconell’immediato futuro venga definita una strategia, conil principale obiettivo di ridurre il costo del kWh pro-dotto, allineandolo per quanto possibile ai valori euro-pei ed usare in maniera più razionale un maggiorquantitativo di elettricità. Detta strategia, a parere dichi scrive, dovrebbe basarsi sui seguenti presuppostiprincipali:• Attuare un Mix equilibrato tra carbone, gas, fonti rin-novabili ed importazioni di elettricità;• Rispettare gli impegni europei del 20/20/20;• Ridurre gli eccessivi incentivi riconosciuti per il fo-tovoltaico e l’eolico che sono risultati i più alti d’Eu-ropa, alla luce del fatto che il costo impianto si è negliultimi anni notevolmente ridotto;• Ristrutturare la rete per accogliere la produzione dafonti rinnovabili intermittenti;• Stimolare il sistema industriale per realizzare in fu-turo quello che oggi acquistiamo all’estero;• Aumentare la penetrazione dell’elettricità in tutti isettori di utilizzo, per contenere le emissioni di CO2,migliorare l’efficienza energetica e ridurre gli sprechi;• Tenere conto dei lunghi tempi necessari per tramu-tare una strategia in fatti concreti.

Per passare dalle parole ai fatti, occorre definire comeresponsabilizzare i vari produttori che dovrebbero svi-luppare piani e programmi, curandone il loro aggiorna-mento. In tali piani devono essere indicati tipologia diimpianto, potenza e tempi per la messa in esercizio.Questo dovrebbe poi essere coordinato e reso con-gruente con analoghi piani di sviluppo riguardanti larete elettrica. Ma perché i produttori possano operarein tal modo è necessaria una procedura definita daun’apposita legge.Inoltre, cosa più importante, per mettere finalmente or-dine in questa complessa materia ed evitare i continuistop and go che si sono fino ad oggi verificati per qual-siasi impianto, sarebbe necessario definire una nuovalegge (Testo Unico) riguardante la progettazione, la lo-calizzazione, la costruzione e l’esercizio di impianti diproduzione, trasformazione e trasporto comprendendole infrastrutture occorrenti per il loro funzionamento.In tale legge, tra l’altro, dovrebbe essere definitaun’unica istruttoria da seguire per ottenere le prescritteautorizzazioni alla costruzione ed esercizio, facendo

confluire in un unico iter i pareri di tutte le autoritàcentrali e locali comunque coinvolte.

In attesa che l’industria riprenda a produrre,sarebbe quanto mai opportuno attuaretale indispensabile riforma legislativa che

tra l’altro è a “costo zero”.Quanto esposto è in sintesi il contenuto di pre-

cedenti articoli. Ma repetita iuvant. Classe politicae dirigente devono dimostrare la capacità di capire

quale è il nocciolo del problema energetico. Di capirecioè che l’energia è un argomento serio e che i relativiproblemi devono essere tempestivamente e razional-mente risolti. Non farlo comporta commettere errorigravi che poi si pagano. A caro prezzo.

NOTE

1 Fonti energetiche: illusioni e poca strategia. OICE Progetto & Pubblico. Ottobre 2006 • Irrisolto il problema energetico. Notiziario Ordine Ingegneri di Roma. Agosto 2008 • Energie alternative, le fonti rinnovabili. Il Giornale dell’Ingegnere. Ottobre 2010 • Efficienza energetica e sprechi. ALDAI Dirigenti Industria. Gennaio9 2011 • Energia: cercasi strategia. Staffetta Quotidiana n° 229. Dicembre 20112 Corriere della Sera. 31 marzo 20123 Dati Statistici sull’energia elettrica in Italia. TERNA. 2010

La necessitàdi una strategia

nazionale

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Ing. Angelo Antonio PapaPresidente della Commissione

nucleare dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma

La sicurezza è il principale obiettivo degli impianti nucleari sia miratialla produzione di energia elettrica, sia mirati alla ricerca e sviluppodi tecnologie. Tale concetto è particolarmente enfatizzato per le ap-

plicazioni nucleari, ma in realtà, la sua applicazione, benché distribuita intutti i settori, sta diventando sempre più un fattore determinante nella in-dustria convenzionale, anche se le modalità di applicazione possono esseresimili solamente per una quota parte delle tecnologie impiegate.Viene affrontato il problema della sicurezza durante la fase operativa e dismantellamento non analizzando i possibili incidenti che possono verificarsie presi a riferimento per la progettazione, la conduzione e lo smantellamentodegli impianti, ma analizzando i fattori base che permettono di garantire lasicurezza nel tempo a prescindere dalla fase in cui si trova l’impianto. A talfine si divide l’analisi considerando tre fasi distinte, comuni a tutti i settoriindustriali e una quarta fase che assume un carattere particolare proprioper gli impianti nucleari. Le tre fasi comuni riguardano la fase di progetta-zione, la fase di esercizio e la fase di smantellamento di un impianto nu-cleare. La quarta fase riguarda la possibilità di estensione della vita diimpianto oltre quella tecnica prevista in fase di progetto.

PRINCIPALI OBIETTIVI DELLA

SICUREZZA NUCLEARE

Gli obiettivi principali della sicurezza nucleare nella fase di progetto e nellafase di esercizio possono essere raccolti insieme intendendo gli stessi ap-plicati nelle rispettive modalità prevedendoli nella fase di progettazione e

garantendoli nella fase di esercizio rispettando precise prescrizioni ope-rative.

Essi sono esprimibili come segue:• minimizzazione delle dosi radiometriche durante l’esercizio

dell’impianto sia agli operatori che alla popolazione• minimizzazione delle dosi radiometriche conseguenti ad un

incidente nucleare di progetto• minimizzazione dell’impatto ambientale

• minimizzazione della produzione dei rifiuti radioattivi sia in termini

Il concetto di sicurezza degli impianti nucleari IN FASE DI ESERCIZIO E

IN FASE DI SMANTELLAMENTO

Proget-tazione,

esercizio, sman-tellamento, esten-sione della vita

dell’im-pianto

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di quantità che di volumi anche prevedendo opportunitrattamenti e condizionamenti.Gli obiettivi principali nella fase di smantellamento sonoi seguenti:• minimizzazione delle dosi radiometriche agli opera-tori e alla popolazione• minimizzazione dei rifiuti radioattivi sia in termini diquantità che di volumi anche prevedendo opportunitrattamenti e condizionamenti• minimizzazione dell’impatto ambientale• facilità di rimozione dei grandi componenti

SICUREZZA DURANTE

LA FASE DI PROGETTAZIONE

Durante la fase di progettazione i fondamenti della si-curezza sono l’applicazione dei criteri base di progettosanciti dalle Istituzioni internazionali di competenza eripresi dalle corrispondenti Istituzioni nazionali e l’ana-lisi di sicurezza degli incidenti dovuti sia ad eventi in-terni all’impianto che ad eventi esterni. Gli eventi internidipendono dalla tecnologia utilizzata per la realizza-zione degli impianti quali ad esempio impianti di tipo adacqua bollente (BWR – Boiling Water Reactor), impiantidi tipo ad acqua in pressione (PWR – Pressurized WaterReactor) o altre tipologie. Gli eventi di origine esternadipendono dalla localizzazione del sito scelto per la rea-lizzazione dell’impianto. Infatti essi dipendono, ad esem-pio, dalle caratteristiche sismiche del sito, dalla sceltatecnologica della sorgente fredda (sito marino, sito flu-viale, utilizzo delle torri di raffreddamento), dalle atti-vità industriali della zona, dalla densità di popolazionedella zona.L’esperienza del periodo di esercizio rappresenta unafonte importante per migliorare la sicurezza in fase diprogettazione e può richiedere un nuovo metodo di stu-dio per tale fase con l’applicazione di criteri diversi ol’enfatizzazione dei criteri applicati. Tale applicazioneviene chiamata “ritorno dell’esperienza di esercizio”.I risultati delle prime attività di smantellamento chesono state applicate dopo circa trenta anni dalla costru-zione dei primi reattori, hanno evidenziato che è moltoimportante prevedere in fase di progetto la metodologiae i percorsi per la rimozione dei grandi componenti.L’importanza di questo criterio si riflette in modo signi-ficativo sia sulla economicità delle operazioni di sman-tellamento e sia, principalmente, sulle dosiradiometriche associate a tale attività che vengono as-sunte dal personale addetto dovute ai tempi più o menolunghi necessari per la rimozione dei citati componenti.Altro criterio molto importante derivato dalla espe-rienza di smantellamento riguarda la sequenza della ri-mozione dei singoli sistemi per ridurre anche in questo

caso sia il costo che le dosi assunte dal personale. In-fatti è da tenere presente la fondamentale differenzatra la costruzione e lo smantellamento dell’impiantoche riguarda la totale assenza di radioattività nel primocaso è la notevole presenza di radioattività nel secondocaso per cui il tempo delle operazioni assume una im-portanza determinante.

SICUREZZA DURANTE

LA FASE DI ESERCIZIO

Durante la fase di esercizio la sicurezza prevista in pro-getto è garantita dal rispetto delle procedure, delle pre-scrizioni di esercizio del manuale delle operazioni e datutta la documentazione predisposta e approvata dal-l’Autorità per la Sicurezza. Durante l’esercizio dell’im-pianto gli operatori e il management acquisiscel’esperienza sulla sensibilità delle risposte dei vari si-stemi nelle diverse situazioni operative. Questa espe-rienza che garantisce maggiormente la sicurezzaoperazionale dell’impianto deve essere condivisa tra ivari operatori e dirigenti e tramandata alle generazionifuture prendendo atto che la vita tecnica di una im-pianto nucleare, oggi arrivata a 60 anni, va oltre la vitaoperativa del personale che inizia l’esercizio dellostesso e quindi deve essere trasmessa ai futuri opera-tori durante il necessario e importante affiancamentoche deve avvenire, per un congruo periodo, prima cheun giovane sostituisca un anziano.

SICUREZZA DURANTE LA FASE

DI ESTENSIONE DELLA VITA TECNICA

In tempi recenti si è iniziato, e in qualche caso si èanche deciso, di prolungare la vita tecnica degli im-pianti nucleari destinati alla produzione di energia elet-trica. Per garantire la sicurezza in questo periodo èassolutamente importante che la comunicazione fra glioperatori, i progettisti, gli anziani e i giovani sia portataalla massima efficienza. Infatti la garanzia della sicu-rezza deriva dalla convinzione e dalla dimostrazioneche i istemi dedicati alla sicurezza dell’impianto sianoin grado di reagire come da progetto alle sollecitazionialle quali possono essere sottoposti in caso si doves-sero manifestare gli incidenti previsti nel progetto eper i quali sono stati progettati e costruiti all’iniziodella vita tecnica. Per dimostrare alle Autorità di Sicu-rezza tale resistenza e per essere sicuri che essi resi-stano è assolutamente necessario che vengano presi inconsiderazione tutti i transitori che hanno dovuto sop-portare durante l’esercizio precedente ed effettuare lerelative misure per dimostrare, ad esempio, che gli

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spessori delle pareti delle tubazioni e dei recipienti inpressione siano ancora nei limiti di progetto. Occorredimostrare che la strumentazione dedicata alle misuredei parametri di sicurezza siano ancora efficienti e conle stesse sensibilità necessarie a rivelare eventuale de-cadimenti di prestazioni. A tal fine occorre prepararela opportuna documentazione supportata sia da calcoliaggiuntivi che da misure in campo. E’ opportuno cheil supporto tecnico alla documentazione da presentarealla Autorità di Sicurezza sia preparata durante la vitatecnica con schede dati predisposte proprio per rac-cogliere sia i dati necessari alla dimostrazione della so-stenibilità della sicurezza per altri anni sia gli eventualiinconvenienti, che all’epoca possono essere stati clas-sificati come non significativi, ma che possono soste-nere o meno la garanzia della sicurezza futura.

SICUREZZA DURANTE

LA FASE DI SMANTELLAMENTO

Durante la fase di smantellamento, la cui esperienzasia italiana che internazionale è riferita ad un periodopiù breve in quanto le prime centrali nucleari che sonostate smantellate risalgono a una decina di anni fa e illoro numero è molto limitato.E’ comunque possibile analizzare la sicurezza durantequesto periodo di vita della centrale e esprimere le se-guenti considerazioni:• gli obiettivi di sicurezza verso gli operatori e la po-polazione sono gli stessi anche se riferiti ad un im-pianto che non si trova in condizioni di generarepotenza, ma in condizioni completamente diverse dallafase di costruzione nella quale i sistemi preposti allasicurezza non erano contaminati per assenza di mate-riale radioattivo al loro interno• una grossa differenza consiste nella rimozione deigrandi componenti che in questa fase contengono ma-teriale radioattivo dovuto alla contaminazione a cuisono stati sottoposti durante la fase di esercizio• dal punto di vista operativo assume anche in questocaso molta importanza l’esperienza acquisita durantela fase di esercizio relativamente alla applicazione dellastrategia della movimentazione e rimozione di compo-nenti e sistemi contaminati. Pertanto occorre avere glistessi comportamenti utilizzati durante l’esercizio po-nendo maggiore attenzione al fatto che si viene a con-tatto o ci si trova in presenza di materiali contaminati• dal punto di vista autorizzativo occorre seguire lestesse procedure prescritte durante la fase di esercizioper ottenere i permessi allo smantellamento da partedella Autorità per la Sicurezza• i rifiuti radioattivi vanno trattati e condizionati nellostesso modo facendo analoga attenzione a limitare le

quantità prodotte• il combustibile irraggiato deve essere trattato comenella fase di esercizio• vi è la stessa necessità di avere a disposizione un de-posito nazionale in cui smaltire i rifiuti radioattivi clas-sificati nelle varie categorie. Comunque è da tenerepresente che ogni centrale nucleare può avere nella pro-pria area spazi sufficienti ad immagazzinare provviso-riamente i rifiuti radioattivi prodotti nella fase dismantellamento.Si può pertanto concludere che in questa fase l’approc-cio alla sicurezza è lo stesso utilizzato durante la fase diesercizio facendo maggiore attenzione ai sistemi conta-minati.

COSA È LA SICUREZZA

NEL SETTORE NUCLEARE

Alla luce di quanto analizzato nei paragrafi precedenti,pensando alla sicurezza in un modo più ampio, oltre ainecessari limiti tecnici di progetto da prendere a riferi-mento per il dimensionamento delle strutture e dei com-ponenti, è possibile definire la sicurezza, sia nel settorenucleare che nel settore industriale convenzionale, nelseguente modo:• la sicurezza è un modo di pensare• la sicurezza è un modo di agire• la sicurezza è un modo di pianificare• la sicurezza è un modo di progettare• la sicurezza è un modo di approcciare un problema etrovarne la soluzionein definitiva la sicurezza è un comportamento

CONCLUSIONI

Si può concludere l’analisi presentata in questo studiofacendo le seguenti considerazioni:• la sicurezza non può essere comperata dal fornitoredegli impianti perché non è sufficiente aumentare i mar-gini tecnici, ma entra pesantemente in gioco la gestionedell’impianto• la sicurezza deve essere conquistata giorno per giornoe passo dopo passo• la sicurezza deve essere garantita dalla dirigenza edagli operatori di impianto mediante un continuo scam-bio di idee ed esperienze• la sicurezza deve essere pensata e dimostrata allenuove generazioni da persone che hanno vissuto in essaSintetizzando in poche parole si può dire che:la sicurezza non si acquista, ma si conquista

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Ing. Michele FIORINI, Commissione Innovazione e Tecnologie Ordine degli

Ingegneri della Provincia di Roma

L’Organizzazione Marittima Internazionale, IMO (International Mari-time Organization),1 ha adottato una strategia per lo sviluppo e l’im-plementazione dell’e-Navigation in ambito marittimo2. In particolare,

IMO ha definito e-Navigation come la raccolta armonica, l’integrazione, loscambio, la presentazione e l’analisi delle informazioni marittime a bordonave e nei centri di terra attraverso strumenti elettronici per favorire la na-vigazione da porto a porto ed i relativi servizi per la sicurezza in mare e laprotezione dell’ambiente marino. e-Navigation è quindi una concezionenuova del trasporto marittimo che mira ad integrare i nuovi e gli esistentistrumenti di navigazione in maniera sistematica e completa, al fine di con-sentire la trasmissione, l’elaborazione e la presentazione di tutte le informa-zioni necessarie per la navigazione in forma digitale (ovvero elettronica).

MOTIVAZIONI E SCOPO DELL’ E-NAVIGATION

L’IMO ha precisato le linee guida e lo scopo finale per l’e-Navigation comesegue: “C'è un bisogno chiaro e condiviso di dotare gli utenti di bordo equelli a terra responsabili per la sicurezza della navigazione di strumentimoderni ed affidabili, ottimizzati per il supporto alle decisioni a fine direndere la navigazione marittima e le comunicazioni più affidabili e facilida usare. L'obiettivo generale è quello di migliorare la sicurezza della na-vigazione e ridurre gli errori. Tuttavia, se i progressi tecnologici continuanosenza un adeguato coordinamento vi è il rischio che lo sviluppo futuro deisistemi di navigazione marittima saranno ostacolati dalla mancanza distandardizzazione a bordo nave ed a terra, con conseguente incompatibilitàtra navi ed un inutile aumento del livello di complessità“2.

PRE-REQUISITI PER E-NAVIGATION

Sulla base della definizione dell’IMO e prima di qualsiasi servizio a valoreaggiunto, tre elementi fondamentali devono essere considerati come prere-

Dal disastro della Costa Corcordia al futuro della navigazioneNAVIGANDO VERSO “E-NAVIGATION”

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quisiti per l’e-Navigation:1. carte nautiche a copertura mondiale di tutte le areedi navigazione digitalizzate (Electronic NavigationCharts, ENCs);2. un robusto e possibilmente ridondato si-stema elettronico di posizionamento; 3. un’infrastruttura di comunicazioneconcordata che consenta di connetterenave e terra ma anche nave e nave.

ARCHITETTURA INIZIALE

Nelle precedenti sezioni l’e-Navigation e i suoi prere-quisiti sono stati presentati concettualmente, ma, alfine di rendere implementabili tali concetti, è neces-sario calarli in un’architettura di sistema. Essi sonostati sviluppati a partire dal cosiddetto modello a spi-rale usato nell’ingegneria di sistema3, a partire da un

consolidato numero di requisiti operativi definiti requi-siti utente.

Ne è scaturita l’architettura per e-Navigation, mo-strata qui di seguito, dove sono rappresentate

chiaramente le componenti di bordo nave, leconnessioni di comunicazione e le compo-

nenti di terra. La parte di sinistra è rappresentata, per co-

modità, come un blocco singolo che racchiudel’intera nave (ship technology environment). Per

quanto concerne e-Navigation, le componenti rilevantiall’interno della nave sono la stazione ricetrasmittente(transceiver station), il sistema di navigazione integratoINS (Integrated Navigation System) ed il sistema in-tegrato di comando e controllo IBS (Integrated BridgeSystem). Il blocco ricetrasmittente è mostrato, per sem-plicità, come un’unica stazione sebbene ci siano molte-plici stazioni ricetrasmittenti in ogni nave.

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migliorare lasicurezza e ridurre

gli errori

Figura 1. Architettura e-Navigation. Fonte: IALA e-NAV140 [4]

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I servizi di terra forniscono, nella loro totalità e tramitele loro interazioni, le interfacce verso le connessioni fi-siche (physical link(s)) per le applicazioni utente delsegmento di terra. Essi sono incapsulati nel segmentodi terra dell’architettura di sistema dell’e-Navigation. Iltermine incapsulare è da intendersi con lo stesso signi-ficato attribuitogli nei linguaggi di programmazione adoggetti. Esso è il processo di compartimentazione deglielementi in astratto che contiene anche la loro strutturaed il loro comportamento; incapsulare serve a separarele interfacce concettuali (astratte) dalla loro fisica im-plementazione. Il principio dell’incapsulare nasconde latecnologia, talvolta sofisticata, che si cela dietro i servizidi terra dell’e-Navigation, riducendo così la complessitàdell’architettura nel suo complesso. In generale le entitàche sono coinvolte da specifici vincoli tecnologici sonoracchiuse in un riquadro tratteggiato. Tra gli altri bene-fici, questo approccio permette di lavorare in parallelo,consentendo ad esperti di specifiche tecnologie di svi-luppare la loro parte in modo indipendente dal resto del-l’architettura purché siano salvaguardate le interfaccefunzionali relative ai servizi di terra dell’e-Navigationche sono ben definite. Maggiori dettagli tecnici sull’ar-chitettura e sui servizi per e-Navigation sono in fase didefinizione e saranno oggetto delle future Raccomanda-zioni IALA. Nella figura 1 è anche mostrato il WWRNS(World Wide Radio Navigation System) che com-prende GNSS, come un sistema esterno all’architetturae-Navigation, atto a fornire informazioni di posizione etempo. È stato anche introdotto l’UMDM (UniversalMaritime Data Model) come rappresentazione astrattadel dominio marittimo4.

CONCLUSIONI

Sicurezza ed efficienza di navigazione, trasporto e logi-stica, così come protezione dell’ambiente e supportoper ricerca e soccorso (Search And Rescue, SAR), ge-stione degli incidenti e supporto alle decisioni per navied utenti a terra sono alla base del concetto di e-Navi-gation secondo l’Organizzazione Marittima Internazio-nale, IMO. Nonostante il movimento delle merci permare abbia sostenuto il commercio mondiale per secoli,durante gli ultimi decenni si sono registrati sostanzialicambiamenti sia per numero sia per dimensione deimezzi coinvolti in una sempre più interconnessa econo-mia globale. Considerando che oltre il 90% del commer-cio mondiale avviene via mare (fonte IMO, 2009), questeoperazioni attraversano molte frontiere, geografiche,politiche, legali e giurisdizionali, con la conseguenza chei tradizionali strumenti di controllo del traffico risultanonon essere più adatti a soddisfare le richieste ed i biso-gni degli utenti del mare5. Anche la sicurezza è divenuta

prioritaria dopo gli attacchi terroristici dell’11 Settem-bre 2001. e-Navigation è una visione digitale rivoluzionaria deltrasporto marittimo globale, con la quale tutti gli utentidel mare dovranno confrontarsi nel prossimo futuro.La completa implementazione potrà richiedere unlungo periodo, ma per alcuni aspetti l’armonizzazioneè guidata dal progresso tecnologico e dal mercato ed ègià un dato di fatto. L’IMO (e la IALA per gli aspetti tec-nici) guida questo processo rivoluzionario per l’interocomparto marittimo.Un sistema di posizionamento elettronico è un prere-quisito per l’e-Navigation e il posizionamento, utiliz-zando sistemi GNSS, sta prevalendo in ambitocommerciale e per il tempo libero, nonostante la suavulnerabilità imponga la necessità di usare sistemi diriserva in molti contesti. Di conseguenza, i radar ed itradizionali Aiuti alla Navigazione (AtoN) continue-ranno ad essere richiesti per ridondanza e/o come si-stemi supplementari in caso di prolungata assenza disegnale satellitare, mentre continueranno comunquead essere la fonte primaria di informazioni in molti sce-nari militari.

BIBLIOGRAFIA

1 International Maritime Office (IMO) website,www.imo.org 2 IMO MSC 85-report, Annexes 20 and 213 P J W Hooijmans, M Fiorini, “Requirement Enginee-ring Process for IALA e-Navigation”, input documentto the architecture WG5 e-Navigation of IALA, St-Ger-main-En-Laye (Paris), 19 May 20104 e-NAV 140 “The e-Navigation Architecture – the initialShore-based Perspective” Ed.1.0, IALA Recommenda-tion, December 20095 M Fiorini, lecture on “e-Navigation in the maritimedomain”, 2010 IET Italy Chairman Address, Museodella Tecnica Elettrica, University of Pavia (Italy), 9October 2010

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Sopra, Fig 1 Scuola-città

D.Troina – P. Magrì 2012 Siamo giunti alla quarta copertina di NOIR sulla quale viene riprodottaun‘opera della nostra collega Ing. Daniela Troina ingegnere e artistache ha sempre fatto della creatività e dell’innovazione un must della

sua attività sia come ingegnere dipendente (manager di una multinazionaledove ha lavorato per 25 anni) sia, oggi, come libera professionista. Dopo le incisioni “Piazza di Spagna”, “Domenica ore dodici”, “Prima vedutadi Roma”, “Tower Bridge”, in questo numero riproduciamo, per sua gentileconcessione, “Scuola-città“ una opera di computer art ottenuta rielabo-rando insieme al marito e collega Ing. Piero Magrì, l’acquaforte rappresen-tante la piazza del Collegio Romano, in particolare il Palazzo che è oggi sede

del Liceo-Ginnasio Ennio Quirino Visconti di Roma, diretto attualmentedalla Professoressa Clara Rech.

L’opera “Scuola-città” è stata realizzata nel 2012 da Daniela Troinae Piero Magrì, a partire dall’acquaforte “Collegio Romano” di

Daniela Troina Magrì.Il liceo Visconti, la scuola, è visto dagli autori “non solo come

un punto di riferimento importante per gli studenti che con-vergono verso di esso, simbolo di fortezza e fortitudo, ma anche

come una istituzione che è parte integrante del contesto di una città,

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Computer-Art:LA “SCUOLA-CITTÀ”

di Daniela Troina

Un’opera

dedicata al liceo

Visconti

di Roma

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Roma, nella quale la scuola si incunea per farsi por-tavoce di forti valori”. E il quadrifoglio centrale? “Unpiccolo vezzo per augurare buona fortuna a studentie corpo docente!”In una seconda opera “Scuola-medaglia” realizzata,con la medesima tecnica, per riconoscere il valoredell’attiva partecipazione degli studenti ai progetti, illiceo Visconti viene trasformato da Daniela Troina ePiero Magrì in una “medaglia” da attribuire a chi, attra-verso un approccio progettuale e di team, riesce a ga-rantire la circolazione delle idee. “Attraverso la metafora, in queste opere abbiamocercato di trasferire al fruitore la nostra convinzioneche strutture ed energia siano ingredienti fonda-mentali di un progetto di successo sia che si facciariferimento al progetto architettonico sia che si fac-cia riferimento al progetto formativo, valoriale, dicui la scuola è parte integrante”.Il liceo ginnasio Ennio Quirino Visconti fu istituito nel1870 ed è il più antico della Capitale. Occupa una partedel complesso del Collegio Romano, fondato nel XVIsec. e, costruito su progetto di Padre Giuseppe Vale-riano nella seconda metà del Cinquecento, è oggi mo-numento nazionale. Università dei Gesuiti, fu persecoli uno dei centri culturali più attivi di Roma. Dalpunto di vista didattico, l’importanza delle materie (lo-gica, metafisica, filosofia naturale e morale, matema-tica) e delle principali lingue (latina, greca ed ebraica)e, ovviamente, della teologia, insieme al fatto che ve-nivano insegnate gratuitamente ai giovani meritevoli,fecero del Collegio un vero e proprio centro di speri-mentazione accademico-scientifica famoso a livello in-ternazionale.La grandiosa facciata principale, realizzata intera-mente in mattoni, ad esclusione del basamento e dellecornici di porte e finestre, in travertino, è caratteriz-

zato da un corpo centrale più alto ed emergente rispettoai laterali, anch’essi a loro volta tripartiti e sovrastati daun attico coperto dal tetto. Il blocco centrale è caratte-rizzato dai grandi portali decorati con rilievi a forma didrago (stemma Boncompagni) e le finestre a timpano,l’epigrafe della fondazione, l’orologio che forniva l’oraesatta a tutti gli orologi della città, le due edicole permeridiane e la loggia per la campana.

Ne parliamo con la Professoressa Clara Rech, nella suaveste di Dirigente scolastico del Liceo “Visconti” diRoma ma anche come storico dell’Arte e Presidente del-l’Anisa Associazione Nazionale Insegnanti di Storiadell’Arte.”La scuola è un sistema sociale complesso,nel suo essere ad un tempo, organizzazione e istitu-zione. La sua tipicità consiste nell'essere fortementeconnotata sul piano identitario ma, contemporanea-mente, parte integrante del sistema città. Ciò è veronon solo sul piano urbanistico, come è ovvio, maanche e soprattutto sul piano sociale e antropologico.Nella scuola infatti gli individui compiono il fonda-mentale processo di socializzazione secondaria che liprepara a svolgere una parte attiva come cittadini. Èdunque fondamentale che tra scuola e territorio vi siauno scambio continuo e profondo, vitale per en-trambi. La prima per evitare i rischi di autoreferen-zialità e astrazione avulsa dal senso del reale; ilsecondo per trovare la ricchezza di impulsi culturaliche preserva dalla banalità e dalla volgarità di unavita priva di orizzonti intellettuali. Gli autori hannocolto con finezza questa duplice osmosi, compliceanche la bellezza e la tradizione del Collegio Romano.L'edificio viene assunto a modulo ripetuto a formareil tessuto stesso della città,a significare l'intimaunione tra scuola e territorio che trovano senso in unintrigante metalogo, come direbbe Bateson”.

Fig 2 Scuola-medaglia D.Troina – P. Magrì 2012

Fig 2 Piazza del Collegio Romano, Acquaforte 2012

www.danielatroina.it

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