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La Valutazione di Incidenza applicata al Piano Regolatore Generale di Cammarata Via Libertà, 8 – 92022 Cammarata (AG) Tel. 0922-902346 - Cell. 3283637820 [email protected] [email protected] 1 I INTRODUZIONE. LE RAGIONI DI QUESTO STUDIO. L’art. 6 della direttiva Habitat e l’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120, che ha sostituito l’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, hanno introdotto una misura significativa per la realizzazione della Rete Natura 2000, che è la Valutazione di Incidenza. La Valutazione di incidenza è il procedimento al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o proposto sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito. 1 Tale procedura costituisce lo strumento per garantire il raggiungimento di un equilibrato rapporto tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie presenti nei siti della Rete Natura 2000 e l’uso sostenibile del territorio. Con l’introduzione di tale procedura il legislatore si è prefisso lo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti attraverso l’esame delle interferenze che i piani e i progetti non direttamente interessati alla conservazione degli habitat e delle specie, possono avere sui valori naturali presenti all’interno dei siti stessi. La presente relazione riguarda lo studio per la valutazione di incidenza ambientale del Piano Regolatore Generale del comune di Cammarata. Tale studio è teso a verificare gli effetti ambientali delle attività previste dal P.R.G. sulle specie presenti nelle aree SIC: ITA040007 Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina - ITA040005 Monte Cammarata- Contrada Salaci - ITA040011 La Montagnola e Acqua Fitusa – ITA 020011 Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea. Esso illustra gli aspetti ambientali del territorio interessato, descrive le caratteristiche del P.R.G., analizza gli habitat naturali e le specie che caratterizzano i SIC-ZPS interessati, valuta il potenziale degrado, le potenziali perturbazioni e la significatività delle incidenze ambientali del Piano in rapporto alle finalità di conservazione degli habitat e delle specie tutelati. II QUADRO NORMATIVO. II.1 LE DIRETTIVE COMUNITARIE E LA RETE NATURA 2000. L’art. 3 della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 per “la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (direttiva Habitat), ha istituito la cosiddetta Rete Natura 2000, una rete di aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio dell’Unione Europea. Tali aree, denominate ZSC (Zone Speciali di Conservazione) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), nel loro complesso garantiscono la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie del continente europeo, particolarmente minacciati di frammentazione e di estinzione. In particolare le ZPS sono definite dalla precedente direttiva 79/409/CEE “per la conservazione di aree destinate alla tutela degli habitat delle specie di avifauna minacciate”, denominata “direttiva Uccelli”. Natura 2000 è composta, perciò, di due tipi di aree che possono avere diverse relazioni spaziali tra loro, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione, a seconda dei casi: le Zone di Protezione Speciale previste dalla direttiva Uccelli e le Zone Speciali di Conservazione, previste dalla direttiva Habitat. Queste ultime 1 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Dipartimento Protezione della Natura. Manuale per la gestione dei Siti Natura 2000

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La Valutazione di Incidenza applicata al Piano Regolatore Generale di Cammarata

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Tel. 0922-902346 - Cell. 3283637820

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1

I INTRODUZIONE. LE RAGIONI DI QUESTO STUDIO. L’art. 6 della direttiva Habitat e l’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120, che ha sostituito l’art. 5 del D.P.R. 8

settembre 1997 n. 357, hanno introdotto una misura significativa per la realizzazione della Rete Natura 2000,

che è la Valutazione di Incidenza.

La Valutazione di incidenza è il procedimento al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che

possa avere incidenze significative su un sito o proposto sito della rete Natura 2000, singolarmente o

congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito.1

Tale procedura costituisce lo strumento per garantire il raggiungimento di un equilibrato rapporto tra la

conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie presenti nei siti della Rete Natura 2000 e l’uso

sostenibile del territorio.

Con l’introduzione di tale procedura il legislatore si è prefisso lo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti

attraverso l’esame delle interferenze che i piani e i progetti non direttamente interessati alla conservazione

degli habitat e delle specie, possono avere sui valori naturali presenti all’interno dei siti stessi.

La presente relazione riguarda lo studio per la valutazione di incidenza ambientale del Piano Regolatore

Generale del comune di Cammarata.

Tale studio è teso a verificare gli effetti ambientali delle attività previste dal P.R.G. sulle specie presenti nelle

aree SIC: ITA040007 Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina - ITA040005 Monte Cammarata-

Contrada Salaci - ITA040011 La Montagnola e Acqua Fitusa – ITA 020011 Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo,

Gurghi di S. Andrea.

Esso illustra gli aspetti ambientali del territorio interessato, descrive le caratteristiche del P.R.G., analizza gli

habitat naturali e le specie che caratterizzano i SIC-ZPS interessati, valuta il potenziale degrado, le potenziali

perturbazioni e la significatività delle incidenze ambientali del Piano in rapporto alle finalità di conservazione

degli habitat e delle specie tutelati.

II QUADRO NORMATIVO.

II.1 LE DIRETTIVE COMUNITARIE E LA RETE NATURA 2000.

L’art. 3 della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 per “la conservazione degli habitat naturali e seminaturali

e della flora e della fauna selvatiche” (direttiva Habitat), ha istituito la cosiddetta Rete Natura 2000, una rete di

aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio dell’Unione Europea.

Tali aree, denominate ZSC (Zone Speciali di Conservazione) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), nel loro

complesso garantiscono la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie del continente

europeo, particolarmente minacciati di frammentazione e di estinzione. In particolare le ZPS sono definite dalla

precedente direttiva 79/409/CEE “per la conservazione di aree destinate alla tutela degli habitat delle specie di

avifauna minacciate”, denominata “direttiva Uccelli”.

Natura 2000 è composta, perciò, di due tipi di aree che possono avere diverse relazioni spaziali tra loro, dalla

totale sovrapposizione alla completa separazione, a seconda dei casi: le Zone di Protezione Speciale previste

dalla direttiva Uccelli e le Zone Speciali di Conservazione, previste dalla direttiva Habitat. Queste ultime

1 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Dipartimento Protezione della Natura. Manuale per la gestione dei Siti Natura 2000

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assumono tale denominazione solo al termine del processo di selezione e designazione da parte degli Stati

membri. Fino ad allora vengono indicate come Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC).

Al di là del numero e della tipologia degli organismi protetti, la rete Natura2000 permette agli Stati membri di

applicare il concetto innovativo di tutela della biodiversità, riconoscendo l’interdipendenza di elementi biotici,

abiotici e antropici nel garantire l’equilibrio naturale in tutte le sue componenti.

Essa mira a mantenere la diversità biologica attraverso un uso sostenibile del territorio, valorizzando le aree

dove l’intervento antropico è integrato armonicamente con l’equilibrio ecologico.

La stessa direttiva Habitat specifica che l’obiettivo non è solo quello di conservare gli habitat naturali (quelli

meno modificati dall’uomo) ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi

utilizzati, i pascoli, ecc.). Con ciò viene riconosciuto il valore, per la conservazione della biodiversità a livello

europeo, di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell’uomo e delle sue attività tradizionali ha

permesso il mantenimento di un equilibrio tra uomo e natura. Alle aree agricole ad esempio sono legate

numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la

prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l’agricoltura non intensiva.

La caratteristica forse più innovativa di questa politica europea di conservazione è che fornisce l’opportunità di

far coincidere le finalità della conservazione della natura con quelle dello sviluppo economico che diviene così

sostenibile. L’attuazione di progetti di sviluppo all’interno dei siti può essere prevista e realizzata tenendo

conto delle conoscenze scientifiche e tecniche che diventano garanzia di conservazione. I siti Natura 2000

diventano allora aree nelle quali la realizzazione dello sviluppo sostenibile e durevole può essere attivamente

ricercata e praticata attraverso progetti integrati che riflettano in modo puntuale le caratteristiche, le esigenze

e le aspettative locali.2

L’art. 6 – paragrafo 1 - della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 per “la conservazione degli habitat naturali

e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (direttiva Habitat) stabilisce un regime generale di

conservazione che deve essere istituito dagli Stati membri per le Zone Speciali di Conservazione (ZSC). Per tutte

le ZSC gli Stati membri devono elaborare misure di conservazione positive che si applicano a tutti i tipi di

habitat naturale dell’allegato I e delle specie dell’allegato II presenti sui siti, tranne nei casi in cui la presenza di

tali specie non sia significativa secondo il formulario standard di Natura 2000.3

Le misure di conservazione devono corrispondere alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali

dell’allegato I e delle specie dell’allegato II presenti sul sito. Esse possono assumere la forma di “opportune

misure regolamentari, amministrative o contrattuali ……..” e, all’occorrenza ” la forma di appropriati piani di

gestione”.

Con tali misure gli Stati membri debbono, sostanzialmente, prendere misure preventive che evitino il degrado e

le perturbazioni legati ad un evento prevedibile. Queste misure, applicate unicamente alle specie ed agli

habitat per i quali i siti sono stati designati, devono essere attuate anche all’esterno dei siti, qualora la fonte di

degrado degli habitat o di perturbazione delle specie sia, appunto, esterna.

Significativo, ai fini del nostro studio, è quanto stabilito nel paragrafo 3 dell’art. 6 della direttiva “Habitat”:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, ma che possa avere

incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di

un’opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del

medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le

autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la

2 Ministero dell’Ambiente – Servizio Conservazione della Natura – Dicembre 1999. 3 Commissione Europea. La gestione dei siti della Rete Natura 2000 – Guida all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE.

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certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione

pubblica».

Il paragrafo 4 dello stesso art. 6 specifica: «Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione

dell’incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per

motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi i motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro

adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.

Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un

sito in cui si trovano un tipo di habitat naturali o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto

considerazioni connesse con la salute dell’uomo o la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di

primaria importanza per l’ambiente, ovvero previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante

interesse pubblico».

Si evidenzia, peraltro, che in

base al principio di

precauzione, le procedure ed i

meccanismi di salvaguardia

previsti dal sopra citato art. 6,

paragrafi 3 e 4, sono attivati

non solo in seguito ad una

certezza di incidenza

significativa del piano o

progetto sugli habitat e specie

tutelate dal sito di Natura

2000 , ma anche sulla base di

una semplice probabilità che

tali incidenze possano

verificarsi.4

La procedura di Valutazione,

nel determinare le incidenze

significative probabili di un

piano o progetto, deve

considerare anche l’effetto

congiunto di altri piani o

progetti, per tener conto degli

impatti cumulativi. Si rileva a

tal proposito, tuttavia, che la

disposizione sugli effetti

congiunti, per ovvi motivi di

certezza del diritto, debba

essere limitata ad altri piani o

progetti che sono stati

effettivamente proposti.

4Commissione Europea. La gestione dei siti della Rete Natura 2000 – Guida all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE.

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II.2 LA LEGISLAZIONE NAZIONALE DI ATTUAZIONE.

In campo nazionale la direttiva Habitat ha trovato attuazione con il

↑ D.P.R. n. 357 del 08-09-1997 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla

conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”

Successivamente tale D.P.R. è stato modificato ed integrato dal

↑ Decreto del Ministro dell'Ambiente 20 gennaio 1999 - Modificazioni degli allegati A e B del decreto

del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, in attuazione della direttiva 97/62/CE del

Consiglio, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della direttiva 92/43/CEE,

e dal

↑ D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120 - Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del

Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE

relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna

selvatiche.

Vari altri provvedimenti legislativi nazionali sono stati emanati, tra i quali assumono particolare rilevanza:

↑ D.M. del Ministero dell’Ambiente del 03-04-2000 Elenco dei siti di importanza comunitaria e delle

zone di protezione speciale, individuati ai sensi delle direttive nn. 92/43/CEE e 79/409/CEE.

↑ D.M. del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 03-09-2002, Linee guida per la

gestione dei siti della Rete Natura 2000;

La direttiva “Uccelli” (79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979) ha avuto recepimento e attuazione a livello

nazionale con i seguenti provvedimenti:

↑ Legge n. 157 dell'11 febbraio 1992. Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il

prelievo venatorio.

↑ Legge 3 ottobre 2002, n. 221. Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione

della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE.

In ambito nazionale, la valutazione d'incidenza viene disciplinata dall'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357

che, come già detto, trasferisce nella normativa italiana, i paragrafi 3 e 4 della direttiva "Habitat". Tale

regolamento ha subito una procedura di infrazione (1999/2180) da parte della Commissione Europea, per non

corretta trasposizione nella normativa nazionale della direttiva 92/43/CEE.

Per tenere conto dei rilievi e delle osservazioni contenute nella procedura d’infrazione, nonché,

contestualmente, delle modificazioni apportate dalla direttiva 97/62/CE del Consiglio, del 27 ottobre 1997, è

stato emanato, ad integrazione e modifica del D.P.R. n. 357/97, il D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120.

In particolare l’art. 6 – comma 1 - del nuovo D.P.R. 120/2003, che sostituisce l’art. 5 del D.P.R. n. 357/97,

stabilisce che nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza

naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle

zone speciali di conservazione. Si tratta di un principio di carattere generale, tendente ad evitare che vengano

approvati strumenti di gestione territoriale in conflitto con le esigenze di conservazione degli habitat e delle

specie di interesse comunitario.

Il comma 2 dello stesso art. 6 stabilisce che vanno sottoposti a valutazione di incidenza tutti i piani territoriali,

urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti.

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Sono altresì da sottoporre a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non direttamente connessi e

necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti in

un sito Natura 2000, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o

congiuntamente ad altri interventi.

Ai fini della valutazione di incidenza, i proponenti di piani e interventi non finalizzati unicamente alla

conservazione di specie e habitat di un sito Natura 2000, presentano uno "studio" volto ad individuare e

valutare i principali effetti che il piano o l'intervento può avere sul sito interessato.

Secondo quanto indicato dal suddetto D.P.R. n. 120/2003, lo studio per la valutazione di incidenza deve essere

redatto secondo gli indirizzi dell'allegato G al D.P.R. n. 357/97. Tale allegato, che non è stato modificato dal

nuovo decreto, prevede che lo studio per la valutazione di incidenza debba contenere:

↑ una descrizione dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento, in particolare, alla tipologia

delle azioni e/o delle opere, alla dimensione, alla complementarietà con altri piani e/o progetti, all'uso

delle risorse naturali, alla produzione di rifiuti, all'inquinamento e al disturbo ambientale, al rischio di

incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate;

↑ un'analisi delle interferenze del piano o progetto col sistema ambientale di riferimento, che tenga in

considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le connessioni ecologiche.

Nell'analisi delle interferenze, occorre prendere in considerazione la qualità, la capacità di rigenerazione delle

risorse naturali e la capacità di carico dell'ambiente. Il dettaglio minimo di riferimento è quello del progetto

CORINE Land Cover, il sistema informativo creato allo scopo di coordinare a livello europeo le attività di

rilevamento, archiviazione, elaborazione e gestione dei dati territoriali relativi allo stato dell’ambiente. Tale

Progetto ha previsto la redazione, per tutto il territorio nazionale, di una carta della copertura del suolo in scala

1:100.000. Resta, comunque, fermo, che la scala da adottare ai fini della redazione della cartografia allegata

allo studio di Valutazione di Incidenza, dovrà essere connessa con la dimensione del sito, la tipologia di habitat

e la eventuale popolazione da conservare.

Riguardo al campo geografico di applicazione, la necessità di redigere una valutazione d’incidenza non è

limitata ai piani e ai progetti ricadenti esclusivamente nei territori proposti come siti Natura 2000, ma anche

alle opere che, pur sviluppandosi al di fuori di tali aree, possono comunque avere incidenze significative su di

esse. La valutazione, infatti, deve essere interpretata come uno strumento di prevenzione che analizzi gli effetti

di interventi localizzati non solo in modo puntuale ma, soprattutto, in un contesto ecologico dinamico,

considerando le correlazioni esistenti fra i vari siti ed il contributo che ognuno di essi apporta alla coerenza

globale della struttura e delle funzione ecologica della rete Natura 2000.5

Lo stesso D.P.R. n. 120/2003 stabilisce inoltre che per i progetti già assoggettati alla procedura di Valutazione

d'Impatto Ambientale (VIA), la valutazione d'incidenza viene ricompresa nella procedura di VIA (art. 6, comma

4). Di conseguenza, lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente dovrà contenere anche gli

elementi sulla compatibilità fra progetto e finalità conservative del sito in base agli indirizzi dell'allegato G.

Per i piani o gli interventi che interessano siti Natura 2000 interamente o parzialmente ricadenti all'interno di

un'area protetta nazionale, la valutazione di incidenza si effettua sentito l'ente gestore dell'area (art. 6, comma

7).

Qualora, a seguito della valutazione di incidenza, un piano o un progetto risulti avere conseguenze negative

sull'integrità di un sito (valutazione di incidenza negativa), si deve procedere a valutare le possibili alternative.

In mancanza di soluzioni alternative, il piano o l'intervento può essere realizzato solo per motivi di rilevante

5 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Direzione per la Conservazione della natura. Natura 2000 Italia informa – Numero 0.

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interesse pubblico e con l'adozione di opportune misure compensative, dandone comunicazione al Ministero

dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (art. 6, comma 9).

Se nel sito interessato ricadono habitat naturali e specie prioritari, il piano o l'intervento per il quale è stata

data una valutazione di incidenza negativa, può essere realizzato solo per esigenze connesse alla salute

dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente, oppure, previo

parere della Commissione Europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (art. 6, comma

10). In tutti gli altri casi (motivi di interesse privato o pubblico non rilevante), si deve escludere l'approvazione.

La valutazione d’incidenza, se correttamente realizzata ed interpretata, diviene, quindi, uno strumento

finalizzato alla sicurezza procedurale e sostanziale che consente di raggiungere un rapporto equilibrato tra

conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie ed uso del territorio: essa, incoraggiando a gestire in

maniera sostenibile i siti Natura 2000, rappresenta un elemento chiave di attuazione del principio

dell’integrazione dei fattori ambientali nella pianificazione e nell’esecuzione delle azioni previste per numerosi

settori economici e sociali.

II.3 LA NORMATIVA SICILIANA.

L’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, come sostituito dall’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120, che

disciplina la valutazione di incidenza, dispone al comma 5, che le regioni e le province autonome, per quanto di

propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità

competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all’allegato G, i tempi per

l’effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani

interregionali.

Sulla base di tale norma è stata emanata in Sicilia la

↑ Circolare dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, in data 23 gennaio 2004, concernente

“D.P.R. n. 357/97 e successive modifiche ed integrazioni “Regolamento recante attuazione della

direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della

flora e della fauna selvatiche” – Art. 5 – Valutazione di incidenza – commi 1 e 2.

Con tale circolare la Regione Siciliana ha stabilito:

↑ l’immediata applicazione della normativa nazionale anche nella nostra Regione a statuto speciale, non

presentando essa disposizioni ostative rispetto alle norme statutarie e di attuazione regionale.

↑ Che la competenza in materia di Valutazione di incidenza è attribuita allo stesso Assessorato Regionale

Territorio e Ambiente, Dipartimento Territorio e Ambiente, Servizio 2 VAS-VIA.

↑ Che la valutazione dell’incidenza deve essere altresì estesa a tutti quei piani che, pur riguardando

ambiti esterni a quelli ricompresi all’interno delle aree di cui alla rete Natura 2000 – Sicilia, possono

determinare impatti e refluenze sugli stessi.

↑ Che l’elaborazione degli studi di incidenza deve essere fatta conformemente ai contenuti di cui

all’allegato G al D.P.R. n. 357/97 e con riferimento ai contenuti delle schede riportanti i motivi di tutela

di ciascuno dei siti della rete Natura 2000 (formulari standard).

Tale circolare, tuttavia, non ha fornito delle precise linee guida per la redazione degli studi di Valutazione di

incidenza, rimandando, specificatamente, ai contenuti del suddetto D.P.R. n. 357/97 e al documento della

Commissione europea “Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa sui siti della rete Natura

2000 – Guida metodologica alle disposizioni dell’art. 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” n. 92/43/CEE.”

Solo recentemente la Regione Siciliana, con la emanazione del

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↑ Decreto dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente 30 marzo 2007 “Prime disposizioni

d’urgenza relative alle modalità di svolgimento della valutazione di incidenza ai sensi dell’art. 5,

comma 5, del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 e successive modifiche ed integrazioni”,

ha dato piena attuazione alla disposizione dell’art. 5 del D.P.R. n. 357/97.

Con tale decreto il governo regionale ha inteso disciplinare la procedura di Valutazione di Incidenza, con

disposizioni ricalcate dai contenuti del D.P.R. n. 357/97 che, per grandi linee, possono essere così sintetizzate:

↑ E’ stabilito che le autorizzazioni ex art. 5 del D.P.R. n. 357/97 e successive modifiche ed integrazioni

sono di competenza dell'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente e segnatamente della

struttura del Servizio 2 V.A.S.-V.I.A. (art. 1).

↑ E’ specificato che qualora un pSIC, SIC, ZSC, ZPS, interessato da un piano/progetto, ricade,

interamente o parzialmente, in un’area naturale protetta, la valutazione di incidenza è effettuata

previo parere dell’ente di gestione dell’area stessa (art. 2 Lettera A – sub e). Sono stabiliti i termini

perentori (30 gg) entro i quali l’ente gestore deve rilasciare il parere preventivo (art. 2 – Lettera A -

sub f).

↑ E’ specificata la documentazione che, unitamente all’istanza e a n. 3 copie del

piano/progetto/intervento, deve essere trasmessa al competente ufficio dell’Assessorato per il

rilascio del parere (art. 2 Lettera B).

↑ Sono stabiliti i tempi del procedimento per il rilascio del giudizio di valutazione di incidenza (art. 2 –

Lettera C).

↑ Sono specificatamente individuati i piani/progetti/interventi per i quali non è necessaria

l’attivazione della procedura di valutazione di incidenza (art. 3).

↑ E’ disciplinato il caso in cui l’ente proponente un piano/progetto/intervento ritenga lo stesso privo

di incidenza su un pSIC, SIC, ZSC, ZPS (art. 4).

↑ Sono disciplinate le procedure da attivare, in termini di valutazione di incidenza, nei casi in cui per i

piani territoriali, urbanistici e di settore e per i piani agricoli e faunistico-venatori non si sia ancora

concluso il procedimento di adozione e di approvazione o che siano già stati adottati o già in vigore

e approvati dopo la pubblicazione del D.M. 3 aprile 2000 (art. 5 commi 1-2-3).

↑ Il decreto stabilisce, altresì, nei sui allegati 1 e 2, i contenuti minimi della relazione per la

valutazione di incidenza di piani e programmi (allegato 1) o della relazione per la valutazione di

incidenza di progetti e interventi (allegato 2). In particolare, l’allegato 1, relativamente alla

valutazione di incidenza di piani e programmi, stabilisce che i contenuti minimi della relazione

debbono essere i seguenti:

↑ Caratteristiche dei piani

↑ La relazione per la valutazione di incidenza per i piani aventi rilevanza comunale, provinciale o

regionale deve considerare gli effetti diretti e indiretti che le previsioni del piano possono avere sui

siti della Rete Natura 2000.

La relazione deve contenere:

1) tipologia delle azioni e/o opere: illustrazione di massima degli interventi previsti, con descrizione

delle caratteristiche del piano, delle attività necessarie alla realizzazione delle opere previste dal

medesimo, dei tempi necessari e degli obiettivi che si perseguono;

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2) dimensioni e/o ambito di riferimento: superficie territoriale interessata dal piano con percentuale

della superficie interessata rispetto alla superficie totale del sito, localizzazione su elaborati

cartografici in scala 1:25.000 dell'area interessata dal sito e l'eventuale presenza di aree protette;

3) complementarietà con altri piani: eventuali attuazioni di norme legislative che disciplinano la

pianificazione territoriale; inventario dei piani, progetti, politiche settoriali che interessano il

territorio nel quale ricade il sito (considerare se gli altri piani proposti o in concorso possano

determinare, congiuntamente a quello in esame, un effetto sommatorio con incidenza significativa

sui siti Natura 2000);

4) regime vincolistico sul territorio comunale; regolamentazioni legate ai vincoli esistenti sul

territorio e in generale alle attività antropiche (es.: norme statutarie, usi civici); inventario e

valutazione dell'intensità delle attività umane presenti all'interno del sito;

5) uso delle risorse naturali: vanno indicate in linea generale con particolare attenzione al fattore

acqua; indicare il consumo o l'inaccessibilità, temporanea o permanente, di suolo, acqua o altre

risorse, in fase di cantiere o a regime;

6) produzione di rifiuti: va indicata la quantità massima, la natura dei rifiuti prodotti e le modalità

di smaltimento;

7) inquinamento e disturbi ambientali: vanno indicate le eventuali emissioni di sostante inquinanti

in atmosfera, di rumori e ogni altra causa di disturbo sia in corso d'opera che a regime;

8) rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate: devono essere

previsti i rischi infortunistici e le misure di prevenzione e protezione adottate.

B) Interferenze con il sistema ambientale

1) Quadro conoscitivo degli habitat e specie contenuti nei siti e del loro stato di conservazione;

descrizione fisica del sito; descrizione biologica (mappatura degli habitat presenti e uso del suolo,

distribuzione reale e potenziale delle specie floristiche e faunistiche del sito, fitosociologia, liste

delle specie botaniche e zoologiche, ivi compresi gli invertebrati); attività antropiche.

2) Descrizione dell'ambiente naturale direttamente interessato ed eventuale interferenza con aree

della Rete Natura 2000 limitrofe.

3) Interferenze sulle componenti abiotiche: eventuali impatti sulla stabilità e sulla natura dei suoli,

con riferimento all'eventuale presenza di corpi idrici e sul possibile inquinamento o

depauperamento, anche temporaneo, delle falde idriche.

4) Interferenze sulle componenti biotiche: descrizione dell'interferenza sugli habitat e sulle

componenti floristiche e faunistiche indicate nei formulari Natura 2000 dei siti.

5) Descrizione degli habitat e delle specie floristiche e faunistiche con relativa indicazione in

cartografia (scala 1:10.000) nella zona interessata dalla loro presenza. Relazione sull'influenza che

il piano avrà sulla loro condizione ecologica.

6) Connessioni ecologiche: eventuali frammentazioni di habitat che potrebbero interferire con la

contiguità fra le unità ambientali considerate.

7) Valutazione del grado di significatività dell'incidenza diretta o indiretta che il

piano/progetto/intervento può avere sui pSIC, SIC, ZSC, ZPS.

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8) Descrizione delle misure di mitigazione che si intendono adottare per ridurre o eliminare le

eventuali interferenze sulle componenti ambientali allo scopo di garantire la coerenza globale della

Rete Natura 2000.

9) Nel caso in cui, nonostante l'adozione di misure di mitigazione, si verifichi un'incidenza

significativa e non sia possibile adottare soluzioni alternative, è necessario individuare misure di

compensazione adeguate, ai sensi dei commi 9 e 10 dell'art. 5, D.P.R. n. 357/97 e successive

modifiche ed integrazioni.

10) Nel caso di misure di compensazione, queste dovranno essere efficaci nel momento

dell'effettuazione dei mutamenti, tranne nel caso in cui sia dimostrato che la propedeuticità non è

necessaria per garantire la coerenza della Rete e l'efficienza ecologica del sito.

11) Screening: il piano dovrà individuare quali siano i piani attuativi e gli interventi da sottoporre a

successiva e specifica valutazione di incidenza e quali siano quelli per i quali la valutazione di

incidenza dello stesso piano si configura come una fase di screening esaustiva della procedura.

12) Obiettivi gestionali: dovranno essere recepiti gli obiettivi gestionali generali dell'insieme dei siti

Natura 2000 e della rete ecologica locale.

↑ E' opportuno, in sede di predisposizione della relazione di incidenza, l'uso del documento "Valutazione

di piani e progetti aventi un'incidenza significativa sui siti della Rete Natura 2000 - Guida metodologica

alle disposizioni dell'art. 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva Habitat n. 43/92/CEE" pubblicato dalla

Commissione europea.

Con la successiva

↑ legge regionale 8 maggio 2007 n. 13 “Disposizioni in favore dell’esercizio di attività economiche in siti

di importanza comunitaria e zone di protezione speciale. Norme in materia di edilizia popolare e

cooperativa. Interventi nel settore del turismo. Modifiche alla legge regionale n. 10 del 2007”,

il legislatore aveva inteso dare ulteriori disposizioni in materia di valutazione di incidenza. Tuttavia, le

disposizioni dettate da tre dei cinque commi dell’art. 1 della legge (Disposizioni in favore dell’esercizio di

attività economiche in siti SIC e ZPS), sono stati oggetto di impugnativa, davanti alla Corte Costituzionale, da

parte del Commissario dello Stato per la Regionale siciliana, per violazione di alcuni articoli della Costituzione e

dell’art. 14 dello Statuto speciale. In particolare sono stati oggetto dell’azione commissariale:

il comma 3, nella parte riguardante la fissazione del termine perentorio di 60 giorni per il rilascio, da parte

dell’Assessorato regionale Territorio e Ambiente, della determinazione sulla valutazione di incidenza, già

di competenza dei comuni e degli enti parco, trascorsi i quali si sarebbe intesa adottata positivamente;

il comma 4 che, nelle more dell’emanazione delle misure di conservazione e dell’approvazione dei piani di

gestione, al fine di non penalizzare le attività economiche nelle aree SIC e ZPS, dava la possibilità agli enti

preposti di rilasciare autorizzazioni e concessioni, nonché agli interessati di proseguire e ampliare le

attività esistenti;

il comma 5, il quale stabiliva che gli interventi all’interno dei centri abitati, ricadenti in aree SIC e ZPS, non

sono soggetti a valutazione di incidenza.

Quel che resta dell’impianto dell’art. 1 della legge n. 13 riguarda:

il comma 1, il quale attribuisce ai comuni, nel cui territorio insistono i SIC e ZPS, le determinazioni sulle

valutazioni di incidenza, e all’Ente Parco per quei SIC e ZPS ricadenti all’interno dei parchi naturali;

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il comma 2 il quale attribuisce alla competenza dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente il rilascio

delle determinazioni di Valutazione di Incidenza che riguardano l’intera pianificazione comunale,

provinciale e territoriale;

la prima parte del comma 3, la quale fissa in 60 giorni il termine per il rilascio, da parte dei comuni e degli

enti parco, delle determinazioni sulla Valutazione di Incidenza, trascorsi i quali si sostituisce l’Assessorato

Regionale Territorio e Ambiente, che deve rilasciarle entro il successivo termine di 60 giorni (viene a

mancare, per effetto dell’impugnazione commissariale, la pretesa di adozione positiva delle

determinazioni sulla valutazione di incidenza, qualora l’Assessorato mancasse di rilasciarle entro il termine

fissato).

Il ricorso commissariale è tutt’ora pendente avanti la Corte Costituzionale.

Rileviamo, nondimeno, che i rilievi avanzati dal Commissario dello Stato, sui quali la Corte è chiamata a

pronunziarsi, non interessano, nel concreto, lo sviluppo del presente studio. Esso, pertanto, può trovare il suo

regolare svolgimento, atteso ché invariata rimarrà la sua validità, quale che sia la decisione adottata dalla

Corte.

Per completare il panorama degli interventi legislativi e normativi della Regione siciliana in materia di gestione

e conservazione dei siti della rete Natura 2000 ed in materia di valutazione di incidenza, restano da citare i

seguenti provvedimenti di rilievo:

↑ Decreto dell’Assessorato regionale Territorio e Ambiente del 5 maggio 2006 di approvazione delle

cartografie delle aree di interesse naturalistico SIC e ZPS e delle schede aggiornate dei siti Natura 2000

ricadenti nel territorio della Regione;

↑ Decreto dell’Assessorato regionale Territorio e Ambiente del 12 marzo 2007 “Nuova delimitazione ed

estensione di alcune zone di protezione speciale.”

II.4 RISULTANZE DEL PROGETTO LIFE 99NAT/IT/006279. LE LINEE GUIDA ED IL

MANUALE PER LA GESTIONE DEI SITI NATURA 2000.

Il progetto LIFE99 NAT/IT/006279 è uno specifico progetto attuato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela

del territorio – Direzione Conservazione della Natura – nell’ambito del programma comunitario LIFE, con la

finalità generale di contribuire all’elaborazione di una strategia globale di conservazione a livello nazionale.

Specificatamente, poi, il progetto si propone di dare il reale avvio della Rete Natura 2000 in Italia, attraverso la

definizione di linee guida per la gestione sul territorio degli habitat e delle specie presenti nei siti proposti come

siti di interesse comunitario e nelle zone di protezione speciale.

Il progetto è stato realizzato su scala nazionale, utilizzando i dati ecologici contenuti nei formulari standard di

Natura 2000 di tutti i pSIC e le ZPS. Il lavoro svolto è stato di tipo interdisciplinare, coordinato dalla Direzione

per la Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. Vi hanno partecipato le

società scientifiche (Accademia Italiana di Scienze Forestali, Società Botanica Italiana, Società Italiana di

Ecologia, Unione Zoologica Italiana) e le associazioni ambientaliste (Centro Turistico Studentesco, Legambiente,

Lega Italiana Protezione Uccelli, WWF Italia) e, quali rappresentanti indicati dalle Regioni e Province Autonome,

la Regione Lazio, la Regione Piemonte e la Regione Toscana.

Gli obiettivi perseguiti hanno riguardato:

↑ Definizione di tipologie di SIC e ZPS mediante l’uso di appositi descrittori: biologici, fisici, ecologici

(funzionali e strutturali), socio-economici, di impatto antropico e di rischio.

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↑ Elaborazione di linee guida generali per la realizzazione di piani di gestione per ciascuna tipologia

individuata al punto precedente, con il supporto e coinvolgimento delle Amministrazioni regionali.

↑ Elaborazione di piani di gestione esecutivi per n. 9 siti rappresentativi, individuati nell’ambito delle tre

Regioni Biogeografiche: Mediterranea (Aree delle Gravine; Pineta del Cupone, Sila; Serra di Calvello,

Val D'Agri; Comprensorio meridionale dei Monti della Tolfa; Foci del Belice), Continentale

(Acquacheta, Foreste Casentinesi) ed Alpina (Laghi di Ivrea; Monte Baldo di Brentonico; Monte Baldo

Coma Val Dritta).

↑ Interventi di formazione, sensibilizzazione e divulgazione finalizzati ad una razionale gestione dei

SIC/ZPS.

Il lavoro svolto ha consentito di pervenire a dei risultati che si sono concretizzati nella elaborazione e

realizzazione di:

↑ Linee Guida per la gestione dei siti Natura 2000;

↑ Manuale per la gestione dei siti Natura 2000;

↑ Piani di gestione dei 9 siti pilota.

Le Linee Guida per la gestione dei siti Natura 2000 sono state emanate con il decreto del Ministro

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 3 settembre 2002. Esse hanno valenza di supporto tecnico-

normativo alla elaborazione di appropriate misure di conservazione funzionale e strutturale, tra cui i piani di

gestione, per i siti della rete Natura 2000.

Il decreto 3-9-2002 detta, dunque, gli indirizzi per la gestione dei SIC e delle ZPS individuati ai sensi delle

direttive 92/43/CEE (Habitat) e 79/409/CEE (Uccelli).

Tali indirizzi, nati dall’esigenza di interpretare e applicare alla realtà nazionale le indicazioni fornite dal

Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea in tema di conservazione della biodiversità, si situano

all’interno di una strategia nazionale mirata alla conoscenza del patrimonio naturalistico nazionale, anche

attraverso la predisposizione di sistemi informativi e banche dati, al fine di giungere, con la partecipazione di

tutti i soggetti territoriali interessati, ad una conservazione delle risorse naturali compatibile con lo sviluppo

socio-economico.

Uno dei principali indirizzi proposti dalle Linee Guida è la necessità di integrare l'insieme delle misure di

conservazione con la pianificazione ai diversi livelli di governo del territorio (internazionale, nazionale, locale)

secondo quanto previsto dall'art. 6, paragrafo 1, direttiva Habitat: “per le zone speciali di conservazione, gli

stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano, all'occorrenza, appropriati piani

di gestione, specifici o integrati ad altri piani di sviluppo.” Ciò significa che i piani di gestione non debbono

essere considerati obbligatori, ma misure da predisporre se ritenute necessarie per realizzare le finalità della

direttiva.

In funzione di ciò, le Linee Guida suggeriscono l’iter logico-decisionale per la scelta del piano di gestione. Tale

iter si articola i 6 fasi:

1. attività conoscitive preliminari;

2. verifica delle misure di gestione esistenti;

3. integrazione delle misure obbligatorie di protezione;

4. configurazione del piano di gestione;

5. predisposizione tecnica del piano di gestione;

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6. verifica e predisposizione di eventuali ulteriori misure di conservazione da integrare nel piano.

Tali fasi possono essere schematizzate attraverso il grafico seguente:

Un ulteriore ed importante lavoro svolto nell’ambito del progetto LIFE99 NAT/IT/006279 è quello relativo alla

individuazione di una serie di indicatori ecologici e socio-economici, definiti sia per evidenziare la particolarità

di ciascun sito, sia per riconoscere le affinità che accomunano i diversi siti della rete ecologica Natura 2000, a

scala nazionale ed europea, offrendo indicatori e procedure comuni, a livello tipologico, che consentano di

rendere confrontabili i piani di gestione.

Tali indicatori sono stati così individuati:

indicatore ecologico 1. Indice relativo di valenza naturalistica (IRVaN);

indicatore ecologico 2. Indici di struttura spaziale e di frattalita’ dei SIC/ZPS;

numero di tipologie ambientali incluse in un sito;

superficie occupata dal sito e dai singoli habitat;

superficie percentuale occupata da ciascun habitat;

rapporto perimetro/area dei siti;

densità di frammenti/patches;

allungamento del sito: calcolabile dalla cartografia fornita dal SCN;

orientamento del sito: calcolabile dalla cartografia fornita dal SCN;

composizione del paesaggio in tre fasce di paesaggio concentriche (0.5,2 e 5 Km);

lunghezza in km delle strade all’interno del sito e nelle fasce paesaggistiche;

superficie urbanizzata all’interno del sito e delle fasce paesaggistiche;

indicatore ecologico 3. Stato di conservazione e di tutela a livello amministrativo;

indicatore ecologico 4. Vulnerabilita’;

indicatore socio – economico 1. Popolazione residente urbana e rurale;

indicatore socio – economico 2. Popolazione residente suddivisa per eta' e sesso;

indicatore socio – economico 3. Livello di istruzione;

indicatore socio – economico 4. Tasso di invecchiamento della popolazione residente;

indicatore socio – economico 5. Tasso di occupazione della popolazione residente;

indicatore socio – economico 6. tasso di attivita' (popolazione attiva);

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indicatore socio – economico 7. Popolazione occupata nel settore Merceologico;

indicatore socio – economico 8. Numero di imprese divise per settori;

indicatore socio – economico 9. Dimensione delle imprese divise per settori;

indicatore socio – economico 10. Presenza di attivita’ impattanti per l’ambiente.

Al fine di fornire indicazioni di carattere generale, il progetto ha ritenuto necessario adottare modelli sintetici di

riferimento, riconducendo la grande eterogeneità che contraddistingue gli oltre 2500 siti esaminati ad un

numero limitato di tipologie omogenee. L’individuazione di tipologie omogenee è stata ritenuta indispensabile

per ottenere una tipizzazione degli oltre 2500 SIC/ZPS al fine di pianificare efficacemente una strategia di

gestione degli stessi SIC e ZPS.

La classificazione così effettuata è stata riportata nel Manuale per la Gestione dei siti Natura 2000, che

rappresenta lo strumento tecnico per l’applicazione delle Linee guida ed è il derivato delle risultanze del

progetto LIFE99NAT/IT/006279. Tale classificazione ha individuato, oltre al “gruppo dei siti eterogenei” di cui in

appresso diremo, complessivamente 24 gruppi di siti, corrispondenti a tipologie, per i quali sono state definite,

attraverso opportuni indicatori, le linee di intervento ritenute utili per la successiva definizione del piano di

gestione.

Le 24 tipologie individuate sono:

1. siti a dominanza di vegetazione forestale alpina,

2. siti a dominanza di faggete con abies, taxus e ilex,

3. siti a dominanza di faggete e boschi misti mesofili,

4. siti a dominanza di castagneti,

5. siti a dominanza di querceti mesofili,

6. siti a dominanza di querceti mediterranei,

7. siti a dominanza di macchia mediterranea,

8. siti a dominanza di pinete mediterranee e oromediterranee,

9. siti a dominanza di vegetazione arborea igrofila,

10. siti a dominanza di vegetazione erbacea ed arbustiva alpina,

11. siti a dominanza di praterie montane,

12. siti a dominanza di praterie collinari,

13. siti a dominanza di praterie terofitiche,

14. siti a dominanza di coste basse,

15. siti a dominanza di dune consolidate,

16. siti a dominanza di coste alte,

17. siti a dominanza di praterie di posidonia,

18. siti a dominanza di ambienti rupestri,

19. siti a dominanza di grotte continentali,

20. siti a dominanza di sorgenti pietrificanti,

21. siti a dominanza di ghiacciai,

22. siti a dominanza di torbiere,

23. siti a dominanza di paludi calcaree,

24. siti a dominanza di laghi.

Esse hanno una omogeneità interna variabile, derivante dal fatto che in una stessa tipologia sono inclusi siti con

livelli di affinità diversi, ma che, comunque, sono più affini tra loro rispetto alle altre tipologie. Per ciascuna

tipologia è stata elaborata una scheda, la quale propone indicazioni di sintesi in merito a:

habitat determinanti la tipologia;

caratterizzazione ecologica e fisica della tipologia;

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indicatori;

possibili minacce;

linee guida per la gestione.

I siti, invece, per i quali non è stato possibile individuare una tipologia di riferimento, sono andati a costituire il

“gruppo dei siti eterogenei”. In tale gruppo sono compresi:

- siti con habitat di direttiva, presenti con valore di copertura percentuale non statisticamente significativo

ai fini della classificazione effettuata;

- pSIC individuati solo sulla base di specie animali e/o vegetali,

- ZPS che, individuate solo sulla base della direttiva Uccelli, sono caratterizzate proprio per presenza di

specie ornitiche.

Per essi non è stato possibile predisporre alcuna scheda, dato che non sono caratterizzati dalla dominanza di

habitat della direttiva. I piani di gestione dovranno essere predisposti ad hoc, rimanendo aperta la possibilità di

fare riferimento alle altre tipologie, quando uno o più habitat della direttiva assumono un ruolo importante per

la conservazione della specie, anche se precedentemente ritenuti non significativi.

Dunque, questo tipo di classificazione ha consentito di fornire per ciascuna delle 24 tipologie individuate, le

indicazioni sulla caratterizzazione naturalistica e di uso del suolo, l’insieme degli indicatori per la definizione

dello stato di conservazione e le minacce che possono verificarsi per ognuna di esse, nonché gli obiettivi stessi

della conservazione. Tali indicazioni, ovviamente, sono state assunte alla base del metodo di lavoro di questa

Valutazione di Incidenza applicata al PRG di Cammarata.

II.5 I DOCUMENTI DI INDIRIZZO.

La Commissione Europea ha editato diversi documenti con lo scopo di fornire, ai fini dell’espletamento delle

valutazioni richieste dall’art. 6 della direttiva “Habitat”, un impianto metodologico di analisi diagnostica e

relativa valutazione, quanto più possibile omogeneo nell’ambito dei vari stati membri.

Il documento

↑ Assessment of Plans and Project Significantly Affecting Natura 2000 Sites – Methodological

Guidance on the provisions of Article 6(3) and (4)of the Habitats Directive 92/43/EEC,

è la guida metodologica alla valutazione di incidenza redatta Divisione valutazione d’impatto della Scuola di

Pianificazione dell’Università di Oxford Brookes, tradotta in Italia con il titolo “Valutazione di piani e progetti

aventi un’incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000 - Guida metodologica alle disposizioni

dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE” a cura dell’Ufficio Stampa e della Direzione

regionale dell’ambiente – Servizio VIA - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia.

Tale documento è stato redatto con l’intento di fornire un aiuto metodologico facoltativo per l’esecuzione o la

revisione delle valutazioni a norma dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat. Le indicazioni

presentate si basano sulla ricerca effettuata per conto della Direzione Generale per l’ambiente della

Commissione europea (DG Ambiente). La ricerca fa riferimento sia a una sintesi della letteratura e degli

orientamenti elaborati dall’UE e da altri organismi, sia alle esperienze enucleate in alcuni casi-modello in cui

sono state svolte valutazioni analoghe a quelle previste dalla direttiva.

Le indicazioni contenute nel documento non sono da considerare in alcun modo vincolanti per quanto

concerne l’impiego di determinate procedure per l’attuazione della direttiva “Habitat”. Il documento, piuttosto,

rappresenta uno strumento facoltativo poiché, nel rispetto del principio della sussidiarietà, l’ultima parola

spetta sempre ai singoli Stati membri, incaricati di definire gli iter procedurali che discendono dalla direttiva.

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Per far fronte, poi, alle diverse obiezioni che gli stati membri e diversi operatori hanno sollevato sul significato

dell’art. 6 della direttiva “Habitat”, la Commissione Europea ha pubblicato un altro documento:

↑ LA GESTIONE DEI SITI DELLA RETE NATURA 2000 - Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della

direttiva «Habitat» 92/43/CEE.

Con tale documento la Commissione Europea ha inteso fornire agli Stati membri gli orientamenti per

interpretare alcuni concetti chiave figuranti nell’art. 6 della direttiva “Habitat”. Esso, è chiarito, riflette

unicamente il punto di vista dei servizi della Commissione e non ha natura vincolante, non potendo esso

interpretare autenticamente la direttiva, essendo ciò potere esclusivo della Corte di Giustizia delle Comunità

europee. Ciò è particolarmente valido per questa direttiva, la quale, incorporando il principio di sussidiarietà,

lascia un ampio spazio di manovra agli Stati membri nell’attuazione pratica delle misure specifiche concernenti

i vari siti della rete Natura 2000. Gli Stati membri, cioè, sono liberi di scegliere, comunque, la maniera in cui

attuare le opportune misure pratiche, a condizione che esse rispettino la finalità generale della direttiva.

Un altro documento, messo a punto ed editato a cura della Commissione Europea, per fornire ulteriori

indicazioni nella gestione dei siti della rete Natura 2000 è

↑ INTERPRETATION MANUAL OF EUROPEAN UNION HABITATS - European Commission - DG

Environment - Nature and biodiversity.

È questo, come dice lo stesso titolo, un manuale di interpretazione degli habitat riportati nell’allegato I alla

direttiva 92/43/CEE. Esso elenca ben 218 tipi diversi di habitat naturali europei, dei quali 71 rappresentano

delle priorità. Per ognuno di tali habitat è fornita una dettagliata descrizione, riportando, altresì, le principali e

più significative specie vegetali e animali che in esso vivono.

Lente, invece, sono state le regioni nel mettere a punto precise indicazioni tecnico-normative circa le modalità

di svolgimento della procedura di Valutazione di Incidenza, sulla base delle competenze attribuite loro dall’art.

5 del D.P.R. n. 357/97 e s.m.i. Mancano ancora, soprattutto a livello regionale, studi scientifici e indicazioni

precise sugli habitat di specie da tutelare e sugli indicatori ecologici di cui tenere conto nella fase di

progettazione degli interventi da attuare per salvaguardarli.

Un manuale di un certo interesse è stato pubblicato dalla Regione Veneto. Si tratta, sostanzialmente, di una

guida realizzata dalla regione e dal CINSA (Consorzio Interuniversitario Nazionale per le Scienze Ambientali),

grazie ad una ricerca e analisi sul territorio durata tre anni in cui sono stati individuati, tra gli attuali 102 SIC e le

67 ZPS della Regione, 5 siti pilota oggetto di una prima sperimentazione. Tale guida, dal titolo

↑ STRUMENTI E INDICATORI PER LA SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITÀ – Regione Veneto – Servizio

Progettazione e gestione ambientale del territorio,

raccogliendo, appunto, i dati di questa sperimentazione, pone una grande attenzione agli aspetti metodologici

delle indagini scientifiche, soprattutto per quel che riguarda gli strumenti proposti per l’individuazione degli

habitat e per la loro analisi e valutazione.

Essa costituisce un utile strumento informativo e fornisce un quadro di riferimento pratico per tutti i soggetti

coinvolti nella gestione dei siti della Rete Natura 2000 in Veneto e non solo. Il protocollo metodologico per

l’individuazione degli habitat e per la loro analisi e valutazione che la guida propone, assume una valenza che

certamente non può essere circoscritta al solo territorio della regione Veneto.

Per quel che riguarda, invece, la nostra Regione siciliana, essendo la Valutazione di Incidenza una procedura

che solo ora è entrata nella prassi applicativa voluta dalla direttiva “Habitat” e dall’art. 5 del D.P.R. n. 357/97,

sporadiche risultano ancora essere le esperienze pratiche condotte.

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16

III LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA APPLICATA AL PRG DI CAMMARATA. RIFERIMENTI ED IMPIANTO METODOLOGICO.

III.1 GLI SCOPI PERSEGUITI.

La procedura di Valutazione di Incidenza, come già detto, è una delle disposizioni previste dall’articolo 6 della

Direttiva 92/43/CEE per garantire la conservazione e la corretta gestione dei siti NATURA 2000, attraverso

l’esame delle interferenze che i piani e i progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e

delle specie per cui essi sono stati individuati, possono generare, condizionandone l’equilibrio ambientale. Tale

valutazione deve tener conto delle specifiche caratteristiche e degli obiettivi di conservazione del sito stesso.

Essa consiste in una procedura progressiva di valutazione degli effetti che la realizzazione di piani/progetti può

determinare su un sito NATURA 2000, a prescindere dalla localizzazione del piano/progetto all’interno o

all’esterno del sito stesso. Vale a dire che la necessità di redigere una Valutazione di Incidenza non è limitata ai

piani e ai progetti ricadenti esclusivamente nei terreni proposti come siti Natura 2000, ma anche alle opere

che, pur sviluppandosi al di fuori di tali aree, possono comunque avere incidenza significative su di essi. La

Valutazione, infatti, deve essere interpretata come uno strumento di prevenzione che analizzi gli effetti di

interventi localizzati non solo in modo puntuale ma, soprattutto, in un contesto ecologico dinamico,

considerando le correlazioni esistenti fra i vari siti ed il contributo che ognuno di essi apporta alla coerenza

globale della struttura e delle funzione ecologica della rete Natura 2000.

La valutazione d’incidenza, se correttamente realizzata ed interpretata, diviene, quindi, uno strumento

finalizzato alla sicurezza procedurale e sostanziale che consente di raggiungere un rapporto equilibrato tra

conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie ed uso del territorio: essa, incoraggiando a gestire in

maniera sostenibile i siti Natura 2000, rappresenta un elemento chiave di attuazione del principio

dell’integrazione dei fattori ambientali nella pianificazione e nell’esecuzione delle azioni previste per numerosi

settori economici e sociali.6

III.2 I SITI NATURA 2000 INTERESSATI DALLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA APPLICATA AL

PRG DI CAMMARATA.

La valutazione di incidenza, applicata al Piano Regolatore Generale di Cammarata, interessa i SIC seguenti:

ITA040005 - Monte Cammarata-Contrada Salaci.

ITA040007 - Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina.

ITA 020011 - Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea.

ITA040011 - La Montagnola e Acqua Fitusa.

Nessuno dei quattro SIC ricade interamente sul territorio del comune di Cammarata. La loro superficie è così

suddivisa per territorio:

6 Natura 2000 Italia Informa Numero 0 – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Direzione per la Conservazione della Natura.

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CODICE E DENOMINAZIONE SIC SUPERF. (HA) TERRITORIO COMUNALE INCID. %

ITA040005 - MONTE CAMMARATA-

CONTRADA SALACI.

1.793,1085 CAMMARATA (AG) 85,11

313,5566 SAN GIOVANNI GEMINI (AG) 14,88

0,1493 CASTRONOVO DI SICILIA (PA) 0,01

2.106,8144 TOT. SUP. SIC 100,00

ITA040007 - PIZZO DELLA RONDINE-

BOSCO DI SANTO STEFANO

QUISQUINA.

2.489,3429 SANTO STEFANO QUISQ. (AG) 80,87

588,9008 CAMMARATA (AG) 19,13

3.078,2437 TOT. SUP. SIC 100,00

ITA 020011 - ROCCHE DI

CASTRONUOVO, PIZZO LUPO,

GURGHI DI S. ANDREA.

1.613,0284 CASTRONOVO DI SICILIA (PA) 92,94

122,5030 CAMMARATA (AG) 7,06

1.735,5314 TOT. SUP. SIC 100,00

ITA040011 - LA MONTAGNOLA E

ACQUA FITUSA.

310,5741 SAN GIOVANNI GEMINI 100,00

310,5741 TOT. SUP. SIC 100,00

Il territorio del comune di Cammarata è, dunque, interessato da tre SIC:

- ITA040005 - Monte Cammarata-Contrada Salaci.

- ITA040007 - Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina.

- ITA 020011 - Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea.

Il quarto SIC preso in considerazione:

- ITA040011 - La Montagnola e Acqua Fitusa,

è totalmente esterno al territorio di Cammarata. Tale SIC, tuttavia, ha i suoi confini nord ed est assai prossimi al

territorio di questo comune (ml 200 circa), in una zona, peraltro, ove il Piano Regolatore Generale alloga

un’area a destinazione urbanistica D1 – Aree industriali. Lo studio di Valutazione di Incidenza, dunque, è stato

esteso anche a quest’ultimo SIC, nella considerazione che le attività previste dal PRG di Cammarata possano, in

qualche modo, produrre incidenze significative7 anche sugli habitat e le specie che in esso si trovano.

Si rileva, inoltre, che sul territorio del comune di Cammarata ricade, per larga parte della sua estensione

complessiva, la Riserva Naturale Orientata Monte Cammarata, istituita con D.A. n. 86/44 del 18-04-2000, il cui

gestore è oggi l’Azienda Foreste Demaniali. La sua superficie, che è pari ad Ha 2.095,2561, è ricompresa

completamente all’interno dei confini dei due SIC: ITA040005 - Monte Cammarata-Contrada Salaci e ITA040007

- Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina, eccezion fatta per una superficie pari a poco meno di

15 Ha.

In particolare la situazione relativa alla superficie della R.N.O. Monte Cammarata, distinta per zona e per Sic

entro il quale ricade, è la seguente:

7 Per incidenza significativa si intende, secondo la definizione data dal Manuale per la gestione dei siti natura 2000, la probabilità che un piano o progetto ha di produrre effetti sull’integrità di un sito Natura 2000; la determinazione della significatività dipende dalle particolarità e dalle condizioni ambientali del sito.

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RIS

ERV

A

ZON

A A

(HA

)

RIS

ERV

A

ZON

A B

(HA

)

RIS

ERV

A

ZON

A B

1

(HA

)

TOTA

LI

(HA

)

ITA040005 MONTE CAMMARATA-

CONTRADA SALACI

576,3048 576,7969 8,0839 1.161,1856

ITA040007 - PIZZO DELLA RONDINE-

BOSCO DI SANTO STEFANO QUISQUINA

584,2919 334,9111 919,2030

FUORI DALL’AREA DEI SIC 14,8675 14,8675

TOTALI 1.160,5967 926,5756 8,0839 2.095,2561

III.3 RIFERIMENTI ED IMPIANTO METODOLOGICO.

Il percorso logico che seguirà la Valutazione di incidenza è quello delineato nella guida metodologica

“Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000 – Guida

metodologica alle disposizioni dell’art. 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva Habitat 92/43/CEE”.

La procedura metodologica proposta è un percorso di analisi e valutazione, secondo il principio della

sequenzialità, che si compone di 4 fasi principali, che la “Guida” chiama livelli:

↑ LIVELLO 1: verifica (screening) - processo che identifica la possibile incidenza su un sito della rete

Natura 2000 di un piano o un progetto, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, e

che porta all’effettuazione di una valutazione d’incidenza completa qualora l’incidenza risulti

significativa;

↑ LIVELLO 2: valutazione appropriata - analisi dell’incidenza del piano o del progetto sull’integrità del

sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, nel rispetto della struttura e della

funzionalità del sito e dei suoi obiettivi di conservazione, e individuazione delle misure di

compensazione eventualmente necessarie;

↑ LIVELLO 3: valutazione delle soluzioni alternative - individuazione e analisi di eventuali soluzioni

alternative per raggiungere gli obiettivi del progetto o del piano, evitando incidenze negative

sull’integrità del sito;

↑ LIVELLO 4: definizione di misure di compensazione - individuazione di azioni, anche preventive, in

grado di bilanciare le incidenze previste, nei casi in cui non esistano soluzioni alternative o le ipotesi

proponibili presentino comunque aspetti con incidenza negativa, ma per motivi imperativi di rilevante

interesse pubblico sia necessario che il progetto o il piano venga comunque realizzato.

I passaggi fra le varie fasi non sono obbligatori, sono invece consequenziali alle informazioni e ai risultati

ottenuti; ad esempio, se le conclusioni alla fine della fase di verifica indicano chiaramente che non ci potranno

essere effetti con incidenza significativa sul sito, non occorre procedere alla fase successiva.

Ciascuna fase sarà conclusa con un verbale o matrice, fra quelli proposti dalla Guida metodologica. In questo

modo sarà data trasparenza, obiettività e versatilità di impiego dei dati raccolti; d’altro lato saranno anche

documentate le valutazioni effettuate. Tali verbali o matrici, tuttavia, saranno compilati soltanto una volta in

cui non siano più necessarie ulteriori valutazioni, cioè non sia necessario un ulteriore passaggio al livello di

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analisi successivo, essendo già pervenuti ad una valutazione certa sulla possibilità o meno che si verifichino

incidenze significative sui siti Natura 2000.

Il percorso metodologico appena presentato può essere visualizzato attraverso il grafico seguente:

In ossequio al principio di precauzione, sull’applicazione del quale si basa implicitamente la direttiva Habitat, gli

obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000, interessati dal PRG di Cammarata, saranno sempre fatti

prevalere nei casi di incertezza. Laddove, cioè, i rischi non potranno essere determinati con sufficiente certezza,

in ragione della loro natura imprecisa o non definitiva, o della insufficienza di dati, a prevalere saranno sempre

le ragioni degli obiettivi di conservazione dei siti.

L’analisi attenta delle informazioni riportate nel formulario di identificazione del sito rappresenterà il primo

passaggio sostanziale per la comprensione degli obiettivi di conservazione e consentirà il mantenimento della

coerenza ecologica della rete Natura 2000, nella quale i siti interessati sono inseriti. In quanto alle indicazioni

per la gestione dei siti Natura 2000 interessati, agli obiettivi di conservazione e alla caratterizzazione degli

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stessi, sarà fatto riferimento ai contenuti del Manuale per la gestione dei siti Natura 2000 ed a tutta la

documentazione esistente in materia.

IV LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA APPLICATA AL PRG DI CAMMARATA. LIVELLO I:

SCREENING.

IV.1 PREMESSE.

Obiettivo di questo stadio della procedura di Valutazione è quello di analizzare la possibile incidenza che la

realizzazione delle previsioni del Piano Regolatore Generale, sia isolatamente che congiuntamente con altri

progetti o piani, può avere sui siti Natura 2000 interessati, valutando se tali effetti possono oggettivamente

essere considerati irrilevanti o meno.

Esso generalmente consta di 4 fasi:

1. Determinare se il progetto/piano è direttamente connesso o necessario alla gestione del sito.

2. Descrivere il progetto/piano unitamente alla descrizione e alla caratterizzazione di altri progetti o

piani che insieme possono incidere in maniera significativa sul sito Natura 2000.

3. Identificare la potenziale incidenza sul sito Natura 2000.

4. Valutare la significatività di eventuali effetti sul sito Natura 2000.

Il grafico che segue, tratto dalla Guida metodologica della Commissione europea, illustra la successione delle

attività di indagine e valutazione necessarie al soddisfacimento della prima fase di indagine prevista:

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In applicazione dello schema metodologico consigliato dalla Guida della Commissione europea si è proceduto

alla consultazione ed analisi degli elaborati progettuali del P.R.G. di Cammarata, al fine di verificare la

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completezza delle informazioni in esso contenute, in relazione ai fabbisogni informativi necessari per la

valutazione degli effetti potenziali che il piano potrebbe generare sui siti Natura 2000.

IV.2 DESCRIZIONE DEL PIANO REGOLATORE GENERALE DEL COMUNE DI CAMMARATA.

IV.2.1 Avvertenza.

Nella descrizione del Piano Regolatore Generale di Cammarata, fatta nel presente capitolo, verranno

frequentemente riportati brani della Relazione di progetto e delle Norme Tecniche di Attuazione dello stesso

Piano. La necessità di ricorrere così frequentemente alla citazione di tali brani, unitamente a quella di

effettuare una “cucitura” fra di essi al fine di rendere l’esposizione concisa, chiara ed esauriente, ci induce a

tralasciare di riportare ogni volta la fonte citata.

IV.2.2 Iter amministrativo.

La definizione del PRG di Cammarata ha avuto una lunga e complessa gestazione, durata più di venticinque

anni. L’incarico per la redazione del Piano era stato affidato dalla Giunta municipale già nel 1990 con delibera n.

563/1990, ridefinito con le delibere n. 58/1991 e n. 137/1995, al Prof. Ing. Arch. Giuseppe Trombino. Con tale

incarico, oltre alla progettazione del Paino Regolatore Generale Comunale, veniva affidata allo stesso

progettista la redazione delle Prescrizioni Esecutive dello stesso e del Regolamento Edilizio, ai sensi dell'art. 2

della legge reg. 27 dicembre 1978, n. 71.

Successivamente, a seguito della emanazione del D.P.R.S. 11 luglio 2000, contenente Direttive ed indirizzi di

programmazione commerciale, l’Amministrazione comunale, con decreto Sindacale n. 57 del 8/05/2003, ha

affidato allo stesso progettista l’incarico di procedere, contestualmente alla redazione del PRG, alla redazione

degli elaborati di cui all’art. 15, 2°c., lett.b) del D.P.R.S. sopracitato.

In ossequio al disposto del comma 7, art. 3, L.R. 30.04.1991 n. 15, il Consiglio Comunale di Cammarata nella

seduta del 19 Luglio 1993, con atto deliberativo n. 35, riconosciuto legittimo, ha adottato le direttive generali

da osservarsi per la redazione del P.R.G.. In estrema sintesi il documento approvato indicava la necessità di:

- prevedere il recupero del centro storico, evitando grossi "sventramenti" e mirando soprattutto

all'inserimento di attività artigianali e di strutture sociali;

- prediligere le zone di S. Lucia, Gianguarna, S. Lorenzo e Balatelle per le necessità di espansione e di

completamento dell'abitato;

- confermare l’attuale localizzazione del Cimitero in territorio di S.Giovanni G., con un opportuno

ampliamento;

- sfruttare, ai fini di un rilancio turistico ed agrituristico, le potenzialità del territorio lungo l'asse

Cammarata-S.Stefano, in relazione alla presenza di strutture ricettive, sportive e della fascia forestale del

monte Cammarata;

- potenziare le zone artigianali e industriali esistenti nelle località Tumarrano e Scalo Ferroviario e

prevedere nuove localizzazioni per attività commerciali in prossimità del centro abitato.

- completare l'agglomerato esistente a Borgo Callea, evitando ulteriori espansioni verso la zona industriale.

Lo studio di massima del PRG, redatto sulla base delle direttive consiliari e tenendo conto degli studi di settore

sin li redatti, è stato approvato con deliberazione commissariale n. 1 del 13.02.1998.

Con lo stesso atto deliberativo è stato prescritto di tener conto, nella stesura del piano definitivo del PRG, dei

PIP approvati per le zone Scalo Ferroviario e Tumarrano e di tenere in debita considerazione, ove non

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contrastanti con gli studi di settore, le direttive consiliari per le zone indicate, specificando le eventuali

motivazioni per le quali si dovesse ritenere di discostarsene.

E’ stato poi suggerito di introdurre una modifica nell’art. 74 del Regolamento Edilizio, riducendo da 50 a 25

metri la distanza delle costruzioni dai letamai.

Per quanto concerne le aree da sottoporre a Prescrizioni esecutive è stata condivisa la proposta del progettista

contenuta nello studio di massima.

Con successivo atto deliberativo n. 93 del 28.12.1998, il Consiglio comunale, in risposta ad una nota di

chiarimenti formulata dallo stesso progettista, ha chiarito che le previsioni dei PIP vigenti devono essere

riportate nel progetto definitivo del PRG limitatamente alle parti in cui non sussiste alcun contrasto con le

risultanze degli studi di settore e con le direttive consiliari, tenendo comunque conto che, nel caso di duplice

vocazione delle aree, si sarebbero dovute ritenere prevalenti gli interessi del settore industriale e artigianale

rispetto a quello agricolo.

Con lo stesso atto è stato dato mandato al progettista di redigere le Prescrizioni esecutive, oltre che per le aree

individuate con la delibera n. 1/1998, anche per un’area, estesa almeno 20 ettari, in località Tumarrano, da

destinare ad attività artigianali ed industriali.

Il Piano Regolatore è stato adottato dal Consiglio Comunale l’11-01-2005 con delibera n. 2.

Successivamente, lo stesso Consiglio Comunale si è pronunciato sulle osservazioni pervenute con delibera n. 61

del 28-12-2005 e n. 9 del 04-03-2006.

IV.2.3 La Pianificazione sovraordinata.

Non esistono, attualmente, strumenti di pianificazione sovraordinata, né a livello provinciale né regionale, ai

quali fare riferimento nella pianificazione urbanistica comunale. Il solo strumento che ha sinora avuto una

codificazione normativa è il documento di Linee Guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale.

Le sue indicazioni, sia di carattere generale e metodologico che di carattere specifico, pur configurando un

approccio ancora molto generico alle problematiche connesse alla tutela ambientale, sono state però assai utili

nell’orientare il lavoro di analisi e nel definire all’interno del PRG i criteri in base ai quali articolare la tutela dei

valori paesaggistici del territorio di Cammarata.

In particolare il progetto di PRG è partito da una specifica valutazione delle indicazioni del documento di Linee

Guida relative ai beni culturali ed archeologici presenti nel territorio di Cammarata.

Tale elencazione è risultata però largamente deficitaria, non essendovi comprese numerosissime strutture

edilizie di sicuro interesse architettonico ed etno-antropologico, che sono state analizzate e schedate in un

apposito elaborato di PRG.

Di natura sovraordinata sono le indicazioni contenute nei Decreti di perimetrazione della Riserva, alle quali si è

pertanto fatto riferimento sia nella zonizzazione del territorio comunale sia per orientare le scelte strategiche

di sviluppo prefigurate dal Piano.

Anch’esse sovraordinate, anche se non configurano ancora un vero e proprio piano, sono le indicazioni relative

al Piano straordinario del rischio idrogeologico, che sono state evidentemente tenute nel massimo conto nella

progettazione del Piano.

Vi è da citare, poi, il Piano Territoriale di Coordinamento n. 3 del Corleonese approvato con D.P.R.S. n. 7/A del

28-01-1970. Tale Piano prevedeva la creazione di posti di lavoro in agricoltura soprattutto, ma anche nel

commercio e nell’industria. Anche se teoricamente tutt’ora vigente, esso contiene previsioni assolutamente

generiche e, peraltro, del tutto inattuali.

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IV.2.4 Elaborati progettuali e studi propedeutici.

Il Piano Regolatore Generale di Cammarata risulta composto dai seguenti elaborati:

1 Relazione

2. (11 Tavole contrassegnate

con numeri da 1 a 11)

Il territorio comunale.

Stato di fatto e di diritto

scala 1:10.000

3. (9 Tavole contrassegnate

con numeri da 1 a 9)

Il territorio comunale.

Vicoli normativi

scala 1:10.000

4 L’area urbana.

Datazione del patrimonio edilizio

scala 1:2.000

5 L’area urbana. Stato di fatto.

Attrezzature e servizi

scala 1:2.000

6 L'area urbana. Stato di diritto scala 1:2.000

7 (9 Tavole contrassegnate

con numeri da 1 a 9)

Il territorio. Zonizzazione scala 1:10.000

8 L'area urbana. Zonizzazione scala 1:2.000

9

Il patrimonio edilizio rurale.

Schede analitico - normative

scale varie

10 Norme Tecniche di Attuazione

RE Regolamento Edilizio

Studi propedeutici alla redazione dello studio di massima del P.R.G. sono stati:

Lo studio geologico;

Lo studio agricolo-forestale (SAF).

IV.2.4.1 Lo studio geologico.

Lo studio geologico risulta costituito da una relazione e da cinque elaborati grafici denominati:

- Tavv.1.1-11-Carta Geologica

- Tavv.2.1-11-Carta Idrogeologica

- Tavv.3.1-11-Carta di Classificazione del Territorio

- Carta Geologico-Tecnica

- Sezione Geologica.

Sulla base delle caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche e geologico-tecniche il territorio comunale

viene suddiviso in zone omogenee in relazione alla suscettività di utilizzazione e quindi alla idoneità

all’edificazione. Vengono distinte in particolare tre classi: zone idonee, ad incerta idoneità, non idonee.

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In particolare lo studio evidenzia, oltre ad una zona soggetta a subsidenza localizzata in località Gianguarna, la

presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico che interessano numerose zone del territorio comunale. Fa

rilevare, poi, la presenza di alcune faglie che, pur non essendo attive e non interessando direttamente il centro

abitato, vanno tenute in debita considerazione in quanto possono rappresentare, in caso di eventi sismici,

strutture in grado di enfatizzare l’energia del sisma stesso.

Sono inoltre evidenziati i principali fattori antropici potenziali di inquinamento delle falde idriche (cave,

discariche), ed è puntualmente indicata la localizzazione di pozzi e sorgenti da tutelare in applicazione delle

disposizioni contenute nel D.P.R. 24 maggio 1988, n.236, enucleando le relative aree di salvaguardia di risorse

idriche sotterranee.

Lo studio è stato successivamente aggiornato in adeguamento alla circolare ARTA n. 2222/1995, attraverso i

seguenti altri elaborati:

- Relazione

- Carta geomorfologia - n.11 tavole in scala 1:10.000 più tavola con legenda.

- Carta delle pericolosità geologiche - n.11 tavole in scala 1:10.000 più tavola con legenda.

- Lo studio perviene alla suddivisione del territorio comunale in tre differenti classi:

- aree con grado di pericolosità alto;

- aree con grado di pericolosità basso;

- aree con grado di pericolosità trascurabile.

Nelle aree ad alto grado di pericolosità, riportate negli elaborati di piano, viene in genere escluso qualsiasi

intervento antropico; solamente nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche sotterranee, comprese

all’interno di esse, è consentita l’edificazione con determinate cautele.

Per le Prescrizioni Esecutive sono stati prodotti infine i seguenti altri elaborati:

- Relazione generale e relazioni tematiche

- Risultati sondaggi geognostici e prove geotecniche

- Carta geologica scala 1:2.000

- Carta geomorfologia scala 1:2.000

- Carta litotecnica scala 1:2.000

- Carta delle zone a maggior pericolosità sismica locale scala 1:2.000

- Carta della pericolosità geologica scala 1:2.000

- Sezioni geologiche scala 1:2.000

IV.2.4.2 Lo studio agricolo-forestale.

Lo studio, particolarmente accurato ed approfondito, risulta costituito da una relazione e da sei elaborati grafici

denominati:

- Tav.2-carta delle espressioni Paesaggistiche

- Tavv.3.1-3.11-carta delle Superfici Boscate e delle Colture Agrarie Specializzate

- Tavv.4.1-4.11-carta Clivometrica

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- Tavv.5.1-5.11-carta dell’uso del Suolo

- Tavv.6.1-6.11-carta delle Infrastrutture al Servizio dell’Agricoltura

- Tavv.7.1-7.11-carta della Capacità d’Uso del Suolo.

Nell'elaborato n.2 viene effettuata una suddivisione del territorio comunale in zone omogenee sulla base di

elementi di caratterizzazione tipologica del paesaggio quali la morfologia, il clima, il tipo di suolo, l'uso del

suolo, la parcellizzazione del territorio e il grado di antropizzazione.

Nell'elaborato n. 3 vengono enucleate le aree interessate da colture specializzate nelle quali applicare il

disposto di cui all'art. 2 della L.R. n. 71/78 e tutte le aree boscate da sottoporre a vincolo ai sensi della L.R. n.

78/76 e s.m.i.

Da tale elaborato si evince come le aree a coltura agricola specializzata siano specialmente concentrate lungo la

vallata del fiume Platani e l'ultimo tratto del Tumarrano, mentre le aree boscate oltre alle pendici del Monte

Cammarata interessano diverse altre parti del territorio soprattutto a nord e nord-ovest del centro urbano.

Nell'elaborato n. 4 vengono evidenziate quattro classi di pendenze, relazionando ciascuna classe con le attività

legate all'agricoltura, anche in riguardo ai bisogni della meccanizzazione e dell'irrigazione.

Nell'elaborato n. 5 viene fornita una dettagliata descrizione dell'attuale uso dei suoli, dalla quale si evince una

diffusione prevalente del seminativo, una localizzazione dei frutteti lungo il fiume Platani, una dislocazione a

macchia di leopardo di vigneti e uliveti.

Nell'elaborato n. 6 vengono puntualmente indicate tutte le infrastrutture al servizio dell’agricoltura, oltre agli

antichi casali in buona parte ormai fatiscenti che un tempo costituivano l'ossatura del sistema agro-pastorale

del territorio.

Nell'elaborato n. 7 viene attribuito il grado di capacità d'uso del suolo, cioè vengono raggruppati i suoli in base

ad otto classi corrispondenti alla maggiore, minore, o nulla potenzialità d'uso agro-silvo-pastorale.

Lo studio, nel suo complesso, fa emergere una vocazione del territorio per l'agriturismo che, se incentivata,

porterebbe ad una "ricaduta" in termini economici non indifferente grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro

per nuove figure professionali nel campo delle attività ricettive ed allo sviluppo dell'indotto (ristorazione,

commercio) e al recupero del patrimonio culturale (antichi casali).

A seguito della emanazione della L.R. 16/1996 lo studio è stato successivamente integrato con i seguenti altri

elaborati:

- Relazione illustrativa integrativa

- Carta delle superfici boscate integrativa ai sensi degli artt. 4 e 10 della L.R. 6 aprile 1996, n. 16 (n.11 tavole

in scala 1:10.000).

Successivamente ancora lo studio è stato rivisto ed integrato per tener conto delle disposizioni contenute negli

artt. 1 e 3 della L.R. 16 agosto 1999 n. 13 e nell’art. 89, comma 8, della L.R. 3 maggio 2001 n. 6, nonché nel

decreto del Presidente della Regione Sicilia del 28 giugno 2000, con i seguenti elaborati:

- Relazione tecnico illustrativa

- Carta delle superfici boscate (n. 11 tavole in scala 1:10.000)

- Carta delle colture specializzate (n. 2 tavole in scala 1:10.000)

- Carta delle infrastrutture al servizio dell’agricoltura (n. 2 tavole in scala 1:10.000).

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IV.2.5 Le dimensioni ed i temi progettuali del PRG.

Il Piano, quale strumento di pianificazione generale, interessa l’intero comprensorio comunale, che si estende

per 192,03 kmq.

La vastità del territorio comunale, con le sue forti differenziazioni in termini di pedologia, altitudine,

morfologia, clima, determina la presenza di paesaggi naturali assai variegati, che vanno da quello tipicamente

montagnoso del Monte Cammarata e delle sue pendici, a quello leggermente ondulato della estrema parte

nord-est del territorio, a quello pianeggiante delle vallate del Platani e del torrente Tumarrano.

Un così vasto territorio con le sue molteplici esigenze e problematiche, unitamente ad un tessuto urbano in

larga parte sviluppantesi su un ripido costone roccioso che da origine ad un dedalo di piccole e tortuose viuzze,

e ad una certa arretratezza economica e strutturale del territorio, ha posto al progettista una grande varietà di

temi e problematiche progettuali.

Essi, sostanzialmente sono stati:

↑ il degrado edilizio e l'abbandono delle aree urbane di più antica origine, emarginate dal processo di

sviluppo urbanistico per varie e complesse ragioni, tra le quali un peso fondamentale hanno avuto

certamente la difficile accessibilità interna, l'inadeguatezza tipologica delle strutture edilizie di antica

formazione e la complessità della organizzazione morfologica e strutturale;

↑ uno sviluppo urbano territorialmente squilibrato, avvenuto attraverso un consistente trasferimento di

popolazione dal centro nelle nuove periferie privilegiando le aree a monte del centro storico, a ridosso

dell'abitato di San Giovanni Gemini e lungo le prime pendici del monte Cammarata, nelle quali sono stati

spostati i pesi demografici più rilevanti e molte delle funzioni di centralità urbana;

↑ la mancanza di adeguate strutture di supporto alle attività economiche sia secondarie che terziarie;

↑ la inadeguatezza delle attrezzature per la ricettività turistica e in particolare per il turismo naturalistico,

assolutamente non commisurate alle rilevanti risorse naturali delle quali il territorio dispone;

↑ il diffondersi di episodi di trasformazione urbanistica sia della città che della campagna non congruenti

con le caratteristiche paesaggistiche e geomorfologiche dei luoghi e lesivi della spesso straordinaria

qualità del paesaggio urbano e rurale.;

↑ la continuità del tessuto urbano di Cammarata con quello di San Giovanni Gemini che pone pressanti

problemi di relazione tra l’uno e l’altro strumento urbanistico.

IV.2.6 Gli obiettivi generali del progetto di PRG.

La relazione di PRG riporta gli obiettivi generali assunti dal Piano. Essi sono:

- riattribuire al centro storico le caratteristiche di centralità che gli sono proprie e l’immagine di luogo

riconoscibile e storicamente identificante della comunità;

- creare le condizioni per lo sviluppo delle attività produttive industriali ed artigianali, dando i necessari

mezzi per esprimersi alle tante energie ancora in parte latenti;

- modernizzare e qualificare la rete commerciale comunale adeguandola al ruolo economico-territoriale

che Cammarata può assumere, non trascurando però il ruolo propulsore di sviluppo che il commercio

può avere anche nella riqualificazione dei tessuti cittadini e delle aree storiche;

- ridare dignità urbana alle parti del centro abitato interessate da processi di trasformazione non

pianificati, avvenuti nella logica del massimo sfruttamento fondiario;

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- prevenire, attraverso adeguati interventi infrastrutturali e specifiche indicazioni normative, i fenomeni

di dissesto idrogeologico che interessano anche alcune aree urbane e di degrado ambientale per

inquinamento delle falde e per le modifiche apportate ai terreni agrari nelle aree extraurbane;

- promuovere la salvaguardia del patrimonio costituito dai luoghi storici della produzione agricola,

attraverso l’attivazione di processi di riconversione d'uso.

Nel prosieguo della descrizione del Piano Regolatore Generale riporteremo ampi brani della relazione di

progetto ove sono illustrati i modi attraverso i quali il Piano si è prefisso di raggiungere tali obiettivi.

IV.2.7 Criteri seguiti nella progettazione del PRG.

Sostanzialmente il progetto di PRG si è mosso nell’ottica di una sostanziale riconferma delle previsioni di

zonizzazione contenute nel Programma di Fabbricazione pre-vigente e delle previsioni plano-volumetriche e di

localizzazione contenute nei Piani esecutivi approvati (Piani particolareggiati, Piano di recupero, Piani di

lottizzazione, PIP), nonché dei progetti di opere pubbliche inseriti nella programmazione generale di settore,

approvati in conformità e/o in variante al Programma di Fabbricazione vigente. Tuttavia le risultanze degli studi

propedeutici (geologico e agricolo-forestale), la nuova normativa in tema di dimensionamento del Piano e i

nuovi regimi vincolistici sul territorio, hanno condizionato tale impostazione generale, portando in diversi casi a

formulazioni diverse rispetto al PdF pre-vigente.

In particolare i fattori che hanno condizionato le scelte sono stati:

- i risultati dello studio geologico, in base al quale alcune aree situate a valle del centro urbano hanno

caratteristiche geologiche e morfologiche che le rendono assolutamente inadatte alla edificazione; tale

valutazione ha riguardato in particolare le zone di Gianguarna destinate a zone di edilizia economica e

popolare, le cui destinazioni, a causa del preoccupante quadro dei dissesti in atto, non hanno potuto

trovare conferma nel nuovo PRG.

- i risultati degli studi inerenti i fabbisogni abitativi dai quali è emerso che le previsioni del PdF risultano

essere leggermente sovradimensionate rispetto al fabbisogno abitativo valutato all’attualità. Tenendo

conto però del fatto che alcune delle aree classificate come zone C nel pre-vigente PdF. ricadono in

zone morfologicamente instabili o comunque interessate da problematiche di ordine geologico,

morfologico o idrogeologico ovvero sono interessate da vincoli normativi di varia natura, e, per tali

ragioni non potevano essere riconfermate nel nuovo PRG, sono state previste piccole integrazioni in

ampliamento dell’abitato esistente.

- l’esistenza di una domanda di aree per piccole attività artigianali alla quale il PdF. non ha dato adeguata

risposta. Nel nuovo PRG è stato per tale ragione previsto un sistema diversificato di aree destinate ad

attività produttive di tipo industriale, piccolo-artigianale e commerciale, e sono state prefigurate le

forme attraverso cui possono attivarsi nel territorio agricolo nuove iniziative per lo sviluppo del settore

agricolo-zootecnico nel rispetto dei valori paesaggistici.

- il regime vincolistico esistente per le aree esterne al centro urbano derivanti:

- dalla presenza di aree boscate e di aree artificialmente rimboschite, esattamente perimetrate

nello studio agricolo-forestale, attorno alle quali va prevista, ai sensi dell'art.10 della L. R.

16/1996, una fascia di rispetto di dimensione variabile, con un regime normativo

differenziato in relazione alle caratteristiche del bosco;

- dalla presenza di aree instabili geomorfologicamente e, all'interno di queste, di aree in frana,

esattamente perimetrate nello studio geologico, nelle quali non possono consentirsi

modificazioni dello stato di fatto;

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- dalla presenza di aree vincolate ai sensi e per gli effetti della L. 431/1985, nelle quali ogni

progetto di modificazione dello stato di fatto va preliminarmente sottoposto al parere della

competente Soprintendenza e per le quali il PRG, nelle more della approvazione del Piano

paesistico regionale, deve prevedere, come specificatamente indicato nelle linee guida del

PTP di recente emanazione, diversificati ed articolati regimi di tutela;

- dalla perimetrazione dell’area protetta della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata

e dai SIC (Siti di Interesse Comunitario);

- dalla presenza di aree soggette a rischio idrogeologico elevato e molto elevato, perimetrate

dall’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente.

IV.2.8 I temi affrontati e le previsioni di PRG.

IV.2.8.1 La grande viabilità.

Per rispondere a una delle problematiche di maggiore complessità tra quelle emergenti nell'attuale realtà

urbanistica di Cammarata, rappresentata dalla difficoltà di collegamento viario tra le diverse parti del paese e

particolarmente tra la parte bassa, dove si sono sviluppati consistenti insediamenti abitativi in ampliamento

dell'antico quartiere di Gianguarna, e le parti alte di S. Maria, S. Lucia e Balatelle, è stata inserita nella

programmazione comunale ed ora recepita nel PRG, una strada a nord dell’abitato che, utilizzando tracciati in

parte esistenti, dovrebbe collegare la S.P. n. 24, attraverso il quartiere Cozzo Lupa, con la S.P. n. 26 e attraverso

questa con la SS.118.

Nello stesso PRG, ad integrazione dei tracciati già programmati dall’Amministrazione, sono stati previsti alcuni

altri tratti di raccordo tra la circonvallazione nord e la viabilità extraurbana.

Ad eccezione dei brevi tratti di strada ora descritti e dell’ammodernamento dell'antico tracciato della regia

trazzera Bocca di Capra, destinato al collegamento della parte bassa del paese con la scorrimento veloce

Palermo-Agrigento, non sono previsti nel progetto di PRG nuovi tracciati stradali. Si è ritenuto, infatti, che le

necessità di nuove penetrazioni viarie nel territorio agricolo possano essere risolte efficacemente attraverso

l'ammodernamento di tracciati trazzerali già esistenti e le opere di questa natura, se interessano

esclusivamente zone classificate "E" nel PRG, potranno realizzarsi, in base alle norme di attuazione del PRG,

senza necessità di una specifica previsione localizzativa, costituendo il progetto generale dell'opera stradale

specificazione planimetrica delle previsioni di PRG.

Per quanto concerne la grande viabilità il PRG si limita a recepire il progetto, in parte in via di realizzazione,

della nuova strada di collegamento con il comune di Mussomeli, che si innesta sulla S.V. Palermo - Agrigento

con un nuovo complesso snodo viario in località Tumarrano.

E’ stato tenuto conto pure del progetto di collegamento con Castronovo di Sicilia, la cui realizzazione è stata di

recente autorizzata dall'Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente.

Dati i limiti temporali che sono oggi posti alle previsioni del PRG, per effetto della limitata efficacia dei vincoli

preordinati alla espropriazione, è stato ritenuto nè utile nè opportuno prevedere nel PRG nuova viabilità di

collegamento con i territori circostanti.

IV.2.8.2 Il verde agricolo produttivo.

Le scelte strategiche generali che il PRG assume per il territorio agricolo tendono a privilegiare l'utilizzazione

agricola dei terreni rispetto ad altre destinazioni possibili, in tutti quei casi in cui esiste una concreta

potenzialità di sviluppo della produzione agricola. Fà eccezione, a tale impostazione di principio, per esplicita

indicazione data dal Consiglio comunale in sede di valutazione dello studio di massima, l’area del Tumarrano,

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nella quale esistono aree pianeggianti, le cui naturali potenzialità potranno essere notevolmente esaltate a

seguito del completamento dei programmi formulati negli anni passati dalla Regione e dal Consorzio di Bonifica

e che hanno già prodotto la costituzione a monte di bacini idrici e serbatoi di raccolta.

Ferma restando la volontà di potenziare in quest’area la produzione agricola, si è però prevista anche la

possibilità di potenziare il comparto produttivo attraverso la realizzazione, lungo il corso del Tumarrano, di vari

nuclei attrezzati. La previsione di diversi piccoli nuclei, piuttosto che di una unica grande area industriale,

consentirà di far coesistere in quest’area, sia le attività agricole che quelle produttive, sfruttando così al meglio

un’area che, per la sua natura pianeggiante e per la felice collocazione territoriale, costituisce una delle più

importanti risorse del territorio cammaratese.

Al fine di garantire uno sviluppo organico dell’agricoltura nelle aree irrigue di valle, il PRG vuole costituire in

queste aree un parco agricolo, nel quale le attività colturali tradizionali possono integrarsi con altre di tipo

innovativo e sperimentale, oltrechè con attività turistiche e culturali, sotto il coordinamento di un unico

organismo costituito dagli stessi proprietari ed avvalendosi del sostegno economico di enti pubblici e del

supporto tecnico di istituti di ricerca e sperimentazione scientifica.

In questa ottica le strutture esistenti di Borgo Callea (insieme ad altre da realizzare ex novo nel triangolo

costituito dal Borgo Callea, dal borgo Pasquale e dall'azienda Sparacia) possono costituire un importante polo

di servizi fortemente tecnologizzati. Nella stessa area potrebbero sorgere strutture di supporto, quali fiere

agricole.

Per quanto concerne i territori agricoli collinari, quelli più direttamente interessati dal presente studio, il PRG

stabilisce una disciplina dell’attività edilizia che tiene conto delle necessità aziendali e che nel contempo

garantisce un corretto inserimento delle opere e dei nuovi manufatti edilizi nel contesto paesaggistico ed

ambientale. Sono comunque enucleati gli ambiti territoriali che, per le loro caratteristiche di grave instabilità

geomorfologica, di interesse storico-archeologico o per la presenza di colture agricole di pregio, non devono

essere interessati da interventi di trasformazione urbanistica.

All'interno delle zone di verde agricolo ricadono taluni manufatti, quali masserie, abbeveratoi, fontane, mulini,

oggi in molti casi inutilizzati ed in stato di avanzato degrado, che per il loro interesse ambientale, storico o

architettonico, devono essere assoggettati ad interventi conservativi. Gli interventi ammessi dal PRG, su tali

manufatti, da specificare in relazione al loro stato di conservazione, sono in particolare la manutenzione, il

restauro, il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia, senza alterazione delle caratteristiche

architettoniche e volumetriche.

Le destinazioni d'uso ammesse sono quelle congruenti con le caratteristiche tipologiche di ciascun manufatto.

IV.2.8.3 Le aree di verde agricolo compromesso.

Allineandosi ad una tendenza generale che ha interessato negli ultimi trenta anni quasi tutti i centri della

Regione, anche a Cammarata si è verificato negli anni più recenti un fenomeno di diffusione di residenze,

stagionali e non, nel territorio agricolo.

Malgrado la indubbia vocazione turistica del territorio, il processo di urbanizzazione delle campagne ha avuto

però tempi e caratteri assai meno dirompenti che in tanti altri comuni; può anzi affermarsi che esso si è svolto

a Cammarata in forme assolutamente non traumatiche e senza mai compromettere il carattere agricolo del

territorio.

La realizzazione di villette e case stagionali e stabili nel verde agricolo ha interessato, soprattutto, alcune

contrade prossime al centro urbano, quali Balatelle, Filici, San Lorenzo, Sant’Onofrio, Salaci e, con

caratteristiche diverse, i nuclei di Cammarata Scalo e di Borgo Callea.

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Il PRG, oltre a prevedere una parziale riconferma delle zone C2 e C3 contigue al centro urbano, per le parti non

interessate dai vincoli boschivi e dai SIC, enuclea due ambiti, il primo in località San Lorenzo, l'altro in contrada

Filici, nei quali la presenza di costruzioni residenziali è più intensa che altrove.

Le aree di tali ambiti sono state classificate nel PRG come zone C. Qui, infatti, è emersa una situazione di

frazionamento proprietario che non ha consentito, in base a quanto disposto dall’art. 3 del D. I. 2.04.1968, la

classificazione di zona E. Peraltro il livello di urbanizzazione di tali aree è già tale che è stato necessario

prevedere opere di urbanizzazione sia primaria che secondaria, che possono realizzarsi solamente in aree

diverse da quelle agricole. Per tali ragioni, dunque, sono state perimetrale, in tali contrade, alcuni nuclei di zone

C con varie sottoclassificazioni (C4, Cs, Ct), in relazione sia alle condizioni dello stato di fatto che in riferimento

alle potenzialità d’uso futuro.

Al contrario, si è ritenuto che i requisiti di zona E sussistessero, malgrado la presenza di varie costruzioni

residenziali anche stabili, per le aree ubicate subito a nord dell’abitato, in prossimità del costruendo parco

urbano. Per differenziare, comunque, la condizione di tali zone da quelle agricole produttive, nelle norme di

attuazione è stato previsto un diverso regime normativo per tali aree, definite di verde agricolo periurbano.

E’ stato ritenuto, In definitiva, che alla esigenza di residenza nel verde agricolo che sarà espressa nei prossimi

anni dalla popolazione locale, potrà farsi fronte in parte con le aree enucleate come zone C, ed in parte

consentendo la edificazione residenziale nelle zone agricole non soggette a vincoli con gli indici consentiti dalle

norme di legge vigenti. L'utilizzazione di tali indici, infatti, può avvenire immediatamente al di fuori di

complesse procedure urbanistiche e non comporta particolari spese di urbanizzazione, dal momento che

l'inserimento delle nuove costruzioni non altera significativamente il carattere rurale del territorio interessato.

IV.2.8.4 Le zone per le attività produttive.

Riconosce il PRG che certamente il comparto dell'artigianato e dell'industria non potrà mai diventare il settore

trainante dell'economia locale, che dovrà, invece, far leva sullo sviluppo delle attività turistiche ed agricole.

Tuttavia è stato ritenuto opportuno che il nuovo strumento urbanistico si facesse carico di determinare le

condizioni più favorevoli, da un lato per la permanenza delle strutture produttive esistenti, dall'altro per un

ulteriore potenziamento del tessuto produttivo con una offerta diversificata di spazi attrezzati per i diversi

comparti produttivi.

In sintesi per i comparti produttivi del secondario e del commercio il PRG ha previsto:

a) il reinserimento (o il mantenimento nel caso di strutture superstiti), all'interno dell'area urbana

storica, delle piccole strutture di artigianato produttivo e di servizio, che non necessitano di grandi

spazi e che risultano compatibili con la residenza, attraverso il miglioramento delle condizioni generali

di accessibilità;

b) la realizzazione di un’area attrezzata per la media e grande distribuzione commerciale in località

Gianguarna. Tale area, localizzata ai lati della strada provinciale n. 24, insiste parzialmente in ambiti

precedentemente destinati a zone di espansione residenziale ed è destinata specificatamente alla

realizzazione di depositi e grandi spazi commerciali per ospitare tutte quelle attività che oggi

interessano disordinatamente l'area urbana e che risultano incompatibili (o comunque di disturbo)

con le attività residenziali.

c) la sostanziale conferma dell'agglomerato industriale previsto dal precedente Piano in località Scalo,

con alcune modifiche necessarie per tener conto della presenza di alcuni appezzamenti di terreno

destinati a colture specializzate e tenendo comunque presente le direttive date dal Consiglio, riguardo

alla prevalenza delle esigenze del comparto produttivo su quello agricolo. In tale ambito, oltre alla

riorganizzazione degli impianti esistenti e la realizzazione di opere di infrastrutturazione, si prevede il

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completamento con attività di stoccaggio e deposito e della grande distribuzione, sfruttando

adeguatamente la presenza di importanti connessioni viarie e ferroviarie. All'interno di quest'area

ricadono gli impianti ferroviari di Cammarata Scalo, dei quali è stato previsto il potenziamento, anche

attraverso la realizzazione di parcheggi di interscambio, in maniera tale da costituire un importante

nodo di un sistema integrato di trasporto merci e soprattutto passeggeri.

d) la riconfigurazione degli agglomerati previsti dal precedente Piano in località Tumarrano e Borgo

Callea, per tener conto delle nuove condizioni dello stato di fatto derivanti dalla realizzazione (ancora

non completa) di un bacino in località Cannemasche attraverso il quale dovrebbero irrigarsi i terreni

ricadenti nella valle del Tumarrano, e dalla previsione di un nuovo importante collegamento stradale

con Mussomeli e con l'area nissena interna con innesto sulla strada Pa-Ag in corrispondenza dello

svincolo di San Giovanni. La dislocazione degli agglomerati produttivi lungo la valle del Tumarrano è

stata progettata, come già prima rilevato, in maniera tale da sottrarre il minor numero possibile di

aree vocate alla utilizzazione agricola e contemporaneamente di consentire una facile

infrastrutturazione delle aree produttive; per tale ragione sono stati previsti diversi piccoli nuclei, e

non un’unica grande area, in aree pianeggianti e già servite dalla viabilità esistente.

Al di fuori delle aree sin qui descritte sarà comunque data la possibilità di realizzare stabilimenti produttivi per

lo sfruttamento di risorse locali in tutte le aree di verde agricolo non gravate da vincoli di inedificabilità,

rispettando una precisa normativa definita con riferimento ai tipi di lavorazioni ammissibili ed alle

caratteristiche spaziali e di inserimento ambientale dei manufatti da realizzare.

IV.2.8.5 Le aree protette.

La Montagna ha, da sempre, costituito una importantissima risorsa per il territorio cammaratese. La recente

istituzione di una Riserva Naturale Orientata da parte della Regione sull'intero ambito territoriale del monte

Cammarata, oltre a garantire adeguate forma di protezione del patrimonio naturalistico ed ambientale,

dovrebbe determinare le condizioni per una ulteriore valorizzazione, anche a fini turistici, dell'area.

Il PRG, avendo competenze assai limitate per quanto attiene la pianificazione dei territori compresi nella

Riserva, dal momento che questa deve essere garantita, nelle zone A, attraverso specifici Piani di Sistemazione

da compilarsi da parte degli Enti gestori e, nelle zone B, attraverso i Piani di Utilizzazione, ha limitato, se non

mancato del tutto, di intervenire su tali aree. Nel caso di Cammarata, peraltro, le aree di preriserva sono per

una parte interessate da boschi naturali e dalle relative fasce di rispetto, il regime urbanistico delle quali è

definito per legge (art.10, L.R. 16/1996).

L'altra parte, più consistente, della pre-riserva è invece interessata da aree artificialmente rimboschite e dalle

relative fasce di rispetto; per tali aree la norma ammette genericamente tutte le destinazioni agricole. Per

alcune di queste aree, da enucleare attraverso uno studio più approfondito, il PRG ha ritenuto che,

compatibilmente con il vincolo di legge, possano prevedersi, nei Piani di Utilizzazione, attività specificatamente

volte alla valorizzazione turistica della Montagna, quali parchi di campeggio, spazi per il turismo verde e luoghi

di accoglienza e ristoro. Le stesse attività, è stato previsto, possano localizzarsi nelle pendici della montagna

che rimangono comprese tra il centro urbano (zona S. Maria, S. Lucia) e la pre-riserva, in atto interessate da

disordinate attività edilizie e da episodi di incontrollata trasformazione ambientale.

In questa fascia i necessari interventi di recupero ambientale e di rinaturazione possono integrarsi con iniziative

di valorizzazione turistica, che non prevedano la realizzazione di nuove volumetrie edilizie.

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IV.2.8.6 Le nuove aree residenziali.

Per quanto attiene le aree da destinare alla residenza, il nuovo PRG prevede, come già detto, una sostanziale

riconferma delle scelte localizzative già contenute negli strumenti urbanistici vigenti.

Le modiche introdotte, che trovano giustificazione nella necessità di rimodulare, su valori sensibilmente più

bassi di quelli indicati nel precedente PdF, la curva di crescita dei fabbisogni residenziali e di tener conto di

vincoli normativi e fisici esistenti sul territorio, riguardano principalmente la zona a valle dell'abitato, nella

quale erano previste ampie fasce di zone C, a tutt'oggi scarsamente utilizzate per la mancata redazione di piani

particolareggiati di iniziativa pubblica e per le difficili condizioni geomorfologiche dei terreni.

Per tali aree è stata proposta una riconversione in zona D3, nel caso in cui dallo studio geologico non sono

emerse condizioni ostative alla edificazione, ed una destinazione di zona agricola vincolata nel caso delle aree

site in prossimità del torrente Turibolo, interessate da fenomeni di subsidenza e soggette a rischio

idrogeologico molto elevato.

Riguardo a queste ultime si segnala la presenza di edifici, in parte completati ed abitati ed in parte in

costruzione, per la cui utilizzazione dovranno assumersi i necessari provvedimenti.

Il ridimensionamento delle nuove zone di espansione, oltre alle aree di Gianguarna, sin qui descritte, riguarda

alcune zone C localizzate dal PdF vigente in località Balatelle. Si tratta di due distinti ambiti, avulsi dal contesto

urbano, che interessano un'area sin qui completamente esclusa dal processo di urbanizzazione, compresa tra il

vallone Calcara ed il vallone Bianco.

Fatta eccezione per le aree sin qui indicate, tutte le nuove zone residenziali previste dal precedente PdF attorno

al centro urbano, sono state riconfermate quasi identicamente nel nuovo PRG, con aggiustamenti dovuti alle

nuove condizioni dello stato di fatto e, ricorrendone le condizioni, con nuove titolazioni.

Molte delle zone C del previgente PdF, ubicate a monte del paese, presentano, infatti, oggi un livello di

urbanizzazione che giustifica una nuova titolazione come zona B; in questi casi, al fine di evitare complesse

problematiche tecnico giuridiche, pur variando la titolazione, sono state mantenute le stesse normative

urbanistico edilizie del piano previgente. In tal modo, ove ne ricorrano le condizioni, si potrà costruire per

singole concessioni nel rispetto degli allineamenti definiti nel Piano particolareggiato relativo a queste zone. A

tal fine le previsioni dei Piani particolareggiati, ancorché decaduti, sono fatte proprie dal nuovo PRG.

Per quanto riguarda il Borgo Callea, il nuovo PRG, coerentemente al disegno di assegnare ad esso funzioni non

residenziali e in ossequio a quanto indicato nelle direttive consiliari, prevede un forte ridimensionamento della

zona di espansione prevista dal precedente PdF.

Un cenno particolare va fatto, infine, alle problematiche delle aree in località Santa Maria, classificate come

zone C1 nel PdF vigente ma ricadenti nella fascia di rispetto boschivo di cui all'art. 15 della L.r.78/1976 e

successive modifiche. Per tali aree, in sede di approvazione di un Piano particolareggiato esecutivo, è stata

imposta una diversa destinazione (zone di servizi ed attrezzature), per tener conto dei vincoli derivanti dalla

presenza del bosco.

Nelle more di tale riclassificazione, in una parte dell'area sopraindicata, sono state però realizzate tutte le

opere di urbanizzazione primaria, e specificatamente strade, acquedotto, fognatura, pubblica illuminazione.

Al fine di utilizzare le infrastrutture già realizzate, essendo comunque vietati nuovi interventi edilizi, è stata

prevista in tali ambiti la realizzazione di piazzali attrezzati per lo svolgimento di mercati periodici.

Sempre con riferimento alle problematiche derivanti dai vincoli boschivi, va evidenziato come nel PRG sia

prevista una deroga, ai sensi della normativa attualmente vigente, per una porzione di territorio sita nelle

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contrade Filici, Sant’Onofrio, già interessata da urbanizzazione rada e particolarmente vocata per l’uso turistico

stagionale. Al fine di consentire in tali ambiti il completamento edilizio con gli indici massimi consentiti nel

verde agricolo (0,03 mc/mq), nel PRG è stata enucleata una fascia di territorio nella quale, benché ricadente

all'interno della fascia di rispetto del bosco, si potranno realizzare piccole costruzioni stagionali.

Ad eccezione che per le aree sin qui indicate (peraltro di limitata consistenza), non si è ritenuto che sussistano

ragioni valide per proporre l'attivazione di deroghe per le altre estesissime fasce di rispetto boschivo.

IV.2.8.7 Le attrezzature e i servizi.

Anche per quel che riguarda le attrezzature ed i servizi, il PRG ripropone, nelle linee generali, le localizzazioni

del precedente PdF, introducendo però alcune significative innovazioni.

La più importante, per il ruolo che la previsione può assumere nel restituire qualità all'assetto urbanistico della

città, è certamente quella riguardante l'assetto delle aree intorno al torrente Turibolo.

Il PdF, portando alle estreme conseguenze un processo di sopraffazione iniziato ormai da molti anni, prevedeva

interventi di completamento edilizio sin quasi all'asse del torrente.

Nell'ottica di un recupero, architettonico e funzionale, del centro antico della città, il PRG ha ritenuto, invece,

che non possa prescindersi dal recupero ambientale dell'alveo fluviale che lo margina nella parte più bassa.

Per tale ragione le poche aree ancora libere da costruzioni attorno al torrente, sono state vincolate per la

realizzazione di un parco naturale, all'interno del quale si dovrà intervenire, laddove tecnicamente possibile,

con interventi di rinaturazione ed in ogni caso attraverso tecniche di ingegneria naturalistica, per ricostituire, se

non certamente l'ambiente fluviale di un tempo, una cornice di verde ai piedi della città. Il parco percorre

l'intera area urbana storica, iniziando da Gianguarna, costeggiando il fronte orientale della chiesa Madre e,

salendo ancora, il convento di San Domenico sino ad incunearsi profondamente nel tessuto della città sino a

Santa Maria ed all'area delle sorgenti.

Simmetricamente al parco del Turibolo, ma con tutt'altre caratteristiche, a nord della città antica, si sviluppa

un'altra vasta area di verde pubblico, la cui previsione è ripresa, con qualche modifica in ampliamento, dal

precedente piano. L'ampliamento previsto consente di connettere il parco urbano (un primo stralcio del quale

è già in corso di realizzazione) con un altro parco che viene previsto, modificando sensibilmente le previsioni

del precedente piano, attorno al castello.

Tra le grandi attrezzature, il PRG pone in rilievo quelle esistenti ma da completare, ubicate in località Salaci. Qui

il parco suburbano, che si avvantaggia della esistenza di una zona boscata di eccezionale pregio naturalistico da

preservare in maniera rigorosa (ricompressa, peraltro, nella Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata),

le attrezzature sportive esistenti e le grandi strutture ricettive da completare costituiscono, nel loro insieme,

una risorsa straordinariamente importante sulla quale il PRG auspica possano e debbano costruirsi occasioni di

sviluppo per l'intero territorio cammaratese.

Da segnalare, tra le altre previsioni riguardanti le attrezzature di interesse generale, la enucleazione di un’area

per l’istruzione superiore in prossimità del parco urbano, che risponde ad una esigenza particolarmente

avvertita dalla popolazione.

Infine, per quanto attiene il cimitero, in ossequio alle specifiche indicazioni contenute nella delibera di

direttive, il PRG si limita ad indicare un ampliamento di quello esistente; dal momento però che le aree

interessate dal possibile (e necessario) ampliamento ricadono in territorio di San Giovanni Gemini, l'indicazione

contenuta nel piano ha semplicemente il valore di un suggerimento, peraltro da sottoporre ad ulteriori

verifiche anche in relazione alle caratteristiche geologiche dei terreni interessati.

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IV.2.8.8 L’abitato esistente.

Partendo dalla constatazione che in due comparti di edilizia residenziale, ubicati uno a monte, l’altro a valle del

centro abitato, si registrano condizioni di particolare disordine urbanistico ed edilizio, il PRG propone il disegno

di una nuova viabilità urbana e prevede la realizzazione di adeguate urbanizzazioni attraverso una particolare

normativa, specificatamente studiata.

Per il resto, anche nella impossibilità di rimediare ai guasti apportati al paesaggio urbano da interventi edilizi di

saturazione delle aree libere interne o immediatamente contigue ai tessuti storici, (si cita tra tutti la

realizzazione di grandi edifici multipiano in adiacenza al castello, che ne hanno mortificato l’originaria

fisionomia emergente), il PRG si limita a registrare la situazione esistente con piccoli interventi di

riqualificazione funzionale.

IV.2.8.9 Il centro storico.

Le analisi svolte in fase di redazione del PRG hanno fatto emergere con chiarezza l'esistenza di condizioni

patologiche nella parte di città di più antica formazione, riferibili soprattutto ad un generalizzato fenomeno di

abbandono da parte delle fasce sociali più dinamiche ed agiate ed alla emarginazione fisica dai processi di

trasformazione urbanistica che hanno interessato, anche se non sempre positivamente, le altre parti di città. La

conseguenza più diretta è stata l'instaurarsi di processi di degrado delle strutture edilizie e di dequalificazione

dell'ambiente urbano, ad accentuare la quale hanno contribuito taluni interventi di trasformazione edilizia

effettuati con tecniche costruttive e con un linguaggio architettonico del tutto estranei al contesto storico e

comunque di bassa qualità.

Ciònonostante il centro storico di Cammarata rimane la parte più qualificata della città, quella nella quale sono

sedimentate le tradizioni e la cultura della popolazione, nonché quella che presenta le più alte potenzialità di

riuso e trasformazione.

Per questa parte di città il PRG prevede una serie di interventi, i più importanti dei quali sono certamente quelli

tendenti a migliorare l'accessibilità dell'area storica. La soluzione è stata ricercata alla scala di dettaglio,

valutando la possibilità di effettuare piccole demolizioni che migliorino le condizioni di carrabilità e consentano

di realizzare slarghi e luoghi per la sosta dei veicoli, ovvero di realizzare terrazze pensili in aree inedificate e non

direttamente fruibili come spazi a verde, a causa della elevata pendenza.

Per quanto concerne gli interventi edilizi all'interno della città storica, che conformemente alle disposizioni

legislative vigenti (L.R 70/1976) devono avere carattere prevalentemente conservativo, il PRG rinvia allo studio

di dettaglio, nel quale è precisato il grado di trasformabilità delle singole unità edilizie.

Nelle linee generali tali interventi sono definiti attribuendo un valore vincolante alla struttura morfologica

esistente che, specie nelle parti urbane di più antica formazione, costituisce una preziosa testimonianza di

passati modi di vita e di rapporti sociali e che, attraverso le necessarie modifiche edilizie, può ancora offrire un

valido modello abitativo, alternativo a quello della città contemporanea. Devono pertanto essere sottoposti ad

interventi di ripristino conservativo tutti gli spazi pubblici della città storica, le piazze in primo luogo, ma anche

gli slarghi, i cortili, i vicoli affinché riacquistino il loro valore di luoghi di socializzazione e di ambienti

architettonicamente rilevanti.

A livello edilizio in qualche caso potranno consentirsi, attraverso la redazione di piani esecutivi

particolareggiati, interventi di sostituzione e di ripristino secondo le volumetrie proprie della città storica (due o

tre piani fuori terra) ripetendo il linguaggio architettonico e gli schemi compositivi dell'edilizia tradizionale.

Un contributo rilevante alla riqualificazione della città storica potrà ottenersi attraverso la realizzazione, nelle

parti del centro storico particolarmente abbandonate e dequalificate, di interventi di edilizia residenziale

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pubblica, che potranno contribuire in maniera determinante a far ritornare la popolazione nel centro storico,

così come un contributo fondamentale ai fini della rivitalizzazione del centro storico darà, come si è già rilevato,

l'inserimento di attività produttive commerciali e di piccolo artigianato tradizionale.

Il PRG, comunque, precisa che, all'interno del centro storico, devono ritenersi ammissibili interventi di tipo

trasformativo esclusivamente nei casi in cui l'elevato degrado delle strutture non consentano il ricorso ad

interventi di tipo conservativo, ovvero nel caso in cui l'intervento di trasformazione urbanistica sia orientato al

miglioramento delle condizioni di accessibilità pubblica.

Tutti gli interventi sin qui sommariamente descritti trovano una specificazione normativa nelle Prescrizioni

esecutive del PRG relative al centro storico. In esse confluiscono pure tutte le iniziative progettuali sin qui poste

in essere dalla Amministrazione comunale e finalizzate a supportare con finanziamenti pubblici il processo di

recupero edilizio.

IV.2.9 I dati dimensionali del Piano.

IV.2.9.1 Il comparto residenziale.

Come si è già avuto modo di riportare, il PRG è stato progettato per una popolazione residente di 7.500 abitanti

al 2024.

Per soddisfare le esigenze di tale popolazione, oltre a procedere al recupero del patrimonio edilizio esistente

attualmente inutilizzato, occorrerà realizzare una ulteriore nuova volumetria residenziale, che è stata

quantificata in 170.000 mc circa.

Tale nuovo volume, come si evince dalla Tabella riportata di seguito, potrà essere realizzato per una parte,

valutata in circa 55.000 mc., all'interno delle zone di completamento del centro urbano (zone B), per la restante

parte, pari a 115.000 mc. circa, nelle zone C di espansione urbana.

Zona omogenea Superficie Indice di densità

Volume ammissibile

Volume esistente

Capacità insediativa mq mc/mq mc mc ab

Zona A1 136.012 3 408.036 408.036 1.632

Zona A2 36.500 1,5 54.750 54.750 183

Zona B1 194.714 3 584.142 550.000 2.921

Zona B2 99.647 2 199.294 170.000 996

Zona C1 31.518 2,75 86.675 45.000 722

Zona C2 181.561 0,5 90.781 45.000 757

Zona C3 54.873 0,35 19.206 9.000 160

Zona Cr 10.843 1,5 16.265 5.000 81

Totali 745.668 1.459.147 1.286.786 7.452

Nella Tabella non sono comprese le zone C destinate a residenza stagionale ed al turismo rurale.

IV.2.9.2 I comparti produttivi.

Per tener conto delle differenti necessità emerse nei diversi comparti produttivi sono stati previsti nel PRG vari

nuclei di insediamenti produttivi tra loro diversificati e dislocati in diverse parti del territorio comunale, le cui

caratteristiche dimensionali sono riepilogate nella seguente tabella.

Zona Superficie Indice di densità

Volume ammissibile

Volume esistente

mq mc/mq mc mc

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Zona Superficie Indice di densità

Volume ammissibile

Volume esistente

Zona D1 Scalo 161.843 2,25 364.147 100.000

Zona D1 Tumarrano 530.440 2,25 1.193.490 500.000

Totale Zona D1 692.283 2,25 1.557.637 600.000

Zona D2 4604 5 23.020 17.000

Zona D3 21.172 2,5 52.930

Come può rilevarsi le superfici destinate alle attività produttive, il cui dimensionamento complessivo è stato

stimato in 73 ettari circa, sono state suddivise in industriali (zone D1), artigianali (zone D2) e commerciali (zone

D3), le prime sono estese circa 69 Ha, in due nuclei rispettivamente di 16 e 53 ettari, le D2 sono estese 0.5 Ha

circa ed infine le D3 2 ettari.

IV.2.9.3 Verifica degli standard.

In merito alle attrezzature residenziali di interesse locale, di cui all'art. 3 del D.M. 2.04.1968 (asili, scuole,

attrezzature religiose, culturali, socio-assistenziali-sanitarie, amministrative), nonché alle attrezzature generali

(zone F - spazi pubblici attrezzati, parcheggi), il PRG rileva come la verifica degli standard, condotta con

riferimento ad una popolazione prevista di 7.500 abitanti, evidenzi una situazione di deficit rispetto ai minimi

garantiti.

La situazione attuale, relativa all’esistente, raggiunge un indice che è pari a 9,90 mq per abitante; più

precisamente è pari a 1,63 mq/ab per le attrezzature per l’istruzione e a 8,27 mq/ab per le altre. Tale standard

risulta quantitativamente inferiore al minimo che deve essere garantito, pari a 12 mq/ab, suddiviso in 4 mq/ab

per le attrezzature scolastiche e 8 mq/ab per le altre attrezzature.

Al riguardo è fatto rilevare che il deficit rispetto agli standard di legge è determinato soprattutto dalla

dimensione delle attrezzature scolastiche esistenti, che risultano sufficienti, in termini di numero di aule,

rispetto alla popolazione studentesca esistente e prevista, ma che sono realizzate in lotti aventi superfici

largamente al di sotto delle dimensioni minime consigliate dagli standard.

Il deficit è comunque anche determinato dalla mancanza di asili nido e scuole materne e, pertanto, nei piani

esecutivi dovranno essere previsti nuclei di attrezzature appartenenti a queste categorie, in maniera tale da

raggiungere gli standard minimi prescritti.

IV.2.10 Programma e fasi di attuazione del Piano.

Osserva il progettista del PRG che in una condizione di estrema complessità come quella che caratterizza

l'attuale fase evolutiva della realtà di Cammarata, non è certamente facile identificare, tra gli interventi previsti

dal Piano, priorità di realizzazione; ogni intervento progettato può contribuire infatti a risolvere problemi per i

quali, in diverso modo, esistono aspettative.

Il compito è reso ulteriormente difficile dalla natura stessa del piano, che si qualifica complessivamente come

un progetto di riqualificazione urbanistica e di sviluppo economico; un progetto che certamente dovrà essere

gestito, guidato e stimolato dalla Amministrazione comunale ma che in certa misura potrà attuarsi con

l'impegno economico diretto dei cittadini e che risulta pertanto difficilmente programmabile.

Nelle linee generali si ritiene che le energie politiche, tecniche, amministrative e finanziarie più consistenti

debbano essere rivolte, nei primi anni di applicazione del Piano, al recupero della città storica, non tanto e non

solo perchè essa rappresenta la memoria costruita, preziosa testimonianza di una non più riproducibile cultura

materiale ed architettonica, ma anche perchè dal recupero delle abitazioni degradate ed inutilizzate del centro

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storico può derivare un contributo consistente alla risoluzione dei problemi abitativi del paese, con il duplice

risultato di riassegnare al centro storico il ruolo primario che gli appartiene e di evitare processi di ulteriore

dilatazione del territorio.

Nel campo degli interventi di supporto alle attività economiche, assoluta priorità è data a quelli relativi alle

attività produttive, alla realizzazione di aree attrezzate per il commercio periodico su aree pubbliche e alla

realizzazione di aree attrezzate per le attività commerciali, industriali ed artigianali. Per tutte queste aree,

peraltro, sono state predisposte specifiche Prescrizioni esecutive del PRG, che consentono di passare

immediatamente, almeno per i primi stralci, alla fase realizzativa.

IV.2.11 La ripartizione del territorio in Zone Territoriali Omogenee (ZTO).

Il PRG suddivide il territorio comunale di Cammarata nelle seguenti zone e ambiti che risultano delimitati negli

elaborati alle scale 1/10.000 e 1/2000:

a) zone A distinte nelle sottozone A1 ed A2;

b) zone B, distinte nelle sottozone B1, B2;

c) zone C, distinte nelle sottozone C1, C2, C3, C4, Cr, Ct, Cc;

d) zone D, distinte nelle sottozone D1, D2, D3;

e) zone E di verde agricolo, con le specificazioni E1, E2, E3.1, E3.2, EF;

f) zone F di attrezzature di interesse generale;

g) servizi della residenza;

h) aree archeologiche;

i) viabilità e verde stradale.

IV.2.11.1 Destinazione d’uso delle zone.

Le zone residenziali A, B e C sono destinate prevalentemente alla residenza, alle relative urbanizzazioni

primarie ed ai servizi ad essa direttamente connessi.

Negli edifici e nelle aree ricadenti in tali zone sono consentiti, oltre alle abitazioni:

- magazzini e depositi limitatamente ai piani terreni e/o scantinati di edifici residenziali, ovvero in corpi

di fabbrica indipendenti dagli edifici residenziali ma costituenti pertinenze accessorie di questi; sono

esclusi in ogni caso nelle zone residenziali i depositi all'aperto o sotto tettoie e i capannoni in qualsiasi

modo realizzati;

- laboratori a carattere artigianale, purchè vi si eserciti attività non nociva, nè molesta, nè rumorosa;

- alberghi, motel, residences e pensioni;

- sedi bancarie, assicurative e simili;

- esercizi commerciali di vicinato, centri commerciali e medie strutture di vendita al dettaglio e annessi

servizi;

- studi professionali e commerciali, uffici privati;

- uffici pubblici e locali destinati a servizi pubblici;

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- luoghi di culto, di riunione, di divertimento e di svago con i relativi impianti, palestre e circoli sportivi,

ricreativi e culturali, ristoranti, bar, locali di spettacolo;

- centri culturali, sedi di associazioni, biblioteche, scuole, asili nido;

- autorimesse pubbliche e private;

- case-albergo, ostelli della gioventù, case-protette e comunità alloggio per anziani;

- impianti tecnici urbani.

Nell'ambito delle destinazioni d'uso sopraelencate sono consentiti, previo parere dell'UTC e del Responsabile

della Igiene pubblica, cambi di destinazione da sottoporre ad autorizzazione secondo le modalità stabilite

dall'art. 10 della L.R. 37/1985 e succ. mod. Ai fini del rilascio della autorizzazione per nuove destinazioni d’uso,

per gli immobili realizzati in data anteriore all’entrata in vigore della L. 765/1967, la destinazione d’uso

originaria può essere asseverata dal proprietario attraverso specifica dichiarazione sostitutiva dell’atto di

notorietà, da rendere nelle forme di legge.

Sono consentiti inoltre, nelle zone residenziali B e C, centri direzionali e commerciali ed attività commerciali di

vicinato ed attinenti alla media distribuzione, purchè dotati degli spazi pubblici di cui all'art. 5 punto b) del D.M.

2.4.1968.

Le destinazioni d'uso per ciascun edificio dovranno essere assentite anche in funzione della rete viaria urbana

esistente e dei flussi di traffico conseguenti alla destinazione richiesta.

Le zone D sono destinate alle attività produttive, secondo quanto successivamente specificato.

Le zone E sono destinate prevalentemente ad usi agricoli, residenziali e agrituristici e produttivi, secondo

quanto specificato successivamente.

Le zone dei servizi residenziali e le zone F hanno ciascuna una specifica destinazione indicata negli elaborati di

piano. E' comunque facoltà del Consiglio Comunale modificare la destinazione d'uso prevista per tali zone,

attraverso l’approvazione di specifici progetti, senza che ciò costituisca variante allo strumento urbanistico.

Gli edifici di proprietà privata destinati ad uffici ed attrezzature pubbliche, aventi specifica destinazione di zona

F nel PRG, nel caso di trasferimento dell’attività pubblica che in essi si svolge, assumono la classificazione della

zona omogenea all’interno della quale sono inseriti.

In tutte le zone omogenee nelle nuove costruzioni devono essere previsti e vincolati, in applicazione dell'art. 40

della L.R. 19/1972 e succ. mod., spazi da destinare a parcheggi privati ed ai relativi spazi per la manovra e

l'accesso, di superficie non inferiore ad 1/10 della volumetria realizzata. Tale obbligo non sussiste solamente

per gli edifici ricadenti in zona A non raggiungibili in alcun modo da strade carrabili.

Tali spazi possono essere ricavati all'interno delle costruzioni stesse, ovvero in aree esterne di pertinenza

dell'edificio, ovvero anche in aree esterne al lotto, da asservire a mezzo di atto da trascrivere a spese e cura del

richiedente la concessione. In quest'ultimo caso l'area asservita esterna al lotto non contribuisce alla

determinazione della volumetria realizzabile in base agli indici di zona.

IV.2.11.2 Descrizione delle ZTO, parametri urbanistici, interventi ammissibili e

loro modalità.

IV.2.11.2.1 Zone omogenee A.

Sono costituite dal centro urbano di formazione medioevale, dalle successive espansioni sei-settecentesche,

dai tessuti edilizi di saturazione del secolo XIX, dalle aree libere circostanti, nonché dal Borgo Callea.

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Le zone A, perciò, sono distinte in A1: Centro storico urbano e A2: Borgo Callea.

IV.2.11.2.1.1 Zona omogenea A1 – Centro storico urbano.

Zona A1

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

All'interno del

perimetro della zona A1

ricadono il centro

urbano di formazione

medioevale, le

successive espansioni

sei-settecentesche, i

tessuti edilizi di

saturazione del sec. XIX

nonchè le aree libere

circostanti che devono

considerarsi parti

integranti, sotto il

profilo storico e

paesaggistico, degli

insediamenti storici. Di

tali zone il PRG prevede

la salvaguardia fisico-

morfologica,

attribuendo al centro

storico urbano un ruolo

di caposaldo della

nuova organizzazione

funzionale del

territorio.

In considerazione dello stato di

degrado in cui versano molti edifici

ricadenti in tale zona e

dell'importanza del loro recupero ai

fini culturali e/o economici, la zona

A1 è interamente da considerarsi

"zona di recupero" ed in essa si

applicano le norme e le

agevolazioni previste dalla L.

457/78 e successive modificazioni

nazionali e regionali.

Gli interventi di ristrutturazione

urbanistica dovranno avere come

obiettivo la riqualificazione di parti

dell'abitato particolarmente

destrutturate e il raggiungimento di

rilevanti e documentate finalità

sociali e dovranno essere realizzati

nel rispetto degli indici e parametri

stabiliti dal D.M. 2.04.1968 e dei

criteri progettuali fissati nell'art. 55

della L.R. 71/1978 e specificati nella

Circ. ATA n. 3/2000. La

realizzazione di tali interventi è

comunque subordinata alla

approvazione di specifici piani

particolareggiati esecutivi.

Gli interventi, di iniziativa sia pubblica che privata,

dovranno tendere a far assumere a questa parte di

città il ruolo centrale che le è proprio, oggi in buona

misura perduto, conservando la struttura morfologica

complessiva ed adeguando le caratteristiche

tipologiche del patrimonio edilizio esistente alle attuali

necessità abitative e ricettive.

Le previsioni del PRG per la zona A1 trovano

specificazione nelle Prescrizioni Esecutive progettate in

conformità alla Circ. A.T.A. n. 3/2000, nelle quali sono

specificate, per ciascuna unità edilizia, le modalità di

intervento ammesse e sono identificati gli ambiti da

sottoporre a ristrutturazione urbanistica.

Nella zona A1 possono localizzarsi Programmi

costruttivi per l'edilizia residenziale pubblica

sovvenzionata, convenzionata e agevolata, Piani di

Recupero ovvero Programmi urbani complessi.

In considerazione del carattere unitario della zona e

del ruolo che essa dovrà assolvere nell'assetto

urbanistico complessivo della città, l'Amministrazione

potrà predisporre per l'intera zona A1 o per alcune sue

parti un Piano Programma per il Decoro Urbano,

costituente specificazione del Regolamento Edilizio e

da approvare con le stesse procedure, all'interno del

quale precisare i materiali ed i colori da impiegare

nelle facciate degli edifici pubblici e privati, i modelli

progettuali ai quali dovranno uniformarsi gli enti

erogatori di servizi a rete negli interventi in spazi

pubblici per la realizzazione di tubazioni, cavidotti,

contatori, cabine, etc., i tipi di pavimentazione e di

arredo degli spazi pubblici e privati di uso collettivo, il

disegno delle vetrine, delle targhe stradali e degli spazi

pubblicitari e quant'altro occorra per garantire il

decoro urbano.

IV.2.11.2.1.2 Zona omogenea A2 – Borgo Callea.

Zona A2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Rientrano in questa zona il

“Borgo Callea” realizzato nel

secolo scorso in località

Tumarrano, e le costruzioni

residenziali ad esso

immediatamente adiacenti.

Ai fini, comunque, della

presente valutazione, la zona

Le destinazioni ammesse, oltre a quelle residenziali, sono

tutte quelle occorrenti per costituire un nucleo attrezzato di

servizi rivolto al territorio agricolo, quali uffici, sale riunioni,

sale mostre, aule didattiche e simili.

In considerazione del suo interesse storico documentativo il

complesso è sottoposto ad un regime di tutela che ne

preservi l’identità morfo-tipologica pur consentendo gli

interventi necessari per la sua rifunzionalizzazione.

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Via Libertà, 8 – 92022 Cammarata (AG)

Tel. 0922-902346 - Cell. 3283637820

[email protected]

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41

Zona A2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

omogenea A2, per la

notevole distanza che la

separa dai SIC, non si ritiene

possa avere alcuna influenza.

Sono in particolare consentiti gli interventi di cui alle lett. a),

b), c), d) dell’art. 20 della L.R. 71/1978, nonche quelli

occorrenti per adattare le strutture edilizie esistenti alle

nuove destinazioni d’uso.

IV.2.11.2.2 Zone omogenee B.

Sono classificate zone B le parti del territorio comunale aventi le caratteristiche stabilite dall'art. 2 lett.b) del

D.M. 2.4.1968.

In considerazione delle diverse caratteristiche di edificazione e del diverso ruolo nel contesto territoriale le

zone B sono suddivise nelle sottozone B1 e B2.

In tutte le zone B è ammessa l'attuazione per singole concessioni soltanto quando i lotti risultino

immediatamente serviti dalle principali opere di urbanizzazione primaria (acquedotto, fognatura e strade). In

assenza di una o più di tali opere occorre procedere attraverso piani esecutivi.

Tali piani saranno estesi di norma, e salvo quanto di seguito specificato per ciascuna sottozona, alla intera zona

omogenea delimitata nel PRG da strade e zone a diversa destinazione. All'interno del piano esecutivo, oltre agli

eventuali spazi per la viabilità, dovranno reperirsi spazi relativi a tutte le opere di urbanizzazione primaria e

secondaria, nella misura di 9 mq per ogni cento metri cubi di costruzione; tali spazi dovranno essere accorpati

in ambiti direttamente raggiungibili da strade e spazi pubblici e ciascuno avente dimensione tale da garantire la

funzionalità del servizio da allocare.

Le eventuali strade interne alle lottizzazioni devono avere una sezione trasversale in nessun caso inferiore a m.

8,00 e comunque non inferiore a quella media delle strade esistenti delle quali costituiscono il prolungamento,

dovranno porsi in continuità con le strade esistenti ed essere progettate in maniera tale che, quando sarà

saturata la volumetria realizzabile nell'ambito della zona omogenea, non rimangano strade a fondo cieco. Nel

caso in cui venga dimostrata la assoluta impossibilità tecnica, per la natura del terreno, di ricollegare la nuova

viabilità alle strade esistenti chiudendo le maglie stradali e debba pertanto necessariamente prevedersi una

strada a fondo cieco, dovranno prevedersi al termine della strada adeguati spazi pubblici per la agevole

manovra delle autovetture.

Nelle nuove lottizzazioni riguardanti ambiti in parte già edificati non possono essere ulteriormente frazionate

né comunque utilizzate per la formazione di nuovi lotti le parti di terreno già asservite o vincolate per la

realizzazione degli edifici esistenti in forza della pre-vigente disciplina urbanistica, a meno che l'area vincolata

non risulti maggiore di quella strettamente necessaria in base ai nuovi indici.

Nelle aree interessate da lottizzazioni convenzionate in corso di validità, nonché in quelle comprese all'interno

di piani esecutivi di iniziativa pubblica e privata vigenti, o che tali si rendano prima della adozione del presente

Piano, si applicano, in deroga alle disposizioni contenute nelle presenti norme e nel Regolamento Edilizio, e

sino alla approvazione delle stesse, le indicazioni plano-volumetriche e normative contenute nei piani

approvati.

Sono comunque fatte salve le previsioni contenute in concessioni edilizie già rilasciate e in corso di validità.

Gli edifici, o le parti di edifici (mansarde, locali tecnici), vincolati a particolari destinazioni in forza di norme pre-

vigenti possono essere destinati a tutti gli usi ammessi all'interno delle zone B, a condizione che vengano

rispettati i parametri di edificazione di seguito specificati per ciascuna sottozona omogenea.

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42

Non è ammessa in nessun caso una diversa utilizzazione degli immobili destinati a parcheggio in attuazione

dell'art. 40 della L.R. 19/1972 e succ. mod.

Le sedi stradali, le piazze e gli spazi di uso pubblico in genere ricadenti all'interno delle zone omogenee B sono

inedificabili. In tali aree, al di sotto del piano stradale, può tuttavia essere consentita la realizzazione di

parcheggi ed autorimesse, anche da parte di privati, in attuazione della L. 122/1991 e succ. mod.

In tutte le zone B è in ogni caso prescritta una distanza minima di m. 10 tra pareti finestrate e pareti antistanti,

anche non finestrate.

IV.2.11.2.2.1 Zona B1 – Area urbana consolidata.

Zona B1

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Rientrano in tale

classificazione le parti

di città di formazione

recente, prive di

interesse storico ed

ambientale, per lo più

già normate come

zone B1 dal P. di F.

previgente. In tali

sottozone il PRG, al

fine di garantire la

necessaria continuità

normativa, ripropone

sostanzialmente le

norme previgenti.

Gli interventi di nuova edificazione in lotti esistenti

alla data di adozione del presente piano, che

risultino interclusi e che abbiano superficie non

superiore a mq. 120, deve avvenire nel rispetto

delle seguenti prescrizioni:

- la densità edilizia massima sarà pari a 9 mc/mq;

- l'altezza massima sarà pari a ml. 11 con non più di

tre piani fuori terra;

- l'edificazione è consentita sul preesistente

allineamento stradale, anche in deroga alle norme

generali sui distacchi.

Gli interventi di demolizione e ricostruzione e di

nuova edificazione non rientranti nella fattispecie di

cui al comma precedente devono rispettare le

seguenti prescrizioni:

- la densità fondiaria massima è stabilita in 5

mc/mq;

l'altezza massima sarà pari a ml. 14,00;

la distanza minima dai confini del lotto e dalle

strade è stabilita in m.5, salvo maggiori distacchi

determinati dal rispetto della normativa sismica;

sono ammesse le costruzioni in aderenza;

- nel caso di demolizione e ricostruzione

l'edificazione è consentita sul preesistente

allineamento stradale, anche in deroga alle norme

generali sui distacchi.

All'interno di tali sottozone sono

consentiti in particolare interventi

rivolti alla conservazione ed alla

trasformazione, anche mediante

demolizione e ricostruzione,

dell'edilizia esistente e al

completamento degli isolati esistenti.

In particolare sono consentiti, previo

rilascio di singola concessione edilizia,

interventi di manutenzione,

ristrutturazione edilizia, ampliamento,

sopraelevazione, demolizione e

ricostruzione, nuova costruzione in lotti

già urbanizzati.

I piani esecutivi eventualmente

occorrenti dovranno essere estesi ad

una porzione di zona B1 delimitata da

strade e spazi pubblici esistenti; nel

caso in cui tali porzioni abbiano

estensione superiore a 5.000 mq. è

consentito estendere la lottizzazione

ad ambiti di più ridotta dimensione. In

questo caso la lottizzazione è

approvata dal Consiglio comunale,

previa verifica della mancanza di

pregiudizio per l’attività dei terzi.

IV.2.11.2.2.2 Zone B2 – Aree urbane da completare.

Zona B2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Rientrano in tale classificazione le parti di città di

formazione recente, prive di interesse storico ed

ambientale, prevalentemente già normate come zone C1

nel Piano previgente ed oggi urbanizzate con indici e

densità superiori a quelle stabilite dal D.M. 2.4.1968.

All’interno delle zone B2 rientrano taluni ambiti

caratterizzati da particolare disordine urbanistico, nei quali

Gli interventi ammessi ed i parametri di

edificazione sono quelli specificati per

le zone B1, ad eccezione della densità

fondiaria massima nei lotti di superficie

superiore a mq. 120, che non potrà

superare 3,50 mc/mq. e dell’altezza

degli edifici negli stessi lotti, che non

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43

Zona B2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

si applicano le disposizioni per le zone C. può superare i 10,00 m.

IV.2.11.2.3 Zone C.

Comprendono le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti abitativi ovvero al completamento degli

insediamenti esistenti che non possono classificarsi come zone B ai sensi dell'art. 2 del D.I. n. 1444/1968.

Le zone C, a seconda delle diverse caratteristiche di edificabilità, sono suddivise nelle seguenti sottozone: C1,

C2, C3, C4, Cr, Ct, Cc.

L'edificazione nelle zone C è subordinata alla approvazione di un piano attuativo esteso di norma, e salvo

quanto di seguito specificato per ciascuna sottozona, alla intera zona omogenea delimitata nel PRG da strade e

zone a diversa destinazione. All'interno del piano esecutivo, oltre agli eventuali spazi per la viabilità, dovranno

reperirsi spazi relativi a tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nella misura di 12 mq per ogni

cento metri cubi di costruzione; tali spazi dovranno essere accorpati in ambiti direttamente raggiungibili da

strade e spazi pubblici e ciascuno avente dimensione tale da garantire la funzionalità del servizio da allocare.

Le eventuali strade interne alle lottizzazioni devono avere una sezione trasversale in nessun caso inferiore a m.

10 e comunque non inferiore a quella media delle strade esistenti delle quali costituiscono il prolungamento,

dovranno porsi in continuità con le strade esistenti ed essere progettate in maniera tale che, quando sarà

saturata la volumetria realizzabile nell'ambito della zona omogenea, non rimangano strade a fondo cieco. Nel

caso in cui venga dimostrata la assoluta impossibilità tecnica, per la natura del terreno, di ricollegare la nuova

viabilità alle strade esistenti chiudendo le maglie stradali e debba pertanto necessariamente prevedersi una

strada a fondo cieco, dovranno prevedersi al termine della strada adeguati spazi pubblici per la agevole

manovra delle autovetture.

Nelle nuove lottizzazioni riguardanti ambiti in parte già edificati non possono essere ulteriormente frazionate

nè comunque utilizzate per la formazione di nuovi lotti le parti di terreno già asservite o vincolate per la

realizzazione degli edifici esistenti in forza della previgente disciplina urbanistica, a meno che l'area vincolata

non risulti maggiore di quella strettamente necessaria in base ai nuovi indici.

E' fatto esplicito divieto di procedere al frazionamento catastale di terreni ricadenti nelle zone omogenee C se

non a seguito della approvazione di piani esecutivi o comunque nei casi consentiti dalla legge.

Nell'ambito delle zone C, per la realizzazione di iniziative turistico-ricettive a gestione unitaria, rientranti tra

quelle specificate nell'art. 3 della L.R. 27/1996, gli indici di fabbricabilità appresso specificati per ciascuna zona

possono essere aumentati di una quantità non superiore al 50%. Il rilascio della concessione in questo caso

resta subordinato alla istituzione di uno specifico vincolo di destinazione ad attività alberghiere, registrato e

trascritto nelle forme di legge.

Su aree dotate delle principali opere di urbanizzazione e prospicienti su strade di larghezza non inferiore a ml.

7.50, nei lotti coincidenti con particelle catastali derivanti da un regolare frazionamento perfezionato alla data

di adozione del presente piano, è consentita l’edificazione per singola concessione nel rispetto degli indici e

parametri appresso specificati per ciascuna sottozona.

Il rilascio della concessione in questo caso deve prevedere la monetizzazione degli spazi di urbanizzazione

primaria e secondaria nella quantità prevista nella stessa zona ed è subordinato al versamento alle casse

comunali delle somme corrispondenti, aggiuntive rispetto agli oneri di urbanizzazione.

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In tutte le zone C le nuove iniziative edilizie dovranno essere progettate rispettando il più possibile l'assetto

morfologico e vegetazionale preesistente; in particolare è di norma fatto divieto di rimuovere, oltre che gli

alberi ornamentali, anche le alberature di alto fusto appartenenti alle specie agrarie locali, quali ulivi, mandorli,

bagolari, noci, etc., se non per comprovate ragioni che dovranno comunque essere evidenziate in ciascun

progetto.

IV.2.11.2.3.1 Zone C1 – Aree di espansione urbana.

Zona C1

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono così classificate le

aree, localizzate nelle

immediate adiacenze della

città consolidata,

prevalentemente già

classificate zona C1 dal pre-

vigente Piano.

Le previsioni del PRG per tali

zone si attuano a mezzo di piani

esecutivi redatti nel rispetto dei

seguenti indici e parametri:

a) indice di fabbricabilità

territoriale non superiore a

2,75 mc/mq;

b) indice di fabbricabilità

fondiaria non superiore a 3,50

mc/mq;

c) altezza massima assoluta ml.

10,00.

d) distanza minima fra pareti

finestrate e pareti di edifici

antistanti non inferiore

all’altezza dell’edificio più alto

con un minimo assoluto di m.

10;

e) distanza minima delle

costruzioni dal ciglio stradale

non inferiore a m. 7,50 e

comunque a quanto stabilito

per ciascuna categoria di strada

dal Codice della strada.

Nel rispetto delle norme suddette è ammessa la

costruzione di case isolate o a schiera.

Ai fini della verifica dell'indice di fabbricabilità

territoriale, va assunta come superficie territoriale

l'area, di proprietà dei lottizzanti, costituente un unico

ambito continuo e destinata nel PRG a zona C1, ed

eventualmente anche a viabilità pubblica o a servizi

residenziali pubblici.

Sul patrimonio edilizio esistente sono consentiti, per

singola concessione, interventi di ristrutturazione nel

rispetto della volumetria esistente, nonché interventi

di ampliamento, sopraelevazione, demolizione e

ricostruzione nel rispetto dei parametri di cui alle lett.

b), c), d), e) del precedente comma 2.

Nel caso di ambiti compresi tra edifici esistenti e

viabilità o spazi pubblici può essere consentita la

lottizzazione di aree che interessano una superficie

minore dell’intera zona contraddistinta dallo stesso

simbolo alfanumerico; ai fini della approvazione di tali

piani dovrà in particolare verificarsi che la lottizzazione

proposta non sia di pregiudizio per i proprietari degli

altri lotti edificabili ricadenti all'interno della stessa

zona omogenea, e che risulti garantita la possibilità di

prevedere all'interno della lottizzazione almeno una

unità funzionale di aree per verde e parcheggi.

IV.2.11.2.3.2 Zone C2 – Aree residenziali periurbane.

Zona C2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono così classificate le

aree, localizzate a

margine della città

esistente, destinate a

residenze stabili o

stagionali

Le previsioni del PRG per tali zone si

attuano a mezzo di piani esecutivi redatti

nel rispetto dei seguenti indici e parametri:

a) indice di fabbricabilità territoriale non

superiore a 0,50 mc/mq;

b) indice di fabbricabilità fondiaria non

superiore a 0.75 mc/mq;

c) altezza massima in ciascun punto del

fronte m. 7,50;

d) rapporto di copertura non superiore al

30%;

e) lotto minimo mq. 1000;

f) distanza minima fra fabbricati m. 15, dal

Nel caso di ambiti compresi tra edifici

esistenti e viabilità o spazi pubblici può

essere consentita la lottizzazione di aree che

interessano una superficie minore di quella

sopra specificata; ai fini della approvazione di

tali piani dovrà in particolare verificarsi che la

lottizzazione proposta non sia di pregiudizio

per i proprietari degli altri lotti edificabili

ricadenti all'interno della stessa zona

omogenea, e che risulti garantita la

possibilità di prevedere all'interno della

lottizzazione almeno una unità funzionale di

aree per verde e parcheggi.

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Zona C2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

confine m. 7,50;

g) distanza minima delle costruzioni dal

ciglio stradale non inferiore a m. 7,50 e

comunque a quanto stabilito per ciascuna

categoria di strada dal Codice della strada.

L’area minima di intervento urbanistico è

stabilita in mq. 10.000.

Sul patrimonio edilizio esistente sono

consentiti, per singola concessione,

interventi di ristrutturazione nel rispetto

della volumetria esistente, nonché interventi

di ampliamento, sopraelevazione,

demolizione e ricostruzione, nel rispetto dei

parametri di cui alle lett. b), c), d), f), g).

IV.2.11.2.3.3 Zone C3 – Zone residenziali a bassa densità.

Zona C3

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro

modalità

Sono così classificate le

aree, localizzate ad una

certa distanza dalla

città esistente,

destinate a residenze

stabili o stagionali a

bassa densità.

Si applicano le disposizioni indicate per le zone C2, con le seguenti

specificazioni:

a) indice di fabbricabilità territoriale non superiore a 0,35 mc/mq;

b) indice di fabbricabilità fondiaria non superiore a 0.50 mc/mq;

c) altezza massima in ciascun punto del fronte m. 7,50;

d) rapporto di copertura non superiore al 20%;

e) lotto minimo mq. 1.500;

f) distanza minima fra fabbricati m. 20, dal confine m. 10;

g) distanza minima delle costruzioni dal ciglio stradale non

inferiore a m. 10 e comunque a quanto stabilito per ciascuna

categoria di strada dal Codice della strada.

L’area minima di intervento urbanistico è stabilita in mq. 10.000.

IV.2.11.2.3.4 Zone C4 – Zone residenziali a bassa densità.

Zona C4

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro

modalità

Sono così classificate le

aree destinate a

residenze stabili o

stagionali nel verde.

Si applicano le disposizioni indicate per le zone C3, con le seguenti

specificazioni:

a) indice di fabbricabilità territoriale non superiore a 0,20 mc/mq;

b) indice di fabbricabilità fondiaria non superiore a 0.30 mc/mq;

c) altezza massima in ciascun punto del fronte m. 7,50;

d) rapporto di copertura non superiore al 30%;

e) lotto minimo mq. 2.000;

f) distanza minima fra fabbricati m. 20, dal confine m. 10;

g) distanza minima delle costruzioni dal ciglio stradale non

inferiore a m. 10 e comunque a quanto stabilito per ciascuna

categoria di strada dal Codice della strada.

L’area minima di intervento urbanistico è stabilita in mq. 10.000.

IV.2.11.2.3.5 Zone Cr – Borgo Callea.

Zona Cr

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono così classificate

le aree destinate alla

realizzazione di un

L'edificazione deve avvenire

nel rispetto dei seguenti

indici e parametri:

E’ prescritta la redazione di un piano esecutivo esteso

all’intera zona Cr contornata da strade e da zone a diversa

destinazione, all'interno dei quali devono essere reperiti gli

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Zona Cr

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

centro residenziale e

di servizio a

completamento del

Borgo Callea.

a) indice di fabbricabilità

territoriale non superiore a

1,5 mc/mq;

b) indice di fabbricabilità

fondiaria non superiore a 2,0

mc/mq;

c) numero massimo dei piani

fuori terra due con l'altezza

massima di m. 7.50;

d) rapporto di copertura non

superiore al 20%;

e) distanza minima fra

fabbricati, nel caso di

distacco, m. 10; dal confine

m. 5,0; dalle pareti finestrate

di edifici esterni al lotto m.

10,0.

f) distanza minima delle

costruzioni dal ciglio stradale

m. 10,0 e comunque non

inferiore a quanto stabilito

per ciascuna categoria di

strada dal Codice della

strada.

spazi di cui all’art. 3 del D.M. 2.04.1968, nella misura minima

di 12 mq/ab.

Sono consentite, sui confini interni del lotto, costruzioni

accessorie, destinate ad autorimessa, lavanderia, magazzino,

aventi altezza massima di m. 3,50 al colmo e m. 2,40 alla

gronda, aventi superficie coperta non superiore ad un ottavo

dell'area rimasta libera dal fabbricato principale.

Nel rispetto delle norme suddette è ammessa la costruzione di

case isolate o a schiera. Le destinazioni ammesse, oltre a

quelle residenziali, sono tutte quelle occorrenti per costituire

un nucleo attrezzato di servizi rivolto al territorio agricolo,

quali uffici, sale riunioni, sale mostre, aule didattiche e simili.

Le costruzioni dovranno inserirsi armonicamente per forma,

dimensione, caratteri stilistici e materiali nell'ambiente rurale

circostante.

Per la realizzazione di programmi privati di investimento

possono essere autorizzati dal Consiglio comunale piani

esecutivi estesi ad ambiti di più ridotta dimensione rispetto a

quella sopra stabilita.

Su aree dotate delle principali opere di urbanizzazione e

prospicienti su strade di larghezza non inferiore a ml. 7.50, nei

lotti coincidenti con particelle catastali derivanti da un

regolare frazionamento perfezionato alla data di adozione del

presente piano, è consentita l’edificazione per singola

concessione nel rispetto degli indici e parametri sopra

specificati.

Il rilascio della concessione in questo caso deve prevedere la

monetizzazione degli spazi di urbanizzazione primaria e

secondaria nella quantità prevista nella stessa zona ed è

subordinato al versamento alle casse comunali delle somme

corrispondenti.

Sul patrimonio edilizio esistente sono consentiti, per singola

concessione, interventi di ristrutturazione nel rispetto della

volumetria esistente, nonché interventi di ampliamento,

sopraelevazione, demolizione e ricostruzione nel rispetto dei

parametri di cui alle lett. b), c), e), f).

IV.2.11.2.3.6 Zone Ct – Complessi turistico-alberghieri-ricettivi.

Zona Ct

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono le parti del

territorio destinate

alla realizzazione di

complessi turistico-

alberghieri-ricettivi a

gestione unitaria.

L’edificazione è subordinata alla approvazione di piani di

lottizzazione di cui all’art. 15 della L.R. 71/1978, da

redigere nel rispetto dei seguenti indici e parametri:

a) indice di fabbricabilità territoriale non superiore a 2,0

mc/mq;

b) numero massimo dei piani fuori terra tre, con

l'altezza massima di m. 11;

c) rapporto di copertura non superiore al 20%;

d) distanza minima dal confine m. 7.50; dalle pareti

All’interno del piano dovranno

prevedersi aree da destinare agli

standard (almeno parcheggi e

verde stradale) nella misura

minima di 15 mq per ogni cento

metri cubi di costruzione.

Le costruzioni dovranno inserirsi

armonicamente, per forma, colore

e dimensione, nel contesto

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Zona Ct

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

finestrate di edifici esterni al lotto m. 10,0.

e) distanza minima delle costruzioni dal ciglio stradale

m. 10,0 e comunque non inferiore a quanto stabilito per

ciascuna categoria di strada dal Codice della strada.

naturale circostante. E’ fatto

divieto di abbattere gli alberi di alto

fusto esistenti all’interno dell’area

di intervento.

IV.2.11.2.3.7 Zone Cc – Complessi ricettivi all’aria aperta.

Zona Cc

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro

modalità

Sono le parti del

territorio destinate

alla realizzazione di

complessi ricettivi

all’area aperta.

L’edificazione è subordinata alla approvazione di piani di

lottizzazione di cui all’art. 15 della L.R. 71/1978, da redigere nel

rispetto delle norme tecniche contenute nella L.R. 14/1982.

All’interno delle zone Cc è consentita la realizzazione di manufatti

edilizi stabili da destinare al pernottamento e ai servizi tecnici,

igienico-sanitari e complementari, da realizzare nel rispetto dei

seguenti indici:

a) indice di fabbricabilità territoriale non superiore a 0.50 mc/mq;

b) numero massimo dei piani fuori terra due, con l'altezza massima

di m. 7,50;

c) rapporto di copertura non superiore al 10%;

d) distanza minima dal confine m. 7.50; dalle pareti finestrate di

edifici esterni al lotto m. 10,0.

e) distanza minima delle costruzioni dal ciglio stradale m. 20 e

comunque non inferiore a quanto stabilito per ciascuna categoria di

strada dal Codice della strada.

Le costruzioni dovranno

inserirsi

armonicamente, per

forma, colore e

dimensione, nel

contesto naturale

circostante. E’ fatto

divieto di abbattere gli

alberi di alto fusto

esistenti all’interno

dell’area di intervento.

IV.2.11.2.4 Servizi della residenza.

Zona S – IC –

V - P

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono le aree destinate a

sedi di attività pubbliche

o di interesse pubblico, di

cui agli art. 3, 4 e 5 del

D.M. 2/4/68 n.1444.

Le aree per i servizi

residenziali sono distinte

nelle tavole di Piano con

le seguenti sigle

alfanumeriche:

S - Attrezzature per la

istruzione

S1 - Asilo nido

S2 - Scuola materna

S3 - Scuola elementare

S4 - Scuola media

IC - Attrezzature di

interesse comune

Nelle zone destinate alle attrezzature per la

istruzione obbligatoria (S) l'indice di

fabbricabilità fondiaria massima è stabilito in

3,5 mc/mq, con un rapporto di copertura

non superiore al 50% ed un indice di

piantumazione arborea, inteso come

rapporto tra la superficie destinata a verde e

la superficie rimasta scoperta da costruzioni,

non inferiore al 30%. Nella progettazione

degli edifici scolastici e delle relative

pertinenze vanno comunque rispettate le

norme tecniche specifiche per ciascuna

categoria di scuola.

Nelle aree destinate ad attrezzature di

interesse comune (IC) l'indice di

fabbricabilità fondiaria massima è stabilito in

2,5 mc/mq, con un rapporto di copertura

non superiore al 50%. All'interno dell'area,

La realizzazione delle previsioni relative a

tali aree avviene previa approvazione di

progetti planovolumetrici o di sistemazione

dell'area estesi di norma all'intero ambito

omogeneo destinato al servizio, nel

rispetto delle leggi specifiche che regolano

i vari tipi di attrezzature. La realizzazione di

edifici ed impianti di interesse pubblico

all'interno delle aree destinate a servizi

può essere affidata in concessione a

società ed imprese private.

Nel caso in cui all'interno delle aree

destinate a servizi ricadano edifici di

interesse storico, artistico o

etnoantropologico, gli interventi edilizi

ammessi, oltre alle eventuali opere interne

occorrenti per l'adeguamento alle

destinazioni d'uso sopra specificate, sono

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48

Zona S – IC –

V - P

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

IC1 - Attrezzature

religiose

IC2 - Attrezzature

culturali

IC3 – Attrezzature socio-

assistenziali-sanitarie

IC4 – Attrezzature

amministrative

V - Spazi pubblici

attrezzati

V1 - Verde pubblico

V2 - Verde pubblico

attrezzato

P – Parcheggi

nel caso di attrezzature commerciali, vanno

reperite aree da destinare a parcheggi in

misura non inferiore a 80 mq per ogni 100

mq di superficie lorda di pavimento di edifici

commerciali, oltre ai parcheggi pertinenziali

di cui al successivo art. 52.

Nelle aree di verde pubblico ed attrezzato

(V1 e V2) il progetto di sistemazione

dell'area, possibilmente esteso all'intero

ambito, dovrà prevedere la salvaguardia del

valore naturalistico delle comunità vegetali

eventualmente presenti nell’area. Le aree di

verde pubblico, ove non preesistano

comunità vegetali e ne ricorrano le esigenze

in relazione alla posizione nel contesto

urbano, possono anche essere interamente

pavimentate.

Nel verde attrezzato (V2) sono consentite le

costruzioni dirette a garantire piena

funzionalità alle attività ricreative e del

tempo libero in esse previste, quali piazzole

di sosta attrezzate con tavoli e panche,

attrezzature per la pratica sportiva e per il

tempo libero, chioschi, bar, ristoranti,

impianti tecnici e servizi igienici, teatri

all’aperto. Il rapporto di copertura non può

superare il valore di 1/20, l'indice di

fabbricabilità fondiaria il valore 0.3 mc/mq.

L'altezza massima è stabilita in m.4 con una

sola elevazione fuori terra. Nelle aree

destinate a verde attrezzato per lo sport ed il

tempo libero è consentita, oltre alla

realizzazione di attrezzature sportive

all'aperto e la organizzazione di spazi per il

tempo libero, la realizzazione di impianti al

chiuso quali palestre, piscine coperte, con un

indice di fabbricabilità fondiaria non

superiore a 2,5 mc/mq, un rapporto di

copertura non superiore ad 1/3 ed una

distanza dai confini del lotto e dalle strade di

m. 10. Nell'ambito delle zone V2 vanno

previsti spazi per parcheggi pubblici di

dimensione adeguata al prevedibile afflusso

di automezzi e comunque di estensione non

inferiore al 10% dell'intera area.

solamente quelli di manutenzione,

restauro e risanamento conservativo degli

edifici esistenti.

E' in ogni caso fatto divieto di procedere

all'abbattimento di alberature di alto fusto

presenti all'interno delle aree destinate a

servizi.

I progetti relativi alle aree dei servizi

residenziali dovranno sempre specificare le

essenze arboree ed arbustive da

impiantare nelle parti scoperte dell'area

nonché le tipologie di recinzione da

adottare.

Nelle aree destinate a parcheggi (P), fermo

restando il perimetro esterno dell'area è

ammesso un disegno diverso rispetto a

quello eventualmente indicato

nell'elaborato di zonizzazione del Prg. Sono

consentiti in particolare parcheggi di

superficie, ma anche, ove ne ricorra

l’esigenza, multipiano o sotterranei.

Le destinazioni d'uso indicate per ciascuna

area negli elaborati di zonizzazione hanno

generalmente valore prescrittivo tuttavia,

per ragioni connesse alla migliore

funzionalità del servizio pubblico, possono

essere variate, nell'ambito delle

destinazioni elencate nel presente articolo,

attraverso l’approvazione del relativo

progetto da parte del Consiglio comunale,

senza che ciò costituisca variante allo

strumento urbanistico.

Le destinazioni hanno invece sempre

valore prescrittivo nel caso della

realizzazione da parte di soggetti privati.

Parimenti gli indici ed i parametri

sopraspecificati per ciascuna attrezzatura

hanno valore prescrittivo nel caso di

realizzazione da parte di privati; possono

invece motivatamente essere derogate,

per particolari esigenze connesse alla

realizzazione di edifici ed impianti pubblici,

nel caso di realizzazione pubblica.

Sono comunque fatti salvi i progetti

riguardanti le aree destinate a servizi,

anche di massima, già approvati alla data di

adozione del PRG.

IV.2.11.2.5 Zone D.

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49

Comprendono le parti del territorio comunale destinate ad edifici ed impianti produttivi industriali, artigianali,

commerciali, direzionali.

In relazione alle differenti caratteristiche le zone D sono suddivise nelle sottozone D1, D2, D3.

- Zone D1 - Aree produttive industriali

- Zone D2 - Aree produttive artigianali

- Zona D3 - Aree per attività commerciali

L’attuazione all’interno delle zone D può avvenire, indipendentemente da quanto stabilito ai successivi articoli,

anche mediante piani di lottizzazione convenzionata, redatti ai sensi dell’art. 15 della L.R. 34/1996, d’iniziativa

dei privati o di consorzi di imprese artigiane che dimostrino di avere la disponibilità del 51% delle aree

interessate, ovvero ad iniziativa di consorzi o cooperative di operatori che ne chiedano l’assegnazione, ai sensi

dell’art. 36 della L.R. 30/1997.

Ai piani di lottizzazione si applicano le disposizioni normative previste dal secondo comma dell’art. 15 della L.R.

34/1996.

IV.2.11.2.5.1 Zone D1 – Aree produttive industriali.

Zona D1

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Le zone D1, suddivise in

due diversi agglomerati,

in località Tumarrano ed

in prossimità dello scalo

ferroviario, sono

destinate a costituire un

polo produttivo di

interesse territoriale,

prevalentemente

destinato

all’insediamento di

attività di tipo artigianale

e piccolo industriale.

L'edificazione è subordinata di norma alla

approvazione di un apposito piano

attuativo, riferito ad un'area di

intervento non inferiore a 10.000 mq,

redatto nel rispetto dei seguenti indici e

parametri:

a) rapporto di copertura inferiore o

uguale ad 1/3;

b) indice di fabbricabilità fondiaria non

superiore a 2,25 mc/mq;

c) distanza delle costruzioni dai confini

esterni m. 5, dai confini interni m. 7,50 o

in aderenza, dalle strade m.10, fatte

salve le maggiori distanze prescritte dal

Codice della strada;

d) l'altezza massima delle costruzioni non

può superare m. 10, fatta eccezione per

silos, camini e serbatoi pensili.

e) lotto minimo mq.2.000.

All'interno di ciascun lotto possono

essere previsti, fermi restando i

precedenti indici e parametri, spazi per

uffici dell'azienda per una superficie non

superiore ad un terzo della superficie

utile, nonché un solo alloggio per il

custode od il proprietario dell'azienda, la

cui superficie lorda complessiva non può

superare i mq. 150.

All'interno della zona D1 vanno previste,

oltre alle strade, superfici destinate a

All'interno di tali zone sono consentiti in

particolare:

edifici ed impianti per attività produttive di

qualsiasi genere;

depositi e magazzini di merce all'ingrosso;

laboratori, magazzini, depositi, rimesse, uffici e

sale mostre connessi all'attività di produzione;

esercizi della media e grande distribuzione

commerciale;

locali per attività di commercio all’ingrosso;

uffici pubblici e privati;

centri di rottamazione ed impianti di

stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali;

attrezzature sportive e zone di verde

attrezzato;

viabilità e parcheggi;

servizi di interesse collettivo.

Sul patrimonio edilizio esistente sono sempre

consentiti, per singola concessione, interventi

di manutenzione e ristrutturazione nel rispetto

della volumetria esistente; sono pure

consentiti, esclusivamente per le destinazioni

sopraelencate, interventi di ampliamento,

sopraelevazione, demolizione e ricostruzione

nel rispetto degli indici e parametri appresso

specificati, fatta eccezione per il lotto minimo.

E' consentito il mantenimento delle

destinazioni d'uso esistenti alla data di

adozione del Piano, ancorchè tali destinazioni

siano diverse da quelle sopraelencate.

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Zona D1

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

verde e parcheggi pubblici in misura non

inferiore al 10% della superficie

complessiva.

Vanno previsti adeguati sistemi di

smaltimento dei liquami in conformità

alla normativa vigente.

Con le procedure stabilite dalla legge,

nell’ambito delle zone D1 possono essere

localizzati, previa autorizzazione regionale,

Piani di Insediamento Produttivo (PIP).

IV.2.11.2.5.2 Zone D2 – Aree per la piccola industria e l’artigianato.

Zona D2

Descrizione Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

La sottozona D2,

localizzata nell’area

urbana, è

specificatamente

destinata ad attività

produttive di tipo

artigianale.

I parametri sono i seguenti:

rapporto di copertura inferiore

o uguale ad 2/3;

indice di fabbricabilità fondiaria

non superiore a 5 mc/mq;

distanza delle costruzioni dalle

strade m.10.0, a meno di

maggiori distanze prescritte dal

Codice della strada;

distanza dai confini interni del

lotto m.10.0; è ammessa, sui

confini interni del lotto, la

costruzione di volumi non

eccedenti complessivamente i

100 mc. di altezza non

superiore a m. 3, destinati a

servizi ed impianti tecnologici;

All'interno di tale zona sono consentiti in particolare:

edifici ed impianti per attività artigianali di qualsiasi natura

purchè non nocive ed inquinanti, ai sensi del D.M.

23/12/1976 e successive integrazioni;

laboratori, magazzini, depositi, rimesse, uffici e sale

mostre connessi all'attività di produzione;

depositi, anche all'aria aperta, e magazzini di merce

all'ingrosso;

locali per attività commerciali di media distribuzione,

centri commerciali;

viabilità e parcheggi.

Sul patrimonio edilizio esistente sono consentiti, per

singola concessione, interventi di manutenzione e

ristrutturazione nel rispetto della volumetria esistente;

sono pure consentiti, esclusivamente per le destinazioni

sopraelencate, interventi di ampliamento,

sopraelevazione, demolizione e ricostruzione, nel rispetto

ei parametri riportati nella precedente colonna. All'interno

di ciascun lotto, nel caso di destinazioni di cui ai superiori

punti 1) e 2), possono essere previsti, fermi restando i

precedenti indici e parametri, spazi per un solo alloggio

per il custode, la cui superficie lorda complessiva non può

superare i mq. 150.

IV.2.11.2.5.3 Zone D3 – Aree per attività commerciali.

Zona D3

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

Le sottozone D3

sono

specificatamente

destinate ad

attività produttive

commerciali.

1) indice di

fabbricabilità

territoriale non

superiore a 2,5

mc/mq

2) rapporto di

copertura

inferiore o uguale

al 40%;

All'interno di tali zone sono consentiti in particolare:

a) locali per attività di commercio al dettaglio, esercizi di media e grande

distribuzione commerciale, centri commerciali;

b) cantine, depositi e magazzini di merce all'ingrosso;

c) laboratori, magazzini, depositi, rimesse, uffici e sale espositive;

d) attrezzature annonarie;

e) uffici pubblici e privati;

f) edifici ed impianti per piccole attività artigianali purchè non nocive ed

inquinanti, ai sensi del D.M. 23/12/1976 e successive integrazioni;

g) aree di verde pubblico ed attrezzato;

h) viabilità e parcheggi.

L'edificazione è subordinata alla approvazione di un apposito piano attuativo,

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Zona D3

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

riferito ad un'area di intervento estesa almeno 10.000 mq o all’intero ambito,

se di superficie inferiore, redatto nel rispetto degli indici e parametri riportati

nella colonna precedente.

Per comprovate ragioni può essere consentita la lottizzazione di aree che

interessano una superficie minore di 10.000 mq o dell’intera zona

contraddistinta dallo stesso simbolo alfanumerico; ai fini della approvazione di

tali piani dovrà in particolare verificarsi che la lottizzazione proposta non sia di

pregiudizio per i proprietari degli altri lotti edificabili ricadenti all'interno della

stessa zona omogenea, e che risulti garantita la possibilità di prevedere

all'interno della lottizzazione aree di urbanizzazione per verde e parcheggi di

dimensioni congrue.

All'interno delle zone D3 vanno previste, oltre alle strade, superfici destinate a

verde e parcheggi pubblici in misura non inferiore a 100 mq. per ogni 100 mq.

di superficie lorda di pavimento di edifici previsti.

Nell’ambito di ciascun lotto dovranno, in aggiunta, prevedersi i parcheggi

pertinenziali di cui all’art. 18 della L. 765/1967 e succ. mod. ed integr. e, per

quanto riguarda gli esercizi commerciali, i parcheggi per la clientela di cui al

successivo art. 53

IV.2.11.2.6 Zone E.

Sono classificate zone E le parti del territorio comunale destinate alle attività agricole, zootecniche, residenziali,

agrituristiche e a quelle ad esse connesse.

In base alle diverse caratteristiche paesaggistiche, colturali e geomorfologiche, le zone agricole sono suddivise

nelle sottozone E1, E2, E3.1, E3.2

, EF.

In tutte le zone agricole va rispettata nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni

integrali o negli ampliamenti, una distanza dal confine delle strade vicinali pari a metri 10; gli arretramenti dalle

strade statali, provinciali e comunali sono quelli stabiliti dal Regolamento di attuazione del Codice della strada

approvato con D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ. mod.

Le nuove costruzioni dovranno altresì arretrarsi dall'asse delle Regie Trazzere di proprietà demaniale di una

distanza non inferiore alla semicarreggiata di competenza del demanio armentizio.

Le costruzioni di qualsiasi tipo e natura, ad eccezione di quelle finalizzate alla sistemazione idraulica e di quelle

destinate all'attraversamento carrabile e ferroviario, devono arretrarsi dal limite esterno degli argini dei fiumi,

torrenti, incisioni naturali, canali e fossi nei quali scorrano, anche con regime stagionale, acque pubbliche, delle

quantità stabilite dagli artt. 93 e segg. del R.D. n. 523 del 25.07.1904 e comunque di una quantità minima di

m.10. Ai fini della individuazione del limite esterno degli argini va fatto riferimento al limite catastale delle

acque pubbliche.

Nelle aree di verde agricolo ricadenti, a qualunque titolo, sotto il vincolo del D.L. 490/1999, qualsiasi

modificazione della configurazione naturale dei luoghi e dello stato di fatto, nelle more della approvazione del

Piano Territoriale paesistico, va preventivamente assoggettata al parere della competente Soprintendenza ai

BB.CC.AA.

Per la realizzazione di fabbricati agricoli o residenziali da parte dei proprietari dei fondi e dei titolari di aziende

agricole nell'ambito delle zone E è consentito trasferire la volumetria corrispondente alla superficie ricadente in

una o più sottozone E in un'altra sottozona E, purchè facente parte dello stesso fondo e ad esse

immediatamente contigua. La volumetria trasferibile è quella risultante dalla applicazione degli indici,

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specificati per ciascuna sottozona E nei successivi articoli, alla superficie del fondo che ricade in ciascuna

sottozona.

In nessun caso è consentito il trasferimento di volumetria tra aree agricole che non siano in immediata

contiguità tra loro e/o tra le quali siano interposte aree di proprietà aliena o strade pubbliche, ad eccezione

delle vicinali.

Nelle zone agricole non può procedersi al frazionamento catastale di terreni per finalità diverse da quelle

strettamente attinenti alle necessità dell'agricoltura o dell'utilizzazione del fondo e comunque al di fuori dei

casi previsti dalla legge.

Nelle zone di verde agricolo non è consentita la realizzazione di opere o strutture finalizzate al deposito e/o alla

commercializzazione di materiali e prodotti diversi da quelli agricoli e zootecnici del fondo, o strettamente

destinati alla coltivazione di fondi agricoli.

E' consentito il mantenimento delle destinazioni d'uso esistenti alla data di adozione del PRG, ancorchè tali

destinazioni siano diverse da quelle ammesse nella sottozona in cui l'area o l'immobile ricade. In tali casi sono

ammessi esclusivamente interventi di manutenzione e ristrutturazione edilizia nel rispetto della volumetria

esistente. Nel caso di demolizione la eventuale ricostruzione deve comunque avvenire nel rispetto delle norme

stabilite per la sottozona nella quale l'edificio ricade.

La nuova edificazione nelle zone E, quando consentita, è subordinata al rilascio di concessione edilizia singola.

All'interno delle zone di verde agricolo ricadono taluni manufatti, quali masserie, abbeveratoi, fontane, mulini,

oggi in molti casi inutilizzati ed in stato di avanzato degrado, che per il loro interesse ambientale, storico o

architettonico, devono essere assoggettati ad interventi conservativi.

Gli interventi ammessi su tali manufatti, da specificare in relazione al loro stato di conservazione, sono in

particolare la manutenzione, il restauro, il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia senza

alterazione delle caratteristiche architettoniche e volumetriche.

Le destinazioni d'uso ammesse sono quelle congruenti con le caratteristiche tipologiche di ciascun manufatto.

I manufatti rurali di interesse storico-documentativo assoggettati alle disposizioni del presente articolo sono

elencati di seguito, identificandoli con le coordinate delle tavolette IGM:

393718, 4171194, fattoria Montoni Nuovo

389064, 4170681, fattoria Montoni Vecchio

387481, 4169521, masseria Pratameno

386874, 4167088, masseria Ficuzza

377073, 4161797, masseria Guccione

388972, 4171102, abbeveratoio

387837, 4170976, abbeveratoio

389268, 4170326, abbeveratoio

393204, 4169909, abbeveratoio Zoffi

389689, 4169101, abbeveratoio

390385, 4167755, abbeveratoio

389371, 4167587, abbeveratoio

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387228, 4167510, abbeveratoio

392216 4164304, abbeveratoio

384291, 4163898, abbeveratoio

374052, 4163017, abbeveratoio

387978, 4162846, abbeveratoio

387266, 4160075, abbeveratoio

377073, 4159040, abbeveratoio

377073, 4158723, abbeveratoio

384245, 4164208, mulino ad acqua S. Antonio

382513, 4169061, mulino ad acqua del Sale

384265, 4163201, mulino ad acqua S. Maria Trabia

372913, 4164143, fontana Luce di Luna

384503, 4161357, miniera di sale.

Nelle nuove costruzioni devono essere previsti e vincolati, in applicazione dell'art.40 della L.R.19/1972 e succ.

mod., spazi da destinare a parcheggi privati aventi la superficie minima di 1/10 della volumetria realizzata.

IV.2.11.2.6.1 Zone E1 – Aree agricole periurbane.

Zona E1

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono le parti del

territorio agricolo

che, per la loro

vicinanza all'area

urbana, sono

state interessate

negli anni più

recenti da

processi di

urbanizzazione

che hanno, se non

compromesso

totalmente,

certamente

condizionato la

utilizzazione

produttiva dei

suoli.

In tali ambiti il

PRG intende

garantire la

compresenza tra

attività agricole

ed attività

residenziali.

a) costruzioni al servizio

dell'agricoltura, quali silos, fienili

e depositi, serbatoi e vasche fuori

ed entro terra, magazzini per

attrezzi e macchine agricole e

fabbricati rurali in genere: Le

costruzioni devono staccarsi

almeno metri 10 dai confini di

proprietà; l'altezza in ogni fronte

non può superare i 6,00 metri al

colmo con una sola elevazione

fuori terra; il rapporto massimo

di copertura è fissato in 1/50

dell'area impegnata per

l'intervento; l’indice di

fabbricabilità fondiaria non può

superare 0.07 mc/mq;

c) nuove costruzioni destinate

alla residenza anche stagionale

ed alle attività ad essa connesse,

da edificare secondo un indice di

fabbricabilità fondiaria non

superiore a 0.03 mc/mq, con un

distacco minimo dai confini di

m.5, una altezza massima in

Nelle sottozone E1, oltre alle attività di coltivazione della terra

praticate con qualsiasi tecnica colturale (ad eccezione delle

coltivazioni in serra), è consentita la realizzazione di:

a) costruzioni al servizio dell'agricoltura, quali silos, fienili e

depositi, serbatoi e vasche fuori ed entro terra, magazzini per

attrezzi e macchine agricole e fabbricati rurali in genere, che

rispondano a documentate necessità di conduzione del fondo;

non è ammessa la costruzione di fabbricati ed impianti

destinati alla attività zootecnica. Le costruzioni devono

staccarsi almeno metri 10 dai confini di proprietà; l'altezza in

ogni fronte non può superare i 6,00 metri al colmo con una

sola elevazione fuori terra; il rapporto massimo di copertura è

fissato in 1/50 dell'area impegnata per l'intervento; l’indice di

fabbricabilità fondiaria non può superare 0.07 mc/mq;

b) la manutenzione, il restauro e la ristrutturazione degli edifici

esistenti e la loro destinazione ad usi agricoli, residenziali,

commerciali, turistici e produttivi;

c) nuove costruzioni destinate alla residenza anche stagionale

ed alle attività ad essa connesse, da edificare secondo un

indice di fabbricabilità fondiaria non superiore a 0.03 mc/mq,

con un distacco minimo dai confini di m.5, una altezza

massima in ognuno dei fronti non superiore a m. 6, 50 alla

linea di gronda e m.8.00 al colmo, con un numero di piani

complessivo fuori terra non superiore a due, compresi

eventuali piani su pilotis o porticati; è ammessa, in aggiunta al

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Zona E1

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

ognuno dei fronti non superiore a

m. 6, 50 alla linea di gronda e

m.8.00 al colmo, con un numero

di piani complessivo fuori terra

non superiore a due, compresi

eventuali piani su pilotis o

porticati; è ammessa, in aggiunta

al volume principale, la

realizzazione di pilotis, portici e

verande in misura non superiore

ad una volta e mezza la superficie

coperta tompagnata e comunque

all'1,5% dell'area complessiva del

lotto; il rapporto tra la superficie

occupata dalle costruzioni e dalle

sistemazioni esterne relative

(stradelle pavimentate, terrazze

con o senza tettoie, spazi

pavimentati, campetti sportivi e

simili, parcheggi) e l'area totale

impegnata non può superare il

valore del 50%; la rimanente

parte deve essere mantenuta allo

stato naturale, lasciando

inalterate le caratteristiche di

permeabilità del terreno vegetale

esistente; è ammessa la

sistemazione delle superfici

inclinate con terrazze delimitate

da muretti di contenimento in

pietra a vista di altezza non

superiore a cm. 80.

d) nuove costruzioni ed impianti

destinati ad attività agrituristiche

nell'ambito di aziende agricole,

da esplicare con le modalità

specificate nella L.R. 25/1994 e

con gli indici ed i parametri

specificati nel precedente punto

c); i fabbricati esistenti

nell'ambito di aziende agricole,

da utilizzare a scopi agrituristici,

possono essere ampliati per una

volumetria non superiore al 30%

della cubatura esistente e

comunque a 300 mc.;

f) la realizzazione di impianti e

attrezzature pubbliche o di

interesse pubblico di cui all'art. 4

del D.M. 2.04.1968, anche da

volume principale, la realizzazione di pilotis, portici e verande

in misura non superiore ad una volta e mezza la superficie

coperta tompagnata e comunque all'1,5% dell'area

complessiva del lotto; il rapporto tra la superficie occupata

dalle costruzioni e dalle sistemazioni esterne relative (stradelle

pavimentate, terrazze con o senza tettoie, spazi pavimentati,

campetti sportivi e simili, parcheggi) e l'area totale impegnata

non può superare il valore del 50%; la rimanente parte deve

essere mantenuta allo stato naturale, lasciando inalterate le

caratteristiche di permeabilità del terreno vegetale esistente;

è ammessa la sistemazione delle superfici inclinate con

terrazze delimitate da muretti di contenimento in pietra a

vista di altezza non superiore a cm. 80. La realizzazione degli

edifici residenziali nel rispetto dei limiti sopraindicati non può

comportare in nessun caso il frazionamento delle particelle

catastali esistenti;

d) nuove costruzioni ed impianti destinati ad attività

agrituristiche nell'ambito di aziende agricole, da esplicare con

le modalità specificate nella L.R. 25/1994 e con gli indici ed i

parametri specificati nel precedente punto c); i fabbricati

esistenti nell'ambito di aziende agricole, da utilizzare a scopi

agrituristici, possono essere ampliati per una volumetria non

superiore al 30% della cubatura esistente e comunque a 300

mc.; all'interno delle aziende agrituristiche possono prevedersi

spazi attrezzati per l'esercizio di attività sportive, purchè la

superficie complessivamente interessata da tali spazi non sia

superiore ad un dodicesimo dell'area dell'intera azienda;

e) la demolizione e la ricostruzione nei limiti della stessa

volumetria e con gli stessi caratteri architettonici dei fabbricati

esistenti. Gli interventi di demolizione e ricostruzione possono

riguardare esclusivamente singoli fabbricati rurali isolati privi

di interesse architettonico ed ambientale e possono realizzarsi

solamente quando risulti tecnicamente impossibile il recupero

mediante interventi di ristrutturazione o consolidamento. Non

sono ammessi interventi di totale demolizione delle masserie

ed agglomerati rurali indicate con la sigla M nell’elaborato n.

2.

La ricostruzione dei fabbricati demoliti, ove consentita, deve

avvenire nella stessa area di sedime dell'immobile

preesistente, salvo lievi spostamenti che devono essere

giustificati da motivazioni di carattere tecnico-giuridico;

f) la realizzazione di impianti e attrezzature pubbliche o di

interesse pubblico di cui all'art. 4 del D.M. 2.04.1968, anche da

parte di privati, destinate a centri scolastici, ricreativi,

sociosanitari, religiosi e culturali o ad impianti tecnologici con

un indice di densità fondiaria non superiore a 0,03 mc/mq.;

quest'ultimo indice non si applica nel caso di servizi di pubblica

utilità realizzati da Enti pubblici;

g) la realizzazione di impianti sportivi e dei servizi connessi nel

rispetto dei seguenti indici e parametri:

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55

Zona E1

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

parte di privati, destinate a centri

scolastici, ricreativi, sociosanitari,

religiosi e culturali o ad impianti

tecnologici con un indice di

densità fondiaria non superiore a

0,03 mc/mq.; quest'ultimo indice

non si applica nel caso di servizi

di pubblica utilità realizzati da

Enti pubblici;

g) la realizzazione di impianti

sportivi e dei servizi connessi nel

rispetto dei seguenti indici e

parametri:

- superficie minima di intervento:

mq 5.000;

- rapporto di copertura per le

costruzioni destinate a servizi

igienici, spogliatoi e simili: 1/50

- altezza massima: m. 3,50

- distanza delle costruzioni dai

confini e dalle strade: m.20.

Almeno un terzo dell'area di

intervento deve essere sistemata

a verde con essenze arboree ed

arbustive dei luoghi. Devono

essere realizzate aree a

parcheggio di estensione pari ad

almeno un decimo dell'intera

area di intervento e comunque

commisurate alla prevedibile

affluenza di utenti;

- superficie minima di intervento: mq 5.000;

- rapporto di copertura per le costruzioni destinate a servizi

igienici, spogliatoi e simili: 1/50

- altezza massima: m. 3,50

- distanza delle costruzioni dai confini e dalle strade: m.20.

Almeno un terzo dell'area di intervento deve essere sistemata

a verde con essenze arboree ed arbustive dei luoghi. Devono

essere realizzate aree a parcheggio di estensione pari ad

almeno un decimo dell'intera area di intervento e comunque

commisurate alla prevedibile affluenza di utenti;

h) la trasformazione di trazzere esistenti in rotabili. Il progetto

esecutivo di tali interventi potrà prevedere variazioni

planimetriche rispetto ai tracciati catastali o di PRG,

esclusivamente motivate da documentate necessità di ordine

tecnico-viabilistico e sempre che tali variazioni non

coinvolgano zone diverse da quelle classificate come agricole

dal PRG;

i) interventi di tipo idraulico forestale finalizzati alla protezione

idrogeologica del territorio.

Nell'ambito dello stesso fondo possono cumularsi le

volumetrie stabilite in base ai parametri fissati nei precedenti

punti a) e c) e quelle di cui ai punti a) e d) realizzando corpi di

fabbrica anche adiacenti purchè non in comunicazione tra

loro, nel rispetto delle norme di carattere igienico sanitario

vigenti.

Le volumetrie degli edifici esistenti, ai quali si applicano le

norme dei precedenti punti b) ed e), vanno comunque

conteggiate ai fini del calcolo del volume complessivo

realizzabile nel fondo in base ai parametri stabiliti nel presente

articolo.

IV.2.11.2.6.2 Zone E2 – Verde agricolo produttivo.

Zona E2

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Sono le parti di

territorio

comunale

destinate alla

produzione

agricola e

zootecnica.

a) costruzioni al servizio

dell'agricoltura, quali locali per il

ricovero di animali, silos, fienili e

depositi di cereali, serbatoi e

vasche fuori ed entro terra,

magazzini per attrezzi e macchine

agricole e fabbricati rurali; le

costruzioni devono staccarsi

almeno metri 10 dai confini di

proprietà; l'altezza non può

superare in nessun punto i 6,00

metri; il rapporto massimo di

copertura è fissato in 1/60 dell'area

impegnata per l'intervento. Nel

caso in cui le costruzioni debbano

Nelle sottozone E2, oltre alle attività di coltivazione del

terreno, con qualsiasi tecnica praticate, è consentita la

realizzazione di:

a) costruzioni al servizio dell'agricoltura, quali locali per il

ricovero di animali, silos, fienili e depositi di cereali, serbatoi

e vasche fuori ed entro terra, magazzini per attrezzi e

macchine agricole e fabbricati rurali in genere, che

rispondano a documentate necessità di conduzione del

fondo; le costruzioni devono staccarsi almeno metri 10 dai

confini di proprietà; l'altezza non può superare in nessun

punto i 6,00 metri; il rapporto massimo di copertura è

fissato in 1/60 dell'area impegnata per l'intervento. Nel caso

in cui le costruzioni debbano realizzarsi a servizio di una

azienda agricola o zootecnica può prescindersi dal rispetto

dei parametri sopraindicati, a condizione che la realizzazione

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Zona E2

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

realizzarsi a servizio di una azienda

agricola o zootecnica può

prescindersi dal rispetto dei

parametri sopraindicati, a

condizione che la realizzazione dei

nuovi edifici o impianti sia prevista

all'interno di appositi "Piani di

sviluppo aziendale" e venga

giustificata da una relazione tecnica

agronomica che dimostri la

congruità delle opere progettate in

rapporto alle colture

effettivamente praticate o da

impiantare ed alle reali esigenze

della azienda stessa;

b) impianti e manufatti edilizi

destinati alla lavorazione e

trasformazione dei prodotti agricoli

e zootecnici ed allo sfruttamento a

carattere artigianale di risorse

naturali dell'area nella quale viene

impiantata l'attività produttiva,

quali stabilimenti lattiero-caseari,

di lavorazione di prodotti agricoli

del fondo, captazione ed

imbottigliamento di acque minerali,

laboratori ed impianti per la

lavorazione della pietra locale, e

simili nel rispetto degli indici e

parametri stabiliti dall'art.22 della

L.R. n. 71/78, come modificati

dall'art. 6 della L.R.17/1994;

d) nuove costruzioni destinate alla

residenza anche stagionale ed alle

attività ad essa connesse, da

edificare secondo un indice di

densità fondiaria non superiore a

0.03 mc/mq, con un distacco

minimo dai confini di m.7.5, e di m.

10 dagli altri fabbricati anche

ubicati nella stessa particella, una

altezza massima in ciascun punto

dei fronti non superiore a m.6,50

alla gronda e m. 8,50 al colmo con

un numero di piani complessivo

fuori terra non superiore a due

compresi eventuali piani su pilotis o

porticati; in aggiunta al volume

principale è ammessa la

realizzazione di pilotis, portici e

dei nuovi edifici o impianti sia prevista all'interno di appositi

"Piani di sviluppo aziendale" e venga giustificata da una

relazione tecnica agronomica che dimostri la congruità delle

opere progettate in rapporto alle colture effettivamente

praticate o da impiantare ed alle reali esigenze della azienda

stessa;

b) impianti e manufatti edilizi destinati alla lavorazione e

trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici ed allo

sfruttamento a carattere artigianale di risorse naturali

dell'area nella quale viene impiantata l'attività produttiva,

quali stabilimenti lattiero-caseari, di lavorazione di prodotti

agricoli del fondo, captazione ed imbottigliamento di acque

minerali, laboratori ed impianti per la lavorazione della

pietra locale, e simili nel rispetto degli indici e parametri

stabiliti dall'art.22 della L.R. n. 71/78, come modificati

dall'art. 6 della L.R.17/1994; gli immobili esistenti alla data di

adozione del presente PRG, destinati ad attività produttive,

costruiti in base a regolare concessione edilizia o che hanno

conseguito la concessione in sanatoria, nel caso in cui non

possano essere più destinati alle finalità produttive

originarie, possono essere destinati ad altre utilizzazioni

allorchè siano trascorsi almeno tre anni dalla data del

rilascio della concessione edilizia;

c) la manutenzione, il restauro e la ristrutturazione degli

edifici esistenti e la loro destinazione ad usi agricoli

produttivi, residenziali, commerciali, turistici e produttivi;

d) nuove costruzioni destinate alla residenza anche

stagionale ed alle attività ad essa connesse, da edificare

secondo un indice di densità fondiaria non superiore a 0.03

mc/mq, con un distacco minimo dai confini di m.7.5, e di m.

10 dagli altri fabbricati anche ubicati nella stessa particella,

una altezza massima in ciascun punto dei fronti non

superiore a m.6,50 alla gronda e m. 8,50 al colmo con un

numero di piani complessivo fuori terra non superiore a due

compresi eventuali piani su pilotis o porticati; in aggiunta al

volume principale è ammessa la realizzazione di pilotis,

portici e verande in misura non superiore a quella della

superficie coperta tampognata e comunque all'1,% dell'area

complessiva del lotto; il rapporto tra la superficie occupata

dalle costruzioni e dalle sistemazioni esterne relative

(stradelle, terrazze con o senza tettoie, spazi pavimentati,

campetti sportivi e simili, parcheggi) e l'area totale

impegnata non può superare il valore del 50%; la rimanente

parte deve essere mantenuta allo stato naturale, lasciando

inalterato il terreno vegetale esistente; è ammessa, nel caso

di terreni in pendenza, la sistemazione a terrazzo con

muretti di contenimento in pietra di altezza non superiore a

cm. 80; la realizzazione degli edifici residenziali nel rispetto

dei limiti sopraindicati non può comportare in nessun caso il

frazionamento delle particelle catastali esistenti;

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Zona E2

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

verande in misura non superiore a

quella della superficie coperta

tampognata e comunque all'1,%

dell'area complessiva del lotto; il

rapporto tra la superficie occupata

dalle costruzioni e dalle

sistemazioni esterne relative

(stradelle, terrazze con o senza

tettoie, spazi pavimentati, campetti

sportivi e simili, parcheggi) e l'area

totale impegnata non può superare

il valore del 50%; la rimanente

parte deve essere mantenuta allo

stato naturale, lasciando inalterato

il terreno vegetale esistente; è

ammessa, nel caso di terreni in

pendenza, la sistemazione a

terrazzo con muretti di

contenimento in pietra di altezza

non superiore a cm. 80;

e) nuove costruzioni ed impianti

destinati ad attività agrituristiche

nell'ambito di aziende agricole, da

esplicare con le modalità

specificate nella L.R. 25/1994 e con

gli indici ed i parametri specificati

nel precedente punto d); i

fabbricati esistenti nell'ambito di

aziende agricole, da utilizzare a

scopi agrituristici, possono essere

ampliati per una volumetria non

superiore al 30% della cubatura

esistente e comunque a 300 mc.;

all'interno delle aziende

agrituristiche possono prevedersi

spazi attrezzati per l'esercizio di

attività sportive, purchè la

superficie interessata da tali spazi

non sia superiore ad quarto

dell'area dell'intera azienda;

g) impianti e manufatti edilizi

destinati alla realizzazione, da parte

della Amministrazione comunale, di

stalle sociali. L'edificazione delle

stalle sociali e dei locali annessi

dovrà avvenire rispettando un

rapporto di copertura non

superiore ad 1/4, con una altezza

massima delle costruzioni di m.5 ed

un distacco dai confini di proprietà

e) nuove costruzioni ed impianti destinati ad attività

agrituristiche nell'ambito di aziende agricole, da esplicare

con le modalità specificate nella L.R. 25/1994 e con gli indici

ed i parametri specificati nel precedente punto d); i

fabbricati esistenti nell'ambito di aziende agricole, da

utilizzare a scopi agrituristici, possono essere ampliati per

una volumetria non superiore al 30% della cubatura

esistente e comunque a 300 mc.; all'interno delle aziende

agrituristiche possono prevedersi spazi attrezzati per

l'esercizio di attività sportive, purchè la superficie

interessata da tali spazi non sia superiore ad quarto dell'area

dell'intera azienda;

f) la demolizione e la ricostruzione nei limiti della stessa

volumetria e con la riproposizione dei caratteri architettonici

originali tradizionali, dei fabbricati esistenti. Gli interventi di

demolizione e ricostruzione possono riguardare

esclusivamente singoli fabbricati rurali isolati e possono

realizzarsi solamente quando risulti tecnicamente

impossibile il recupero mediante interventi di

ristrutturazione o consolidamento. Non sono ammessi

interventi di totale demolizione delle masserie ed

agglomerati rurali indicate con la sigla M nell’elaborato n. 2.

La ricostruzione dei volumi demoliti, ove consentita, deve

avvenire nella stessa area di sedime dell'immobile

preesistente, salvo lievi spostamenti che devono essere

giustificati da motivazioni di carattere tecnico-giuridico.

g) impianti e manufatti edilizi destinati alla realizzazione, da

parte della Amministrazione comunale, di stalle sociali;

l'edificazione di tali manufatti potrà interessare aree ubicate

ad una distanza non inferiore a ml. 500 dal centro abitato e

dalle relative zone di espansione esistenti e previste nel PRG,

che saranno prescelte dalla Amministrazione sulla base della

distribuzione delle aziende zootecniche nel territorio, tendo

conto dei criteri di facile accessibilità, di rispetto dei caratteri

geomorfologici del territorio, di corretto inserimento

ambientale e della mancanza di pregiudizi igienico-sanitari.

L'edificazione delle stalle sociali e dei locali annessi dovrà

avvenire rispettando un rapporto di copertura non superiore

ad 1/4, con una altezza massima delle costruzioni di m.5 ed

un distacco dai confini di proprietà di m.20.

h) la trasformazione di trazzere esistenti in rotabili. Il

progetto esecutivo di tali interventi potrà prevedere

variazioni planimetriche rispetto ai tracciati catastali o di

PRG, esclusivamente motivate da documentate necessità di

ordine tecnico-viabilistico e sempre che tali variazioni non

coinvolgano zone diverse da quelle classificate come agricole

dal Prg;

interventi di tipo idraulico forestale finalizzati alla protezione

idrogeologica del territorio.

l) interventi produttivi previsti dalla legislazione regionale

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Zona E2

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

di m.20.

Nell'ambito dello stesso fondo

possono cumularsi le volumetrie

stabilite in base ai parametri fissati

nei precedenti punti a) e d) e quelle

di cui ai punti a) ed e) realizzando

diversi corpi di fabbrica, purchè

non in aderenza tra loro, nel

rispetto delle norme di carattere

igienico sanitario vigenti.

Le volumetrie degli edifici esistenti,

ai quali si applicano le norme dei

precedenti punti c) ed f), vanno

comunque conteggiate ai fini del

calcolo del volume complessivo

realizzabile nel fondo in base ai

parametri stabiliti nel presente

articolo.

vigente.

m) attività di cava e miniera, nel rispetto delle norme

legislative che regolano la materia ed a condizione che

vengano previste adeguate forme di risanamento

ambientale al termine della coltivazione.

Con le procedure previste dalle leggi possono essere

realizzate dalla Pubblica Amministrazione nelle zone E2

discariche di materiali inerti, purchè la loro realizzazione sia

compatibile con le caratteristiche geologiche dall'area e non

costituisca un elemento di alterazione irreversibile del

paesaggio agrario.

Nell'ambito dello stesso fondo possono cumularsi le

volumetrie stabilite in base ai parametri fissati nei

precedenti punti a) e d) e quelle di cui ai punti a) ed e)

realizzando diversi corpi di fabbrica, purchè non in aderenza

tra loro, nel rispetto delle norme di carattere igienico

sanitario vigenti.

Le volumetrie degli edifici esistenti, ai quali si applicano le

norme dei precedenti punti c) ed f), vanno comunque

conteggiate ai fini del calcolo del volume complessivo

realizzabile nel fondo in base ai parametri stabiliti nel

presente articolo.

IV.2.11.2.6.3 Zone E3.1 – Aree boscate e di vegetazione ripariale.

Zona E3.1

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

Sono le parti del

territorio

comunale

interessate da

boschi e fasce di

vegetazione

ripariale e di

macchia,

identificate nello

studio agricolo-

forestale di

supporto al PRG.

Nelle zone E3.1 sono prescritte e consentite le opere volte alla tutela, conservazione

e utilizzazione a fini ricreativi del patrimonio naturale esistente ed alla sua

integrazione; le opere connesse con la regolamentazione idrogeologica, come

argini, terrazzamenti, briglie, nonchè l'apertura di sentieri pedonali e la costruzione

di nuove strade strettamente necessarie per la gestione del patrimonio naturalistico

da realizzarsi con modalità compatibili con le caratteristiche della zona; il

risanamento conservativo, la manutenzione ordinaria e straordinaria, la

ristrutturazione conservativa senza aumento di volume e il cambiamento di

destinazione degli edifici esistenti. E' altresì consentita la costruzione di

infrastrutture necessarie allo svolgimento delle attività proprie dell'

Amministrazione forestale.

Nei punti di maggior pregio naturalistico e paesaggistico, compatibilmente con le

necessità di tutela naturalistica, può prevedersi la realizzazione di aree

opportunamente attrezzate per lo svago ed il tempo libero.

Attorno alle zone E3.1 è stabilita una fascia di rispetto, visualizzata negli elaborati di

zonizzazione del PRG con linea a tratti, all'interno della quale valgono, a meno di

quanto successivamente specificato, le limitazioni di cui all'art.10, 1° c. della L.R.

16/1996 e succ. mod.

In tali fasce, qualunque sia la destinazione di zona prevista nello strumento

urbanistico, sono consentite esclusivamente le opere di manutenzione, restauro e

ristrutturazione senza aumento di volumi dei manufatti edilizi esistenti, nonchè le

opere di sistemazione degli spazi liberi, anche finalizzate ad esigenze diverse da

quelle connesse allo sfruttamento agricolo del terreno, che non comportino

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Zona E3.1

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

alterazioni dell'assetto morfologico del terreno (quali riempimenti o sbancamenti

anche modesti) e dell'assetto paesaggistico.

Nelle parti specificamente indicate nell’elaborato n. 7 con la campitura

corrispondente alla zona E1 (contrada Sant’Onofrio), ai sensi dell'art. 10 della L.R.

16/1996 e succ mod., è ammessa l'edificazione nei limiti definiti nel precedente art.

33, subordinatamente alla approvazioni previste dalla normativa vigente.

Qualsiasi modificazione della configurazione naturale dei luoghi e dello stato di

fatto che interessi le zone E3.1 e le relative aree di rispetto va preventivamente

assoggettata al parere della competente Soprintendenza ai BB.CC.AA. in attuazione

a quanto previsto dall'art. 10, ultimo comma della L.R.16/1996.

Per la realizzazione di opere pubbliche nelle fasce di rispetto boschive è consentito,

con le procedure stabilite dalle norme, derogare dal divieto di edificazione nel

rispetto dei limiti massimi stabiliti dall’art. 42 della L.R. 7/2003.

IV.2.11.2.6.4 Zone E3.2 – Aree artificialmente rimboschite.

Zona E3.2

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

Sono le parti del

territorio

comunale

interessate da

rimboschimenti

artificiali,

identificate nello

studio agricolo-

forestale di

supporto al PRG.

In tali sottozone, compatibilmente con le esigenze di tutela paesaggistica e di

conservazione del patrimonio boschivo esistente, resta salva la facoltà di edificare

nei limiti definiti nei punti a), c) ed e) dell’art. 34 delle Norme di Attuazione, relativo

alle zone a verde agricolo produttivo.

I progetti relativi a nuove costruzioni edilizie non dovranno comunque prevedere

l'abbattimento di essenze forestali esistenti.

Nelle fasce di rispetto attorno alle zone E3.2, visualizzate negli elaborati di

zonizzazione del PRG con linea a tratti, ai sensi dell'art. 10, 8° c. della L.R. 16/1996, è

ammessa l'edificazione nei limiti definiti nell’art. 34 delle Norme di Attuazione,

relativo alle zone a verde agricolo produttivo. .

Qualsiasi modificazione della configurazione naturale dei luoghi e dello stato di

fatto che interessi le zone E3.2 e le relative aree di rispetto va preventivamente

assoggettata al parere della competente Soprintendenza ai BB.CC.AA. in attuazione

a quanto previsto dall'art. 10, ultimo comma della L.R.16/1996.

IV.2.11.2.7 Beni culturali isolati. Masserie e fabbricati rurali di interesse storico-

documentativo.

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

All'interno delle

zone di verde

agricolo sono

individuate nelle

tavole della

zonizzazione

(elaborato n. 7

del PRG), con

apposita

simbologia, alcuni

complessi edilizi e

fabbricati rurali

Per tali immobili sono consentiti tutti gli interventi orientati alla conservazione

dell'impianto morfologico e del carattere architettonico nonchè alla loro

rifunzionalizzazione anche attraverso destinazioni d'uso diverse da quelle agricole

originarie.

In particolare sono sempre consentite, con singole autorizzazioni o concessioni, le

opere manutentive, di restauro, risanamento conservativo e di ristrutturazione

edilizia che non comportino modifiche delle caratteristiche compositive e dei volumi

esistenti, nonchè i cambiamenti di destinazione d'uso che prevedano funzioni

compatibili con le caratteristiche architettoniche degli edifici esistenti e interventi di

sistemazione delle aree esterne che non prevedano rilevanti modificazioni

dell'assetto planoaltimetrico del terreno.

Per la realizzazione di progetti complessi finalizzati alla riqualificazione e

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Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

che, per

l'interesse

architettonico o

etno-

antropologico,

ovvero per la

collocazione in

punti singolari del

paesaggio agrario

e per la perfetta

integrazione

ambientale,

costituiscono

importanti risorse

sulle quali far leva

per sviluppare il

turismo rurale.

rifunzionalizzazione di interi complessi edilizi (masserie o agglomerati di case rurali),

per la realizzazione di centri aziendali agricoli, di complessi agrituristici, di strutture

ricettive di qualsiasi tipo, di strutture sociosanitarie e sportive, possono essere

proposti dai privati proprietari specifici Programmi di Recupero, ovvero Programmi

Integrati di Intervento, all'interno dei quali possono prevedersi, oltre agli interventi

conservativi, interventi di ristrutturazione con ampliamento e di nuova costruzione

nel rispetto delle indicazioni normative di intervento riportate per ciascun

complesso edilizio nelle schede dell'elaborato 9 del PRG. A tal fine le aree di

intervento sono assimilate a zone A.

Nelle schede analitico-normative sono precisati gli interventi edilizi ammessi in

ciascun complesso. Qualora sia ammessa la realizzazione di nuovi fabbricati questi

dovranno distaccarsi di almeno m. 10 dai fabbricati esistenti, tranne nel caso in cui

nelle stesse schede venga indicata la possibilità di realizzare interventi di

"ristrutturazione con ampliamento" o "nuove costruzioni in aderenza".

Vanno comunque rispettate le seguenti prescrizioni:

a) gli interventi sul patrimonio edilizio esistente dovranno prevedere il ripristino

delle caratteristiche architettoniche originarie, attraverso l'uso di materiali e

tecniche costruttive tradizionali e la demolizione delle superfetazioni che hanno

determinato incongrue alterazioni dei rapporti volumetrici tra i diversi corpi di

fabbrica;

b) gli interventi di ampliamento e quelli di nuova costruzione, ove ammessi,

possono comportare un aumento comunque non superiore al 100% del volume

esistente, o in alternativa, tale che il volume complessivo risultante, compreso

l'esistente, non superi l'indice di densità fondiaria di 1.50 mc/mq, calcolato con

riferimento ad un’ambito costituito dal sedime del fabbricato e dalle aree di

pertinenza catastale dei fabbricati stessi nonchè da una fascia di m. 25 attorno a tali

aree. Sono comunque da intendere escluse da tali ambiti le strade pubbliche e le

aree, pur comprese nella fascia di m. 25, che rimangono separate dai fabbricati

esistenti di interesse ambientale da strade pubbliche, sempre che tali aree non

costituiscano pertinenze dei fabbricati stessi.

c) le strutture in ampliamento, ove ammesse, non possono in nessun caso

modificare il carattere spaziale dei cortili esistenti, non sono pertanto consentiti

interventi di sopraelevazione nè di modifica della giacitura di fabbricati esistenti che

delimitano cortili aperti o chiusi; non sono parimenti modificabili, con interventi di

ampliamento, i fronti delle case padronali e delle strutture architettoniche di rilievo;

d) le nuove costruzioni dovranno inserirsi nel contesto costruito in maniera tali da

non risultare dissonanti con il suo carattere architettonico e inserirsi

armonicamente nell'ambiente naturale; a tal fine nella definizione architettonica

dei nuovi edifici dovrà farsi ricorso ad un linguaggio che riprenda, anche

reinterpretandola, la tradizione costruttiva locale e preveda l'uso di materiali non

dissimili da quelli utilizzati nelle strutture di antico impianto;

e) sia negli interventi di ampliamento che nelle nuove costruzioni non può superarsi

in nessun punto dei nuovi fronti l'altezza massima di ml. 7,50 e non possono

realizzarsi più di due piani fuori terra;

f) all'interno dell'area di intervento dovranno prevedersi spazi di sosta e parcheggio

di superficie non inferiore ad 1/10 del volume complessivo;

g) le sistemazioni esterne (pavimentazioni, terrazzamenti, aree a verde) dovranno

essere realizzate in conformità ai modelli tradizionali locali.

All'interno dell'area di intervento, nelle aree libere da costruzioni e non interessate

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Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

da giardini ornamentali o da presenze naturalistiche di rilievo, quali puntare, rocce

affioranti, alberature di alto fusto, etc.., possono realizzarsi attrezzature ed impianti

sportivi senza volume, per una superficie comunque non superiore ad un terzo di

quella non coperta complessiva.

E' sempre prescritto il mantenimento ed il ripristino dei giardini ornamentali

esistenti.

IV.2.11.2.8 Area archeologica.

Descr. Parametri urbanistici

Interventi ammissibili e loro modalità

Rientrano in questa classificazione le aree, in

località Casabella, interessate da ritrovamenti

archeologici e per tale ragione sottoposte a vincolo

diretto in applicazione del D.L. 490/1999.

In tali ambiti sono prescritti e consentiti tutti e

soli gli interventi orientati alla migliore fruizione

pubblica del bene.

IV.2.11.2.9 Zone EF – Zone di parco fluviale agricolo del Platani.

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

Rientrano in

questa

categoria le

parti del

territorio

agricolo,

ricadenti nel

bacino del

fiume Platani,

caratterizzate

da particolare

interesse

ambientale e

naturalistico,

delle quali si

vuole

promuovere il

valore di risorsa

territoriale

attraverso

iniziative rivolte

alla loro

fruizione sociale

a fini educativi,

ricreativi e

culturali.

Nelle more della

approvazione dei Piani

Territoriali di

Utilizzazione, all'interno

delle zone EF sono

consentiti gli interventi

sul patrimonio edilizio

esistente di cui alle lett.

a), b), c) e d) dell'art. 20

della L.R. 71/1978,

nonchè i cambi di

destinazione d'uso,

compresi quelli da usi

agricoli a usi residenziali

e ad essi assimilati. E'

ammesso inoltre

l'esercizio della attività

agricola e zootecnica,

nel rispetto dell'assetto

vegetazionale e delle

essenze arboree di

interesse botanico

esistenti e dell'assetto

geomorfologico dei

suoli.

Le nuove costruzioni, di

qualsiasi tipo, sono

ammesse nei limiti di

0,03 mc/mq.

Le previsioni del PRG relative alle zone EF si attuano attraverso specifici

Piani Territoriali di Utilizzazione, aventi valore giuridico di piani esecutivi

del PRG e contenuti assimilabili a quelli dei Piani di utilizzazione delle

Riserve regionali, all'interno dei quali dovranno essere specificate le

destinazioni d'uso delle aree comprese nel parco, le aree di proprietà

privata da sottoporre eventualmente ad espropriazione per pubblica

utilità per il raggiungimento delle finalità del parco, da classificare come

zone F, le modalità di svolgimento delle attività pubbliche e private e le

relative limitazioni e le norme tecniche di attuazione del Piano.

I Piani Territoriali di Utilizzazione dovranno essere redatti nel rispetto del

sistema dei vincoli operanti sul territorio interessato e visualizzati

nell'elaborato 3, nonchè nel rispetto delle seguenti prescrizioni:

a) nelle parti del territorio del parco destinate ad usi agricoli e non

assoggettate ad espropriazione per pubblica utilità possono applicarsi le

norme di cui all’art. 34 del PRG relativo alle zone a verde agricolo

produttivo, ove esse non contrastino con i vincoli esistenti;

b) nelle parti da destinare ad attrezzature pubbliche e di interesse

pubblico, quali spazi espositivi, centri di educazione ambientale, centri di

sperimentazione, centri per la accoglienza, uffici, etc., per il

raggiungimento delle finalità del parco, è prescritto il recupero ed il riuso

delle strutture edilizie esistenti nel rispetto delle loro caratteristiche

tipologiche ed architettoniche. Solamente nel caso di dimostrata

impossibilità di utilizzare tali strutture per le nuove destinazioni d'uso

richieste si può procedere alla realizzazione di nuovi volumi con un indice

di densità fondiaria di 0,30 mc/mq, una altezza massima di 4 m. Le nuove

costruzioni dovranno inserirsi armonicamente nell'ambiente naturale; a

tal fine nella definizione architettonica dei nuovi edifici dovrà farsi ricorso

ad un linguaggio che riprenda, anche reinterpretandola, la tradizione

costruttiva locale e preveda l'uso di materiali non dissimili da quelli

utilizzati nelle strutture di antico impianto; E' prescritta altresì la

realizzazione di percorsi didattici e di sentieri pedonali, ciclabili e

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Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro modalità

ippoturistici.

La gestione dei servizi pubblici e di interesse pubblico all'interno dei Parchi

territoriali agricoli dovrà essere attuata dal Comune direttamente o

mediante la stipula di convenzioni con altri Enti, Società o Cooperative

specificamente operanti nel settore. Questi ultimi potranno anche farsi

carico della predisposizione del progetto di Piano Territoriale di

Utilizzazione, da approvare, anche per ambiti più ridotti, comunque con le

procedure previste dall'art. 3 della L.R. 71/1978.

Gli interventi all'interno delle zone EF possono attuarsi anche attraverso

strumenti di urbanistica negoziata.

IV.2.11.2.10 Zone F – Attrezzature e servizi di livello urbano e territoriale.

Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro

modalità

Comprendono

le parti del

territorio

destinate ad

attrezzature ed

impianti di

livello generale,

pubblici o di

interesse

pubblico.

Di seguito si riportano gli indici ed i parametri da applicare in ciascuna zona F.

F1 - Attrezzature sanitarie. All'interno di tali zone è ammessa la realizzazione

di strutture ed impianti sanitari di interesse generale e sociosanitari di

qualsiasi natura, nel rispetto di un indice di fabbricabilità fondiario di 3

mc/mq, un rapporto di copertura non superiore a 1/2 ed un indice di

piantumazione arborea, inteso come rapporto tra la superficie destinata a

verde e la superficie rimasta scoperta da costruzioni, non inferiore al 50%.

F2 - Parchi urbani e territoriali. Nella realizzazione dei parchi urbani e

territoriali va salvaguardato il valore naturalistico delle comunità vegetali

presenti nell’area, specialmente se in collegamento, tramite corridoi ecologici

(corsi d’acqua, scarpate stradali, ecc.) con la vegetazione spontanea delle

campagne.

Per la valutazione di tale valore naturalistico andranno eseguiti:

- uno studio floristico che valuti la diversità (numero delle specie) e la qualità

(presenza di specie rare, protette, ecc.) della flora presente;

- uno studio vegetazionale nelle formazioni arboree, arbustive ed erbacee,

anche tramite rilievi fitosociologici, che evidenzi la qualità della fitocenosi ed

in particolare la eventuale presenza di lembi di vegetazione autoctona

appartenenti alla serie climax;

- una carta a scala adeguata del paesaggio vegetazionale con i limiti delle

principali formazioni e le stazioni delle entità floristiche di pregio;

- una carta, alla stessa scala della precedente, della qualità ambientale ove le

formazioni vegetazionali siano rappresentate secondo una scala di valore che

tenga anche conto delle emergenze floristiche.

Le informazioni fornite dalle indagini di cui al precedente comma

costituiranno un vincolo al progetto del parco, che dovrà farsi carico di

salvaguardare le specie arboree ed arbustive autoctone preesistenti, anche

con adeguate operazioni di manutenzione, nonché le formazioni erbacee di

interesse vegetazionale e le entità floristiche di pregio (specie rare o protette,

ecc.). Tale salvaguardia che va realizzata lasciando ampi spazi indisturbati alla

evoluzione spontanea delle piante specialmente in prossimità dei corridoi

ecologici eventualmente presenti, deve comunque essere realizzata anche in

assenza di ambiti di particolare valore ambientale per mantenere comunque

una certa diversità floristica, in quanto gli spazi verdi in ambito urbano

possono rivestire, oltre a quello naturalistico in se, un notevole interesse

La realizzazione

delle attrezzature

previste avviene

previa

approvazione di

progetti

planovolumetrici o

di sistemazione

dell'area estesi di

norma all'intera

zona omogenea

destinata al

servizio, ovvero di

piani esecutivi di

iniziativa privata,

nel rispetto delle

leggi specifiche che

regolano i vari tipi

di attrezzatura.

Nei casi previsti

dalla legge la

realizzazione di

edifici ed impianti

pubblici all'interno

delle zone F può

essere affidata in

concessione a

imprese private.

Le diverse

attrezzature sono

identificate nelle

tavole di Piano con

le seguenti sigle

alfanumeriche:

F1 - Attrezzature

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Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro

modalità

didattico e culturale per la possibilità che offrono di educazione ambientale

per i cittadini in genere. I nuovi impianti arborei, arbustivi ed erbacei saranno

previsti esclusivamente con specie autoctone sulla scorta dello studio

floristico e vegetazionale e previa individuazione della serie dinamica della

vegetazione potenziale di riferimento.

All'interno delle aree destinate a parco devono essere individuate le zone

dove porre a dimora gli alberi, in attuazione delle disposizioni della legge 29

gennaio 1992, n.113. Tali zone devono essere opportunamente segnalate con

specifici cartelli indicatori e con la evidenziazione delle essenze messe a

dimora, che devono essere autoctone.

F3 - Attrezzature per la istruzione. All'interno di tali zone è ammessa la

realizzazione di strutture edilizie destinate alla istruzione superiore di qualsiasi

tipo ed alle infrastrutture connesse, nel rispetto di un indice di fabbricabilità

fondiario di 3 mc/mq, un rapporto di copertura non superiore a 1/3 ed un

indice di piantumazione arborea, inteso come rapporto tra la superficie

destinata a verde e la superficie rimasta scoperta da costruzioni, non inferiore

al 50%.

F4 - Attrezzature socioassistenziali, religiose, culturali e del tempo libero.

All'interno di tali zone è ammessa la realizzazione di attrezzature destinate

allo svolgimento di attività religiose, assistenziali, sociali, del tempo libero e

culturali quali musei, istituti di ricerca e di sperimentazione, strutture di

istruzione universitaria, centri congressuali e simili, nel rispetto di un indice di

fabbricabilità fondiario di 2.5 mc/mq, un rapporto di copertura non superiore

a 1/2 ed un indice di piantumazione arborea, inteso come rapporto tra la

superficie destinata a verde e la superficie rimasta scoperta da costruzioni,

non inferiore al 30%.

F5 - Attrezzature amministrative direzionali, militari e giudiziarie. All'interno di

tali zone è ammessa la realizzazione di strutture edilizie ed impianti destinati

ad attività amministrative e di pubblici servizi. E' fissato per le nuove

costruzioni un indice di fabbricabilità fondiario di 2,5 mc/mq, con un rapporto

di copertura non superiore al 50%.

F6 - Attrezzature cimiteriali. Nel territorio comunale di Cammarata non sono

previste aree cimiteriali. Il servizio cimiteriale viene infatti gestito

unitariamente con il comune di San Giovanni, nel cui territorio il cimitero è

localizzato. La zona F6 indicata nel PRG come espansione del cimitero

esistente costituisce pertanto la semplice visualizzazione della identica

previsione contenuta nel PRG di San Giovanni.

F7 - Impianti tecnologici. All'interno di tali zone possono realizzarsi, per

iniziativa pubblica o da parte dei soggetti erogatori di servizi pubblici,

strutture e fabbricati destinati a servizi tecnici urbani, quali autoparchi,

serbatoi idrici, anche sopraelevati, impianti per la depurazione delle acque di

scarico, impianti per la trasmissione a distanza, ripetitori e simili, impianti per

la telefonia, cabine elettriche, impianti solari e fotovoltaici, discariche di

materiali inerti e di rifiuti solidi, canili municipali, depositi comunali, etc,

secondo i parametri tecnici che regolano ciascun tipo di impianto.

F8 – Area attrezzata. In tale zona è ammessa la realizzazione di piazzali da

destinare allo svolgimento di mercati periodici, nonchè manifestazioni e

spettacoli all’aperto. Quando non impegnati per le destinazioni principali gli

sanitarie

F2 - Parchi urbani e

territoriali

F3 – Attrezzature

per l’istruzione

superiore

F4 - Attrezzature

socioassistenziali,

religiose, culturali e

del tempo libero

F5 - Attrezzature

amministrative

direzionali, militari

e giudiziarie

F6 - Attrezzature

cimiteriali

F7 - Impianti

tecnologici urbani

F8 – Area attrezzata

F9 – Impianti

tecnico distributivi

F10 - Attrezzature

ed impianti

ferroviari

F11 - Attrezzature

ed impianti per lo

sport ed il tempo

libero.

I progetti relativi

alle zone F

dovranno sempre

specificare le

essenze arboree ed

arbustive da

impiantare nelle

parti scoperte

dell'area nonché le

tipologie di

recinzione da

adottare.

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Descr. Parametri urbanistici Interventi ammissibili e loro

modalità

spazi possono essere utilizzati come depositi temporanei all’aperto, parcheggi

di automezzi e simili. Le aree rientranti nella classificazione di zona F8

potranno essere anche utilizzate per le necessità della protezione civile.

F9 – Impianti tecnico distributivi. Rientrano in tali zone gli impianti di

distribuzione di carburanti per autotrazione. In tali zone, oltre agli impianti di

distribuzione, sono ammessi volumi da destinare a servizi igienici, bar, posti di

ristoro, autofficine e simili con un rapporto di copertura inferiore al 10%.

F10 - Attrezzature ed impianti ferroviari. Rientrano in tale classificazione le

parti del territorio comunale destinate alle stazioni merci e passeggeri ed agli

impianti ferroviari in genere. E' prescritto il restauro degli edifici pubblici

esistenti ed in particolare degli edifici, quali i caselli e le stazioni, dei ponti

ferroviari, nonché di tutte le strutture edilizie che possono costituire

interessanti testimonianza etnoantropologica o di archeologia industriale.

F11 - Attrezzature ed impianti per lo sport ed il tempo libero. Nelle aree

destinate ad attrezzature sportive è consentita la realizzazione di attrezzature

sportive all'aperto nonchè di impianti al chiuso quali palestre, piscine coperte,

palazzetti dello sport, strade e parcheggi, con un indice di fabbricabilità

fondiaria non superiore a 2,5 mc/mq, un rapporto di copertura non superiore

ad 1/2 ed una distanza dai confini del lotto e dalle strade di m. 10. Nell'ambito

delle zone F11 vanno previsti spazi per parcheggi pubblici di dimensione

adeguata al prevedibile afflusso di automezzi e comunque di estensione non

inferiore al 10% dell'intera area.

Le destinazioni d'uso indicate per ciascuna zona F negli elaborati di

zonizzazione hanno generalmente valore prescrittivo tuttavia, per ragioni

connesse alla migliore funzionalità del servizio pubblico, possono essere

variate, nell'ambito delle destinazioni elencate nel presente articolo,

attraverso l’approvazione del relativo progetto da parte del Consiglio

comunale, senza che ciò costituisca variante allo strumento urbanistico. Le

destinazioni hanno invece sempre valore prescrittivo nel caso della

realizzazione da parte di soggetti privati.

Parimenti gli indici ed i parametri sopra specificati per ciascuna attrezzatura

hanno valore prescrittivo nel caso di realizzazione da parte di privati; possono

invece motivatamente essere derogate, per particolari esigenze connesse alla

realizzazione di edifici ed impianti pubblici, nel caso di realizzazione pubblica.

Sono comunque fatti salvi i progetti riguardanti le zone F, anche di massima,

già approvati alla data di adozione del PRG.

IV.2.11.2.11 Interventi sulla viabilità esistente.

Tutte le strade e gli spazi pubblici o di uso pubblico esistenti all'interno delle zone omogenee di piano, a meno

che non sia diversamente indicato negli elaborati di progetto, devono intendersi confermati nell'attuale sedime

ancorchè campiti con simboli funzionali diversi e devono essere mantenuti nella configurazione attuale.

Sono sempre consentiti interventi di manutenzione delle pavimentazioni, il rifacimento e la diversa

sistemazione delle finiture stradali, l'inserimento di nuovi elementi di arredo urbano e di segnaletica stradale e

pubblicitaria.

IV.2.11.2.12 Nuova viabilità e verde stradale.

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I tracciati di progetto delle strade extraurbane indicati nelle cartografie di piano sono da considerare

generalmente prescrittivi. Sono ammesse tuttavia in fase esecutiva, senza che ciò comporti l'attivazione di

procedure di variante urbanistica, variazioni planimetriche, purchè motivate da documentate necessità tecnico-

viabilistiche non conciliabili con l'assetto planimetrico definito nel PRG.

In particolare è ammessa, oltre alla variazione planimetrica, la realizzazione di opere di presidio, fossi di

guardia, rilevati stradali, elargamenti in curva, al di fuori del sedime stradale indicato nel Piano, senza che

questo costituisca variante, purchè tutte le opere stradali siano comunque comprese entro la fascia di rispetto

stradale calcolata in conformità a quanto stabilito dal Codice della strada e misurata con riferimento al

tracciato indicato negli elaborati del PRG.

E' sempre ammessa la trasformazione di trazzere in rotabili, anche quando tale trasformazione comporti la

realizzazione di un tracciato planimetrico differente rispetto a quello esistente, a condizione che:

− la adozione di un nuovo tracciato risulti assolutamente necessaria in relazione a documentate ed

incontrovertibili esigenze tecniche o per assicurare la rispondenza dell'opera ai criteri progettuali

suggeriti dal C.N.R.;

− -il progettista dell'opera attesti, sotto la propria responsabilità, che il tracciato esistente risulta

contrastante con specificate esigenze progettuali o con norme tecniche o giuridiche, che ne

impedirebbero la trasformazione in rotabile;

− la variazione riguardi esclusivamente zone E del PRG;

− la sezione stradale sia costituita da una unica carreggiata di larghezza complessivamente non

superiore a m. 7,50;

− non vengano previste opere d'arte di particolare complessità, quali rilevati e muri di sostegno di

altezza superiore a m. 2, viadotti e simili.

Nei casi sopra specificati può essere attestata la conformità del progetto stradale allo strumento urbanistico

vigente.

Sono fatti salvi, ancorchè non riportati nelle zonizzazione del PRG, i progetti di nuova viabilità che, alla data di

adozione del Piano, risultano già provvisti di tutte le approvazioni tecnico-amministrative previste dalle leggi.

Le aree indicate negli elaborati di zonizzazione come "verde stradale" sono di norma destinate alla

realizzazione di aiuole, alberature e verde ornamentale in genere; la scelta delle essenze da impiantare e la

disposizione devono comunque garantire la più ampia visibilità, specie nei tratti in curva ed in corrispondenza

degli incroci.

Per esigenze connesse alla funzionalità della strada le aree classificate come verde stradale possono anche

essere destinate a sedi viarie.

IV.2.11.2.13 Vincoli di inedificabilità.

Negli elaborati di zonizzazione sono indicati i perimetri di talune aree nelle quali, per la presenza di vincoli

normativi di diversa natura, è vietata qualsivoglia attività edificatoria e di trasformazione urbanistica.

In particolare, nelle aree comprese entro un raggio di m. 50 attorno al muro perimetrale delle aree cimiteriali e

di m.100 attorno al depuratore sono consentite, oltre alle attività agricole, le opere direttamente connesse alla

funzionalità del servizio pubblico, quali attrezzature tecnologiche di supporto, allacciamenti alle reti, parcheggi,

sistemazioni a verde.

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In tutte le aree soggette al vincolo di arretramento delle costruzioni gli interventi edilizi ammessi sono

solamente quelli di manutenzione, restauro e ristrutturazione, anche con modifiche della destinazione d'uso

ma senza alterazione dei volumi, degli edifici esistenti.

IV.2.11.2.14 Aree soggette a rischio idrogeologico.

Nel territorio comunale di Cammarata ricadono alcune aree, visualizzate negli elaborati di zonizzazione,

interessate dal Piano straordinario per l’assetto idrogeologico ed individuate con D. D. C. n. 109 del 5.02.2003;

tali aree sono distinte in:

R3 – Aree potenzialmente soggette a fenomeni di frana a rischio elevato;

R4 – Aree potenzialmente soggette a fenomeni di frana a rischio molto elevato.

Nelle aree classificate a rischio si applicano le disposizioni limitative contenute nelle Norme di salvaguardia

allegate al D.A. n. 298/41 del 4.7.2000 come modificate con gli articoli 7 ed 8 del D.A. n. 543 del 25.07.2002 e

succ.

In particolare, nelle aree a rischio di frana R4 sono esclusivamente consentiti:

a) gli interventi di demolizione senza ricostruzione, da autorizzarsi ai sensi dell’art. 5 della L.R. 10 agosto

1985, n.37;

b) gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, gli interventi di restauro e risanamento

conservativo e gli interventi di ristrutturazione edilizia parziale degli edifici (con esclusione pertanto

della loro demolizione totale e ricostruzione), così come definiti dall’art. 20, comma 1, lettere a), b), c)

e d) della L. R. 27 dicembre 1978 n.71;

c) gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica

incolumità, senza aumenti di superfici e volumi e cambiamenti di destinazione d’uso che comportino

aumento del carico urbanistico;

d) gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria, straordinaria e di consolidamento delle opere

infrastrutturali e delle opere pubbliche o di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e

restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;

e) le occupazioni temporanee di suolo, da autorizzarsi ai sensi dell’art. 5 della L.R. n.37/85, realizzate in

modo da non recare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità;

f) gli interventi di consolidamento per la mitigazione del rischio di frana;

g) le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;

h) gli interventi relativi ad attività di tempo libero compatibili con la pericolosità della zona, purché

prevedano opportune misure di allertamento.

i) interventi di adeguamento del patrimonio edilizio esistente per il rispetto delle norme in materia di

sicurezza e igiene del lavoro e di abbattimento di barriere architettoniche.

Nelle aree a rischio R4, inoltre:

- sono vietati scavi, riporti e movimenti di terra e tutte le attività che possono esaltare il livello di rischio

e/o di pericolo;

- è vietata ogni nuova forma di edificazione;

- non è consentita la realizzazione di collettori fognari, acquedotti, gasdotti o oleodotti ed elettrodotti o

altre reti di servizio.

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Nelle aree classificate R3 ed R4 è vietata la localizzazione, nell’ambito del Piano Comunale di Emergenza di

Protezione Civile, delle "Aree di attesa", delle "Aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse" e delle

"Aree di ricovero della popolazione".

I progetti relativi agli interventi di cui alle lettere b), c), d), e), f), g), h) ed i) devono essere corredati da un

apposito ed adeguato studio geomorfologico, con il quale si dimostri la compatibilità fra l’intervento, le

condizioni di dissesto ed il livello di pericolosità esistente. Tale studio deve ottenere l’approvazione del

competente Ufficio del Genio Civile.

Nelle aree a rischio R3 valgono le stesse disposizioni relative alle aree R4; sono altresì consentiti:

a) gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto

della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro, connessi ad esigenze delle attività

e degli usi in atto;

b) l’ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico esistenti,

purché compatibili con lo stato di dissesto esistente;

c) le costruzioni necessarie per la conduzione aziendale delle attività agricole esistenti e non

diversamente localizzabili nell’ambito dell’azienda agricola al di fuori dell’area a rischio.

I progetti relativi agli interventi di cui alle lettere a) b), c), devono essere corredati da un apposito ed adeguato

studio geomorfologico, con il quale si dimostri la compatibilità fra l’intervento, le condizioni di dissesto ed il

livello di pericolosità esistente. Tale studio dovrà ottenere l’approvazione del competente Ufficio del Genio

Civile.

IV.2.11.2.15 Aree ad alto grado di pericolosità geologica.

Sono le aree identificate nello studio geologico di supporto al PRG con la lettera A. Vi rientrano le seguenti aree

quando non siano già sottoposte a vincoli istituzionali di inedificabilità:

a) le aree morfologicamente non idonee;

b) le aree geomorfologicamente instabili;

c) le aeree particolarmente vulnerabili in occasione di fenomeni sismici;

d) le aree di salvaguardia delle risorse idriche sotterranee.

All’interno delle aree di cui alle precedenti lettere a), b) e c), qualunque sia la destinazione urbanistica ad esse

attribuita nel PRG, è da evitare in genere qualunque intervento antropico; nel caso di interventi ritenuti

indispensabili è necessario effettuare puntuali ed approfondite indagini geologiche.

All’interno delle aree di cui alla precedente lettera d), è consentita invece l’edificazione in conformità alle

destinazioni stabilite dal PRG, a condizione che vengano realizzati sistemi di smaltimento delle acque reflue, ai

sensi delle norme vigenti che non interferiscano con le falde idriche sotterranee.

IV.2.11.2.16 Aree ricadenti nel perimetro delle Riserve Naturali regionali.

All'interno del perimetro della Riserva Naturale di Monte Cammarata, istituita con D. A. 86/44 del 18.04.2000,

si applicano le disposizioni contenute nella L.R.98/1981 e succ. mod. e specificate nel Regolamento della

Riserva.

Nel rispetto delle norme stabilite dal Regolamento, nella zona di pre-riserva possono essere previste iniziative

idonee a promuovere la valorizzazione delle risorse locali con particolare riguardo alle attività artigianali, silvo-

pastorali, zootecniche ed alla lavorazione dei relativi prodotti, nonché alle attività ricreative, turistiche, museali

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e sportive. Tali previsioni dovranno trovare specificazione nel Piano di utilizzazione, avente valore di Piano

particolareggiato, che l'Amministrazione comunale dovrà redigere nel rispetto delle norme contenute nell'art.

23 della L.R. 14/1988 e succ. mod.

Nella redazione del Piano di utilizzazione della Pre-riserva dovranno essere specificate le connessioni funzionali

con le previsioni formulate dal presente PRG per le aree contermini alla riserva.

IV.2.12 Norme relative al commercio.

L’esercizio delle attività commerciali al dettaglio, nell’ambito del territorio comunale, è ammesso:

- Nell’ambito delle zone a prevalente destinazione d’uso residenziale (A-B-C), è consentita la

localizzazione di esercizi di vicinato, mercati coperti, centri commerciali locali urbani e di medie

strutture di vendita, nel rispetto degli indici e dei parametri fissati per ciascuna zona nello strumento

urbanistico e di quanto specificato negli articoli successivi.

- Nelle Zone Territoriali Omogenee D è consentito l’insediamento di medie e grandi strutture, nonché di

centri commerciali, nel rispetto degli indici e dei parametri fissati per ciascuna zona nello strumento

urbanistico vigente. Nelle zone D1 l’insediamento di esercizi di vicinato è consentito solo se all’interno

di centri commerciali, ovvero se complementare ad altre attività produttive.

- Nelle zone F8 dovranno essere localizzate le aree da destinare a mercati su aree pubbliche di tipo

giornaliero, periodico o fisso.

- Al di fuori delle zone così come sopra indicate non sono consentiti insediamenti stabili di esercizi

commerciali al dettaglio. Sono fatte comunque salve le disposizioni riguardanti l’attività agrituristica,

in base alle quali può essere svolta attività di vendita di prodotti, alimentari e non, nell’ambito di

aziende agrituristiche.

IV.2.13 Strutture ed impianti tecnologici.

In tutte le zone omogenee di PRG, ad eccezione delle aree sottoposte a vincoli di inedificabilità discendenti dal

leggi, è consentita l’installazione, da parte degli Enti pubblici e delle Aziende erogatrici di servizi di pubblica

utilità, di impianti e strutture di piccola dimensione destinate alla fornitura ed alla funzionalità del servizio,

quali cabine elettriche e telefoniche, antenne, serbatoi, pozzetti e simili.

In particolare nelle zone classificate come verde agricolo i manufatti edilizi dovranno essere arretrati dal filo

stradale di almeno m. 3 e dai confini interni dell'area di pertinenza di almeno m. 1,50.

Nelle zone diverse da quelle agricole gli impianti tecnologici di cui al presente articolo dovranno essere di

preferenza localizzati, oltre che nelle zone specificamente indicate dal piano, all'interno delle aree destinate ad

opere di urbanizzazione primaria ed eventualmente secondaria. Soltanto nel caso di dimostrata impossibilità

potranno prevedersi all'interno delle zone destinate alla edificazione nel rispetto delle distanze stabilite dalle

presenti norme per ciascuna zona omogenea.

IV.3 AREA DI INFLUENZA DEL PIANO: CARATTERI BIOTICI E ABIOTICI DEL TERRITORIO.

IV.3.1 Inquadramento territoriale.

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L’area di influenza del Piano Regolatore Generale di Cammarata, ai fini del presente studio, è stata assunta,

oltre quella coincidente con il territorio

disegnato dalla porzione dei SIC ITA040005:

Monte Cammarata-Contrada Salaci, ITA040007:

Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano

Quisquina, ITA 020011: Rocche di Castronuovo,

Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea, ITA040011:La

Montagnola e Acqua Fitusa ricadenti in

territorio di Cammarata, anche una fascia

approssimativamente larga 300 m, posta lungo

i limiti esterni del territorio stesso di

Cammarata, in coincidenza con i SIC in

questione. Essa, pertanto, si estende dalle rive

del Fiume Platani ad est, alla contrada

Buonanotte ad ovest, dalle colline rocciose di

contrada Madonesi a nord, fino alle contrade Daini, Chirumbo, Cozzo Tre Monaci e Giardinello a sud,

abbracciando un vasto territorio compreso fra i comuni di Cammarata, San Giovanni Gemini, Santo Stefano

Quisquina e Castronovo di Sicilia. Quest’area è segnata con tratteggio rosso nella cartografia seguente:

La configurazione che si è data all’area di influenza del PRG, appena descritta, nasce dal generale consenso,

esistente nella letteratura scientifica, circa l’opportunità di porre a 300 metri il limite oltre il quale i vari tipi di

impatto (acustico, atmosferico, ecc..) si annullano. Questo limite spaziale può, certamente, presentare

variazioni in funzione della topografia, della taco-gonio-anemometria, e di altri fattori; tuttavia rappresenta,

comunque, una distanza di sicurezza riconosciuta di generale validità in letteratura (Forman e Alexander,1998).

L’area di studio, perciò, è approssimativamente estesa 126 kmq, e rappresenta, quindi, l’area entro la quale le

previsioni e le attività del Piano Regolatore Generale di Cammarata possano far sentire la propria influenza

sugli habitat e sulle specie da tutelare ricadenti all’interno dei SIC.

Questa porzione di territorio siciliano è ricadente fra le province di Agrigento (Cammarata, San Giovanni

Gemini, Santo Stefano Quisquina) e Palermo (Castronovo di Sicilia). Essa investe l’estrema propaggine sud-est

della catena collinare dei Monti Sicani, della quale l’elemento più significativo è rappresentato dal rilievo di

Monte Cammarata, che con i suoi 1.578 m.s.l.m.m, può essere annoverato fra le vette più alte dell’intero

territorio siciliano.

Il territorio in studio ha proprio il suo baricentro nel Monte Cammarata, il quale con le sue pendici costituite da

una grande diversità di ambienti, da origine ad habitat che ospitano diverse espressioni biologiche e

biocenotiche.

Quest’area è geograficamente compresa tra 37° 35’ 50’’ e 37° 39’ 50’’ di latitudine N e 13° 32’ 00’’ e 13° 42’ 10’’

di latitudine E (sistema geodetico E.D. 1950). Nella Carta d’Italia in scala 1:100.000 essa ricade nel foglio n. 259

Termini Imerese e nel foglio n. 267 Canicattì. Nella Carta Tecnica Regionale in scala 1:50.000 risultano

interessati i fogli 620, 621 e 629 e le sezioni in scala 1:10.000 n. 620110 – 620120 – 621090 – 620150 – 620160

– 621130 – 629030 – 629040.

IV.3.2 Brevi aspetti storico-culturali del territorio.

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Con il nome di Monti Sicani viene indicata una

vasta area dell’entroterra siciliano, della quale

l’area in studio occupa l’estremo lembo S-E, a

cavallo fra le province di Agrigento e Palermo,

caratterizzata da una serie di alture, che, nel loro

complesso, costituiscono un vasto altopiano

ondulato di rocce argillose sul quale sovrastano

grandi masse calcaree e gessose. Tali alture

dividono in due settori la parte centro-occidentale

dell’Isola, da Cammarata fino all’estremo lembo

occidentale della provincia di Agrigento.

Il nome di quest’area è derivato da quello dei

Sicani, un popolo di uomini dediti all’agricoltura che diede il nome Sicania all’Isola e che di essa, pare, siano

stati i più antichi abitatori ed i primi ad introdurre qui la coltivazione del frumento.

Cacciati, successivamente, verso l’interno dai Siculi, popolazione guerriera proveniente dall’Italia8, e dai greci,

vennero ad abitare queste alture, abbondanti di acque, fertili e ricche di boschi, ove hanno lasciato numerose

tracce della loro civiltà.

Numerose sono, peraltro, in quest’area, le tracce storiche del passaggio di numerosi altri popoli e civiltà: primi

fra tutti gli arabi, e poi i normanni, gli svevi, gli angioini, gli aragonesi e gli spagnoli. Tutti hanno lasciato segni

consistenti, un enorme patrimonio storico, architettonico, artistico ed anche tante tradizioni irripetibili ed

uniche.

Quest’area dei Monti Sicani ha anche una valenza ambientale e paesistica notevole, che gli deriva, oltre che

dalla presenza di numerosi siti archeologici e di tanti altri segni della storia, anche dalla particolarità delle

rocche, dalla morfologia ondulata delle colline argillose, dalla permanenza delle colture tradizionali dei campi

aperti e dai pascoli d’altura, dai boschi, dalla discreta diffusione di manufatti rurali e antiche masserie.

IV.3.3 Il clima e gli indici bioclimatici.

Le sostanziali differenze fra le quote altimetriche ed una variegata conformazione geomorfologica del territorio

in esame, determinano una certa differenziazione di microclimi.

I dati necessari per lo studio climatologico del territorio in esame, sono stati rilevati dall’Atlante climatologico

della Sicilia, per le stazioni termo-pluviometriche di Piano del Leone e di Bivona, che risultano essere quelle più

vicine e più significative per l’analisi della climatologia della parte di territorio in studio posta al di sopra dei 700

m.s.l.m.m., e da quelli rilevati presso la stazione termo-pluviometrica di Fattoria Gioia, sita nel comune di

Castronovo di Sicilia, che risulta, invece, significativa per quel che riguarda l’analisi della restante porzione di

territorio.

L’andamento del regime pluviometrico rientra nel tipo generale delle varie località siciliane, coi valori massimi

ricadenti nei mesi di Gennaio (114,2 mm per Piano Leone, 120,5 mm per Bivona e 74,1 mm per Fattoria Gioia) e

di Dicembre (120,6 mm per Piano Leone, 123,7 mm per Bivona e 73,9 mm per Fattoria Gioia), ed i minimi nel

mese di Giugno (10,9 mm per Piano Leone, 10,5 mm per Bivona e 6,3 mm per Fattoria Gioia) e Luglio (7,8 mm

per Piano Leone, 3,3 mm per Bivona e 3,1 mm per Fattoria Gioia).

I valori medi annui delle precipitazioni sono di 763,2 mm nella stazione di Piano Leone, 787,7 mm per quella di

Bivona e 515,1 per quella di Fattoria Gioia.

8 Santi Correnti. Breve storia della Sicilia dalle origini ai giorni nostri. Tascabili Economici Newton – Roma, 1994.

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La stagione più piovosa dell’anno è l’inverno nelle stazioni di Bivona (con 309,8 mm) e Fattoria Gioia (con 198,1

mm), seguita dall’autunno (con 305,4 mm a Bivona e 196,3 mm a Fattoria Gioia), e poi dalla primavera (107,4

mm a Bivona e 77,4 mm a Fattoria Gioia) e dall’estate (con soli 65,2 mm a Bivona e 43,2 mm a fattoria Gioia.

Nella stazione di Piano Leone, invece, la stagione più piovosa dell’anno risulta essere l’autunno con 304,3 mm,

seguita dall’inverno, con 279,2 mm, dalla primavera con 109,2 mm e infine dall’estate con appena 70,5 mm.

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Una valutazione delle due metà dell’anno, grosso modo separate dagli equinozi, la metà fredda e la metà calda,

dimostra come il periodo umido, somma dell’inverno e dell’autunno, abbia una piovosità circa tre volte

superiore a quella registrata nella primavera e nell’estate insieme.

Il numero dei giorni piovosi all’anno, al 50° percentile, è di 86 gg per la stazione di Piano Leone, 77 gg per

Bivona e 68 per fattoria Gioia.

Anche il numero di giorni piovosi all’anno denota un andamento simile a quello della piovosità; infatti la

stagione con il maggior numero di giorni piovosi è l’inverno (33gg per Piano Leone, 21 gg per Bivona e 27 gg per

Fattoria Gioia) seguita dall’autunno, dalla primavera e dall’estate, quest’ultima con 6 gg, 5 gg e 5 gg,

rispettivamente per le stazioni di Piano del Leone, Bivona e Fattoria Gioia).

Inverno Primavera Estate Autunno

Giorni piovosi gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic tot. Anno

Piano Leone 12 10 9 8 5 1 - 1 5 7 10 13 86

tot. stag. 31,0 14,0 6,0 30,0

Bivona 12 11 10 7 4 1 - 1 4 7 10 10 77

tot. stag. 33,0 12,0 5,0 27,0

Fattoria Gioia 9 9 9 5 4 1 - 1 4 7 8 9 68

tot. stag. 27,0 10,0 5,0 24,0

I mesi con il maggior numero di giorni piovosi risultano essere Dicembre e Gennaio. Nel mese di luglio, invece, il

numero dei giorni piovosi risulta essere pressoché nullo in tutte le stazioni esaminate.

Il valore medio annuo della temperatura è di 13,6 °C.

La temperatura media del mese più freddo è quella di Gennaio con 6,5 °C a Piano Leone, 9 °C a Bivona e 7,9 °C

a Fattoria Gioia. La temperatura media del mese più caldo risulta esser agosto per la stazione di Piano Leone

(con 22,6 °C) e luglio per le stazioni di Bivona e Fattoria Gioia (rispettivamente con 26,3 °C e 24,7 °C).

Le escursioni diurne sono più accentuate nei mesi caldi e vanno da un valore minimo di 6,3 °C a Gennaio ad un

valore di 13,0 °C a Luglio; la escursione media annua è di 16,1 °C. per Piano Leone, di 17,3 °C per Bivona e di

16,8 °C per Fattoria Gioia.

I giorni di gelo assumono, nella parte alta del territorio in esame, del quale i dati rilevati a Piano del Leone sono

l’espressione, un ruolo significativo rispetto al contesto generale.

I mesi investiti dalla recrudescenza termica, per l’area in questione, sono massimamente Gennaio (con valori

medi di 5,6 gg di gelo) e Febbraio (con valori medi di 5,2 gg di gelo), ma vi sono annate in cui il fenomeno

interessa non solo Dicembre (con valori medi di 2,2 gg di gelo) e Novembre (media di 0,5 gg di gelo), ma perfino

Marzo (con valori medi di 2,5 gg di gelo) ed Aprile (con media di 0,3 gg di gelo), con inevitabili gravi danni per

tutta la vegetazione.

Nel grafico di Bagnouls e Gaussen, la curva ombrica, risultante dai valori medi mensili di precipitazione e la

curva termica, che scaturisce dai valori medi mensili di temperatura, si intersecano in due punti, individuando

un periodo secco in cui P<2T, che è di circa quattro mesi (a cavallo tra Maggio-Giugno e Settembre-Ottobre), in

tutte le tre stazioni esaminate.

Le condizioni anemologiche fanno rilevare come in inverno i venti da S e da N presentino quasi la stessa

frequenza con una minima prevalenza da S; subordinatamente si hanno venti da S-O e da O. In primavera si ha

una prevalenza da N, nettissima in estate, con un progressivo diminuire, nelle due stagioni, dell’incidenza dei

venti da Sud. In autunno prevalgono i venti da Sud e subordinatamente quelli da N, N-E e S-O.

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Seguendo la “Classificazione bioclimatica della Terra” proposta da S. Rivas-Martinez, il calcolo dell’indice di

termicità , It = (T + M + m) x 10, in cui T è la temperatura media annua, M è la media delle temperature

massime del mese più freddo ed m la media delle temperature minime del mese più freddo, e dell’indice

ombrotermico annuale Io = 10 x Pp/Tp, in cui Pp è la somma delle precipitazioni medie mensili in mm riferite ai

mesi dell’anno in cui la temperatura media risulta essere superiore a 0 °C, e Tp la somma delle temperature

medie mensili riferite ai mesi in cui la temperatura media risulta essere superiore a 0 °C, espressa in decimi di

grado, ha dato i seguenti valori:

stazione It Io termotipo ombrotipo

Piano del Leone 270 4,58 Mesomediterraneo

superiore Subumido inferiore

Bivona 350 3,86 Mesomediterraneo

inferiore Subumido inferiore

Fattoria Gioia 312 2,77 Mesomediterraneo

inferiore Secco inferiore

La Carta Bioclimatica pubblicata nell’Atlante Climatologico della Sicilia, ottenuta dall’analisi ed elaborazione

spaziale e territoriale dei dati sopra riportati, integrati con quelli rilevati nella rimanente parte della rete di

stazioni termo-pluviometriche utilizzata, evidenzia come il territorio in esame sia interessato da cinque tipi

termo-ombrici, diversi, secondo la definizione di Rivas-Martinez:

il tipo “Termomediterraneo – Secco superiore” si trova localizzato nella vallata del Torrente Tumarrano e nel

tratto più a valle, entro il territorio comunale di Cammarata, del fiume Platani, ad una quota compresa tra i 240

e i 320 m.s.l.m.m.;

il tipo “Termomediterraneo – Subumido inferiore”, interessa sostanzialmente la quasi totalità della vallata del

fiume Platani e quella del torrente Chirumbo e del fiume Turvoli nella parte S-E del territorio in esame, ad una

quota compresa tra i 300 e i 400 m.s.l.m.m.;

il tipo “Mesomediterrnaeo – Secco superiore”, è praticamente assente dal territorio in esame, essendo

localizzato in tutta la collina che si estende al di là del fiume Platani, verso E-N-E;

il tipo “Mesomediterraneo – Subumido inferiore” interessa tutta la restante parte del territorio in esame,

compreso fra i comuni di Cammarata, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina e Castronovo di Sicilia,

con esclusione soltanto della zona peri-sommitale di Monte Cammarata e di Serra del Leone, che denotano il

tipo: “Supramediterraneo – Subumido inferiore”.

Assessorato Agricoltura e Foreste – SIAS. - Atlante Climatologico della Sicilia – Indici Climatici.

Rivas Martinez.

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IV.3.4 Aspetti geologici, geomorfologici e idrogeologici.

Il contesto morfologico dell’area in esame presenta, soprattutto nella sua parte centrale, un assetto

prevalentemente montuoso. La zona montuosa degrada poi in un’area collinare, sino a convergere, verso E,

nella piana alluvionale di fondovalle, ove scorre l’asta fluviale del Platani, verso N in quella del torrente

Cacagliommaro e verso S in quella del fiume Turvoli.

La zona montuosa è caratterizzata da rilievi rocciosi prevalentemente carbonatici più o meno aspri, con pendii

acclivi, incisi da ripide linee di impluvio che confluiscono all’interno dei ricettori principali. La cima più elevata è

quella di Monte Cammarata (1578 m s.l.m.) seguita da quella di Monte Gemini (1397 m s.l.m.), Cozzo Rossino

(1.051 m.s.l.m.) e Pizzo San Cono (957 m.s.l.m.) a N e N-O e Cozzo Tre Monaci (970 m.s.l.m.) a S, e Cozzo

Minavento (989 m.s.l.m.) a E. Queste cime costituiscono l’estremo lembo est della catena dei Monti Sicani, che

si estende verso O, fino ad interessare l’estrema periferia della provincia di Agrigento

I versanti montuosi degradano poi, soprattutto verso E e S-E, in forme meno accidentate e la morfologia risulta

allora molto più blanda. Qui affiorano, generalmente, i termini argillo-marnosi che risultano particolarmente

incisi dal reticolo idrografico.

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IV.3.4.1 Assetto geologico.

L’assetto geologico di questo territorio è caratterizzato da una marcata eterogeneità determinata dal contesto

stratigrafico-strutturale rilevabile. Il complesso montuoso di Monte Cammarata e delle cime minori è

caratterizzato dagli affioramenti delle unità rocciose più antiche; si tratta di sistemi strutturali derivanti dalla

deformazione del Dominio Sicano costituito da unità rocciose carbonatiche mesozoiche e da depositi terrigeni

del Flysch Numidico. Si tratta di un sistema di varie Unità Stratigrafico-Strutturali prodotte dall’attività orogena

miocenica che ne ha determinato la sovrapposizione in falde tettoniche, a loro volta sovrapposte con fronti di

sovrascorrimento ai terreni di età tortoniana, successivamente coinvolti da una seconda fase tettonica nel

Pliocene medio9. Infatti, la restante porzione del territorio in esame è costituita prevalentemente dai terreni

argillosi e dai termini della Serie Evaporitica, ricoperti dai depositi pelagici pliocenici; si tratta di sedimenti

accumulati all’interno del bacino della “Fossa di Caltanissetta”, caratterizzati da un comportamento

prevalentemente duttile che ha permesso la formazione di un complesso sistema di pieghe ad ampiezza

variabile con assi orientati prevalentemente in direzione SO-NE. Questo contesto, genericamente descritto,

evidenzia, comunque, il passaggio da un contesto morfologico prevalentemente montuoso, in cui prevalgono

bruschi contatti tettonici, ad un assetto morfologico collinare in cui emergono i contatti fra i corpi rocciosi

lapidei e le unità argillose.

Le litologie in affioramento sono di seguito descritte, in linea generale, procedendo dai termini più antichi verso

i più recenti:

Calciluti e dolomie microcristalline (Trias superiore – Giura medio) Si tratta di rocce carbonatiche

microcristaline stratificate in banchi decimetrici, di colore variabile dal biancastro al grigio, in cui sono presenti

diffusi noduli e liste di selce, con intercalazioni di calcareniti bianco-grigiastre; costituiscono la struttura lapidea

dei rilievi montuosi del settore NW del bacino del Platani (Cammarata – S.Stefano Q. – Castronovo di Sicilia) e

raggiungono spessori dell’ordine di 400-500 m.

Marne e marne calcaree bianche (Giura superiore – Cretaceo inferiore) Si tratta di marne e calcari marnosi a

calpionelle, di colore bianco (“Lattimusa”), sottilmente stratificati, passanti verso l’alto a calcilutiti marnose di

colore bianco-giallastro, con liste e noduli di selce e sottili intercalazioni di marne grigio-verdastre. Gli

affioramenti sono localizzati soprattutto in corrispondenza dei rilievi che caratterizzano il settore SE del

territorio di S.Stefano di Quisquina.

Scaglia (Cretaceo - Eocene) Calcari marnosi e marne di colore bianco e rosso a Globotruncane e Globorotalie,

sottilmente stratificati e a luoghi fortemente fratturati e presentano intercalazioni di megabrecce carbonatiche

di aspetto massivo. Affiorano diffusamente a copertura delle successioni carbonatiche mesozoiche, in tutta

l’area Nord-occidentale del territorio in esame.

Marne sabbiose verdastre (Oligocene medio-superiore) Si tratta di marne grigio-verdastre con foraminiferi

planctonici, disposte in continuità sulla Scaglia. Gli affioramenti sono localizzati nella zona di Monte

Cammarata.

Flysch Numidico (Oligocene superiore-Miocene inferiore) Argille a struttura scagliosa, di color tabacco, con

spesse intercalazioni di quarzareniti ben cementate ocracee, a luoghi fortemente fratturate; caratterizzano

estesamente l’area più settentrionale del territorio. Calcareniti glauconitiche (Aquitaniano-Burdigaliano) Si

tratta di calcareniti con glauconite, di colore verdastro, con intercalazioni di sabbie argillose bruno-verdastre.

Gli affioramenti sono sporadicamente distribuiti lungo il settore settentrionale del bacino del fiume Platani.

9 Regione Siciliana Assessorato Territorio e Ambiente DIPARTIMENTO TERRITORIO E AMBIENTE Servizio 4 "ASSETTO DEL TERRITORIO E DIFESA DEL SUOLO” Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) (ART.1 D.L. 180/98 CONVERTITO CON MODIFICHE CON LA L.267/98 E SS.MM.II.) Bacino Idrografico del Fiume Platani (063)

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Marne di San Cipirello (Serravalliano-Tortoniano medio) Marne e argille sabbiose a foraminiferi planctonici

(orbuline) con intercalazioni di sabbie calcaree debolmente cementate. Gli affioramenti sono localizzati

nell’area dei Monti Sicani.

Complesso delle argille di base (Burdigaliano – Langhiano) Si tratta di terreni argillosi alloctoni, messi in posto

dalle deformazioni tettoniche orogenetiche, caratterizzati da una struttura scagliettata, indice del forte stato di

tettonizzazione. Le argille inglobano corpi rocciosi di varia natura ed età e affiorano estesamente nei nuclei

delle pieghe anticlinali che caratterizzano gli affioramenti terziari.

Marginalmente presenti nel comprensorio in esame sono i termini della Formazione di Cozzo Terravecchia

(Tortoniano) e gli affioramenti della Serie Evaporitica.

IV.3.4.2 Assetto geomorfologico dei versanti.

L’area in esame è caratterizzata da affioramenti di litologie a caratteristiche ed assetto strutturale variabile,

così da condizionare in modo determinante la variabilità del paesaggio. In linea generale, la morfologia passa

da un contesto prevalentemente montuoso ad un andamento prevalentemente collinare con aree sub-

pianeggianti nelle zone di fondovalle.

Le aree montuose sono caratterizzate in prevalenza dagli affioramenti carbonatici mesozoici, spesso in contatto

tettonico con le unità terrigene terziarie, e costituiscono settori a notevole valenza idrogeologica, alimentando

importanti sistemi sorgentizi (Serra della Moneta, Pizzo dell’Apa – Territorio di S. Stefano Quisquina).

I versanti rocciosi risultano decisamente acclivi, con frequenti scarpate sub-verticali, ai piedi delle quali si

accumulano spessori variabili di detriti di falda costituiti da frammenti spigolosi prevalentemente grossolani.

La rimanente parte del territorio ha una morfologia prevalentemente collinare con rilievi allungati e cozzi

isolati, in corrispondenza degli affioramenti lapidei più resistenti; le porzioni argillose invece costituiscono

basse colline a cime arrotondate e risultano maggiormente solcate dalla rete idrografica che assume in questo

settore il suo massimo sviluppo, con linee di impluvio distribuite secondo un pattern prevalentemente

dendritico. Le zone di fondovalle presentano una morfologia sub-pianeggiante in cui si sviluppano i percorsi dei

corsi d’acqua principali affluenti del fiume Platani; in queste zone l’andamento dei fiumi è prevalentemente di

tipo meandriforme, con una maggiore attività deposizionale che comporta l’accumulo di depositi alluvionali

prevalentemente limo-argillosi con sabbie, ciottoli e blocchi.

IV.3.4.3 Dinamica dei versanti.

L’evoluzione morfologica del territorio del bacino del fiume Platani risulta fortemente condizionata dai processi

gravitativi ed erosivi che determinano l’attuale stato di dissesto. Occorre, inoltre, assegnare il giusto ruolo

anche all’attività antropica, che con il modellamento artificiale dei pendii e il carico aggiunto, costituisce uno

dei fattori spesso innescanti di rapidi processi evolutivi finalizzati a compensare gli squilibri generati,

producendo anche fenomeni franosi.

Naturalmente lo stato morfologico attuale del bacino esaminato rappresenta una fase transitoria del processo

di modellamento della superficie tendente ad una condizione di equilibrio e, pertanto, nel tempo, è suscettibile

di continue modificazioni. In questo contesto si inseriscono gli elementi vulnerabili, vale a dire tutti quegli

aspetti connessi all’antropizzazione dei luoghi, che interagiscono, talora negativamente, con il contesto

morfologico attivo, risentendo del processo evolutivo.

In linea generale, le condizioni di dissesto derivano dalla combinazione dell’assetto litologico e strutturale con

altri fattori predisponenti delle condizioni di instabilità, quali ad esempio le caratteristiche climatiche (contrasto

fra il semestre piovoso e quello asciutto con notevoli variazioni cicliche annuali) e la presenza di ampie aree ad

uso agricolo estensivo che espongono terreni arati e, quindi, senza vegetazione, al ruscellamento autunnale ed

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invernale. Le morfologie derivanti sono, quindi, connesse all’erodibilità delle rocce affioranti, in relazione con lo

stato di acclività dei versanti; l’azione erosiva risulta maggiormente accentuata in corrispondenza degli

affioramenti plastici piuttosto che in quelli lapidei. Infatti, gli affioramenti di rocce litoidi presentano un reticolo

idrografico poco sviluppato, impostato in prevalenza lungo le linee di discontinuità tettonica, con strette valli a

V; i versanti sono caratterizzati da brusche rotture di pendenza con pareti sub-verticali in cui i fronti rocciosi,

per effetto dell’intensa e irregolare fratturazione, sono esposti ai fenomeni di crollo solitamente innescati dalle

condizioni meteoriche avverse. Nei versanti argillosi l’azione erosiva si esercita con più rapidità e facilità; la rete

idrografica risulta infatti notevolmente sviluppata, con incisioni più o meno accentuate in funzione delle

condizioni di acclività del pendio, dello stato di alterazione dei terreni e della presenza di copertura vegetale. In

questo contesto si sviluppano condizioni di dissesto erosivo quali:

- il ruscellamento concentrato che si manifesta con la formazione di fossi di erosione particolarmente

accentuati lungo i pendii argillosi e detritici;

- il ruscellamento diffuso che determina condizioni di erosione accelerata superficiale capace di

degenerare in forme calanchive.

Frequentemente, lo stato di dissesto è determinato da fenomeni franosi, la maggior parte delle volte

consistenti in colamenti superficiali, scorrimenti, e combinazioni di più tipologie di frana che determinano una

condizione dinamica complessa.

Nelle zone di fondovalle, infine, valutando l’azione modellatrice dei processi morfologici, occorre considerare

non solo i fenomeni di erosione di sponda e laterale, ma anche gli importanti processi deposizionali che

generano aree di accumulo, di spessore anche considerevole, dei depositi alluvionali, lungo le quali i corsi

d’acqua assumono un andamento meandriforme.

IV.3.5 Lineamenti pedologici del territorio.

Il territorio in esame è caratterizzato da una sequenza di suoli che è strettamente legata alle condizioni

morfologiche del posto. Si tratta di una “catena di suoli” in cui i “litosuoli” occupano le parti più ripide delle

sommità dei versanti collinari e montuosi; lungo questi versanti, dove le pendenze sono alquanto accentuate, si

riscontrano i “regosuoli”, subito rimpiazzati dai “suoli bruni” laddove la morfologia si addolcisce, anche

lievemente. L’ultima serie della catena, i “vertisuoli” e/o i “suoli alluvionali” infine, si riscontrano lungo le

vallate e nelle aree dove la morfologia è pressocchè pianeggiante.

Il paesaggio della “catena” assume sovente un aspetto contrastato per la presenza di spuntoni calcarei o brevi

creste rupestri che interrompono le forme addolcite dei versanti.

I “litosuoli” si sviluppano su substrati costituiti da roccia dura e compatta e giacciono su morfologie alquanto

accidentate ed in genere laddove scarsa è la copertura vegetale. Sono suoli molto giovani, la cui evoluzione è

fortemente influenzata dalla giacitura in forte pendenza, che favorendo il fenomeno della erosione, ostacola

l’evolversi dei processi pedogenetici. Presentano un profilo appena accennato (di tipo A - R), con l’orizzonte

umifero A che giace direttamente sulla roccia madre. La loro potenzialità agronomica è molto bassa. Si

ritrovano nella parte sommitale dei rilievi collinari (Pizzo della Rondine, Cozzo Tre Monaci, Pizzo Gallinica,

Cozzo Ganzeria e Gilferraro) e di Monte Cammarata. Laddove in questi luoghi i valori della pendenza sono tali

da far prevalere nettamente i fenomeni erosivi rispetto al processo pedogenetico, si riscontra generalmente la

roccia affiorante.

I “Regosuoli”, suoli molto giovani, evoluti su substrati teneri, a tessitura prevalentemente argillosa, con evidenti

problemi di permeabilità, è il tipo più diffuso nel comprensorio in esame. Su di essi i fenomeni erosivi sono

molto accentuati e talvolta di così intensa portata da palesarsi in esasperate forme calanchive. La potenzialità

produttiva agricola di questi suoli varia da zona a zona, in dipendenza delle condizioni climatico-ambientali

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specifiche. Quando la morfologia si addolcisce, le loro caratteristiche qualitative migliorano notevolmente ed il

loro sfruttamento è fatto, oltre che con un indirizzo cerealicolo, anche con l’arboricoltura da frutto (vite, olivo,

mandorlo, pesco, ecc...), con potenzialità produttive discrete; in situazioni più difficili, l’indirizzo cerealicolo-

zootecnico non ammette altre alternative ed il potenziale produttivo può essere giudicato da discreto a scarso.

Suoli di questo tipo si rinvengono un po' ovunque su tutto il territorio in esame; le forme meno evolute e più

intensamente dominate da fenomeni erosivi e di dissesto idrogeologico, si ritrovano nelle località ad ovest e

sud-ovest di Monte Cammarata (Gargiuffè, Daini, Bruca, Chirumbo, Gallinica), sul versante sinistro del Fiume

Platani nelle località Ficuzza, Scrudato e Bocca di Capra e sul versante destro del Platani, nelle località Gissa,

Dirupo o Irruoti, Giuri, Ganzeria, Giardinello e Gallinica.

L’anello successivo della catena è costituito dai “Suoli bruni”. Il tipo prevalente di tessitura di questi suoli è

tendenzialmente argillosa; in qualche caso essa è franca. La vegetazione naturale è costituita prevalentemente

da boschi di latifoglie, mentre quella coltivata è costituita da seminativi, mandorleti, oliveti, vigneti e qualche

frutteto. La loro potenzialità produttiva è da considerare medio-buona. Molto spesso la tessitura argillosa e la

mineralogia delle argille, prevalentemente montmorillonitica, conferiscono al suolo caratteristiche simili a

quelle dei vertisuoli. Sul territorio in esame i “Suoli bruni” si ritrovano anch’essi un po' ovunque e seguono

nella “catena” i “Regosuoli” allorquando la morfologia dei versanti diventa più dolce. Si rinvengono

principalmente nelle località Rossino, Serre, Bosco, S. Onofrio, Finocchiara, Gilferraro, Ganzeria, Giardinello, .

I “Vertisuoli”, caratterizzati dal rimescolamento dei materiali che li costituiscono, hanno una elevata

potenzialità agronomica. Essi sono praticamente adatti a ricevere qualunque tipo di coltura. Sono presenti nella

parte terminale dei versanti, dove si aprono delle spianate e la pendenza dei versanti è su valori bassi. Sul

territorio esaminato sono riscontrabili oasisticamente un po' ovunque, ma rivestono importanza in località

Piane, Savochello, Filici ed in località Risalto del feudo Giardinello.

I “Suoli alluvionali” completano il quadro della “catena”, trovandosi ad occupare la parte terminale dei versanti

collinari, ossia i fondovalle. Traggono origine da depositi alluvionali di vario tipo. Le loro caratteristiche

risultano determinate dalla composizione mineralogica e dalle dimensioni degli elementi che costituiscono le

alluvioni stesse; nel nostro comprensorio hanno generalmente tessitura franca o franco-argillosa, nel qual caso

possono assumere anche caratteri vertici. Sono di buona permeabilità ed il drenaggio è in genere ben

assicurato. Gli elementi della fertilità sono presenti ma in quantità non elevate e talvolta deficitarie. Questi

suoli sono in genere ricchi di notevoli falde freatiche e di subalveo che, se adeguatamente sfruttate, possono

concorrere ad aumentare la potenzialità produttiva di questi terreni che già intrinsecamente è elevata. Il loro

sfruttamento può essere fatto con qualunque tipo di coltura, stante il fatto, oltretutto, che trovandosi in

pianura, non frappongono limiti alla introduzione di qualunque tipo di meccanizzazione agricola. Sono presenti

nelle vallate dei principali corsi d’acqua, particolarmente nella vallata del fiume Platani, dove ospitano

interessanti esempi di colture arboree da frutto (pesco essenzialmente, ma anche pero ed albicocco) e valide

colture ortive di pieno campo.

IV.3.6 Aspetti floristici e vegetazionali.

IV.3.6.1 Descrizione sintetica della vegetazione.

La Sicilia, trovandosi al centro del Mediterraneo, è considerata uno dei “punti caldi” del pianeta per la

fitodiversità. Qui, infatti, crescono quasi 2.500 specie, che rappresentano circa la metà del totale della flora

d’Italia, ammontante, secondo stime recenti (Pignatti, 1982), a 5.599 specie classificabili come native (cioè

spontanee più quelle introdotte dall’uomo, ma inselvatichite), la quale, a sua volta, rappresenta oltre la metà

della flora dell’intera Europa, valutata in 11.407 specie (Webb, 1978).

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Il territorio dei Monti Sicani sud-orientali, ricadente nei comuni di Cammarata, San Giovanni Gemini e Santo

Stefano Quisquina, del quale il comprensorio in esame ne rappresenta oltre la metà della superficie, in virtù

della diversificazione degli habitat che vi sono rappresentati, ospita una flora vascolare alquanto varia,

composta da 956 taxa specifici ed infraspecifici, di cui 853 specie, 88 sottospecie e 15 varietà, appartenenti a

449 generi di 95 famiglie.10

La vegetazione di tipo climacico è distribuita, nel territorio in esame, in fasce, che individuano porzioni di spazio

nelle quali si presentato condizioni bioclimatiche simili e che, pertanto, possiedono le stesse potenzialità dal

punto di vista vegetazionale. Esse sono altimetricamente discontinue, in relazione alla diversità

geomorfologica, all’esposizione dei versanti, all’altitudine e alle conseguenti variazioni climatiche.

Lo spazio altimetrico compreso tra quello più basso (300 m.s.l.m.m.) fino a circa 1.000 m.s.l.m.m. è quello in cui

si sono esplicate maggiormente le attività umane nel corso dei secoli. Il paesaggio vegetale è caratterizzato

prevalentemente dalle colture agrarie, espresse in primo luogo dai seminativi e poi dalle colture arboree.

Oliveti tradizionali caratterizzano ampi tratti dei rilievi collinari di questa zona, nell’ambito della quale sono

frequenti anche piccoli vigneti a carattere familiare e diversi fruttiferi di minore interesse e quasi sempre in

promiscuità tra di essi o con colture ortive, che rivestono uno scarso interesse economico.

Gli aspetti di vegetazione naturale sono complessivamente poco rappresentati e relegati nelle zone impervie

poco idonee all’esercizio dell’agricoltura o nei terreni marginali abbandonati dagli agricoltori da diverso tempo.

La “fascia mediterranea”, che si ritrova fino ad altitudini di 500 m.s.l.m.m., è soggetta a condizioni

bioclimatiche di tipo termo-mediterraneo ed ospita arbusteti di modesta estensione a prevalenza di sclerofille

mediterranee, collegati dinamicamente alle formazioni di leccio e indicati genericamente con il termine di

“macchia mediterranea”. Trattasi di aspetti vegetazionali, in buona parte di origine secondaria, originatisi

soprattutto in seguito a frequenti incendi che hanno interessato le formazioni boschive preesistenti. Gli

elementi che fisionomizzano questi arbusteti sono sempreverdi, a foglie coriacee ed apparato radicale

profondo, in grado di resistere all’aridità estiva e all’insolazione prolungata. La formazione arbustiva più

termofila è quella espressa dall’Oleo sylvestris – Euphorbietum dendroidis il cui strato arboreo è composto in

prevalenza da Ceratonia siliqua, Euphorbia dendroides, Olea europaea var. sylvestris, Phyllirea latifolia, Pistacia

terebinthus, Rhamnus alaternus.

In particolari situazioni si rinvengono dei piccoli nuclei di arbusteti di Arbutus unedo, su suoli a reazione sub-

acida, esposti prevalentemente a nord. Il substrato su cui insiste questa cenosi è ricco di una microfauna fossile

a Foraminiferi e quindi di materiali silicei, quarzo, miche, ecc…, che gli conferiscono un certa acidità. Su questi

suoli si sono insediate delle specie ad ecologia acidofila tipiche dell’Erico-Quercion ilicis che comprende,

appunto, aspetti di vegetazione termofila calcifuga e che costituisce la vicariante acidofila del Quercion ilicis. La

specie più rappresentativa è Arbutus unedo,e poi, Anagyris foetida, Coronilla emerus subsp. emeroides, Cytisus

villosus, Cistus salvifolius, Cistus creticus, Pulicaria odora.

La “fascia mediterraneo-temperata”, compresa tra 500 e 1000 m.s.l.m.m., interessata da condizioni

bioclimatiche di tipo mesomediterraneo, ospita principalmente i boschi di leccio e di roverella. Nello strato

arboreo si riscontrano alcune specie afferenti al gruppo polimorfo della roverella (Quercus pubescens s.l.) e il

leccio. Dal punto di vista sintassonomico queste formazioni rientrano nell’ordine Quercetalia ilicis e in

particolare al Quercion ilicis (cenosi basifile) e all’Erico-Quercion ilicis (cenosi acidofile). Lo strato arbustivo, più

o meno sviluppato in relazione alla copertura arborea, è costituito da diverse specie, tra le quali assumono

particolare rilevanza l’asparago spinoso (Asparagus acutifolius), il biancospino (Crataegus monogyna), la

10 P. Marino, G. Castellano, G. Bazan e R. Schicchi – Carta del paesaggio e della biodiversità vegetale dei Monti Sicani sud-orientali (Sicilia centro-occidentale) – Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università di Palermo. Quad. Bot. Amb. Appl., 16 (2005):3-60.

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ginestra spinosa (Calicotome villosa), l’orniello (Fraxinus ornus) ed il pungitopo (Ruscus aculeatus). In alcuni

tratti la vigoria degli arbusti è talmente elevata da rendere impenetrabile il sottobosco. Tra gli arbusti e gli

alberi si sviluppano talora indescrivibili intrecci di piante lianose in cui si distinguono Rosa sempervirens, Smilax

aspera, Rubia peregrina. Nello strato erbaceo si rinvengono Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula

laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen hederifolium, Cyclamen. repandum, Euphorbia

amygdaloides subsp. arbuscula, Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp. russii, Pimpinella peregrina, Rubia

peregrina, Thalictrum calabricum (endemica) e Viola dehnhardtii.

I boschi di leccio si trovano localizzati prevalentemente in località Salaci e Pizzo della Rondine, a quote superiori

ai 700 m.s.l.m.m. I lecceti, a causa della intensa azione antropica, hanno subito nel tempo progressive riduzioni,

tanto che quelli residui assumono il significato di vera e propria vegetazione relittuale. Lo strato arboreo è

costituito prevalentemente da Quercus ilex a cui si associano altre entità arboree, come Fraxinus ornus, Ostrya

carpinifolia, Acer campestre e forme non ben definite di roverella. Nel sottobosco si ritrovano il caprifoglio

etrusco (Lonicera etrusca), l’edera (Hedera helix), la clematide (Clematisi vitalba), il pero mandorlino (Pyrus

amygdaliformis), l’euforbia caracia (Euphorbia characias), l’incensaria odorosa (Pulicaria odora) e l’endemica

Thalictrum calabricum.

Praterie secondarie e gariche si sviluppano su territori sfruttati per gli usi agricoli e su pascoli degradati, oggi

abbandonati in tutto o in parte dagli usi agricoli e oggetto di reinsediamento da parte di elementi della

vegetazione climacica. Fra queste le praterie termo-xerofile diffuse e cartatteristiche ad Ampelodesmos

mauritanicus (Thero-Brachypodietea) e formazioni da gariga, indizio di stadi di degradazione della macchia-

foresta originaria, che oggi rappresentano formazioni stabilizzate e di grande importanza ai fini della

conservazione del suolo nelle zone più acclivi. Tali praterie si presentano floristicamente molto ricche e

vengono caratterizzate dalla presenza di numerose specie erbacee perenni quali Brachypodium retusum,

Carlina sicula, Phagnalon saxatile, Hypochoeris achyrophorus, Serratula cichoracea, Andropogon dystachius,

Verbascum sinuatum ed alcune specie annue dei Thero-Brachypodietea, fra cui Reichardia picroides, Sideritis

romana, Biscutella maritima, Trifolium stellatum, Anthyllis vulneraria. Fra le specie endemiche qui si ricorda

Orchis brancifortii.

Aspetti di vegetazione aventi elevato carattere di naturalità, confinati in frammenti di territorio inaccessibili e

risparmiati dall’azione antropica si trovano lungo le pendici più acclivi di Monte Cammarata. Comprendono la

vegetazione delle rupi, quelle dei ghiaioni e dei brecciai e i fronti meno acclivi, con roccia affiorante, scarsa o

assente coltre di terreno vegetale e presenza di formazioni ed elementi endemici o caratteristici del territorio

interessato, appartenenti agli aggruppamenti dei Dianthion rupicolae. Si tratta dell’associazione Anthemido-

Centauretum busambariensis, con carattere termofilo e caratterizzata da alcuni endemiti siculi, quai Anthemis

cupaniana, Centaurea busambariensis, Helichrysum pendulum ai quali si associano Iberis semperflorens, Silene

fruticosa subsp. fruticosa, Brassica rupestris, Cymbalaria pubescens, Anthirrinum siculum, Seseli bocconei

subsp. bocconei.

Nei corsi e negli specchi d’acqua si insediano comunità erbacee e arbustive, in qualche caso anche arboree, del

Populetalia albae e Salicetalia purpureae, caratterizzate da specie arboree quali Salix purpurea, Salix alba,

subsp. alba, Salix pedicellata, Populus nigra e Populus canescens. La vegetazione erbacea si può ricondurre alla

classe Phragmitetea.

Sui calanchi insiste una vegetazione pioniera, costituita da un numero limitatissimo di specie, fra le quali spicca,

per importanza, l’endemica Aster sorrentinii.

In allegato alla presente relazione (allegato I) si riporta l’elenco completo delle specie rilevate sul territorio in

esame11, col quale si è tentato di esaminare gli aspetti floristici del comprensorio, proprio in riferimento al

11 P. Marino et al. Op. cit.

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valore botanico delle specie. Si evidenzia, peraltro, come difficoltoso è stato adottare un criterio omogeneo di

valutazione della “importanza” dei vegetali presenti, a causa della insufficiente disponibilità di conoscenze

specifiche (ecogeografia, biologia, fattori di rischio, ecc..) su tali taxa.

Tuttavia, dovendo attribuire un valore alle singole emergenze, si è dovuto necessariamente adottare un criterio

di valutazione. Tale criterio tiene conto, sia del grado di tutela (quando esistente o proposto), sia di eventuali

caratteristiche peculiari conosciute (rarità assoluta o relativa, legata a fattori ecologici e/o biogeografia) dei

singoli taxa.

Sono state analizzate tutte le singole specie vegetali tutelate dalle normative internazionali recepite dall’Italia:

Convenzione di Berna, Convenzione di Washington, Convenzione di Barcellona, Direttiva 92/43/CEE “Habitat”.

Per quanto riguarda le categorie IUCN, si riporta la traduzione operata dalla Società Botanica Italiana,

relativamente alle nuove categorie del 1994.

All’interno delle tabelle, le specie sono raggruppate per famiglia, e sono disposte seguendo l’ordine alfabetico.

Quando la normativa include una sottospecie, questa viene riportata con lo stesso numero d’ordine della

specie a cui appartiene.

Per quanto riguarda la famiglia delle Orchidaceae, si rileva che essa è interamente tutelata dalla Convenzione di

Washington (CITES).

Con lo scopo di fornire un pratico strumento di lavoro, è stata inserita una colonna in cui riportare, quando

esistente il nome volgare in lingua italiana. Di fatto tale nome vernacolare è molto soggettivo e variabile a

seconda delle località. Nei casi in cui esso è presente, per la flora vascolare, la fonte di riferimento è stata la

Flora d’Italia (Pignatti, 1982).

Con l’obiettivo di fornire un pratico e pronto strumento di lavoro, è stata data particolare importanza alla

segnalazione di specie endemiche e subendemiche, cioè specie il cui areale di distribuzione è rispettivamente

limitato all’Italia o si estende anche ai territori vicini. Sono state inserite anche due colonne, una delle quali

riporta i taxa endemici o subendemici in Sicilia e l'altra i taxa rari e/o di particolare interesse fitogeografico, per

i cui dati si è fatto riferimento a Lojacono Pojero (1888-1909), Brullo & al. (1990), Raimondo e al. (1992).12

Numerose specie attualmente tutelate da normative internazionali rientrano in varie categorie di rischio di

estinzione a seconda della superficie di territorio che si considera ad es: a livello internazionale, nazionale,

regionale. A puro scopo informativo, si è ritenuto utile inserire la presenza della categoria IUCN attribuita alle

specie presenti nel repertorio secondo le pubblicazioni esistenti ad opera della Società Botanica Italiana (Conti

et al. 1992; 1997).

Le categorie rispetto alle quali è stato verificato se esistono informazioni (simbolo x) sono le seguenti:

1 Berna= Allegato I (1999)

2 Cites A = Allegato A del Regolamento (CE) n. 2307/97

3 Cites B = Allegato B del Regolamento (CE) n. 2307/97

4 Cites D = Allegato D del Regolamento (CE) n. 2307/97

5 Habitat all.2 = Allegato 2 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato Specie animali e vegetali di interesse

comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). Aggiornato

con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997. Il simbolo P indica che la specie è prioritaria.

12 P. Marino et al. Op. cit.

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6 Habitat all.4 = Allegato 4 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato Specie animali e vegetali di interesse

comunitario che richiedono una protezione rigorosa. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27

ottobre 1997.

7 Habitat all. 5 = Allegato 5 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato Specie animali e vegetali di interesse

comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione.

Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997.

8 Barcellona all. 2 = Allegato 2 alla Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo

dall’inquinamento adottata il 16 Febbraio 1976, e approvata con Decisione del Consiglio Europeo 25 luglio

1977, n. 77/585/CEE(G.U.C.E. 19 settembre 1977, n.L 240).

9 Endemica = specie il cui areale di distribuzione è rispettivamente limitato all’Italia o si estende anche ai

territori vicini. I dati relativi alle specie endemiche o subendemiche in Italia sono tratti da: Ministero

dell'Ambiente e della Protezione della Natura - Dipartimento per la Protezione delle Natura.

10 IUCN = Categoria IUCN, di cui segue la decodifica dei suffissi principali, attribuita a livello nazionale secondo

la pubblicazione Conti et al., 1997. Nel caso la specie sia minacciata solo a livello di alcune Regioni è stato

messo il simbolo x. Per i Licheni e le Briofite il testo di riferimento è Conti et al. 1992.

11 Specie endemiche o sub endemiche in Sicilia. I dati relativi alle specie endemiche o subendemiche in Sicilia

sono tratti da: P. Marino e al. (2005) che fà riferimento a Lojacono Pojero (1888-1909), Brullo & al. (1990),

Raimondo e al. (1992).

12 Specie rare e/o di particolare interesse fitogeografico in Sicilia. I dati relativi o sono tratti da: P. Marino e

al. (2005) che fà riferimento a Lojacono Pojero (1888-1909), Brullo & al. (1990), Raimondo e al. (1992).

13 IUCN = Categoria IUCN, di cui segue la decodifica dei suffissi principali, attribuita a livello regionale.

14 Specie endemiche presenti in Sicilia inserite fra quelle CR, EN, VU. I dati relativi alle specie endemiche

presenti in Sicilia inserite tra quelle CR, EN, VU, sono tratti da: Piano Forestale Regionale - Linee Guida che fà

riferimento a Raimondo et al. 2001.

Legende delle categorie IUCN:

Categoria in italiano Categoria in inglese Sigla Specificazione

Estinto Extinct EX

Un taxon viene considerato “estinto” quando non vi sono

validi motivi per dubitare che l’ultimo individuo sia

morto.

Estinto in natura Extinct in the wild EW

Un taxon viene considerato “estinto in natura” quando

sopravvive solo in coltivazione o come specie

naturalizzata al di fuori del suo areale originario.

Ovviamente un taxon si suppone estinto in natura

quando a seguito di ripetute indagini svolte nei periodi

appropriati nelle aree dove ne era indicata la presenza

non viene rinvenuta nemmeno la presenza di un

individuo. Nel nostro caso l’indicazione EW viene riferita

a specie estinte dall’ambito regionale.

Gravemente

minacciato Critically endagered CR

Una specie è “gravemente minacciata” quando la

migliore prova disponibile indica che soddisfa a uno

qualsiasi di precisi criteri stabiliti dall’IUCN ed è perciò

considerata esposta a un rischio estremamente alto di

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Categoria in italiano Categoria in inglese Sigla Specificazione

estinzione in natura

Minacciato Endagered EN Un taxon viene considerato “minacciato” quando, pur

non essendo “Gravemente minacciato” è tuttavia

esposto a grave rischio di estinzione in natura in un

prossimo futuro.

Vulnerabile Vulnerable VU Un taxon si considera “vulnerabile” quando, pur non

essendo “Gravemente minacciato” o “Minacciato”, è

tuttavia esposto a grave rischio di estinzione in natura in

un futuro a medio termine.

A minor rischio Lower Risk LR Taxon a basso rischio di minaccia (lower risk) ma vicino

alla soglia della vulnerabilità.

Dati Insufficienti Data Deficient DD Un taxon viene incluso in questa categoria quando su di

esso mancano adeguate informazioni sulla distribuzione

e sulla consistenza delle popolazioni per poter trarre

valutazioni dirette o indirette sul rischio di estinzione.

Non valutato Not Evalued NE Un taxon viene definito “non valutabile”quando,

mancando elementi certi, non può essere ancora

attribuito ad alcuna categoria.

Il prospetto che ne è derivato è il seguente:

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Famiglia Specie (nome latino) - Forma biologica - Gruppo corologico -

Endemismo Ber

na

Cite

s A

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s B

Cite

s D

Hab

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Hab

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ll. 4

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n S

icili

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CR

, EN

, VU

ORCHIDACEAE Aceras anthropophorum (L.) R.Br. – G bulb – Medit.-Atl. x x

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Alyssum nebrodense Timeo – Ch suffr – Endem. x LR

UMBELLIFERAE O APIACEAE Ammi crinitum Guss. — T scap — Endem. x LR

ORCHIDACEAE Anacamptis pyramidalis (L.) Rich. – G bulb – Euri-Medit. x

COMPOSITAE O ASTERACEAE Anthemis arvensis subsp. sphacelata (C.Presl) R.Fern. – H scap –Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Anthemis cupaniana Tod. – Ch suffr – Endem. x LR

LEGUMINOSAE O FABACEAE Anthyllis vulneraria subsp. busambarensis (Lojac.) Pignatti — H scap — Endem. x LR

SCROPHULARIACEAE Antirrhinum siculum Mill. – Ch frut – Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Arabis rosea DC. – H scap – Endem. x DD

ARISTOLOCHIACEAE Aristolochia clusii Lojac. – G bulb – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Aster sorrentinii (Tod.) Lojac. – Ch suffr – Endem. P x x VU x EN VU

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LEGUMINOSAE O FABACEAE Astragalus huetii Bunge — T scap — Endem. x VU

ORCHIDACEAE Barlia robertiana (Loisel.) Greuter – G bulb – Steno-Medit. x x

LILIACEAE Bellevalia dubia (Guss.) Kunth subsp. dubia – G bulb – Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Biscutella maritima Ten. – T scap – Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Bivonaea lutea (Biv.) DC. – T scap – SW-Medit. x LR VU

UMBELLIFERAE O APIACEAE Bonannia graeca (L.) Halacsy — H scap — Subendem. x LR

GRAMINAE 0 POACEAE

Brachypodium pheonicoides (L.) Roem. & Schult. – H caesp – Steno-Medit-Occid. x CR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Brassica amplexicaulis subsp. souliei (Bat.) Maire & Weill. – T scap – Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Brassica rupestris Raf. subsp. rupestris – Ch suffr – Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE

Brassica villosa subsp. bivoniana (Mazzola & Raimondo) Raimondo & Mazzola – Ch suffr – Endem. x VU

COMPOSITAE O ASTERACEAE Carduus corymbosus Ten. – T scap – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Carduus macrocephalus subsp. siculus Franco – H bienn – Endem. x LR

FAGACEAE Castanea sativa Mill. – P scap – SE-Europ. x VU

ULMACEAE Celtis asperrima Lojac. – P caesp – Endem. x VU

COMPOSITAE O ASTERACEAE Centaurea macroacantha Guss. – H bienn – Endem. x DD

COMPOSITAE O ASTERACEAE Centaurea parlatoria Heldr. – H scap – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Centaurea solstitialis subsp. schouwii (DC.) Dostal – H bienn Endem. x LR

ORCHIDACEAE Cephalanthera damasonium (Mill.) Druce – G rhiz – Euri-Medit. x x

ORCHIDACEAE Cephalanthera longifolia (L.) Fritsch – G rhiz – Eurasiat. x x

CARYOPHYLLACEAE Cerastium tomentosum L. – Ch suffr – Endem. x LR

SCROPHULARIACEAE

Chaenorhinum rubrifolium (Robill. & Castagne ex DC.) Fourr. scap – Euri-Medit. x LR

LILIACEAE Colchicum bivonae Guss- G bulb - Subenden x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Crepis vesicaria subsp. hyemalis (Biv.) Babc. –T scap – Endem. x LR

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IRIDACEAE Crocus longiflorus Raf. – G bulb – Subendem. x VU

PRIMULACEAE Cyclamen hederifolium Aiton — G bulb — Steno-N-Medit. x x

PRIMULACEAE Cyclamen repandum Sibth. & Sm. — G bulb — N-Medit. x x

SCROPHULARIACEAE Cymbalaria pubescens (C.Presl) Cufod. – Ch rept – Endem. x LR

CARYOPHYLLACEAE Dianthus arrostii C.Presl – Ch suffr – Endem. x LR

CARYOPHYLLACEAE Dianthus rupicola Biv. – Ch suffr – Subendem. x x x x LR

GRAMINAE 0 POACEAE Echinaria capitata var. todaroana (Ces.) Cif. & Giacom. – T scap – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Echinops siculus Strobl – H scap – Endem. x DD

ORCHIDACEAE Epipactis helleborine (L.) Crantz – G rhiz – Paleotemp. x x

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Erysimum bonannianum C.Presl – H scap – Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Erysimum metlesicsii Polatschek – H bienn – Endem. x VU

EUPHORBIACEAE Euphorbia amygdaloides L. susp. arbuscula Meusel — Ch suffr —Endem. x LR

EUPHORBIACEAE Euphorbia ceratocarpa Ten. — Ch suffr — Endem. x LR

EUPHORBIACEAE Euphorbia dendroides L. — NP — Steno-Medit.-Macarones. x

GRAMINAE 0 POACEAE Festuca exaltata C.Presl – G rhiz – Endem. x DD

LILIACEAE Gagea busambarensis (Tineo) Parl. – G bulb – Endem. x VU VU

LILIACEAE Gagea foliosa Schult. – G bulb – Orof. Centro-W-Medit. x LR

RUBIACEAE Galium verticillatum Danthoine — T scap — Medit. x LR

CISTACEAE Helianthemum oelandicum subsp. nebrodense (Guss.) Greuter & Burdet — Ch suffr — Endem. x LR VU

LILIACEAE Hyacinthus orientalis L. – G bulb – E-Medit. x EX

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Iberis semperflorens L. – Ch suffr – Endem. x LR

IRIDACEAE Iris pseudopumila Ti neo – G rhiz – Endem. x LR

DIPSACACEAE Knautia calycina (C.Presl) Guss. — H bienn — Endem. x LR

LEGUMINOSAE O FABACEAE Lathyrus odoratus L. – T scap – Endem. x LR

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MALVACEAE Lavatera agrigentina Tineo – NP – Endem. x VU

COMPOSITAE O ASTERACEAE Leontodon siculus (Guss.) Finch & P.D.Sell – H scap – Endem. x P x x x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Lepidium hirtum subsp. nebrodense (Raf.) Thell. – H scap – NEMedit.-Mont. x LR

PLUMBAGINACEAE Limonium catanzaroi Brullo – Ch suffr – Endem. x VU VU

SCROPHULARIACEAE Linaria purpurea (L.) Mill. var. purpurea – H scap – Endem. x LR

DIPSACACEAE Lomelosia cretica (L.) Greuter & Burdet — Ch frut — Subendem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Matthiola fruticulosa (L.) Maire subsp. fruticulosa – Ch suffr–Endem. x LR

LABIATAE O LAMIACEAE Micromeria canescens (Guss.) Benth. – Ch suffr – Endem. x LR

LABIATAE O LAMIACEAE Micromeria consentina (Ten.) N.Terracc. – Ch suffr – Endem. x LR

LABIATAE O LAMIACEAE Micromeria graeca subsp. fruticulosa (Bertol.) Guinea – Ch suffr– Endem. x LR

SCROPHULARIACEAE Odontites bocconei (Guss.) Walp. – Ch frut – Endem. x LR

LEGUMINOSAE O FABACEAE Ononis oligophylla Ten. – T scap – Endem. x LR

ORCHIDACEAE Ophrys archimedea Delforge & Walraven – G rhiz – Endem. x DD

ORCHIDACEAE Ophrys bertolonii Moretti – G bulb – Subendem. x x x DD

ORCHIDACEAE Ophrys exaltata Ten. – G bulb – Endem. x x LR

ORCHIDACEAE Ophrys explanata (Lojac.) P. Delforge – G bulb – Endem. x LR VU

ORCHIDACEAE Ophrys flammeola Delforge – G bulb – Endem. x DD VU

ORCHIDACEAE Ophrys fuciflora (Crantz) Moench – G bulb – Euri-Medit. x

ORCHIDACEAE Ophrys fusca Link – G bulb – Steno-Medit. x

ORCHIDACEAE Ophrys lacaitae Lojac. – G bulb – Endem. x x x LR VU

ORCHIDACEAE Ophrys lunulata Parl. – G bulb – Endem. x x x x x LR x LR

ORCHIDACEAE Ophrys melena (Reni) Paulus & Gacl – G bulb – Endem. x VU

ORCHIDACEAE Ophrys oxyrrhynchos Tod. – G bulb – Endem. x x LR

ORCHIDACEAE Ophrys panormitana subsp. panormitana (Tod.) Soò – G bulb Endem. x LR x LR VU

ORCHIDACEAE Ophrys phryganae Devillers-Terschuren & Devillers – G bulb Endem. x DD

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ORCHIDACEAE Ophrys speculum Link – G bulb – Steno-Medit. x

ORCHIDACEAE Ophrys tenthredinifera Willd. – G bulb – Steno-Medit. x x

ORCHIDACEAE Orchis brancifortii Biv. – G bulb – Endem. x x x x LR

ORCHIDACEAE Orchis collina Banks & Sol. – G bulb – Steno-Medit. x x x LR

ORCHIDACEAE Orchis commutata Tod. – G bulb – Endem. x LR

ORCHIDACEAE Orchis italica Poir. – G bulb – Steno-Medit. x x

ORCHIDACEAE Orchis laxiflora Lam. – G bulb – Euri-Medit. x x

ORCHIDACEAE Orchis longicornu Link – G bulb – Steno-Medit.-Occid. x

ORCHIDACEAE Orchis papilionacea L. – G bulb – Euri-Medit. x

PAEONIACEAE Paeonia mascula subsp. russii (Biv.) Cullen & Heywood – G rhiz – Subendem. x LR

CARYOPHYLLACEAE

Petrorhagia saxifraga subsp. gasparrinii (Guss.) Pignatti – H caesp – Euri-Medit. VU

COMPOSITAE O ASTERACEAE Phagnalon saxatile (L.) Cass – Ch suffr – W-Medit. VU

GRAMINAE 0 POACEAE Phleum ambiguum Ten. – G rhiz – Endem. x LR

UMBELLIFERAE O APIACEAE Pimpinella anisoides V.Brig. – H scap – Endem. x LR

GRAMINAE 0 POACEAE Poa bivonae Parl. — H caesp — Endem. x LR

POLYGALACEAE Polygala preslii Spreng. — H scap — Endem. x LR

POTAMOGETONACEAE Potamogeton nodosus Poir. — 1 rad — Subcosmop. x LR

POTAMOGETONACEAE Potamogeton polygonifolius Pourr. — I rad — Paleotemp. x LR

RANUNCULACEAE Ranunculus pratensis C.Presl — H scap — Endem. x LR

ROSACEAE Rosa sicula Tratt. — NP — Medit.-Mont. x LR

LILIACEAE Ruscus aculeatus L. – Ch frut – Euri-Medit. x

LABIATAE O LAMIACEAE Salvia argentea L. – H scap – Steno-Medit. x VU

ROSACEAE Sanguisorba minor Scop. — H scap — Subcosmop. VU

DIPSACACEAE Scabiosa dichotoma Ucria — T scap — Endem. x LR VU

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LILIACEAE Scilla cupani Guss. – G bulb – Endem. x LR EN

COMPOSITAE O ASTERACEAE Scorzonera villosa subsp. columnae (Guss.) Nyman – G rhiz –Subendem. x LR

LABIATAE O LAMIACEAE Scutellaria rubicunda subsp. linnaeana (Caruel) Rech. – H scap –Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Senecio lycopifolius Desf. – Ch suffr – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Senecio siculus Ali. – T scap – Endem. x LR

ORCHIDACEAE Serapias vomeracea (Burm.) Briq. – G bulb – Euri-Medit. x x

UMBELLIFERAE O APIACEAE Seseli bocconi Guss. subsp. bocconi – H scap – Endem. x LR

GRAMINAE 0 POACEAE Sesleria nitida Ten. — H caesp — Endem. x LR

CRUCIFERAE 0 BRASSICACEAE Sisymbrella dentata (L.) O.E.Schulz – T scap – Endem. x VU

CARYOPHYLLACEAE

Stellaria media subsp. cupaniana (Jord. & Fourr.) Nyman — T rept/H bienn — Subendem. x LR

GRAMINAE 0 POACEAE Stipa barbata Desf. — H caesp — Steno-Medit.-Occid. x LR

RANUNCULACEAE Thalictrum calabricum Spreng. — H scap — Endem. x LR

LAMIACEAE Thymus spinulosus Ten. – Ch rept – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Tragopogon nebrodense Guss. – T scap – Endem. x LR

COMPOSITAE O ASTERACEAE Tragopogon porrifolius subsp. cupani (Guss.) Pignatti – T scap–Endem. x LR

LEGUMINOSAE O FABACEAE Trifolium brutium Ten. – T scap – Endem. x VU EN

LEGUMINOSAE O FABACEAE Trifolium fragiferum L. – H rept – W-Paleotemp. VU

GRAMINAE 0 POACEAE Trisetum splendens C.Presl — H caesp — Endem. x DD

SCROPHULARIACEAE Veronica praecox All. – T scap – Europ. x LR

LEGUMINOSAE O FABACEAE Vicia sicula (Raf.) Guss. – T scap – Endem. x LR

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IV.3.7 Uso del suolo.

IV.3.7.1 Metodologia di indagine e rappresentazione in Corine Land Cover.

L’esame dell’uso del suolo nel territorio oggetto di indagine è stato effettuato mediante un’analisi

fotointerpretativa integrata dai rilievi effettuati nel corso di sopralluoghi svolti in campo.

La fotointerpretazione preliminare alla realizzazione della cartografia è stata svolta utilizzando le ortofoto

digitali a colori alla scala nominale 1:10.000 realizzate, su commissione dell’Assessorato Regionale del Territorio

e dell’Ambiente, dalla Compagnia Generale Ripreseaeree di Parma, e messe a disposizione dal Comune di

Cammarata.

Le riprese aerofotogrammetriche, da cui sono state realizzate le ortofoto, sono state eseguite nel periodo

maggio-settembre 1997. Il prodotto finale è stato organizzato dando un taglio corrispondente alla porzione di

territorio coperta da una sezione di Carta Tecnica Regionale (C.T.R.) ad una scala nominale 1:10.000.

L’analisi fotointerpretativa ha permesso di redigere le prime bozze cartografiche che, con la legenda

provvisoria, sono state successivamente controllate e definite durante i ripetuti sopralluoghi. Il riporto

cartografico dei limiti delle classi di uso del suolo e l'inquadramento dell’utilizzazione del suolo dell’intero

territorio è stato eseguito su base cartografica in scala 1:10.000 utilizzando, ai fini del raffronto con il P.R.G., la

medesima base topografica realizzata dalla Compagnia Generale di Riprese Aeree di Parma.

La distribuzioni delle diverse classi d’uso del suolo è stata effettuata utilizzando la metodologia Corine-Land

Cover. Il programma Corine (COoRdination de l’INformation sur l’Environnement), varato dal Consiglio della

Comunità Europea nel 1985, ha lo scopo primario di verificare dinamicamente lo stato dell’ambiente nell’area

comunitaria, al fine di orientare le politiche comuni, controllarne gli effetti, proporre eventuali correttivi.

Obiettivi secondari, ma non per questo meno validi, sono la formazione e la diffusione di standard e

metodologie comuni e la promozione di contatti e scambi internazionali, per facilitare la realizzazione di

iniziative intercomunitarie.

All’interno del programma Corine, il progetto Corine-Land Cover è specificamente destinato al rilevamento e al

monitoraggio, ad una scala compatibile con le necessità comunitarie, delle caratteristiche del territorio, con

particolare attenzione alle esigenze di tutela.

L’azione relativa ha preso le mosse nel 1986, con un intervento pilota sul Portogallo, nel corso del quale sono

state individuate e messe a punto esigenze strumentali e metodologie.

Il progetto, attualmente in corso di completamento nell’ambito dell’Unione Europea, è stato esteso anche ai

Paesi dell’Est europeo e del bacino mediterraneo non appartenenti all’Unione.

Il progetto Corine Land Cover (CLC) prevede la realizzazione di una cartografia di copertura del suolo alla scala

di 1:100.000, con legenda di 44 voci su 3 livelli gerarchici, e fa riferimento ad unità spaziali omogenee o

composte da zone elementari appartenenti ad una stessa classe, di superficie significativa rispetto alla scala,

nettamente distinte dalle unità che le circondano e sufficientemente stabili per essere destinate al rilevamento

di informazioni più dettagliate.

Ciò premesso, come superficie minima cartografabile nella carta della copertura del suolo alla scala di

1:100.000 è stata indicata un’area di 25 ettari.

I dati prodotti secondo la metodologia CLC rappresentano uno strumento rilevante in numerosi campi della

pianificazione ambientale. La necessità di rispondere ad un’ampia gamma di requisiti provenienti da una vasta

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comunità di utilizzatori ha fortemente influenzato le metodologie, le procedure e gli standard per la

realizzazione dei prodotti. Le applicazioni del CLC nell’ambito della pianificazione sono molteplici: tra queste

troviamo la valutazione dell’efficacia di politiche regionali di sviluppo e dell’impatto delle politiche agricole

sull’ambiente, l’elaborazione di strategie per una gestione integrata delle aree costiere e dei bacini idrografici,

la valutazione ambientale strategica delle reti di trasporti, ecc. La crescente domanda di informazione sull’uso

del suolo da parte di operatori ed utenti quanto mai diversificati richiede una distribuzione efficiente dei dati.

Nel quadro dell’azione svolta nel territorio di Cammarata, il lavoro di interpretazione, ed i ripetuti sopralluoghi

effettuati, hanno permesso che l’unità minima cartografata scendesse sotto il mezzo ettaro, in modo da

soddisfare l’esigenza fondamentale di rappresentare quegli elementi della realtà ritenuti essenziali o importanti

ai fini della tutela.

Per il territorio di Cammarata la distribuzione in classi d’uso del suolo è stata effettuata utilizzando la

metodologia Corine-Land Cover. La legenda base è stata tratta dall’allegato 5 del Manuale per la redazione dei

piani di gestione dei siti Natura 2000. Essa è stata adattata ed integrata per comprendere alcune classi di uso

del suolo che non risultavano essere inserite (nella tabella che segue evidenziate in grigio per l’intera cella.

L’evidenziazione in grigio dei soli caratteri descrittivi indica le classi di uso del suolo già presenti nella legenda

Corine-Land-Cover dell’allegato 5 del Manuale). L’approfondimento arriva fino ad un quinto livello, per far si

che siano nettamente distinguibili tutte le classi di uso del suolo rilevate ed in particolare quelle che

determinano habitat di tipo comunitario.

Le classi di uso del suolo rilevate sul territorio in esame sono le seguenti:

1 SUPERFICI ARTIFICIALI 11 ZONE URBANIZZATE DI TIPO RESIDENZIALE 111 ZONE RESIDENZIALI A TESSUTO CONTINUO 112 ZONE RESIDENZIALI A TESSUTO DISCONTINUO E RADO 1123 Aziende agricole e annessi, casali, cascine e masserie. 12 ZONE INDUSTRIALI, COMMERCIALI ED INFRASTRUTTURALI 122 RETI STRADALI, FERROVIARIE, OPERE D’ARTE E INFRASTRUTTURE TECNICHE 1221 Linee ferroviarie e spazi associati 12211 Ferrovie ad un binario 12214 Stazioni ferroviarie 1222 Viabilità stradale e sue pertinenze 13 ZONE ESTRATTIVE 131 AREE ESTRATTIVE 14 ZONE VERDI 141 AREE VERDI URBANE 142 AREE RICREATIVE E SPORTIVE 2 SUPERFICI AGRICOLE UTILIZZATE 21 SEMINATIVI 211 SEMINATIVI IN AREE NON IRRIGUE 2112 Colture estensive 21121 Seminativi semplici. Terreni soggetti alla coltivazione erbacea estensiva di cereali,leguminose e

colture orticole in campo 21122 Seminativi arborati

Terreni aventi le stesse caratteristiche dei seminativi semplici, ma caratterizzati dalla presenza di piante arboree destinate ad una produzione agraria accessoria rispetto alle colture erbacee

22 COLTURE PERMANENTI 222 FRUTTETI

Impianti arborei specializzati per la produzione di frutta 223 OLIVETI 2231 Colture permanenti miste con prevalenza di oliveti 24 ZONE AGRICOLE ETEROGENEE 241 COLTURE TEMPORANEE ASSOCIATE A COLTURE PERMANENTI

Queste ultime coprenti meno del 25% della superficie totale 242 SISTEMI COLTURALI E PARTICELLARI COMPLESSI

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Mosaico di appezzamenti singolarmente non cartografabili con varie colture temporanee, prati stabili e colture permanenti, occupanti ciascuna meno del 75% della superficie totale

3 TERRITORI BOSCATI E AMBIENTI SEMINATURALI 31 ZONE BOSCATE (con identificazione del grado di copertura) 311 BOSCHI DI LATIFOGLIE 3111 Boschi di leccio 31113 Lecceta a roverella.

Boschi di sclerofille sempreverdi con presenza di latifoglie decidue, corrispondenti all’Aceri campestris-Quercetum ilicis (Brullo, 1993). Lo strato è costituito in prevalenza dal leccio (Quercus ilex) ma vi figurano l’Acer campestre, Quercus pubescens, Fraxinus ornus. Fra gli arbusti si annoverano Clematis vitalba, Euphorbia characias, Hedera helix, Rosa sempervirens, Pyrus amigdaliformis.

3112 Boschi di querce caducifoglie 31122 Querceti di roverella

Bosco termoeliofilo di roverella (Quercus pubescens Willd.) con cerro (Quercus cerris L.) e leccio (Quercus ilex L.) con sottobosco ricco di specie mediterranee sempreverdi (Roso sempervirentiquercetum pubescentis Biondi 1982)

3113 Boschi di latifoglie mesofile 31137 Boschi artificiali di orniello (Fraxinus ornus) 3116 Boschi di specie igrofile 31163 Pioppo-olmeti ripariali

Formazioni di pioppo bianco (Populus alba L.), pioppo nero (Populus nigra L.), con olmo campestre (Ulmus campestris Auct.), ontano nero (Alnus glutinosa L.) Gaertn.) e salici (Salix sp.pl.)

31166 Bosco di latifoglie igrofile in cui prevale Ulmus minor, associato a Fraxinus oxycarpa Bieb. e ad altre latifoglie introdotte artificialmente, quali Acer pseudoplatanus L:, Acer campestre, Fraxinus ornus L., Quercus pubescens.

3117 Boschi di latifoglie esotiche 31172 Popolamenti artificiali di diversa età di Eucalyptus camaldulensis, realizzati con finalità protettive in

corrispondenza di suoli argillosi e fortemente erosi. La fsisionomia-strutturale è generalmente molto semplificata e formata quasi esclusivamente dall’eucalitto. Lo strato arbustivo ed erbaceo è poverissimo ed include pochissime specie, fra le quali Hedysarum coronarum.

312 BOSCHI DI CONIFERE 3121 Boschi di pini mediterranei e cipresso 31211 Boschi di pino d’Aleppo

Pinete naturali o artificiali, per lo più pure, di pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.), su suoli o affioramenti calcarei, corrispondenti al Pistacio-Pinetum halepensis De Marco et al., 1984. Dove la densità è minore il sottobosco è costituito da una macchia a lentisco (Oleo-Lentiscetum; Br,-Bl. et Renè Mol., 1951)

31213 Rimboschimenti di pino domestico Pinete artificiali a Pino domestico (Pinus pinea L.)

31214 Boschi di cipresso. Rimboschimenti artificiali di Cupressus sempervirens L.

31215 Boschi misti di pino d’Aleppo e pino domestico. Pinete artificiali di Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e pino domestico (Pinus pinea).

3122 Boschi di pino nero, laricio, silvestre, loricato 31221 Rimboschimenti di pino nero

Formazioni pure di pino nero (Pinus nigra Arn.), derivate da rimboschimenti su suoli degradati nella fascia dei boschi a latifoglie mesofite.

31252 Rimboschimenti di douglasia o cedri 3126 Boschi misti di conifere 31261 Boschi misti a Cedrus atlantica, Pinus halepensis e Cupressus sempervirens. 31262 Boschi misti a Pinus halepensis e Cupressus sempervirens. 31263 Boschi misti a Cedrus atlantica e Pinus nigra. 32 ZONE CARATTERIZZATE DA VEGETAZIONE ARBUSTIVA E ERBACEA 321 PRATI-PASCOLI NATURALI E PRATERIE 3214 Praterie mesofile 32141 Prateria ad ampelodesma.

Prateria ad Ampelodesmus mauritanicus con Avenula cincinnata, Bituminaria bituminosa, Helictotrichon convolutum, Foeniculum vulgare subsp. piperitum, ecc...

32142 Prateria mesofita. Formazione prevalentemente di natura erbacea dominate principalmente da alcune graminacee:

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Avena spp., Bromus spp, Lolium spp. , Brachypodium sp. pl. e con la presenza di specie quali Asphodelus microcarpus, Ferula communis, Thapsia garganica, ecc…

323 AREE A VEGETAZIONE SCLEROFILLA 3231 Macchia 32314 Macchia a leccio

Macchia alta derivata dalla degradazione primaria o secondaria della lecceta. Caratterizzata dal leccio (Quercus ilex, L.) arborescente associato ad arbusti sclerofilli (Pistacia lentiscus L.; Phillyrea latifolia L.; Ramnus alaternus L.) Viburno-Quercetum ilicis (Br.-Bl. 1936) Rivas-Martínez 1975

32315 Nuclei di macchia mediterranea appartenenti all’Oleo sylvestris-Euphorbietum dendroidis il cui strato arboreo è costituito in prevalenza da Euphorbia dendroides, Ceratonia siliqua, Olea europaea var. sylvestris, Phyllirea latifolia, Pistacia terebinthus, Rhamnus alaternus.

32316 Macchia mediterranea ad ecologia acidofila appartenente all'Erico-Quercion ilicis con Arbutus unedo, Anagyris foetida, Coronilla emerus subsp. emeroides, Cytisus villosus, Cistus salvifolius, Cistus creticus, Pulicaria odora.

3232 Gariga 32324 Gariga ad Euphorbia dendroides.

Il ruolo strutturale principale è svolto da Euphorbia dendroides L. con Calycotome villosa, Artemisia arborescens L., Phillyrea latifolia L., Quercus ilex L., Quercus pubescens L., Pyrus amigdaliformis.

33 ZONE APERTE CON VEGETAZIONE RADA O ASSENTE 332 ROCCE NUDE, FALESIE, RUPI E AFFIORAMENTI 333 AREE CON VEGETAZIONE RADA

(Aree per lo più accidentate e rocciose, in cui la vegetazione si presenta molto discontinua e lacunosa)

3332 Aree caratterizzate da una vegetazione estremamente povera per via delle scarse condizioni pedo-morfologiche che si verificano su suoli poco evoluti, con roccia affiorante e pendenza elevata. La vegetazione è riferibile alla classe Thlaspietea rotundifolii. Le specie più espressive sono Arrhenatherum eliatus subsp. erianthum, Asperula ristata subsp. scabra, Bunium bulbocastanum, Cetranthus ruber, Helictotrhon canvolutum, Rumex scutatus, Silene sicula. Fra gli arbusti si annoverano Asparagus acutifolius, Clematis cirrhosa, Crataegus laciniata, Prunus spinosa.

3333 Vegetazione delle aree calanchive costituita da specie pioniere riferibili all’associazione dell’ordine Thero-Brachypodietalia ramosi. Prevale Aster sorrentini con Podospermum canum, Diplotaxis erucoides, var. hispidula, Centaurium pulchellum.

3334 Vegetazione rupestre con carattere termofilo. Associazione del Dianthion rupicolae caratterizzata da alcuni endemiti siculi quali Dianthus rupicolae, Antemis cupaniana, Centaurea busambarensis, Helychrysum pendulum, ai quali si associano Silene sicula, Iberis semperflorens, Anthirrinum siculum, Dianthus sylvestris subsp. garganicus, ecc…

3335 Vegetazione dei ghiaioni e dei brecciai. La vegetazione è riferibile alla classe Thlaspietea rotundifolii. Tra le specie più espressive si ritrovano Asperula aristata, Bunium bulbocastanum, Centranthus ruber, Linaria purpurea, ecc..

5 CORPI IDRICI 51 ACQUE CONTINENTALI 511 CORSI D’ACQUA, CANALI, IDROVIE 5111 Fiumi 5112 Torrenti 512 BACINI D’ACQUA 5121 Laghi naturali 5122 Laghi artificiali

IV.3.8 Aspetti faunistici.

Il comprensorio di Monte Cammarata rappresenta l’ultima propaggine della catena dei Monti Sicani. L’eterogeneità ambientale, determinata dalla geologia, dalla orografia e dalla morfologia dei luoghi, da origine ad un vero e proprio mosaico di formazioni vegetali e quindi ad un grande numero di nicchie ecologiche, che permettono l’esistenza di numerosi animali vertebrati anche rari o poco comuni nel resto della Sicilia. La Sicilia vanta un buon livello di conoscenze per quanto concerne gli aspetti faunistici. In particolare è ben conosciuto lo status degli uccelli, essendo giunto già alla seconda revisione l'atlante regionale avifaunistico (AA. VV., 1985; Iapichino e Massa, 1989; Lo Valvo et al., 1993). Per quanto concerne specificatamente la zona di Monte Cammarata, studi specifici, purtroppo, non ne esistono e, quindi, non si hanno dati certi sulla entità e sul numero delle specie faunistiche presenti. Quel che è sicuro è che nei boschi che si sviluppano ai fianchi del Monte un tempo vivevano il daino, il capriolo, il lupo,

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mentre oggi sono rimasti, tra i mammiferi, solo volpi, conigli e lepri, donnole, ricci, quercini, istrici e diverse specie di micro mammiferi. Per quel che riguarda l’avifauna, per esempio, sussistono ancora incertezze circa la presenza di specie importanti per la loro conservazione: l’Azienda Foreste Demaniali, che è l’Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata, afferma13 “sul Monte Cammarata si sono estinti, solo da pochi anni, il gracchio corallino (1980), il capovaccaio (1985) e il nibbio reale che ha smesso di nidificare nel 1990. Un tempo qui vivevano anche l’avvoltoio grifone, l’aquila reale e, nei boschi sottostanti, il gufo reale”, mentre i dati riportati nei formulari standard per i SIC Monte Cammarata e Pizzo della Rondine segnalano la presenza dell’aquila reale (Aquila chrysaetos (Linnaeus, 1758) e del capovaccaio (Neophron percnopterus (Linnaeus, 1758)). Anche in merito alla presenza dell’aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus (Vieillot, 1822)) sussistono indicazioni discordanti. Dalle informazioni assunte e dalle indagini eseguite, comunque, si deduce che sono ancora presenti, con certezza, numerose specie stanziali e migratorie: la beccaccia (Scolopax rusticola Linnaeus, 1758), il tordo (Turdus iliacus Linnaeus, 1758), il piccolo regolo(Regulus regulus Linnaeus, 1758) ed il corvo imperiale (Corvus corax Linnaeus, 1758). A quote più basse nidificano in primavera la coturnice siciliana (Alectoris graeca whitaken), il calandro (Anthus campestris Linnaeus, 1758), la tottavilla (Lullula arborea (Linnaeus, 1758)), il culbianco (Oenanthe oenanthe Linnaeus, 1758), l’allodola (Alauda arvensis (Linnaeus, 1758)). Nei lembi di bosco più fitto troviamo il rampichino (Certhia brachydactyla Brehm, 1820), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes (Linnaeus, 1758)), la cianciallegra (Parus major Linnaeus, 1758), la capinera (Sylvia atricapilla Linnaeus, 1758), il pettirosso (Erithacus rubecula (Linnaeus, 1758)), il luì piccolo (Phylloscopus collybita Vieillot, 1817) e il merlo (Turdus merula Linnaeus, 1758). E’ pure certa, seppur rarefatta, la presenza del picchio rosso maggiore (Picoides major (Linnaeus, 1758)). Nelle pareti rocciose nidificano ancora la poiana (Buteo buteo (Linnaeus, 1758)) il gheppio (Falco tinnunculus Linnaeus, 1758), il piccione selvatico (Columba livia Gmelin, 1789), la taccola (Corvus monedula Linnaeus, 1758), il corvo imperiale (Corvus corax Linnaeus, 1758) ed alcuni volatili notturni quali l’assiolo (Otus scops (Linnaeus, 1758)), la civetta (Athene noctua (Scopoli, 1769)), il barbagianni (Tyto alba (Scopoli, 1769)) e l’allocco (Strix aluco Linnaeus, 1758). Sulla base delle informazioni assunte è stata redatta una lista delle specie faunistiche più importanti ai fini della conservazione della biodiversità, esistenti con una certa sicurezza nella zona di Monte Cammarata. Tale lista è stata successivamente integrata con i dati desunti dal Repertorio della Fauna Italiana protetta redatto dalla Direzione Conservazione della Natura dei Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. L’elenco che ne è venuto fuori è ordinato per Phylum, Classe, Ordine, Famiglia e Specie. Per le singole Specie le colonne indicano nell’ordine: Nome latino (Binomio linneano relativo al taxa considerato) Nome italiano Le categorie rispetto alle quali è stato verificato se esistono informazioni sono le seguenti:

1 L. 157/92 art. 2: specie specificatamente protette all’art. 2 della legge del 11 febbraio 1992 2 L. 157/92: specie protette dalla legge dell’11 febbraio 1992 n. 157. 3 79/409 CEE Ap.1: allegato 1 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la

conservazione degli uccelli selvatici 4 79/409 CEE Ap.2/1: allegato 2/1 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la

conservazione degli uccelli selvatici 5 79/409 CEE Ap.2/2: allegato 2/2 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la

conservazione degli uccelli selvatici 6 79/409 CEE Ap.3/1: allegato 3/1 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la

conservazione degli uccelli selvatici 7 79/409 CEE Ap.3/2: allegato 3/2 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la

conservazione degli uccelli selvatici 8 BERNA Ap.2: allegato 2 convenzione sulla conservazione della vita selvatica dell’ambiente

naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 9 BERNA Ap.3: allegato 3 convenzione sulla conservazione della vita selvatica dell’ambiente

naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 10 CITES All. A: Allegato A del Regolamento (CE) n. 2307/97

13 Le Riserve Naturali della Sicilia – Monte Cammarata.

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11 CITES All. B: Allegato B del Regolamento (CE) n. 2307/97 12 CITES All. D : Allegato D del Regolamento (CE) n. 2307/97 13 BONN Ap.1: allegato 1 convenzione sulla conservazione delle specie migratorie

appartenenti alla fauna selvatica adottata a Bonn il 23 giugno 1979 14 BONN Ap.2: allegato 2 convenzione sulla conservazione delle specie migratorie

appartenenti alla fauna selvatica adottata a Bonn il 23 giugno 1979 15 Habitat all.2 = Allegato 2 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato Specie animali e

vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997.

16 Habitat all.4 = Allegato 4 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997.

17 Habitat all. 5 = Allegato 5 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997.

18 Barcellona all. 2 = Allegato 2 alla Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento; adottata il 16 Febbraio 1976, e approvata con Decisione del Consiglio Europeo 25 luglio 1977, n. 77/585/CEE(G.U.C.E. 19 settembre 1977,n.L 240)

19 Endemica = specie il cui areale di distribuzione è rispettivamente limitato all’Italia o si estende anche ai territori vicini

20 Minacciate: specie minacciate tratte dalla CHECK LIST delle specie della fauna italiana, 1999. (M = minacciata; R = Rara)

21 IUCN = Categoria IUCN, di cui segue la decodifica dei suffissi principali.

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A Discoglossidae

Discoglossus pictus Otth, 1837

Discoglosso dipinto x x

Bufonidae Bufo bufo (Linnaeus, 1758) Rospo comune x

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RM

ES

Accipitridae Circus pygargus (Linnaeus, 1758) Albanella minore S x x x x x

Accipitridae Circus macrourus (Gmelin, 1771)

Albanella pallida M x

x

x x

x

Accipitridae Hieraaetus fasciatus (Vieillot,

1822) Aquila del Bonelli S x x x x x

Accipitridae Aquila chrysaetos (Linnaeus, 1758) Aquila reale S x x x x x

Accipitridae Neophron percnopterus

(Linnaeus, 1758) Capovaccaio M x x x x x

Accipitridae Milvus migrans (Boddaert, 1783) Nibbio bruno S x x x x x

Accipitridae Buteo buteo (Linnaeus, 1758) Poiana M x

x x

x

Accipitridae Milvus milvus (Linnaeus,

1758) Nibbio reale x x x x x

Accipitridae Accipiter nisus (Linnaeus, 1758)

Sparviere

x

x x

x

AV

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AP

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RM

ES

Apodidae Apus apus (Linnaeus, 1758) Rondone S x x

Apodidae Apus melba (Linnaeus, 1758) Rondone maggiore M x x

Apodidae Apus pallidus (Shelley, 1870) Rondone pallido

x

x

AV

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Caprimulgidae Caprimulgus europaeus

Linnaeus, 1758 Succiacapre S x x x

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S

Scolopacidae Scolopax rusticola Linnaeus, 1758 Beccaccia x x x x

Charadriidae Charadrius dubius Scopoli, 1786

Corriere piccolo

x

x

x

Burhinidae Burhinus oedicnemus (Linnaeus, 1758)

Occhione

x x

x

x

AV

ES

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BIF

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ME

S

Columbidae Columba palumbus Linnaeus, 1758

Colombaccio

x

x

Columbidae Columba livia Gmelin, 1789 Piccione selvatico M x x x

Columbidae Streptopelia turtur (Linnaeus, 1758)

Tortora M

x

x

AV

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ME

S Coraciidae

Coracias garrulus Linnaeus, 1758 Ghiandaia marina S x x x x

Upupidae Upupa epops Linnaeus, 1758 Upupa M x x

AV

ES

CU

CU

LIF

OR

ME

S

Cuculidae Cuculus canorus Linnaeus, 1758

Cuculo

x

x

AV

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FA

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ME

S

Falconidae Falco tinnunculus Linnaeus,

1758 Gheppio S x x x x

Falconidae Falco naumanni Fleischer, 1818 Grillaio M x x x x x

VU A1ace

Falconidae Falco biarmicus Temminck, 1825

Lanario S x

x

x

x

x

Falconidae Falco peregrinus Tunstall, 1771 Pellegrino M x x x x x x

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Falconidae Falco subbuteo Linnaeus,

1758 Lodolaio x x x x

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S Phasianidae Alectoris graeca (Meisner,

1804) Coturnice S x x

Phasianidae Alectoris graeca whitaken Coturnice ss. di

Sicilia S x

Phasianidae Coturnix coturnix (Linnaeus, 1758) Quaglia M x x x

AV

ES

GR

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OR

ME

S

Rallidae Gallinula chloropus (Linnaeus, 1758)

Gallinella d'acqua

x

x

Rallidae Rallus aquaticus Linnaeus,

1758 Porciglione x x

AV

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PA

SS

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IFO

RM

ES

Alaudidae Alauda arvensis (Linnaeus, 1758)

Allodola M

x

x

x

Laniidae Lanius senator Linnaeus,

1758 Averla capirossa M x x

Laniidae Lanius minor Gmelin, 1788 Averla cenerina M x x x

Hirundinidae Delichon urbica (Linnaeus, 1758)

Balestruccio M

x

x

Muscicapidae Ficedula albicollis Temminck, 1815 Balia dal collare M x x x x

Sylviidae Cisticola juncidis (Rafinesque, 1810)

Beccamoschino S

x

x

Sylviidae Sylvia curruca Linnaeus,

1758 Bigiarella s x x

Alaudidae Melanocorypha calandra (Linnaeus, 1766) Calandra M x x x

Motacillidae Anthus campestris Linnaeus,

1758 Calandro M x x x

Sylviidae Acrocephalus scirpaceus Herman, 1804 Cannaiola M x x

Sylviidae Sylvia atricapilla Linnaeus, 1758

Capinera S

x

x

Alaudidae Galerida cristata (Linnaeus,

1758) Cappellaccia S x x

Fringillidae Carduelis carduelis (Linnaeus, 1758)

Cardellino S

x

x

Paridae Parus major Linnaeus, 1758 Cinciallegra S x x

Corvidae Corvus corax Linnaeus, 1758 Corvo imperiale S x x

Turdidae Oenanthe oenanthe Linnaeus, 1758

Culbianco M

x

x

Fringillidae Carduelis cannabina (Linnaeus, 1758) Fanello S x x

Sylviidae Regulus ignicapillus Temminck, 1820

Fiorrancino

x

x

Fringillidae Fringilla coelebs Linnaeus,

1758 Fringuello M x x

Sylviidae Phylloscopus collybita Vieillot, 1817 Luì piccolo x x

Turdidae Turdus merula Linnaeus,

1758 Merlo S x x

Turdidae Oenanthe hispanica Linnaeus, 1758 Monachella M x x

Passeridae Petronia petronia (Linnaeus, 1766)

Passera lagia S

x

x

Passeridae Passer hispaniolensis

(Temminck, 1820) Passera sarda S x x

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Turdidae Monticola solitarius Linnaeus,

1758 Passero solitario S x x

Turdidae Erithacus rubecula (Linnaeus, 1758) Pettirosso M x x

Muscicapidae Muscicapa striata Pallas,

1764 Pigliamosche M x x x

Certhiidae Certhia brachydactyla Brehm, 1820 Rampichino x x

Sylviidae Regulus regulus Linnaeus, 1758

Regolo

x

x

Hirundinidae Hirundo rustica Linnaeus,

1758 Rondine M x x

Turdidae Saxicola torquata Linnaeus, 1758

Saltimpalo S

x

x

Troglodytidae Troglodytes troglodytes

(Linnaeus, 1758) Scricciolo S x x

Sylviidae Sylvia conspicillata Temminck, 1820

Sterpazzola di Sardegna S x x

Sylviidae Sylvia cantillans Pallas, 1784 Sterpazzolina M

x

x

Emberizidae Miliaria calandra (Linnaeus, 1758) Strillozzo S x x

Corvidae Corvus monedula Linnaeus, 1758

Taccola S

x

Turdidae Turdus iliacus Linnaeus, 1758 Tordo sassello x x

Alaudidae Lullula arborea (Linnaeus, 1758) Tottavilla S x x x

Turdidae Luscinia megarhynchos

Brehm, 1831 Usignolo S x x

Sylviidae Cettia cetti (Temminck, 1820) Usignolo di fiume S x x

Fringillidae Carduelis chloris (Linnaeus, 1758)

Verdone S

x

x

Fringillidae Serinus serinus (Linnaeus,

1766) Verzellino S x x

Emberizidae Emberiza cia Linnaeus, 1758 Zigolo muciatto S

x

x

Emberizidae Emberiza cirlus Linnaeus,

1758 Zigolo nero S x x

Motacillidae Motacilla alba Linnaeus, 1758 Ballerina bianca x x

Motacillidae Motacilla cinerea Tunstall, 1771

Ballerina gialla

x

x

Alaudidae Calandrella brachydactyla (Leisler, 1814) Calandrella x x x

Sylviidae Acrocephalus arundinaceus Linnaeus, 1758

Cannareccione

x

x

Paridae Parus caeruleus Linnaeus,

1758 Cinciarella x x

Turdidae Phoenicurus ochrurus Gmellin, 1789

Codirosso spazzacamino x x

Turdidae Monticola saxatilis Linnaeus,

1766 Codirossone x x

Corvidae Pyrrhocorax pyrrhocorax (Linnaeus, 1758)

Gracchio corallino x x x x

Sylviidae Sylvia melanocephala Gmelin, 1789

Occhiocotto

x

x

Passeridae Passer montanus (Linnaeus,

1758) Passera mattugia x x

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Remizidae Remiz pendulinus (Linnaeus,

1758) Pendolino x x

Hirundinidae Ptyonoprogne rupestris (Scopoli, 1769) Rondine montana x x

Sturnidae Sturnus unicolor Temminck,

1820 Storno nero x x x

AV

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PIC

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RM

ES

Picidae Picoides major (Linnaeus, 1758)

Picchio rosso maggiore S x x

Picidae Jynx torquilla Linnaeus, 1758 Torcicollo M x

x

AV

ES

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CIP

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Podicipedidae Tachybaptus ruficollis (Pallas, 1764) Tuffetto x x

AV

ES

ST

RIG

IFO

RM

ES

Strigidae Strix aluco Linnaeus, 1758 Allocco S x x x x

Strigidae Otus scops (Linnaeus, 1758) Assiolo S x x x x

Tytonidae Tyto alba (Scopoli, 1769) Barbagianni S x

x

x x

Strigidae Athene noctua (Scopoli, 1769) Civetta S x x x x

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Vertiginidae Helix pomatia Linnaeus, 1758 Chiocciola x x

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Suidae Sus scrofa Linnaeus, 1758 Cinghiale

Suidae Sus scrofa meridionalis Cinghiale ss. meridionale x x

MA

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A

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IVO

RA

Mustelidae Mustela nivalis Linnaeus, 1766 Donnola x x

Felidae Felis silvestris Schreber, 1777

Gatto selvatico

x

x

x

x

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Vespertilionidae Plecotus austriacus (Fischer,

1829) Orecchione meridionale x x x x

MA

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EC

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Erinaceidae Erinaceus europaeus Linnaeus, 1758

Riccio

x

x

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Leporidae Lepus capensis mediterraneus

Lepre sarda

x

x

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NT

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Hystricidae Hystrix cristata (Linnaeus,

1758) Istrice x x x LR/nt

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SQ

UA

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Lacertidae Podarcis sicula (Rafinesque,

1810) Lucertola campestre x x

Lacertidae Podarcis wagleriana Gistel, 1868

Lucertola sicula

x

x

x

Viperidae Vipera aspis (Linnaeus, 1758) Vipera comune x

Colubridae Coluber viridiflavus Lacépède, 1789 Biacco x x

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Gekkonidae Hemidactylus turcicus

(Linnaeus, 1758) Geco verrucoso x

Scincidae Chalcides ocellatus (Forsskål, 1775) Gongilo x x

Scincidae Chalcides chalcides

(Linnaeus, 1758) Luscengola x

Colubridae Natrix natrix (Linnaeus, 1758) Natrice dal collare x

Lacertidae Lacerta viridis (Laurenti, 1768)

Ramarro

x

x

Colubridae Elaphe longissima (Laurenti,

1768) Saettone x x

Gekkonidae Tarentola mauritanica (Linnaeus, 1758)

Tarantola muraiola

x

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Emydidae Emys orbicularis (Linnaeus, 1758)

Testuggine d'acqua S x x x LR/nt

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IV.3.9 Aspetti demografici e socio-economici.

IV.3.9.1 Movimento naturale e flussi migratori.

La popolazione residente nel Comune di Cammarata, risulta, nel 2001, sulla base dei dati rilevati dall’ISTAT, pari

a 6.403 unità, con una generale contrazione nel corso degli anni.

Le cause del forte decremento demografico che si è registrato dagli anni ’60 ad oggi vanno ricercate in uno

sfavorevole andamento, non tanto del saldo naturale, quanto del movimento migratorio.

Il fenomeno dell’emigrazione, prevalentemente verso altri comuni del territorio nazionale, denuncia una grave

intensificazione nel corso degli anni ’40, si attenua gradualmente in corrispondenza degli anni ’50 e ’60, per

assestarsi poi su valori relativamente modesti, pur sempre di segno negativo, in epoca più recente. Tale

emorragia sociale, e la stabilizzazione che ne è seguita, vanno principalmente ricondotte agli importanti

cambiamenti intervenuti nello scenario dell’economia dell’isola con la diminuzione dell’incidenza del fattore

primario e l’affermarsi del settore secondario e terziario.

La creazione di nuove e più remunerative occasioni di lavoro, soprattutto nel settore della ristorazione e

dell’artigianato, hanno determinato una intensificazione e radicalizzazione del fenomeno di abbandono

dell’agricoltura che negli ultimi tempi, dopo un primo rallentamento, pare nuovamente riprendere per via della

grave crisi in cui il settore primario attualmente si dibatte.

In questo senso la dinamica demografica negli ultimi 30 anni a Cammarata può assimilarsi allo schema generale

appena descritto, anche se presenta talune peculiarità connesse, da un lato al sovrapporsi, ai fenomeni di

migrazione verso l'estero, di consistenti spostamenti di popolazione verso il vicino centro urbano di San

Giovanni, dall'altro al persistere nel 1991 di una condizione di sensibile contrazione demografica.

IV.3.9.2 Modello di sviluppo e principali caratteristiche socio-economiche.

L’agricoltura e le risorse ambientali naturali hanno rappresentato e tuttora rappresentano i punti di riferimento

e di forza essenziali della tradizione culturale ed economica cammaratese, di natura fondamentalmente rurale,

con forti riflessi sulla stessa struttura produttiva industriale, tipicamente artigiana e rivolta principalmente alla

trasformazione dei prodotti agricoli. L’affermazione stessa delle attività turistiche, d’altro canto, manifestatasi

con una certa evidenza soprattutto negli ultimi decenni nel settore della gastronomia e della ristorazione, è

legata alle anch’essa alle particolarità ambientali e paesistiche del territorio.

Il modesto processo di crescita che si è potuto registrare negli ultimi decenni, tuttavia, è risultato essere

carente di quelle sinergie positive tra i vari settori che costituiscono, ad un tempo, necessarie premesse e

garanzia di mantenimento nel lungo periodo di un reale processo di sviluppo. I segnali più evidenti di questa

limitazione sono l’abbandono delle campagne, da un lato, e la intensa attività di antropizzazione del territorio

non sempre pienamente rispondente all’imperativo della salvaguardia ambientale.

Fortunatamente, da un decennio a questa parte, l’istituzione della Riserva Naturale Orientata di Monte

Cammarata e la creazione di una serie di strutture per la fruibilità del patrimonio naturalistico in essa tutelato,

ha impresso una forte accelerazione al processo di incremento della presenza di flussi turistici naturalistici e,

conseguentemente, alla presa di coscienza, da parte della popolazione locale, della necessità di salvaguardare,

in quanto patrimonio importante ai fini dello sviluppo economico, l’enorme ricchezza naturalistica che il

territorio possiede. Tanto che oggi, l’intenzione della Regione Siciliana di istituire il Parco dei Monti Sicani è

atteso dalla popolazione cammaratese come un momento importante per assicurare lo sviluppo socio-

economico del comprensorio.

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La distribuzione della popolazione attiva in condizione professionale per settore di attività economica, tratta

dai censimenti generali della popolazione, fornisce una indicazione di buona approssimazione sul peso relativo

dei diversi rami nell’economia dell’isola e sul rispettivo contributo in rapporto alla forza occupata ed alla

formazione del reddito disponibile.

La valenza dei tre settori base del sistema produttivo cammaratese, primario, secondario e terziario, in tre

epoche censuarie diverse, appare sensibilmente mutata. Il ruolo del comparto agricolo risulta fortemente

ridimensionato, a fronte, come prevedibile, di un deciso ri-orientamento e specializzazione delle attività

produttive verso il terziario che manifesta, nello stesso periodo, una crescita importante. Il settore relativo alle

attività industriali non presenta, in termini relativi, apprezzabili variazioni, mantenendo immutata la propria

modesta importanza.

Il settore primario ha conosciuto ed attraversa tuttora, un periodo di crisi. Il numero delle aziende in esercizio e

l’estensione della superficie agricola utilizzata hanno subito, in effetti, come dimostrano le rilevazioni

censuarie, un costante calo ed una forte contrazione.

Le caratteristiche tipologiche delle imprese operanti nel settore, inoltre, di piccola o piccolissima dimensione e

la frammentazione delle proprietà hanno presumibilmente esercitato un ruolo determinante. Negli ultimi anni,

tuttavia, si assiste ad una concentrazione di attività con la presenza di imprese di dimensioni e forza

commerciale maggiori.

L’utilizzazione dei terreni indica una incidenza preponderante delle colture a seminativo e, nell’ambito delle

coltivazioni permanenti, di modeste colture viticole e olivicole.

La particolarità del clima e del territorio, caratterizzati dalla presenza di rilevanti fattori limitativi, hanno d’altra

parte condizionato la fisionomia e le direttrici di sviluppo dell’agricoltura nel suo complesso, con l’affermarsi di

tecniche agronomiche, tipologie di impianto/allevamento e colture fortemente improntate e contrassegnate

dall’arido-resistenza.

Le attività di allevamento appaiono in contrazione in quanto a numero complessivo di aziende che le praticano,

ma con un significativo ed importante processo di ristrutturazione ancora in atto, che ha portato le più

organizzate fra esse ad occupare ruoli importanti nel mercato locale (e non solo) dei prodotti caseari, avendo

completato il processo di completamento della filiera produttiva.

Il ruolo del settore secondario nell’apparato produttivo e, più in generale, nell’economia del territorio di

Cammarata appare, ad oggi, come già sottolineato, marginale e residuale. La struttura e la tipologia aziendale

risultano relativamente specializzati e fortemente correlati a due fattori: la manifattura di prodotti artigianali

nel campo del legno, della produzione salottiera e degli infissi metallici, e l’edilizia, essendo altre attività

sostanzialmente assenti. Quelle che un tempo erano le risorse minerarie del territorio (salgemma e zolfo) sono

ormai da decenni definitivamente abbandonate.

Il settore terziario, invece, rappresenta da qualche anno a questa parte, un buon componente dell’economia

comunale ed è legato al commercio e alla ristorazione. L’analisi delle caratteristiche strutturali della base

produttiva evidenzia, in effetti, un peso preponderante e crescente del settore.

IV.4 VALUTAZIONE DELLA SIGNIFICATIVITÀ DELLE INCIDENZE.

Valutando pacificamente il fatto che il Piano in esame non è direttamente connesso o necessario alla gestione

dei siti Natura 2000 interessati, resterebbe, seguendo lo schema fornito dalla Commissione, di completare la

matrice relativa alla valutazione della significatività dell’incidenza.

Si ritiene, tuttavia, in ragione della entità e delle dimensioni del Piano, nonchè delle molteplici influenze che

esso può generare sugli equilibri ambientali, che, solo attraverso questa prima fase di screening, non sia

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possibile escludere del tutto che il PRG possa produrre effetti significativi. Pertanto, piuttosto che completare il

processo di screening attraverso la compilazione della matrice della significatività, si ritiene più opportuno ed

utile passare direttamente alla fase successiva, che prevede la valutazione appropriata.

Ci è parso chiaro, infatti, sin dall’inizio, che diverse sarebbero potute essere le principali categorie di effetti

potenzialmente determinanti incidenze significative. Queste categorie di effetti che, a nostro giudizio,

necessitano di puntuali approfondimenti ed analisi, soprattutto in relazione allo status e agli obiettivi di

conservazione dei siti Natura 2000, riguardano:

- effetti conseguenti la strategia complessiva del P.R.G. adottato;

- effetti di area vasta derivanti dalla diverse discipline d’uso correlate alla suddivisione dell’intero

territorio comunale in Z.T.O. ex D.M. 1444/98 (zone A, B, c, ecc…);

- effetti puntuali determinati dalle precise collocazioni spaziali di attività, servizi ed infrastrutture;

- effetti misti puntuali/estesi derivanti da previsioni che, pur puntualmente localizzate, determinano

indirettamente effetti spaziali di rilevante entità, modificando le relazioni e le gerarchie territoriali

(adeguamento della viabilità, aree di sviluppo turistico, servizi ed attrezzature collettive, ecc….).

Sulla base della puntuale descrizione delle azioni del Piano riportate nel capitolo precedente, della natura e

dell’entità generale delle problematiche derivanti dalle previsioni stesse e sulla base dei dati documentali

acquisiti, si dovrà pervenire, in questa seconda fase di valutazione appropriata, alla identificazione degli effetti

del Piano sul grado di conservazione e mantenimento degli ambienti naturali ed alla caratterizzazione dei

relativi eventuali impatti, distinguendone, se del caso, gli effetti diretti ed indiretti, la temporalità e la

reversibilità degli stessi, i gradi e le fattispecie di accumulo ed interazione.

V LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA APPLICATA AL PRG DI CAMMARATA: LIVELLO II

– VALUTAZIONE APPROPRIATA.

V.1 IL QUADRO FINALE DELLE INFORMAZIONI RACCOLTE.

Riguardo l’inquadramento di area vasta e le informazioni relative all’attuale stato di conservazione degli habitat

presenti nei 4 SIC in questione, si è provveduto a reperire ed analizzare il seguente materiale disponibile:

- formulari standard relativi a ciascuno dei 4 SIC;

- raccolta documentale bibliografica di pubblicazioni scientifiche sull’ambiente naturale dei SIC in

questione;

- mappe e documentazioni storiche reperite presso biblioteche pubbliche ed universitarie;

- documentazione di analisi ed informazioni relative a progetti, altri piani, iniziative pubbliche e private,

mediante ricognizioni presso il Comune di Cammarata, Azienda Foreste Demaniali, Soprintendenza ai

BB.CC.AA. di Agrigento, Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, Università degli Studi di Palermo,

Gal Quisquina,;

- analisi territoriali realizzate per l’elaborazione dello stesso P.R.G. , dello Studio Agricolo Forestale e del

P.T.P.P. di Agrigento, ivi comprese le relative cartografie tematiche;

- informazioni desumibili attraverso la consultazione del SIT regionale, attraverso il sito internet

“SitrSicilia.it”

- Piano di sviluppo relativo al Patto Territoriale Magazzolo-Platani;

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- Piano di sviluppo locale ( PSL ) a valere sul programma comunitario LEADER +, del Gal Quisquina.

Nello svolgimento delle analisi conoscitive si è ritenuto necessario provvedere, oltre alla raccolta dei dati sin qui

riportati, alla produzione della cartografia per l’implementazione del Sistema Informativo Territoriale, relativa

ai seguenti aspetti:

- zonizzazione del PRG e relazione con i siti Natura 2000;

- uso del suolo e paesaggio vegetale;

- identificazione e distribuzione degli habitat nei SIC;

- Sistema vincolistico operante relativamente alla tutela ambientale, paesaggistica ed urbanistica.

L’insufficienza delle informazioni direttamente od indirettamente ottenibili dall’uso del SIT ha determinato la

necessità di un ulteriore fabbisogno informativo, che poteva essere soddisfatto solamente con l’esecuzione di

sopralluoghi e di rilievi di campo.

L’implementazione del quadro conoscitivo relativo agli usi attuali del suolo, alla vegetazione ed alla

identificazione ed alla esatta localizzazione degli habitat di interesse comunitario, è stata realizzata, dunque,

mediante analisi fotointerpretativa, controlli di campo ed elaborazione di cartografia tematica in scala

1:10.000. I dati così ottenuti e rappresentati nelle relative tavole cartografiche, sono stati posti alla base del

processo che ha portato alla stima finale del grado di compatibilità delle azioni ed attività conseguenti

l’adozione del P.R.G. rispetto ai siti Natura 2000.

I rilievi di campo hanno interessato l’intera superficie occupata dai SIC in questione e sono serviti per rilevare le

attuali condizioni di stato e di conservazione degli ambienti naturali. Sono serviti, soprattutto, a rilevare le

eventuali emergenze od entità ecologiche e specifiche riscontrabili nei siti identificati dal P.R.G. quali luoghi

destinati alla realizzazione di opere, interventi e modifiche e perciò definiti luoghi o aree di criticità. Tali

elementi di criticità sono stati evidenziati in una tavola apposita ed in rilievi di campo in tali luoghi realizzati,

sono stati dettagliatamente riportati nella presente relazione sotto forma di schede.

I rilievi eseguiti sono serviti come base di riferimento per le valutazioni finali relative al grado di compatibilità

delle previsioni di Piano rispetto al mantenimento dell’integrità ecologica dei siti interessati.

Ulteriore adempimento, necessario a completare il quadro conoscitivo per l’opportuna valutazione delle

incidenze, è stato affrontato, coerentemente alle indicazioni fornite dalla guida metodologica della

Commissione Europea, procedendo alla identificazione, analisi e valutazione di altri piani o progetti che,

singolarmente o congiuntamente alle azione del P.R.G., potessero determinare ulteriori incidenze negative

sullo stato di conservazione e mantenimento dei SIC. A tal fine è stata svolta, in collaborazione con l’Ufficio

Tecnico Comunale, una accurata ricognizione finalizzata alla individuazione di tutte le ulteriori azioni introdotte

da altri piani o progetti di interesse territoriale comunale. Tali azioni, riferibili a diversi Piani e/o progetti, sono

stati analiticamente considerati e relazionati in un seguente apposito capitolo della presente relazione.

V.2 METODOLOGIA.

Questa seconda fase, la valutazione appropriata, ha come obiettivo l’identificazione delle interferenze su

specie ed habitat di importanza comunitaria presenti o potenzialmente presenti nelle aree perimetrate quali

SIC, oggetto della nostra analisi.

In questa fase l’impatto del P.R.G., considerato sia isolatamente che congiuntamente con altri piani o

programmi, sull’integrità dei siti Natura 2000, è esaminato in termini di rispetto degli obiettivi di conservazione

dei siti stessi ed in relazione alla loro struttura e funzione. E’ questa, infatti, l’indicazione che emerge dalla

guida della Commissione Europea: “L’integrità di un sito comprende le sue funzioni ecologiche. Per decidere se

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vi potranno essere effetti negativi, occorre concentrarsi e limitarsi agli obiettivi di conservazione del sito”

(MN2000, par. 4.6.3).

Il campo di analisi per la valutazione degli eventuali impatti prodotti dal P.R.G. sull’integrità dei siti Natura

2000, sarà dunque limitato ai seguenti aspetti14:

Informazioni necessarie: si procederà verificando la completezza dei dati raccolti nella prima fase (elementi

descrittivi del piano/progetto, i possibili effetti cumulativi, gli elementi utili per l’individuazione degli obiettivi di

conservazione del sito) ed eventualmente saranno integrate le informazioni mancanti. La guida metodologica

riporta una checklist esemplificativa sulle informazioni necessarie per la valutazione “appropriata” e sulle

relative fonti principali. In apposito paragrafo sarà data ampia illustrazione delle informazioni note o disponibili

suggerite dalla Guida e riportata nella checklist suddetta.

Previsione degli impatti: Al fine di definire l’incidenza dei diversi effetti ambientali si ritiene utile la

compilazione di una scheda analitica in cui i possibili impatti negativi sui siti saranno organizzati in categorie,

permettendo di percorrere il processo di previsione dell’incidenza con ordine e sistematicità. Gli effetti da

considerare saranno elencati secondo le seguenti tipologie:

• diretti o indiretti;

• a breve o a lungo termine;

• effetti dovuti alla fase di realizzazione del progetto, alla fase di operatività, alla fase di smantellamento;

• effetti isolati, interattivi e cumulativi.

Obiettivi di conservazione: individuati i possibili impatti, si dovrà stabilire se essi possano avere un’incidenza

negativa sull’integrità dei siti, ovvero, sui fattori ecologici chiave che determinano gli obiettivi di conservazione

dei siti stessi. Secondo quanto suggerito dalla Guida metodologica, sarà utilizzata una checklist che riporta le

potenziali interferenze del Piano con gli obiettivi di conservazione dei siti. La valutazione sarà svolta in base al

principio di precauzione, per cui se non si può escludere che vi siano effetti negativi si procede presumendo che

vi saranno.

Misure di mitigazione: qualora fossero individuati effetti negativi del Piano e chiarita quale possa essere

l’incidenza sugli obiettivi di conservazione del sito, saranno individuate le necessarie misure di

mitigazione/attenuazione. Ogni misura di mitigazione eventualmente adottata sarà accuratamente descritta,

illustrando come essa possa ridurre o eliminare gli effetti negativi, quali siano le modalità di realizzazione, quale

sia la tempistica in relazione alle fasi del Piano, quali siano i soggetti preposti al controllo e quali siano le

probabilità di un loro successo. Qualora, nonostante le misure di mitigazione adottate, dovessero permanere

tutti o alcuni degli effetti negativi valutati, si passerà al livello III di analisi, la cui procedura di svolgimento sarà

eventualmente illustrata in apposito paragrafo.

Le fasi di svolgimento sopra descritte possono essere visualizzate attraverso lo schema che segue, tratto dalla

Guida metodologica MN 2000:

14 Secondo quanto suggerito dal “Manuale delle linee guida per la redazione dei piani di gestione dei siti Natura 2000” edito dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio – Dipartimento per la Protezione della Natura – par. 2.3.2.

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109

La principale problematicità che si rileva nello svolgimento di tale fase di analisi è legata alla non disponibilità di

informazioni relative agli obiettivi di conservazione e gestione dei SIC interessati, per l’assenza dei piani di

gestione o di elementi desumibili dai formulari standard, che potrebbero in alternativa essere utilizzati.

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Per tale ragione nella stima di previsione delle incidenze e nella determinazione della compatibilità, si è assunto

quale riferimento generale ed obiettivo da perseguire, quello di preservazione dell’attuale stato di

conservazione degli habitat rilevati sul territorio di indagine. Si provvederà, comunque, ad integrare le

valutazione sullo stato di conservazione attuale, con l’insieme degli indirizzi e indicazioni desumibili dai

riferimenti normativi e fonti metodologiche già illustrati al paragrafo III.3 della presente relazione e che in ogni

caso verranno ripresi nel successivo paragrafo ”gli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000 interessati”.

Va osservato, comunque, che la mancanza di indirizzi certi circa gli obiettivi di conservazione e di gestione dei

siti (seppure surrogata dal quadro indirettamente derivato dai riferimenti metodologici già richiamati) nonché

la genericità di molte delle previsioni sviluppate dal P.R.G. (che rimanda interamente alla fase progettuale la

determinazione dei modi di intervento, per esempio per quel che riguarda la realizzazione di viabilità in zona

agricola) produce una generale difficoltà nell’esprimere, senza conoscerne le specifiche soluzioni realizzative,

una valutazione certa sul grado di compatibilità delle azioni progettuali con gli obiettivi di tutela.

Per tale ragione, nelle sintesi finali, tutte quelle situazioni che possano destare preoccupazioni precauzionali,

dovranno essere compiutamente valutate successivamente, in sede di stesura della valutazione di incidenza da

applicare al progetto specifico da realizzare, nella fase in cui saranno noti i connotati e le caratteristiche

progettuali.

Nella valutazione di compatibilità si è, inoltre, tenuto conto dell’insieme delle norme di conservazione

ambientale. In particolare sono stati considerati i diversi vincoli di natura urbanistica, paesaggistica ed

ambientale, i vincoli di inedificabilità boschiva, la disciplina delle zone A della R.N.O di Monte Cammarata,

complessivamente rappresentati in una apposita Tavola di progetto, che intervengono nella determinazione

del grado di compatibilità delle previsioni del P.R.G..

Al fine di fornire all’autorità alla quale, in ultima analisi, spetta il compito di condurre la valutazione

appropriata, un quadro quanto mai completo ed adeguato per compiere la valutazione, si è provveduto ad

effettuare e rendere disponibili le informazioni seguenti :

- Informazioni sul progetto/piano

- Caratteristiche complete del progetto/piano che possono incidere sul sito;

- L’area o la superficie che il piano è destinato ad occupare;

- Dimensioni e altre specifiche del progetto;

- Caratteristiche di progetti/piani esistenti, proposti o approvati che possono provocare un impatto

congiunto o cumulativo con i progetti valutati e che possono avere conseguenze sul sito;

- Iniziative di conservazione della natura in programma o previste che in futuro possono incidere sullo stato

del sito;

- La relazione (ad esempio distanze, ecc.) tra il progetto/piano e il sito Natura 2000

- Informazioni sul sito

- Le ragioni per cui il sito rientra in Natura 2000;

- Gli obiettivi di conservazione del sito e i fattori che contribuiscono al valore di conservazione del sito;

- Lo status di conservazione del sito (positivo o altro);

- Condizioni effettive di base del sito;

- Gli attributi principali del sito in relazione agli habitat indicati all’allegato I o alle specie indicate all’allegato

II;

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- Composizione fisico-chimica del sito;

- Dinamiche degli habitat, delle specie e della relativa ecologia;

- Gli aspetti del sito che sono suscettibili ai cambiamenti;

- Le principali relazioni strutturali e funzionali che costituiscono e consentono di

- preservare l’integrità del sito;

- Le influenze stagionali sugli habitat indicati all’allegato I e sulle specie indicate all’allegato II;

- Altre tematiche connesse alla conservazione che possono essere rilevanti per il sito, compresi i

cambiamenti naturali che potrebbero verificarsi in futuro.

(riquadro 6: Checklist sulle informazioni necessarie alla valutazione appropriata – Guida metodologica della

Commissione Europea.)

L’individuazione delle categorie dei presumibili impatti/incidenze delle azioni di Piano sui siti della rete Natura

2000 ed una prima valutazione eseguita attraverso l’analisi dei dati raccolti, ha consentito di determinare gli

approcci metodologici necessari alla corretta valutazione delle azioni causali di impatto/incidenza sulle

condizioni di stato ambientale riportate nei formulari Natura 2000 ed in particolare sugli habitat individuati nei

SIC interessati, oggetto della tutela comunitaria.

V.3 DESCRIZIONE E CARATTERISTICHE DEI SITI NATURA 2000.

V.3.1 Inquadramento dell’area dei SIC.

I SIC in questione:

- ITA040005 - Monte Cammarata-Contrada Salaci.

- ITA040007 - Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina.

- ITA 020011 - Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea.

- ITA040011 - La Montagnola e Acqua Fitusa.

sono situati all’estremo lembo orientale della catena dei Monti Sicani.

I primi tre sono contigui e costituiscono un tutt’uno, almeno da un punto di vista strettamente spaziale, mentre

il quarto, Montagnola-Acqua Fitusa, è distaccato dal gruppo di appena qualche migliaio di metri, occupando

esso l’estrema pendice orientale del Monte Cammarata, a ridosso del fiume Platani.

Il Monte Cammarata, con la sua vetta alta 1578 m.s.l.m.m. occupa la parte centrale di tutta l’area SIC.

Sia il SIC ITA040005 - Monte Cammarata-Contrada Salaci, sia il SIC ITA040007 - Pizzo della Rondine-Bosco di

Santo Stefano Quisquina, rientrano in parte all’interno della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata,

istituita dalla Regione Sicilia con D.A. n. 86/44 del 18-04-2000; il primo per una superficie di Ha 1.159, pari al

55% del suo totale, il secondo per una superficie di Ha 921, pari al 30% del suo totale.

La morfologia è quella accidentata tipica dei rilievi montuosi, caratterizzata da rupi, valloni, intervallati da

conche e pendii più dolci.

Dalla cima alle pendici orientali di Monte Cammarata affiorano le rocce che hanno permesso di ricostruire la

“successione” continua di terreni tipica di quest’area (Broquet 1968); tali rocce hanno un’età compresa tra

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circa 220 milioni di anni (Trias superiore) e circa 10 milioni di anni (Miocene medio) e si sono depositate e

formate sul fondo di un mare relativamente profondo.15

I terreni più antichi (età Trias superiore) che si trovano sulla cima di Monte Cammarata, sono costituiti da

calcari grigio-chiari con liste e noduli di selce ed una ricca fauna a lamellibranchi, in strati spessi da centimetri a

metrici.

Su queste rocce poggiano calcari sempre grigio chiari di spessore centimetrino con all’interno “ooliti” del

Giurassico inferiore (Lias inferiore), la merne rosse e verdi anch’esse del Giurassico inferiore (Pliensbachiano) e

le radiolariti, i calcari selciferi e le marne verdi del Giurassico inferiore-Cretaceo inferiore.

La successione continua con i calcari ed i calcari marnosi rossastri e bianchi in strati centimetrici del Paleocene-

Eocene superiore, le marne sabbiose dell’Oligocene medio-superiore, ed infine con le arenarie glauconifere del

Miocene inferiore e le argille marnose grigio bluastre, le marne sabbiose e le sabbie del Micene medio.

Sui complessi calcarei si sviluppano versanti da moderatamente a molto ripidi, con evoluzione del suolo molto

scarsa e, di conseguenza, con tipi pedologici caratterizzati da roccia affiorante o da litosuoli con profilo poco

evoluto ed abbondanza di scheletro. Parte di questi complessi, molto duri e compatti, è costituita da calcari

dolomitici, rocce aventi una maggiore suscettività ad essere alterate. Tali formazioni danno origine, talora, ad

ampie aree dove il substrato si presenta molto alterato dall’azione dell’acqua o da origine a diverse forme

carsiche (inghiottitoi, doline, ecc…) riscontrabili in varie aree del SIC. I complessi calcarei costituiscono il tipo

geologico più rappresentato.

Ai piedi dei rilievi montuosi più ripidi (ad esempio ai piedi di Pizzo della Rondine o in c.da La Pistacchiera) si

osservano spesso ampie aree caratterizzate da detriti di falda; in tali ambienti la morfologia di fondovalle o di

versante appare non eccessivamente accidentata e si sviluppano suoli a profilo più evoluto: suoli giovani su

substrato sciolto (Regosuoli) o suoli più evoluti e maturi (Suoli bruni).

15 Carta geologica schematica dell’area della R.N.O. “Monte Cammarata” – A cura di B. Abate, G. Ferruzza, G. Madonia, S. Mangiapane.

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Spesso si rinvengono accumuli di materiale lapideo proveniente dall’erosione della roccia presente nei versanti

ripidi, che a volte si accumula formando ghiaioni o brecciai ed in alcuni casi dei veri e propri coni di deiezione.

In alcune conche o fondovalle, lontani da rilievi ripidi, si riscontrano anche depositi alluvionali (c.da Galluzzo,

Cozzo Minavento) con morfologia molto dolce o anche sub-pianeggiante e suoli talora molto evoluti o,

comunque,, a profilo molto sviluppato dove, a seconda delle condizioni locali, si trovano suoli bruni a profilo

differenziato (ABC), vertisuoli (laddove si riscontra più argilla) o regosuoli.

Il gruppo dei SIC comprende una parte centrale, configurata in un intorno abbastanza esteso della vetta di

Monte Cammarata e dei rilievi secondari, caratterizzata da modestissimi livelli di antropizzazione e dalle

formazioni vegetazionali con più alto grado di naturalità. L’area periferica verso E, invece, presenta un maggior

grado di utilizzazione antropica, connotata da un mosaico di coltivazioni agrarie, infrastrutture viarie e,

soprattutto, le zone periferiche dell’insediamento urbano di Cammarata e San Giovanni Gemini.

Per gran parte della sua estensione ed in particolare nelle aree ad alta valenza ecologico-ambientale e

paesaggistica, la zona risulta assoggettata a regimi di tutela urbanistica ed ambientale che garantiscono un

soddisfacente grado di protezione, fra questi il

- vincolo di inedificabilità ex art. 15 della L.R. n. 78/76 e s.m.i. per le fasce di rispetto dei boschi e della

macchia,

- il regime di tutela della R.N.O. “Monte Cammarata” istituita con D.A. n. 86/44 del 18-04-2000,

- i vincoli e la tutela derivanti dall’art. 142 del D.Lgs. n. 42 del 22-01-2004 e s.m.i. per l’area archeologica

della Montagnola-Acqua Fitusa e per la parte sommitale di Monte Cammarata,

- il vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923, praticamente vigente su tutta l’area SIC e sull’intero

territorio comunale di Cammarata, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina, eccezion fatta per le

sole aree vallive dei fiumi Platani e Turvoli e per quelle urbane dei centri abitati.

V.3.2 Dati dei formulari standard.

V.3.2.1 ITA040005 – Monte Cammarata – C.da Salaci.

Le informazioni contenute nel formulario standard indicano caratteristiche del sito comprendenti la seguente

ripartizione di ambienti:

Tipi di ambiente % coperta

Corpi d’acqua interni (acque stagnanti e correnti) 3

Brughiere, Boscaglie, Macchia, Garighe, Friganee 10

Praterie aride, Steppe 25

Colture cerealicole estensive (incluse le colture in rotazione con maggese regolare) 12

Foreste caducifoglie 8

Foreste di sempreverdi 7

Impianti forestali a monocoltura (inclusi pioppeti o specie esotiche) 21

Arborei (inclusi frutteti, vivai, vigneti e dehesas) 4

Habitat rocciosi, Detriti di falda, Aree sabbiose, Nevi e ghiacci perenni) 10

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Tipi di ambiente % coperta

Totale 100

Le caratteristiche generali del sito, degne di rilievo, sono individuate nel rinvenimento di reperti fossili del Trias

che testimoniano la presenza di ambienti marini, e nel particolare bioclima, ascrivibile al tipo Meso-

mediterraneo superiore subumido superiore.

La qualità ed importanza, soprattutto per la sua designazione quale SIC, sono individuate nella varietà e

diversificazione della flora, che comprende numerose specie di interesse fitogeografico. Fra queste sono poste

in rilievo le cenosi specializzate a cui partecipano numerose specie endemiche e rare, diffuse in ambienti

rupicoli e nei brecciai e gli aspetti di bosco igrofilo a pioppi, salici e frassini presenti lungo i corsi d’acqua ed in

particolare in località Salaci.

La vulnerabilità è valutata media rispetto al rischi d’incendio.

Tutte le altre attività e fenomeni che, interni o limitrofi all’area, sviluppano la propria influenza sul sito, sono

stati così individuati:

Cod. Tipo di attività fenomeno Sulla superficie del sito Nell’area circostante

Intensità % Influenza Intensità Influenza

100 Coltivazione Debole 16 Negativa Debole Negativa

140 Pascolo Debole 50 Negativa Debole Negativa

162 Piantagione artificiale Debole 21 Negativa - Negativa

180 Incendi Media 50 Negativa Media Negativa

900 Erosione Debole 5 Negativa - Negativa

954 Invasione di una specie Debole 15 Negativa - Negativa

Nessun’altra informazione di carattere generale è riportata, né vengono illustrate le motivazioni di

designazione quale SIC e, tanto meno, le linee guida di gestione, sia pur in forma generale.

Riguardo le informazioni ecologiche viene indicata la presenza dei seguenti 8 tipi di habitat naturali di interesse

comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, di cui all’allegato 1

della Direttiva “Habitat” n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992:

Cod Denominazione Habitat %

copert. Rappres.

Sup.

relativa

Grado di

conserv. Val. globale

3280

Acque correnti. Fiumi mediterranei a flusso

permanente con il Paspalo-Agrostidion e

con filari ripari di Salix e Populus alba.

3 Buona Tra 0 e 2% Buono Buono

5331

Boscaglie termo-mediterranee e pre-

steppiche. Formazioni ad Euphorbia

dendroides

5 Signif. Tra 0 e 2% Medio o

ridotto

Signifi-

cativo

5332

Boscaglie termo-mediterranee e pre-

steppiche. Gariga ad Ampelodesmos

mauritanica

10 Signif. Tra 0 e 2% Buono Buono

6220* Percorsi sub-steppici di graminacee e

piante annue del Thero-Brachypodietea 15 Signif. Tra 0 e 2%

Medio o

ridotto

Signifi-

cativo

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Cod Denominazione Habitat %

copert. Rappres.

Sup.

relativa

Grado di

conserv. Val. globale

8130 Ghiaioni del mediterraneo occidentale e

termofili 5 Eccell. Tra 0 e 2% Eccellente Eccel-lente

8214

Pareti rocciose calcaree con vegetazione

casmofitica. Comunità del sud Italia

(Dianthion rupicolae).

5 Eccell. Tra 0 e 2% Eccellente Eccel-lente

9320 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Olea e Ceratonia. 5 Signif. Tra 0 e 2%

Medio o

ridotto

Signifi-

cativo

9340 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Quercus ilex e Quercus rtundifolia. 7 Buona Tra 0 e 2%

Medio o

ridotto Buono

* L’asterisco indica un tipo di habitat prioritario; tipo di habitat che rischia di scomparire nel territorio.

Nel formulario standard vengono inoltre indicate:

- 10 specie di uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE dei quali 5 specie migratori;

- 6 specie di uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE;

- 1 specie di rettili di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di

conservazione, elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE;

- 3 specie di piante di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di

conservazione, elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

- 7 specie di fauna ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e

92/43/CEE;

- specie di flora ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e

92/43/CEE.

In particolare sono indicati:

- Uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE:

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A413 Alectoris graeca

whitakeri P

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A255 Anthus

campestris P

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A243 Calandrella

brachydactyla P

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

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cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A083 Circus macrourus P

non

significativa

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A231 Coracias garrulus P tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A101 Falco peregrinus P tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A095 Falco naumanni P tra il 2,1% e

il 15%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A246 Lullula arborea P tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A242 Melanocorypha

calandra P

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata all'interno di una

vasta fascia di distribuzione Buono

A073 Milvus migrans P non

significativa

Buona

conservazione In gran parte isolata Buono

- Uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A247 Alauda arvensis p tra lo 0 e il 2% Conservazione

media o limitata

In gran parte

isolata Buono

A113 Coturnix

coturnix P tra lo 0 e il 2%

Conservazione

media o limitata

In gran parte

isolata Buono

A339 Lanius minor P tra lo 0 e il 2% Conservazione

media o limitata

In gran parte

isolata Buono

A341 Lanius senator p P tra lo 0 e il 2% Conservazione

media o limitata

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Buono

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cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A278 Oenathe

hispanica P non signif.

A210 Streptopelia

turtur p tra lo 0 e il 2%

Conservazione

media o limitata

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Buono

- Anfibi e rettili elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

1220 Emys orbicularis R tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

- Piante elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

1468 Dianthus rupicola Biv. La specie è

rara

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Eccellente

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Eccellente

1790 Leontodon siculus (Guss.)

Finch & Sell

La specie è

rara

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Buona

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

- Altre specie importanti di Flora e Fauna.

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Via Libertà, 8 – 92022 Cammarata (AG)

Tel. 0922-902346 - Cell. 3283637820

[email protected]

[email protected]

118

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Mammiferi Hystrix cristata specie rara Convenzioni internazionali (Berna,

Bonn biodiversità)

Mammiferi Lepus corsicanus la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali (Berna,

Bonn biodiversità)

Rettili Chalcides ocellatus la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali (Berna,

Bonn biodiversità)

Rettili Elaphe lineata specie rara specie endemica

Rettili Lacerta bilineata la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative elenco del libro rosso nazionale

Rettili Podarcis wagleriana la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative elenco del libro rosso nazionale

Invertebrati Pamphagus marmoratus specie comune elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Anthemis cupaniana Tod. Ex

Lojac. specie rara specie endemica

Vegetali Anthirrinum siculum Mill. specie comune specie endemica

Vegetali Aristolochia clusii Lojac. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Bivonaea lutea (Biv.) DC. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Centaurea parlatoris Heldr. specie rara specie endemica

Vegetali Chaenorrhinum rubrifolium

(Rob. & Cast.) Fourr specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Colchicum bivonae Guss. specie comune Altri motivi

Vegetali Cymbalaria pubescens (C.

Presl) Cufod. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Dianthus arrostii C. Presl specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Erysimum bonanniuanum

Presl specie rara specie endemica

Vegetali Euphorbia dendroides specie comune Convenzioni internazionali (Berna,

Bonn biodiversità)

Vegetali Galium verticillatum Danth. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Helianthemum canum (L.)

subsp. nebrodense Arc. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Iris pseudopumila Tin. specie comune elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Knautia calicina (C. Presl)

Guss. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Lepidium hirtum subsp.

nebrodense (Raf.) Thell specie rara elenco del libro rosso nazionale

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119

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Vegetali Linaria purpurea (L.) Miller specie comune specie endemica

Vegetali Orchis brancifortii Biv. specie comune Convenzioni internazionali (Berna,

Bonn biodiversità)

Vegetali Orchis commutata Tod.. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali (Berna,

Bonn biodiversità)

Vegetali Physospermum verticillatum

(W. & K.) Vis. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Polygala preslii Sprengel specie rara specie endemica

Vegetali Silene sicula Raf. specie rara elenco del libro rosso nazionale

V.3.2.2 ITA040007 – Pizzo della Rondine – Bosco di Santo Stefano Quisquina.

Le informazioni contenute nel formulario standard indicano caratteristiche del sito comprendenti la seguente ripartizione di

ambienti:

Tipi di ambiente % coperta

Corpi d’acqua interni (acque stagnanti e correnti) 5

Brughiere, Boscaglie, Macchia, Garighe, Friganee 10

Praterie aride, Steppe 35

Colture cerealicole estensive (incluse le colture in rotazione con maggese regolare) 10

Foreste miste 15

Impianti forestali a monocoltura (inclusi pioppeti o specie esotiche) 5

Arborei (inclusi frutteti, vivai, vigneti e dehesas) 8

Habitat rocciosi, Detriti di falda, Aree sabbiose, Nevi e ghiacci perenni) 10

Altri (inclusi abitati, strade, discariche, minierre e aree industriali. 2

Totale 100

La qualità ed importanza del sito è posta in relazione alla diversificazione geo-pedologica che determina una varietà di flora

e vegetazione. Nel comprensorio sono state censite oltre 600 specie di piante vascolari. Tra queste alcune presentano

interesse fitogeografico, come Celtis tournefortii, Trifolium brutium, Anthemis cupaniana, Aste sorrentinii, ecc..

Il sito, inoltre, presenta una ben diversificata fauna, comprendente molte specie di vertebrati rari e/o minacciati,

soprattutto falconiformi.

Fra i principali fenomeni di disturbo per gli aspetti biocenotici ed ambientali sono da menzionare soprattutto gli incendi, la

riforestazione con specie esotiche e la caccia; sono altresì da aggiungere altri fenomeni legati alle attività antropiche

(edificazione sparsa, apertura di cave, ampliamento della rete viaria, coltivazioni, pascolo, bracconaggio, ecc…). ed inoltre,

eccessivo carico di bestiame ed eccessiva parcellizzazione del paesaggio.

Tutte le altre attività e fenomeni che, interni o limitrofi all’area, sviluppano la propria influenza sul sito, sono stati così

individuati:

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120

Cod. Tipo di attività

fenomeno Sulla superficie del sito Nell’area circostante

Intensità % del sito Influenza Intensità Influenza

100 Coltivazione Debole 18 - Debole -

140 Pascolo Debole 50 - Debole -

162 Piantagione artificiale Debole 5 - - -

180 Incendi Media 50 - Media -

502 Strade e autostrade Debole 2 - - -

Riguardo le informazioni ecologiche viene indicata la presenza dei seguenti 6 tipi di habitat naturali di interesse comunitario

la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, di cui all’allegato 1 della Direttiva “Habitat”

n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992:

Cod Denominazione Habitat %

copert. Rappres.

Sup.

relativa

Grado di

conserv.

Val.

globale

5332

Boscaglie termo-mediterranee e pre-

steppiche. Gariga ad Ampelodesmos

mauritanica

15 Significativa Tra 0 e

2%

Medio o

ridotto Buono

6220* Percorsi sub-steppici di graminacee e piante

annue del Thero-Brachypodietea 20 Significativa

Tra 0 e

2%

Medio o

ridotto

Signifi-

cativo

8130 Ghiaioni del mediterraneo occidentale e

termofili 2 Buona

Tra 0 e

2% Eccellente

Eccel-

lente

8214

Pareti rocciose calcaree con vegetazione

casmofitica. Comunità del sud Italia

(Dianthion rupicolae).

8 Eccellente Tra 0 e

2% Eccellente

Eccel-

lente

92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba. 5 Significativa Tra 0 e

2%

Medio o

ridotto

Signifi-

cativo

9340 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Quercus ilex e Quercus rotundifolia. 15 Eccellente

Tra 0 e

2% Buono Buono

* L’asterisco indica un tipo di habitat prioritario, tipi di habitat, cioè, che rischiano di scomparire nel territorio.

Nel formulario standard vengono inoltre indicate:

- 16 specie di uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE dei quali 8 specie migratori;

- 8 specie di uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE;

- 1 specie di rettili di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di

conservazione, elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE;

- 2 specie di piante di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di

conservazione, elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

- 13 specie di fauna ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;

- 29 specie di flora ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE.

In particolare sono indicati:

- Uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE:

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121

cod

. Nat

ura

20

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specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

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iso

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en

to

glo

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e

rip

rod

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e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A413 Alectoris graeca

whitakeri P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A255 Anthus campestris P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A091 Aquila chrysaaetos P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Eccellente

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Eccellente

A243 Calandrella

brachydactyla P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A224 Caprimulgus

europaeus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Conservazione

media o

limitata

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A084 Circus pygargus P

popolazione

non

significativa

A231 Coracias garrulus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A101 Falco biarmicus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A095 Falco naumanni P

popolazione

non

significativa

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A103 Falco peregrinus R

popolazione

non

significativa

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

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122

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A321 Ficedula albicollis P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A093 Hieraaetus fasciat P

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A246 Lullula arborea P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A242 Melanocorypha

calandra P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A073 Milvus migrans P

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

In gran parte

isolata Buono

A077 Neophron

percnopterus R

popolazione

non

significativa

Buona

conservazione

In gran parte

isolata Eccellente

- Uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

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en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A413 Alectoris graeca

whitakeri P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

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123

cod

. Nat

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20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

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e

migratoria

po

po

lazi

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e

con

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to

glo

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e

rip

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uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A255 Anthus campestris P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A091 Aquila chrysaaetos P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Eccellente

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Eccellente

A243 Calandrella

brachydactyla P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A224 Caprimulgus

europaeus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Conservazione

media o

limitata

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A084 Circus pygargus P

popolazione

non

significativa

A231 Coracias garrulus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A101 Falco biarmicus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A095 Falco naumanni P

popolazione

non

significativa

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A103 Falco peregrinus R

popolazione

non

significativa

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A321 Ficedula albicollis P popolazione

compresa

tra lo 0 e il

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

Buono

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124

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

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lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

2% distribuzione

A093 Hieraaetus fasciat P

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A246 Lullula arborea P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A242 Melanocorypha

calandra P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A073 Milvus migrans P

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

In gran parte

isolata Buono

A077 Neophron

percnopterus R

popolazione

non

significativa

Buona

conservazione

In gran parte

isolata Eccellente

- Anfibi e rettili elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

1220 Emys orbicularis (E.

orbicularis) R

popolazione

compresa tra il

15,1% e il 100%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Buono

- Piante elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

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[email protected]

[email protected]

125

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

1757 Aster sorrentinii (Tod.)

Lojac.

La specie è

rara

popolazione

compresa tra lo 0 e

il 2%

Buona

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

buono

1468 Dianthus rupicola Biv. La specie è

rara

popolazione

compresa tra lo 0 e

il 2%

Eccellente

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Eccellente

- Altre specie importanti di Flora e Fauna.

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Uccelli Buteo buteo specie rara Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Uccelli Corvus corax la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative elenco del libro rosso nazionale

Mammiferi Felis silvestris specie rara Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Mammiferi Hystrix cristata specie rara Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Mammiferi Lepus corsicanus la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Mammiferi Martes martes specie rara Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Anfibi Bufo viridis la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Anfibi Hyla intermedia (H. italica) molto rara elenco del libro rosso nazionale

Rettili Chalcides ocellatus la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Rettili Coronella austriaca la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Rettili Elaphe lineata specie rara specie endemica

Rettili Lacerta bilineata la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative elenco del libro rosso nazionale

Rettili Podarcis wagleriana la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative elenco del libro rosso nazionale

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[email protected]

[email protected]

126

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Vegetali Aceras antropophorum (L.) R. Br. specie rara Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Anacamptis pyramidalis specie comune Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Anthemis cupaniana Tod. Ex Lojac. specie rara specie endemica

Vegetali Anthirrinum siculum Mill. specie comune specie endemica

Vegetali Aster sorrentinii (Tod.) Lojac. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Anthamanta sicula L. specie rara Altri motivi

Vegetali Barlia robertiana (Loisel.) Greuter specie comune Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Celtis tournefortii Lam. molto rara Altri motivi

Vegetali Colchicum bivonae Guss. specie comune elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Erysimum ceratocarpa Ten. specie comune Altri motivi

Vegetali Iris pseudopumila Tin. specie comune Altri motivi

Vegetali Knautia calicina (C. Presl) Guss. specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Lavatera agrigentina Tineo specie rara elenco del libro rosso nazionale

Vegetali Ophrys fusca Link. specie comune Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Ophrys lunulata Parl. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Ophrys lutea Cav. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Ophrys speculum Link la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Ophrys tenthredinifera Willd. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Orchys brancifortii Biv. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Orchis italica Poiret specie comune Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Orchis laxiflora Lam. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Orchis longicornu Poiret specie comune Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Orchis papilionacea L. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

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[email protected]

[email protected]

127

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Vegetali Physospermum verticillatum (W. &

K.) Vis. specie rara Altri motivi

Vegetali Scabiosa cretica L. specie rara Altri motivi

Vegetali Serapias vomeracea (Burm.) Briq. la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Sorbus torminalis specie comune Altri motivi

Vegetali Trifolium brutium Ten. specie rara elenco del libro rosso nazionale

V.3.2.3 ITA020011 – Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea.

Le informazioni contenute nel formulario standard indicano caratteristiche del sito comprendenti la seguente ripartizione di

ambienti:

Tipi di ambiente % coperta

Corpi d’acqua interni (acque stagnanti e correnti) 4

Torbiere, stagni, paludi, vegetazione di cinta 1

Brughiere, Boscaglie, Macchia, Garighe, Friganee 5

Praterie aride, Steppe 27

Colture cerealicole estensive (incluse le colture in rotazione con maggese regolare) 3

Altri terreni agricoli 7

Foreste caducifoglie 4

Foreste di sempreverdi 15

Impianti forestali a monocoltura (inclusi pioppeti o specie esotiche) 28

Habitat rocciosi, Detriti di falda, Aree sabbiose, Nevi e ghiacci perenni) 5

Altri (inclusi abitati, strade, discariche, miniere e aree industriali 1

Totale 100

L’area del SIC include, oltre ad una vasta superficie prevalentemente boscata, anche i rilievi sovrastanti l’abitato di

Castronovo di Sicilia (Pizzo della Guardia ed il Cassero) nonché quelli di Pizzo Lupo e Pizzo San Cono; rientra nel sito anche

un tratto del fiume Platani.

Va segnalato che, a differenza di quanto indica il toponimo del SIC, l’attuale delimitazione riportata nella scheda ufficiale,

esclude invece il Gurgo di S. Andrea (Lercara Friddi), localizzato, appunto, ai margini esterni dell’area. Considerato che è

questo un biotopo di rilevante interesse naturalistico, più volte citato nella letteratura geobotanica, per la presenza di

alcune specie vegetali di rilevante interesse fitogeografico (Nepeta tuberosa, Utricularia australis, ecc..), l’estensore del

formulario standard auspica una corretta ridelimitazione del SIC, che preveda, appunto, l’inclusione della stessa area

all’interno del SIC.

Si rileva, comunque, che le attività e le previsioni del PRG di Cammarata, non possono espletare nessuna influenza sul sito

del Gurgo di Sant’Andrea, per la notevole distanza che lo separa dai confini comunali di Cammarata (oltre i 3 km).

L’elevata eterogeneità ambientale diversifica un paesaggio vegetale assai articolato e vario, nel cui ambito si rilevano le

unità seriali dell’olivastro (Oleo-Euphorbio dendroidis sigmetum), del leccio (Aceri campestris-Querco ilicis sigmetum), della

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128

quercia castagnara (Oleo-Querco virgilianae sigmetum) e del Salice pedicellato (Ulmo-Salico pedicellatae sigmetum). Alle

succitate serie sono altresì da aggiungere le microgeoserie legate a condizioni edafiche particolari, come nel caso delle

pareti rocciose, delle aree detritiche, delle pozze d’acqua, ecc.

La qualità ed importanza, soprattutto per la sua designazione quale SIC, sono individuate nel fatto che trattasi di un’area di

rilevante pregio naturalistico-ambientale e paesaggistico. Nel formulario stesso sono indicate alcune entità vegetali la cui

presenza nel territorio è ritenuta di rilevante interesse fitogeografico. Il sito, inoltre, presenta una fauna comprendente

specie di vertebrati rare e/o minacciate.

La vulnerabilità del sito è messa in relazione soprattutto con gli incendi e la caccia.

è valutata media rispetto al rischi d’incendio.

Tutte le altre attività e fenomeni che, interni o limitrofi all’area, sviluppano la propria influenza sul sito, sono stati così

individuati:

Cod. Tipo di attività fenomeno Sulla superficie del sito Nell’area circostante

Intensità % del sito Influenza Intensità Influenza

100 Coltivazione Debole 5 Negativa Forte Negativa

110 Uso dei pesticidi Debole 1 Negativa Media Negativa

140 Pascolo Media 80 Neutra Media Neutra

162 Piantagione artificiale Media 60 Negativa Media Neutra

165 Pulizia sottobosco Media 50 Negativa Debole Negativa

180 Incendi Media 80 Negativa Media Negativa

230 Caccia Media 50 Negativa

403 Abitazioni disperse Media 5 Negativa

501 Sentieri, piste e piste ciclabili Debole 8 Negativa

502 Strade e autostrade Media 1 Negativa

623 Veicoli motorizzati Media 1 Negativa

710 Disturbi sonori Debole 3 Negativa

890

Altre modifiche nelle

condizioni idrauliche indotte

dall’uomo

Debole 1 Negativa

900 Erosione Media 5 Negativa - -

Nessuna indicazione, neanche in forma generale, è riportata in merito alle linee guida di gestione del sito.

Riguardo le informazioni ecologiche, viene indicata la presenza dei seguenti 12 tipi di habitat naturali di interesse

comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, di cui all’allegato 1 della

Direttiva “Habitat” n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992:

Cod Denominazione Habitat %

cop. Rappres.

Sup.

relativa

Grado di

conserv. Val. globale

3170* Stagni temporanei mediterranei 1 Non

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129

Cod Denominazione Habitat %

cop. Rappres.

Sup.

relativa

Grado di

conserv. Val. globale

significativa

3290 Fiumi mediterranei a flusso intermittente con il

Paspalo-Agrostidion. 3 Significativa

Tra 0 e

2% Buono Buono

5230* Matorral arborescenti di Laurus nobilis 1 Non

signficativa

5331 Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche.

Formazioni ad Euphorbia dendroides 2

Non

significativa

5332 Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche.

Gariga ad Ampelodesmos mauritanica 20 Buona

Tra 0 e

2% Buono Buono

6220* Percorsi sub-steppici di graminacee e piante

annue del Thero-Brachypodietea 10 Buona

Tra 0 e

2% Buono Buono

6310 Dehesas con Quercus spp. Sempreverde 3 Significativa Tra 0 e

2% Buono Significativo

8130 Ghiaioni del mediterraneo occidentale e

termofili 2

Non

significativa

8214

Pareti rocciose calcaree con vegetazione

casmofitica. Comunità del sud Italia (Dianthion

rupicolae).

3 Significativa Tra 0 e

2% Buono Buono

92AO Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba 3 Significativa Tra 0 e

2%

9320 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Olea e Ceratonia. 1

Non

significativa

9340 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Quercus ilex e Quercus rtundifolia. 20 Buona

Tra 0 e

2% Buono Buono

* L’asterisco indica un tipo di habitat prioritario; tipo di habitat che rischia di scomparire nel territorio.

Nel formulario standard vengono inoltre indicate:

- 10 specie di uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE dei quali 5 specie migratori;

- 5 specie di uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE;

- 1 specie di piante di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di

conservazione, elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

- 8 specie di fauna ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;

- 53 specie di flora ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE.

In particolare sono indicati:

- Uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE:

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130

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A413 Alectoris graeca

whitakeri P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A255 Anthus campestris P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A243 Calandrella

brachydactyla P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A231 Coracias garrulus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A101 Falco biarmicus P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A103 Falco peregrinus R

popolazione

compresa

tra il 2,1% e

il 15%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A093 Hieraaetus fasciatus P

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A246 Lullula arborea P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

A242 Melanocorypha

calandra P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

Buono

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131

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A073 Milvus migrans P

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

In gran parte

isolata Buono

- Uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A247 Alauda arvensis P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Conservazione

media o

limitata

popolazione

compresa tra il

15,1% e il 100%

Buono

A113 Coturnix coturnix P

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Conservazione

media o

limitata

popolazione

compresa tra il

15,1% e il 100%

Buono

A341 Lanius senator P

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Conservazione

media o

limitata

popolazione

compresa tra il

2,1% e il 15%

Buono

A278 Oenathe hispanica P

Popolazione

non

significativa

A210 Streptopelia turtur P

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Conservazione

media o

limitata

popolazione

compresa tra il

2,1% e il 15%

Buono

- Piante elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

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132

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

1790 Leontodon siculus la specie è

comune

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Buona

Non isolata

all'interno di una

vasta fascia di

distribuzione

buono

- Altre specie importanti di Flora e Fauna.

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Mammiferi Hystrix cristata specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Mammiferi Lepus corsicanus

la specie è presente nel sito ma

non si hanno informazioni

quantitative

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Rettili Chalcides ocellatus

la specie è presente nel sito ma

non si hanno informazioni

quantitative

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Rettili Elaphe lineata specie rara specie endemica

Rettili Lacerta bilineata

la specie è presente nel sito ma

non si hanno informazioni

quantitative

elenco del Libro rosso Nazionale

Rettili Podarcis wagleriana

la specie è presente nel sito ma

non si hanno informazioni

quantitative

elenco del Libro rosso Nazionale

Invertebrati Colias crocea la specie è comune elenco del Libro rosso Nazionale

Invertebrati Pamphagus marmoratus la specie è comune elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Aceras antropophorum

(L.) R. Br. specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Anacamptis pyramidalis specie rara altri motivi

Vegetali Anthemis cupaniana Tod.

Ex Lojac. specie molto rara specie endemica

Vegetali Anthirrinum siculum Mill. specie rara specie endemica

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133

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Vegetali Anthyllis vulneraria

subsp busambarensis specie molto rara elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Barlia robertiana (Loisel.)

Greuter la specie è comune specie endemica

Vegetali Bellevalia dubia subsp.

dubia la specie è comune specie endemica

Vegetali Biscutella maritima la specie è comune specie endemica

Vegetali Bivonaea lutea la specie è comune elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Brassica rupestris specie rara elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Carlina sicula specie rara specie endemica

Vegetali Centaurea solstitialis

subsp. schouwii specie rara specie endemica

Vegetali Clypeola jonthlaspi specie rara altri motivi

Vegetali Crocus longiflorus la specie è comune specie endemica

Vegetali Cyclamen hederifolium la specie è comune Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Cyclamen repandum la specie è comune Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Dicranella howei

la specie è presente nel sito ma

non si hanno informazioni

quantitative

elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Euphorbia dendroides la specie è comune Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Euphorbia ceratocarpa la specie è comune specie endemica

Vegetali Himantoglossum

hircinum specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Iris pseudopumila specie rara elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Lathyrus odoratus specie rara specie endemica

Vegetali Micromeria fruticulosa la specie è comune specie endemica

Vegetali Neotinea maculata specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Nepeta tuberosa specie molto rara elenco del Libro rosso Nazionale

Vegetali Odontites bocconei specie rara specie endemica

Vegetali Ophrys apifera specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys bertolonii specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

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134

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

biodiversità)

Vegetali Ophrys bombyliflora specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys exaltata specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys fusca specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys garganica specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys incubacea specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys lutea subsp.

Lutea specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys lutea subsp.

minor specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys sphegodes specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys tenthredinifera specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Ophrys vernixia subsp.

vernixia specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Orchis brancifortii specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Orchis italica la specie è comune Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Orchis lactea specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Orchis longicornu specie rara Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Orchis papilionacea var.

grandiflora specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Orchis tridentata (incl.

Orchis commutata) specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Polygala preslii specie rara specie endemica

Vegetali Polygonum amphibium specie molto rara altri motivi

Vegetali Ranunculus trichophyllus specie rara altri motivi

Vegetali Ruscus aculeatus la specie è comune Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

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135

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

biodiversità)

Vegetali Senecio siculus specie rara specie endemica

Vegetali Serapias vomeracea

subsp. longipetala specie rara

Convenzioni internazionali (Berna, Bonn

biodiversità)

Vegetali Thalictrum calabricum la specie è comune specie endemica

Vegetali Thymus spinulosus specie rara specie endemica

Vegetali Vicia sicula specie rara elenco del Libro rosso Nazionale

V.3.2.4 ITA040011 – La Montagnola e Acqua Fitusa.

Le informazioni contenute nel formulario standard indicano caratteristiche del sito comprendenti la seguente ripartizione di

ambienti:

Tipi di ambiente % coperta

Corpi d’acqua interni (acque stagnanti e correnti) 1

Praterie aride, Steppe 9

Colture cerealicole estensive (incluse le colture in rotazione con maggese regolare) 20

Foreste caducifoglie 10

Foreste di sempreverdi 21

Arborei (inclusi frutteti, vivai, vigneti e dehesas) 25

Habitat rocciosi, Detriti di falda, Aree sabbiose, Nevi e ghiacci perenni) 1

Altri (inclusi abitati, strade, discariche, miniere e aree industriali 13

Totale 100

Il sito riveste la sua importanza in quanto sede di una flora vascolare rappresentata da circa 700 specie, delle quali molte

incluse nelle liste rosse. Sotto il profilo vegetazionale si riscontrano in esso boscaglie aperte a Quercus virgiliana, aspetti di

macchia, ampelodesmeti, comunità rupicole e dei detriti, oltre a limitate praterie igrofile e canneti (sorgente Acqua Fitusa).

Larga incidenza hanno le colture agrarie.

La vulnerabilità del sito è messa in relazione soprattutto con gli incendi e la caccia. E’ valutata media rispetto al rischi

d’incendio.

Tutte le altre attività e fenomeni che, interni o limitrofi all’area, sviluppano la propria influenza sul sito, sono stati così

individuati:

Cod. Tipo di attività fenomeno Sulla superficie del sito Nell’area circostante

Intensità % del sito Influenza Intensità Influenza

100 Coltivazione Debole 45 Negativa

140 Pascolo Debole 20 Negativa

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136

Cod. Tipo di attività fenomeno Sulla superficie del sito Nell’area circostante

180 Incendi Media 20 Negativa

301 Cave Forte 3 Negativa

402 Urbanizzazione discontinua Media 6 Negativa

Nessuna indicazione, neanche in forma generale, è riportata in merito alle linee guida di gestione del sito.

Riguardo le informazioni ecologiche, viene indicata la presenza dei seguenti 12 tipi di habitat naturali di interesse

comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, di cui all’allegato 1 della

Direttiva “Habitat” n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992:

Cod. Denominazione Habitat %

cop. Rappres.

Sup.

relativa

Grado di

conserv. Val. globale

3280

Acque correnti. Fiumi mediterranei a flusso

permanente con il Paspalo-Agrostidion e

con filari ripari di Salix e Populus alba.

3 Buona Tra 0 e

2% Buono Buono

5331

Boscaglie termo-mediterranee e pre-

steppiche. Formazioni ad Euphorbia

dendroides

5 Significativa Tra 0 e

2%

Media o

ridotta Significativo

5332

Boscaglie termo-mediterranee e pre-

steppiche. Gariga ad Ampelodesmos

mauritanica

10 Significativa Tra 0 e

2% Buono Buono

6220* Percorsi sub-steppici di graminacee e

piante annue del Thero-Brachypodietea 15 Significativa

Tra 0 e

2% Significativa Significativo

8130 Ghiaioni del mediterraneo occidentale e

termofili 5 Eccellente

Tra 0 e

2% Eccellente Eccellente

8214

Pareti rocciose calcaree con vegetazione

casmofitica. Comunità del sud Italia

(Dianthion rupicolae).

5 Eccellente Tra 0 e

2% Eccellente Eccellente

9320 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Olea e Ceratonia. 5 Significativa

Tra 0 e

2%

Media o

ridotta Significativo

9340 Foreste sclerofille mediterranee. Foreste di

Quercus ilex e Quercus rtundifolia. 7 Buona

Tra 0 e

2% Significativa Buono

* L’asterisco indica un tipo di habitat prioritario; tipo di habitat che rischia di scomparire nel territorio.

Nel formulario standard vengono inoltre indicate:

- 7 specie di uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE dei quali 5 specie migratori;

- 4 specie di uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE;

- 3 specie di mammiferi elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

- 1 specie di rettili elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

- 1 specie di piante di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di

conservazione, elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

- 5 specie di fauna ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;

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137

- 10 specie di flora ritenuta importante ancorché non inclusa negli allegati alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE.

In particolare sono indicati:

- Uccelli elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE:

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A413 Alectoris graeca whitakeri R

popolazione

compresa

tra il 15,1% e

il 100%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

A243 Calandrella brachydactyla P

popolazione

non

significativa

A231 Coracias garrulus P

popolazione

non

significativa

A095 Falco naumanni R

popolazione

compresa

tra il 2,1% e

il 15%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

A103 Falco peregrinus R

popolazione

compresa

tra il 2,1% e

il 15%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

A246 Lullula arborea P

popolazione

compresa

tra il 2,1% e

il 15%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

A244 Melanocorypha calandra R

popolazione

compresa

tra il 2,1% e

il 15%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area

di distribuzione

Buono

- Uccelli migratori abituali non elencati nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

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138

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

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serv

azio

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iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

A297 Acrocephalus scirpaceus P popolazione non significativa

A241 Lanius senator P popolazione non significativa

A210 Streptopelia turtur P popolazione non significativa

A232 Upupa epops P popolazione non significativa

- Mammiferi elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

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iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

1324 Myotis myotis P

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Buono

1310 Miniopterus schreibersi P

popolazione

compresa tra

lo 0 e il 2%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Buono

1302 Rhinolophus mehelyi P

popolazione

non

significativa

- Anfibi e rettili elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

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139

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

stan

zial

e

migratoria

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

rip

rod

uzi

on

e

sve

rnam

en

to

staz

ion

ame

nto

1220

Emys trinacris (E.

orbicularis) R

popolazione

compresa tra il

15,1% e il 100%

Buona

conservazione

Non isolata ma ai

margini dell'area di

distribuzione

Buono

- Piante elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE.

cod

. Nat

ura

20

00

specie

popolazione valutazione sito

po

po

lazi

on

e

con

serv

azio

ne

iso

lam

en

to

glo

bal

e

1468 Dianthus rupicola P

popolazione

compresa

tra lo 0 e il

2%

Buona

conservazione

Non isolata

all'interno di

una vasta fascia

di distribuzione

Buono

- Altre specie importanti di Flora e Fauna.

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Uccelli Corvus corax la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

elenco del Libro rosso

Nazionale

Mammiferi Felis silvestris specie rara elenco del Libro rosso

Nazionale

Mammiferi Hystrix cristata specie rara elenco del Libro rosso

Nazionale

Rettili Lacerta bilineata specie rara elenco del Libro rosso

Nazionale

Rettili Podarcis wagleriana specie rara elenco del Libro rosso

Nazionale

Vegetali Biscutella maritima la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative altri motivi

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140

cod.

Natura

2000

specie popolazione motivazione

Vegetali Euphorbia amygdaloides subsp.

arbuscula

la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative altri motivi

Vegetali Euphorbia ceratocarpa la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative specie endemica

Vegetali Helictotrichon convolutum la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative altri motivi

Vegetali Iris pseudopumila la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative specie endemica

Vegetali Lomelosia cretica la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative altri motivi

Vegetali Odontites bocconei la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative specie endemica

Vegetali Orchis branciforti la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative

Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn biodiversità)

Vegetali Orchis commutata la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative specie endemica

Vegetali Silene sicula la specie è presente nel sito ma non

si hanno informazioni quantitative altri motivi

V.3.3 Tipi di habitat rilevati a seguito degli studi fitosociologici e floristici effettuati e discrepanze con i dati dei formulari standard.

In seguito agli studi svolti ed alle verifiche fitosociologiche e floristiche di campo effettuate nel periodo Aprile-

Dicembre 2007, sono stati individuati 10 diversi tipi di habitat fra quelli elencati nell’allegato I della Direttiva

Habitat. Sono emerse, peraltro, alcune differenze rispetto ai dati riportati nei formulari standard, che vanno

subito evidenziate.

Preliminarmente, comunque, si deve porre in rilievo il fatto che gli studi floristici e fitosociologici effettuati

hanno interessato la totalità della superficie dei SIC ITA 040005 Monte Cammarata – Contrada Salaci e ITA

040011 La Montagnola – Acqua Fitusa, in quanto entrambi interamente ricadenti entro l’area di influenza del

Piano Regolatore di Cammarata, così come precedentemente individuata, mentre per quel che riguarda i SIC

ITA040007 Pizzo della Rondine – Santo Stefano Quisquina e ITA020011 Rocche di Castronuovo – Pizzo Lupo –

Gurghi di S. Andrea, gli studi hanno interessato soltanto la fascia della loro superficie, approssimativamente

larga 300 metri, posta lungo i confini comunali di Cammarata, che si ritiene essere quella entro la quale il PRG

di Cammarata possa espletare la sua influenza sugli habitat e sulle specie tutelate.

Pertanto, le risultanze della tabella che segue, la quale riporta, in merito alla tipologia degli habitat comunitari

presenti all’interno dei 4 SIC, il confronto tra la situazione rilevata dai formulari standard e quella

effettivamente rilevata in campo, sono riferite alla totalità della superficie dei SIC ITA 040005 Monte

Cammarata – Contrada Salaci e ITA 040011 La Montagnola – Acqua Fitusa, mentre per quel che riguarda i SIC

ITA040007 Pizzo della Rondine – Santo Stefano Quisquina e ITA020011 Rocche di Castronuovo – Pizzo Lupo –

Gurghi di S. Andrea, tali risultanze sono riferite ad una superficie, rispettivamente, di Ha 789 (dei quali 588

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141

ricadenti entro il territorio di Cammarata ed Ha 200 ricadenti entro la fascia dei 300 metri) e di Ha 259 (dei

quali Ha 122 ricadenti entro il territorio di Cammarata ed Ha 137 ricadenti entro la fascia di 300 metri).

Cla

sse

sottoclasse

Co

dic

e N

atu

ra 2

00

0

Denominazione italiana

dell'habitat

DAI FORMULARI

STANDARD DAI RILIEVI DI CAMPO

ITA

04

00

05

Mo

nte

Cam

mar

ata

- C

.da

Sala

ci

ITA

04

00

07

- P

izzo

del

la R

on

din

e B

osc

o d

i

San

to S

tefa

no

Qu

isq

uin

a

ITA

02

00

11

Ro

cch

e d

i Cas

tro

no

vo, P

izzo

Lup

o, G

urg

hi d

i S. A

nd

rea

ITA

04

00

11

- L

a M

on

tagn

ola

e A

cqu

a Fi

tusa

ITA

04

00

05

Mo

nte

Cam

mar

ata

- C

.da

Sala

ci

ITA

04

00

07

- P

izzo

del

la R

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din

e B

osc

o d

i

San

to S

tefa

no

Qu

isq

uin

a

ITA

02

00

11

Ro

cch

e d

i Cas

tro

no

vo, P

izzo

Lup

o, G

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hi d

i S. A

nd

rea

ITA

04

00

11

- L

a M

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tagn

ola

e A

cqu

a Fi

tusa

HA

BIT

AT

D'A

CQ

UA

DO

LCE

Acque stagnanti 3170* Stagni temporanei

mediterranei x

Acque correnti 3280

Fiumi mediterranei a

flusso permanente con il

Paspalo-Agrostidion e con

filari ripari di Salix e

Populus alba.

x x x x

Acque correnti 3290

Fiumi mediterranei a

flusso intermittente con il

Paspalo-Agrostidion.

x x x

MA

CC

HIE

E B

OSC

AG

LIE

DI

SCLE

RO

FILL

E (M

ATO

RR

AL)

Matorral

arborescenti

mediterranei

5230* Matorral arborescenti di

Laurus nobilis x

Boscaglie termo-

mediterranee e

pre-steppiche

5331 Formazioni ad Euphorbia

dendroides x x x x

5332

Boscaglie termo-

mediterranee e pre-

steppiche. Gariga ad

Ampelodesmos

mauritanica

x x x x x x

FOR

MA

ZIO

NI E

RB

OSE

NA

TUR

ALI

E S

EMIN

ATU

RA

-LI Formazioni

erbose secche

seminaturali e

facies coperte da

cespugli

6220*

Percorsi sub-steppici di

graminacee e piante

annue del Thero-

Brachypodietea

x x x x x x x

Boschi di

sclerofille

utilizzati come

terreni di pascolo

6310 Dehesas con Quercus spp.

sempreverde x

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142

Cla

sse

sottoclasse C

od

ice

Nat

ura

20

00

Denominazione italiana

dell'habitat

DAI FORMULARI

STANDARD DAI RILIEVI DI CAMPO

ITA

04

00

05

Mo

nte

Cam

mar

ata

- C

.da

Sala

ci

ITA

04

00

07

- P

izzo

del

la R

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din

e B

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i

San

to S

tefa

no

Qu

isq

uin

a

ITA

02

00

11

Ro

cch

e d

i Cas

tro

no

vo, P

izzo

Lup

o, G

urg

hi d

i S. A

nd

rea

ITA

04

00

11

- L

a M

on

tagn

ola

e A

cqu

a Fi

tusa

ITA

04

00

05

Mo

nte

Cam

mar

ata

- C

.da

Sala

ci

ITA

04

00

07

- P

izzo

del

la R

on

din

e B

osc

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i

San

to S

tefa

no

Qu

isq

uin

a

ITA

02

00

11

Ro

cch

e d

i Cas

tro

no

vo, P

izzo

Lup

o, G

urg

hi d

i S. A

nd

rea

ITA

04

00

11

- L

a M

on

tagn

ola

e A

cqu

a Fi

tusa

(dehesas)

HA

BIT

AT

RO

CC

IOSI

E

GR

OTT

E

Ghiaioni 8130 Ghiaioni del mediterraneo

occidentale e termofili x x x x

Pareti rocciose

con vegetazione

casmofitica

8214

Pareti rocciose calcaree

con vegetazione

casmofitica. Comunità del

sud Italia (Dianthion

rupicolae).

x x x x x x x

FOR

ESTE

Foreste

dell'Europa

temperata

91H0* Boschi pannonici di

Quercus pubescens x x

Foreste

mediterranee

caducifoglie

92A0 Foreste a galleria di Salix

alba e Populus alba x x

Foreste

sclerofille

mediterranee

9320 Foreste di Olea e

Ceratonia. x x

9340 Foreste di Quercus ilex e

Quercus rotundifolia. x x x x x

Dalla lettura della tabella emergono alcune differenze od incongruenze, riguardanti il fatto che alcuni habitat

indicati nei formulari standard non sono stati effettivamente rilevati, mentre altri, rilevati in campo, non

risultano essere indicati nel formulari.

Si deve tener presente, comunque, che quest’ultima tesi, mentre è da ritenere senz’altro riscontrata dai rilievi

di campo per i siti ITA 040005 Monte Cammarata – C.da Salaci e ITA 040011 La Montagnola - Acqua Fitusa,

manca dell’effettivo e completo riscontro relativamente ai siti ITA 040007 Pizzo della Rondine – Bosco di Santo

Stefano Quisquina e ITA 020011 – Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea, in quanto su di essi

gli studi sono stati condotti solo su una porzione della loro superficie.

Si mette in rilievo, in particolare, la presenza, nei due siti ITA040005 e ITA040007 dell’habitat 91H0* - Boschi

pannonici di Quercus pubescens, non segnalata nei rispettivi formulari standard.

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143

Tale habitat è stato individuato nelle formazioni vegetali riconducibili alla tipologia dei boschi di querce

caducifoglie termofile dominate dalla presenza della roverella (Quercus pubescens).

In verità non poco ci siamo dibattuti nel dubbio se considerare tali formazioni vegetali quali sede di

quell’habitat 91H0* che l’allegato I della Direttiva 92/43/CEE definisce come “Boschi pannonici di Quercus

pubescens. Una lettura attenta del documento “Interpretation manual of european union habitats” infatti,

porterebbe ad un diverso orientamento. Il riferimento che il manuale fa, in merito all’habitat 91H0*, alla classe

degli habitat corrispondenti con le foreste dell’Europa temperata (sottoclasse 91) e non a quelli delle foreste

caducifoglie mediterranee (sottoclasse 92); la definizione stessa (“boschi pannonici”); la connessione con il

piano Pannonico; la descrizione generale della vegetazione; le specie vegetali presenti; le motivazioni in merito

alle esigenze di tutela, sono tutti elementi che starebbero ad individuare un tipo di bosco, e quindi un habitat,

ben diverso da quello che è il bosco tipicamente mediterraneo, termofilo, di querce caducifoglie dominate da

Quercus pubescens. Tuttavia il Manuale per la gestione dei siti Natura 2000, edito dal nostro Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, annovera, fra gli habitat determinanti la tipologia dei siti a

dominanza di querceti mediterranei, proprio l’habitat 91H0*, che definisce “Querceti xerofili dominati da

Quercus pubescens”. A quest’ultima indicazione, perciò, ci siamo riferiti, malgrado qualche perplessità,

allorquando abbiamo ascritto, nella nostra analisi, le formazioni vegetali riconducibili alla tipologia dei boschi di

querce caducifoglie termofile dominate da Quercus pubescens, al tipo di habitat prioritario 91H0*, descritto nel

documento “Interpretation manual of european union habitats”.

I risultati delle indagini floristiche e vegetazionali eseguite hanno trovato il loro utilizzo dapprima nella

produzione della Carta d’uso del suolo e del paesaggio vegetale e poi nella Carta degli Habitat in scala 1:10.000,

sulla quale sono state rappresentati e localizzati gli habitat elencati nell’allegato I della Direttiva 92/43/CEE,

riscontrati sul territorio in esame.

La carta è stata derivata per elaborazione della copertura del suolo in Corine Land Cover , secondo uno schema

di corrispondenza tra le classi d’uso del suolo e il tipo di habitat che riflette quello riportato nella tabella che

segue:

CLASSI D’USO DELSUOLO TIPOLOGIA DI HABITAT COMUNITARIO

cod

ice

Co

rin

e

clas

se u

so d

el s

uo

lo

Denominazione classe di uso del suolo

cod

ice

Nat

ura

20

00

Denominazione italiana

dell'habitat

1.1.1 ZONE RESIDENZIALI A TESSUTO CONTINUO

1.1.2 ZONE RESIDENZIALI A TESSUTO DISCONTINUO E RADO

1.1.2.3 AZIENDE AGRICOLE, CASALI E CASCINE

1.2 ZONE INDUSTRIALI, COMMERCIALI ED

INFRASTRUTTURALI

1.2.2.1.1 Ferrovie ad un binario

1.2.2.1.4 Stazioni ferroviarie

1.3.1 AREE ESTRATTIVE

1.4.1 AREE VERDI URBANE

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144

CLASSI D’USO DELSUOLO TIPOLOGIA DI HABITAT COMUNITARIO

cod

ice

Co

rin

e

clas

se u

so d

el s

uo

lo

Denominazione classe di uso del suolo

cod

ice

Nat

ura

20

00

Denominazione italiana

dell'habitat

1.4.2 AREE RICREATIVE E SPORTIVE

2.1.1.2.1

Seminativi semplici. Terreni soggetti alla coltivazione

erbacea estensiva di cereali, leguminose e colture

orticole in campo

2.1.1.2.2 Seminativi arborati

2.2.2 FRUTTETI

2.2.3 OLIVETI

2.2.3.1 Colture permanenti miste con prevalenza di oliveti

2.2.4.3 Eucalitteti. Comprendono impianti di eucalitti

(Eucalyptus sp.pl.) a uso produttivo e per alberature.

2.4.2 SISTEMI COLTURALI E PARTICELLARI COMPLESSI

3.1.1.1.3 Lecceta a roverella. 9340 Foreste di Quercus ilex e

Quercus rotundifolia.

3.1.1.2.2 Querceti di roverella 91H0* Boschi pannonici di Quercus

pubescens

3.1.1.3.7 Boschi artificiali di orniello (Fraxinus ornus)

3.1.1.6.3 Pioppo-olmeti ripariali 3280

Fiumi mediterranei a flusso

permanente con il Paspalo-

Agrostidion e con filari ripari di

Salix e Populus alba.

3.1.1.6.6

Bosco di latifoglie igrofile in cui prevale Ulmus minor,

associato a Fraxinus oxycarpa Bieb. e ad altre latifoglie

introdotte artificialmente, quali Acer pseudoplatanus L:,

Acer campestre, Fraxinus ornus L., Quercus puibescens.

3.1.2.1.1 Boschi di pino d’Aleppo

3.1.2.1.3 Rimboschimenti di pino domestico

3.1.2.1.4 Boschi di cipresso.

3.1.2.1.5 Boschi di pino nero, laricio, silvestre, loricato

3.1.2.2.1 Rimboschimenti di pino nero

3.1.2.5.2 Rimboschimenti di douglasia o cedri

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145

CLASSI D’USO DELSUOLO TIPOLOGIA DI HABITAT COMUNITARIO

cod

ice

Co

rin

e

clas

se u

so d

el s

uo

lo

Denominazione classe di uso del suolo

cod

ice

Nat

ura

20

00

Denominazione italiana

dell'habitat

3.1.2.6.1 Boschi misti a Cedrus atlantica, Pinus halepensis e

Cupressus sempervirens.

3.1.2.6.2 Boschi misti a Pinus halepensis e Cupressus

sempervirens.

3.1.2.6.3 Boschi misti a Cedrus atlantica e Pinus nigra.

3.2.1.4.1

Prateria ad Ampelodesmus mauritanicus con Avenula

cincinnata, Bituminaria bituminosa, Helictotrichon

convolutum, Foeniculum vulgare subsp. piperitum,

ecc…

5332

Boscaglie termo-mediterranee

e pre-steppiche. Gariga ad

Ampelodesmos mauritanica

3.2.1.4.2

Prateria mesofita. Formazione prevalentemente di

natura erbacea dominate principalmente da alcune

graminacee: Avena spp., Bromus spp, Lolium spp. ,

Brachypodium sp. pl. e con la presenza di specie quali

Asphodelus microcarpus, Ferula communis, Thapsia

garganica, ecc…

6220*

Percorsi sub-steppici di

graminacee e piante annue del

Thero-Brachypodietea

3.2.3.2.4

Nuclei di macchia mediterranea appartenenti all’Oleo

sylvestris-Euphorbietum dendroidis il cui strato arboreo

è costituito in prevalenza da Euphorbia dendroides,

Ceratonia siliqua, Olea europaea var. sylvestris,

Phyllirea latifolia, Pistacia terebinthus, Rhamnus

alaternus.

5331 Formazioni ad Euphorbia

dendroides

3.2.3.2.5

Gariga ad Euphorbia dendroides. Il ruolo strutturale

principale è svolto da Euphorbia dendroides L. con

Calycotome villosa, Artemisia arborescens L., Phillyrea

latifolia L., Quercus ilex L., Quercus pubescens L., Pyrus

amigdaliformis.

5331 Formazioni ad Euphorbia

dendroides

3.3.2 Rocce nude, falesie, rupi e affioramenti

3.3.3.2

Aree caratterizzate da una vegetazione estremamente

povera per via delle scarse condizioni pedo-

morfologiche che si verificano su suoli poco evoluti, con

roccia affiorante e pendenza elevata. La vegetazione è

riferibile alla classe Thlaspietea rotundifolii. Le specie

più espressive sono Arrhenatherum eliatus subsp.

erianthum, Asperula ristata subsp. scabra, Bunium

bulbocastanum, Cetranthus ruber, Helictotrhon

canvolutum, Rumex scutatus, Silene sicula. Fra gli

8130 Ghiaioni del mediterraneo

occidentale e termofili

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146

CLASSI D’USO DELSUOLO TIPOLOGIA DI HABITAT COMUNITARIO

cod

ice

Co

rin

e

clas

se u

so d

el s

uo

lo

Denominazione classe di uso del suolo

cod

ice

Nat

ura

20

00

Denominazione italiana

dell'habitat

arbusti si annoverano Asparagus acutifolius, Clematis

cirrhosa, Crataegus laciniata, Prunus spinosa.

3.3.3.3

Vegetazione delle aree calanchive costituita da specie

pioniere riferibili all’associazione dell’ordine Thero-

Brachypodietalia ramosi. Prevale Aster sorrentini con

Podospermum canum, Diplotaxis erucoides, var.

hispidula, Centaurium pulchellum.

3.3.3.4

Vegetazione rupestre con carattere termofilo.

Associazione del Dianthion rupicolae caratterizzata da

alcuni endemiti siculi quali Dianthus rupicole, Antemis

cupaniana, Centaurea busambarensis, Helychrysum

pendulum, ai quali si associano Silene sicula, Iberis

semperflorens, Anthirrinum siculum, Dianthus sylvestris

subsp. garganicus, ecc…

8214

Pareti rocciose calcaree con

vegetazione casmofitica.

Comunità del sud Italia

(Dianthion rupicolae).

5.1.1.1 Fiumi 3280

Fiumi mediterranei a flusso

permanente con il Paspalo-

Agrostidion e con filari ripari di

Salix e Populus alba.

5.1.1.2 Torrenti 3290

Fiumi mediterranei a flusso

intermittente con il Paspalo-

Agrostidion.

5.1.2.2 Laghi artificiali

V.3.4 Osservazioni ai dati dei formulari standard.

Una incongruenza da rilevare è quella relativa alla mancata inclusione del bosco e del pantano di contrada

Salaci entro il perimetro del SIC ITA040005 Monte Cammarata – Contrada Salaci, come il nome stesso dato al

SIC farebbe pensare.

E’ questa un’area estesa nel complesso circa 15 ettari che, da un punto di vista morfologico, può essere distinta

in due parti, di cui la prima è costituita da un costone esposto a Nord, piuttosto acclive ed interessato da un

bosco in stadio climacico a presenza prevalente di leccio e roverella, e la seconda, del tutto pianeggiante, è in

parte occupata da una palude (“pantano”), che trovasi proprio ai piedi dell’acclività e quindi del bosco.

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147

Sia il bosco che il “pantano” ospitano una folta vegetazione costituita da specie arboree, arbustive ed erbacee

di elevato interesse naturalistico, fitosociologico e fitogeografico, come attestato, tra l’altro, da uno studio

botanico condotto sul luogo dal Prof. F.M. Raimondo ed altri dell'Università degli Studi di Palermo16.

Il bosco, che presenta evidenti aspetti climacici, è interessato da formazioni vegetali riconducibili alla tipologia

dei boschi di querce caducifoglie termofile dominate dalla presenza della roverella (Quercus pubescens Willd),

nella parte più bassa, o alla tipologia dei boschi a prevalenza di leccio (Quercus ilex L.), nella parte sommitale

del fondo.

Folto è l’elenco delle specie vegetali che popolano questo bosco oltre alle due specie fisionomizzanti: Fraxinus

ornus L., Sorbus torminalis (L.) Grantz, Phyllirea latifolia L., Arbutus unedo L., Rubus ulmifolius Schott., Prunus

spinosa L., Ruscus aculeatus L., Ampelodesmos mauritanicus (Poiret) Dur. Et Sch., Rosa sempervirens L., Pistacia

terebintus L., Allium subhirsutum L., per citarne solo alcune.

In tutta la zona prossima al “pantano”, un’area in depressione ove la falda acquifera affiorante determina la

presenza di uno specchio d’acqua perenne, si sviluppa, invece, una ricca vegetazione di tipo igrofilo e palustre.

Significativa è la presenza di Populus canescens (Aiton) Sm., un ibrido di cui sono note pochissime stazioni in

Sicilia e nell’intera penisola italiana. Oltre a questa specie si rileva la presenza, in questa zona, di tantissime

altre specie igrofile, fra le quali si possono citare: varie specie del genere Salix ( Salix alba ssp. alba L., Salix

capreae L., Salix purpurea L.), Populus nigra L., Galium palustre L., Epilobium hirsutum L., Mentha aquatica L.,

Juncus articulatus L., Juncus inflexus L..

La grande varietà di piante spontanee che è possibile rilevare sul “fondo Salaci”, fa di esso un sito di estremo

interesse naturalistico, capace di assurgere, pur nella sua modesta estensione, a riserva biogenetica.

Come è facile intuire, questo sito ospita anche un notevole numero di specie animali. Vi si possono scoprire

varie specie di uccelli, di specie acquatiche, di rettili, di mammiferi, ecc…

E’ auspicabile, per il futuro, che una nuova riperimetrazione del SIC, possa includervi il fondo di contrada Salaci.

In ogni caso và rilevato che il sito in questione gode attualmente di un sicuro e completo regime di tutela,

essendo ricompreso all’interno della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata. E comunque, per porre

nel giusto risalto il pregio botanico e la vulnerabilità di questo sito, ai fini del presente studio e della

Valutazione di Incidenza che ci si appresta ad esprimere, si è provveduto a cartografare quest’area,

inquadrandola nei due habitat comunitari 91H0* – Boschi pannonici di Quercus pubescens e 3290 - Fiumi

mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba. Su di essi,

ovviamente, saranno valutate le possibili influenze che le attività del Piano Regolatore Generale possono

espletare, pur se posti al di fuori dell’area del SIC.

Un discorso diverso deve essere fatto per l’habitat comunitario 6220* - Percorsi sub steppici di graminacee e

piante annue dei Thero-Brachypodietea.

Tale habitat, definito prioritario dalla normativa comunitaria, ossia “tipo di habitat che rischia di scomparire nel

territorio europeo e per la cui conservazione la Comunità ha una responsabilità particolare a causa

dell’importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa nel territorio europeo degli Stati

membri al quale si applica il trattato” (art. 1 – punto d) della direttiva 92/43/CEE), è indicato dai formulari

presente in tutti i 4 SIC in studio.

In realtà l’habitat in questione, almeno alle nostre latitudini, è ben lungi dall’essere raro ed a rischio di

scomparsa. Esso, infatti, trovasi assai diffuso nel territorio in esame ed anche al di fuori di esso, essendo la sua

16 R. Bonomo – F.M. Raimondi – G. Pastiglia – F. Lentini - Aspetti di vegetazione palustre, prativa e forestale in località “Salaci” di Cammarata con riferimenti alla florula medicinale – Palermo 1978

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148

presenza legata al fenomeno dell’abbandono dei seminativi nelle aree pedologicamente marginali. In un

contesto, come quello in questione, ove i terreni marginali sono assai diffusi, fitocenosi riconducibili all’habitat

in parola, risultano interessare assai diffusamente il territorio.

Si pone, in tale situazione, la questione relativa alle decisioni che dovrebbero essere prese in merito agli

obiettivi di gestione, distinguendo, per esempio, quanta e quale superficie dell’habitat prioritario dovrebbe

essere destinata all’evoluzione spontanea e quale, invece, gestita nella considerazione delle necessità e delle

aspettative delle popolazioni locali, che tenderebbero a coniugare l’esigenza produttiva ed utilizzativa con la

conservazione della biodiversità.

In riguardo, infine, agli aspetti faunistici, i rilievi effettuati e le informazioni assunte, non hanno portato a

rilevare aspetti significativi diversi da quelli riportati nei formulari standard.

V.4 GLI OBIETTIVI DI CONSERVAZIONE DEI SITI NATURA 2000.

La peculiarità della rete Natura 2000, è basata su un sistema di territori correlati da legami funzionali. Essa

applica il carattere intrinsecamente transfrontaliero della tutela della biodiversità, quale patrimonio genetico,

specifico ed ecosistemico, non limitato al territorio di una singola nazione, ma in quanto parte integrante del

sistema. La rete, cioè, mira a garantire a livello europeo la presenza e la distribuzione degli habitat e delle

specie considerate, non come semplice assemblaggio di siti, ma come risultato di una selezione di aree che, pur

non essendo sempre realmente collegate, contribuiscono per ciascun habitat e ciascuna specie, al

raggiungimento della coerenza complessiva della rete all’interno del continente europeo.

La conservazione della biodiversità europea è interpretata nella dimensione della sostenibilità dello sviluppo,

rappresentando una forte innovazione nella politica ambientale fin qui sostenuta dagli Stati membri. Essa

risponde a due dei principi generali definiti dal VI Programma d’Azione per l’Ambiente della Comunità Europea

(2001-2010):

- L’integrazione delle disposizioni in materia di tutela ambientale nelle altre politiche comunitarie;

- La salvaguardia della biodiversità quale risorsa unica.

La Direttiva Habitat è abbastanza chiara nel favorire lo sviluppo sostenibile, attuato attraverso l’integrazione

della gestione delle risorse naturali con le attività economiche e le esigenze sociali e culturali delle popolazioni

che vivono all’interno della aree della rete natura 2000. Essa mira, infatti, a mantenere la diversità biologica

attraverso un uso sostenibile del territorio, valorizzando le aree dove l’intervento antropico si è integrato

armonicamente con l’equilibrio ecologico.

In questo modo è riconosciuto il valore di aree, quali quelle con attività di agricoltura tradizionale, con boschi

utilizzati, con pascoli, in cui la presenza dell’uomo ha contribuito e contribuisce a stabilire un equilibrio

ecologico.

In tale ambito si inserisce, per esempio, l’individuazione e la conservazione degli elementi del paesaggio

significativi per la fauna e la flora selvatiche: le fasce arborate lungo i corsi d’acqua per la protezione dalle

esondazioni, le siepi e i muretti a secco quali sistemi tradizionali di delimitazione dei campi, ecc... Si tratta di

elementi che per la loro struttura sono funzionalmente essenziali per la migrazione, la distribuzione geografica,

lo scambio genetico delle specie selvatiche (corridoi ecologici).

La gestione delle realtà seminaturali, che sono componenti chiave per il mantenimento della coerenza della

rete Natura 2000, deve divenire, dunque, motore di sviluppo per le aree rurali e forestali che le contengono. Si

deve puntare, perciò, ad una gestione che comprenda l’incentivazione delle attività tradizionali, le quali,

operando sulla lunga durata, possono permettere di creare stabilmente habitat seminaturali in grado di

ospitare specie animali e vegetali di elevato valore biogeografico.

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149

Bisogna rilevare, tuttavia, che gli habitat seminaturali, in considerazione della loro stretta relazione con l’uso

antropico del territorio e delle sue risorse, risultano particolarmente sensibili ad eventuali modificazioni delle

modalità d’uso. Per questo motivo la gestione dei siti Natura 2000 che contengono tali habitat deve

fronteggiare l’affermazione di metodi intensivi di sfruttamento dei terreni, contemporaneamente al crescente

abbandono delle pratiche agricole tradizionali nelle aree marginali.

Tutto questo evidenzia come la Direttiva Habitat suggerisca principi gestionali articolati e flessibili: lo stato di

conservazione degli habitat seminaturali diviene così un indice qualitativo dell’integrazione uomo-ambiente e,

nello stesso tempo, un continuo banco di prova dell’efficacia delle linee di gestione adottate.

In Italia il Dipartimento per l’Assetto dei valori ambientali del territorio – Direzione per la Conservazione della

Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha posto in opera, come già si è evuto modo di

rilevare, il progetto Life Natura 1999 (NAT/IT/006279, Verifica della Rete Natura 2000 in Italia: modelli di

gestione). Tra le azioni previste dal progetto, l’elaborazione delle Linee Guida e la definizione di 9 piani di

gestione pilota, hanno rappresentato l’occasione per calare nella realtà nazionale le indicazioni fornite dalla

Commissione europea in riguardo alla gestione dei siti Natura 2000.

Le Linee Guida prodotte forniscono indicazioni, in una cornice di indirizzi e di principi di carattere generale, per

consentire ad ogni Regione e Provincia autonoma di comprendere i reali obiettivi di conservazione e gestione

dei siti Natura 2000. Tali indirizzi suggeriscono che l’analisi di un sito per il quale devono essere individuate

misure di conservazione ed eventualmente elaborato un piano di gestione specifico o integrato ad altri piani di

sviluppo, deve considerare la sua collocazione nel quadro della rete. L’eventuale piano di gestione individua le

linee gestionali migliori che consentano a ciascun singolo sito di contribuire al massimo delle sue potenzialità

funzionali, alla coerenza della rete Natura 2000, mediante la conservazione dell’habitat e delle specie che lo

caratterizzano. Pertanto, una gestione dei siti coerente con gli obiettivi della direttiva è legata, oltre che alle

azioni indirizzate sul singolo sito, ad una gestione integrata dell’intero sistema, la cui capacità di risposta può

attenuare o amplificare gli effetti di tali azioni.

I piani di gestione dei siti Natura 2000 devono considerare in modo complessivo le caratteristiche ecologiche e

socio-economiche di ciascun sito. Scopo della direttiva Habitat e quindi dei piani di gestione dei SIC, è quello di

mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie individuati all’interno del sito in

questione. A tale scopo è necessario tradurre il concetto di conservazione soddisfacente dell’habitat/specie a

scala di rete in parametri rilevabili a scala di sito attraverso l’uso di indicatori o set di indicatori, che forniscano

indicazioni circa le condizioni di conservazione della risorsa d’interesse. Mettere in relazione gli indicatori

proposti con un ambito di variazione di “condizioni favorevoli”, ovvero identificare soglie di criticità rispetto alle

quali considerare accettabili le variazioni degli indicatori per la conservazione degli habitat/specie nel sito,

rappresenta il passo successivo. Ciò al fine di utilizzare, nel corso dei cicli di gestione, il monitoraggio degli

indicatori per verificare il successo della gestione stessa.

Nel caso in cui la pianificazione ordinaria e l’attuale uso del suolo di un sito non ne compromettano la

funzionalità degli habitat e/o delle specie individuate, il piano di gestione si identifica unicamente nella

necessaria azione di monitoraggio.

Nel caso specifico dei SIC ITA040005, ITA040007, ITA020011 e ITA040011 le autorità regionali non hanno

sin’ora provveduto alla elaborazione di specifici Piani di gestione.

In tale situazione, gli obiettivi di conservazione dei SIC in questione non possono che essere desunti dalle

indicazioni generali fornite dalle Linee Guida e di quelle stesse date dall’art. 6 della Direttiva Habitat, il quale ha

una funzione cruciale per la gestione dei siti della rete Natura 2000, stabilendo il quadro generale per la

conservazione e la protezione dei siti, attraverso disposizioni propositive, preventive e procedurali.

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V.4.1 L’articolo 6 della Direttiva “Habitat”.

L’articolo 6 è uno dei più importanti tra i 24 articoli della direttiva, in quanto è quello che maggiormente

determina il rapporto tra conservazione ed uso del territorio.

L’articolo contiene tre serie di disposizioni:

- L’articolo 6, paragrafo 1, concerne l’introduzione delle necessarie misure di conservazione ed è incentrato

su interventi positivi e proattivi.

- L’articolo 6, paragrafo 2 concerne le disposizioni per evitare il degrado degli habitat e la perturbazione

delle specie significative. L’accento è quindi di carattere preventivo.

- I paragrafi 3 e 4 stabiliscono una serie di salvaguardie procedurali e concrete che disciplinano i piani ed i

progetti atti ad avere incidenze significative su un sito Natura 2000.

Globalmente, le disposizioni dell’articolo 6 riflettono l’orientamento generale riguardo la necessità di

promuovere la biodiversità mantenendo o ripristinando determinati habitat e specie in uno “stato di

conservazione soddisfacente” nel contesto dei siti Natura 2000, tenendo conto delle esigenze economiche,

sociali e culturali, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.

Lo stato di conservazione dei tipi di habitat naturali e delle specie presenti su un sito è valutato,

conformemente ad una serie di criteri stabiliti dall’art. 1 della direttiva, tanto a livello di ciascun sito, quanto

della rete. In particolare il comma 1 dell’art. 6 specifica che le misure di conservazione necessarie devono

essere conformi “alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui

all’allegato II presenti nei siti”.

Gli Stati membri devono, quindi determinare le misure di conservazione in relazione alle esigenze ecologiche

dei tipi di habitat naturali e delle specie.

Anche se la direttiva non contiene una definizione di “esigenze ecologiche”, la finalità e il contesto dell’art. 6,

indicano che esse devono comprendere tutte le esigenze ecologiche dei fattori abiotici e biotici necessari per

garantire lo stato di conservazione soddisfacente dei tipi di habitat e delle specie, comprese le loro relazioni

con l’ambiente (aria, acqua, suolo, vegetazione, ecc….)

Il comma 2 dell’art. 6 dispone che vengano adottate le opportune misure per evitare il degrado e la

perturbazione degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario, nella misura in cui tale

perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva stessa.

La direttiva, poi, provvede a fornire i necessari chiarimenti in merito ai concetti di “stato di conservazione”,

“degrado”, “perturbazione” e ”conseguenze significative”.

Lo stato di conservazione è definito all’articolo 1 della direttiva:

— per un habitat naturale, l’articolo 1, lettera e), specifica che è: “l’effetto della somma dei fattori che

influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare

a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle

sue specie tipiche (…)”;

— per una specie, l’articolo 1, lettera i), specifica che è: “l’effetto della somma dei fattori che, influendo sulle

specie in causa, possono alterare a lungo termine la ripartizione e l’importanza delle sue popolazioni (…)”.

Lo Stato membro deve pertanto tener conto di tutte le influenze sull’ambiente (aria, acqua, suolo, territorio),

sugli habitat e sulle specie presenti sul sito.

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Lo stato di conservazione soddisfacente è anche definito dall’articolo 1, lettera e), per gli habitat naturali e

dall’articolo 1, lettera i), per le specie:

— per un habitat naturale quando:

“la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione;

la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono

continuare ad esistere in un futuro prevedibile;

lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente”;

— per una specie quando:

“i dati relativi all’andamento delle popolazioni della specie in causa indicano che tale specie continua e può

continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene;

l’area di ripartizione naturale di tale specie non è in declino né rischia di declinare in un futuro prevedibile;

esiste e continuerà probabilmente ad esistere un habitat sufficiente affinché le sue popolazioni si

mantengano a lungo termine”.

Lo stato di conservazione soddisfacente di un habitat naturale o di una specie deve essere considerato nella sua

area di ripartizione naturale a norma dell’articolo 1, lettere e) ed i), ossia a livello biogeografico e quindi a

livello della rete Natura 2000. Poiché la coerenza ecologica della rete dipenderà dal contributo di ciascun

singolo sito e di conseguenza dallo stato di conservazione dei tipi di habitat e delle specie in essi presenti, la

valutazione dello stato di conservazione soddisfacente a livello del sito sarà sempre necessaria.

Il degrado è un deterioramento fisico che colpisce un habitat. Esso cioè, colpisce l’ambiente che ospita l’habitat

(suolo, spazio, acqua, aria). Qualora le influenze di una determinata attività o azione, rendono lo stato di

conservazione dell’habitat meno soddisfacente di quanto lo era prima, si considera che vi è stato un degrado.

In un sito si ha un degrado di habitat quando la superficie dell’habitat viene ridotta oppure quando la struttura

e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine o al buon stato di conservazione delle

specie tipiche ad esso associate, vengono ridotte rispetto alla situazione iniziale.

A differenza del degrado la perturbazione non incide direttamente sulle condizioni fisiche di un sito; essa

concerne le specie ed è spesso limitata nel tempo (calpestio, rumore, sorgente luminosa, ecc..). L’intensità, la

durata e la frequenza del ripetersi della perturbazione sono quindi parametri importanti. La perturbazione deve

essere significativa (è tollerato un certo grado di perturbazione). Per essere significativa una perturbazione

deve influenzare lo stato di conservazione di una specie. Si ha una perturbazione di una specie in un sito

quando i dati sull’andamento delle popolazioni di questo sito per la specie in causa, indicano che tale specie

non può più essere un elemento vitale dell’habitat cui appartiene. Oppure quando l’area di ripartizione

naturale di tale specie è in declino o rischia di declinare in un futuro prevedibile.

Qualsiasi evento che contribuisce alla riduzione o al rischio di riduzione della gamma di specie nel sito può

essere considerato come una perturbazione significativa.

Il degrado e la perturbazione sono valutati rispetto allo stato di conservazione delle specie ed habitat

interessati. A livello di sito, il mantenimento dello stato di conservazione soddisfacente deve essere valutato

rispetto alle condizioni indicate nei formulari standard Natura 2000, conformemente al contributo del sito alla

coerenza ecologica della rete.

Rivolgendo l’attenzione alla valorizzazione della funzionalità degli habitat e dei sistemi naturali, bisogna

considerare non solo lo stato qualitativo dei siti, ma anche le potenzialità che gli habitat ricadenti al loro

interno hanno di raggiungere un livello maggiore di complessità. Sono, quindi, da considerare anche i siti

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degradati, in cui tuttavia gli habitat hanno conservato l’efficacia funzionale e sono in grado di tornare verso

forme più complesse.

V.4.2 La salvaguardia dei siti della rete Natura 2000.

Una corretta gestione, nell’ambito delle aree protette della rete Natura 2000, richiede, dunque, di definire e

attuare misure di tutela appropriate, mirate al mantenimento o all’incremento della biodiversità,

all’utilizzazione sostenibile delle sue componenti, alla riduzione delle cause di degrado e declino degli habitat e,

conseguentemente, delle specie.

In particolare, la salvaguardia delle risorse e dell’integrità ecologica di un SIC implica:

↑ mantenere e migliorare il livello di biodiversità degli habitat e delle specie prioritari e di interesse

comunitario per i quali il sito è stato designato;

↑ mantenere e/o ripristinare gli equilibri biologici alla base dei processi naturali;

↑ ridurre i fattori che possono causare la perdita o la frammentazione degli habitat all’interno del sito e

nelle zone ad esso adiacenti e portare ad una diminuzione delle cause di declino delle specie rare o

minacciate;

↑ tenere sotto controllo ed eventualmente limitare le attività che incidono sull’integrità ecologica

dell’ecosistema;

↑ armonizzare i piani ed i progetti previsti per il territorio in esame;

↑ individuare ed attivare i processi necessari per promuovere lo sviluppo di attività economiche eco-

compatibili con gli obiettivi di conservazione dell’area;

↑ attivare meccanismi politico amministrativi in grado di garantire una gestione attiva ed omogenea del SIC,

secondo le linee guida previste per i diversi siti.

In linea con tali enunciazioni si è provveduto, nella stesura del presente lavoro, a realizzare una serie di schede

relative ai singoli habitat e alle specie riscontrati nei 4 SIC sui quali il PRG di Cammarata può espletare la sua

influenza. In tali schede sono stati individuati, sulla base delle osservazioni e studi fatti e delle valutazioni

conseguenti sviluppate, nonché dei riferimenti normativi e fonti metodologiche già illustrate nei precedenti

paragrafi, gli elementi determinanti di ciascun habitat:

↑ la caratterizzazione ecologica degli habitat;

↑ i principali indicatori sullo stato di conservazione;

↑ le principali minacce allo stato di conservazione riconosciute dalla bibliografia ecologica e rapportate alla

situazione locale;

↑ le indicazioni relative alle attività di gestione e alle strategie di conservazione, riferite tanto agli obiettivi

generali fissati dal Ministero dell’Ambiente, quanto a quelli derivanti dalle specifiche condizioni rilevate

nel territorio indagato.

Oltre a queste indicazioni specifiche per gli habitat e le specie all’interno dei SIC, sono stati definiti una serie di

obiettivi di conservazione generali, validi, cioè, anche per tutto il territorio dei SIC stessi, ed esattamente:

↑ controllare la pressione antropica all’interno dell’area dei SIC, al fine di garantire la salvaguardia dei

caratteri naturalistici del sito;

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153

↑ garantire una efficace vigilanza al fine di ridurre o eliminare fenomeni ed attività pericolse per la

conservazione dei SIC: abbandono incontrollato dei rifiuti, prelievo di materiali lapidei, ecc…;

↑ ridurre al minimo le azioni che possano innescare fenomeni di erosione, come apertura di nuove strade,

sovrappascolo, incendi;

↑ contrastare le modificazioni degli habitat di nidificazione delle specie legate agli ambienti rurali, in

particolare si ravvisa l’opportunità di contrastare la riduzione degli ecosistemi a mosaico e delle attività

agro-pastorali tradizionali, nella considerazione che la ulteriore riduzione delle attività agricole potrebbe

determinare la sparizione di alcune specie molto importanti;

↑ tutelare i muretti a secco attraverso la conservazione dell’attività agricola tradizionale;

↑ ridurre/eliminare l’uso di pesticidi che potrebbero avere ripercussioni importanti sulla catena alimentare

delle specie animali;

↑ evitare introduzioni incontrollate di specie animali e vegetali alloctone che possano causare il rischio di

estinzione di quelle autoctone;

↑ pianificazione antincendio ecocompatibile, con sorveglianza permanente, durante i periodi critici e

opportuna predisposizione di un sistema di accessi e viabilità forestale di minore impatto rispetto

all’attuale realizzazione delle fasce parafuoco e della viabilità per l’antincendio motorizzato;

↑ ridurre e/o eliminare le possibili fonti di disturbo in prossimità degli areali di nidificazione , in particolare

nel periodo di nidificazione e allevamento dei piccoli (aprile-maggio), limitando gli approdi e/o le distanze

minime da rispettare;

↑ garantire una maggiore informazione, soprattutto presso la popolazione locale ed i turisti residenziali,

circa le caratteristiche e le esigenze di salvaguardia degli habitat e delle specie presenti nei SIC.

V.4.3 Schede sugli habitat tutelati del territorio in esame.

V.4.3.1 Scheda n. 1 – Habitat 3280 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con

il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba.

SCHEDA N. 1 HABITAT 3280 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con

filari ripari di Salix e Populus alba. - CORSO DEL FIUME PLATANI, BOSCHI IGROFILI DI

CONTRADA SALACI E MINAVENTO

CARATTERIZZAZIONE:

E’ questa la tipologia tipica del Fiume Platani. Nel piano golenale la vegetazione, dal punto di vista fisionomico-strutturale, è

caratterizzata dalla presenza di elementi arborei dominati dal Salix alba subsp. alba, Salix alba subsp. vitellina, Salix

pedicellata, Salix purpurea, cui si associano Populus alba, Populus nigra e Populus canescens.

La distribuzione dei popolamenti vegetali lungo l’asta fluviale è spesso condizionata dal grado di umettazione cui sono

soggetti i substrati. La zonazione della vegetazione alveale và dallo xerofitismo frequente sulla sommità delle sponde,

all’idrofitismo diffuso nella porzione basale di esse. E’ pure possibile rinvenire lungo il corso fluviale delle facies particolari

caratterizzate da una vegetazione a prevalenza di Ulmus x canescens.

La vegetazione erbacea afferisce alla classe Phragmitetea, ovunque ben rappresentata con l’associazione Typho-

Schoenoplectetum tabaernemontani, che caratterizza gli ambienti con ripe basse ed alveo a scarsa pendenza. L’alleanza

Glycerio-Sparganion con l’associazione Heliosciadetum nodiflori s’insedia, invece, negli ambienti con ripe alte ed alveo a

forte pendenza, in particolare con la facies a Heliosciadum nodiflorum. Il piano compreso fra il centro dell’alveo e la base

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154

delle ripe è distinto da una vegetazione che, in funzione della pendenza dell’alveo, presenta una prevalenza di tallofite e di

fanerogame. Sono presenti anche diversi taxa facenti parte dell’alleanza Quercion ilicis.17

In questa tipologia rientrano anche i boschi igrofili di contrada Salaci e contrada Minavento, in prossimità di piccoli specchi

d’acqua. L’area più espressiva è quella di contrada Salaci. Si tratta di un boschetto a Populus canescens, d’interessante

aspetto forestale, caratterizzato anche da fanerogame igrofile e da numerosi taxa dell’ordine Populetalia albae. Nello strato

arboreo sono presenti Populus nigra, Fraxinus angustifolia subsp. angustifolia, Salix alba, Salix purpurea, Salix pedicellata,

Ulmus minor, Laurus nobilis. In quello arbustivo l’espressione prevalente è quella di Rubus ulmifolius. Nello strato erbaceo

sono presenti taxa dell’ordine Phragmitetalia come Galium elongatum, Epilobium hirsutum, Mentha acquatica, Poa trivialis,

Sparganium erectum, Alisma plantago-acquatica, Carex vulpina, Rumex conglomeratus.

In contrada Minavento questo tipo di vegetazione e fisionomizzata da Populus nigra e Populus alba.

INDICATORI:

La particolarità dei siti di questo gruppo è legata principalmente alle formazioni vegetali che generalmente si

trovano a contatto con il corso d’acqua. E’ evidente, quindi, che il loro buono stato di conservazione sia legato

alla persistenza delle acque e alla loro qualità, con riferimento a un basso carico di inquinanti e di materiale in

sospensione. Indice di un buono stato di conservazione è l’assenza o la limitata presenza di specie nitrofile (ad

esempio Urtica dioica), indicatrici di elevata presenza di sostanze chimiche, e di specie esotiche, sia vegetali che

animali.

Un altro indicatore di buono stato di conservazione è la presenza di elementi contigui catenali che siano

dinamicamente collegati al gradiente idrico; nella maggior parte dei casi il contatto diretto ed esclusivo tra

bosco ripario e acqua corrente, è legato e fenomeni di inquinamento dovuti alle pratiche colturali che si

svolgono nelle aree agricole limitrofe. Anche la presenza di elementi importanti dell’avifauna con

caratteristiche stenoecie e stenotope, nonché quella di invertebrati, comprendenti varie famiglie di Coleoptera

ed i altri taxa comprendenti Araneidi ed Eterotteri, è indice di un buono stato di conservazione.

La qualità dell’ittiofauna segnala anch’essa un’elevata qualità delle acque. In particolare la presenza di

specie legate ad un buon livello di ossigenazione e ad un basso livello di contaminazione organica, quali le

trote, l’assenza di specie introdotte e la presenza di specie autoctone rare quali la trota macrostigma Salmo

(trutta) macrostigma, rappresentano un indice di buona qualità ambientale e di scarsa manipolazione.

MINACCE:

Tra le possibili minacce di degrado che possono avere riflessi diretti su questo tipo di habitat di ambiente

fluviale, si possono indicare:

↑ fenomeni di degradazione del suolo dovuta a compattazione da calpestio.

↑ Incremento della variazione di salinità dei corpi d’acqua per cambiamenti nel regime idrologico.

L’innalzamento dei livelli di salinità conduce ad una banalizzazione e all’impoverimento sia delle zoocenosi

che delle fitocenosi.

↑ Decadimento della qualità delle acque dovuto allo scarico eccessivo di azoto e di fosforo, provenienti dalle

acque reflue urbane dei centri abitati di Cammarata, Castronovo di Sicilia, San Giovanni Gemini,

soprattutto se prive di adeguati trattamenti di depurazione prima della immissione.

↑ Modificazioni strutturali e alterazioni degli equilibri idrici dei bacini dovuti a processi di edificazione e di

cementificazione in generale, ivi compresi anche gli interventi di artificializzazione dell’alveo.

↑ Eccessiva captazione idrica, soprattutto durante il periodo estivo, allorquando il livello delle acque in alveo

è ai suoi minimi termini.

17 P. Marino et al. Op. cit.

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↑ Estrazione di ghiaia e sabbia dal greto del corso d’acqua.

↑ La diffusione di specie alloctone invadenti, quali ad esempio la robinia, l’ailanto, ecc…).

↑ Il pericolo d’incendio, soprattutto in prossimità delle aree coltivate a cereali, per le quali è in uso, presso

gli agricoltori, la pratica del debbio. Tali incendi costituiscono una pratica esiziale per le comunità di piccoli

passeriformi ripariali.

↑ Elevata introduzione di specie alloctone di ittiofauna, soprattutto per mano dei pescatori occasionali e

degli stessi agricoltori che le introducono negli invasi artificiali dislocati nel bacino idrico.

↑ Predazione e caccia in eventuali siti di nidificazione e di sosta.

↑ Abbandono dell’agricoltura tradizionale e sfruttamento agricolo con forme intensive che possono

determinare un apporto eccessivo di nutrienti ed una conseguente eutrofizzazione delle acque, nonché

una erosione eccessiva con apporto di materiale solido da monte, dovuta all’abbandono delle tradizionali

pratiche antierosive (lavorazioni meccaniche appropriate, inerbimenti, pascoli con appropriato carico di

bestiame, appropriate gestione del contenuto di sostanza organica dei terreni, fasce vegetali ripariali, rete

superficiale di sgrondo delle acque, ecc….)

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE.

L’estensione degli habitat del tipo in questione si è drasticamente ridotta negli ultimi decenni a causa,

soprattutto, della realizzazione di opere idrauliche entro alveo e fuori alveo. Interi tratti del fiume Platani sono

stati cementificati, con conseguenze devastanti sulla ecologia del Fiume. Sarebbe opportuno, in questo

contesto, prevedere adeguate misure di sistemazione idraulico-forestale, per sponde, alvei e aree golenali, che

mantengano un elevato grado di dinamicità nel loro assetto e privilegino l’adozione di tecniche naturalistiche.

Ove necessario sarebbe opportuno avviare una riqualificazione di quei tratti del Fiume che sono stati devastati,

negli anni passati, da errati interventi di sistemazione idraulico-forestale. Tale riqualificazione dovrà passare

per una progressiva eliminazione delle opere in cemento, al fine di ripristinare il contatto terra/acqua

fondamentale sia per la riattivazione dei processi naturali di depurazione biologica, sia per aumentare gli spazi

disponibili per la nidificazione e, più in generale, per la presenza della fauna caratteristica.

Un apporto fondamentale alla conservazione e riqualificazione di questo tipo di habitat deve essere dato dal

sistema agricolo, soprattutto per quel che riguarda le attività svolte nelle aree più prossime al Fiume.

In questo senso la previsione del PRG di Cammarata per la creazione del Parco Fluviale agricolo del Fiume

Platani, lungo l’area valliva da esso attraversata, da attuare “attraverso specifici Piani Territoriali di

Utilizzazione, aventi valore giuridico di piani esecutivi del PRG e contenuti assimilabili a quelli dei Piani di

utilizzazione delle Riserve regionali”, può configurare uno strumento eccezionale per una gestione sostenibile

delle risorse economico-agricole di queste aree.

Le strategie per una corretta gestione e conservazione passano anche attraverso i seguenti interventi:

↑ Definizione di adeguati piani, anche in seno ai Piani Territoriali di Utilizzazione previsti per l’attuazione del

Parco fluviale agricolo del Fiume Platani, che istituiscano una fascia di rispetto intorno al corpo idrico e un

progressivo arretramento e allontanamento delle attività agricole e turistiche, soprattutto nelle aree

alveali e golenali.

↑ Ripristino e recupero, anche attraverso interventi di fitodepurazione, delle aree e dei tratti d’acqua che

eventualmente lo richiedano.

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↑ Censimento dei possibili siti e tipi di approvvigionamento d’acqua dal Fiume, comprese le fonti alternative

per gli usi meno nobili (ad esempio il recupero delle acque in uscita dai depuratori) e monitoraggio delle

derivazioni per fini agricoli.

↑ Gestione adeguata del disturbo nei periodi sensibili per la nidificazione degli uccelli.

↑ Mantenimento o creazione di siti per la nidificazione e il riposo di uccelli, non raggiungibili da

predatori terrestri (isolotti).

V.4.3.2 Scheda n. 2 – Habitat 3290 - Fiumi mediterranei a flusso intermittente

con il Paspalo-Agrostidion.

SCHEDA N. 2

HABITAT 3290 - Fiumi mediterranei a flusso intermittente con il Paspalo-Agrostidion.

PRINCIPALI ASTE TORRENTIZIE: VALLONE CACAGLIOMMARO, VALLONE BIANCO, TORRENTE

TURIBOLO, VALLONE GARGIUFFE’.

CARATTERIZZAZIONE:

Sulla rete idrografica del territorio interessato dai Sic, caratterizzata da notevoli differenze di portata nei diversi

periodi dell’anno, si insedia una vegetazione composta da specie arbustive ed erbacee provenienti dalle gariche

e dalle praterie circostanti, come Arundo pliniana, Festuca arundinacea, Prunus spinosa, Phragmites australis,

Artemisia arborescens, Oryzpsis miliacea, Rhus coriaria, Ampelodesmos mauritanica.

Sui depositi alluvionali di natura sabbiosa s’insediano comunità vegetali riferite all’associazione Spartio-

Nerietum oleandri, dominate da Nerium oleander, Spartium junceum, Rubus ulmifolius. Nei siti poco disturbati,

con substrati sub-salsi,, ricchi in limo e argilla, si rinvengono aggruppamenti caratteirizzati dalla dominanza di

Tamarix africana, Tamarix gallica, Salix pedicellata, Salix alba di difficile tipizzazione fitosociologia.18

INDICATORI:

La particolarità dei siti di questo gruppo è legata principalmente alle formazioni vegetali che generalmente si

trovano a contatto con il corso d’acqua. E’ evidente, quindi, che il loro buono stato di conservazione sia legato

alla persistenza delle acque e alla loro qualità, con riferimento a un basso carico di inquinanti e di materiale in

sospensione. Indice di un buono stato di conservazione è l’assenza o la limitata presenza di specie nitrofile (ad

esempio Urtica dioica), indicatrici di elevata presenza di sostanze chimiche, e di specie esotiche, sia vegetali che

animali.

Un altro indicatore di buono stato di conservazione è la presenza di elementi contigui catenali che siano

dinamicamente collegati al gradiente idrico; nella maggior parte dei casi il contatto diretto ed esclusivo tra

bosco ripario e acqua corrente è legato a fenomeni di inquinamento dovuti alle pratiche colturali che si

svolgono nelle aree agricole limitrofe. Anche la presenza di elementi importanti dell’avifauna con

caratteristiche stenoecie e stenotope, nonché quella di invertebrati, comprendenti varie famiglie di Coleoptera

e di altri taxa comprendenti Araneidi ed Eterotteri, è indice di un buono stato di conservazione.

MINACCE:

Tra le possibili minacce di degrado che possono avere riflessi diretti su questo tipo di habitat di ambiente

fluviale, si possono indicare:

↑ Fenomeni di degradazione del suolo dovuta a compattazione da calpestio.

18 Raimondo F.M. – Carta del paesaggio e della biodiversità vegetale della Provincia di Palermo Quad. Bot. Amb. Appl., 9 (1998): 3-160 Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università di Palermo.

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↑ Incremento della variazione di salinità dei corpi d’acqua per cambiamenti nel regime idrologico.

L’innalzamento dei livelli di salinità conduce ad una banalizzazione e all’impoverimento sia delle zoocenosi

che delle fitocenosi.

↑ Decadimento della qualità delle acque dovuto allo scarico eccessivo di azoto e di fosforo, provenienti dalle

acque reflue urbane dei centri abitati di Cammarata e San Giovanni Gemini, soprattutto se prive di

adeguati trattamenti di depurazione prima della immissione (questo vale soprattutto per il torrente

Turibolo e il Vallone Bianco).

↑ Modificazioni strutturali e alterazioni degli equilibri idrici dei bacini dovuti a processi di edificazione e di

cementificazione in generale, ivi compresi anche gli interventi di artificializzazione dell’alveo.

↑ Eccessiva captazione idrica, soprattutto durante il periodo estivo, allorquando il livello delle acque in alveo

è ai suoi minimi termini (questo vale esclusivamente per il torrente Turibolo che riceve le acque reflue

urbane; non vale per gli altri corsi d’acqua che si presentano praticamente asciutti per un lungo periodo

dell’anno, che và praticamente da maggio a ottobre).

↑ La diffusione di specie alloctone invadenti, quali ad esempio la robinia, l’ailanto, ecc…).

↑ Il pericolo d’incendio, soprattutto in prossimità delle aree coltivate a cereali, per le quali è in uso, presso

gli agricoltori, la pratica del debbio. Tali incendi costituiscono una pratica esiziale per le comunità di piccoli

passeriformi ripariali.

↑ Predazione e caccia in eventuali siti di nidificazione e di sosta.

↑ Abbandono dell’agricoltura tradizionale e sfruttamento agricolo con forme intensive che possono

determinare un apporto eccessivo di nutrienti ed una conseguente eutrofizzazione delle acque, nonché

una erosione eccessiva con apporto di materiale solido da monte, dovuta all’abbandono delle tradizionali

pratiche antierosive (lavorazioni meccaniche appropriate, inerbimenti, pascoli con appropriato carico di

bestiame, appropriate gestione del contenuto di sostanza organica dei terreni, fasce vegetali ripariali, rete

superficiale di sgrondo delle acque, ecc….).

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

L’estensione degli habitat del tipo in questione si è drasticamente ridotta negli ultimi decenni a causa,

soprattutto, della realizzazione di opere idrauliche entro alveo e fuori alveo. Sarebbe opportuno, in questo

contesto, prevedere adeguate misure di sistemazione idraulico-forestale, per sponde, alvei e aree golenali, che

mantengano un elevato grado di dinamicità nel loro assetto e privilegino l’adozione di tecniche naturalistiche.

Ove necessario sarebbe opportuno avviare una riqualificazione di quei tratti delle aste torrentizie che sono stati

devastati, negli anni passati, da errati interventi di sistemazione idraulico-forestale.

Un apporto fondamentale alla conservazione e riqualificazione di questo tipo di habitat deve essere dato dal

sistema agricolo, soprattutto per quel che riguarda le attività svolte nelle aree più prossime ai corsi d’acqua.

Le strategie per una corretta gestione e conservazione passano anche attraverso i seguenti interventi:

↑ Ripristino e recupero, anche attraverso interventi di fitodepurazione, delle aree e dei tratti d’acqua che

eventualmente lo richiedano.

↑ Censimento dei possibili siti e tipi di approvvigionamento d’acqua, comprese le fonti alternative per gli usi

meno nobili (ad esempio il recupero delle acque in uscita dai depuratori) e monitoraggio delle derivazioni

per fini agricoli.

↑ Gestione adeguata del disturbo nei periodi sensibili per la nidificazione degli uccelli.

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↑ Mantenimento o creazione di siti per la nidificazione e il riposo di uccelli, non raggiungibili da predatori

terrestri (isolotti).

V.4.3.3 Scheda n. 3 – Habitat 5330 - Arbusteti termo-mediterranei e pre-

desertici.

SCHEDA N. 3 HABITAT 5330 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici.

LOCALITA’ MONTAGNOLA-ACQUA FITUSA.

CARATTERIZZAZIONE:

Si tratta di piccoli nuclei di arbusteti di Arbutus unedo, su suoli a reazione sub-acida, esposti prevalentemente a

nord. Il substrato su cui insiste questa cenosi è ricco di una microfauna fossile a Foraminiferi e quindi di

materiali silicei, quarzo, miche, ecc…, che gli conferiscono un certa acidità. Su questi suoli si sono insediate

delle specie ad ecologia acidofila tipiche dell’Erico-Quercion ilicis che comprende, appunto, aspetti di

vegetazione termofila calcifuga, costituendo la vicariante acidofila del Quercion ilicis. Le specie più

rappresentativa è Arbutus unedo,e poi, Anagyris foetida, Coronilla emerus subsp. emeroides, Cytisus villosus,

Cistus salvifolius, Cistus creticus, Pulicaria odora. Questa tipologia di habitat è presente solo su aree alquanto

ristrette localizzate esclusivamente nel sito ITA 040011 La Montagnola-Acqua Fitusa.

INDICATORI:

Elevati valori di biomassa e complessità strutturale e una copertura forestale continua (>70%) vanno

interpretati come indicatori di un buono stato di conservazione.

Per gli Insetti, le specie fitofaghe caratterizzanti possono essere Choraxes jasius e Gonepterix cleopatra

(Lepidoptera). Per gli Uccelli, lo possono essere comunità strutturate, che comprendano, oltre ai Passeriformi

tipici della macchia, Coraciformi, Columbidi e Picidi.

Per i Mammiferi, l’elemento caratterizzante può essere l’istrice.

L’utilizzo di questi indicatori, ed in particolare i bassi valori di biomassa e la povertà delle cenosi, evidenzia uno

stato di conservazione non buono.

Qui, infattti, la pressione antropica è davvero notevole e la frequenza degli incendi così elevata da costituire un

vero e serio impedimento allo sviluppo di queste formazioni vegetali verso forme più stabili. Al momento del

sopralluogo queste formazioni si presentavano completamente devastate da un recente incendio. Dalle

ceppaie bruciate delle piante di corbezzolo, comunque, emergeva tutta la capacità pollonifera di questa specie.

MINACCE:

In linea generale le principali cause di degrado di questa tipologia di habitat sono rappresentate dalla

ricorrenza quasi annuale dei fenomeni perturbativi d’incendio ed un eccessivo uso del pascolo che possono

condurre al degrado delle formazioni di macchia in gariga. Altre possibili minacce possono essere

rappresentate da:

↑ Localizzati episodi di erosione del suolo (idrica incanalata).

↑ Frammentazione degli habitat.

↑ Incendio non controllato.

↑ Progressiva desertificazione dei suoli.

↑ Variazioni d’uso, con forte presenza di fabbricati ad uso residenziale stagionale.

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GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

La gestione di tali comunità, in genere lasciate alla libera evoluzione naturale, và fatta con una attenzione

particolare. Essa dovrà essenzialmente puntare su:

↑ Un’attenta pianificazione antincendio;

↑ Una seria regolamentazione dell’attività di pascolo;

↑ La ricostituzione delle formazioni seminaturali al fine di ridurne la frammentazione.

↑ Lo studio dei processi di colonizzazione spontanea delle specie, nei siti circostanti;

↑ Ove necessario può essere previsto l’utilizzo di piante propagate in vivaio per rinfoltimenti puntuali e

localizzati nelle stazioni circostanti ecologicamente più idonee.

E’ auspicabile, altresì, la creazione di un regime di tutela più severo rispetto a quello attuale ed una gestione

più accurata delle attività e della presenza umana.

V.4.3.4 Scheda n. 4 – Habitat 5331 - Gariga ad Euphorbia dendroides.

SCHEDA N. 4

HABITAT 5331 – Gariga ad Euphorbia dendroides.

LOCALITA’ MONTAGNOLA-ACQUA FITUSA, PISTACCHIERA, GARGIUFFE’, PIZZO DELLA

RONDINE.

CARATTERIZZAZIONE:

Si tratta di nuclei di macchia mediterranea, appartenenti all’Oleo sylvestris-Euphorbietum dendroidis che si

insediano sia sul materiale litico in disfacimenti dei macereti, che sulle pareti rocciose sub verticali, dove

rivestono significato di tipo edafo-climacico. Tali espressioni sono maggiormente presenti sui versanti soleggiati

di c.da Montagnola-Acqua Fitusa. Lo strato arboreo e arbustivo è composto in prevalenza da Ceratonia siliqua,

Euphorbia dendroides, Olea europaea var. sylvestris, Phillyrea latifolia, Pistacia terebinthus, Rhamnus alaternus

e raramente da Pistacia lentiscus.

Nelle zone detritiche meno acclivi queste formazioni evolvono verso strutture più complesse caratterizzate da

Quercus ilex. Si tratta, infatti, di facies che sono collocate nella fascia di transizione tra l’Oleo Ceratonion

siliquae e le alleanze dell’ordine Quercetalia ilicis. Per tali peculiarità queste fitocenosi sono particolarmente

ricche di taxa e sono da annoverare tra le emergenze ambientali più espressive del territorio in esame.

Sui versanti soleggiati e aridi di contrada La Pistacchiera si trovano cenosi impoverite ad Euphorbia dendroides.

Queste formazioni si trovano insediate anche su pareti sub-verticali del versante meridionale di Pizzo della

Rondine e di Monte Cammarata, dove rivestono significato di tipo edafo-climacico.

INDICATORI:

Elevati valori di biomassa e complessità strutturale e una copertura forestale continua (>70%) vanno

interpretati come indicatori di un buono stato di conservazione.

Per gli Insetti, le specie fitofaghe caratterizzanti possono essere Choraxes jasius e Gonepterix cleopatra

(Lepidoptera). Per gli Uccelli, lo possono essere comunità strutturate, che comprendano, oltre ai Passeriformi

tipici della macchia, Coraciformi, Columbidi e Picidi.

Per i Mammiferi, l’elemento caratterizzante può essere l’istrice.

L’utilizzo di questi indicatori, ed in particolare i bassi valori di biomassa e la povertà delle cenosi, evidenzia uno

stato di conservazione non buono. Troppi risultano essere i fenomeni di disturbo, soprattutto nell’area del SIC

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ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa, dove la pressione antropica è davvero notevole e la frequenza degli

incendi così elevata da costituire un vero e serio impedimento allo sviluppo di queste formazioni vegetali verso

forme più evolute, complesse e stabili.

Un discorso diverso riguarda le cenosi insediate sulle pareti sub-verticali, le quali, per la loro posizione,

subiscono una minore pressione antropica e minori devastazioni per cause quali l’incendio e il pascolo. Qui,

perciò, il loro valore e il loro stato di conservazione è certamente migliore.

MINACCE:

In linea generale le principali cause di degrado di questa tipologia di habitat sono rappresentate dalla

ricorrenza quasi annuale dei fenomeni perturbativi d’incendio ed un eccessivo uso del pascolo che possono

condurre al degrado delle formazioni di macchia in gariga. Altre possibili minacce possono essere

rappresentate da:

↑ Localizzati episodi di erosione del suolo (idrica incanalata).

↑ Frammentazione degli habitat.

↑ Incendio non controllato.

↑ Progressiva desertificazione dei suoli.

↑ Variazioni d’uso, con forte presenza di fabbricati ad uso residenziale stagionale.

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

La gestione di tali comunità, in genere lasciate alla libera evoluzione naturale, và fatta con una attenzione

particolare. Essa dovrà essenzialmente puntare su:

↑ Un’attenta pianificazione antincendio;

↑ Una seria regolamentazione dell’attività di pascolo;

↑ La ricostituzione delle formazioni seminaturali al fine di ridurne la frammentazione.

↑ Lo studio dei processi di colonizzazione spontanea delle specie, nei siti circostanti;

↑ Ove necessario può essere previsto l’utilizzo di piante propagate in vivaio per rinfoltimenti puntuali e

localizzati nelle stazioni circostanti ecologicamente più idonee.

Soprattutto per quel che riguarda il SIC ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa è auspicabile la creazione di un

regime di tutela più severo rispetto a quello attuale ed una gestione più accurata delle attività e della presenza

umana.

V.4.3.5 Scheda n. 5 – Habitat 5332 - Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus.

SCHEDA N. 5

HABITAT 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche - Gariga ad Ampelodesmos

mauritanicus.

LOCALITA’ L’EDERA, MONTE CAMMARATA, COZZO PANEPINTO, MONTAGNOLA-ACQUA

FITUSA, GUADONAZZO, LUCE DI LUNA.

CARATTERIZZAZIONE:

La fitocenosi che caratterizza questo tipo habitat comunitario rientra nell’associazione Helictotricho convoluti-

Ampelodesmetum mauritanici afferente all’Avenulo-Ampelodesmion mauritanici, ordine Hyparrhenietalia

hirtae, classe Thero-Bracypodietea. Oltre all’Ampelodesma contribuiscono a formare la struttura della

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vegetazione Avenula cincinnata, Bituminaria bituminosa, Helictotrichon convolutum, Foeniculum vulgare subsp.

piperitum, Kundmannia sicula, Micromeria graeca subsp. graeca, Reichardia picroides. Ad esse si associano

diverse altr entità quali Andropogon distachyus, Calamintha nepeta, Carlina sicula, Hypochoeris achyrophorus,

Phagnalon saxatile, Serratula cichoracea, Sideritis romana, Verbascum sinuatum, Trifolium stellatum.

All’interno di questa tipologia sono frequenti diverse orchidee tra le quali le endemiche Ophrys archimedea,

Ophrys exaltata, Ophrys explanata, Oprhys oxyrrhynchos, Orchis brancifortii, Orchis commutata.

INDICATORI:

Elevati valori di biomassa e complessità strutturale e una copertura forestale continua (>70%) vanno

interpretati come indicatori di un buono stato di conservazione.

Per gli Insetti, le specie fitofaghe caratterizzanti possono essere Choraxes jasius e Gonepterix cleopatra

(Lepidoptera). Per gli Uccelli, lo possono essere comunità strutturate, che comprendano, oltre ai Passeriformi

tipici della macchia, Coraciformi, Columbidi e Picidi.

Per i Mammiferi, l’elemento caratterizzante può essere l’istrice.

In questo caso l’utilizzo di questi indicatori, ed in particolare gli elevati valori di biomassa e la ricchezza floristica

di queste formazioni vegetali, evidenzia un buon stato di conservazione, soprattutto nelle località Guadonazzo

e Luce di Luna. Un discorso diverso, invece, ancora una volta và fatto per le formazioni di questo tipo che si

trovano sul sito ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa, dove, come già più volte evidenziato, la forte

pressione antropica e la frequenza degli incendi, rappresentano un serio impedimento allo sviluppo di queste

formazioni vegetali e alla loro stabilizzazione.

MINACCE:

In linea generale le principali cause di degrado di questa tipologia di habitat sono rappresentate dalla

ricorrenza quasi annuale dei fenomeni perturbativi d’incendio ed un eccessivo uso del pascolo, che possono

condurre ad un ulteriore degrado di queste formazioni di gariga. Altre possibili minacce possono essere

rappresentate da:

↑ Localizzati episodi di erosione del suolo (idrica incanalata).

↑ Frammentazione degli habitat.

↑ Progressiva desertificazione dei suoli.

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

La gestione di tali comunità, in genere lasciate alla libera evoluzione naturale, và fatta con una attenzione

particolare. Essa dovrà essenzialmente puntare su:

↑ Un’attenta pianificazione antincendio;

↑ Una seria regolamentazione dell’attività di pascolo;

↑ La ricostituzione delle formazioni seminaturali al fine di ridurne la frammentazione.

↑ Lo studio dei processi di colonizzazione spontanea delle specie, nei siti circostanti;

Soprattutto per quel che riguarda il SIC ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa è auspicabile la creazione di un

regime di tutela più severo rispetto a quello attuale ed una gestione più accurata delle attività e della presenza

umana.

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Laddove questo tipo di gariga trovasi ai margini dei boschi naturali e artificiali, occorre un’attenta gestione

dell’apertura delle fasce parafuoco, che, se troppo ampie, possono, non solo ridurre e frammentare gli habitat,

ma anche innescare pericolosi fenomeni di erosione.

V.4.3.6 Scheda n. 6 – Habitat 6220* - Percorsi sub-steppici di graminacee e

piante annue del Thero-Barchypodietea.

SCHEDA N. 6

HABITAT 6220* – Percorsi sub-steppici di graminacee e piante annue del Thero-

Barchypodietea.

LOCALITA’ BRUCA, LUCE DI LUNA.

CARATTERIZZAZIONE:

I siti riferiti a questa tipologia sono dominati da vegetazione erbacea annuale e si riscontrano soprattutto nelle

zone ove vi è la presenza di affioramenti rocciosi o terreni molto marginali e perciò abbandonati. Qui si sviluppa

una vegetazione di tipo pascolivo caratterizzata da svariati elementi riconducibili a sintaxa diversi, non tutti

riferibili alla classe Thero-Brachypodietea. Bisogna rilevare, quindi, la grande difficoltà che si incontra nel

definire l’esatta posizione sintassonomica di queste fitocenosi.

Quella riferibile all’ordine Hyparrehenietalia hirtae della classe Thero-Barchypodietea, è costituita da diverse

specie appartenenti a diverse famiglie, le più rappresentate delle quali sono quelle delle graminacee

(Brachypodium distachyum, Bromus fasciculatus, Dactylis glomerata, Dactylis hispanica, Stipa capensis, Vulpia

ciliata, ecc…) e delle leguminose (Hedysarum coronarium, Medicago aculeata, Trifolium angustifolium,

Trifolium squarrosum, Vicia bithynica, Vicia sativa subsp. segetalis, Vicia sativa subsp. sativa, Vicia sicula, Vicia

villosa subsp.varia.19

Come già abbiamo avuto modo di rilevare, nei nostri ambienti questo tipo di vegetazione non è per niente

minacciata, né a rischio di estinzione, tanto da determinare la costituzione di siti che, nella terminologia

introdotta dalla Direttiva Habitat, vengono definiti prioritari. Qui un terreno lasciato incolto per più di un anno

consecutivamente, evolve verso queste formazioni vegetali che trovano, perciò, il principale ostacolo alla loro

diffusione soltanto nei frequenti episodi di disturbo legati agli incendi e ad un eccessivo pascolamento.

Le caratteristiche di frammentazione e variabilità di questi siti sono, pertanto, da mettere in relazione solo con

la loro stessa genesi, legata al fenomeno degli abbandoni colturali in aree alquanto marginali, in condizioni

pedologiche estreme per la coltivazione.

INDCATORI:

Sono indicatori di uno stato di buona conservazione:

↑ La ricchezza di specie.

↑ La presenza di elementi seriali prossimi alla tappa matura;

↑ Un basso numero di specie cosmopolite (< 10% della flora in un popolamento elementare).

↑ Un basso valore di copertura di specie nitrofile.

↑ La presenza di uccelli tipici di steppe aride come la Calandra Melanocorypha calandra, o Calandrella

brachydactyla, o il Culbianco comune (Oenanthe oenanthe).

MINACCE:

19 P. Marino e altri.

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In linea generale le principali cause di degrado di questa tipologia di habitat sono rappresentate dalla

ricorrenza quasi annuale dei fenomeni perturbativi d’incendio ed un eccessivo uso del pascolo. Altre possibili

minacce sono legate a localizzati fenomeni di degradazione del suolo dovuta o a compattazione da calpestio dei

più grossi animali al pascolo, o da erosione idrica incanalata. Può, altresì, rappresentare una minaccia

dell’habitat l’accesso non controllato di mezzi a motore in periodi di riproduzione di mammiferi terricoli (lepri).

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

Poiché si tratta di siti caratterizzati prevalentemente da fitocenosi a carattere secondario, nella maggior parte

dei casi è auspicabile che vengano mantenuti i processi e gli usi che ne hanno determinato la presenza.

Nei siti di dimensioni maggiori, una porzione significativa del territorio (ad esempio, almeno il 10%) dovrebbe

essere destinata all’evoluzione spontanea, verso termini più maturi delle diverse serie di vegetazione,

soprattutto nelle aree più tutelate facenti parte del Demanio Forestale e della Riserva Naturale Orientata di

Monte Cammarata.

Per quanto riguarda il pascolo è essenziale che nel sito venga predisposto un piano di uso compatibile, capace

d’integrare l’esigenza produttiva con la conservazione della biodiversità.

Nelle zone soggette a rischio di compattazione del suolo, occorre regolare opportunamente il traffico veicolare

e pedonale e nelle zone interessate da fenomeni di erosione occorre ridurre al minimo le azioni che li possano

innescare, come l’apertura di nuove strade. In questo senso è necessario controllare l’accesso motorizzato a

tali aree laddove risultano facilmente raggiungibili e percorribili. Peraltro, un tale tipo di controllo, tutelerebbe

anche quelle specie di mammiferi ed uccelli che nel periodo riproduttivo (tardo invernale e primaverile)

risultano particolarmente vulnerabili per la presenza dei giovani individui. Accorgimenti efficaci dovranno

essere dispiegati nei casi in cui queste aree e la fauna che li popola, risultano facilmente insidiabili illegalmente

da mezzi a motore nelle ore notturne.

V.4.3.7 Scheda n. 7 – Habitat 8130 - Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e

termofili.

SCHEDA N. 7 HABITAT 8130 – Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili.

LOCALITA’ MONTE CAMMARATA, PIZZO DELLA RONDINE.

CARATTERIZZAZIONE:

I siti di questa tipologia hanno una distribuzione geografica molto eterogenea e sono caratterizzati dalla

presenza di biocenosi specializzate, legate alla litologia e alla geomorfologia peculiari. La morfologia

accidentata e molto acclive, tipica di questi siti, implica una generalizzata presenza di suoli di scarsissimo

profilo, poco evolutii e presenti solo in tasche.

La vegetazione casmofitica, che più tipicamente colonizza, con copertura molto ridotta, gli ambienti rupestri, è

inquadrata prevalentemente nella classe Thlaspietea rotundifolii, tipica degli ambienti rupestri su substrati

calcarei.

Nel caso specifico si tratta di aspetti pionieristici di vegetazione che costituiscono delle cenosi che si insediano

lungo le pendici e le pareti sub-verticali dei complessi calcarei di Monte Cammarata e di Gargiuffè.

Tra le specie più espressive si riscontrano Arrhenatherum eliatus subsp. erianthum, Asperula airstata subsp.

scabra, Bunium bulbocastanum, Centranthus ruber, Helictotrichon convolutum, Linaria purpurea, Scrophularia

canina, Rumex scutatus, Silene sicula, Sesleria nitida. Tra le specie arbustive e lianose del Quercion ilicis, si

annoverano Asparagus acutifolius, Clematis cirrosa, Clematis vitalba, Crataegus laciniata, Smilax aspera,

Prunus spinosa.

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La copertura della vegetazione osservata è mediamente pari a circa il 30%.

La rappresentazione cartografica della distribuzione di questo tipo di sito risulta assai difficoltosa in quanto

riferita a superfici limitate a clivometria estrema.

INDICATORI:

Sono indicatori di uno stato di buona conservazione:

↑ Presenza di elementi floristici e vegetazionali di grande interesse biogeografico, che danno luogo a

numerose comunità endemiche.

↑ Presenza di specie animali strettamente legate ad ambienti rupestri, uccelli, come Coturnice, Picchio

muraiolo e Falco pellegrino.

MINACCE:

Le possibili minacce sono legate:

↑ alla apertura di cave;

↑ al taglio dei versanti per apertura di strade e modifiche delle pendenze;

↑ consolidamenti ed interventi di messa in sicurezza di zone instabili;

↑ localizzati fenomeni di erosione idrica incanalata.

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

Poiché i siti di questo gruppo comprendono in percentuali considerevoli, oltre agli ambienti rupestri,

vegetazione erbacea ed arbustiva e ghiaioni, è bene:

↑ Evitare le azioni che possono innescare processi di erosione del suolo e frane, come:

↑ Apertura di nuove strade;

↑ Tagli dei versanti;

↑ Gli incendi ed altri azioni di disturbo;

↑ Asportazioni di biomasse;

↑ Regolamentare le attività che possono arrecare disturbo come:

↑ Le scalate e le arrampicate (soprattutto rispetto agli effetti sull’avifauna);

↑ Minimizzare e compensare i danni arrecati da eventuali opere di consolidamento e di messa in sicurezza.

V.4.3.8 Scheda n. 8 – Habitat 8214 - Pareti rocciose calcaree con vegetazione

casmofitica. Comunità del sud-Italia (Dianthion rupicolae).

SCHEDA N. 8

HABITAT 8214 – Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica. Comunità del sud-

Italia (Dianthion rupicolae).

LOCALITA’ MONTE CAMMARATA, GARGIUFFE’, MONTE GEMINI, LA MONTAGNOLA-ACQUA

FITUSA.

CARATTERIZZAZIONE:

I siti caratterizzati da questa tipologia di habitat hanno una distribuzione geografica molto eterogenea e sono

caratterizzati dalla presenza di biocenosi specializzate, legate alla litologia e alla geomorfologia peculiari.

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In questi luoghi, praticamente irraggiungibili per via delle condizioni estreme di acclività, si determina uno dei

pochi esempi, sul territorio in esame, di vegetazione non influenzata dalle azioni di disturbo dell’uomo,

soprattutto dagli incendi e dal pascolo. Per tale motivo in questi siti è ospitata una florula singolare, ricca di

endemismi, in prevalenza legnose, con apparato radicale particolarmente specializzato nell’ancoramento alle

fessure della roccia e alla ricerca, in profondità, di sacche di umidità e nutrienti.

Gli aspetti di maggiore interesse della vegetazione rupestre vengono riscontrate lungo le pareti rocciose

esposte a nord, dove maggiori sono le zone d’ombra e i livelli di umidità.

La vegetazione che vi si riscontra è riferibile all’Anthemido-Centauretum busambarensis (Brullo & al., 1979). Si

tratta di un’associazione del Dianthion rupicolae con carattere termofilo, caratterizzata da alcuni endemiti siculi

quali Dianthus rupicola, Anthemis cupaniana, Centaurea busambarensis, Helichrysum pendulkum, ai quali si

aggiungono Iberis semperflorens, Silene sicula, Brassica rupestris, Cymbalaria pubescens, Anthirrinum siculum,

Seseli bocconi subsp. bocconi, caratterioristiche dell’alleanza. In questi ambiti sono presenti,, inoltre, Lomelosia

cretica, Teucrium flavum, Melica minuta, Sedum dasyphyllum, Ceterach officina rum, Dianthus sylvestris subsp.

garganicus, Anthyllis vulneraria subsp. maura, Thymus spinolosus ed Helianthemum nummularium.

Le rupi esposte a mezzogiorno e ubicate a quote più basse, quali quelle di località La Montagnola, presentano,

ovviamente, una vegetazione più adatta alla maggiore xerotermia che qui si registra. Si rinvengono con

maggiore frequenza Capparis ovata e Capparis spinosa.

INDICATORI:

Sono indicatori di uno stato di buona conservazione:

↑ Presenza di elementi floristici e vegetazionali di grande interesse biogeografico, che danno luogo a

numerose comunità endemiche.

↑ Presenza di specie animali strettamente legate ad ambienti rupestri, uccelli come Coturnice, Picchio

muraiolo e Falco pellegrino.

MINACCE:

Le possibili minacce sono legate:

↑ alla apertura di cave;

↑ consolidamenti ed interventi di messa in sicurezza di zone instabili.

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

Una attenta strategia di conservazione è bene che preveda le seguenti azioni:

↑ evitare l’asportazione di biomasse;

↑ evitare gli incendi ed altri azioni di disturbo;

↑ regolamentare le attività che possono arrecare disturbo come:

↑ le scalate e le arrampicate (soprattutto rispetto agli effetti sull’avifauna);

↑ minimizzare e compensare i danni arrecati da eventuali opere di consolidamento e di messa in sicurezza.

V.4.3.9 Scheda n. 9 – habitat 91H0* - Boschi pannonici di Quercus pubescens.

SCHEDA N. 9 HABITAT 91H0* – Boschi pannonici di Quercus pubescens.

LOCALITA’ MONTE CAMMARATA, PIZZO DELLA RONDINE, SALACI, BOSCO, S. ONOFRIO,

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PIANO D’AMATA.

CARATTERIZZAZIONE:

Si tratta di formazioni che rientrano nell’ordine Quercetalia ilicis e rappresentano uno dei più importanti aspetti

delle formazioni boschive di questa zona.

Esse sono ascrivibili all’associazione Oleo sylvestris-Quercetum virgilianae, associazione termofila,

fisionomizzata da Quercus virgiliana e Q. amplifolia.

Lo strato arbustivo è costituito, oltre che dalle specie prima citate, da elementi caratteristici dei Quercetalia e

Quercetea ilicis come Asparagus acutifolius, Calicotome infesta, Clematis vitalba, Coronilla emerus subsp.

emeroides, Daphne gnidium, Euphorbia characias, Lonicera etrusca, Lonicera implexa Osyris alba, Pyrus

amygdaliformis, Ruscus aculeatus, Rosa canina, Rhamnus alaternus, Smilax aspera.

Tra le specie che compongono lo strato erbaceo si ritrovano Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula

laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen hederifolium, Cyclamen. repandum, Euphorbia

amygdaloides subsp. arbuscula, Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp. russii, Pimpinella peregrina, Rubia

peregrina, Thalictrum calabricum e Viola dehnhardtii.20

INDICATORI:

Vanno considerati come indicatori di uno stato di buona conservazione:

↑ la capacità di rinnovamento della componente arborea (indicata da una copertura delle plantule > 1% in

un popolamento elementare);

↑ la ricchezza di classi diametriche (valutabili come classi di età) delle specie del genere Quercus (devono

essere presenti almeno 2 classi di diametri, oltre alle plantule, ciascuna con copertura superiore al 10%);

↑ la vetustà degli elementi arborei, che abbiano almeno il 10% di copertura (valutabile empiricamente dal

diametro del tronco a circa 130 cm dal suolo, che deve essere > 40 cm);

↑ la copertura dello strato arboreo (che deve essere > 70%).

↑ Un buon stato di conservazione può essere indicato da comunità animali legate ad ambienti più secchi e

forestali, in particolare dai rettili.

Nel caso in specie lo stato di conservazione può essere considerato soddisfacente, anche se frequenti episodi di

incendi di natura dolosa ed un utilizzo eccessivo del pascolo, oltre a compromettere la naturale evoluzione di

questo tipo di formazioni verso forme stabili, destano una profonda preoccupazione per le loro sorti future.

MINACCE:

Le possibili minacce sono legate:

↑ agli incendi incontrollati;

↑ a localizzati fenomeni di degrado del suolo per compattazione dovuta alo calpestio;

↑ al sovrapascolo;

↑ all’apertura di strade e di viali parafuoco;

↑ all’uso forestale.

↑ ad una ridotta estensione delle fitocenosi.

20 P. Marino ET AL. Op. cit.

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Si osserva, comunque, una completa ripresa della vegetazione nelle porzioni di bosco percorse anche di

recente da incendi, segno della grande capacità di ripresa di queste specie e del loro grande adattamento alle

condizioni pedoclimatiche.

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

Una attenta strategia di conservazione è bene che preveda le seguenti azioni:

In un regime di ordinaria gestione del sito, devono essere previste:

↑ la pianificazione antincendio, con sorveglianza permanente, durante i periodi critici (aridità estiva) e

l’opportuna predisposizione di un sistema di accessi e viabilità forestale;

↑ la sospensione e/o regolamentazione del pascolo in bosco.

Considerando la coltivazione a ceduo non strettamente necessaria per soddisfare esigenze economiche o

tradizionali (ad esempio usi civici), deve essere adottata la coltivazione a fustaia.

Nei pochi casi e nelle porzioni di superfici ove l’habitat si presenta degradato devono essere effettuate azioni

per il ripristino della funzionalità biologica quali il rinfoltimento.

Nelle zone interessate da fenomeni di erosione, occorre ridurre al minimole azioni che li possano innescare,

come apertura di nuove strade, sovrappascolo e incendi.

V.4.3.10 Scheda n. 10 – Habitat 9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus

rotundifolia.

SCHEDA N. 10 HABITAT 9340 – Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia.

LOCALITA’ PIZZO DELLA RONDINE, PISTACCHIERA, GARGIUFFE’, BRUCA, SALACI.

CARATTERIZZAZIONE:

All’interno dei SIC in questione si possono riscontrare diverse tipologie di lecceta. Fra queste quella con la

presenza della roverella (Quercus pubescens s.l.) costituisce la comunità con maggiore integrità strutturale e

compositiva.

Questa tipologia vegetazionale è ascrivibile all'Aceri campestris-Quercetum ilicis, associazione del Quercion ilicis

(BRULLO, 1983).

Lo strato è costituito in prevalenza dal leccio ma, a definire la sua fisionomia, contribuiscono con vario peso

anche altre essenze come Acer campestre, e Fraxinus ornus. Lo strato arbustivo annovera specie caratteristiche

dei Quercetalia e Quercetea ilicis quali Clematis vitalba, Euphorbia characias, Hedera helix, Lonicera etrusca,

Pyrus amygdaliformis, Rosa sempervirens, Rosa sicula, Ruscus aculeatus. Nello strato erbaceo sono frequenti

altri taxa come Asparagus acutifolius, Brachypodium sylvaticum, Calamintha nepeta, Cyclamen repandum,

Lamium flexuosum var. pubescens, Paeonia mascula subsp. russii, Thalictrum calabricum, Trifolium pratense e

Viola dehnhardtii.

Le cenosi più rilevanti a prevalenza di leccio si collocano sui versanti semirupestri, freschi ed esposti a

tramontana, di Pizzo dell'Apa, Pizzo della Rondine, Pistacchiera, Gargiuffé, Bruca e Salaci. In questi ambienti

avviene un'assidua compenetrazione del leccio con le formazioni a querce caducifoglie. Si tratta di boschi

disetanei, a volte ceduati, con copertura colma e densità elevata.

Vi è da osservare, comunque, che allorquando la lecceta raggiunge un'elevata densità, causa l'impoverimento

del corteggio floristico nel sottobosco.

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Formazioni di limitata superficie sono variamente distribuite nell'area in esame. Tuttavia le espressioni più

peculiari s'insediano nelle stazioni semirupestri, sui ghiaioni consolidati a partire da 500-600 m.s.l.m. Queste

ultime si riscontrano nelle contrade S. Lorenzo, Salaci, Finocchiara, S. Onofrio, Monte Cammarata, Monte

Gemini, Portella della Venere, Portella dei Daini, Gargiuffé, Pizzo delle Rondini.

La comparsa del leccio è frequente anche nelle aree rimboschite e negli ambienti di macchia.

INDICATORI:

Vanno considerati come indicatori di uno stato di buona conservazione:

↑ la capacità di rinnovamento della componente arborea (indicata da una copertura delle plantule > 1% in

un popolamento elementare);

↑ la ricchezza di classi diametriche (valutabili come classi di età) delle specie del genere Quercus (devono

essere presenti almeno 2 classi di diametri, oltre alle plantule, ciascuna con copertura superiore al 10%);

↑ la vetustà degli elementi arborei, che abbiano almeno il 10% di copertura (valutabile empiricamente dal

diametro del tronco a circa 130 cm dal suolo, che deve essere > 40 cm);

↑ la copertura dello strato arboreo (che deve essere > 70%).

↑ Un buon stato di conservazione può essere indicato da comunità animali legate ad ambienti più secchi e

forestali, in particolare dai rettili.

Nel caso in specie lo stato di conservazione può essere considerato soddisfacente, anche se frequenti episodi di

incendi di natura dolosa, oltre a compromettere la naturale evoluzione di questo tipo di formazioni verso forme

stabili, destano una profonda preoccupazione per le loro sorti future.

MINACCE:

Le possibili minacce sono legate:

↑ agli incendi incontrollati;

↑ a localizzati fenomeni di degrado del suolo per compattazione dovuta alo calpestio;

↑ Il sovrapascolo;

↑ l’apertura di strade e di viali parafuoco;

↑ l’uso forestale.

↑ una ridotta estensione delle fitocenosi.

Particolarmente esposte al rischio dei frequenti incendi di natura dolosa sono le leccete che si trovano a

contatto con le formazioni forestali a conifere, data la facile infiammabilità di queste ultime.

Si osserva, comunque, una completa ripresa della vegetazione nelle porzioni di bosco percorse anche di

recente da incendi, segno della grande capacità di ripresa di queste specie e del loro grande adattamento alle

condizioni pedoclimatiche.

GESTIONE E STRATEGIE DI CONSERVAZIONE:

Nelle aree di contatto con i rimboschimenti artificiali di conifere si osserva, in particolare in quei contesti dove

la copertura delle resinose è minore, un notevole dinamismo; il leccio tende a diffondersi in maniera massiccia

con abbondante rinnovazione e con esemplari già sufficientemente sviluppati.

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Molto interessanti sono, inoltre, i piccoli nuclei di leccio che crescono in ambienti dominati dalla gariga ad

Ampelodesma, fornendo una chiara testimonianza delle tendenze evolutive di queste formazioni.

Ai fini della gestione e conservazione delle leccete, ci si dovrà limitare, nelle cenosi più integre, semplicemente

a monitorare e ad eseguire interventi minimali per mantenere lo stato ecologico. Nelle zone di contatti con i

popolamenti artificiali ci si dovrà adoperare affinché gradualmente avvenga la sostituzione.

In un regime di ordinaria gestione del sito, devono essere previste:

↑ la pianificazione antincendio, con sorveglianza permanente, durante i periodi critici (aridità estiva) e

l’opportuna predisposizione di un sistema di accessi e viabilità forestale;

↑ la sospensione e/o regolamentazione del pascolo in bosco.

Considerando la coltivazione a ceduo non strettamente necessaria per soddisfare esigenze economiche o

tradizionali (ad esempio usi civici), deve essere adottata la coltivazione a fustaia.

Nei pochi casi e nelle porzioni di superfici ove l’habitat si presenta degradato devono essere effettuate azioni

per il ripristino della funzionalità biologica quali il rinfoltimento.

Nelle zone interessate da fenomeni di erosione, occorre ridurre al minimo le azioni che li possano innescare,

come apertura di nuove strade, sovrappascolo e incendi.

V.5 STIMA DELL’INCIDENZA POTENZIALE DEGLI INTERVENTI E DELLE ATTIVITÀ PREVISTI

DAL PRG SUGLI OBIETTIVI DI CONSERVAZIONE DEI SITI NATURA 2000.

Acquisito e completato il quadro delle conoscenze e definiti gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle

specie tutelate, ci si appresta ora a completare il percorso di analisi e valutazione che le azioni e le previsioni

del Piano Regolatore Generale possono generare, al fine di determinare il livello di compatibilità del Piano con

gli obiettivi di conservazione.

Facendo riferimento alle indicazioni metodologiche fornite dalla Guida della Commissione europea, già

ampiamente illustrate nel precedenti capitoli, nella valutazione che ci si appresta a fare saranno considerati

tutti quegli aspetti e azioni del Piano che possano in qualche modo avere o produrre ripercussioni sulla

integrità degli habitat e delle specie tutelate.

In particolare saranno presi in considerazione i seguenti aspetti:

↑ Le previsioni dimensionali del Piano (entità ed obiettivi delle previsioni, soprattutto con riguardo alle aree

di espansione edilizia ed ai nuovi insediamenti);

↑ Il fabbisogno di risorse necessarie per soddisfare le previsioni di Piano (acqua, suolo, sottosuolo, ecc…);

↑ Le eventuali emissioni e i rifiuti prodotti, derivanti dalle azioni di Piano;

↑ Le esigenze di trasporto (per eventuali demolizioni, scavi, rinterri, edificazioni);

↑ I cambiamenti fisici indotti sull’ambiente dalle azioni di Piano ed in particolare gli scavi per nuove

edificazioni, l’alterazione della permeabilità dei suoli, la chiusura di visuali, la modifica delle condizioni

anemologiche, ecc..;

↑ Il periodo di validità del Piano e quello di realizzazione degli interventi previsti.

Il tutto, ovviamente, rapportato e valutato in base alle distanze tra ciascuno dei luoghi ove si potranno

generare dei cambianti indotti dal Piano ed i siti Natura 2000.

Gli effetti che il Piano potrà produrre sono stati distinti in :

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La Valutazione di Incidenza applicata al Piano Regolatore Generale di Cammarata

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↑ Effetti di area vasta, derivanti cioè, dalla strategia complessiva del PRG ed in particolare dalla suddivisione

del territorio comunale in Zone Territoriali Omogenee (ZTO), disciplinate dalla specifica normativa

urbanistica e di Piano;

↑ Effetti puntuali, determinati dalle collocazioni spaziali e temporali di ognuna delle attività previste,

infrastrutture, servizi, viabilità, parcheggi, impianti tecnologici, ecc..

In ragione, poi, dei presumibili impatti/incidenze delle azioni di Piano sui siti della rete Natura 2000 ed in

considerazione del fatto che molte delle attività e delle previsioni di Piano interesseranno il tessuto urbanistico

e le porzioni di territorio dislocate a distanze notevoli dai siti Natura 2000 da tutelare, si è provveduto a

redigere una Carta delle possibili Criticità, ove sono state enucleate, da tutto il comprensorio comunale, quelle

zone e quei punti dove le analisi fin qui svolte non hanno del tutto escluso la possibilità che il PRG possa in

qualche modo pregiudicare gli obiettivi di conservazione dei siti.

V.5.1 La strategia complessiva del Piano e gli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000.

La strategia che il PRG introduce, attraverso precise linee guida di sviluppo, pare finalizzata al raggiungimento

di un soddisfacente sviluppo socio-economico della collettività residente, compatibilmente alla salvaguardia del

patrimonio paesaggistico ed ambientale che il territorio di Cammarata possiede e, quindi, in una

interpretazione certamente orientata, anche alla luce del riconosciuto rilevantissimo patrimonio ambientale, al

perseguimento dello “sviluppo sostenibile”, così come internazionalmente definito.

Con tali riferimenti e sulla base delle indagini territoriali e della realtà socio-economica investigata, il PRG

sviluppa l’insieme delle scelte programmatiche, prefigurando proprio nelle risorse naturali (agricoltura e

turismo naturalistico, sostanzialmente), gli assi strategici verso cui orientare lo sviluppo del territorio (cap. 5.4

della relazione di PRG).

Ed in effetti, delineata in tal modo la prospettiva di uno sviluppo integrato e sostenibile, il Piano si muove

perseguendo realmente questi obiettivi.

Individua nella montagna, intendendo con questo termine il vasto territorio boscato che si sviluppa lungo le

pendici di Monte Cammarata, una “importantissima risorsa per il territorio cammaratese”. Osserva, tuttavia,

che essendo stata istituita, sull’ambito territoriale della Montagna, la Riserva Naturale Orientata di Monte

Cammarata, il PRG viene ad avere competenze assai limitate per quanto attiene la pianificazione dei territori

compresi nella Riserva, dal momento che la stessa “deve essere garantita, nelle zone A, attraverso specifici

Piani di sistemazione da compilarsi da parte degli Enti gestori e nelle zone B attraversi Piani di utilizzazione”. In

questo senso, dunque, il Piano si limita a dare una semplice indicazione per la stesura dei Piani di Utilizzazione,

laddove, compatibilmente con i vincoli di legge, suggerisce la previsione di “attività specificatamente rivolte

alla valorizzazione turistica della Montagna, quali parchi di campeggio, spazi per il turismo verde e luoghi di

accoglienza e ristoro”. Nel prosieguo delle indicazioni fornite, poi, suggerisce che le stesse attività possano

localizzarsi a monte del centro abitato (zona Santa Maria e Santa Lucia), “in atto interessate da disordinate

attività edilizie e da episodi di incontrollata trasformazione ambientale”, osservando che “i necessari interventi

di recupero ambientale e di rinaturazione, possono integrarsi con iniziative di valorizzazione turistica che non

prevedano la realizzazione di nuove volumetrie edilizie”.

Quali strutture ricettive turistiche, il Piano censisce una serie di complessi edilizi sparsi per il territorio agricolo

(masserie, Case Grandi, case isolate) che, “per le loro caratteristiche di inserimento ambientale o per il loro

valore storico-documentativo ed etno-antropologico, si prestano ad una riconversione ad usi turistici”. Non

manca, in questo senso, la specificazione che proprio per il loro valore, questi complessi edilizi “devono essere

assoggettati ad un particolare regime edilizio” che, sostanzialmente, quale forma di tutela di queste emergenze

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ambientali, ammette esclusivamente “la manutenzione, il restauro, il risanamento conservativo e la

ristrutturazione edilizia, senza alterazione delle caratteristiche architettoniche e volumetriche”.

Anche alle aree agricole il PRG conferisce quella importanza che esse effettivamente rivestono nella

salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturalistiche. Le scelte strategiche generali che il PRG assume, per il

territorio agricolo, tendono a privilegiare l’utilizzazione agricola dei terreni rispetto ad altre destinazioni

possibili, in tutti quei casi in cui esiste una concreta potenzialità di sviluppo della produzione agricola.

Nel disciplinare l’attività edilizia nei territori agricoli, il PRG riesce a tenere nel giusto conto le esigenze

realizzative delle aziende, garantendo, al contempo, il corretto inserimento delle opere e dei manufatti edilizi

nel contesto paesaggistico ed ambientale.

Il PRG introduce, peraltro, una restrizione dei parametri urbanistici che riguarda le costruzioni nelle zone E –

Verde Agricolo ricadenti all’interno dei Siti di Interesse Comunitario, garantendo, in tal modo, un maggior

livello di protezione. In particolare, per le realizzazioni edilizie entro il perimetro dei SIC ricadenti nel territorio

di Cammarata, il PRG consente l’edificazione (sempre a seguito di approvazione della relativa Valutazione di

Incidenza e sempreché non siano pregiudicati gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle specie) nel

limite di 0,01 mc/mq. Risulta in tal modo ridotto di ben 2/3 l’indice fondiario in queste zone rispetto alle

normali zone E – Verde agricolo, ove lo stesso indice è pari a 0,03 mc/mq.

Con la creazione del “Parco agricolo del Fiume Platani”, il PRG intende favorire, nelle aree irrigue di valle, uno

sviluppo organico dell’agricoltura. Il Parco, infatti, si vuole finalizzato alla integrazione delle attività agricole

tradizionali con altre di tipo innovativo e sperimentale, oltreché con attività turistiche e culturali, sotto il

coordinamento di un unico organismo costituito dagli stessi proprietari ed avvalendosi del sostegno economico

di enti pubblici e del supporto tecnico di istituti di ricerca e sperimentazione scientifica. In tal modo si

potrebbero, per esempio, sviluppare, in queste aree di frutticoltura ed orticoltura intensiva, tecniche

produttive che salvaguardino la delicata ecologia del Fiume.

Una evidenziazione, comunque, deve essere fatta a proposito di quelle che il PRG chiama “aree di verde

agricolo compromesso” e alla soluzione che per alcune di esse propone. Si tratta di quelle aree, classificate nel

vecchio P.d.F. zone E – Verde Agricolo, che sono state interessate nei decenni passati, da una certa diffusione di

residenze stagionali e non. Questo fenomeno di urbanizzazione delle campagne, pur sempre rappresentando

una forma patologica di attività edilizia, si è svolto a Cammarata “in forme assolutamente non traumatiche e

senza mai compromettere il carattere agricolo del territorio”. Esso si è sostanzialmente esplicitato attraverso la

realizzazione di villette e case stagionali e stabili nel verde agricolo e ha interessato soprattutto alcune

contrade prossime al centro urbano: Balatelle, Filici, San Lorenzo, Sant’Onofrio, Salaci. Per alcune di queste

zone il PRG ha ritenuto che continuassero a sussistere, malgrado la presenza di costruzioni residenziali anche

stabili, i requisiti di zona E. Per differenziarne, comunque, questamcondizione rispetto a quelle produttive,

nelle norme di attuazione è stato previsto per queste aree, un diverso regime normativo, definito di “Verde

agricolo periurbano”. Tale differenziazione si sostanzia in una diversa applicazione dei parametri urbanistici e

nella possibilità di realizzare nelle aree di verde agricolo periurbano, impianti e attrezzature pubbliche o di

interesse pubblico e impianti sportivi.

In altre aree di quelle chiamate di “verde agricolo compromesso”, il Piano, constatando un frazionamento

troppo spinto della proprietà ed un livello di urbanizzazione che richiede ormai la realizzazione di opere di

urbanizzazione sia primaria che secondaria, ha ritenuto praticamente non percorribile l’ipotesi di confermare

queste zone come zone E – verde agricolo e, pertanto, ha provveduto a perimetrarle ed inserirle quali nuclei di

zona C, con le sottoclassificazione C4 – Zone residenziali a bassa densità e Ct - Complessi turistico-alberghieri

ricettivi, in relazione sia alle condizioni dello stato di fatto che in riferimento alle potenzialità d’uso futuro.

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Ora, essendo che sia l’una che l’altra di queste due soluzioni proposte, viene ad interessare delle aree che si

trovano in contiguità con il SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci, ed anzi in qualche caso all’interno di

esso, potrebbe essere ipotizzata, in ossequio al principio di precauzione, una qualche forma di incidenza sulla

integrità del sito e sulla salvaguardia delle specie in esso presenti. Per tale ragione le previsioni contenute nel

PRG per queste aree, sono considerate una possibile criticità di Piano e saranno esaminate in apposito

successivo paragrafo di questa relazione.

Per quel che riguarda gli insediamenti edilizi per usi abitativi, si evidenzia come il PRG prefiguri una strategia di

politica urbanistica che vuole favorire il processo di riappropriazione della parte storica della città da parte dei

cittadini, ed in particolare delle classi sociali più deboli e degli artigiani, attivando, attraverso l’eliminazione del

degrado oggi esistente, nuove convenienze economiche per i privati e le imprese. Questa strategia urbanistica

muove dalla constatazione che, benché oggi il centro storico di Cammarata sia praticamente emarginato

fisicamente dai processi urbanistici e sia in esso generalizzato il fenomeno dell’abbandono, esso rimane pur

sempre la parte più qualificata della città, “nella quale sono sedimentate le tradizioni e la cultura della

popolazione, nonché quella che presenta le più alte potenzialità di riuso e trasformazione”. In quest’ottica il

PRG, anche su esplicita indicazione fornita dagli organi comunali (l’Amministrazione e il Consiglio Comunale in

primo luogo), intende far confluire sul centro storico tutte le iniziative progettuali finalizzate a supportare con

finanziamenti pubblici il processo di recupero edilizio.

Questo processo presenta almeno due aspetti positivi:

1) minimizza le esigenze di nuovi insediamenti e di nuove costruzioni,

2) tende a recuperare un enorme patrimonio storico-architettonico-urbanistico.

Si viene così a configurare come un fondamentale tassello in quel complesso mosaico di iniziative necessarie

per avviare, finalmente, quel processo di sviluppo che sia capace di integrare e valorizzare armonicamente

tutte le risorse che il territorio possiede.

Per quel che attiene le aree da destinare alla residenza, il PRG, pur muovendosi nella direzione della riconferma

delle previsioni già contenute nei precedenti strumenti urbanistici, apporta delle sostanziali modifiche che

riguardano la zona a valle dell’abitato nel quartiere Gianguarna e la zona in località Balatelle, compresa tra il

vallone Calcara e il vallone Bianco, nelle quale erano previste ampie fasce di zone C. Queste aree non sono

state finora interessate dal processo di urbanizzazione e, con ogni probabilità, non lo potrebbero essere

neanche per il futuro, per una serie di ragioni che vanno dalle scarse condizioni geo-morfologiche dei terreni,

alla presenza di baluardi fisici che hanno impedito il naturale processo storico di sviluppo della città. Per tale

ragione gran parte di queste aree, già previste nei precedenti strumenti urbanistici quali zone C, sono state oggi

classificate come zone agricole, ad eccezione di una modesta superficie in località Gianguarna, per la quale è

stata proposta una riconversione in zona D3, - Aree per attività commerciali.

Le zone C ubicate nella parte di monte del paese sono state invece integralmente riconfermate. Fanno

eccezione, tuttavia, alcune di queste aree nelle quali il PRG ha previsto una nuova titolazione come zona B,

trovando ciò giustificazione nel fatto che esse presentano oggi uno spinto livello di urbanizzazione. In questi

casi, però, pur variando la titolazione, sono state mantenute le stesse normative urbanistico-edilizie del piano

previgente.

In altre aree di località Santa Lucia, classificate zone C1 nel previgente P.d.F. ma ricadenti nella fascia di rispetto

boschivo di cui all’art. 15 della L.R. n.78/1976 e s.m.i., sono state realizzate tutte le opere di urbanizzazione

primaria: strade, acquedotto, fognatura, pubblica illuminazione. Ora, al fine di utilizzare le infrastrutture già

realizzate, essendo comunque vietati nuovi interventi edilizi,il PRG ha previsto in tali ambiti la realizzazione di

piazzali attrezzati per lo svolgimento dei mercati periodici.

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Tali nuove previsioni, unitamente a quelle che riguardano la nuova titolazione di zone B, attengono ad aree

limitrofe al SIC ITA 040005 Monte Cammarata-C.da Salaci e ad alcuni habitat comunitari in esso presenti. Si

ritiene necessario, pertanto, un approfondimento di indagine che verifichi la congruenza di tali previsioni

urbanistiche con le esigenze di tutela degli habitat e perciò esse saranno trattate in apposito paragrafo della

presente Valutazione.

Anche per quel che riguarda le attrezzature ed i servizi, il PRG si muove nell’ottica delle riconferma di quanto

già previsto nel precedente strumento urbanistico. Fra quelle che si trovano all’interno dei SIC o nello spazio di

influenza rispetto agli habitat da tutelare, sono da segnalare soltanto alcune opere già esistenti: il campo

sportivo e il parco suburbano in località Salaci, i serbatoi idrici comunali in località Serra Canale e Balatelle, lo

spiazzo panoramico (detto “Belvedere”) in località Balatelle, la piscina provinciale in località Balatelle, la sede

dell’AUSL, il pronto soccorso e la scuola materna in località Santa Lucia. Si tratta, come già detto, di opere

realizzate da diversi decenni e perciò afferenti allo stato di fatto. Queste opere, comunque, negli anni non

hanno mostrato di svolgere alcun impatto negativo sui SIC, sugli habitat e le specie in essi tutelati e sull’area

protetta della R.N.O. di Monte Cammarata. Null’altro si è riscontrato su cui poter appuntare l’attenzione della

presente valutazione. In apposito paragrafo saranno, comunque, valutati gli effetti cumulativi che potranno

derivare dalla ubicazione delle attrezzature e servizi con le altre previsioni di Piano e con gli altri

Piani/Programmi.

Nel merito del grande tema riguardante la viabilità, il Piano mostra di muoversi nella direzione di un pieno

rispetto delle risorse naturalistiche ed ambientali del territorio. Esso, infatti, si limita solamente a fornire una

risposta a pochi ed importanti problemi che riguardano il collegamento viario tra le diverse parti della città. Il

più rilevante fra essi è quello che riguarda il collegamento tra la parte bassa della città, dove si sono sviluppati

consistenti insediamenti abitativi in ampliamento dell’antico quartiere di Gianguarna, e le parti alte di Santa

Maria, Santa Lucia e Balatelle, attualmente effettuato, con notevoli difficoltà ed impedimenti, attraverso i

tortuosi solchi viari di origine medievale della città antica. E’ stata recepita in tal senso, nel PRG, la costruzione

di una bretella di collegamento a nord dell’abitato, tra la S.P. n. 24, attraverso il quartiere Lupa, con la S.P. n. 26

e, attraverso questa, con la SS.118. Tale intervento assicurerebbe la risoluzione, tanto attesa dalla comunità

locale, del problema viario, senza, peraltro, lasciar ipotizzare una benché minima incidenza sugli habitat da

tutelare, lontano come sarebbe da essi il tracciato da realizzare.

All’esterno del perimetro urbano, ad eccezione di quello appena ora segnalato e di pochissimi altri, riguardanti

peraltro, il completamento, il potenziamento e l’ammodernamento di viabilità già esistente nella zona est del

territorio comunale, al di là del Platani, non sono previsti nel PRG nuovi tracciati stradali. Ritiene, infatti, il

progettista del Piano che “le necessità di nuove penetrazioni viarie nel territorio agricolo possano essere risolte

efficacemente attraverso l’ammodernamento di tracciati trazzerali esistenti e le opere di questa natura, se

interessano esclusivamente zone classificate “E” nel PRG, potranno realizzarsi, in base alle norme di attuazione

del PRG, senza necessità di una specifica previsione localizzativa, costituendo il progetto generale dell’opera

stradale specificazione planimetrica delle previsioni di PRG”.

Un’altra importante previsione che il PRG fà e che può rivestire un importante ruolo nel restituire qualità

all’assetto urbanistico della città, favorendone l’integrazione con le risorse naturali presenti, è certamente

quella riguardante l'assetto delle aree intorno al torrente Turibolo.

Evidenzia il PRG come da molti anni “la città ha dimenticato la presenza di questo importante elemento

naturale”, tanto che il previgente Programma di Fabbricazione, portando alle estreme conseguenze un

processo di sopraffazione che era iniziato già da molti anni, ha previsto interventi fin quasi dentro l’alveo del

torrente; tali interventi, fortunatamente, sono stati solo in parte realizzati.

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Ora, “nell'ottica di un recupero, architettonico e funzionale del centro antico della città” il Piano vuol prevedere

il recupero ambientale dell’alveo torrentizio. A questo fine le poche aree ancora libere da costruzioni attorno al

torrente saranno vincolate e destinate alla creazione del “Parco del Turibolo”. Laddove tecnicamente possibile,

si dovrà intervenire con opere di rinaturalizzazione realizzate con tecniche di ingegneria naturalistica, “per

ricostituire, se non certamente l'ambiente fluviale di un tempo, una cornice di verde ai piedi della città.”

Il parco interesserà l’intera area urbana storica, da Gianguarna fino a Santa Maria, venendo, praticamente, a

connettersi con il SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci.

Anche attorno al Castello, nel centro storico della città, il PRG, riprendendo ed ampliando una previsione del

vecchio P.d.F., istituisce il “Parco del Castello”. L’ampliamento previsto consentirà di connettere la vasta area a

verde intorno al Castello con il parco urbano, la cui realizzazione è stata da poco completata.

Nel contesto urbanistico che il PRG prefigura, le aree per attività produttive del comparto artigianale e

industriale vanno ad occupare una irrilevante parte nel territorio comunale. Questa scelta muove dalla

osservazione che tali comparti produttivi “mai potranno diventare i settori trainanti dell’economia locale, che

dovrà, invece, far leva sullo sviluppo delle attività turistiche ed agricole.” Il nuovo strumento urbanistico si fa

carico di determinare le condizioni più favorevoli, da un lato per la permanenza delle strutture produttive

esistenti, dall’altro per un ulteriore potenziamento del tessuto produttivo, con un’offerta diversificata di spazi

attrezzati per i diversi comparti produttivi. Anche qui il Piano tende a limitare al minimo i nuovi insediamenti,

passando per il reinserimento, all’interno dell’area urbana storica, delle piccole strutture di artigianato

produttivo e di servizio, che non necessitano di grandi spazi e che risultano compatibili con la residenza. Di

nuovi insediamenti, rispetto al vecchio Programma di Fabbricazione, il nuovo Piano non ne prevede, se si

esclude un’area attrezzata per la media e grande distribuzione commerciale in località Gianguarna, ai lati della

strada provinciale n. 24. Per il resto esso si limita a confermare l’agglomerato industriale in località Scalo (per

sfruttare la presenza di importanti connessioni stradali e ferroviarie) e quello in località Tumarrano e Borgo

Gallea. Si tratta, in tutti i casi, di agglomerati industriali posti a notevole distanza dai SIC e dagli habitat in essi

esistenti da tutelare, che risultano, perciò, non suscettibili di subire influenze dalle attività che in tali aree si

dovranno svolgere. In tal senso, tuttavia, in ossequio al principio di precauzione, merita qualche

approfondimento il discorso relativo alle possibili incidenze che le previste, ed in larga parte già realizzate ed

operanti, attività industriali in località Scalo, possano generare sugli habitat tutelati ricadenti all’interno del SIC

ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa. Anche questa, dunque, è stata individuata come una possibile criticità

di Piano e sarà trattata in apposito successivo paragrafo.

Al di fuori degli agglomerati industriali e artigianali sin qui descritti, il PRG dà la possibilità, inoltre, di realizzare

stabilimenti produttivi per lo sfruttamento di risorse locali in tutte le aree di verde agricolo non gravate da

vincoli di inedificabilità. Tale previsione non può, certamente, essere oggetto della presente valutazione, per

una ovvia mancanza di riferimenti spaziali e temporali. Tali eventuali interventi dovranno essere valutati, se del

caso, in sede di approvazione dei rispettivi progetti da parte dei competenti uffici comunali, cui, peraltro,

spetta, in forza di legge, l’emissione del provvedimento autorizzativo in tema di valutazione di incidenza.

V.5.2 Gli effetti di area vasta conseguenti la strategia e la zonizzazione introdotta dal PRG.

Le scelte operate in sede di redazione del PRG, in merito ai dati metrici e dimensionali ed alla dislocazione

stessa di ciascuna delle Zone Territoriali Omogenee, appaiono, nel loro complesso, certamente compatibili con

gli obiettivi di salvaguardia degli habitat di interesse comunitario presenti nei 4 SIC considerati e, in generale,

con le esigenze di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio naturalistico-ambientale del territorio di

Cammarata. Tutto la superficie dei SIC ricade nella ZTO “E – Verde Agricolo”; nessun’altra ZTO và ad interessare

direttamente l’area SIC, né tantomeno alcun habitat tutelato sia esterno che interno ad essi.

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Questo è già di per sé un grande risultato, in considerazione del fatto che il perimetro del SIC ITA040005 Monte

Cammarata-C.da Salaci viene a passare ad appena qualche decina di metri da quello che è ormai il tessuto

urbano della città, così come si è sviluppato nei decenni passati. Il risultato sembra ancora più soddisfacente

ove si consideri che una serie di ragioni, che illustreremo, non avrebbero lasciato altra scelta che quella di

interessare le aree interne od immediatamente esterne al SIC, per assicurare alla città una possibilità di

espansione.

L’abitato di Cammarata, così come si è sviluppato dall’origine ai giorni nostri, sorge su un costone roccioso in

ripida pendenza alle pendici del Monte e presenta una conformazione alquanto allungata in direzione E-O. Tale

forma è stata fissata nel tempo dalla presenza di possenti baluardi fisici che ne hanno impedito lo sviluppo

nelle direzioni N e S (a N per la presenza di un alto burrone e a S per la presenza della strada-confine con

l’abitato di San Giovanni Gemini).

Tuttavia, l’effettivo sviluppo della città nei decenni passati, si è avuto soltanto in direzione O, verso il Monte.

Ciò è stato determinato in primo luogo dal fatto che a E, verso valle, sono venuti a mancare terreni geo-

morfologicamente adatti per l’edificazione, tanto che il Piano per l’Assetto Idrogeologico redatto

dall’Assessorato Territorio e Ambiente e lo stesso studio geologico di PRG, segnalano diffusi fenomeni di

dissesto che rendono questi suoli assolutamente inadatti all’edificazione. In secondo luogo, la zona a monte

dell’abitato è quella che risulta maggiormente appetibile per le nuove costruzioni, per via della migliore qualità

geo-morfologica dei terreni, certamente, ma anche per una maggiore salubrità dei luoghi e per le stupende

viste panoramiche che da qui si godono.

Ne è risultata una spasmodica ricerca di terreni edificabili ed un effettivo spostamento del centro e delle

attività urbane in questa zona di monte dell’abitato. Ed è qui, dunque, fino a qualche decennio fà aperta

campagna, che è sorta la parte nuova della città ed è qui che si sono spostate naturalmente, gran parte delle

attività e dei servizi collettivi (sono qui la Caserma dei CC, l’Ufficio del Giudice di Pace, l’AUSL, il Pronto

Soccorso, le scuole, ecc., per non parlare delle principali attività commerciali e professionali).

Risulta chiaro, perciò, come tutte le aspettative della popolazione locale per lo sviluppo urbano della città

fossero indirizzate proprio su questa zona, ai margini della quale si trovano le odorose pinete delle pendici di

Monte Cammarata e quei lembi di natura di elevato valore che con la costituzione del SIC si intende tutelare.

Ebbene, essere riusciti, con la redazione del nuovo PRG, ad assicurare ampie possibilità per uno sviluppo

ordinato della città e del suo territorio per i prossimi decenni, non perdendo di vista, nella sostanza, le esigenze

di salvaguardia delle notevoli risorse naturalistico-ambientali che qui vi si trovano, è, a nostro giudizio, un

risultato davvero ragguardevole, che và imputato al merito della popolazione locale, che in definitiva ha capito

ed accettato le scelte operate.

L’aver dislocato le aree per le attività produttive, quelle potenzialmente più impattanti, verso zone lontane, già

fortemente caratterizzate dalle attività antropiche e meno sensibili nelle loro caratteristiche ambientali,

unitamente al fatto di aver posto in atto una serie di scelte tendenti a ridar vita al centro storico della città, oggi

in un avanzato stato di degrado, per riaverlo al suo naturale ruolo di centro di residenza e delle attività con essa

compatibili, sono risultate essere, in definitiva, le scelte che hanno consentito di configurare uno sviluppo

urbanistico che, nella sostanza, riesce bene a conciliare le aspettative per una nuova edilizia e quelle di

salvaguardia dell’enorme patrimonio naturalistico-ambientale.

In questo senso, gli stessi dati dimensionali del Piano sono risultati essere perfettamente in linea con le

esigenze illustrate. Il progetto, impostato per una popolazione residente stimata al 2024, pari a 7.500 abitanti,

ha dato luogo alla necessità di una volumetria residenziale, oltre quella già esistente, quantificata in soli

170.000 mc circa. Tale nuova volumetria potrà essere realizzata per una parte, valutata in circa 55.000 mc,

all’interno delle zone di completamento del centro urbano (zone B) e, per la restante parte, pari a 115.000 mc

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circa, nelle zone C di espansione urbana. Queste zone C, peraltro, risultano già in larga massima dotate delle

principali opere di urbanizzazione primaria, realizzate nei decenni precedenti.

Anche i dati dimensionali relativi alle zone agricole, a quelle per attività produttive e commerciali, sembrano

assecondare la naturale vocazione allo sviluppo di questo territorio, che è orientata precipuamente verso

l’agricoltura e ad un tipo di turismo definito “naturalistico”.

L’esame delle tabelle e matrici elaborate evidenzia una quasi totale coincidenza tra i siti Natura 2000 e le zone

“E – Verde Agricolo” di PRG. Ciò rende indubitabile l’importanza di una corretta gestione delle zone “E” e la

necessità di affrontare, con il Piano di Gestione dei siti, le problematiche relative alla compatibilità dell’uso

agricolo con le finalità di Natura 2000. A monte, comunque, bisognerà avviare una serie di studi specifici capaci

di indagare a fondo la realtà produttiva agricola locale, per individuare e metter a punto i metodi di gestione e

le tecniche produttive più rispettose dell’ambiente naturale capaci di assecondare quelle forme di sviluppo

rispettose dell’ambiente e delle risorse naturali.

Le superfici destinate alle attività produttive, il cui dimensionamento complessivo è stato stimato in 73 ettari

circa, sono state suddivise in industriali (D1), artigianali (D2) e commerciali (D3). Le prime sono estese circa 69

Ha, in due nuclei (Scalo Ferroviario e Valle del Tumarrano), rispettivamente di 15 e 53 Ha. L’area industriale

nella zona dello Scalo ferroviario è, ad oggi, pressocchè già completata, ospitando attività di piccola industria

legate ai settori metalmeccanico e della lavorazione del legno, nonché alcuni insediamenti della piccola

industria agro-alimentare.

L’insediamento industriale in località Tumarrano, invece, benché già previsto nel precedente strumento

urbanistico, non ha avuto, finora, quello sviluppo che ci si aspettava, ed è, pertanto, quasi tutto da realizzare.

Alcune attività sono, per il vero, già comparse con un ritmo sempre più sostenuto; esse riguardano la

lavorazione e la trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, del legno e dei conglomerati cementizi. Altre

si apprestano a nascere nei prossimi mesi.

Anche nelle zone D2 e D3 ferve un intenso lavorìo, che ha portato già all’insediamento di diverse attività, che

riguardano la grande distribuzione alimentare, la commercializzazione di macchine ed attrezzature e, perfino,

un’ampia area a parco giochi acquatici.

Come si vede, anche lo sviluppo in questi settori produttivi sembra essere orientato verso forme che si

stimano, nel complesso, compatibili con le esigenze di salvaguardia dell’ambiente.

Effetti, dunque, di larga scala sull’ambiente e sulle risorse naturali, indotti dalle strategie complessive e dalla

zonizzazione del Piano, non si prevede possano verificarsi. Fanno eccezione, come è logico aspettarsi nel

panorama generale che si è descritto, alcune singole situazioni, riferite soprattutto alle zone più sensibili del

territorio, in prossimità dei siti e degli habitat da tutelare. Si tratta di modesti nuclei di zone classificate dal

Piano quali zone B1, C2, C3, Cc, Ct, e la viabilità di Piano ad essi connessa, la cui dislocazione è in così stretta

vicinanza, ed in alcuni casi in contiguità con i siti e gli habitat comunitari, da poter far avanzare qualche ipotesi

di incidenza su di essi.

Qui, nella massima cautela, si è voluto svolgere un approfondimento di indagine che portasse ad escludere

definitivamente la possibilità di esporre a rischio gli habitat comunitari o le specie da tutelare.

Queste situazioni sono state perciò definite “possibili criticità di Piano” e per esse è stata redatta una tavola

apposita.

V.5.3 Le possibili criticità di Piano.

In ragione dei presumibili impatti/incidenze delle azioni di Piano sui siti della rete Natura 2000, si è provveduto

a redigere una Carta delle possibili Criticità di Piano, ove sono state enucleate, da tutto il comprensorio

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177

comunale, quelle zone e quei punti ove possa essere ipotizzato, in base al principio di precauzione, che vi possa

essere anche una semplice probabilità che si possa verificare una qualche incidenza significativa del Piano sugli

habitat e le specie da tutelare.

Si è voluto e potuto, in tal modo, concentrare l’attenzione della presente indagine solamente su quelle aree e

quei punti dove il principio di precauzione ha suggerito di effettuare un particolare approfondimento delle

analisi dei fattori di pressione e dei cambiamenti indotti dalle azioni del Piano.

Tutto questo trova fondamento nel fatto che molte delle azioni di Piano interessano il tessuto urbanistico già

esistente ed anche luoghi ed aree ben lontane dai siti della rete Natura 2000 e da altre eventuali emergenze

naturalistiche, e perciò non suscettibili di essere individuate come azioni incidenti sulla integrità dei siti.

Gli interventi di Piano previsti all’interno del tessuto urbanistico esistente (specificatamente nelle zone

classificate A e B) riguardano, infatti, soltanto la manutenzione e il restauro in zona A e la edificazione in zona

B, subordinata al fatto che i lotti risultino immediatamente serviti dalle principali opere di urbanizzazione

primaria (acquedotto, fognatura e strade). In assenza di una o più di tali opere occorrerà procedere attraverso

piani esecutivi, per i quali si avranno, nell’evenienza della loro stesura ed approvazione, tempi e modi per

valutarne gli eventuali effetti sui siti di Natura 2000. Pertanto, sia le azioni previste all’interno del tessuto

urbano esistente, così come quelle riguardanti interventi lontani spazialmente (al di là dei 300 metri) dai siti

Natura 2000, non sono ritenute tali da provocare incidenze, o perché sono di tipo puntuale, o perché

assolutamente non assimilabili ad azioni di impatto.

Ciò detto, in relazione alle possibili incidenze, derivanti dalle azioni di Piano previste su queste aree o punti,

sono state individuate n. 5 aree o punti di possibile criticità del Piano Regolatore Generale. Questi elementi di

criticità sono stati numerati dal n. 1 al n. 5 e descritti dettagliatamente attraverso singole schede che saranno

riportate in apposito paragrafo della presente relazione.

Nello specifico essi riguardano:

↑ Le zone B1, C2 ed F (aree per mercatini rionali) e la viabilità di Piano in c.da S. Lucia a monte dell’Ospedale

civico;

↑ Le zone B1, C2 e C3, la viabilità di Piano a monte della via Pertini;

↑ Le zone C3 (anche in accoglimento di osservazione al PRG), E1 (verde agricolo periurbano), F (aree per

attrezzature sportive – piscina provinciale) e la viabilità di Piano nella zona Balatelle nell’intorno della

piscina provinciale;

↑ La zona E1 (verde agricolo periurbano), Ct, in area SIC (in accoglimento di osservazione al PRG), in località

S. Onofrio;

↑ La zona D1 in località Piano d’Amata (in accoglimento di osservazione al PRG)

↑ La zona Ct (complessi ricettivi) in .località Filici;

↑ La zona Cc (complessi ricettivi) in località Luce di Luna;

↑ L’agglomerato industriale in località Scalo ferroviario.

Per tali previsioni, caratterizzate da precisa e circoscritta identificazione topografica, si è stimata insufficiente la

metodica del GIS per una esaustiva valutazione e si è quindi deciso di adottare un criterio diretto di valutazione,

in grado di tener conto dell’effettivo status ambientale dei luoghi e di alcune caratteristiche peculiari (rarità

assoluta o relativa, legata a fattori ecologici e/o biogeografici) dei taxa e dei syntaxa lì riscontrati, onde evitare

che le opere previste dal PRG possano effettivamente compromettere unità o sub-unità di paesaggio o

popolamenti di particolare pregio, rari, vulnerabili o minacciati.

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A tal fine si è provveduto ad integrare la valutazione su base GIS (sistema vincolistico, uso del suolo, habitat,

caratteristiche morfologiche, dislocazioni delle previsioni di PRG e distanze dagli habitat, ecc..) con le

valutazioni rese possibili dalle accurate indagini di campo svolte nel corso del periodo Aprile-Dicembre 2007 al

fine di censire le emergenze botaniche ed ambientali ed analizzare le tendenze evolutive nelle singole aree e le

loro dinamiche.

In particolare sono state raccolte ed esposte nei paragrafi che seguono, per ciascuna area di possibile criticità,

le seguenti informazioni:

↑ Classi di unità di paesaggio vegetale interessate (riportate in cartografia in apposita Tav. );

↑ Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e lineamenti del paesaggio, presenza di

emergenze, grado di disturbo, ecc..);

↑ Descrizione analitica delle singole sub-unità di paesaggio vegetale (supv) dell’area, con riferimenti

espliciti alle specie dominanti e/o più espressive);

↑ Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato I

della Dir. CEE 92/43;

↑ Presenza verificata o potenziale di specie vegetali e animali d’interesse comunitario o prioritario ai sensi

dell’allegato II della Dir. CEE 92/43;

↑ Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa

ai sensi dell’allegato IV della Dir. CEE 92/43;

↑ Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse scientifico/conservazionistico a livello

locale/regionale/nazionale/internazionale.

Sulla base di tutte le informazioni raccolte si è provveduto ad esprimere, per ciascuna possibile area di criticità

di Piano, un giudizio di compatibilità delle previsioni con le esigenze di tutela degli habitat e delle specie

presenti. Nel formulare tale giudizio di compatibilità sono stati dapprima descritti tutti gli elementi e le

previsioni di Piano che possono in qualche modo incidere in maniera significativa sul sito, in relazione agli

obiettivi di conservazione che sono stati già individuati. E’ stata fatta, poi, una descrizione dettagliata del modo

in cui le previsioni di Piano possono eventualmente incidere sulle specie principali e sugli habitat più

importanti, analizzando, nel contempo, il modo in cui l’integrità di ciascun sito (determinata in termini di

struttura, di funzioni e di obiettivi di conservazione) può essere intaccata (ad esempio per perdita di habitat,

perturbazione, distruzione, variazioni chimiche, cambiamenti idrogeologici, ecc..) ed evidenziando eventuali

lacune nelle informazioni ed eventuali incertezze nel definire la significatività della incidenza.

Sono state, infine, individuate, laddove necessario, tutte le misure di mitigazione da introdurre per evitare,

ridurre o porre rimedio agli eventuali effetti negativi sull’integrità dei siti.

Nella formulazione del giudizio di compatibilità sono stati, in particolare, considerati i diversi vincoli di natura

urbanistica, paesaggistica ed ambientale, complessivamente rappresentati in apposita Tav. e che, illustrati nel

paragrafo che segue, sono intervenuti nella determinazione del grado di compatibilità delle previsioni di PRG,

evidenziando, nella valutazione, quelle azioni, interventi, ed attività di Piano nei fatti non possibili per effetto

dell’applicazione di tali vincoli nelle relative procedure autorizzative che la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di

Agrigento, il Comune stesso di Cammarata, l’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Agrigento, l’Azienda

Foreste Demaniali, quale Ente gestore della Riserva entro cui gran parte della superficie dei SIC ricade, saranno

chiamate e definire.

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V.5.4 Il regime vincolistico e di tutela operante sul territorio in esame.

Di effetto positivo riguardo le finalità di Natura 2000, sono certamente da valutare le azioni conseguenti le

normative di tutela che agiscono sul territorio indagato. L’analisi dei Piani (Linee Guida per il Piano Paesistico

Regionale e Regolamento di gestione della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata) e dei vincoli

discendenti dalla normativa europea, nazionale e regionale vigente, è stata condotta acquisendo, presso gli

Enti competenti, le relazioni, le norme e gli allegati grafici, nonché consultando le originali fonti normative.

Tutti i vincoli individuati e cartografabili, sono stati riportati in un’apposita tavola e posti in relazione, tramite il

sistema GIS che si è adottato, con le diverse previsioni del PRG.

L’elenco dei vincoli individuati ed operanti sul territorio di Cammarata, è il seguente:

A) Vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985. Riguarda le seguenti parti del territorio comunale:

↑ Torrenti e i relativi argini per una profondità di m.150 per lato, iscritti nell'elenco delle acque pubbliche

della provincia di Agrigento approvato con D.P. n° 1503 del 16/12/70; tale elenco comprende i valloni:

Campisia, Gargiuffe, del Palo, Gassena, Saraceno, Cacagliomarro, Inferno o Bocca di Capra, Pasquali,

Sparacia, Salina, Conceria, Portella S. Venera, Tricchi, Minnicuca, Cammarata e Turibolo, Vaddonazzo,

Realtavilla Castagna, Cozzo di Muto, Zoffi, Soria, Fiumarello.

↑ Riserva orientata di Monte Cammarata;

↑ Aree boscate e sottoposte a vincolo di rimboschimento;

↑ Zone di rispetto attorno ai boschi ed alle fasce forestali (per effetto dell'art. 10 L.R. 16/1996)

↑ Aree assegnate alle Università Agrarie e le zone gravate da usi civici;

↑ Zona archeologica di Contrada Casabella;

↑ Aree montane nella parte eccedente i 1200 m.

Nelle parti del territorio comunale assoggettate al vincolo paesaggistico l'esecuzione di tutti gli interventi

previsti dal PRG è subordinata alla acquisizione dello specifico nulla osta da parte della Soprintendenza ai Beni

Culturali ed Ambientali.

B) Vincolo idrogeologico R. D. 3267/1923: riguarda la quasi totalità del territorio comunale, con esclusione

dell'area urbana e di una fascia lungo il vallone Tumarrano e il Fiume Platani.

Nelle parti del territorio comunale assoggettate al vincolo di cui al R. D. 3267/1923 l'esecuzione di tutti gli

interventi previsti dal Piano è subordinata alla acquisizione dello specifico nulla osta da parte dell'Ispettorato

Ripartimentale delle Foreste.

C) Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale. Nel territorio comunale di Cammarata

rientrano, in tutto o in parte i SIC: Pizzo della Rondine, Bosco Santo Stefano; Monte Cammarata, contrada

Salaci; Rocche di Castronovo,Pizzo Lupo, Gurghi di Sant’Andrea. All’interno dei SIC il PRG consentirebbe

l’edificazione con una densità fondiaria non superiore a 0,01 mc/mq, ferme restando le norme più restrittive

scaturenti dalla destinazione di zona attribuita dal PRG stesso alle diverse parti.

D) Riserva naturale del Monte Cammarata, istituita con D.A n. 86/44 del 18.04.2000, n.970 del 10.06.91, in

attuazione della L.R. 98/1981 e 14/1988. E’ compresa, quasi integralmente, entro il perimetro dei SIC

ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci e ITA 040007 Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina.

Attualmente è gestita dall’Azienda Foreste Demaniali.

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E) Vincolo sulle attività edilizie all’interno dei boschi e nelle relative fasce di rispetto. L.R. 6 aprile 1996, n. 16.

Sono interessate tutte le aree boschive appositamente censite dallo Studio Agricolo Forestale e le relative fasce

di rispetto. E’ fatta una differenziazione tra i boschi naturali e quelli artificiali. Mentre nei boschi naturali e nelle

relative fasce di rispetto vige il divieto di inedificabilità assoluta, in quelli artificiali e nelle relative fasce di

rispetto è data possibilità di edificazione nei limiti previsti dalla normativa vigente per le zone territoriali

omogenee agricole. L’ampiezza della fascia di rispetto varia in funzione della estensione della superficie

boscata, da 50 fino a 200 m. Và sottolineato, comunque, che la stessa L.R. 16/96 consente l’edificazione,

all’interno della fascia di rispetto dei boschi artificiali, entro la densità fondiaria massima di 0,03 mc/mq. Ciò,

ovviamente, espone a seri rischi molti degli habitat comunitari che vengono a trovarsi a ridosso dei boschi

artificiali e fuori dal perimetro dei SIC e della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata. Resterebbe,

quale forma di tutela, il vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 che il comma 11°

dell’art. 10 della stessa L.R. 16/96 appone per tutte le zone di rispetto dei boschi.

F) Vincolo di cui alla L.R. 27 dicembre 1978 n. 71. Riguarda il divieto di prevedere, nei nuovi strumenti

urbanistici, usi extra-agricoli per quei terreni utilizzati a colture specializzate, irrigue o dotati di infrastrutture ed

impianti a supporto dell’attività agricola.

G) Aree soggette a rischio idrogeologico. Nel territorio comunale di Cammarata ricadono alcune aree

interessate dal Piano straordinario per l’assetto idrogeologico (PAI) ed individuate con D. D. C. n. 109 del

5.02.2003; tali aree sono distinte in:

R3 – Aree potenzialmente soggette a fenomeni di frana a rischio elevato;

R4 – Aree potenzialmente soggette a fenomeni di frana a rischio molto elevato.

Nelle aree classificate a rischio si applicano le disposizioni limitative contenute delle Norme di salvaguardia

allegate al D.A. n. 298/41 del 4.7.2000 come modificate con gli articoli 7 ed 8 del D.A. n. 543 del 25.07.2002 e

succ.

In particolare, nelle aree a rischio di frana R4 non sono consentite nuove costruzioni, né gli interventi di

demolizione degli edifici esistenti con possibilità di ricostruzione, né tantomeno, gli interventi che prevedano

aumento di superfici e volumi e cambiamenti di destinazione che comportino aumento del carico urbanistico.

Risultano consentiti, ovviamente, tutti quegli interventi volti esclusivamente alla salvaguardia della pubblica

incolumità e quelli volti alla mitigazione del rischio di frana.

Nelle aree a rischio R4, inoltre: sono vietati scavi, riporti e movimenti di terra e tutte le attività che possono

esaltare il livello di rischio e/o di pericolo; non è consentita la realizzazione di collettori fognari, acquedotti,

gasdotti o oleodotti ed elettrodotti o altre reti di servizio.

H) Vincolo di consolidamento del quartiere Gianguarna apposto con D.C.P.S. 10.4.1947, n. 423 e succ. mod.

I) Vincolo di tutela degli acquiferi. D.P.R.S. 24 maggio 1988, n.236. Attorno a ciascun pozzo e sorgente le cui

acque siano destinate al consumo umano, ai sensi del D.P.R.S. 24 maggio 1988, n.236, va prevista una fascia di

tutela assoluta di m.10, da recintare opportunamente, ed una ulteriore fascia di rispetto, di m. 200 di raggio,

nella quale sono vietate le attività elencate nell'art. 2 del D.P.R.S. sopracitato. Il PRG aggiunge che potranno

ulteriormente essere adottate dall'Autorità comunale, con apposita Ordinanza, misure per tutelare

adeguatamente i bacini imbriferi e le aree di ricarica delle falde, prevedendo zone di protezione.

L) Vincolo di interesse storico, archeologico ed etno-antropologico D.L. 490/1999. Nelle parti del territorio

comunale assoggettate ai vincoli, diretti ed indiretti, di cui al D.L. 490/1999 l'esecuzione di tutti gli interventi

previsti dal Piano è subordinata alla acquisizione dello specifico nulla osta da parte della Soprintendenza ai Beni

Culturali ed Ambientali.

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M) Vincolo fluviale. Le costruzioni di qualsiasi tipo e natura, ad eccezione di quelle finalizzate alla sistemazione

idraulica e di quelle destinate all'attraversamento carrabile e ferroviario, devono arretrarsi dal limite esterno

degli argini dei fiumi, torrenti, incisioni naturali, canali e fossi nei quali scorrano, anche con regime stagionale,

acque pubbliche, delle quantità stabilite dagli artt. 93 e segg. del R.D. n. 523 del 25.07.1904. In particolare, in

PRG prevede che ove non siano specificate distanze diverse, è fatto divieto, ai sensi dell'art. 96, pto f), di

effettuare piantagioni e movimenti di terra a distanza inferiore a m. 4 dal piede degli argini, sponde e difese dei

corsi d'acqua, nonchè realizzare scavi e costruzioni edilizie a distanza inferiore a m. 10.

N) Vincolo di espianto degli ulivi. In tutto il territorio comunale è fatto divieto di procedere all'espianto o taglio

degli ulivi, se non nei casi previsti dal D.L.L. 27.07.1945, n.475 e succ. modifiche ed integrazioni e con

l'autorizzazione in esso prevista.

Sul territorio di Cammarata operano, altresì, i seguenti altri vincoli, discendenti da leggi statali e regionali e

dalla normativa introdotta dallo stesso PRG. Tali ulteriori vincoli, benché non direttamente attinenti alla

materia della tutela naturalistica, si riportano per completezza di informazione.

O) Vincolo di elettrodotti. D.P.C.M. 23 aprile 1992 e succ. mod. Ai lati delle linee aeree esterne esistenti aventi

tensione nominale superiore a 132 KV, al fine di limitare l'esposizione ai campi elettrici e magnetici negli

insediamenti abitativi, in attuazione del D.P.C.M. 23 aprile 1992 e succ. mod., va prevista una fascia di

arretramento delle costruzioni adibite ad abitazione o nelle quali comunque si svolgano attività che

comportano tempi di permanenza prolungati, di ampiezza pari a quella stabilita, per ciascuna tensione

nominale, dalla norma soprarichiamata.

P) Fasce di rispetto stradali. D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ.mod. Nelle aree contermini alle strade

pubbliche esistenti e previste si applicano, nel rispetto delle destinazioni di zona previste dal PRG, le fasce di

arretramento delle costruzioni stabilite dal Regolamento di attuazione del Codice della strada approvato con

D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ.mod. A tal fine l'Amministrazione comunale, a seguito della approvazione

del PRG, dovrà procedere alla riperimetrazione dei centri abitati, facendo coincidere questi ultimi con il

perimetro esterno delle aree classificate zone A, B, C, D, F e servizi.

Q) Fasce di rispetto della ferrovia. Nelle aree contermini alla strada ferrata si applicano, nel rispetto delle

destinazioni di zona previste dal PRG, le fasce di arretramento delle costruzioni stabilite dal D.P.R. 753/1980 e

succ.mod.

R) Vincolo di acquedotto, oleodotto, gasdotto. Ai lati delle condutture in pressione che attraversano il

territorio comunale è istituita una fascia di protezione di larghezza minima di m.1,50 per parte dall'asse della

tubazione; sono fatte salve eventuali maggiori distanze imposte dall'Ente gestore all'atto della realizzazione. In

tali fasce è vietata qualsiasi costruzione ed il terreno potrà essere destinato a strada o a giardino con divieto di

aratura, di stazzo di bestiame, di piantagioni arboree di alto fusto e di concimazioni.

S) Vincolo archeologico ex lege n.1089/1939: riguarda un’area in c.da Casabella sottoposta a vincolo con

Decreto Assessoriale.

V.5.5 Metodo di valutazione.

Come già precedentemente rilevato, nessuna delle previsioni di Piano và direttamente ad interessare il sito

Natura 2000, né, tantomeno, gli habitat comunitari in esso tutelati. Alcuni effetti, comunque, che possono

scaturire dalle previsioni di Piano, potrebbero, vista la brevissima distanza tra il punto di fonte e gli habitat da

tutelare, arrecare qualche forma di incidenza significativa su di essi.

Una valutazione appropriata del rischio che gli habitat possono correre, passa, certamente, attraverso

l’individuazione dei seguenti fattori:

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− Pregio ecologico-naturalistico dell’habitat, inteso come l’insieme delle caratteristiche che ne

determinano l’esigenza e la priorità di conservazione. Si osserva che la recente letteratura, in una

prospettiva di integrazione e rispetto tra i valori ecologici da tutelare e le esigenze di sviluppo

economico, indica il pregio ecologico-naturalistico di un ecosistema in termini di funzioni, benefici e

servizi offerti. Le strutture e i processi dell’ecosistema ne determinano il pregio ecologico, le funzioni

derivanti dalle strutture e dai processi possono ed anzi devono offrire servizi e benefici.

− Vulnerabilità ecologica dell’habitat, intesa come predisposizione più o meno grande dell’habitat a

subire un danno o alterazione delle propria identità o integrità

− Pressione antropica esercitata, intesa come qualsiasi azione di disturbo, inquinamento, trasformazione

agente sull’habitat e le specie.

Sono state perciò eseguite le rilevazioni e le indagini puntuali, ritenute necessarie per mettere bene a fuoco i

fattori suddetti. Per verificare, poi, la significatività dei potenziali effetti sul sito Natura 2000, si è provveduto ad

effettuare diversi sopralluoghi, per rilevare lo stato dei luoghi e l’eventuale sussistenza di particolari problemi.

Tralasciando di entrare nel campo di un’analisi approfondita che avrebbe esulato dalle reali necessità della

presente valutazione, si è tuttavia provveduto a mettere a punto uno schema pratico di indagine, che ha

previsto l’analisi, anche solo empirica, di alcuni indicatori in grado di dare indicazioni quanto più possibile

rappresentative dei fattori stessi.

Nello specifico, per la valutazione del pregio naturalistico-ecologico degli habitat si è tenuto conto dei seguenti

indicatori:

− L’ampiezza, attribuendo un maggior valore ai siti grandi rispetto a quelli piccoli. Si osserva, a tal

proposito, che le aree grandi contengono in genere più specie di quelle piccole e, diversamente da

queste, consentono il sostentamento di specie che necessitano di vivere nella parte più interna

dell’habitat.

− La complessità geomorfologica, con lo scopo di attribuire un maggior valore ai siti complessi. L’elevata

complessità morfologica si traduce spesso in differenze di esposizione, insolazione, umidità e

caratteristiche dei suoli, di flusso direzionale dell’acqua, con ciò implicando una maggiore varietà di

risorse alimentari, di protezione dai predatori, di nicchie, di condizioni microclimatiche favorevoli.

Perciò un habitat di elevata complessità morfologica ha maggiori potenzialità nel sostenere la

biodiversità presente e futura.

− Il grado di naturalità, inteso come vicinanza della comunità vegetale ivi presente alle condizioni di

massima evoluzione naturale. In ciò sono state considerate come espressione di un massimo grado di

naturalità dell’habitat la presenza in esso di biomassa totalmente o quasi costituita da specie

spontanee coerenti con l’ambiente, quali, per esempio, i termini maturi di una serie con struttura

naturale. All’opposto sono stati collocati quegli habitat la cui biomassa è costituita da specie alloctone

o non coerenti con l’ambiente, quali le comunità vegetali artificiali e quelle sinantropico-ruderali a

dominanza di esotiche.

− Lo stato di conservazione, inteso nel senso delle prospettive (capacità e possibilità) di cui gode

l’habitat per il mantenimento futuro della sua struttura, considerate le possibili influenze sfavorevoli.

− Il valore fitogeografico, per tenere conto dell’areale distributivo dell’ l’habitat, valutandolo sulla base

del fatto che gli endemismi in esso contenuti siano di livello nazionale, regionale o locale.

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− La rappresentatività, che secondo quanto dettato della note esplicative per la compilazione dei

formulari standard dei siti Natura 2000, rivela “quanto tipico” sia un habitat, in funzione delle specie

caratteristiche in esso presenti e di altri elementi pertinenti.

− Presenza di specie di flora e fauna considerate importanti ai fini della loro salvaguardia. Questo

indicatore è stato utilizzato per attribuire un valore all’habitat che le contiene.

Per quel che riguarda, invece, la valutazione della vulnerabilità ecologica degli habitat, la nostra indagine ha

tenuto conto dei seguenti indicatori:

− Inclusione nell’elenco delle tipologie di habitat a rischio a scala europea comunitaria (habitat

prioritari);

− Grado di compattezza. Il principio “forma-funzione” dell’Ecologia del Paesaggio dimostra che le forme

compatte risultano essere utili per conservare le risorse interne ad un habitat, in quanto minimizzano

il perimetro esposto rispetto all’area. Questa caratteristica strutturale si traduce soprattutto nella

protezione delle specie della core area (la porzione interna del poligono dove il disturbo è minimo

perché più lontana dal perimetro esterno). Una forma più o meno circolare risulta meno vulnerabile

rispetto ad una forma più allungata.

− Grado di frammentazione. Serve per considerare il ruolo negativo esercitato dall’isolamento sulla

ricchezza in specie di un habitat. L’isolamento, infatti, diminuisce il flusso genico tra le popolazioni

rendendole più suscettibili all’estinzione.

− La rarità locale. Tiene conto di due livelli di rarità: quello europeo (inclusione dell’habitat nell’elenco

degli habitat prioritari) e quello locale.

− Rischio frane. Le frane costituiscono un fattore di rischio per un habitat, poiché possono determinare

un cambiamento nelle abbondanze e nella composizione in specie presenti. Le frane, inoltre, in qualità

di disturbi, possono non solo alterare o distruggere le comunità presenti, ma anche favorire le

invasioni di nuove specie che verrebbero ad insediarsi al posto di quelle originali, dando luogo ad

alterazioni della natura e delle funzioni ecosistemiche.

La stima della pressione antropica che è stata compiuta, ha preso in considerazione, come già più volte

esplicitato, non solo i fattori di pressione presenti all’interno degli habitat, ma anche quelli presenti nelle zone

limitrofe. Si è reso necessario, perciò, stabilire quale doveva essere la distanza di sicurezza, il limite spaziale,

cioè, oltre il quale ogni effetto di impatto viene ad annullarsi. Per le forme di pressione antropica da noi

considerate, la letteratura scientifica ritiene abbastanza cautelativo un buffer di 300 metri. Laddove, invece, la

pressione antropica agisce entro un raggio d’azione abbastanza ristretto, è stato tenuto conto della

percentuale di perimetro dell’habitat che si trova in adiacenza alla fonte di pressione antropica, calcolata sul

totale del perimetro complessivo dell’habitat.

I fattori tenuti in conto per la valutazione del livello di pressione antropica sono stati:

− La viabilità, intendendo misurare e valutare, in tal modo, l’impatto agente sugli habitat a causa della

vicinanza al network viario.

− Le attività agricole, per tenere in debito conto l’incidenza che le attività di tipo agricolo (inquinamento

acustico dovuto all’utilizzo di macchinari per lavorazioni agricole; dispersione aerea di fertilizzanti e

fitofarmaci; trasporto ad opera dell’acqua di sostanze quali diserbanti e fitofarmaci, che possano

significativamente incidere sulla flora e la fauna).

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184

− Vicinanza e carico urbanistico dei centri abitati. Questo per tenere conto dell’adiacenza dell’habitat ad

un’area edificata che generalmente determina la semplificazione della forma del poligono che

contiene l’habitat stesso, il degrado perimetrale e il blocco del naturale processo di espansione e

contrazione.

− La presenza di eventuali aree estrattive.

− La presenza di grandi infrastrutture o attività economiche pericolose per la salvaguardia dell’integrità

del sito.

Per quel che concerne la previsione degli effetti sull’ambiente biologico si rileva che questi, in linea generale,

possono presentarsi sia come effetti diretti delle previsioni di Piano/progetto (disturbi fisici su piante, animali e

loro habitat, quali asportazione o distruzione di habitat), che come effetti di ordine superiore causati da

cambiamenti in altri settori dell’ambiente (effetti di eventuali contaminazioni ambientali su piante e animali,

effetti della asportazione o disturbo diretto sulla produttività e sulla composizione di comunità di piante e

animali e sugli habitat, diffusione di contaminanti nell’aria ed accumulo degli stessi nei materiali biologici).

Nel caso specifico non essendo gli habitat toccati direttamente o fisicamente da nessuna delle previsioni di

Piano, gli effetti diretti sono da considerare praticamente nulli, mentre quelli di ordine superiore potrebbero

configurarsi nei seguenti:

− Incremento del traffico e della pressione antropica a danno della fauna stanziale e migratoria;

− Aumento dei disturbi da rumore e dispersione d’inquinanti;

− Aumento della pressione edificatoria;

− Creazione di barriere che potrebbero interferire con gli spostamenti di alcune specie;

− Modifiche morfologiche per la diminuzione delle pendenze e la creazione di spiazzi;

− Alterazione dei regimi idrici di scorrimento superficiale e della qualità delle acque;

− Impermeabilizzazioni e modifiche al naturale regime di scorrimento delle acque meteoriche;

− Modifiche morfologiche per la eventuale messa in sicurezza dei versanti instabili;

− Innesco ed aumento delle fenomenologie erosive;

− Interferenze dirette con la vegetazione naturale, quale l’introduzione di materiali e piante estranei alla

natura dei luoghi;

− Generazione di rumori e polveri nelle fasi di cantiere;

− Impatto visivo e paesaggistico;

− Esigenza di creazione di cave di prestito per i materiali da costruzione;

− Creazione di discariche abusive per il deposito dei materiali risultanti dagli scavi di sbancamento.

− Creazione di discariche abusive ed abbandono incontrollato di RSU.

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V.5.6 Area 1 di possibile criticità di Piano.

V.5.6.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente

interessati.

V.5.6.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate

Le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione di tutte le aree di espansione urbana e le relative

opere di urbanizzazione previste in tutta la zona ad O ed a N-O dell’abitato, ai confini del SIC ITA 040005 Monte

Cammarata – C.da Salaci.

Quest’area di criticità riguarda anche alcune delle osservazioni al Piano Regolatore Generale da parte di Enti e

privati cittadini, che il Consiglio comunale ha ritenuto di dover accogliere con delibera n. 61 del 28-12-2005 e n.

9 del 04-03-2006; in particolare le osservazioni accolte che potrebbero determinare, congiuntamente alle

previsioni di Piano, delle criticità, sono le seguenti: n. 2-4-37-42-46-47-48-49-50-51-55-68-70-75. Tutte sono

tendenti ad ottenere una variazione della classificazione da zona E a zona C; si differenzia solamente la n. 70

che chiede una ri-classificazione da zona B2 a zona B1.

Il paesaggio vegetale di questa zona è alquanto vario ed eterogeneo. Esso interessa il tessuto urbano, afferente

alle classi di uso del suolo (1.1.1) Zone residenziali a tessuto continuo e (1.1.2) Zone residenziali a tessuto

discontinuo. La classe di uso del suolo più frequente, comunque, è quella che interessa gran parte del vasto

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intorno del centro abitato, riguardante la (2.4.2) Sistemi colturali e particellari complessi, con qualche variante

che riguarda la (2.2.3.1) Colture permanenti miste con prevalenza di oliveti.

Meno significativa, dal punto di vista delle superfici occupate, è la classe (3.2.1) Prati-pascoli naturali e praterie.

Più a monte, all’interno del SIC, il paesaggio vegetale

afferisce principalmente alla classe (3.1.2.6.2) Boschi

misti a Pinus halepensis e Cupressus sempervirens. Di

rilievo la presenza in questa zona della classe di

paesaggio (3.2.1.4.1) Prateria ad Ampelodesma e della

classe (3.1.1.2.2) Querceti di roverella che danno

origine e due dei tipi di habitat comunitari rilevati

all’interno del SIC.

V.5.6.1.2 Descrizione

sintetica del

paesaggio

naturale

(omogeneità e lineamenti del paesaggio, presenza di emergenze,

grado di disturbo, ecc..).

Il paesaggio è piuttosto discontinuo ed eterogeneo. Esso passa, in un raggio spaziale di poche centinaia di

metri, dal tipo urbano, ove massima è la concentrazione abitativa ed il grado di antropizzazione, al tipo riferito

alle pinete di conifere ed ai boschi naturali di leccio e roverella che si trovano alle pendici del Monte

Cammarata e che arrivano quasi a lambire il tessuto

urbano, caratterizzate da un buon grado di naturalità.

Tutt’intorno al centro abitato, i pochi terreni rimasti

non interessati dall’attività edilizia, ospitano colture

miste arboree e/o erbacee con un grado di

promiscuità tale da originare sistemi colturali alquanto

complessi. Le specie arboree prevalenti sono l’ulivo ed

in misura minore, il mandorlo e poi il ciliegio, la vite, il

pesco, il fico, ecc…. Si tratta, in genere, di colture che

riflettono sistemi produttivi ormai superati, costituite

da consociazioni arboree ed erbacee con sesti molto

irregolari, varietà superate e condotte con tecniche

produttive occasionali ed arrangiate, tipiche delle aree suburbane, ove predomina un tipo di agricoltura

cosiddetto “part-time”. La proprietà fondiaria è alquanto polverizzata e dà origine ad una vera e propria babele

di confini, recinzioni, colture.

Diversi sono, inoltre, in questa zona, i terreni che per le loro difficili condizioni pedo-morfologiche, sono lasciati

incolti. Qui si sviluppano delle praterie dominate da specie vegetali di tipo xerofilo, che presentano diversi gradi

di naturalità, in funzione del periodo di tempo in cui sono stati sottratti alle coltivazioni.

Poco più a monte, sugli impervi terreni appartenenti al Demanio Forestale, il paesaggio vegetale cambia

repentinamente. Qui predominano i boschi artificiali a Pinus halepensis, frammisti ai quali si trovano, ma in

misura molto minore, diversi esemplari di Cupressus sempervirens. Ai margini della pineta, e del Demanio

Forestale, sui terreni lasciati incolti dai proprietari, si sono formate delle praterie dominate da Ampelodesmos

mauritanicus. Queste formazioni vegetali vengono a mancare in una larga fascia lungo il perimetro dei boschi,

interessata annualmente dalla creazione della relativa fascia parafuoco.

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Di rilievo, inoltre, in questa zona, vi sono alcuni

relitti di quella che doveva essere la copertura

vegetale naturale di Monte Cammarata prima

che, nei secoli scorsi, iniziasse l’intensa opera di

disboscamento che è durata fino alla metà del

secolo appena passato. Si tratta di alcuni lembi,

dell’ordine di diverse decine di ettari, di boschi

naturali a prevalenza di roverella che si trovano in

località Balatelle, Salaci e Bosco S. Onofrio.

Particolare rilevanza naturalistica assume il bosco

di contrada Salaci. Esso presenta un aspetto

igrofilo ed un aspetto climacico. Il primo è dovuto

alla presenza di un piccolo stagno ove sono

presenti diverse specie igrofile, fra le quali assume importanza un boschetto di Populus canescens e di Salix sp.

Il bosco vero e proprio presenta invece aspetti climacici, con predominanza ora di roverella, ora di leccio.

Queste connotazioni del bosco di c.da Salaci ne

fanno un esempio piuttosto consistente in cui è

tuttora possibile riscontrare aspetti di

vegetazione naturale poco comuni anche nel

resto della Sicilia.

L’intera area boscata, estesa all’incirca una

quindicina di ettari, non ricade all’interno del

perimetro del SIC Monte Cammarata-C.da Salaci,

come diversamente farebbe pensare il nome

stesso del SIC. A questa mancanza la Regione

Siciliana ha posto rimedio comprendendo il bosco

entro il perimetro della Riserva Naturale

Orientata di Monte Cammarata, con ciò

dotandolo di questa importante forma di tutela.

V.5.6.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale

dell’area, con riferimenti espliciti alle specie dominanti e/o più

espressive.

Nei terreni più impervi, lasciati incolti, abbandonati da più di 10 anni, si trovano insediate delle fitocenosi che

rientrano nell’associazione Helictotricho convoluti-Ampelodesmetum mauritanici a sua volta afferente

all’Avenulo-Ampelodesmion mauritanici, ordine Hyparrhenietalia hirtae, classe Thero-Bracypodietea. Oltre

all’Ampelodesma contribuiscono a formare la struttura della vegetazione Avenula cincinnata, Bituminaria

bituminosa, Helictotrichon convolutum, Foeniculum vulgare subsp. piperitum, Kundmannia sicula, Micromeria

graeca subsp. graeca, Reichardia picroides. Ad esse si associano diverse altre entità quali Andropogon

distachyus, Calamintha nepeta, Carlina sicula, Hypochoeris achyrophorus, Phagnalon saxatile, Serratula

cichoracea, Sideritis romana, Verbascum sinuatum, Trifolium stellatum. All’interno di questa tipologia sono

frequenti diverse orchidee tra le quali le endemiche Ophrys archimedea, Ophrys exaltata, Ophrys explanata,

Oprhys oxyrrhynchos, Orchis brancifortii, Orchis commutata.

Nei terreni incolti da minor tempo vi si ritrovano delle praterie costituite da specie xerofile di natura erbacea,

fra le quali sono Avena barbata, A. fatua, Bromus fasciculatus, B. hordeaceus, B. intermedius, Dactylis

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glomerata, Hedysarum coronarium. H. spinosissimum, Hordeum leporinum, Lolium multiflorum, L. perenne,

Onobrychis aequidentata, O. caput-galli, Phalaris canariensis, P minor, Phleum ambiguum, P pratense, Poa

annua, P pratensis, Stipa barbata, S. capensis, Trifolium angustifolium, T glomeratum, T squarrosum, Trigonella

gladiata, Vicia bithynica, V lathyroides. Trattandosi di aree intensamente sfruttate con il pascolo, trovano qui

diffusione alcune specie non gradite al bestiame quali, Asphodelus microcarpus, Ferula communis, Thapsia

garganica, Carlina sicula, Eryngium campestre e diverse essenze spinose quali Cynara cardunculus subsp.

cardunculus, Carduus macrocephalus, Centaurea calcitrapa, Carthamus lanatus, Galactites tomentosa,

Scolymus grandiflorus, Notobasis syriaca, Onopordon illiricum, Pallenis spinosa.

Un aspetto di vegetazione che presenta rilevanti elementi di naturalità è il bosco a prevalenza di querce

caducifoglie, rientrante nell’alleanza Quercion ilicis. Esso occupa una superficie non irrilevante in c.da Bosco, S.

Onofrio e un’altra di minore entità in località Balatelle, ai margini di un bosco di conifere. Si tratta di

formazione generalmente disetanee o rese coetanee dagli incendi. La loro copertura e densità è elevata. Esse

occupano le parti meno acclivi del territorio in esame, dove trovano condizioni ideali per la loro evoluzione.

Risultano disturbate dalla forte pressione antropica, in primo luogo dal pascolo eccessivo e poi dai frequenti

incendi e da una serie notevole di attività umane. La loro struttura fa perno su Quercus pubescens ed in minor

misura su Quercus ilex, Fraxinus ornus ed Acer campestris. Lo strato arbustivo è costituito da Asparagus

acutifolius, Calicotome infesta, Clematis vitalba, Coronilla emerus subsp. emeroides, Daphne gnidium,

Euphorbia characias, Lonicera etrusca, L. implexa, Osyris alba, Pyrus amygdaliformis, Ruscus aculeatus, Rosa

canina, Rhamnus alaternus, Smilax aspera. Tra le specie che compongono lo strato erbaceo si ritrovano

Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen

hederifolium, C. repandum, Euphorbia amygdaloides subsp. arbuscula. Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp.

russii, Pimpinella peregrina, Rubia peregrina, Thalictrum calabricum e Viola dehnhardtii.

La tipologia vegetazionale che occupa le pendici rocciose di c.da Salaci è il bosco prevalentemente formato dal

leccio, al quale si associano altre essenze come Acer campestre, Quercus pubescens s.l. e Fraxinus ornus. Nello

strato arbustivo rientrano Clematis vitalba, Euphorbia characias, Hedera helix, Lonicera etrusca, Pyrus

amygdaliformis, Rosa sempervirens, R. sicula, Ruscus aculeatus. Nello strato erbaceo sono frequenti Asparagus

acutifolius, Brachypodium sylvaticum, Calamintha nepeta, Cyclamen repandum, Lamium fiexuosum var.

pubescens, Paeonia mascula subsp. russii, Thalictrum calabricum, Trifolium pratense e Viola dehnhardtii.

Di particolare rilievo sono anche tutti i frammenti di boscaglia che si trovano disseminati nella località Balatelle,

S. Michele e S. Onofrio. Si tratta, in molti casi, di aspetti di degrado delle formazioni più evolute e stabili,

porzioni delle quali ancora si rinvengono in questa parte del territorio. Questi aspetti di boscaglia afferiscono

all’alleanza Quercion ilicis e alla classe Quercetea ilicis. La struttura è formata prevalentemente da Quercus

pubescens e da Quercus ilex alle quali si trovano associate Pyrus amygdaliformis, Cytisus villosus, Pistacia

terebinthus, Phillyrea latifolia, Rhamnus alaternus e diverse specie arbustive e lianose eliofile dell'alleanza

Pruno-Rubion ulmifolii come Crataegus laciniata, Prunus spinosa, Rubus ulmifolius e Smilax aspera.

Formazioni artificiali generalmente coetanee a struttura monostratificata, costituite principalmente da Pinus

halepensis e Cupressus sempervirens. In misura minore vi si ritrovano anche Cupressus arizonica, Cedrus

atlantica, Cedrus deodara. Nelle radure talvolta si insediano aspetti di boscaglia e arbusteti che lasciano in

qualche caso spazio alle praterie di ampelodesma.

Mosaico di appezzamenti e di colture che dal punto di vista fitosociologico può essere ascritto alla classe

Stellarietea mediae. Vi sono comprese le colture agrarie sia arboree che erbacee con le rispettive componenti

infestanti in cui prevalgono alcune specie della famiglia Poaceae (Avena fatua, Avena barbata, Bromus

fasciculatus, Hordeum murinum, Phalaris minor, Poa annua, ecc…) ed altre quali, Papaver rhoeas, Ranunculus

ficaria, Sinapis arvensis, Brassica rapa subsp. sylvestris, Oxalis pes-caprae, ecc...

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V.5.6.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario

o prioritario ai sensi dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43

“Habitat”.

HABITAT RISCONTRATI.:

5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus.

91H0* - Foreste dell’Europa temperata – Boschi pannonici di Quercus pubescens.

9340 – Foreste sclerofille mediterranee – Foreste di

Quercus ilex e Quercus rotundifolia

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V.5.6.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di

interesse comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nell’habitat 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, è possibile riscontrare la presenza dell’orchidacaea Ophrys lunulata Parl.

Nulla da segnalare per quel che riguarda le specie animali.

V.5.6.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario

che richiedono una protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nell’habitat 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, è possibile riscontrare la presenza dell’orchidacaea Ophrys lunulata Parl.

Fra le specie animali, negli habitat rilevati è possibile riscontrare la presenza delle specie:

Istrice (Hystrix cristata - Linnaeus, 1758); Lucertola campestre (Podarcis sicula - Rafinesque, 1810); Lucertola sicula (Podarcis wagleriana - Gistel, 1868); Biacco (Coluber viridiflavus - Lacépède, 1789; Discoglosso dipinto (Discoglossus pictus - Otth, 1837); Gatto selvatico (Felis silvestris Schreber, 1777); Gongilo (Chalcides ocellatus - Forsskål, 1775); Orecchine meridionale (Plecotus austriacus - Fischer, 1829); Ramarro (Lacerta viridis - Laurenti, 1768); Saettone (Elaphe longissima - Laurenti, 1768);

V.5.6.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello

locale/regionale/nazionale/internazionale.

Nella prateria ad Ampelodesma, che costituisce uno degli habitat rilevati sono frequenti diverse orchidee tra le

quali le endemiche Ophrys archimedea, Ophrys exaltata, Ophrys explanata, Oprhys oxyrrhynchos, Orchis

brancifortii, Orchis commutata.

V.5.6.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati.

Gli habitat comunitari individuati in questa zona, che possono potenzialmente essere interessati da effetti

generati dall’allocazione delle previsioni di Piano, sono quattro, di cui due del tipo 5332 – Arbusteti termo-

mediterranei e pre-desertici – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, uno del tipo 9340 – Foreste di Quercus

ilex e Quercus rotundifolia e l’ultimo del tipo 91H0* – Boschi pannonici di Quercus pubescens, che, peraltro, è

uno degli habitat definiti prioritari.

I due habitat ad Ampelodesma, così come anche gli altri due, si vengono a trovare a ridosso del linea

perimetrale che delimita il SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci. Dei quattro habitat considerati solo

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quello del tipo 9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia risulta essere esterno al SIC stesso, mentre

gli altri ne fanno parte.

La loro ampiezza è variabile dai 10 ettari Ha di uno degli habitat ad Ampelodesma, fino ai 100 ettari dell’habitat

a Quercus pubescens. Fra tutti solo quest’ultimo e l’habitat 9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus

rotundifolia, sembrano avere, secondo gli indicatori presi in considerazione (ampiezza, complessità

morfologica, grado di naturalità, stato di conservazione, rappresentatività e valore fitogeografico) un elevato

pregio ecologico-naturalistico.

L’habitat 9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia è quello localizzato in località Salaci, esteso circa

13 ettari, su un fondo di proprietà comunale che comunemente è inteso “Fondo Salaci”. Di questo fondo

abbiamo già avuto modo di parlare allorquando abbiamo ritenuto di dire che esso, per i valori naturalistici che

possiede, avrebbe dovuto essere ricompreso entro il perimetro del SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da

Salaci, come, d’altra parte, lo stesso nome dato al SIC fa agevolmente pensare, e che poi, per chissà quale

dimenticanza o trascuratezza, esso ne sia in ultimo rimasto fuori.

Secondo uno studio condotto su questo fondo dal prof. F.M. Raimondo ed altri21, in esso sono riscontrabili

aspetti poco comuni di vegetazione, ritenuti di notevole interesse geobotanico, soprattutto in quanto sede di

modelli sopravvissuti di quello che doveva essere il ricoprimento vegetale di buona parte del settore collinare,

all’interno della Sicilia centro-occidentale.

V.5.6.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat.

Fra gli habitat rilevati in questa zona il 91H0* – Boschi pannonici di Quercus pubescens, risulta essere definito

prioritario secondo la definizione data dalla normativa comunitaria, che individua tale tipologia in un “tipo di

habitat che rischia di scomparire nel territorio europeo e per la cui conservazione la Comunità ha una

responsabilità particolare a causa dell’importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa

nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato”. (art. 1 – punto d) della direttiva

92/43/CEE). Da questo punto di vista, perciò, esso assume una rilevante valenza ai fini della sua conservazione.

Nel Sic in questione, come in tutta l’area dei Monti Sicani (Clementi et al. 2006), l’intensivo sfruttamento delle

formazioni forestali naturali avvenuto nel passato (governo a ceduo e pascolo), ha prodotto nel tempo una

marcata contrazione della loro superficie (Marino et al. 2005) riducendole, oggi, a pochi lembi, per i quali si è

reso, perciò, necessario l’inserimento nel sistema di protezione regionale costituito dai Parchi e dalla Riserve

naturali Regionali. Nel caso specifico questi habitat costituiti dai querceti caducifogli, concentrate in un unico

corpo nelle località Bosco, S. Onofrio e Serre, così come quelli costituiti dai querceti sempreverdi che

presentano le stesse problematiche di conservazione, sono stati inseriti entro la perimetrazione della Riserva

Naturale Orientata di Monte Cammarata.

Tuttavia, uno studio condotto da La Mela Veca et al.22 sul SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci, ha

rilevato come sia, fra tutti gli habitat presenti all’interno del SIC, proprio l’habitat 91H0, costituito dai querceti

caducifogli di località Bosco, S. Onofrio e Serre, quello meno vulnerabile, in quanto risulta essere più compatto,

essendo costituito da un minor numero di tessere con un grado di aggregazione maggiore.

Gli altri habitat che presentano una bassa vulnerabilità sono le praterie ad Ampelodesma (habitat 5332) e la

prateria mesofila (habitat 6220), per i quali l’analisi degli indici di frammentazione ha messo in evidenza una

maggiore compattezza rispetto agli altri habitat. Questi habitat, infatti, sono risultati essere costituiti da un

21

R. Bonomo – F.M. Raimondi – G. Pastiglia – F. Lentini - Aspetti di vegetazione palustre, prativa e forestale in località “Salaci” di Cammarata con riferimenti alla florula medicinale – Palermo 1978 22 La Mela Veca D.S., Clementi G., Cullotta S., Maetzke F., Traina G. – Analisi dello stato di Conservazione degli habitat Natura 2000 nel Sito di Interesse Comunitario “ITA040005 – Monte Cammarata, Contrada Salaci”, Monti Sicani (Sicilia Centro-Occidentale). Atti 5° Congresso SISEF: Forest@ 3 (2 ): 222-237, 2006.

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maggior numero di tessere con una estensione media fra le più elevate e valori del rapporto medio tra il

perimetro e la superficie delle tessere di ciascun habitat alquanto bassi.

Lo studio ha rilevato altresì che la matrice territoriale che qualifica il SIC in esame è costituita dalla

predominanza dei soprassuoli forestali artificiali (49% circa) e dalla presenza di formazioni naturali e

seminaturali che costituiscono gli habitat per cui il sito è stato identificato.

I boschi artificiali di conifere che caratterizzano gran parte del paesaggio vegetale del SIC denotano in molti casi

una eccessiva densità che ostacola i possibili processi di rinaturalizzazione spontanea. Frequenti risultano

essere i casi in cui piante di leccio e roverella, dell’età di 10-15 anni insediatesi spontaneamente, presentano un

portamento filato ed una chioma poco sviluppata e completamente subordinata allo sviluppo delle conifere.

Risulta necessario, allora, che prosegua a buon ritmo il processo, già iniziato dall’Azienda Foreste Demaniali che

è, peraltro, anche l’Ente gestore della Riserva, di rinaturalizzazione di questi boschi di conifere, favorendo la

disseminazione di quelle specie (leccio e roverella, soprattutto e poi orniello, acero campestre, ciavardello e

carpino nero) che costituiscono le essenze vegetali sulle quali sono strutturate le formazioni arboree naturali

della zona. Di pari passo deve essere assicurato un forte diradamento delle conifere, onde favorire la crescita

delle specie naturali.

Lo studio, poi, pone l’accento sulla particolare attenzione che si dovrà prestare in fase di gestione del SIC, “agli

habitat prioritari delle praterie terofitiche (6220) e dei querceti caducifogli (91H0). Le praterie, infatti, rientranti

nella classe del Thero-Barchypodietea (6220), assieme alla vegetazione delle rupi (8210) e dei ghiaioni (8130),

hanno un elevato indice di biodiversità. L’habitat dei querceti caducifogli (91H0) costituiti da cedui oltre il

turno, con copertura colma, dovrà essere preservato dall’azione del pascolo e soprattutto dagli incendi, e si

dovrà verificare meglio, attraverso studi più mirati, la possibilità di conversione a fustaia. I querceti

sempreverdi (9340), che in genere si collocano in contesti pedologici e morfologici molto più difficili rispetto ai

querceti caducifogli (lecceta su pareti rocciose), dovranno essere costantemente controllati e preservati

dall’azione del pascolo e degli incendi.”

V.5.6.2 La pressione antropica esercitata.

L’area in esame riguarda tutta la fascia a monte dell’attuale abitato, individuata dal PRG come zona di

espansione urbana. Essa comprende la quasi totalità delle previsioni di Zone Territoriali Omogenee C, suddivise

in C1, C2, e C3, ed alcuni insediamenti della zona B1 e B2, aree urbane da completare. Queste zone, in attuazione

del precedente strumento urbanistico, erano state oggetto di due Piani Particolareggiati, approvati, il primo nel

maggio 1986 ed il secondo nel settembre 1992. Sulla base di tali Piani Particolareggiati si è sviluppata, negli

anni passati, una intensa attività edilizia privata e parallelamente il Comune ha provveduto a dotare

gradualmente l’area delle principali opere di urbanizzazione. Oggi, praticamente, le opere fognarie e quelle

stradali risultano essere realizzate, almeno nelle loro linee principali.

Secondo i dati riportati nella relazione, il PRG risulta essere progettato per una popolazione residente di 7.500

abitanti al 2024. Il Piano soddisfa le esigenze abitative di tale popolazione prevedendo un volume complessivo

ammissibile di 1.459.149 mc, dei quali ben 1.286.786 mc risulta essere già esistente. La nuova volumetria

residenziale è stata perciò quantificata in 172.363 mc. Tale nuovo volume dovrà essere realizzato, sempre

secondo le previsioni di Piano, per circa 55.000 mc all’interno delle zone di completamento del centro urbano

(zone B) e per la restante parte, pari a mc 115.000 nelle zone C di espansione urbana.

Il Piano, per quanto riguarda la valutazione della capacità insediativa, assume nella zone A il valore di 220

mc/ab, per le zone B il valore di 200 mc/ab, per le zone C uno standard di 120 mc/ab. Quel che ne deriva è una

distribuzione della capacità insediativa, distinta per singola zona omogenea, secondo la tabella che segue:

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Zon

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Sup

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q)

Ind

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(mc/

mq

)

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(mc)

Vo

lum

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te (

mc)

Cap

acit

à in

sed

iati

va

(ab

)

A1 136.012 3 408.036 408.036 1.632

A2 36.500 1,5 54.750 54.750 183

B1 194.714 3 584.142 550.000 2.921

B2 99.647 2 199.294 170.000 996

C1 31.518 2,75 86.675 45.000 722

C2 181.561 0,50 90.781 45.000 757

C3 54.873 0,35 19.206 9.000 160

Cr 10.843 1,5 16.265 5.000 81

TOTALE 745.668

1.459.149 1.286.786 7.452

Questo carico urbanistico è potenzialmente capace di esercitare una certa pressione antropica sugli habitat

tutelati dal SIC ITA040005 Monte Cammarata- C.da Salaci, il cui perimetro esterno viene a toccare, lambendole,

gran parte delle zone edificabili che questo carico genererebbero.

Volendo valutare il livello di pressione antropica (intesa come un qualsiasi tipo di disturbo, inquinamento,

trasformazione) che si verrebbe a generare sugli habitat tutelati, deve essere considerato il fatto che le zone di

espansione edilizia, il cui carico urbanistico può potenzialmente generare effetti sugli habitat e le specie

tutelate, sono quelle ricadenti entro una fascia di 300 metri dagli habitat stessi e dal perimetro esterno del SIC,

essendo questa, come già si è avuto modo di riferire, la distanza che un’ampia letteratura scientifica

sull’impatto ambientale delle strutture viarie, pone quale limite oltre il quale i vari tipi di impatto (acustico,

atmosferico, ecc..) si annullano.

Per valutare il livello della pressione antropica che si verrebbe ad esercitare, secondo queste previsioni di

Piano, sulle emergenze naturali tutelate dal SIC, si possono riportare i seguenti dati:

Zona territoriale omogenea collocata entro

una distanza di 300 m. dal SIC.

Sup.

(mq)

Indice di

densità

(mc/mq)

Volume

ammissibile

(mc)

Capacità

insediativa (ab)

B1 134.500 3 403.500 2.017

B2 80.569 2 161.138 805

C1 6.890 2,75 18.947 158

C2 81.632 0,50 40.816 340

C3 124.226 0,35 43.379 362

TOTALE 427.817

667.780 3.682

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Il carico abitativo potenzialmente generatore di effetti sul SIC, che deriva da questi dati, è di 3.682 abitanti,

distribuiti su una superficie complessiva di mq 427.817, per una densità abitativa pari a 0,009 ab/mq.

Per quel che riguarda la viabilità necessaria per servire queste nuove zone di espansione bisogna rilevare il

fatto che gli assi principali di essa sono stati già realizzati negli anni passati. In particolare nelle zone B1 e B2 essa

è già praticamente completa. Nelle zone C occorrerà realizzare qualche breve tratto di viabilità principale e

quella di servizio dei vari isolati. Si tratta, come è prevedibile, di piccoli assi viari che non interesseranno

minimamente i suoli ricadenti entro il perimetro del SIC.

Il traffico che potrà generarsi in essi non comprenderà certamente ed usualmente quello dei mezzi pesanti,

trattandosi di viabilità che non dà accesso a zone ove risultano insediate attività economiche (commerciali,

industriali o artigianali), né interconnette grandi vie di comunicazione. Esso sarà, pertanto, legato

prevalentemente ai movimenti dei residenti e quasi esclusivamente esercitato con automobili e motocicli. Le

stesse velocità di percorrenza, trattandosi di tratti urbani, saranno tali da non generare livelli elevati di

rumorosità.

Anche le attività agricole esercitate nella zona sono tali da non generare eccessive preoccupazioni in merito a

fenomeni di inquinamento acustico generato dall’utilizzo di macchinari agricoli, o di dispersione nel suolo e

nell’aria, di inquinanti quali fertilizzanti e fitofarmaci che possano significativamente incidere sulla flora e sulla

fauna. Infatti, l’agricoltura che generalmente si pratica in questo intorno è riferita alla coltivazione consociata e

promiscua di diverse specie arboree da frutto e ortaggi. Si tratta, in genere, di colture condotte con sistemi

alquanto estensivi, costituite da consociazioni arboree ed erbacee con sesti molto irregolari, varietà superate e

condotte con tecniche produttive occasionali ed arrangiate, tipiche delle aree suburbane, ove predomina un

tipo di agricoltura cosiddetto “part-time”. L’utilizzo dei fitofarmaci e dei fertilizzanti non è pratica regolarmente

adottata e laddove qualche volta se ne fa uso, questo avviene con attrezzature e dosi che non hanno grande

capacità di diffusione nell’ambiente e di inquinamento. Il più delle volte, invece, piuttosto che i fertilizzanti,

vengono utilizzati largamente i concimi organici (letame soprattutto), che vanno ad assumere un importante

ruolo nei delicati equilibri ecologici del suolo.

Si rileva, infine che in un vasto intorno dell’area in esame non risulta la presenza di aree estrattive, grandi

infrastrutture o attività economiche che possano essere in grado di arrecare disturbi, anche pur minimi,

pericolosi per la salvaguardia dell’integrità del sito, degli habitat e delle specie in esso tutelate.

V.5.6.3 Normative di tutela operanti.

La presenza del bosco artificiale di conifere e dei boschi naturali a prevalenza di roverella, fa scattare il vincolo

sulle attività edilizie ai sensi dell’art. 10 della L.R. n. 16 del 6 aprile 1996 e s.m.i. Però, mentre all’interno della

fascia di rispetto dei boschi naturali vige il vincolo assoluto di inedificabilità, nella fasce di rispetto dei boschi

artificiali il medesimo art. 10 lascia la possibilità di realizzare costruzioni anche se entro il limite di densità

fondiaria di 0,03 mc/mq. Questo fatto, ovviamente, viene a privare della necessaria tutela gli habitat

comunitari che si trovano ai margini dei boschi artificiali. In particolare risulterebbe esposto a qualche rischio

l’habitat comunitario 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos

mauritanicus. Si rileva, comunque, che risulterebbe in ogni caso operante il vincolo paesaggistico ai sensi della

legge 29 giugno 1939, n. 1497 che il comma 11° dell’art. 10 della stessa legge regionale 16/96 appone sulle

fasce di rispetto dei boschi. Ad esclusione della zona B1 e B2, non sottoposte al vincolo di cui alla legge 16/96 e

s.m.i., le altre ZZ.TT.OO. (nello specifico le zone C1, C2 e C3) ricadono all’esterno della fascia di rispetto del

bosco, mentre interna risulta essere la zona F - Aree per mercatini rionali.

Gli altri vincoli che risultano operanti sull’area di criticità studiata e sul SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da

Salaci sono:

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Vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985 per la presenza nella zona dei seguenti elementi:

i alcuni Torrenti iscritti nell'elenco delle acque pubbliche della provincia di Agrigento approvato con D.P. n°

1503 del 16/12/70 (i valloni: Campisia, Gargiuffe, del Palo, Gassena, Saraceno, Cacagliomarro, Conceria,

Portella S. Venera, Tricchi, Minnicuca, Cammarata e Turibolo, Vaddonazzo, Realtavilla, Castagna), Riserva

orientata di Monte Cammarata);

↑ Aree boscate e sottoposte a vincolo di rimboschimento;

↑ Zone di rispetto attorno ai boschi ed alle fasce forestali (per effetto dell'art. 10 L.R. 16/1996)

↑ Aree montane nella parte eccedente i 1200 m.

↑ Parco suburbano in località Salaci.

↑ vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923;

↑ vincolo derivante dalla istituzione del SIC Monte Cammarata – C.da Salaci;

↑ vincolo derivante dalla istituzione della Riserva naturale orientata Monte Cammarata;

↑ vincolo di cui alla L.R. 27 dicembre 1978 n. 71.

aree soggette a rischio idrogeologico, in particolare per alcune aree classificate R3 ed R4;

vincolo di tutela degli acquiferi. D.P.R.S. 24 maggio 1988, n.236 per la presenza nella zona di diversi pozzi di

importanza interprovinciale.

vincolo di espianto degli ulivi.

vincolo di elettrodotti. D.P.C.M. 23 aprile 1992 e succ. mod.,, per la presenza di diversi elettrodotti ad alta

tensione;

vincolo per le fasce di rispetto stradali. D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ.mod.

Vincolo di acquedotto, oleodotto, gasdotto, per la presenza dell’acquedotto comunale e di un gasdotto.

V.5.6.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli

habitat e delle specie.

Come già detto le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione di tutte le aree di espansione urbana e

le relative opere di urbanizzazione previste in tutta la zona ad O ed a N-O dell’abitato, ai confini del SIC ITA

040005 Monte Cammarata – C.da Salaci.

L’allocazione di tutte le zone di espansione urbanistica previste dal PRG (zona B1, zona C2, C3 e zona F –

mercatini rionali) e delle relative opere di urbanizzazione, è fatta fuori dai confini del SIC. Tuttavia l’ubicazione

di tali previsioni di Piano ad una distanza così breve da esso ed in qualche caso anche in contiguità, non può far

escludere aprioristicamente una qualche forma di incidenza o di disturbo sul sito e sugli habitat in esso tutelati.

Gli effetti che potrebbero svilupparsi e che perciò sono stati indagati, sono quelli in precedenza individuati con i

seguenti:

↑ Incremento del traffico e della pressione antropica a danno della fauna stanziale e migratoria;

↑ Aumento dei disturbi da rumore e dispersione d’inquinanti;

↑ Alterazione dei regimi idrici di scorrimento superficiale e della qualità delle acque;

↑ Modifiche morfologiche per la diminuzione delle pendenze e la creazione di spiazzi;

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↑ Modifiche morfologiche per la messa in sicurezza dei versanti instabili;

↑ Innesco ed aumento delle fenomenologie erosive;

↑ Interferenze dirette con la vegetazione naturale;

↑ Creazione di barriere che potrebbero interferire con gli spostamenti di alcune specie;

↑ Aumento della pressione edificatoria;

↑ Introduzione di materiali e piante estranei alla natura dei luoghi;

↑ Generazione di rumori e polveri nelle fasi di cantiere;

↑ Impatto visivo e paesaggistico;

↑ Creazione di discariche abusive ed abbandono incontrollato di RSU.

Tali effetti deriverebbero dall’aumentata pressione antropica che scaturirebbe dall’allocazione ai margini del

SIC di quasi tutte le zone di espansione urbana previste dal Piano. Peraltro, come già in precedenza accennato,

il Consiglio Comunale ha accolto, anche in questa zona, alcune delle osservazioni al Piano presentate dai

cittadini, tendenti, in generale, ad un aumento degli indici di fabbricabilità.

Dall’aumento della popolazione residente nell’area immediatamente vicina al SIC deriverà certamente un

incremento dei fattori potenzialmente di disturbo sulle componenti biotiche degli habitat tutelati. Tuttavia

questi fattori di disturbo non sembra possano assumere livelli di significatività tali da far ritenere le previsioni

del Piano Regolatore Generale che li genererebbero incompatibili con le esigenze di tutela degli habitat stessi.

Come già detto, infatti, il traffico veicolare nella zona deriverà sostanzialmente dalle sole azioni di spostamento

della popolazione residente, potendo escludere, per le ragioni già dette, la presenza di mezzi pesanti e

particolarmente rumorosi o inquinanti. Peraltro, sia il livello complessivo di traffico, sia l’incremento che esso

potrà subire, legati come sono ad una densità abitativa che a pieno regime potrà raggiungere livelli non

superiori a 0,009 ab/mq, possono far escludere qualsiasi forma significativa di incidenza in termini di emissione

di inquinanti e di livelli di rumorosità prodotti.

Stesso discorso, ovviamente, può essere riproposto in merito alle previsioni di incremento di emissioni

inquinanti generati dagli impianti di riscaldamento e di condizionamento delle abitazioni.

L’impermeabilizzazione di vaste superfici dovuta alla creazione dei fabbricati e delle opere di urbanizzazione

attinenti, genererà certamente una alterazione dei regimi idrici di scorrimento superficiale e della qualità delle

acque, nonché modifiche morfologiche dei suoli per la creazione di spiazzi e strade. Si rileva, tuttavia, che la

morfologia e l’idrologia dei luoghi è tale che queste alterazioni potranno generarsi solo a valle del SIC, con ciò

facendo escludere ogni interferenza diretta su di esso e sulle sue componenti biotiche e abiotiche, legata sia al

regime di scorrimento superficiale delle acque, sia alla loro qualità.

Anche l’assetto idrogeologico a valle del SIC non subirà, per effetto degli insediamenti abitativi che si andranno

a realizzare, modificazioni tali da far prevedere l’innesco di fenomeni erosivi o di dissesti diffusi o localizzati,

come peraltro lo stesso studio geologico di Piano ha messo in evidenza. Tutte le aree di espansione urbana

individuate dal Piano sono ben al di fuori di quelle individuate dallo studio come aree a rischio idrogeologico.

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La realizzazione degli insediamenti urbani di Piano non interesserà, come più volte rilevato, l’area del SIC, al più

essi saranno dislocati ai suoi margini. Anche la viabilità secondaria che si dovrà realizzare per servire le nuove

zone di espansione urbana non toccheranno né intersecheranno suoli ricadenti entro il sito comunitario, con

ciò facendo escludere ogni possibile interferenza diretta con la vegetazione naturale dei luoghi. La vegetazione

che si colloca sui suoli da edificare e che perciò dovrà essere distrutta, appartiene, in larghissima parte, alla

sfera delle piante coltivate. Qua e là, tuttavia, si presentano isolatamente e in maniera alquanto frammentata,

dei piccoli brandelli di vegetazione

naturale afferenti alla tipologia

delle praterie ad Ampelodesma e

dei boschi di roverella che vanno

ad occupare aree estese tuttalpiù

qualche centinaio di metri quadri.

Fanno eccezione, in questo senso,

due boschetti di querce

caducifoglie (di roverella

soprattutto), estesi circa 4.000 mq

ciascuno, che vengono a ricadere

il primo all’interno della Zona

Territoriale Omogenea C3, ed il

secondo a cavallo della stessa ZTO

C3 e della contigua ZTO C2, situate

tra la strada provinciale

Cammarata-Santo Stefano

Quisquina e la piscina provinciale.

Essi mancano dei requisiti minimi per poter essere considerati boschi agli effetti della L.R. 16/96 e non ricadono

entro la fascia di rispetto dei boschi naturali e artificiali. Mancano, peraltro, di qualunque altra forma di tutela,

trovandosi fuori dalla perimetrazione della R.N.O. Monte Cammarata e del SIC ITA040005 Monte Cammarata-

C.da Salaci. In pratica, quindi, nessuna norma verrebbe a vietare l’edificazione all’interno di questi boschetti.

Tuttavia si ritiene che essi, per gli aspetti paesaggistici ed in qualche modo anche naturalistici che racchiudono,

possano e debbano essere salvaguardati, potendo costituire all’interno della stessa area edificabile che li

contiene, un importante spazio verde, da utilizzare anche a fini ricreativi.

L’edificazione all’interno delle aree di espansione urbana, così come identificate e normate dal Piano, non

comporterà l’innalzamento di sagome che per la loro altezza possano in qualche modo creare delle barriere che

risultino di ostacolo agli spostamenti dell’avifauna. L’altezza degli edifici, infatti, nelle zone B e C del Piano deve

essere contenuta entro il limite di 11 ml e quest’altezza, certamente, è inferiore all’altezza di volo dei volatili

che vivono nella zona.

Per quel che riguarda gli spostamenti della fauna terricola, vi è da dire che i nuovi insediamenti verranno a

trovarsi lungo direttrici certamente non utilizzabili né utilizzate da essa, in quanto tali nuovi insediamenti

costituiranno un unicum con l’attuale tessuto urbano della città che certamente non è una delle direzioni di

spostamento delle specie di terra. Per il resto, gli insediamenti abitativi che si andranno a realizzare riguardano

le zone C, ed in esse i parametri di densità edilizia previsti dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano sono

tali da lasciare ampie fasce non costruite né impermeabilizzate, ove la fauna terricola potrà certamente trovare

le sue vie di spostamento. Si osserva, peraltro, che le direttrici utilizzate dalla fauna e dell’avifauna, che

usualmente vanno dalla periferia del SIC verso il suo interno, ove si trovano i più pregiati habitat, non vengono

minimamente toccate né intaccate nella loro efficienza dalle previsioni di Piano, trovandosi esse esattamente

dalla parte opposta all’attuale centro abitato e ai nuovi insediamenti urbani previsti.

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Nelle Zone Territoriali Omogenee C, ove molto spesso i lotti vengono ad ospitare specie ornamentali anche

esotiche, si può generare qualche problematica causata dalla introduzione di specie vegetali estranee alla

natura dei luoghi, soprattutto se infestanti. Il problema, certamente, non può assumere particolare rilevanza ed

è circoscritto. Si tratterà di avviare, da parte dei competenti uffici comunali, delle iniziative di informazione nei

riguardi della popolazione e, ove necessario, una serie di controlli che tendano ad individuare ed

eventualmente ad eliminare quelle specie vegetali che mostrano essere particolarmente aggressive ed invasive.

Particolari problematiche, in questo senso, sono quelle create da una specie esotica da qualche decennio

introdotta nei nostri ambienti: Ailanthus altissima. Questa specie ha mostrato una così elevata capacità di

adattamento da riuscire a colonizzare non pochi spazi, anche all’interno di formazioni naturali, quali i boschi di

querce caducifoglie e sempreverdi che si trovano sul nostro territorio. La sua invadenza è tale ed i rischi di una

sua maggiore diffusione così elevati, da porre seriamente il problema della intrapresa di serie iniziative di

contenimento. In questo senso sarebbe bene che il Comune prendesse le necessarie misure ed esplicitasse, in

fase di rilascio delle concessioni edilizie, il divieto di propagare sul territorio comunale questa specie vegetale

ed altre che dovessero

porre la medesima

problematica.

In merito all’impatto

visivo e paesaggistico

che la realizzazione dei

nuovi insediamenti

urbani previsti dal Piano

può produrre, vi è da

notare che i valori

paesaggistici e

panoramici di rilievo

esistenti in questa zona

non verranno ad essere

intaccati

significativamente. Gran

parte della espansione

urbana prevista, infatti,

non sarà altro che la continuazione del tessuto urbano già esistente, in una zona, peraltro, che non offre

particolari visuali ed emergenze. I veri e rilevanti valori paesaggistici e panoramici, costituiti dalle visuali dirette

sulle pendici di Monte Cammarata ricoperte da folte pinete e dai querceti naturali posizionati al piede delle

stesse non saranno significativamente intaccati dagli insediamenti previsti, trattandosi, in generale, di

interventi di modesta entità sparsi sul territorio ed in genere ben mimetizzati dalla vegetazione arborea

naturale e coltivata. Laddove singoli o gruppi di insediamenti abitativi dovessero essere di ostacolo a particolari

aperture panoramiche o dovessero intaccarne in qualche modo il loro valore, in sede di valutazione

dell’intervento stesso e, comunque, in sede di rilascio del relativo provvedimento autorizzativo, potranno

essere prescritti interventi di mitigazione, da realizzare con schermature vegetali adatte.

Per ciò che concerne la fase di cantiere per la realizzazione delle opere previste, non si prevedono effetti

significativi sui valori naturali da tutelare per effetto della emissione di rumori generati dalle macchine

operatrici e per il sollevamento di polveri inquinanti. L’insediamento urbano, infatti, comporterà generalmente

l’allestimento di singoli piccoli cantieri che avranno durata alquanto limitata. Anche i movimenti di terra

necessari per realizzare il sito di imposta delle opere saranno di lieve entità e non potranno produrre che effetti

piuttosto modesti o irrilevanti e, comunque, momentanei.

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Pressocchè nullo, infine, è da considerare il rischio legato alla creazione di cave di prestito per i materiali da

costruzione (nella zona esistono già e sono regolarmente autorizzate le cave per l’estrazione dei materiali

lapidei e della sabbia) e alla creazione di discariche abusive ed abbandono incontrollato di RSU. Quest’ultimo,

fenomeno, per la verità, è diffuso nella zona, essendo abitudine malsana della popolazione locale, quella di

abbandonare rifiuti un po’ dappertutto, soprattutto per quel che riguarda gli ingombranti. Anche nelle zone di

espansione urbana previste dal Piano abbiamo avuto modo, durante i sopralluoghi effettuati, di imbatterci in

cumuli di rifiuti abbandonati. In questo, però, i nuovi insediamenti abitativi avranno, come generalmente

avviene, un ruolo di dissuasione verso l’azione di abbandono dei rifiuti, generalmente indirizzata verso aree

disabitate ed incontrollate. Si tratterà, tuttalpiù, di predisporre un efficiente servizio di raccolta ed in ogni caso

di intensificare i controlli sulle aree a rischio per perseguire i colpevoli.

Qualche considerazione, infine, si vuol svolgere circa le osservazioni presentate da cittadini ed Enti dopo la

presentazione del Piano e sui possibili effetti che il loro accoglimento da parte del Consiglio Comunale potrà

implicare a carico del sito Natura 2000.

Come già precedentemente detto il Consiglio Comunale ha ritenuto di dover accogliere gran parte delle

osservazioni pervenute; per alcune anche disattendendo lo specifico parere espresso dal tecnico progettista e

dall’U.T.C..Tutte le osservazioni accolte prevedono una nuova classificazione dei suoli dalla ZTO E alla ZTO C.

Solo una di esse ha chiesto ed ottenuto una ri-classificazione da ZTO B2 a ZTO B1.

Per quel che riguarda la presente indagine si rileva, in primo luogo, che tutte le osservazioni accolte riguardano

suoli che ricadono al di fuori del perimetro del SIC.

Si rileva, comunque, che il maggior carico urbanistico rispetto a quello precedentemente determinato, che

deriverebbe dalla ri-classificazione di questi suoli, qualora essa fosse definitivamente approvata, è valutato in

circa 400 abitanti. Tale incremento del carico urbanistico non andrebbe parimenti a determinare un

incremento significativo dell’indice di densità abitativa (le ri-classificazioni richieste tendono prevalentemente

verso zone C a bassa densità edilizia) che resterebbe, perciò, attestato sui valori di 0,009 ab/mq. Anche il nuovo

fabbisogno di opere di urbanizzazione non verrebbe ad avere connotazioni tali da lasciar prevedere sostanziali

e significativi effetti sulla integrità dei siti da tutelare. Non si individuano, infatti, opere urbanistiche, fra quelle

che dovrebbero essere realizzate, che potrebbero comportare, sia in fase di realizzazione che in quella di

gestione, ricadute sensibili o di un certo rilievo sulle componenti ambientali e sulle emergenze naturali che

nella zona si trovano.

Gli effetti attendibili non possono, dunque, che essere quelli già in precedenza descritti, con la valutazione di

un lieve aumento del loro peso sul sistema ambientale generale, tale, comunque, da non generare

cambiamenti di giudizio sulla significatività di tali effetti ai fini degli obiettivi di conservazione del sito.

Si ritiene, pertanto, che l’accoglimento delle osservazioni al Piano, già deliberato dal Consiglio Comunale,

possa, da un punto di vista strettamente attinente agli scopi della presente valutazione, non comportare

significativi effetti sugli obiettivi di conservazione del sito Natura 2000. Tuttavia, allargando il discorso ad una

visione complessiva dell’assetto ambientale territoriale, si ritiene di dover condividere i pareri tecnici espressi

sia dal tecnico progettista del Piano che dall’U.T.C., in merito a ciascuna delle osservazioni pervenute, valutate

non accoglibili (tranne che per due di esse) in quanto incidenti sul dimensionamento complessivo del PRG.

Si rileva, infine, che una piccola porzione di questi suoli oggetto di ri-classificazione, ed in particolare di quelli

che si trovano a ridosso del bosco Salaci, ri-classificati da zona E1 a zona C3, è toccata dalla fascia di rispetto dei

boschi naturali ed in maniera più profonda, dal vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legge 27 giugno 1985

n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985 n. 431, derivante dalla presenza del bosco

Salaci, compreso entro il perimetro del parco suburbano, e della relativa fascia di rispetto.

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200

V.5.7 Area 2 di possibile criticità di Piano.

V.5.7.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente

interessati.

V.5.7.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate.

Le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione, in località Bosco-S. Onofrio, di una porzione della

zona E1 – Aree agricole periurbane, entro il perimetro del SIC ITA 040005 Monte Cammarata – C.da Salaci e, per

effetto dell’accoglimento da parte del Consiglio Comunale di alcune osservazioni al PRG, una zona Ct –

complessi turistico-alberghieri-ricettivi , ed una zona E1 – Aree agricole periurbane, posizionate entrambe

all’interno dello stesso SIC, ed una zona D1 – Aree produttive industriali, collocata esternamente al SIC ma ad

una distanza da esso non ritenuta di sicurezza ai fini della tutela degli habitat presenti.

Il paesaggio vegetale di questa zona è dominato dalla presenza in forma pressocchè continua, di sistemi

colturali e particellari complessi (classe di uso del suolo 2.4.2) con qualche variante che riguarda la (2.2.3.1)

Colture permanenti miste con prevalenza di oliveti.; nella parte più a monte il paesaggio di questa zona gode

della presenza dei folti boschi di querce caducifoglie di località Bosco, S. Onofrio e Serre.

V.5.7.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e

lineamenti del paesaggio, presenza di emergenze, grado di disturbo,

ecc..).

Il paesaggio è piuttosto discontinuo ed eterogeneo, comprendendo una zona, che è quella delle colture

particellari complesse, ove forte risulta la presenza umana, con diffusi insediamenti residenziali stagionali,

sovrastata da monte dalla incomparabile bellezza e naturalità dei boschi di querce caducifoglie che occupano le

ultime pendici di Monte Cammarata in località Bosco, S. Onofrio e Serre.

La zona a più alto grado di antropizzazione è interessata da colture miste arboree e/o erbacee con un grado di

promiscuità tale da originarie sistemi colturali alquanto complessi. Le specie arboree prevalenti sono l’ulivo ed

in misura minore, il mandorlo e poi il ciliegio, la vite, il pesco, il fico, ecc…. Si tratta, in genere, come già detto,

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201

di colture che riflettono sistemi produttivi ormai superati, costituite da consociazioni arboree ed erbacee con

sesti molto irregolari, varietà superate e condotte con tecniche produttive occasionali ed arrangiate, tipiche

delle aree suburbane, ove predomina un tipo di agricoltura cosiddetto “part-time”. La proprietà fondiaria è

alquanto polverizzata ed anche qui dà origine ad una vera e propria babele di confini, recinzioni, colture

diverse.

A monte di questa zona si estendono i boschi di querce caducifoglie (roverella e leccio, principalmente) che

presentano un elevato grado di naturalità e costituiscono, perciò, una delle emergenze naturali di maggior

rilievo di tutto il territorio cammaratese. Proprio la presenza di questi querceti ed il tratto del paesaggio

determinato dai verdi fianchi della montagna, rendono questa zona particolarmente appetita per la

realizzazione di residenze stagionali, che vengono qui a godere di ineguagliabili condizioni di clima, di

panorama, di salubrità.

Qua e là il querceto si estende in mezzo ai coltivi in forma di propaggini, che rappresentano relitti di quello che

doveva essere il ricoprimento vegetale naturale di questi luoghi.

V.5.7.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale

dell’area, con riferimenti espliciti alle specie dominanti e/o più

espressive.

L’aspetto principale della vegetazione è il bosco a prevalenza di querce caducifoglie, rientrante nell’alleanza

Quercion ilicis. Esso occupa una superficie che sfiora i 200 ettari in c.da Bosco, S. Onofrio, Serre. Si tratta di

formazione generalmente disetanee o rese coetanee dagli incendi. La loro copertura e densità è elevata. Esse

occupano le parti meno acclivi del territorio in esame, dove trovano condizioni ideali per la loro evoluzione.

Risultano disturbate dalla forte pressione antropica, in primo luogo dal pascolo eccessivo e poi dai frequenti

incendi e da una serie notevole di attività umane. La loro struttura fa perno su Quercus pubescens ed in minor

misura su Quercus ilex, Fraxinus ornus ed Acer campestris. Lo strato arbustivo è costituito da Asparagus

acutifolius, Calicotome infesta, Clematis vitalba, Coronilla emerus subsp. emeroides, Daphne gnidium,

Euphorbia characias, Lonicera etrusca, L. implexa, Osyris alba, Pyrus amygdaliformis, Ruscus aculeatus, Rosa

canina, Rhamnus alaternus, Smilax aspera. Tra le specie che compongono lo strato erbaceo si ritrovano

Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen

hederifolium, C. repandum, Euphorbia amygdaloides subsp. arbuscula. Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp.

russii, Pimpinella peregrina, Rubia peregrina, Thalictrum calabricum e Viola dehnhardtii.

Di particolare rilievo sono anche tutti i frammenti di boscaglia che si trovano disseminati nella località Balatelle,

S. Michele e S. Onofrio. Si tratta, in molti casi, di aspetti di degrado delle formazioni più evolute e stabili,

porzioni delle quali ancora si rinvengono in questa parte del territorio. Questi aspetti di boscaglia afferiscono

all’alleanza Quercion ilicis e alla classe Quercetea ilicis. La struttura è formata prevalentemente da Quercus

pubescens e da Quercus ilex alle quali si trovano associate Pyrus amygdaliformis, Cytisus villosus, Pistacia

terebinthus, Phillyrea latifolia, Rhamnus alaternus e diverse specie arbustive e lianose eliofile dell'alleanza

Pruno-Rubion ulmifolii come Crataegus laciniata, Prunus spinosa, Rubus ulmifolius e Smilax aspera.

Mosaico di appezzamenti e di colture che dal punto di vista fitosociologico può essere ascritto alla classe

Stellarietea mediae. Vi sono comprese le colture agrarie sia arboree che erbacee con le rispettive componenti

infestanti in cui prevalgono alcune specie della famiglia Poaceae (Avena fatua, Avena barbata, Bromus

fasciculatus, Hordeum murinum, Phalaris minor, Poa annua, ecc…) ed altre quali, Papaver rhoeas, Ranunculus

ficaria, Sinapis arvensis, Brassica rapa subsp. sylvestris, Oxalis pes-caprae, ecc...

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202

V.5.7.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario

o prioritario ai sensi dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43

“Habitat”.

HABITAT RISCONTRATI:

91H0* - Foreste dell’Europa temperata – Boschi

pannonici di Quercus pubescens.

V.5.7.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali e animali di

interesse comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nulla da segnalare per quel che riguarda le specie animali.

V.5.7.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario

che richiedono una protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Fra le specie animali riportate nell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”, è possibile riscontrare la presenza delle specie:

Istrice (Hystrix cristata - Linnaeus, 1758); Lucertola campestre (Podarcis sicula - Rafinesque, 1810); Lucertola sicula (Podarcis wagleriana - Gistel, 1868); Biacco (Coluber viridiflavus - Lacépède, 1789; Gongilo (Chalcides ocellatus - Forsskål, 1775); Orecchione meridionale (Plecotus austriacus - Fischer, 1829); Ramarro (Lacerta viridis - Laurenti, 1768); Saettone (Elaphe longissima - Laurenti, 1768);

V.5.7.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello

locale/regionale/nazionale/internazionale.

Nulla di rilevante da segnalare.

V.5.7.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati.

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203

Gli habitat comunitari individuati in questa zona, che possono potenzialmente essere interessati da effetti

generati dall’allocazione delle previsioni di Piano, sono del tipo 91H0* – Boschi pannonici di Quercus

pubescens, che, peraltro, è uno degli habitat definiti prioritari.

Esso ha un elevato valore essendo composto da un numero notevole di specie fra le quali la roverella ne

costituisce l’elemento strutturale. Si tratta di formazioni boschive che rientrano nell’ordine Quercetalia ilicis.

Esse sono ascrivibili all’associazione Oleo sylvestris-Quercetum virgilianae, associazione termofila,

fisionomizzata da Quercus virgiliana e Q. amplifolia.

Lo strato arbustivo è costituito, oltre che dalle specie prima citate, da elementi caratteristici dei Quercetalia e

Quercetea ilicis come Asparagus acutifolius, Calicotome infesta, Clematis vitalba, Coronilla emerus subsp.

emeroides, Daphne gnidium, Euphorbia characias, Lonicera etrusca, Lonicera implexa, Osyris alba, Pyrus

amygdaliformis, Ruscus aculeatus, Rosa canina, Rhamnus alaternus, Smilax aspera.

Tra le specie che compongono lo strato erbaceo si ritrovano Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula

laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen hederifolium, Cyclamen. repandum, Euphorbia

amygdaloides subsp. arbuscula, Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp. russii, Pimpinella peregrina, Rubia

peregrina, Thalictrum calabricum e Viola dehnhardtii.23

Queste formazione subiscono, fortissima, la pressione antropica, soprattutto per quel che riguarda il pascolo e

l’incendio che ne devastano, con una allarmante frequenza, la composizione ed il loro valore ecologico.

Questi boschi costituiscono l’habitat della fauna segnalata nei formulari standard ed effettivamente rilevata.

V.5.7.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat.

Fra gli habitat rilevati in questa zona il 91H0* – Boschi pannonici di Quercus pubescens, risulta essere definito

prioritario secondo la definizione data dalla normativa comunitaria, che individua tale tipologia in un “tipo di

habitat che rischia di scomparire nel territorio europeo e per la cui conservazione la Comunità ha una

responsabilità particolare a causa dell’importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa

nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato”. (art. 1 – punto d) della direttiva

92/43/CEE). Da questo punto di vista, perciò, esso assume una rilevante valenza ai fini della sua conservazione.

Queste aree boscate, così come quelle ad esse simili dislocate in tutta l’area dei Monti Sicani (Clementi et al.

2006), hanno subito, nel passato più o meno recente, un intensivo sfruttamento (governo a ceduo e pascolo),

che ha prodotto nel tempo una marcata contrazione della loro superficie (Marino et al. 2005) riducendole, oggi,

a pochi lembi, per i quali si è reso, perciò, necessario l’inserimento nel sistema di protezione regionale

costituito dai Parchi e dalla Riserve naturali Regionali. Nel caso specifico questo querceto di caducifoglie,

concentrato in un unico corpo nelle località Bosco, S. Onofrio e Serre è stato inserito entro la perimetrazione

della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata.

Ancora oggi, però, questi boschi vengono aggrediti con una frequenza devastante da azioni dell’uomo, quali il

pascolo e l’incendio. Il fuoco, in particolare, è l’elemento che costituisce la principale fra le cause di

vulnerabilità, anche se, fortunatamente, queste formazioni naturali hanno mostrato nel tempo una capacità

ragguardevole di ricostituzione dopo l’evento calamitoso.

Anche nei riguardi della pressione esercitata dalle innumerevoli attività umane che si svolgono ai loro margini,

essi hanno mostrato una forte capacità di resistenza. Secondo uno studio condotto da La Mela Veca et al.24 sul

SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci, del quale si è già avuto modo di riferire, è stato rilevato, a tal

23 P. Marino 24 La Mela Veca D.S., Clementi G., Cullotta S., Maetzke F., Traina G. – Analisi dello stato di Conservazione degli habitat Natura 2000 nel Sito di Interesse Comunitario “ITA040005 – Monte Cammarata, Contrada Salaci”, Monti Sicani (Sicilia Centro-Occidentale). Atti 5° Congresso SISEF: Forest@ 3 (2 ): 222-237, 2006.

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204

proposito, come questo tipo di habitat sia, fra tutti quelli presenti all’interno del SIC, il meno vulnerabile, in

quanto risulta essere più compatto e costituito da un minor numero di tessere con un elevato grado di

aggregazione.

V.5.7.2 La pressione antropica esercitata.

L’area in esame riguarda tutta la fascia a nord e nord-ovest dell’abitato. Qui il Piano Regolatore Generale non

ha previsto zone di espansione urbana. Ha rilevato, tuttavia, un fenomeno di diffusione di residenze stagionali

in questo che è un territorio agricolo. Per “differenziare comunque la condizione di tali zone da quelle agricole

produttive, nelle norme di attuazione è stato previsto un diverso regime normativo per tali aree, definite di

verde agricolo periurbano”. Tale diverso regime normativo si esplica, sostanzialmente, in alcune misure, qui

sotto compendiate, che tendono a limitare o a impedire, nelle aree di verde agricolo periurbano, le attività

produttive agricole non compatibili con la residenza (locali per il ricovero degli animali, locali destinati alla

lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici ed allo sfruttamento delle risorse naturali, attività

di cava e miniera, stalle sociali, discariche di inerti). Viceversa, per quel che riguarda gli insediamenti a carattere

di residenza e quelli destinati alle attività agrituristiche, fermi restando gli indici di fabbricabilità fondiaria,

fissati come per legge in entrambi i casi in 0,03 mc/mq, viene consentita la possibilità di realizzare maggiori

volumi destinati a pilotis, portici e verande, nel limite massimo, comunque, dell’1,5% della superficie del lotto,

nonché di diminuire il distacco minimo dai confini (ridotto da m. 7.50 a m. 5.00). Nelle aree E1 – Aree di verde

periurbano, diversamente che nelle zone E2 – Aree di verde produttivo, viene inoltre data facoltà di realizzare

Impianti e attrezzature pubbliche o di interesse pubblico di cui all'art. 4 del D.M. 2.04.1968, anche da parte di

privati, destinate a centri scolastici, ricreativi, sociosanitari, religiosi e culturali o ad impianti tecnologici nonché

impianti sportivi e aree per i servizi connessi. Tuttavia la superficie per gli spazi attrezzati per l'esercizio di

attività sportive all’interno delle aziende agrituristiche in zona E1 viene ridotta, rispetto alle zone E2 da1/4 ad

1/12 dell’intera azienda.

Attività edilizie Zone E1 - Aree agricole periurbane. Zone E2 - Verde agricolo produttivo.

Costruzioni al servizio

dell'agricoltura (silos, fienili e

depositi, serbatoi e vasche fuori

ed entro terra, magazzini,

fabbricati rurali in genere che

rispondano a documentate

necessità di conduzione del

fondo

Non è ammessa la costruzione di

fabbricati ed impianti destinati alla

attività zootecnica.

Il rapporto massimo di copertura è

fissato in 1/50 dell'area impegnata

per l'intervento

Il rapporto massimo di copertura è fissato in

1/60 dell'area impegnata per l'intervento

L'indice di fabbricabilità fondiaria

non può superare 0.07 mc/mq

Nel caso in cui le costruzioni debbano

realizzarsi a servizio di una azienda agricola

o zootecnica può prescindersi dal rispetto

dei parametri edilizi fissati, a condizione che

la realizzazione dei nuovi edifici o impianti

sia prevista all'interno di appositi "Piani di

sviluppo aziendale" e venga giustificata da

una relazione tecnica agronomica che

dimostri la congruità delle opere progettate

in rapporto alle colture effettivamente

praticate o da impiantare ed alle reali

esigenze della azienda stessa

Locali per il ricovero degli

animali Non consentiti

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Attività edilizie Zone E1 - Aree agricole periurbane. Zone E2 - Verde agricolo produttivo.

Impianti e manufatti edilizi

destinati alla lavorazione e

trasformazione dei prodotti

agricoli e zootecnici ed allo

sfruttamento a carattere

artigianale di risorse naturali

Non consentiti

Nuove costruzioni destinate alla

residenza anche stagionale ed

alle attività ad essa connesse

L'indice di fabbricabilità fondiaria

non può superare 0.03 mc/mq

L'indice di fabbricabilità fondiaria non può

superare 0.03 mc/mq

distacco minimo dai confini m. 5.00 distacco minimo dai confini m. 7.50

altezza massima al colmo m. 8.00 altezza massima al colmo m 8.50

E' ammessa, in aggiunta al volume

principale, la realizzazione di pilotis,

portici e verande in misura non

superiore ad una volta e mezza la

superficie coperta tompagnata e

comunque all'1,5% dell'area

complessiva del lotto.

E' ammessa, in aggiunta al volume

principale, la realizzazione di pilotis, portici

e verande in misura non superiore ad una

volta e mezza la superficie coperta

tompagnata e comunque all'1% dell'area

complessiva del lotto.

Nuove costruzioni ed impianti

destinati ad attività agrituristiche

nell'ambito delle aziende

agricole.

L'indice di fabbricabilità fondiaria

non può superare 0.03 mc/mq

L'indice di fabbricabilità fondiaria non può

superare 0.03 mc/mq

distacco minimo dai confini m. 5.00 distacco minimo dai confini m. 7.50

altezza massima al colmo m. 8.00 altezza massima al colmo m 8.50

E' ammessa, in aggiunta al volume

principale, la realizzazione di pilotis,

portici e verande in misura non

superiore ad una volta e mezza la

superficie coperta tompagnata e

comunque all'1,5% dell'area

complessiva del lotto.

E' ammessa, in aggiunta al volume

principale, la realizzazione di pilotis, portici

e verande inn misura non superiore ad una

volta e mezza la superficie coperta

tompagnata e comunque all'1% dell'area

complessiva del lotto.

E' possibile prevedere spazi

attrezzati per l'esercizio di attività

sportive, purchè la superficie

complessivamente interessata da

tali spazi non sia superiore ad 1/12

dell'area dell'intera azienda.

E' possibile prevedere spazi attrezzati per

l'esercizio di attività sportive, purchè la

superficie complessivamente interessata da

tali spazi non sia superiore ad 1/4 dell'area

dell'intera azienda.

Impianti e manufatti edilizi

destinati alla realizzazione, da

parte della Amministrazione

comunale, di stalle sociali

Non sono consentiti

Impianti e attrezzature

pubbliche o di interesse pubblico

di cui all'art. 4 del D.M.

2.04.1968, anche da parte di

privati, destinate a centri

scolastici, ricreativi,

sociosanitari, religiosi e culturali

Non sono consentiti

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Attività edilizie Zone E1 - Aree agricole periurbane. Zone E2 - Verde agricolo produttivo.

o ad impianti tecnologici

Impianti sportivi e dei servizi

connessi Non sono consentiti

Interventi produttivi previsti

dalla legislazione regionale

vigente

Non consentiti

Attività di cava e miniera Non consentite

Discariche di materiali inerti Non consentite

In questa zona, oltre all’allocazione della zona E1 – Aree di verde agricolo periurbano, vi si troverebbero anche

altre aree edificabili potenzialmente impattanti, derivanti da alcune osservazioni al Piano votate

favorevolmente dal Consiglio Comunale. In particolare si tratta di:

↑ un’area di circa mq 10.000, nella quale è risultato attivo un impianto per la produzione di conglomerato

cementizio è stata ri-classificata da zona E a zona D1 – Aree produttive industriali;

↑ Un’area di circa mq 450 ricadente, secondo lo studio agricolo forestale, all’interno della perimetrazione

del bosco naturale, è stata ri-classificata come zona E1 – Aree di verde agricolo periurbano; dai rilievi

effettuati risulta che tale area è ricadente all’interno del SIC ITA040005 ed all’interno dell’habitat

comunitario prioritario 91H0* - Boschi pannonici di Quercus pubescens.

↑ Un’area di circa 3.500 mq, nella quale è risultata in essere una attività di ristorazione è stata ri-classificata

da zona E1 a zona Ct – Complessi turistico-alberghieri-ricettivi; tale area risulta essere ricadente entro il SIC

ITA040005.

V.5.7.3 Normative di tutela operanti.

La presenza del bosco naturale a prevalenza di roverella, fa scattare il vincolo sulle attività edilizie ai sensi

dell’art. 10 della L.R. n. 16 del 6 aprile 1996 e s.m.i.

All’interno della fascia di rispetto dei boschi ricadono una larghissima porzione della zona classificata E1 e per

intero le due aree di mq 450 e mq 3.500, di cui si è appena detto, per le quali il Consiglio Comunale ha accolto il

ricorso presentato dai proprietari. La prima di queste due aree, poi, ricade, come si è già detto, entro l’habitat

prioritario 91H0* - Boschi pannonici di Quercus pubescens Risulta operante pertanto, anche il vincolo

paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 che il comma 11° dell’art. 10 della stessa legge

regionale 16/96 appone sulle fasce di rispetto dei boschi.

Gli altri vincoli che risultano operanti sull’area di criticità studiata e sul SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da

Salaci sono:

Vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985 per la presenza nella zona dei seguenti elementi:

alcuni Torrenti iscritti nell'elenco delle acque pubbliche della provincia di Agrigento approvato con D.P. n° 1503

del 16/12/70 (il vallone Saraceno), Riserva orientata di Monte Cammarata);

↑ Aree boscate e sottoposte a vincolo di rimboschimento;

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↑ Zone di rispetto attorno ai boschi ed alle fasce forestali (per effetto dell'art. 10 L.R. 16/1996)

↑ vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923;

↑ vincolo derivante dalla istituzione del SIC Monte Cammarata – C.da Salaci;

↑ vincolo derivante dalla istituzione della Riserva Naturale Orientata Monte Cammarata;

aree soggette a rischio idrogeologico, in particolare per alcune aree classificate R3 ed R4;

vincolo di tutela degli acquiferi. D.P.R.S. 24 maggio 1988, n.236 per la presenza nella zona di diversi pozzi di

importanza interprovinciale.

vincolo di espianto degli ulivi.

vincolo di elettrodotti. D.P.C.M. 23 aprile 1992 e succ. mod.,, per la presenza di diversi elettrodotti ad alta

tensione;

vincolo per le fasce di rispetto stradali. D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ.mod.

Vincolo di acquedotto, oleodotto, gasdotto, per la presenza dell’acquedotto comunale e di un gasdotto.

V.5.7.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli

habitat e delle specie.

Come già detto le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione della zona E1 – Aree agricole

periurbane in contiguità con un habitat comunitario prioritario compreso nel SIC ITA040005 Monte Cammarata

– C.da Salaci e, per effetto dell’accoglimento di alcune osservazioni al PRG, di una zona E1 entro l’habitat stesso,

di una zona Ct entro il SIC ed ai margini dello stesso habitat e di una zona D1 – Aree produttive industriali,

collocata ad una distanza dal sito Natura 2000 e dall’habitat in esso tutelato non ritenuta di sicurezza ai fini

della sua conservazione.

L’area classificata come E1 – Aree di verde agricolo periurbano, si estende per 171 ettari complessivi e fra questi

14 ettari e 60 are ricadono

all’interno del sito Natura 2000

ITA040005 Monte Cammarata –

C.da Salaci.

Questa’area, peraltro, lungo un

fronte di circa 2 km, si trova in

contiguità con il limite del SIC ed

in particolare con uno degli

habitat comunitari prioritari in

esso rinvenuti, 91H0* Boschi

pannonici di Quercus pubescens,

corrispondente con i boschi di

roverella di località Bosco, S.

Onofrio, Serre.

La presenza di quest’area ai margini di un pezzo di natura di così grande valore ecologico, quale è il bosco di

querce in questione, potrebbe determinare condizioni di pregiudizio a carico dell’habitat comunitario.

L’esame approfondito delle attività e degli interventi che le norme di attuazione del PRG consentono all’interno

di quest’area, fà escludere, comunque, la possibilità che si possano produrre significativi effetti negativi

sull’habitat tutelato. L’esclusione, infatti, all’interno dell’area E1, di attività potenzialmente impattanti, quali

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208

quell a di cava e miniera, o la realizzazione di discariche di inerti, di stalle sociali, di impianti e manufatti edilizi

destinati alla lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici ed allo sfruttamento a carattere

artigianale di risorse naturali, rassicura alquanto circa la compatibilità di questa previsione di Piano con gli

obiettivi di conservazione dell’habitat comunitario.

Anche gli interventi edilizi consentiti appaiono compatibili con le esigenze di tutela, in quanto si valuta che nel

loro complesso essi non siano in grado di generare effetti importanti sulle componenti biotiche e abiotiche

presenti all’interno dell’habitat. Si osserva, peraltro, che il vincolo edilizio generato a carico di questa zona E1

dal bosco di querce che costituisce l’habitat in questione, per una fascia di 200 metri dai suoi limiti, che

potenzialmente è quella che potrebbe produrre gli effetti più significativi, offre ampi margini di sicurezza per il

raggiungimento degli obiettivi di conservazione del sito.

Gli effetti, infatti, che potrebbero svilupparsi e che perciò sono stati indagati, sono quelli individuati con i

seguenti:

↑ Incremento del traffico e della pressione antropica a danno della fauna stanziale e migratoria;

↑ Aumento dei disturbi da rumore e dispersione d’inquinanti;

↑ Alterazione dei regimi idrici di scorrimento superficiale e della qualità delle acque;

↑ Innesco ed aumento delle fenomenologie erosive;

↑ Interferenze dirette con la vegetazione naturale;

↑ Creazione di barriere che potrebbero interferire con gli spostamenti di alcune specie;

↑ Aumento della pressione edificatoria;

↑ Introduzione di materiali e piante estranei alla natura dei luoghi;

↑ Generazione di rumori e polveri nelle fasi di cantiere e nell’area per attività industriali (impianto di

produzione di calcestruzzo);

↑ Impatto visivo e paesaggistico;

↑ Creazione di discariche abusive ed abbandono incontrollato di RSU.

↑ Sottrazione di suolo e distruzione di vegetazione costituente habitat comunitari.

Tali effetti deriverebbero dall’aumentata pressione antropica che scaturirebbe dall’allocazione ai margini del

SIC o entro di esso di alcune delle aree edificabili o per attività produttive, delle quali si è detto.

Valgono, qui, in quanto perfettamente coincidenti, le considerazioni svolte in un precedente paragrafo

riguardante la valutazione degli effetti attendibili e la compatibilità con gli obiettivi di conservazione del sito

comunitario relativamente all’area di criticità n. 1. Tali valutazioni e considerazioni si intendono qui riprese ed

associate alla realtà di questa area di criticità n. 2. In particolare, ricorrendo ad una rapida sintesi di quanto già

detto, si afferma:

↑ L’aumento e la tipologia di traffico che si può sviluppare a seguito dell’allocazione in questa zona degli

insediamenti umani e produttivi previsti dal PRG non sono tali da poter fare realisticamente prevedere un

consequenziale aumento dei fattori di disturbo sulla fauna e sull’avifauna stanziale e migratoria che possa

arrecare effetti negativi significativi sulla stessa;

↑ Non è prevedibile una emissione significativa di agenti inquinanti né la creazione di barriere che possano

fungere da ostacolo ai movimenti migratori dell’avifauna;

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↑ La tipologia degli insediamenti realizzabili non è tale da alterare i regimi di scorrimento idrico superficiale

e la qualità delle acque;

↑ Non sono prevedibili effetti significativi di innesco di fenomeni erosivi;

↑ Per la loro tipologia, le opere realizzabili non alterano significativamente la qualità visiva del paesaggio;

↑ Non è prevedibile la creazione in questa zona di discariche abusive per effetto delle previsioni di Piano o,

perlomeno, non più di tanto rispetto a quanto già si verifica.

Qualche perplessità invero, nasce dalla possibilità che il Piano offre di allocare in questa zona E1, impianti e

attrezzature pubbliche o di interesse pubblico di cui all'art. 4 del D.M. 2.04.1968, anche da parte di privati,

destinate a centri scolastici, ricreativi, sociosanitari, religiosi e culturali o ad impianti tecnologici, per gli effetti

che strutture di tal genere potrebbero produrre. Tuttavia non si hanno in mano, in questa sede, gli elementi

necessari (ubicazione, tipologia, entità e dimensioni dell’eventuale intervento) per poter esprimere un giudizio

circostanziato e giustificato circa la possibilità di conseguire comunque gli obiettivi di conservazione del sito

comunitario. In termini generali, comunque, possiamo qui esprimere un giudizio generale positivo di

compatibilità sulla previsione di Piano relativa a questa area E1, lasciando che un giudizio definitivo possa

essere espresso nel successivo momento istruttorio della eventuale istanza di autorizzazione dell’intervento

specifico. In questo senso il competente Ufficio Tecnico Comunale dovrà provvedere affinchè venga richiesta,

in fase di autorizzazione, la Valutazione di Incidenza

per gli interventi di tal genere che dovessero essere

richiesti su suoli ricadenti entro la fascia di sicurezza di

300 metri dal limite del sito Natura 2000.

Qualcosa và detto e specificato, inoltre, circa la

possibilità che la presenza dell’impianto di produzione

di calcestruzzi nella zona classificata D1 possa arrecare

qualche forma di disturbo sulla flora e la fauna

presenti nell’habitat. Si evidenzia, innanzitutto, che la

superficie destinata dal PRG a questo tipo di attività è

effettivamente circoscritta all’attuale area di sedime del

cantiere ed a quella di deposito dei materiali. Tale

previsione, derivante peraltro, come già ricordato, da

una precisa osservazione al PRG fatta dal proprietario

del cantiere, viene quindi a collocarsi interamente

entro una realtà produttiva già esistente.

Si osserva, in secondo luogo, che tale impianto

produttivo e l’intera area ove esso si trova, è allocato

ad una distanza di circa 250 metri dal confine del SIC

ITA040005 e a 425 metri dall’habitat comunitario

91H0* tutelato all’interno del SIC stesso. Già questa distanza attenua, se non esclude del tutto, la possibilità

che i rumori in esso generati dalle macchine in movimento e dalle attrezzature di cantiere, possano costituire

una fonte di disturbo per la fauna e l’avifauna tutelata entro il SIC. Si evidenzia, poi, che l’impianto, sul quale

sono stati eseguiti diversi sopralluoghi, è, nella sua specie, un piccolo impianto a carattere artigianale, che non

utilizza macchinari particolarmente rumorosi né in grado di sollevare o emettere polveri inquinanti. D’altra

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parte, essendo la zona circostante densamente punteggiata da insediamenti abitativi, mai nel passato sono

stati lamentati danni o disturbi di tal genere da parte della

popolazione che qui gravita.

Non dissimili sono le considerazioni che possono essere

svolte in merito alla presenza di un locale di ristoro in

questa stessa zona, all’interno del SIC, del quale il

Consiglio Comunale, attraverso l’accoglimento della

osservazione al PRG presentata dal proprietario, anche su

parere del progettista del Piano, ne ha voluto certificare la

presenza.

La zona Ct – Complessi turistico-alberghieri-ricettivi

connessa all’insediamento esistente è estesa

complessivamente circa mq 3.500. Di questi una larga

parte sono destinati ad un ampio parcheggio per la

clientela. La restante parte è occupata già oggi da un giardino attrezzato per lo svago ed i giochi dei bambini.

Essa, come già rilevato, si viene a trovare all’interno

del SIC ITA040005 Monte Cammarata – C.da Salaci, e

non investe habitat comunitari, il più vicino dei quali

è ubicato a circa 80 m. Tutt’attorno i terreni sono

destinati a frutteti misti ed oliveti.

La capacità ricettiva del locale, che è un ristorante e

pizzeria, non supera le duecento unità. Peraltro, la

presenza di una strada provinciale lungo il lato N della

zona Ct, e di diversi vincoli derivanti dalla presenza del

SIC, della R.N.O. Monte Cammarata (il cui confine

passa a 80 metri), del bosco naturale, del vallone

Saraceno iscritto nell’elenco delle acque pubbliche,

del vincolo paesaggistico associato alla fascia di

rispetto dei boschi, nonché la volumetria di cui la ZTO

dispone, limitano fortemente, se non escludono del tutto, significativi ampliamenti dei volumi già oggi edificati

e, conseguentemente, la capacità ricettiva del locale.

Le fonti di disturbo attuali e future che quest’area può generare a carico delle emergenze naturalistiche

presenti all’interno dell’habitat 91H0*, non appaiono, dunque, di significativa rilevanza. In ogni caso esse

potranno essere attentamente e precisamente valutate in sede di approvazione di eventuali progetti di

ampliamento dell’attività oggi esistente, ove ciò fosse possibile ed attuabile.

Una notazione di diverso orientamento, invece, deve essere fatta circa la terza delle aree per le quali il

Consiglio Comunale ha votato favorevolmente una osservazione al PRG. Essa riguarda, come già detto, una

zona ricadente, secondo lo studio agricolo-forestale, entro il perimetro di un bosco naturale.

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Da verifiche e sopralluoghi effettuati, non si è

potuto far altro che accertare come effettivamente

tale area sia collocata all’interno di un bosco di

querce caducifoglie, individuato, ai sensi

dell’allegato I della Dir. 92/43 CEE, quale habitat

prioritario 91H0* - Boschi pannonici di Quercus

pubescens. Si ritiene, pertanto, che la previsione

dell’allocazione all’interno dell’habitat, di una zona

E1 – Aree agricole periurbane, derivante

dall’accoglimento della osservazione al PRG da parte

del C.C., potrebbe comportare, per la superficie

relativa, la distruzione dello stesso habitat, qualora

qui il proprietario dovesse decidere di edificare o

svolgervi le attività conseguentemente consentite.

V.5.8 Area 3 di possibile criticità di Piano.

V.5.8.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente

interessati.

V.5.8.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate.

Le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione, in località Filici, di una zona Ct – complessi turistico-

alberghieri-ricettivi, a distanza non di sicurezza da un habitat del tipo 91H0* - Boschi pannonici di Quercus

pubescens che si trova entro il SIC ITA040005 Monte Cammarata – C.da Salaci.

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Il paesaggio vegetale di questa zona è dominato ad ovest dal paesaggio dei seminativi (2.1.1.2.1) - seminativi

semplici, al quale si trovano frammiste alcune colture arboree da frutto (2.2.2) frutteti; ad est vi è la rilevante

presenza dei folti boschi di querce caducifoglie di località Bosco, S. Onofrio e Serre (3.1.1.2.2) - Boschi di

roverella e dei boschi di conifere (3.1.2.1.1) - Boschi di Pino d’Aleppo.

V.5.8.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e

lineamenti del paesaggio, presenza di emergenze, grado di disturbo,

ecc..).

Il paesaggio è nettamente dominato da due tipologie prevalenti. Ad ovest prevalgono i seminativi che

generalmente ospitano colture cerealicole avvicendate con leguminose da granella; qua e là ai seminativi si

trovano frammisti dei frutteti (meleti, soprattutto). Ad est, invece si sviluppa il folto bosco di querce di località

Bosco, S. Onofrio e Serre.

Il grado di antropizzazione non è particolarmente elevato, in quanto qui la proprietà risulta essere meno

frazionata e polverizzata e le aziende assumono una consistenza, in termini di superficie, che generalmente

supera i 10 ettari. Gli insediamenti agricoli riguardano alcuni allevamenti zootecnici ovini e bovini, con stalle,

fienili, magazzini ecc..

V.5.8.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale

dell’area, con riferimenti espliciti alle specie dominanti e/o più

espressive.

L’aspetto principale della vegetazione è il bosco a prevalenza di querce caducifoglie, rientrante nell’alleanza

Quercion ilicis. Esso occupa una superficie che sfiora i 200 ettari in c.da Bosco, S. Onofrio, Serre. Si tratta di

formazione generalmente disetanee o rese coetanee dagli incendi. La loro copertura e densità è elevata. Esse

occupano le parti meno acclivi del territorio in esame, dove trovano condizioni ideali per la loro evoluzione.

Risultano disturbate dalla forte pressione antropica, in primo luogo dal pascolo eccessivo e poi dai frequenti

incendi e da una serie notevole di attività umane. La loro struttura fa perno su Quercus pubescens ed in minor

misura su Quercus ilex, Fraxinus ornus ed Acer campestris. Lo strato arbustivo è costituito da Asparagus

acutifolius, Calicotome infesta, Clematis vitalba, Coronilla emerus subsp. emeroides, Daphne gnidium,

Euphorbia characias, Lonicera etrusca, L. implexa, Osyris alba, Pyrus amygdaliformis, Ruscus aculeatus, Rosa

canina, Rhamnus alaternus, Smilax aspera. Tra le specie che compongono lo strato erbaceo si ritrovano

Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen

hederifolium, C. repandum, Euphorbia amygdaloides subsp. arbuscula. Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp.

russii, Pimpinella peregrina, Rubia peregrina, Thalictrum calabricum e Viola dehnhardtii.

Di particolare rilievo sono anche tutti i frammenti di boscaglia che si trovano disseminati nella località Balatelle,

S. Michele e S. Onofrio. Si tratta, in molti casi, di aspetti di degrado delle formazioni più evolute e stabili,

porzioni delle quali ancora si rinvengono in questa parte del territorio. Questi aspetti di boscaglia afferiscono

all’alleanza Quercion ilicis e alla classe Quercetea ilicis. La struttura è formata prevalentemente da Quercus

pubescens e da Quercus ilex alle quali si trovano associate Pyrus amygdaliformis, Cytisus villosus, Pistacia

terebinthus, Phillyrea latifolia, Rhamnus alaternus e diverse specie arbustive e lianose eliofile dell'alleanza

Pruno-Rubion ulmifolii come Crataegus laciniata, Prunus spinosa, Rubus ulmifolius e Smilax aspera.

Il paesaggio agrario è dominato dalla presenza delle colture cerealicole (grano duro (Triticum durum), orzo

(Oryza sativa)) avvicendato con le leguminose da granella (fava (Vicia fab)), o da foraggio (sulla (Hedisarum

coronarum, veccia (Vicia sativa, trifoglio alex (Trifolium alexandrinum)). Qua e là si trovano piccole superfici di

frutteti (Malus domestica).

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V.5.8.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario

o prioritario ai sensi dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43

“Habitat”.

HABITAT RISCONTRATI:

91H0* - Foreste dell’Europa temperata – Boschi

pannonici di Quercus pubescens.

V.5.8.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di

interesse comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nulla da segnalare per quel che riguarda le specie animali.

V.5.8.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario

che richiedono una protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Fra le specie animali riportate nell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”, è possibile riscontrare la presenza delle specie:

Istrice (Hystrix cristata - Linnaeus, 1758); Lucertola campestre (Podarcis sicula - Rafinesque, 1810); Lucertola sicula (Podarcis wagleriana - Gistel, 1868); Biacco (Coluber viridiflavus - Lacépède, 1789; Gongilo (Chalcides ocellatus - Forsskål, 1775); Orecchione meridionale (Plecotus austriacus - Fischer, 1829); Ramarro (Lacerta viridis - Laurenti, 1768); Saettone (Elaphe longissima - Laurenti, 1768);

V.5.8.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello

locale/regionale/nazionale/internazionale.

Nulla da segnalare.

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V.5.8.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati.

Gli habitat comunitari individuati in questa zona, che possono potenzialmente essere interessati da effetti

generati dall’allocazione delle previsioni di Piano, sono del tipo 91H0* – Boschi pannonici di Quercus

pubescens, che, peraltro, è uno degli habitat definiti prioritari.

Esso ha un elevato valore essendo composto da un numero notevole di specie fra le quali la roverella ne

costituisce l’elemento strutturale. Si tratta di formazioni boschive che rientrano nell’ordine Quercetalia ilicis.

Esse sono ascrivibili all’associazione Oleo sylvestris-Quercetum virgilianae, associazione termofila,

fisionomizzata da Quercus virgiliana e Q. amplifolia.

Lo strato arbustivo è costituito, oltre che dalle specie prima citate, da elementi caratteristici dei Quercetalia e

Quercetea ilicis come Asparagus acutifolius, Calicotome infesta, Clematis vitalba, Coronilla emerus subsp.

emeroides, Daphne gnidium, Euphorbia characias, Lonicera etrusca, Lonicera implexa, Osyris alba, Pyrus

amygdaliformis, Ruscus aculeatus, Rosa canina, Rhamnus alaternus, Smilax aspera.

Tra le specie che compongono lo strato erbaceo si ritrovano Arisarum vulgare, Asplenium onopteris, Asperula

laevigata, Aristolochia pallida, Carex distachya, Cyclamen hederifolium, Cyclamen. repandum, Euphorbia

amygdaloides subsp. arbuscula, Luzula forsteri, Paeonia mascula, subsp. russii, Pimpinella peregrina, Rubia

peregrina, Thalictrum calabricum e Viola dehnhardtii.25

Queste formazione subiscono, fortissima, la pressione antropica, soprattutto per quel che riguarda il pascolo e

l’incendio che ne devastano, con una allarmante frequenza, la composizione ed il loro valore ecologico.

Questi boschi costituiscono l’habitat della fauna segnalata nei formulari standard ed effettivamente rilevata.

V.5.8.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat.

Fra gli habitat rilevati in questa zona il 91H0* – Boschi pannonici di Quercus pubescens, risulta essere definito

prioritario secondo la definizione data dalla normativa comunitaria, che individua tale tipologia in un “tipo di

habitat che rischia di scomparire nel territorio europeo e per la cui conservazione la Comunità ha una

responsabilità particolare a causa dell’importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa

nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato”. (art. 1 – punto d) della direttiva

92/43/CEE). Da questo punto di vista, perciò, esso assume una rilevante valenza ai fini della sua conservazione.

Queste aree boscate, così come quelle ad esse simili dislocate in tutta l’area dei Monti Sicani (Clementi et al.

2006), hanno subito, nel passato più o meno recente, un intensivo sfruttamento (governo a ceduo e pascolo),

che ha prodotto nel tempo una marcata contrazione della loro superficie (Marino et al. 2005) riducendole, oggi,

a pochi lembi, per i quali si è reso, perciò, necessario l’inserimento nel sistema di protezione regionale

costituito dai Parchi e dalla Riserve naturali Regionali. Nel caso specifico questo querceto di caducifoglie,

concentrato in un unico corpo nelle località Bosco, S. Onofrio e Serre è stato inserito entro la perimetrazione

della Riserva Naturale Orientata di Monte Cammarata.

Ancora oggi, però, questi boschi vengono aggrediti con una frequenza devastante da azioni dell’uomo, quali il

pascolo e l’incendio. Il fuoco, in particolare, è l’elemento che costituisce la principale fra le cause di

vulnerabilità, anche se, fortunatamente, queste formazioni naturali hanno mostrato nel tempo una capacità

ragguardevole di ricostituzione dopo l’evento calamitoso.

25 P. Marino

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Anche nei riguardi della pressione esercitata dalle innumerevoli attività umane che si svolgono ai loro margini,

essi hanno mostrato una forte capacità di resistenza. Secondo uno studio condotto da La Mela Veca et al.26 sul

SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci, del quale si è già avuto modo di riferire, è stato rilevato, a tal

proposito, come questo tipo di habitat sia, fra tutti quelli presenti all’interno del SIC, il meno vulnerabile, in

quanto risulta essere più compatto e costituito da un minor numero di tessere con un elevato grado di

aggregazione.

V.5.8.2 La pressione antropica esercitata.

L’area in esame riguarda la contrada Filici ove il Piano ha allocato una zona Ct – Complessi turistico-alberghieri-

ricettivi in prossimità di un sito comunitario.

In questa zona si trovano diversi complessi aziendali agricoli, generalmente orientati verso la produzione

zootecnica.

Di rilievo è anche la presenza di una struttura che ospita un’attività di ristorazione. Il locale ha una capacità

ricettiva di circa 250 unità.

Poco più in là insiste un grosso complesso agricolo, realizzato dal Comune, che originariamente doveva essere

adibito a stalla sociale. Oggi, in realtà, i fabbricati (stalle, fienili, magazzini e abitazioni rurali) di questo

insediamento agricolo versano in stato di abbandono.

L’attività antropica risulta evidente un po’ ovunque, palesata dalla presenza diffusa di fabbricati ad uso

agricolo, dei seminativi, dei frutteti con i loro sesti regolari, dalla viabilità, dalla elettrificazione, ecc..

Frequenti sono gli incendi che si sviluppano nei mesi estivi e che interessano generalmente i seminativi.

L’area boscata risulta meno aggredita dalle attività dell’uomo, tutelata com’è dal fatto che essa interessa suoli

demaniali sottoposti al controllo costante ed efficace del Corpo Forestale Regionale.

V.5.8.3 Normative di tutela operanti.

La presenza del bosco naturale a prevalenza di roverella, fa scattare il vincolo sulle attività edilizie ai sensi

dell’art. 10 della L.R. n. 16 del 6 aprile 1996 e s.m.i.

All’interno della fascia di rispetto dei boschi ricadono una porzione della zona classificata Ct .

Risulta operante pertanto, anche il vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 che il

comma 11° dell’art. 10 della stessa legge regionale 16/96 appone sulle fasce di rispetto dei boschi.

Gli altri vincoli che risultano operanti sull’area di criticità studiata e sul SIC ITA040005 Monte Cammarata-C.da

Salaci sono:

Vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985 per la presenza nella zona dei seguenti elementi:

− Riserva orientata di Monte Cammarata);

− Aree boscate e sottoposte a vincolo di rimboschimento;

− Zone di rispetto attorno ai boschi ed alle fasce forestali (per effetto dell'art. 10 L.R. 16/1996)

vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923;

vincolo derivante dalla istituzione del SIC Monte Cammarata – C.da Salaci;

26 La Mela Veca D.S., Clementi G., Cullotta S., Maetzke F., Traina G. – Analisi dello stato di Conservazione degli habitat Natura 2000 nel Sito di Interesse Comunitario “ITA040005 – Monte Cammarata, Contrada Salaci”, Monti Sicani (Sicilia Centro-Occidentale). Atti 5° Congresso SISEF: Forest@ 3 (2 ): 222-237, 2006.

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216

vincolo derivante dalla istituzione della Riserva Naturale Orientata Monte Cammarata;

aree soggette a rischio idrogeologico, in particolare per alcune aree classificate R3 ed R4;

vincolo di tutela degli acquiferi. D.P.R.S. 24 maggio 1988, n.236 per la presenza nella zona di diversi pozzi di

importanza interprovinciale.

vincolo di espianto degli ulivi.

vincolo per le fasce di rispetto stradali. D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ.mod.

Vincolo di acquedotto, oleodotto, gasdotto, per la presenza dell’acquedotto comunale e di un gasdotto.

V.5.8.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli

habitat e delle specie.

Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle specie.

Come già detto le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione di una zona Ct Complessi turistico-

alberghieri-ricettivi in prossimità dell’habitat 91H0* Boschi pannonici di Quercus pubescens ricadente entro il

SIC ITA040005 Monte Cammarata – C.da Salaci.

Questa zona Ct è ritagliata attorno ad una struttura sulla quale viene esercitata una attività di ristorazione che

vi ricade interamente.

L’area sulla quale ricade la zona Ct interessa, oltre

alla superficie sulla quale si sviluppa il locale

ristorante e quella ad esso asservita, un meleto

che si trova nella fase matura del suo ciclo

produttivo.

Essa è estesa 6 ettari e 20 are, dei quali circa 2

ettari ricadono entro la fascia di rispetto generata,

per effetto dell’art. 10 della L.R. 16/96 e

successive modifiche ed integrazioni, dalla

presenza del bosco di roverella di c.da Bosco, S.

Onofrio, Serre.

Il limite della ZTO più prossimo all’habitat

comunitario da tutelare si trova ad una distanza di

circa 100 metri dallo stesso.

Sulla base dei parametri urbanistici previsti dalla Norme di Attuazione per la zona Ct, quest’area potrebbe

essere edificata per complessivi 124.000 mc (ivi compresa la volumetria esistente), generando una capacità

ricettiva che si stima in circa 400 posti letto. Tale carico ricettivo, unitamente a tutte le attività associate alla

realizzazione e gestione di quest’area alberghiera-ricettiva, potrebbero essere fonte di qualche azione di

disturbo nei riguardi degli aspetti naturali tutelati all’interno del SIC. Anche qui, però, l’esame approfondito

delle attività e degli interventi che le norme di attuazione del PRG ed i vincoli esistenti consentono all’interno di

quest’area, fà escludere la possibilità che si possano produrre significativi effetti negativi sull’habitat tutelato.

Si rileva, in primo luogo, che l’esistenza del vincolo di inedificabilità su una fascia di 200 metri, generata per

effetto della presenza del bosco di roverella, in applicazione dell’art. 10 della L.R. 16/96, che obbliga

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217

l’arretramento degli insediamenti edilizi all’interno di questa zona Ct, offre ampi margini di sicurezza circa la

compatibilità degli interventi previsti con le esigenze di tutela dell’habitat comunitario.

Gli effetti producibili che sono stati presi in considerazione sono i seguenti:

− Incremento del traffico e della pressione antropica a danno della fauna stanziale e migratoria;

− Aumento dei disturbi da rumore e dispersione d’inquinanti;

− Alterazione dei regimi idrici di scorrimento superficiale e della qualità delle acque;

− Innesco ed aumento delle fenomenologie erosive;

− Interferenze dirette con la vegetazione naturale;

− Creazione di barriere che potrebbero interferire con gli spostamenti di alcune specie;

− Generazione di rumori e polveri nelle fasi di cantiere;

− Impatto visivo e paesaggistico.

Tali effetti deriverebbero sia dalla fase di cantiere per la realizzazione delle opere consentite, sia dalla fase di

gestione dell’attività turistico-ricettiva.

L’esito delle indagini svolte e delle valutazioni e considerazioni fatte, sono sinteticamente riportate qui di

seguito.

L’aumento e la tipologia di traffico che si può sviluppare a seguito dell’allocazione in questa zona degli

insediamenti turistico-ricettivi previsti dal PRG non sono tali da poter fare realisticamente prevedere un

consequenziale aumento dei fattori di disturbo sulla fauna e sull’avifauna stanziale e migratoria che possa

arrecare effetti negativi significativi sulla stessa. La viabilità che dovrà essere utilizzata, infatti, si sviluppa a

distanze ragguardevoli dall’habitat tutelato ed il traffico automobilistico che si potrebbe generare non pare,

dunque, sicuramente essere di grado di espletare effetti di disturbo significativi sulla fauna e sull’avifauna

stanziale e migratoria qui presente.

I rumori che potrebbero generarsi in fase di gestione dell’attività turistico-ricettiva, sono legati, per esempio, a

particolari momenti di intrattenimento all’aperto nel periodo estivo, ove dovessero essere utilizzate

apparecchiature di amplificazione di elevata potenza. Ciò, certamente, arrecherebbe un grave disturbo,

soprattutto nelle ore notturne, alla fauna e alla avifauna stanziale. Particolarmente, sentito, poi, sarebbe il

problema nel periodo degli accoppiamenti e della riproduzione. In questo senso dovranno essere vietate tutte

quelle attività all’aperto, soprattutto in ore della notte, che siano in grado di produrre rumori la cui intensità,

rilevabile attraverso prove e misurazioni specifiche, dovesse risultare di grave pregiudizio per la stanzialità della

fauna e dell’avifauna. In questo senso appare anche utile che, in fase di autorizzazione degli interventi, venga

prescritta la realizzazione di barriere fonoassorbenti attraverso l’utilizzo di specie vegetali ben adatte allo

scopo.

Non è prevedibile una emissione significativa di agenti inquinanti né, vista l’altezza massima consentita per gli

interventi edilizi (11 metri), la creazione di barriere che possano fungere da ostacolo ai movimenti migratori

dell’avifauna.

Essendo allocati all’esterno del SIC e su suoli destinati alla produzione agricola, gli interventi previsti all’interno

di questa zona, non esplicheranno nessuna interferenza diretta con la vegetazione naturale.

La tipologia degli insediamenti realizzabili non è tale da alterare i regimi di scorrimento idrico superficiale e la

qualità delle acque. Lo stesso indice di copertura previsto per questa zona, non superiore al 20%, garantirebbe

la possibilità di avere ampie superfici non coperte e non impermeabilizzate che assicurino i normali scambi

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218

idrici e gassosi nel suolo. E’ facilmente prevedibile, peraltro, che per aree ricettive di questo tipo, si debbano

avere a disposizione ampie zone verdi per lo svago e le attività fisico-sportive, le quali potranno certamente

contribuire, in special modo se ben progettate, alla definizione di un assetto ecologico-ambientale della zona

compatibile o vicino agli aspetti naturali qui presenti.

Non sono prevedibili effetti significativi di innesco di fenomeni erosivi, anche perché le pendenze dei suoli sono

qui abbastanza contenute.

Per la loro tipologia, le opere realizzabili non alterano significativamente la qualità visiva del paesaggio. Ove,

peraltro, le caratteristiche delle opere da realizzare, non vagliabili in questa sede per mancanza di dati specifici,

renderebbero concreta una ipotesi di tal genere, potrebbero essere prescritte, in fase di autorizzazione

dell’intervento, le necessarie misure di mitigazione, attraverso la realizzazione di adeguate schermature

vegetali.

Per ciò che concerne la fase di cantiere per la realizzazione delle opere previste, non si prevedono effetti

significativi sui valori naturali da tutelare per effetto della emissione di rumori generati dalle macchine

operatrici e per il sollevamento di polveri inquinanti. Gli insediamenti da realizzare, infatti, comporteranno

l’allestimento di cantieri di limitata dimensione, per un arco di tempo non certamente lungo. Anche i

movimenti di terra necessari per realizzare il sito di imposta delle opere saranno di lieve entità e non potranno

produrre, a causa dei rumori emessi dalle macchine utilizzate, che effetti piuttosto modesti o irrilevanti e,

comunque, momentanei.

V.5.9 Area 4 di possibile criticità di Piano.

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V.5.9.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente

interessati.

V.5.9.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate.

Le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione di una zona Cc – Complessi ricettivi all’area aperta, in

località Piane nelle vicinanze del SIC ITA040007 Pizzo della Rondine – Bosco di Santo Stefano Quisquina.

Il paesaggio vegetale di questa zona è alquanto vario e comprende i seminativi (2.1.1.2.1) Seminativi semplici, i

pascoli (3.2.1), i rati-pascoli naturali e praterie, la (3.2.1.4.2) Prateria mesofita, la (3.2.1.4.1) Prateria ad

ampelodesma, la (3.1.1.1.3) Lecceta a roverella, e (3.1.2.1.1) Rimboschimenti di pino d’Aleppo). Fra queste

classi di paesaggio vegetale quella relativa alla prateria mesofita (3.2.1.4.1), la prateria ad Ampelodesma

(3.1.1.1.3) e la lecceta a roverella (3.1.2.1.1) danno origine a tre diversi tipi di habitat comunitari tutelati

all’interno del SIC ITA040007 Pizzo della Rondine – Bosco di santo Stefano Quisquina.

V.5.9.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e

lineamenti del paesaggio, presenza di emergenze, grado di disturbo,

e

c

c

.

.

)

.

Il paesaggio di questa parte del

territorio cammaratese è alquanto

discontinuo ed eterogeneo. Esso

mostra i caratteri di transizione dal

paesaggio di alta collina a quello di

montagna. Il passaggio tra l’un

tipo di paesaggio e l’altro non è

graduale, mutando

repentinamente da quello dei

seminativi su dolci pendii a quello

dei boschi artificiali di conifere e

delle leccete sulle ripide pendici della montagna.

A sud il paesaggio offre ampi spazi sui seminativi che generalmente ospitano colture cerealicole (grano, orzo)

avvicendate con leguminose da granella o da foraggio (veccia, sulla, trifoglio alex, ecc..). Frequenti, in questa

zona, sono le aziende agricole che praticano la zootecnia, orientata soprattutto verso l’allevamento degli ovini.

Diversi, di conseguenza, sono i complessi edilizi rurali con stalle, fienili, magazzini. Il grado di antropizzazione

qui è evidente e si manifesta, oltre che nei campi coltivati, in diverse altre opere dell’uomo: viabilità,

elettrificazione, acquedotti, insediamenti residenziali stagionali e turistico-ricettivi.

Ad ovest e a sud-ovest si staglia imponente il massiccio di Monte Cammarata con le sue vette minori (Monte

Gemini, Pizzo della Rondine).

Qui il paesaggio, invece, è dominato dalla presenza dei folti boschi artificiali di conifere e dai boschi naturali a

leccio e roverella che ricoprono il massiccio montuoso.

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Particolare rilievo in questa zona riveste il bosco di leccio e roverella insediato sulle ripidi pendici del rilievo

denominato “Pizzo della Rondine”. La natura, qui, offre degli spunti veramente notevoli, oltre che per gli

aspetti vegetazionali, anche per

quelli faunistici, geologici,

morfologici.

La lecceta presenta aspetti

climacici e costituisce un esempio

relitto di quello che doveva essere

il ricoprimento vegetale naturale

prima che, nei secoli passati,

iniziasse l’intensa opera di

disboscamento che ha portato

prima al completo denudamento

di tutte le pendici della montagna,

e poi, dopo il secondo dopoguerra,

all’opera di rimboschimento

artificiale.

La natura impervia dei suoli che li

rende praticamente inaccessibili, l’elevato grado di naturalità della vegetazione, la presenza di una ricca fauna

e di tanti anfratti e punti nascosti nelle rocce ove essa può stanziarsi e riprodursi, conferiscono a questi luoghi

un elevato valore paesaggistico ed ecologico.

Più a nord si trovano di frequente terreni che per le loro difficili condizioni pedo-morfologiche, sono lasciati

incolti. Qui si sviluppano delle praterie dominate da specie vegetali di tipo xerofilo, che presentano diversi gradi

di naturalità, in funzione del periodo di tempo in cui sono stati sottratti alle coltivazioni. Anche queste praterie

assurgono ad un importante ruolo ecologico-ambientale, costituendo molto spesso, da parte dell’avifauna

stanziale, luoghi di elezione per importanti momenti della loro vita, quali la riproduzione.

V.5.9.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale

dell’area, con riferimenti espliciti alle specie dominanti e/o più

espressive.

Nei terreni più impervi, lasciati incolti, abbandonati da più di 10 anni, si trovano insediate delle fitocenosi che

rientrano nell’associazione Helictotricho convoluti-Ampelodesmetum mauritanici a sua volta afferente

all’Avenulo-Ampelodesmion mauritanici, ordine Hyparrhenietalia hirtae, classe Thero-Bracypodietea. Oltre

all’Ampelodesma contribuiscono a formare la struttura della vegetazione Avenula cincinnata, Bituminaria

bituminosa, Helictotrichon convolutum, Foeniculum vulgare subsp. piperitum, Kundmannia sicula, Micromeria

graeca subsp. graeca, Reichardia picroides. Ad esse si associano diverse altre entità quali Andropogon

distachyus, Calamintha nepeta, Carlina sicula, Hypochoeris achyrophorus, Phagnalon saxatile, Serratula

cichoracea, Sideritis romana, Verbascum sinuatum, Trifolium stellatum. All’interno di questa tipologia sono

frequenti diverse orchidee tra le quali le endemiche Ophrys archimedea, Ophrys exaltata, Ophrys explanata,

Oprhys oxyrrhynchos, Orchis brancifortii, Orchis commutata.

Nei terreni incolti da minor tempo vi si ritrovano delle praterie costituite da specie xerofile di natura erbacea,

fra le quali sono Avena barbata, A. fatua, Bromus fasciculatus, B. hordeaceus, B. intermedius, Dactylis

glomerata, Hedysarum coronarium. H. spinosissimum, Hordeum leporinum, Lolium multiflorum, L. perenne,

Onobrychis aequidentata, O. caput-galli, Phalaris canariensis, P minor, Phleum ambiguum, P pratense, Poa

annua, P pratensis, Stipa barbata, S. capensis, Trifolium angustifolium, T glomeratum, T squarrosum, Trigonella

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gladiata, Vicia bithynica, V lathyroides. Trattandosi di aree intensamente sfruttate con il pascolo, trovano qui

diffusione alcune specie non gradite al bestiame quali, Asphodelus microcarpus, Ferula communis, Thapsia

garganica, Carlina sicula, Eryngium campestre e diverse essenze spinose quali Cynara cardunculus subsp.

cardunculus, Carduus macrocephalus, Centaurea calcitrapa, Carthamus lanatus, Galactites tomentosa,

Scolymus grandiflorus, Notobasis syriaca, Onopordon illiricum, Pallenis spinosa.

La lecceta che si trova su Pizzo della Rondine afferisce all'Aceri campestris-Quercetum ilicis, associazione del

Quercion ilicis. Lo strato arboreo è costituito in prevalenza dal leccio ma, a definire la sua fisionomia,

contribuiscono con vario peso anche altre essenze come Acer campestre, Quercus pubescens s.l. e Fraxinus

ornus. Lo strato arbustivo annovera specie caratteristiche dei Quercetalia e Quercetea ilicis quali Clematis

vitalba, Euphorbia characias, Hedera helix, Lonicera etrusca, Pyrus amygdaliformis, Rosa sempervirens, R.

sicula, Ruscus aculeatus. Lo strato erbaceo è costituito di frequente da specie quali Asparagus acutifolius,

Brachypodium sylvaticum, Calamintha nepeta, Cyclamen repandum, Lamium flexuosum var. pubescens,

Paeonia mascula subsp. russii, Thalictrum calabricum, Trifolium pratense e Viola dehnhardtii.

In zona sono largamente rappresentate le formazioni artificiali generalmente coetanee a struttura

monostratificata, costituite principalmente da Pinus halepensis e Cupressus sempervirens. In misura minore vi si

ritrovano anche Cupressus arizonica, Cedrus atlantica, Cedrus deodara. Nelle radure talvolta si insediano

aspetti di boscaglia e arbusteti che lasciano in qualche caso spazio alle praterie di ampelodesma.

Mosaico di appezzamenti e di colture che dal punto di vista fitosociologico può essere ascritto alla classe

Stellarietea mediae. Vi sono comprese le colture agrarie sia arboree che erbacee con le rispettive componenti

infestanti in cui prevalgono alcune specie della famiglia Poaceae (Avena fatua, Avena barbata, Bromus

fasciculatus, Hordeum murinum, Phalaris minor, Poa annua, ecc…) ed altre quali, Papaver rhoeas, Ranunculus

ficaria, Sinapis arvensis, Brassica rapa subsp. sylvestris, Oxalis pes-caprae, ecc...

V.5.9.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario

o prioritario ai sensi dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43

“Habitat”.

HABITAT RISCONTRATI:

5330 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-

desertici.

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5332 – Boscaglie termo-mediterranee

e pre-steppiche – Gariga ad

Ampelodesmos mauritanicus.

9340 – Foreste sclerofille mediterranee

– Foreste di Quercus ilex e Quercus

rotundifolia

V.5.9.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di

interesse comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nell’habitat 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, è possibile riscontrare la presenza dell’orchidacaea Ophrys lunulata Parl.

Nulla da segnalare per quel che riguarda le specie animali.

V.5.9.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario

che richiedono una protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

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Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nell’habitat 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, è possibile riscontrare la presenza dell’orchidacaea Ophrys lunulata Parl.

Fra le specie animali, negli habitat rilevati è possibile riscontrare la presenza delle specie:

Istrice (Hystrix cristata - Linnaeus, 1758); Lucertola campestre (Podarcis sicula - Rafinesque, 1810); Lucertola sicula (Podarcis wagleriana - Gistel, 1868); Biacco (Coluber viridiflavus - Lacépède, 1789; Discoglosso dipinto (Discoglossus pictus - Otth, 1837); Gatto selvatico (Felis silvestris Schreber, 1777); Gongilo (Chalcides ocellatus - Forsskål, 1775); Orecchine meridionale (Plecotus austriacus - Fischer, 1829); Ramarro (Lacerta viridis - Laurenti, 1768); Saettone (Elaphe longissima - Laurenti, 1768);

V.5.9.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello

locale/regionale/nazionale/internazionale.

Nella prateria ad Ampelodesma, che costituisce uno degli habitat rilevati sono frequenti diverse orchidee tra le

quali le endemiche Ophrys archimedea, Ophrys exaltata, Ophrys explanata, Oprhys oxyrrhynchos, Orchis

brancifortii, Orchis commutata.

V.5.9.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati.

Gli habitat comunitari individuati in questa zona, che possono potenzialmente essere interessati da effetti

generati dall’allocazione delle previsioni di Piano, sono tre: uno del tipo 5330 – Arbusteti termo-mediterranei e

pre-desertici, l’altro del tipo 5332 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici – Gariga ad Ampelodesmos

mauritanicus, e l’ultimo del tipo 9340 – Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia.

Il primo di questi habitat (5330), presenta aspetti di boscaglia costituiti principalmente da querce sempreverdi

e rappresenta, probabilmente, la forma di degrado delle formazioni forestali native naturali a Quercus ilex, che

poco più a monte ricoprono Pizzo della Rondine. Infatti, la componente floristica risulta espressiva dell'alleanza

Quercion ilicis e della classe Quercetea ilicis.

Esso si colloca all’esterno del SIC e la sua estensione è alquanto limitata, contenuta com’è entro i 25 ettari,

Quest’habitat è praticamente compenetrato all’altro tipo di habitat, il 5332 - Arbusteti termo-mediterranei e

pre-desertici – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, con il quale, in pratica viene a fondersi.

Quest’ultimo è complessivamente esteso circa 80 ettari e si sviluppa all’interno del SIC ITA040007 Pizzo della

Rondine, Bosco di Santo Stefano Quisquina solo per circa 1/5 della sua estensione totale; la rimanente parte ne

resta fuori.

L’habitat costituito dal bosco di Quercus ilex , esteso per una superficie di circa 100 ettari, è, invece,

interamente ricompreso all’interno dello stesso SIC.

L’habitat 9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia, è costituito, come già detto da un bosco

naturale a prevalenza di Leccio che palesa evidenti aspetti climacici. Questo bosco è da ritenere di notevole

interesse geobotanico, soprattutto in quanto sede di modelli sopravvissuti di quello che doveva essere il

ricoprimento vegetale di buona parte del settore collinare, all’interno della Sicilia centro-occidentale.

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Un discorso diverso può essere fatto per l’altro tipo di habitat. Esso non è che il primissimo stadio di evoluzione

della vegetazione su terreni che per la loro marginalità pedologica sono lasciati incolti o lo stadio finale del

processo di regressione che la vegetazione naturale subisce a causa di elevate forme di aggressione, quali

l’incendio ed il pascolo eccessivo. Almeno alle nostre latitudini, le fitocenosi riconducibili a questo tipo di

habitat sono ben lungi dall’essere considerate rare ed a rischio di scomparsa, e non presentano in sé, perciò, un

elevato pregio ecologico-naturalistico. Il loro valore, invece, è da ricercare nel fatto che essi hanno elevati indici

di biodiversità, dovuta anche alla presenza di una ricchissima fauna che qui trova i luoghi prediletti per la

nidificazione e la riproduzione.

V.5.9.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat.

Nessuno degli habitat considerati è incluso fra quelli considerati prioritari dalla direttiva europea.

Per quel che riguarda la valutazione della vulnerabilità ecologica degli habitat considerati, si osserva che tutti

presentano una forma alquanto allungata, col che risulterebbero più esposti a maggiori rischi circa la possibilità

di conservare le risorse interne agli habitat stessi. Fra i tre tipi di habitat, comunque, quello costituito dai boschi

leccio, fa evidenziare il minor grado di rischio, in quanto presenta i maggiori indici di superficie e di

compattezza ed una minore frammentarietà, pur se anch’esso a forma estremamente allungata.

Si rileva che il bosco di leccio è, in questa zona, in rapida espansione, anche per l’azione dell’Azienda Foreste

Demaniali che ha avviato ormai da qualche decennio un interessante processo di rinaturalizzazione dei boschi

artificiali di conifere che in questa zona occupano grosse superfici. Tale processo passa attraverso la

disseminazione delle specie che costituiscono la vegetazione naturale (leccio, soprattutto) ed una parallela

attività di diradamento delle conifere, per lasciar spazio alle specie di più elevato valore ecologico.

V.5.9.2 La pressione antropica esercitata.

L’area in esame riguarda la contrada Piane ove il Piano ha allocato una zona Cc – Complessi ricettivi all’aria

aperta, ricadente a cavallo del perimetro del SIC ITA040007 Pizzo della Rondine – Bosco di Santo Stefano

Quisquina, all’interno del quale essa và a sovrapporsi a due dei tre tipi di habitat riscontrati, in particolare

all’habitat 5330 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici e all’habitat 5332 – Arbusteti termo-

mediterranei e pre-desertici – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus.

In questa zona si trovano diversi complessi aziendali agricoli, generalmente orientati verso la produzione

zootecnica.

Di rilievo è anche la presenza di una struttura che ospita un’attività di ristorazione ed un’area attrezzata per il

campeggio. Il locale ha una capacità ricettiva di circa 250 unità e di circa un centinaio di posti roulotte.

Poco distante si trova anche una piccola azienda agrituristica, con una capacità ricettiva non superiore a 10

posti letto.

Notevole, in questa zona, risulta la frequenza degli incendi che si sviluppano nei mesi estivi e che interessano

generalmente i seminativi , ma spesso anche gli habitat da tutelare, ove inducono un forte impoverimento della

biodiversità

L’area boscata risulta meno aggredita dalle attività dell’uomo, tutelata com’è dal fatto che essa interessa suoli

demaniali sottoposti al controllo costante ed efficace del Corpo Forestale Regionale.

V.5.9.3 Normative di tutela operanti.

La presenza del bosco artificiale di conifere e dei boschi naturali a prevalenza di roverella, fa scattare il vincolo

sulle attività edilizie ai sensi dell’art. 10 della L.R. n. 16 del 6 aprile 1996 e s.m.i.

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225

Però, mentre all’interno della fascia di rispetto dei boschi naturali vige il vincolo assoluto di inedificabilità, nella

fasce di rispetto dei boschi artificiali il medesimo art. 10 lascia la possibilità di realizzare costruzioni anche se

entro il limite di densità fondiaria di 0,03 mc/mq. Questo fatto, ovviamente, viene a privare della necessaria

tutela gli habitat comunitari che si trovano ai margini dei boschi artificiali. In particolare risulterebbe esposto a

qualche rischio l’habitat comunitario 5332 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici – Gariga ad

Ampelodesmos mauritanicus. Si rileva, comunque, che risulterebbe in ogni caso operante il vincolo

paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 che il comma 11° dell’art. 10 della stessa legge

regionale 16/96 appone sulle fasce di rispetto dei boschi.

Resta esclusa dal vincolo di cui alla legge 16/96 e s.m.i., una larga parte della superficie interessata dall’habitat

5332 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, il quale, si

sottolinea, si trova all’esterno del SIC.

Gli altri vincoli che risultano operanti sull’area di criticità studiata sono:

Vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985 per la presenza nella zona dei seguenti elementi:

i alcuni Torrenti iscritti nell'elenco delle acque pubbliche della provincia di Agrigento approvato con D.P. n°

1503 del 16/12/70 (vallone Realtavilla);

− Riserva orientata di Monte Cammarata);

− Aree boscate e sottoposte a vincolo di rimboschimento;

− Zone di rispetto attorno ai boschi ed alle fasce forestali (per effetto dell'art. 10 L.R. 16/1996)

− Aree montane nella parte eccedente i 1200 m.

vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923;

vincolo derivante dalla istituzione del SIC ITA 040007 Pizzo della Rondine – Bosco di santo Stefano Quisquina;

vincolo derivante dalla istituzione della Riserva naturale orientata Monte Cammarata;

vincolo di cui alla L.R. 27 dicembre 1978 n. 71.

aree soggette a rischio idrogeologico, in particolare per alcune aree classificate R3 ed R4;

vincolo di tutela degli acquiferi. D.P.R.S. 24 maggio 1988, n.236 per la presenza nella zona di diversi pozzi di

importanza interprovinciale.

vincolo di espianto degli ulivi.

vincolo per le fasce di rispetto stradali. D.P.R. 26 aprile 1993, n.147 e succ.mod.

Vincolo di acquedotto, oleodotto, gasdotto, per la presenza dell’acquedotto comunale e di un gasdotto.

V.5.9.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli

habitat e delle specie.

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226

L’allocazione della zona Cc – Complessi

ricettivi all’aria aperta in questo angolo

del territorio comunale, produce

problematiche di un certo rilievo in

relazione agli obiettivi di salvaguardia del

sito Natura 2000 ITA040007 Pizzo della

Rondine – Bosco di Santo Stefano

Quisquina. Questa zona,

complessivamente estesa ettari 17,

ricade in parte (Ha 2,9) all’interno del SIC

ITA040007 Pizzo della Rondine, Bosco di

Santo Stefano Quisquina e viene ad

occupare una prateria ad ampelodesma

(habitat 5332) ed una boscaglia dominata

dal leccio (habitat 5330). Ma anche

all’esterno del sito Natura 2000 questa

zona Cc viene ad interessare una prateria

di ampelodesma (per Ha 5,5) e una una boscaglia di leccio (per Ha 0,5). La rimanente parte, tutta esterna al SIC,

è occupata da seminativi e da pascoli.

Risulta del tutto evidente, dunque, come incompatibili siano le previsioni di Piano con le esigenze di tutela del

sito di interesse comunitario e degli habitat in esso presenti, in quanto esposti a sicura distruzione.

Si rappresenta, peraltro, che la Dir.

92/43/CEE, all’art. 6, vieta la

realizzazione di Piani o progetti che

incidono negativamente

sull’integrità dei siti Natura 2000, se

non, in assenza di soluzioni

alternative, allorquando esistono

“motivi imperativi di rilevante

interesse pubblico”. La Guida

all’interpretazione dello stesso art.

6 della Direttiva, edita dalla

Commissione Europea, chiarisce

poi, che il concetto “motivi

imperativi…..” è legato alla salute

umana o alla sicurezza pubblica, e

che, in ogni caso, soltanto

l’interesse pubblico promosso da

organismi pubblici o privati può

essere soppesato rispetto agli

obiettivi di conservazione della direttiva. Aggiunge la Guida che “è ragionevole considerare che i “motivi

imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi i motivi di natura sociale o economica” s riferiscono a

situazioni dove i piani o i progetti previsti risultano essere indispensabili:

Nel quadro di azioni o politiche volte a tutelare valori fondamentali per la vita dei cittadini (salute, sicurezza,

ambiente);

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227

Nel quadro di politiche fondamentali per lo Stato e la società;

Nel quadro della realizzazione di attività di natura economica o sociale rispondenti ad obblighi specifici di

servizio pubblico”.

Si fa rilevare, del resto, che l’intera zona Cc, così come discende dalle previsioni di Piano, risulta fortemente

limitata, nell’espletamento delle sue funzioni, dalla esistenza di diversi vincoli di natura normativa, ma anche di

natura geo-morfologica. Gran parte di questi suoli, infatti, oltre che essere sottoposta a vincoli di legge di

diversa natura (vincolo sulle attività edilizie ai sensi dell’art. 10 della L.R. n. 16 del 6 aprile 1996 e s.m.i., vincolo

paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985, vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923, per citare i

principali), presenta forti limitazioni anche di natura fisico-morfologica, dovute alla presenza di un corso

d’acqua di una certa importanza, iscritto nell’elenco delle acque pubbliche (vallone Realtavilla) e ad un grado di

acclività dei suoli che renderebbe problematico qualunque tipo di insediamento edilizio.

Si può concludere, perciò, che l’allocazione della ZTO Cc – Complessi ricettivi all’aria aperta, almeno per la parte

ricompresa all’interno del sito Natura 2000 e per la parte, anche se esterna ad esso, che viene ad interessare

una superficie sulla quale sono stati individuati due tipi di habitat assimilabili agli habitat comunitari 5330 e

5332, contrasta con le esigenze di tutela espresse dalla normativa europea e nazionale.

Diversamente, potrà essere

conservata l’attuale

destinazione di zona Cc per

quella superficie, occupata da

seminativi e da pascoli, che si

sviluppa su terreni

pianeggianti a ridosso della

strada provinciale Cammarata-

Santo Stefano Quisquina, in

quanto tale scelta non

risulterebbe essere

contrastante con le esigenze di

tutela del sito Natura 2000. In

tal modo, peraltro, si verrebbe

a trovare la giusta rispondenza

con quanto, in effetti, l’assetto

urbanistico di questa zona oggi

esprime. Qui, infatti, di

recente è stato realizzato un

complesso ricettivo che ospita

una larga superficie attrezzata per il campeggio e le strutture ad esso funzionali (posto di ristoro, alloggi, ecc…).

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228

V.5.10 Area 5 di possibile criticità di Piano.

V.5.10.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente

interessati.

V.5.10.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate.

Le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione, in prossimità dello Scalo ferroviario, di una zona D1 –

Aree produttive industriali, in relazione agli effetti che gli insediamenti qui previsti potrebbero espletare sulla

natura tutelata degli habitat presenti all’interno del SIC ITA040011 La Montagnola – Acqua Fitusa.

Il paesaggio vegetale di questa zona è dominato un po’ ovunque, dalla presenza delle colture agrarie, siano

esse seminativi o colture arboree da frutto. Mentre i terreni ubicati nella vallata del fiume Platani ospitano

colture di più alto reddito (pescheti, agrumeti, vigneti, pereti) (classe di uso del suolo 2.2.2), tutt’intorno,

invece, il paesaggio è dominato dalle colture erbacee, generalmente cereali avvicendati con le leguminose

(classe 2.1.1.2.1).

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Lungo uno degli affluenti del Platani, il vallone Passo Barbiere che riceve, attraverso il torrente Turibolo, le

acque reflue del centro abitato di Cammarata, si sviluppa, per una piccola fascia in prossimità della striscia

d’acqua, un tipo di vegetazione igrofila.

All’interno del SIC la vegetazione naturale presenta aspetti alquanto interessanti. Dominano qui, per superficie

e per importanza, le formazioni di macchia mediterranea dominate dalla euforbia (cl. 3.2.3.2.4) o dal

corbezzolo

V.5.10.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e

lineamenti del paesaggio, presenza di emergenze, grado di disturbo,

ecc..).

Come già si è detto il paesaggio è nettamente dominato dalle colture agrarie (seminativi e colture arboree da

frutto). Aspetti di vegetazione naturale sono rinvenibili nell’area della Montagnola – Acqua Fitusa e lungo i corsi

d’acqua, soprattutto il Fiume

Platani ed uno dei suoi affluenti,

il torrente Passo Barbiere, i

quali, anche d’estate

mantengono un minimo di

flusso idrico che fa insediare

specie vegetali di tipo igrofilo.

Nell’intorno il paesaggio denota

evidenti segni di

antropizzazione con

insediamenti rurali e produttivi,

arterie stradali di grande

viabilità, opere e linee

ferroviarie, elettrodotti,

acquedotti, ecc..

Anche nell’area naturalistica

della Montagnola le attività

dell’uomo segnano fortemente il paesaggio. La presenza di due grosse aree estrattive di materiali lapidei (si

rileva ricadenti in territorio di San Giovanni Gemini) rappresentano dei veri elementi di disturbo per le

emergenze naturalistiche qui presenti.

V.5.10.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale

dell’area, con riferimenti espliciti alle specie dominanti e/o più

espressive.

Sulla rete idrografica del territorio interessato in esame, caratterizzata da notevoli differenze di portata nei

diversi periodi dell’anno, si insedia una vegetazione composta da specie arbustive ed erbacee come Arundo

pliniana, Festuca arundinacea, Prunus spinosa, Phragmites australis, Artemisia arborescens, Oryzpsis miliacea,

Rhus coriaria, Ampelodesmos mauritanica. Sui depositi alluvionali di natura sabbiosa s’insediano comunità

vegetali riferite all’associazione Spartio-Nerietum oleandri, dominate da Nerium oleander, Spartium junceum,

Rubus ulmifolius. Nei siti poco disturbati, con substrati sub-salsi, ricchi in limo e argilla, si rinvengono

aggruppamenti caratteirizzati dalla dominanza di Tamarix africana, Tamarix gallica, Salix pedicellata, Salix alba.

Su aree alquanto ristrette localizzate esclusivamente all’interno del sito ITA 040011 La Montagnola-Acqua

Fitusa si rinvengono piccoli nuclei di arbusteti ad Arbutus unedo, su suoli a reazione sub-acida, esposti

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prevalentemente a nord. Il substrato su cui insiste questa cenosi è ricco di una microfauna fossile a Foraminiferi

e quindi di materiali silicei, quarzo, miche, ecc…, che gli conferiscono un certa acidità. Su questi suoli si trovano

insediate delle specie ad ecologia acidofila tipiche dell’Erico-Quercion ilicis che comprende, appunto, aspetti di

vegetazione termofila calcifuga, che costituisce la vicariante acidofila del Quercion ilicis. Le specie più

rappresentativa è Arbutus unedo, e poi, Anagyris foetida, Coronilla emerus subsp. emeroides, Cytisus villosus,

Cistus salvifolius, Cistus creticus, Pulicaria odora.

Sempre nell’area della Montagnola si rinvengono più nuclei di macchia mediterranea, appartenenti all’Oleo

sylvestris-Euphorbietum dendroidis che si insediano sia sul materiale litico in disfacimenti dei macereti, che

sulle pareti rocciose sub verticali, dove rivestono significato di tipo edafo-climacico. Tali espressioni sono

maggiormente presenti sui versanti soleggiati, dove lo strato arboreo e arbustivo è composto in prevalenza da

Ceratonia siliqua, Euphorbia dendroides, Olea europaea var. sylvestris, Phillyrea latifolia, Pistacia terebinthus,

Rhamnus alaternus e raramente da Pistacia lentiscus.

Sparse qua e la sui suoli più difficili e marginali, lasciati incolti si sviluppano delle fitocenosi che rientrano

nell’associazione Helictotricho convoluti-Ampelodesmetum mauritanici afferente all’Avenulo-Ampelodesmion

mauritanici, ordine Hyparrhenietalia hirtae, classe Thero-Bracypodietea. Oltre all’Ampelodesma contribuiscono

a formare la struttura della vegetazione Avenula cincinnata, Bituminaria bituminosa, Helictotrichon

convolutum, Foeniculum vulgare subsp. piperitum, Kundmannia sicula, Micromeria graeca subsp. graeca,

Reichardia picroides. Ad esse si associano diverse altr entità quali Andropogon distachyus, Calamintha nepeta,

Carlina sicula, Hypochoeris achyrophorus, Phagnalon saxatile, Serratula cichoracea, Sideritis romana,

Verbascum sinuatum, Trifolium stellatum. All’interno di questa tipologia sono frequenti diverse orchidee tra le

quali le endemiche Ophrys archimedea, Ophrys exaltata, Ophrys explanata, Oprhys oxyrrhynchos, Orchis

brancifortii, Orchis commutata.

Mosaico di appezzamenti e di colture che dal punto di vista fitosociologico può essere ascritto alla classe

Stellarietea mediae. Vi sono comprese le colture agrarie sia arboree che erbacee con le rispettive componenti

infestanti in cui prevalgono alcune specie della famiglia Poaceae (Avena fatua, Avena barbata, Bromus

fasciculatus, Hordeum murinum, Phalaris minor, Poa annua, ecc…) ed altre quali, Papaver rhoeas, Ranunculus

ficaria, Sinapis arvensis, Brassica rapa subsp. sylvestris, Oxalis pes-caprae, ecc...

V.5.10.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario

o prioritario ai sensi dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43

“Habitat”.

HABITAT RISCONTRATI:

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3290 - Fiumi mediterranei a flusso

intermittente con il Paspalo-Agrostidion.

5330 – Arbusteti termo-mediterranei e

pre-desertici.

5331 - Formazioni ad Euphorbia

dendroides

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5332 - Boscaglie termo-mediterranee e

pre-steppiche. Gariga ad Ampelodesmos

mauri tanica.

V.5.10.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di

interesse comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nell’habitat 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, è possibile riscontrare la presenza dell’orchidacaea Ophrys lunulata Parl.

Nulla da segnalare per quel che riguarda le specie animali.

V.5.10.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario

che richiedono una protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della

Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Sui suoli interessati dalle attività e dalle previsioni di PRG non vive nessuna specie vegetale di interesse

comunitario o prioritario ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”.

Nell’habitat 5332 – Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche – Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus, è possibile riscontrare la presenza dell’orchidacaea Ophrys lunulata Parl.

Fra le specie animali, negli habitat rilevati è possibile riscontrare la presenza delle specie:

Istrice (Hystrix cristata - Linnaeus, 1758); Lucertola campestre (Podarcis sicula - Rafinesque, 1810); Lucertola sicula (Podarcis wagleriana - Gistel, 1868); Biacco (Coluber viridiflavus - Lacépède, 1789; Discoglosso dipinto (Discoglossus pictus - Otth, 1837); Gatto selvatico (Felis silvestris Schreber, 1777); Gongilo (Chalcides ocellatus - Forsskål, 1775); Orecchine meridionale (Plecotus austriacus - Fischer, 1829); Ramarro (Lacerta viridis - Laurenti, 1768); Saettone (Elaphe longissima - Laurenti, 1768);

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V.5.10.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello

locale/regionale/nazionale/internazionale.

Nella prateria ad Ampelodesma, che costituisce uno degli habitat rilevati sono frequenti diverse orchidee tra le

quali le endemiche Ophrys archimedea, Ophrys exaltata, Ophrys explanata, Oprhys oxyrrhynchos, Orchis

brancifortii, Orchis commutata.

V.5.10.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati.

Gli habitat comunitari individuati in questa zona, che possono potenzialmente essere interessati da effetti

generati dall’allocazione delle previsioni di Piano, riguardanti l’area industriale dello scalo ferroviario, sono

quattro:

3290 - Fiumi mediterranei a flusso intermittente con il Paspalo-Agrostidion.

5330 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici.

5331 - Formazioni ad Euphorbia dendroides;

5332 - Boscaglie termo-mediterranee e pre-steppiche. Gariga ad Ampelodesmos mauri tanica;

nessuno dii questi habitat è definito prioritario. Fra essi gli ultimi tre sono compresi entro il perimetro del SIC

ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa, mentre l’ultimo ne è fuori.

La loro ampiezza è variabile dalle poche migliaia di metri quadri dell’habitat 3290 fino ai 90 ettari dell’habitat

5331.

Non tutti questi habitat presentano, secondo gli indicatori presi in considerazione (ampiezza, complessità

morfologica, grado di naturalità, stato di conservazione, rappresentatività e valore fitogeografico) un elevato

pregio ecologico-naturalistico.

Il primo di questi, che riguarda la vegetazione dei fiumi mediterranei a flusso intermittente, è confinato su una

esigua striscia entro il piano golenale di un torrente che riceve la acque reflue del centro abitato di Cammarata.

La sopravvivenza della tipologia di vegetazione che vi è insediata è strettamente legata alla presenza, anche nel

periodo estivo, di quel filo d’acqua fognaria. Ove ciò non fosse, le condizioni di aridità che caratterizzano questa

tipologia di aste idriche del nostro territorio nel periodo primaverile-estivo, determinerebbero un rapido

impoverimento della flora presente e la sostituzione con tipi vegetali più xerofili.

L’habitat ad arbusti termo-mediterranei, caratterizzato dalla presenza di Arbutus unedo, rappresenta, invece,

per queste zone, un elemento di un certo valore fitogeografico. Le specie, infatti, che compongono queste

formazioni vegetali hanno una ecologia acidofila e non sarebbero adatti a suoli calcarei quali sono,

generalmente, quelli di questa zona. Qui, però, il substrato su cui insistono queste cenosi, presenta, fra i suoi

costituenti, una elevata quantità di resti fossili di Foraminiferi che gli conferiscono un pH più basso rispetto alla

normalità.

Nessun rilievo particolare rivestono invece gli altri due tipi di habitat, che rappresentano l’espressione tipica

della macchia mediterranea e delle praterie steppiche di questa zona.

Si segnala che nella estrema parte nord dell’area del SIC è presente una sorgente di acque sulfuree che sgorga

dalla roccia. Attorno ad essa si sviluppa una vegetazione costituita principalmente da canneti. Diversi decenni

passati, era stato realizzato un piccolo stabilimento per le sfruttamento a fini termali di queste acque e dei suoi

fanghi. Oggi esso è semidiruto.

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Poco più in là sorge una delle aree archeologiche più importanti della provincia di Agrigento. In delle grotte

profondissime all’interno della roccia sono stati rinvenuti dei materiali provenienti dal paleolitico, i quali stanno

a dimostrare che qui abitavano nuclei della popolazione originaria della Sicilia.

V.5.10.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat.

Nessuno degli habitat rilevati e appena descritti è, secondo la definizione della Direttiva europea, un “habitat

prioritario”. I maggiori elementi di vulnerabilità di questi habitat sono legati alla presenza invadente e

determinante dell’uomo.

V.5.10.2 La pressione antropica esercitata.

L’aggressione che l’uomo fa alla natura di questi luoghi è davvero notevole. Su tutte la presenza di due cave di

materiali lapidei, una delle quali è stata chiusa di recente, e dei loro cantieri, rappresenta l’espressione

massima del disturbo arrecato. Ma l’azione dell’uomo non si ferma qui. Insediamenti abitativi sparsi un po’

ovunque, con i loro accessi che attraversano quest’area in tutte le direzioni; uno sfruttamento a pascolo

notevolissimo; la stretta frequenza degli incendi.

La ricorrenza quasi annuale dei fenomeni perturbativi d’incendio ed un eccessivo uso del pascolo, costituiscono

una seria minaccia per la sopravvivenza di questi habitat e possono condurre al degrado delle formazioni di

macchia in gariga.

Nell’intorno dell’area destinata dal PRG alle aree produttive industriali, il grado di antropizzazione è alquanto

elevato. Qui, infatti vi è la presenza della strada statale n. 189 Pa-Ag, la strada ferrata Pa-Ag con lo scalo

ferroviario di Cammarata e diversi insediamenti produttivi di vario genere (impianti di conglomerati cementizi,

imprese artigianali del legno e del ferro, insediamenti agricoli).

V.5.10.3 Normative di tutela operanti.

La presenza dei nuclei di macchi mediterranea fa scattare il vincolo sulle attività edilizie ai sensi dell’art. 10

della L.R. n. 16 del 6 aprile 1996 e s.m.i.

Gli altri vincoli che risultano operanti sull’area di criticità studiata e sul SIC ITA040011 La Montagnola-Acqua

Fitusa sono:

Vincolo paesaggistico ex lege 1497/1939 e 431/1985 per la presenza nella zona dei seguenti elementi:

− Zone di rispetto attorno alla macchia mediterranea; (per effetto dell'art. 10 L.R. 16/1996);

− Zona archeologica di Acqua Fitusa.

vincolo idrogeologico di cui al R. D. 3267/1923;

vincolo derivante dalla istituzione del SIC La Montagnola-Acqua Fitusa;

vincolo di espianto degli ulivi.

V.5.10.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli

habitat e delle specie.

Le previsioni di possibile criticità riguardano l’allocazione di una zona D1 – Aree produttive industriali, in

prossimità dello scalo ferroviario, in relazione agli effetti che gli insediamenti qui previsti potrebbero espletare

sulla natura tutelata degli habitat presenti all’interno del SIC ITA040011 La Montagnola – Acqua Fitusa. Il SIC in

questione ricade, come già si è avuto modo di dire, interamente sul territorio del vicino comune di San

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Giovanni Gemini e, pertanto, le previsioni del PRG di Cammarata non hanno nessuna influenza diretta sulle

esigenze di salvaguardia del sito.

In verità la distanza più breve tra quest’area industriale ed il limite esterno del Sic è di circa 600 metri, col che si

sarebbe potuti essere certi della mancanza anche di effetti significativi indiretti sul sito tutelato. Tuttavia, un

eccesso di scrupolo ed una cieca obbedienza al principio di precauzione dettato dalla normativa europea, ha

fatto propendere per un approfondimento di indagine, orientato, soprattutto, alla verifica dell’assenza di

particolari emissioni nocive nell’atmosfera che potrebbero, in qualche modo, arrecare disturbo alle emergenze

naturalistiche presenti all’interno del SIC. A tal fine sono stati eseguiti diversi ed accurati sopralluoghi sulla

zona, tesi a rilevare tutti quegli elementi utili ai fini dell’indagine.

L’area industriale prevista dal PRG in località Scalo ferroviario è estesa complessivamente 14 ettari circa, dei

quali più di due terzi sono occupati da insediamenti produttivi già esistenti e dalle relative pertinenze. Per il

resto la presenza di elementi quali il vallone Passo Barbiere, una strada comunale e la strada provinciale

Cammarata-Scalo ferroviario, con i vincoli di legge che essi impongono, limitano fortemente la possibilità di

realizzare nuovi insediamenti produttivi in questa zona. Pare, dunque, che il Piano abbia voluto, più che altro,

prendere atto dell’esistente.

L’indagine svolta, perciò, è stata finalizzata precipuamente, all’accertamento degli effetti che scaturiscono o

potrebbero scaturire dalle attività produttive oggi esistenti.

Si è verificato, in tal senso,che tali attività riguardano nello specifico un insediamento rurale zootecnico a

gestione familiare con un piccolo minicaseificio aziendale, un impianto per la conservazione e la

commercializzazione del formaggio pecorino (mai funzionante ed attualmente in fase di ristrutturazione), un

impianto di produzione di conglomerati cementizi, quattro opifici dei quali tre per la lavorazione del ferro ed

uno del legno.

La verifica dei cicli produttivi di queste attività ha portato ad escludere ogni forma di emissione, soprattutto

nell’aria, che possa risultare di nocumento alle emergenze naturalistiche che si trovano nella zona e nel sito

Natura 2000.

La notevole distanza, poi, che separa i luoghi ove queste attività produttive sono insediate dai siti naturalistici

maggiormente sensibili, rende praticamente nullo ogni altro tipo di disturbo che possa eventualmente scaturire

dalle attività suddette (disturbi legati alla emissione di rumori, di modifica del regime di scorrimento delle

acque, di inquinamento del suolo, ecc..).

V.6 VALUTAZIONE DI EVENTUALI IMPATTI CUMULATIVI DEGLI ALTRI

PIANI/PROGRAMMI/PROGETTI.

Un ulteriore adempimento, necessario per completare il quadro valutativo del presente studio, deve essere

affrontato, coerentemente alle indicazioni comunitarie, procedendo ad una accurata ricognizione finalizzata ad

individuare tutte le azioni introdotte da altri piani di interesse territoriale che, singolarmente o congiuntamente

alle azioni del PRG, possano determinare ulteriori incidenze negative sullo stato di conservazione e

mantenimento dei siti SIC. Tali azioni, riferibili sostanzialmente ai Piani di Sviluppo del Progetto Integrato

Territoriale Magazzolo-Platani e al GAL Quisquina, sono state analiticamente considerate e di seguito

relazionate.

V.6.1 Il Progetto Integrato Territoriale (PIT) Magazzolo-Platani.

L’area Pit è costituita da 12 comuni (tutti con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti) della porzione nord-

occidentale della provincia di Agrigento: Alessandria Della Rocca, Bivona, Burgio, Cammarata, Casteltermini,

Cianciana, Lucca Sicula, San Biagio Platani, San Giovanni Gemini, Sant'Angelo Muxaro, Santo Stefano Quisquina,

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Villafranca Sicula, per una popolazione di poco più di 50.000 residenti ed una superficie di 777 Kmq. Il territorio

comprende una porzione dei Monti Sicani e una parte della valle del Platani, che accoglie le principali vie di

comunicazione tra l’area di Palermo e la costa agrigentina.

In termini ambientali si caratterizza per la presenza di un paesaggio collinare solcato da diversi corsi d’acqua e

punteggiato da alcune aree particolarmente pregevoli dal punto di vista naturalistico, oltre che da un

patrimonio culturale di carattere rurale abbastanza diffuso.

Dal punto di vista socio-economico si evidenziano molte delle caratteristiche peculiari delle aree interne

siciliane, quali forme diffuse di declino demografico, carenze dal punto di vista infrastrutturale, un alto tasso di

disoccupazione rispetto alla media regionale e alle aree più costiere della stessa provincia di Agrigento (oltre il

40% della popolazione attiva).

L’economia è prevalentemente incentrata sulle produzioni agricole e zootecniche, sebbene il sistema delle

imprese appaia particolarmente frammentato, poco incline ad innescare processi di innovazione. Come per

altre aree agricole del territorio regionale i dati evidenziano una certa difficoltà di collegamento tra le

produzioni e la fase di commercializzazione. Più recentemente si segnalano forme di cooperazione più stabili

tra le istituzioni locali e le parti sociali che sono sfociate in iniziative di programmazione negoziata e che

denotano una visione del sistema locale quale distretto rurale specializzato in alcune produzioni tipiche

dell’area.

L’idea forza del PIT è rappresentata da un progetto di marketing territoriale basato sulla comunicazione

culturale e socio-economica delle peculiarità del “SISTEMA INTEGRATO AD ALTA NATURALITÀ DEI MONTI

SICANI” e della Valle del Platani, area ad altissimo pregio ambientale.

Obiettivi:

− Obiettivo globale:

o creare le condizioni per ridurre la disparità e i ritardi di sviluppo e migliorare la coesione

economica e sociale.

− Obiettivi specifici:

o preservare l’ambiente;

o valorizzare la qualità delle produzioni agricole ed agroindustriali locali in contesti di filiera;

o valorizzare i beni culturali esistenti attraverso il loro inserimento in circuiti turistici;

o sviluppare la domanda di turismo naturalistico;

o favorire con apposite azioni formative, promozionali e di supporto alla nascita di iniziative

consortili ed associative, il superamento delle attuali condizioni di sottosviluppo economico

dell’area;

o miglioramento delle condizioni infrastrutturali per lo sviluppo dell’area PIT.

Azioni principali

Per il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra il PIT ha intrapreso delle azioni di intervento tratte dall’

insieme delle Misure che hanno costituito il POR Sicilia, conformemente alle strategie di Lisbona e Götenborg e

cioè tendenti a:

- sostenere lo sviluppo di nuova imprenditorialità

- creare nuova occupazione;

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- stimolare e sostenere l’industria, le PMI, l’ artigianato;

- migliorare la qualità della vita e lo sviluppo sociale;

- potenziare la dotazione infrastrutturale del e sul territorio;

- stimolare la realizzazione di politiche di rete;

- stimolare e favorire processi di internazionalizzazione delle imprese.

V.6.2 Il gruppo di azione locale “Quisquina – Terre di Halycos”

L’Associazione "Platani Quisquina – GAL O/C della Quisquina" è un'associazione senza personalità giuridica che,

nel quadro di un approccio globale e multisettoriale della realtà locale, intende realizzare o promuovere

iniziative in qualunque settore, atte a valorizzare sotto ogni aspetto ed in ogni forma opportuna, le risorse

locali, al fine di stimolare uno sviluppo durevole ed equilibrato della zona del Platani – Quisquina, appartenente

alla provincia di Agrigento. A tal fine l’associazione svolgerà attività di promozione, gestione, sorveglianza e

diffusione di iniziative di sviluppo locale anche attraverso la concezione e attuazione di un piano di sviluppo

locale ( PSL ) a valere sul programma comunitario LEADER +, nonché di ogni attività diretta allo sviluppo

produttivo e occupazionale del territorio dei comuni della zona suddetta.

L’associazione rappresenta unitariamente gli interessi di tutti i soggetti pubblici e privati sottoscrittori ed

aderenti ai progetti di sviluppo locale. Essa promuove le azioni di sviluppo locale attraverso lo strumento della

concertazione coinvolgendo prevalentemente soggetti operanti a livello locale, sia pubblici che privati.

Il Leader, la cui sigla si riferisce a "legami tra azioni per lo sviluppo dell'economia rurale", è un P.I.C. ovvero un

"Programma d'Iniziativa Comunitaria" che ha dato la possibilità, negli ultimi decenni, di realizzare forme di

programmazione dal basso di comprensori rurali e di gestione fortemente avanzate su cui si sono innestati

successivamente tutti i modelli di programmazione negoziata, prima fra tutti i patti territoriali. In questi ultimi

anni, le politiche a favore delle aree rurali si sono sempre più orientate a sostenere strategie di sviluppo basate

sull'attuazione di progetti integrati, sostenibili e promossi da partnership composti dalle forze economiche,

sociali e istituzioni locali. In questo contesto il Leader ha rappresentato un'importante occasione per

sperimentare e diffondere questa metodologia d'azione nelle zone rurali dell'Unione Europea. Il filo conduttore

è, quindi, quello di una strategia pilota di sviluppo integrato e sostenibile che fa capo ad un "Piano di Sviluppo

Locale" di un'area ristretta, fondata su un partenariato e imperniata su un tema caratteristico dell'identità del

territorio.

Il Leader Plus rappresenta la terza edizione dell'iniziativa comunitaria a favore delle aree rurali e si propone di:

-favorire l'attuazione di Piani di Sviluppo Locale (PSL) basati su strategie di sviluppo originali e di qualità,

costruite attorno ad uno o più temi prioritari (temi catalizzatori), e su azioni integrate e/o complementari con

gli obiettivi di sviluppo dei programmi strutturali;

-sostenere l'azione dei Gruppi di Azione Locale (G.A.L.) impegnati nella realizzazione del PSL;

-incentivare l'apertura delle aree rurali anche verso gli altri paesi europei ed extraeuropei promuovendo la

realizzazione di progetti di cooperazione transnazionale (fra territori appartenenti a diversi stati membri) e

interterritoriale ( fra territori all'interno di uno stato membro);

-promuovere la diffusione di esperienze, conoscenze e know-how attraverso la creazione di unità di animazione

locali, regionali e nazionali.

Il PSL "Terre di Halykos", proposto dal G.A.L. Platani-Quisquina, è fra i 128 Piani di Sviluppo Locale che i Italia le

Regioni hanno selezionato.

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Il PSL (Piano di sviluppo locale ) è articolato in misure strettamente connesse ai temi catalizzatori principali. I

temi catalizzatori attorno al quale è stato costruito il PSL sono la valorizzazione dei prodotti locali, in particolare

agevolando mediante un'azione collettiva l'accesso ai mercati delle piccole strutture produttive e il

miglioramento della qualità della vita delle zone rurali.

La scelta dei due temi catalizzatori è scaturita sulla base di un'analisi della realtà socio-economica e attraverso

una serie di incontri svolti con gli operatori del tessuto socio-economico per individuare i punti di forza e di

debolezza del comprensorio. Si ritiene che tutti gli elementi selezionati per la costruzione del PSL possano

essere in grado di fare innescare su tutto l'intero territorio un serio processo di sviluppo socio-economico.

Gli obiettivi previsti nel PSL sono:

- la nascita di nuovi prodotti, processi e servizi che includano le specificità locali;

- il maggiore sfruttamento delle risorse endogene;

- l'interconnessione tra settori tradizionalmente distinti;

- il ridimensionamento delle forme di esclusione sociale;

- l'attivazione sul territorio di un serio processo di sviluppo economico sostenibile e duraturo.

Il Piano comprende due sezioni, la prima riguarda le Strategie territoriali di sviluppo rurale di carattere

integrato e pilota, la seconda il sostegno alla cooperazione tra territori rurali.

All'interno della prima sezione sono state previste:

- misure che prevedono l'aumento della competitività sociale attraverso interventi volti all'attivazione

di strutture in grado di fornire servizi innovativi alla popolazione (laboratori teatrali e musicali, atelier,

spazi per l'esposizione, cineforum; centri di animazione culturale a misura di bambini, anziani e

giovani; centri di promozione culturale delle risorse umane per categorie emarginate e a rischio di

emarginazione; centri di educazione alla legalità; centri di aggregazione interculturali, accesso ai

servizi informativi e delle comunicazioni, servizi assistenziali e sociali, servizi a domicilio, servizi post-

scolastici, servizi di alfabetizzazione informatica, per il tempo libero e lo sport, ecc.);

- misure che prevedono l'aumento della competitività ambientale attraverso interventi volti alla

valorizzazione di beni ambientali, museali e culturali del comprensorio;

- misure che prevedono l'aumento della competitività economica attraverso interventi volti al

potenziamento delle imprese di filiera o di sistema produttivo locale, la costituzione di consorzi, la

promozione della formula del telelavoro allo scopo di proporre nuove soluzioni di occupazione e

influire positivamente sulla qualità della vita di quegli addetti residenti in territori isolati, la

realizzazione di progetti pilota di "bottega scuola" per la qualificazione, la conservazione ed il

trasferimento di tecniche dei mestieri tradizionali a fini produttivi, didattici e culturali; infine misure

che prevedono il potenziamento e la riqualificazione del personale attraverso la realizzazione di corsi

di formazione rivolti sia ai disoccupati che agli occupati del comprensorio.

La seconda sezione prevede tutti quegli interventi necessari alla promozione della cooperazione sia

interterritoriale che transnazionale, proponendo progetti che permettano l'interconnessione del comprensorio

del GAL con altre realtà territoriale nazionali e internazionali al fine di favorire lo scambio di esperienze, il

trasferimento di know-how e facilitare l'internazionalizzazione dei prodotti locali.

Sia le azioni previste nel Progetto Integrato Territoriale Magazzolo-Platani, così come quelle del Piano di

Sviluppo Locale del Gruppo di Azine locale “Quisquina – Terre di Halycos”, dunque, sembrano orientate

sostanzialmente, al perseguimento di una strategia di sviluppo intesa a coniugare la tutela e la conservazione

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delle risorse socio-ambientali con uno sviluppo economico e sociale che utilizzi come mero vantaggio

competitivo la qualità delle risorse stesse e che rafforzi, nel medio e lungo periodo, l’interesse delle comunità

locali alla cura del territorio e del patrimonio in esso contenuto. Questo certamente, non solo non è in

contrasto con le esigenze di tutela dei siti della rete Natura 2000 ma anzi, collocandosi nella stessa direzione, le

rafforza.

VI CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Alla luce delle risultanze della valutazione appropriata è possibile concludere che il Piano Regolatore Generale

di Cammarata, nella sua sostanza, non apporterà, se non per il caso dell’allocazione della zona Cc – Aree

ricettive all’aria aperta in contrada Piane, effetti in grado di pregiudicare l’integrità dei siti Natura 2000

ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci, ITA040007 Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano Quisquina,

ITAO20011 Rocche di Castronovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea, ITA040011 La Montagnola-Acqua Fitusa.

Il confronto tra gli effetti sull’ecosistema dei SIC, dovuti ai fattori potenziali di impatto del PRG e gli obiettivi di

conservazione degli habitat tutelati e delle specie protette ha evidenziato come il livello di incidenza del PRG

sui SIC possa essere ragionevolmente considerato non rilevante e non significativo secondo gli orientamenti

normativi europei.

Le fasi di valutazione esposte dimostrano, infatti, una complessiva e sostanziale compatibilità della suddivisione

del territorio comunale in Zone Territoriali Omogenee e delle previsioni puntuali, con le esigenze di

conservazione degli habitat di interesse comunitario.

Il Piano Regolatore è apparso orientato a promuovere lo sviluppo del territorio comunale, in larga parte ancora

depresso, nella direzione di un recupero e della valorizzazione dell’enorme patrimonio ambientale qui

presente, prevedendo un modello nuovo, indirizzato verso la valorizzazione congiunta e sinergica delle risorse

culturali, paesaggistiche, dell’architettura minore, dei luoghi della cultura materiale e dei mestieri tradizionali,

delle produzioni tipiche, del paesaggio agrario, del sistema insediativo. Il fatto che il recupero del centro

storico, con il carico di valori che esso porta, sia stato al centro dell’azione del PRG, dimostra come proprio

questo sia stato l’indirizzo verso il quale lo strumento urbanistico si è mosso.

La realizzazione di servizi ed infrastrutture essenziali, improntate alla sostenibilità, ci pare che sia stato il

presupposto per lo sviluppo complessivo del territorio, che è, peraltro, il principale freno allo spopolamento di

questi territori, al loro degrado, alla perdita di quell’enorme patrimonio culturale, storico, di tradizioni che esso

possiede.

Alla luce di tali considerazioni è possibile riassumere le conclusioni della valutazione di incidenza del progetto di

Piano Regolatore Generale di Cammarata, ai sensi dell’art. 6, paragrafi 3 e 4, secondo il seguente schema

proposto dalla Guida metodologica della Commissione Europea.

SINTESI DELLE VALUTAZIONI PREVISTE DALL’ART. 6, PARAGRAFI 3 E 4

Informazioni dettagliate del progetto e delle agenzie ed organismi coinvolti

Indicare la denominazione del

progetto ed una breve

descrizione

Il Piano Regolatore Generale è lo strumento dell’intervento pubblico che regola

l’insediamento delle infrastrutture edilizie per le esigenze e le attività abitative,

economiche e produttive sull’intero territorio comunale. Il PRG di Cammarata

provvede la suddivisione in Zone Territoriali Omogenee con relative normative

e disciplina urbanistico-edilizia. Provvede, nel contempo, alla localizzazione

delle strutture e infrastrutture riferite ai servizi e al sistema di mobilità.

La descrizione di dettaglio delle diverse previsioni è contenuta nel cap. V della

presente relazione

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Indicare la denominazione, il

numero di codice Natura 2000 e

la descrizione dei siti interessati

ITA040005 MONTE CAMMARATA – CONTRADA SALACI.

Il sito è esteso 2.106 ettari ed interessa gran parte del massiccio montuoso di

Monte Cammarata e le sue vette minori. Ricade quasi interamente sul territorio

di Cammarata (85,11%) e poi su San Giovanni Gemini (14,88%) e in piccolissima

parte anche su Castronovo di Sicilia (0,01%).

Le caratteristiche generali del sito, degne di rilievo, sono individuate nel

rinvenimento di reperti fossili del Trias che testimoniano la presenza di

ambienti marini, e nel particolare bioclima, ascrivibile al tipo

Mesomediterraneo superiore subumido superiore.

La qualità ed importanza, soprattutto per la sua designazione quale SIC, sono

individuate nella varietà e diversificazione della flora, che comprende numerose

specie di interesse fitogeografico. Fra queste sono poste in rilievo le cenosi

specializzate a cui partecipano numerose specie endemiche e rare, diffuse in

ambienti rupicoli e nei brecciai e gli aspetti di bosco igrofilo a pioppi, salici e

frassini presenti lungo i corsi d’acqua ed in particolare in località Salaci.

La vulnerabilità è valutata media rispetto al rischi d’incendio.

ITA040007 PIZZO DELLA RONDINE – BOSCO DI SANTO STEFANO QUISQUINA

Il sito è esteso complessivamente 3.078 ettari dei quali 2.489 ricadono su

territorio di Santo Stefano Quisquina (80,87%) e 588 ettari su Cammarata

(19,13%).

La qualità ed importanza del sito è posta in relazione alla diversificazione geo-

pedologica che determina una varietà di flora e vegetazione. Nel comprensorio

sono state censite oltre 600 specie di piante vascolari. Tra queste alcune

presentano interesse fitogeografico, come Celtis tournefortii, Trifolium brutium,

Anthemis cupaniana, Aster sorrentinii, ecc..

Il sito, inoltre, presenta una ben diversificata fauna, comprendente molte specie

di vertebrati rari e/o minacciati, soprattutto falconiformi.

Fra i principali fenomeni di disturbo per gli aspetti biocenotici ed ambientali

sono da menzionare soprattutto gli incendi, la riforestazione con specie

esotiche e la caccia; sono altresì da aggiungere altri fenomeni legati alle attività

antropiche (edificazione sparsa, apertura di cave, ampliamento della rete viaria,

coltivazioni, pascolo, bracconaggio, ecc…) ed inoltre, eccessivo carico di

bestiame ed eccessiva parcellizzazione del paesaggio.

ITA020011 – ROCCHE DI CASTRONOVO - PIZZO LUPO - GURGHI DI S. ANDREA.

L’area del SIC include, oltre ad una vasta superficie prevalentemente boscata,

anche i rilievi sovrastanti l’abitato di Castronovo di Sicilia (Pizzo della Guardia ed

il Cassero) nonché quelli di Pizzo Lupo e Pizzo San Cono; rientra nel sito anche

un tratto del fiume Platani.

Va segnalato che, a differenza di quanto indica il toponimo del SIC, l’attuale

delimitazione riportata nella scheda ufficiale esclude invece il Gurgo di S.

Andrea (Lercara Friddi), localizzato, appunto, ai margini esterni dell’area.

Considerato che è questo un biotopo di rilevante interesse naturalistico, più

volte citato nella letteratura geobotanica, per la presenza di alcune specie

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vegetali di rilevante interesse fitogeografico (Nepeta tuberosa, Utricularia

australis, ecc..), l’estensore del formulario standard auspica una corretta

ridelimitazione del SIC, che preveda, appunto, l’inclusione della stessa area

all’interno del SIC.

L’elevata eterogeneità ambientale diversifica un paesaggio vegetale assai

articolato e vario, nel cui ambito si rilevano le unità seriali dell’olivastro (Oleo-

Euphorbio dendroidis sigmetum), del leccio (Aceri campestris-Querco ilicis

sigmetum), della quercia castagnara (Oleo-Querco virgilianae sigmetum) e del

Salice pedicellato (Ulmo-Salico pedicellatae sigmetum). Alle succitate serie sono

altresì da aggiungere le microgeoserie legate a condizioni edafiche particolari,

come nel caso delle pareti rocciose, delle aree detritiche, delle pozze d’acqua,

ecc.

La qualità ed importanza, soprattutto per la sua designazione quale SIC, sono

individuate nel fatto che trattasi di un’area di rilevante pregio naturalistico-

ambientale e paesaggistico. Nel formulario stesso sono indicate alcune entità

vegetali la cui presenza nel territorio è ritenuta di rilevante interesse

fitogeografico. Il sito, inoltre, presenta una fauna comprendente specie di

vertebrati rare e/o minacciate.

La vulnerabilità del sito è messa in relazione soprattutto con gli incendi e la

caccia.

ITAO40011 LA MONTAGNOLA – ACQUA FITUSA.

Il sito riveste la sua importanza in quanto sede di una flora vascolare

rappresentata da circa 700 specie, delle quali molte incluse nelle liste rosse.

Sotto il profilo vegetazionale si riscontrano in esso boscaglie aperte a Quercus

virgiliana, aspetti di macchia, ampelodesmeti, comunità rupicole e dei detriti,

oltre a limitate praterie igrofile e canneti (sorgente Acqua Fitusa). Larga

incidenza hanno le colture agrarie.

La vulnerabilità del sito è messa in relazione soprattutto con gli incendi e la

caccia. E’ valutata media rispetto al rischi d’incendio.

Elencare le agenzie e gli altri

organismi consultati ai fini delle

valutazioni

Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela

del Territorio.

Comune di Cammarata.

Sovrintendenza ai beni Culturali e Ambientali di Agrigento.

Arpa Sicilia.

Azienda Foreste Demaniali - Ufficio di Agrigento

Corpo Forestale Regionale

GAL Quisquina.

Elencare i documenti e le

relazioni di valutazione,

indicandone gli autori

Ruolo

Nominativo

Qualifica

Recapito

Coordinamento

generale e

responsabilità

professionale

Vincenzo

Maggio

Dr. Agronomo

Agronomo

paesaggista

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92022

Cammarata (AG)

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242

Estensore dello

studio

Consulente per

vegetazione e

connessioni

ecologiche

Maurizio

Rotolo Dr. Forestale

Consulente per

uso del suolo,

dati territoriali

ed elaborazioni

cartografiche

Giuseppe

Mangiapane Dr. Agronomo

Ecologia e

componenti

abiotiche

Vincenzo

Narcisi Dr. Forestale

Elencare tutti i documenti

pertinenti esaminati nel corso

delle valutazioni

Direttiva 79/409/CEE.

Direttiva 92/43/CEE.

Direttiva 97/62/CEE.

D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.

La gestione dei siti Natura 2000 – Guida all’interpretazione dell’art. 6 della

direttiva habitat.

Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa sui siti della rete

Natura 2000 – Guida metodologica alle disposizioni dell’art. 6, paragrafi 3 e 4

della direttiva “habitat” 92/43/CEE.

Interpretation manual of European Union habitats 25 april 1996.

Interpretation manual of European Union habitats EUR 25 April 2003.

Manuale per la gestione dei siti Natura 2000 Direzione Protezione della Natura

– Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.

European Environmental Agency (EEA) “Guidelines for data collection for the

Dobris+3 Report”.

OECD “Environmental Indicators – Core set”.

Linee guida per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

Linee guida per la Valutazione di Impatto Ambientale A.N.P:A. Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.

EUROSTAT (Ufficio statistico della Commissione Europea) “Environmental

Pressare Index”.

Strumenti ed indicatori per la salvaguardia della biodiversità – Regione del

Veneto. Progettazione e gestione ambientale e del territorio.

Piano Forestale Regionale della Sicilia. Linee Guida.

Raccolta documentale bibliografica di pubblicazioni scientifiche sull’ambiente

naturale del territorio dei Monti Sicani (vedi bibliografia citata).

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Mappe e documentazioni storiche.

Atti di programmazione comunale.

Deliberazioni comunali sugli atti di programmazione.

Analisi territoriali condotte per l’elaborazione del Piano Regolatore Generale.

Studio Agricolo Forestale propedeutico alla redazione del PRG.

Linee Guida per il Piano Paesistico Regionale.

SIT regionale.

Piano di Sviluppo Locale del Gal “Quisquina – Terre di Halycos”.

Piano di Sviluppo del PIT Magazzolo-Platani.

Dati derivanti dai rilievi diretti in campo per le indagini vegetazionali e

floristiche.

Valutazioni condotte ai sensi dell’art. 6, paragrafi 3 e 4

Livello I

Risultati dell’identificazione

preliminare e valutazione della

significatività dell’incidenza

Sulla base delle valutazioni effettuate nella fase di screening non è stato

possibile escludere, data la complessità del Piano, la probabilità che potesse

esistere un certo margine di incertezza che consentisse di escludere effetti

negativi sul SIC e, pertanto, si è reso necessario un ulteriore approfondimento.

Livello II

Valutazione dell’incidenza

sull’integrità dei siti e

valutazione delle misure di

mitigazione

Alla luce delle considerazioni effettuate e dei risultati emersi nell’ambito della

fase di valutazione appropriata, è stato possibile concludere che il Piano

Regolatore Generale di Cammarata non produrrà effetti in grado di

pregiudicare l’integrità dei siti Natura 2000:

ITA ITA040005 MONTE CAMMARATA – CONTRADA SALACI.

ITA040007 PIZZO DELLA RONDINE – BOSCO DI SANTO STEFANO QUISQUINA

ITA020011 – ROCCHE DI CASTRONOVO - PIZZO LUPO - GURGHI DI S. ANDREA.

ITAO40011 LA MONTAGNOLA – ACQUA FITUSA.

Conclusioni della valutazione di incidenza ai sensi dell’art. 6, paragrafi 3 e 4

Alla luce delle risultanze della valutazione appropriata è possibile concludere che il Piano Regolatore

Generale di Cammarata, nella sua sostanza, non apporterà, se non per il caso dell’allocazione della zona Cc

– Aree ricettive all’aria aperta in contrada Piane, effetti in grado di pregiudicare l’integrità dei siti Natura

2000 ITA040005 Monte Cammarata-C.da Salaci, ITA040007 Pizzo della Rondine-Bosco di Santo Stefano

Quisquina, ITAO20011 Rocche di Castronovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea, ITA040011 La Montagnola-

Acqua Fitusa.

Il confronto tra gli effetti sull’ecosistema dei SIC, dovuti ai fattori potenziali di impatto del PRG e gli obiettivi

di conservazione degli habitat tutelati e delle specie protette ha evidenziato come il livello di incidenza del

PRG sui SIC possa essere ragionevolmente considerato non rilevante e non significativo secondo gli

orientamenti normativi europei.

Le fasi di valutazione esposte dimostrano, infatti, una complessiva e sostanziale compatibilità della

suddivisione del territorio comunale in Zone Territoriali Omogenee e delle previsioni puntuali con le esigenze

di conservazione degli habitat di interesse comunitario.

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I Introduzione. Le ragioni di questo studio. ....................................................................................................... 1

II Quadro normativo. .......................................................................................................................................... 1

II.1 Le direttive comunitarie e la rete Natura 2000. ...................................................................................... 1

II.2 La legislazione nazionale di attuazione. .................................................................................................. 4

II.3 La normativa siciliana. ............................................................................................................................. 6

II.4 Risultanze del progetto LIFE 99NAT/IT/006279. Le linee guida ed il manuale per la gestione dei siti

Natura 2000. ...................................................................................................................................................... 10

II.5 I documenti di indirizzo. ........................................................................................................................ 14

III La Valutazione di Incidenza applicata al PRG di Cammarata. Riferimenti ed impianto metodologico. ........ 16

III.1 Gli scopi perseguiti. ............................................................................................................................... 16

III.2 I siti Natura 2000 interessati dalla Valutazione di Incidenza applicata al PRG di Cammarata. ............. 16

III.3 Riferimenti ed impianto metodologico. ................................................................................................ 18

IV La Valutazione di Incidenza applicata al PRG di Cammarata. Livello I: Screening. ........................................ 20

IV.1 Premesse. .............................................................................................................................................. 20

IV.2 Descrizione del Piano Regolatore Generale del Comune di Cammarata. ............................................. 22

IV.2.1 Avvertenza. ................................................................................................................................. 22

IV.2.2 Iter amministrativo...................................................................................................................... 22

IV.2.3 La Pianificazione sovraordinata. .................................................................................................. 23

IV.2.4 Elaborati progettuali e studi propedeutici. ................................................................................. 24

IV.2.4.1 Lo studio geologico. ................................................................................................................ 24

IV.2.4.2 Lo studio agricolo-forestale. ................................................................................................... 25

IV.2.5 Le dimensioni ed i temi progettuali del PRG. .............................................................................. 27

IV.2.6 Gli obiettivi generali del progetto di PRG. ................................................................................... 27

IV.2.7 Criteri seguiti nella progettazione del PRG. ................................................................................ 28

IV.2.8 I temi affrontati e le previsioni di PRG. ....................................................................................... 29

IV.2.8.1 La grande viabilità. .................................................................................................................. 29

IV.2.8.2 Il verde agricolo produttivo. ................................................................................................... 29

IV.2.8.3 Le aree di verde agricolo compromesso. ................................................................................ 30

IV.2.8.4 Le zone per le attività produttive. ........................................................................................... 31

IV.2.8.5 Le aree protette. ..................................................................................................................... 32

IV.2.8.6 Le nuove aree residenziali. ..................................................................................................... 33

IV.2.8.7 Le attrezzature e i servizi. ....................................................................................................... 34

IV.2.8.8 L’abitato esistente. ................................................................................................................. 35

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IV.2.8.9 Il centro storico. ...................................................................................................................... 35

IV.2.9 I dati dimensionali del Piano. ...................................................................................................... 36

IV.2.9.1 Il comparto residenziale.......................................................................................................... 36

IV.2.9.2 I comparti produttivi. .............................................................................................................. 36

IV.2.9.3 Verifica degli standard. ........................................................................................................... 37

IV.2.10 Programma e fasi di attuazione del Piano. .................................................................................. 37

IV.2.11 La ripartizione del territorio in Zone Territoriali Omogenee (ZTO). ............................................ 38

IV.2.11.1 Destinazione d’uso delle zone. ........................................................................................... 38

IV.2.11.2 Descrizione delle ZTO, parametri urbanistici, interventi ammissibili e loro modalità. ....... 39

IV.2.11.2.1 Zone omogenee A. ........................................................................................................... 39

IV.2.11.2.1.1 Zona omogenea A1 – Centro storico urbano............................................................. 40

IV.2.11.2.1.2 Zona omogenea A2 – Borgo Callea. ........................................................................... 40

IV.2.11.2.2 Zone omogenee B. ........................................................................................................... 41

IV.2.11.2.2.1 Zona B1 – Area urbana consolidata. .......................................................................... 42

IV.2.11.2.2.2 Zone B2 – Aree urbane da completare. ..................................................................... 42

IV.2.11.2.3 Zone C. ............................................................................................................................. 43

IV.2.11.2.3.1 Zone C1 – Aree di espansione urbana. ...................................................................... 44

IV.2.11.2.3.2 Zone C2 – Aree residenziali periurbane. .................................................................... 44

IV.2.11.2.3.3 Zone C3 – Zone residenziali a bassa densità. ............................................................. 45

IV.2.11.2.3.4 Zone C4 – Zone residenziali a bassa densità. ............................................................. 45

IV.2.11.2.3.5 Zone Cr – Borgo Callea. ............................................................................................. 45

IV.2.11.2.3.6 Zone Ct – Complessi turistico-alberghieri-ricettivi. ................................................... 46

IV.2.11.2.3.7 Zone Cc – Complessi ricettivi all’aria aperta. ............................................................ 47

IV.2.11.2.4 Servizi della residenza. ..................................................................................................... 47

IV.2.11.2.5 Zone D. ............................................................................................................................. 48

IV.2.11.2.5.1 Zone D1 – Aree produttive industriali. ...................................................................... 49

IV.2.11.2.5.2 Zone D2 – Aree per la piccola industria e l’artigianato. ............................................. 50

IV.2.11.2.5.3 Zone D3 – Aree per attività commerciali. .................................................................. 50

IV.2.11.2.6 Zone E. ............................................................................................................................. 51

IV.2.11.2.6.1 Zone E1 – Aree agricole periurbane. ......................................................................... 53

IV.2.11.2.6.2 Zone E2 – Verde agricolo produttivo. ........................................................................ 55

IV.2.11.2.6.3 Zone E3.1 – Aree boscate e di vegetazione ripariale. ................................................. 58

IV.2.11.2.6.4 Zone E3.2 – Aree artificialmente rimboschite. ........................................................... 59

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251

IV.2.11.2.7 Beni culturali isolati. Masserie e fabbricati rurali di interesse storico-documentativo. .. 59

IV.2.11.2.8 Area archeologica. ........................................................................................................... 61

IV.2.11.2.9 Zone EF – Zone di parco fluviale agricolo del Platani. ...................................................... 61

IV.2.11.2.10 Zone F – Attrezzature e servizi di livello urbano e territoriale. ...................................... 62

IV.2.11.2.11 Interventi sulla viabilità esistente. ................................................................................. 64

IV.2.11.2.12 Nuova viabilità e verde stradale. ................................................................................... 64

IV.2.11.2.13 Vincoli di inedificabilità. ................................................................................................. 65

IV.2.11.2.14 Aree soggette a rischio idrogeologico. .......................................................................... 66

IV.2.11.2.15 Aree ad alto grado di pericolosità geologica. ................................................................ 67

IV.2.11.2.16 Aree ricadenti nel perimetro delle Riserve Naturali regionali. ...................................... 67

IV.2.12 Norme relative al commercio. ..................................................................................................... 68

IV.2.13 Strutture ed impianti tecnologici. ............................................................................................... 68

IV.3 Area di influenza del Piano: caratteri biotici e abiotici del territorio. ................................................... 68

IV.3.1 Inquadramento territoriale. ........................................................................................................ 68

IV.3.2 Brevi aspetti storico-culturali del territorio. ............................................................................... 69

IV.3.3 Il clima e gli indici bioclimatici. .................................................................................................... 70

IV.3.4 Aspetti geologici, geomorfologici e idrogeologici. ...................................................................... 77

IV.3.4.1 Assetto geologico. ................................................................................................................... 78

IV.3.4.2 Assetto geomorfologico dei versanti. ..................................................................................... 79

IV.3.4.3 Dinamica dei versanti. ............................................................................................................ 79

IV.3.5 Lineamenti pedologici del territorio............................................................................................ 80

IV.3.6 Aspetti floristici e vegetazionali. ................................................................................................. 81

IV.3.6.1 Descrizione sintetica della vegetazione. ................................................................................. 81

IV.3.7 Uso del suolo. .............................................................................................................................. 93

IV.3.7.1 Metodologia di indagine e rappresentazione in Corine Land Cover. ...................................... 93

IV.3.8 Aspetti faunistici. ......................................................................................................................... 96

IV.3.9 Aspetti demografici e socio-economici. .................................................................................... 104

IV.3.9.1 Movimento naturale e flussi migratori. ................................................................................ 104

IV.3.9.2 Modello di sviluppo e principali caratteristiche socio-economiche. .................................... 104

IV.4 Valutazione della significatività delle incidenze. ................................................................................. 105

V La valutazione di incidenza applicata al PRG di Cammarata: Livello II – Valutazione appropriata. ............ 106

V.1 Il quadro finale delle informazioni raccolte. ........................................................................................ 106

V.2 Metodologia. ....................................................................................................................................... 107

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252

V.3 Descrizione e caratteristiche dei siti Natura 2000. .............................................................................. 111

V.3.1 Inquadramento dell’area dei SIC. .............................................................................................. 111

V.3.2 Dati dei formulari standard. ...................................................................................................... 113

V.3.2.1 ITA040005 – Monte Cammarata – C.da Salaci. ..................................................................... 113

V.3.2.2 ITA040007 – Pizzo della Rondine – Bosco di Santo Stefano Quisquina. ............................... 119

V.3.2.3 ITA020011 – Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea. ............................... 127

V.3.2.4 ITA040011 – La Montagnola e Acqua Fitusa. ........................................................................ 135

V.3.3 Tipi di habitat rilevati a seguito degli studi fitosociologici e floristici effettuati e discrepanze con

i dati dei formulari standard. ....................................................................................................................... 140

V.3.4 Osservazioni ai dati dei formulari standard. ............................................................................. 146

V.4 Gli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000. ............................................................................. 148

V.4.1 L’articolo 6 della Direttiva “Habitat”. ........................................................................................ 150

V.4.2 La salvaguardia dei siti della rete Natura 2000. ........................................................................ 152

V.4.3 Schede sugli habitat tutelati del territorio in esame. ................................................................ 153

V.4.3.1 Scheda n. 1 – Habitat 3280 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-

Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba. .............................................................................. 153

V.4.3.2 Scheda n. 2 – Habitat 3290 - Fiumi mediterranei a flusso intermittente con il Paspalo-

Agrostidion. ............................................................................................................................................. 156

V.4.3.3 Scheda n. 3 – Habitat 5330 - Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici. ....................... 158

V.4.3.4 Scheda n. 4 – Habitat 5331 - Gariga ad Euphorbia dendroides. ............................................ 159

V.4.3.5 Scheda n. 5 – Habitat 5332 - Gariga ad Ampelodesmos mauritanicus. ................................ 160

V.4.3.6 Scheda n. 6 – Habitat 6220* - Percorsi sub-steppici di graminacee e piante annue del Thero-

Barchypodietea. ....................................................................................................................................... 162

V.4.3.7 Scheda n. 7 – Habitat 8130 - Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili. ............... 163

V.4.3.8 Scheda n. 8 – Habitat 8214 - Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica. Comunità

del sud-Italia (Dianthion rupicolae). ........................................................................................................ 164

V.4.3.9 Scheda n. 9 – habitat 91H0* - Boschi pannonici di Quercus pubescens. .............................. 165

V.4.3.10 Scheda n. 10 – Habitat 9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia. .................... 167

V.5 Stima dell’incidenza potenziale degli interventi e delle attività previsti dal PRG sugli obiettivi di

conservazione dei siti Natura 2000. ................................................................................................................ 169

V.5.1 La strategia complessiva del Piano e gli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000. ......... 170

V.5.2 Gli effetti di area vasta conseguenti la strategia e la zonizzazione introdotta dal PRG. ........... 174

V.5.3 Le possibili criticità di Piano. ..................................................................................................... 176

V.5.4 Il regime vincolistico e di tutela operante sul territorio in esame. ........................................... 179

V.5.5 Metodo di valutazione. ............................................................................................................. 181

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V.5.6 Area 1 di possibile criticità di Piano. ......................................................................................... 185

V.5.6.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente interessati. .................... 185

V.5.6.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate ............................................................. 185

V.5.6.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e lineamenti del paesaggio,

presenza di emergenze, grado di disturbo, ecc..). ............................................................................... 186

V.5.6.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale dell’area, con riferimenti

espliciti alle specie dominanti e/o più espressive. .............................................................................. 187

V.5.6.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario o prioritario ai sensi

dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. ............................................................................. 189

V.5.6.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di interesse comunitario o

prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat” ............................................... 190

V.5.6.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una

protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. .............................. 190

V.5.6.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello locale/regionale/nazionale/internazionale. ........................... 190

V.5.6.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati. .................................................. 190

V.5.6.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat. ........................................................................... 191

V.5.6.2 La pressione antropica esercitata. ........................................................................................ 192

V.5.6.3 Normative di tutela operanti. ............................................................................................... 194

V.5.6.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle

specie. 195

V.5.7 Area 2 di possibile criticità di Piano. ......................................................................................... 200

V.5.7.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente interessati. .................... 200

V.5.7.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate. ............................................................ 200

V.5.7.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e lineamenti del paesaggio,

presenza di emergenze, grado di disturbo, ecc..). ............................................................................... 200

V.5.7.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale dell’area, con riferimenti

espliciti alle specie dominanti e/o più espressive. .............................................................................. 201

V.5.7.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario o prioritario ai sensi

dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. ............................................................................. 202

V.5.7.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali e animali di interesse comunitario o

prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat” ............................................... 202

V.5.7.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una

protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. .............................. 202

V.5.7.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello locale/regionale/nazionale/internazionale. ........................... 202

V.5.7.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati. .................................................. 202

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254

V.5.7.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat. ........................................................................... 203

V.5.7.2 La pressione antropica esercitata. ........................................................................................ 204

V.5.7.3 Normative di tutela operanti. ............................................................................................... 206

V.5.7.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle

specie. 207

V.5.8 Area 3 di possibile criticità di Piano. ......................................................................................... 211

V.5.8.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente interessati. .................... 211

V.5.8.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate. ............................................................ 211

V.5.8.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e lineamenti del paesaggio,

presenza di emergenze, grado di disturbo, ecc..). ............................................................................... 212

V.5.8.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale dell’area, con riferimenti

espliciti alle specie dominanti e/o più espressive. .............................................................................. 212

V.5.8.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario o prioritario ai sensi

dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. ............................................................................. 213

V.5.8.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di interesse comunitario o

prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat” ............................................... 213

V.5.8.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una

protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. .............................. 213

V.5.8.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello locale/regionale/nazionale/internazionale. ........................... 213

V.5.8.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati. .................................................. 214

V.5.8.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat. ........................................................................... 214

V.5.8.2 La pressione antropica esercitata. ........................................................................................ 215

V.5.8.3 Normative di tutela operanti. ............................................................................................... 215

V.5.8.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle

specie. 216

Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle specie. .......... 216

V.5.9 Area 4 di possibile criticità di Piano. ......................................................................................... 218

V.5.9.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente interessati. .................... 219

V.5.9.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate. ............................................................ 219

V.5.9.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e lineamenti del paesaggio,

presenza di emergenze, grado di disturbo, ecc..). ............................................................................... 219

V.5.9.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale dell’area, con riferimenti

espliciti alle specie dominanti e/o più espressive. .............................................................................. 220

V.5.9.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario o prioritario ai sensi

dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. ............................................................................. 221

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255

V.5.9.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di interesse comunitario o

prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat” ............................................... 222

V.5.9.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una

protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. .............................. 222

V.5.9.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello locale/regionale/nazionale/internazionale. ........................... 223

V.5.9.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati. .................................................. 223

V.5.9.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat. ........................................................................... 224

V.5.9.2 La pressione antropica esercitata. ........................................................................................ 224

V.5.9.3 Normative di tutela operanti. ............................................................................................... 224

V.5.9.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle

specie. 225

V.5.10 Area 5 di possibile criticità di Piano. ......................................................................................... 228

V.5.10.1 Individuazione dell’area e dei valori naturalistici potenzialmente interessati. .................... 228

V.5.10.1.1 Classi di unità di paesaggio vegetale interessate. ........................................................... 228

V.5.10.1.2 Descrizione sintetica del paesaggio naturale (omogeneità e lineamenti del paesaggio,

presenza di emergenze, grado di disturbo, ecc..). ............................................................................... 229

V.5.10.1.3 Descrizione analitica delle singole classi di paesaggio vegetale dell’area, con riferimenti

espliciti alle specie dominanti e/o più espressive. .............................................................................. 229

V.5.10.1.4 Presenza verificata o potenziale di habitat di interesse comunitario o prioritario ai sensi

dell’allegato I della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. ............................................................................. 230

V.5.10.1.5 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali o animali di interesse comunitario o

prioritario ai sensi dell’allegato II della Direttiva CEE 92/43 “Habitat” ............................................... 232

V.5.10.1.6 Eventuale presenza di animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una

protezione rigorosa ai sensi dell’allegato IV della Direttiva CEE 92/43 “Habitat”. .............................. 232

V.5.10.1.7 Presenza verificata o potenziale di specie vegetali d’interesse

scientifico/conservazionistico a livello locale/regionale/nazionale/internazionale. ........................... 233

V.5.10.1.8 Pregio ecologico-naturalistico degli habitat interessati.................................................. 233

V.5.10.1.9 La vulnerabilità ecologica degli habitat. ......................................................................... 234

V.5.10.2 La pressione antropica esercitata. ........................................................................................ 234

V.5.10.3 Normative di tutela operanti. ............................................................................................... 234

V.5.10.4 Effetti attendibili e compatibilità con gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle

specie. 234

V.6 Valutazione di eventuali impatti cumulativi degli altri Piani/Programmi/Progetti. ............................ 235

V.6.1 Il Progetto Integrato Territoriale (PIT) Magazzolo-Platani. ....................................................... 235

V.6.2 Il gruppo di azione locale “Quisquina – Terre di Halycos” ........................................................ 237

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256

VI Considerazioni conclusive. .......................................................................................................................... 239

VII BIBLIOGRAFIA. ......................................................................................................................................... 244