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ISTITUTO COMPRENSIVO “SAN VENANZO” Progetto “La mia scuola per la pace” NON E’ BELLO CIO CHE E’ BELLICO… Pensieri di Pace A cura della classe III° A Scuola secondaria di I° grado

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ISTITUTO COMPRENSIVO

“SAN VENANZO”Progetto “La mia scuola per la pace”

“ NON E’ BELLO CIO CHE E’ BELLICO….”

Pensieri di Pace

A cura della classe III° A

Scuola secondaria di I° grado

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PRESENTAZIONE

Il nostro lavoro si è svolto attraverso una grande e profonda

riflessione su un tema molto scottante oggi: la denuncia della

guerra.

Abbiamo visitato i pensieri di alcuni autori del nostro tempo

(cantautori, poeti, grandi personaggi) ed abbiamo poi provato a creare anche noi

qualcosa di significativo………

Casse III° A

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POESIE

RACCONTI

CITAZIONI

LE NOSTRE CREAZIONI

POESIE RACCONTI

LIBRO GAME

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La guerra che verrà

La guerra che verrà Non è la prima.Prima

Ci sono state altre guerre.Alla fine dell’ultima

C’erano vincitori e vinti.Fra i vinti la povera gente

Faceva la fame.Fra i vincitoriFaceva la fame la povera gente egualmente.

Bertolt Brecht

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GENERALE

Generale, il tuo carro armato è una macchina potenteSpiana un bosco e sfracella cento uominiMa ha un difetto:ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.Ma ha un difetto:ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.Può volare o può uccidere.Ma ha un difetto:può pensare.

Bertolt Brecht

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Promemoria

Ci sono cose da fare ogni giorno:lavarsi, studiare, giocare,preparare la tavola,a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:chiudere gli occhi, dormire,avere sogni da sognare,orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,né di giorno né di notte,né per mare né per terra:per esempio, la guerra.

Gianni Rodari

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LA BALLATA DEGLI UOMINI CONTENTI Questa è la ballata degli uomini contenti,

che vagavano per il loro pianeta senza armamenti,

parlavano e sorridevano senza impedimenti

e tutti i rancori e gli odi per sempre avevano spenti.

“Non è possibile che sia vera questa situazione”,

dicevano i visitatori senza esitazione;.doc

“la rabbia è una naturale manifestazione

dello spirito dell’uomo quando si pone in relazione”.

“Stare sempre a ridere tutto il giorno

Ti fa sembrare un po’ sciocco a chi sta intorno;

e non si può risolvere qualche piccolo scorno

ridendoci sopra anche di ritorno”.

Rispose contento l’uomo che aveva ascoltato:

“Non è questione di ridere anziché essere arrabbiato!

Bisogna solo una capacità aver acquistato,

quella di comandare i propri istinti e non esserne comandato!” Classe III° A

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FelicitàPace o signore sulla terraStop all’inutile guerra Che il mondo sia dolce e soaveSenza alcuna intolleranza graveAgli uomini dona ogni giornoAmore senza ritornoFa che crescan civiliSenza pistole e fuciliChe i tuoi gigli sian tutti ridentiBandendo la guerra fra tutti i viventi.

Classe III° A

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LA PACESE TUTTI NOI

FOSSIMO UNITI

IL MONDO INTERO SAREBBE PIU’ FELICE.

MAI PIU’ LITIGI,

MAI PIU’ GUERRE,

MA SOLO UN MONDO PIENO D’AMORE

E SENZA SOFFERENZE.

TUTTI NOI CHE VERSIAMO LACRIME

PER AVERE LA PACE,

ECLISSATA DALLA GUERRA,

UN DOMANI RIUSCIREMO AD AVERLA

CON LA NOSTRA FORZA DI VOLONTA’.

Classe III° A

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C’ERA UN RAGAZZO 

C’era un ragazzo che come meamava i Beatles e i Rolling Stones.Girava il mondo veniva dagli Stati Uniti d’Americanon era bello ma accanto a séaveva mille donne secantava Help o Ticket to rideo Lady Jane o Yesterday.Cantava viva la libertàma ricevette una letterala sua chitarra mi regalòfu richiamato in America.Stop! Coi Rolling Stones!Stop! Coi Beatles, stop!Gli han detto vai nel Vietname spara ai Vietcong.Ra ta ta ta ta…… 

C’era un ragazzo che come meamava i Beatles e i Rolling Stones.Girava il mondo e poi finìa far la guerra nel Vietnam.Capelli lunghi non porta più,non suona una chitarra mauno strumento che sempre dàla stessa nota – ra ta ta ta!Non ha più amici, non ha più fans,vede la gente cadere giù,nel suo paese non tornerà,adesso è morto nel Vietnam.Stop! Coi Rolling Stones!Stop! Coi Beatles, stop!Nel petto un cuore più non ha,ma due medaglie o tre…Ra ta ta ta ta…… di F. Migliacci e M. Lusini (1966).Interprete: G. Morandi.

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AUSCHWITZ Son morto che ero bambino,

son morto con altri cento

passato per un camino

ed ora sono nel vento. 

Ad Auschwitz c’era la neve

e il fumo saliva lento,

nei campi tante persone

che ora sono nel vento.

Nel vento tante persone,

ma un solo grande silenzio

è strano non ho imparato

a sorridere qui nel vento.

 No, io non credo

che l’uomo potrà imparare

a vivere senza ammazzare

e che il vento mai si poserà.

Ancora tuona il cannone,

ancora non è contenta

di sangue la belva umana

e ancora ci porta il vento.

 Ancora tuona il cannone,

ancora non è contento

saremo sempre a milioniin polvere qui nel vento.

i I. Pattacini e M. Vandelli (1966).

Interpreti: Francesco Guccini e Nomadi.

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GENERALE    Generale, dietro la collinaci sta la notte crucca e assassinae in mezzo al prato c’è una contadinacurva sul tramonto sembra una bambinadi cinquant’anni e di cinque figlivenuti al mondo come coniglipartiti al mondo come soldatie non ancora tornati.  Generale, dietro la stazionelo vedi il treno che portava al solenon fa più fermate neanche per pisciaresi va dritti a casa senza più pensareche la guerra è bella anche se fa maleche torneremo ancora a cantare e a farci fare l’amore, l’amoredalle infermiere.

Generale, la guerra è finitail nemico è scappato, è vinto, è battutodietro la collina non c’è più nessunosolo aghi di pino e silenzio e funghibuoni da mangiare, buoni da seccareda farci il sugo quando viene Natalequando i bambini piangono e a dormirenon ci vogliono andare.  Generale, queste cinque stellequeste cinque lacrime sulla mia pelleche senso hanno dentro al rumore di questo treno che è mezzo vuoto e mezzo pienoe va veloce verso l ritornotra due minuti è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore.

F. De Gregori (1978).

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LA GUERRA DI PIERO

Dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi ma sono mille papaveri rossi. Lungo le sponde del mio torrente voglio che scendano i lucci argentati non più cadaveri dei soldati portati in braccio dalla corrente. Cosi dicevi ed era d’inverno e come gli altri verso l’inferno te ne vai triste come chi deve,il vento ti sputa in faccia la neve.Fermati Piero,fermati adesso lascia che il vento ti passi un po’ addosso dei morti in battaglia ti porti la voce,chi diede la vita ebbe in cambio una croce.

Ma tu non lo udisti e il tempo passavaCon le stagioni a passo di “Java”Ed arrivasti a varcar la frontieraIn un bel giorno di primavera.E mentre marciavi con l’anima in spalleVedesti un uomo in fondo alle valleChe aveva il tuo stesso identico umoreMa la divisa di un altro colore.Sparagli Piero.sparagli oraE dopo un colpo sparagli ancoraFino a che tu non lo vedesti esangue, cadere in terra ,a coprire il suo sangue.“e se gli in fronte o nel cuoresoltanto il tempo avrà per morirema il tempo a me resterà per vedere,vedere gli occhi di un uomo che muore”.E mentre gli usi questa premuraQuello si volta,si vede,ha pauraEd imbracciata l’artiglieriaNon ti ricambia la cortesia.

Cadesti a terra senza un lamentoE ti accorgesti in un solo momentoChe il tempo non ti sarebbe bastatoA chieder perdono per ogni peccato.Cadesti a terra senza un lamentoE ti accorgesti in un solo momentoChe la tua vita finiva quel giornoE non ci sarebbe stato ritorno.“Ninetta mia,crepare di Maggioci vuole tanto,troppo coraggioNinetta bella,dritto all’infernoAvrei preferito andarci d’inverno”.E mentre il grano ti stava a sentireDentro a le mani stringevi il fucile,dentro a la bocca stringevi paroletroppo gelate per sciogliersi al sole.Dormi sepolto in un campo di granoNon è la rosa,non è un tulipanoChe ti fan veglia dall’ombra dei fossi Ma sono mille papaveri rossi.FABRIZIO DE ANDRE’

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Gli uomini che muoiono sono i figli, gli amanti, i mariti.

Una donna può solo perdere in guerra, mai vincere.

E a lei la guerra non dà nessun brivido di emozione.

Danielle Steel

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La pace è l’obiettivo primario di ogni società. Ma essa è tuttora minacciata. Il

mondo si trova alle prese con le conseguenze delle guerre passate e

presenti,con le tragedie provocate dall’uso delle mine antiuomo e dal ricorso alle

orribili armi chimiche e biologiche. E che dire del permanente rischio di conflitti tra nazioni,di guerre civili all’interno di vari

Stati e di una violenza diffusa,tanto che le organizzazioni internazionali e i governi nazionali si rivelano quasi impotenti a

fronteggiare?Dinanzi a simili minacce ,tutti devono sentire il dovere morale di operare

scelte concrete e tempestive,per promuovere la causa della pace e della

comprensione tra gli uomini” .

(Giovanni Paolo II,”Messaggio per la giornata mondiale della pace”1° gennaio

2001,n.18)

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“Mai più la guerra,mai più!”

Papa Paolo VI all’Onu, 1965

“Anche quando non adoperate, le armi uccidono con i loro costi i poveri,facendoli

morire di fame” Papa Paolo VI.1976

“Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre”.

Catechismo della chiesa cattolica,1992

“Non c’è pace senza giustizia,non c’è giustizia senza perdono”

Papa Giovanni Paolo II,2001

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“Il nostro compito

quali esseri umani

consiste nel compiere

all’ interno della

nostra propria

umica e personale

esistenza un passo

avanti sulla strada

che dalla bestia

porta all’ uomo”.

H. HESSE

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C’ERA UNA VOLTA UN RE…

 “C’era una volta un re indiano, che era tutto preoccupato perché non

riusciva a trovare il senso della pace. Dopo aver cercato a lungo, qualcuno dei suoi consiglieri gli disse che avrebbe dovuto andare

consultare un uomo molto saggio che abitava ai confini del suo regno. Il re si recò da questo saggio e gli domando quale fosse il senso della

pace. Invece di rispondergli, il saggio andò nella sua cucina a prendere un grano di frumento e, offrendolo al re, gli disse: “La risposta alla vostra domanda la troverete in questo granello”. Il re partì e, tornato nella sua

reggia, chiuse ben bene il grano in una scatola d’oro.

Ogni mattina, svegliandosi, apriva la scatola, osservava il grano e si sforzava di trovare la risposta alla sua domanda, ma invano. Dopo

parecchie settimane il saggio fece visita al re, e questi si lamentò perché dopo tanto tempo non aveva ancora trovato niente. Allora il saggio gli replicò: “E’ semplicissimo, Maestà. Come un grano rappresenta il cibo

del corpo, la pace rappresenta il cibo dell’anima. Fin che voi conservate questo grano sotto chiave in una scatola d’oro, esso non può

moltiplicarsi, non può nutrire nessuno, e finirà per guastarsi. Ma se voi lo mettete a contatto con gli elementi della natura – la luce, l’acqua, l’aria,

la terra – il grano germoglierà, si moltiplicherà, e dopo qualche anno avrete un intero campo di grano, sufficiente non solo a nutrire voi ma

anche tante altre persone. E’ questo il senso della pace. Essa deve nutrire la vostra anima e l’anima degli altri, deve prosperare a contatto

con gli elementi.

 

Questa favola era abituale raccontarla il Mahatmha Ghandi ai suoi fedeli.

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LA PACE RITROVATAC’erano una volta due fratelli gemelli di nome Carlo e Marco che un giorno decisero di andare a fare un bagno nel mare vicino alla loro casa.

Arrivati all’estremità, si tuffarono e incominciarono a nuotare, ma dopo alcuni minuti Carlo vide una barca semidistrutta, con tutti i pezzi che andavano alla deriva e con uno strano fagotto sopra.

Decisero di andare a vedere cosa c’era sopra. Arrivati all’imbarcazione si accorsero che c’era un ragazzo di colore più o meno della loro età che aveva perso i sensi. Lo portarono a riva e cercarono di farlo rinvenire.

Quando il ragazzo si riprese, si sentiva spaesato e spaventato dalla gente che era accorsa guardare.

Marco gli disse di non aver paura e gli chiese come si chiamava e da dove veniva. Il ragazzo esitò a rispondere ma dopo con paura e diffidenza gli disse il suo nome e la sua nazionalità.

Si chiamava Moamedh e veniva dal Marocco.

Tutta la gente era curiosa di sapere la sua storia, così fu costretto a raccontarla: “La mia famiglia era onesta e si guadagnava da vivere giorno per giorno, ma quando arrivò la guerra iniziarono i maltrattamenti su tutta la gente del nostro paese. Una sera decisi di fuggire dopo aver visto i corpi senza vita dei miei genitori, trovato una barca incominciai a remare per andare a largo, e dopo giorni senza mangiare e bere sono svenuto e mi sono ritrovato qui”.

La gente rimase scioccata da questa storia.

Tutti lo volevano aiutare, in particolare Carlo e Marco e lui accettò volentieri il loro invito ed andò a vivere con loro facendosi una nuova famiglia.

Classe III°A

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IL PARADISO DEI NOMADIC’era una volta un grande appezzamento di terreno, dove non abitava nessuno. Questo terreno era luogo di pace, infatti sotto l’ombra degli alberi si potevano schiacciare bei pisolini.

Un giorno due popoli nomadi che vagavano di villaggio in villaggio, cercando il proprio paradiso terrestre, decisero di partire alla volta di questa terra.

All’alba giunsero entrambi alla meta prestabilita, si incontrarono e capirono subito di aver scelto la stessa dimora. Si guardarono per qualche secondo, poi decisero di attribuire la terra al popolo vincitore, fronteggiandosi in una guerra.

Dopo qualche giorno iniziarono lo scontro e, procuratisi gli armamenti necessari, iniziarono la battaglia.

Fu molto sanguinosa ma alla fine non si ebbero vincitori. I popoli si accorsero che questa guerra non aveva portato i frutti sperati ma solo morte e distruzione.

Il territorio non era più un paradiso terrestre ma una terra distrutta. Decisero quindi di lasciare quella terra perché non era più abitabile e cercare un altro territorio dove stabilirsi; ognuno prese vie diverse.

Dopo un paio d’ anni i due popoli nomadi si rincontrarono in un'altra terra e pensarono che lottare fosse inutile. Allora, ripensando alla guerra degli anni passati, decisero di evitare un altro massacro.

Alla fine si unirono in un unico popolo e negli anni a venire vissero pacificamente senza il ricordo della guerra e dei danni

Classe III° A

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DUE AMICI PER LA PELLE

C’erano due ragazzi che erano amici per la pelle, si chiamavano Umberto e Fabio.

Vivevano in un piccolo paesino sulle montagne, chiamato Spante. C’era una cosa che accomunava entrambi, l’amore per la stessa ragazza, di nome Rachele.

Umberto era un tipo timido,calmo, riservato ed amante dello studio. Fabio invece aveva una grande passione per il calcio e la discoteca, trascurando lo studio.

La ragazza, aveva un carattere simile ad Umberto, ma non disdegnava Fabio. Un giorno furono invitati tutti e tre ad una festa di compleanno in una discoteca. I due ragazzi ebbero la stessa idea, cioè quella di ballare con Rachele.

Quando glielo andarono a chiedere, lei li rifiutò entrambi, ed i due fecero a pugni.

Dopo essersi accorti di aver fatto un grosso errore, decisero di non litigare più.

Classe III°A

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I SIMBOLI DELLA PACE

COLOMBA

“Noè aspettò ancora una settimana e mandò di nuovo la colomba fuori dell’ arca. Verso sera essa tornò da lui: aveva nel becco un ramoscello verde di ulivo. Noè capì che le acque si erano ritirate dalla terra” (Genesi 8,10-11).

Nel brano della Genesi (il 1° dei libri che costituiscono la Bibbia) la colomba reca un messaggio di pace: il castigo divino si è concluso, le acque del diluvio si stanno ritirando, inizia una epoca nuova per l’umanità intera.

La colomba quindi diventa simbolo della pace, e con questo significato la sua immagine verrà tramandata alle generazioni successive divenendo un preciso riferimento culturale, valido ancora oggi.

È consuetudine nel periodo pasquale regalare la colomba, un dolce la cui forma richiama quella di una colomba con le ali distese. La colomba è simbolo della paca pasquale portata da Gesù, il “principe della pace”, che con il suo sacrificio ha riconciliato l’ uomo con Dio, suo padre.

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ARCOBALENO

Nella mitologia religiosa di vari popoli l’ arcobaleno è stato variamente definito: lo scintoismo lo definisce come in parte fra Terra e Aldilà; gli arabi lo definiscono “arco da guerra di Dio”; gli Ebrei lo intendono come il segno del patto fra Dio e uomini, in cui è stabilito che non vi sarà più diluvio sulla Terra.

(Genesi IX, 12-17)Dio disse:<<Questo è il segno dell’ alleanza,che io pongotra me e voie ogni essere viventeche è con voiper le generazioni eterne.Il mio arco pongo sulle nubi,ed esso sarà il segno dell’ alleanzatra me e la terra.Quando radunerò Le nubi sulla terraE apparirà l’ arco sulle nubi,ricorderò la mia alleanzache è tra me e voie tra ogni essere che vive in ogni carne,

e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggereogni carne.L’ arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eternatra Dio e ogni essere che vivein ogni carneche è sulla terra>>.Disse Dio a Noè: <<Questo è il segno dell’ alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra>>.

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ULIVO

Nel libro della Genesi viene presentato l’episodio in cui Noè, al termine del diluvio, per sapere se le acque si erano ritirate dalla terraferma,inviò fuori dall’arca la colomba e questa ritornò stringendo nel becco un ramoscello di ulivo.“Verso sera essa tornò da lui: aveva nel becco un ramoscello verde di ulivo. Noè capì che le acque si erano ritirate dalla terra” (Gn 8,11).L’Ulivo diventa quindi segno della vita che riprende sulla terra, il castigo divino si è concluso, per l’umanità intera inizia un’epoca nuova, una nuova pace si instaura tra Dio e l’uomo.L’ulivo, acquista così un significato che travalica l’aspetto materiale, diventa simbolo della pace. Nel Nuovo Testamento l’olio diventa simbolo dello Spirito Santo:“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio…” (Lc 4,18).Con l’unzione lo Spirito divino discende sul prescelto, lo consacra dinanzi a tutti gli uomini ,al servizio di Dio. L’olio viene quindi associato all’effusione dello Spirito, e diventa, per questo, simbolo dello Spirito Santo. Secondo la mitologia greca,l’Ulivo era l’albero sacro a Zeus,il re degli dèi che regna sull’Olimpo.

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Progetto “La mia scuola per la pace “La Tavola della pace e la

Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Umbra, in

collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per L’Umbria del MIUR ed il Centro Interdipartimentale di ricerca e

servizi sui diritti della persona e dei popoli e la Cattedra UNESCO “Diritti

umani, democrazia e pace” dell’Università di Padova, promuovono

un “Programma regionale per l’educAzione alla pace ed ai diritti

umani in Umbria” .Il Programma intende contribuire alla realizzazione in Umbria del “Progetto

Nazionale Educazione alla cittadinanza ed alla solidarietà:

cultura dei diritti umani” promosso dal Ministero dell’Istruzione, Università e

Ricerca.

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Pestifero era il nome che gli avevano dato fin da cucciolo; dovunque si trovava, immediatamente la situazione si trasformava in un gran putiferio, perché lui trovava sempre il motivo di attaccar lite con qualcuno.

Criticava continuamente l’operato degli altri, non condivideva mai le soluzioni adottate, polemizzava sempre sulle scelte del gruppo; insomma era proprio un rompiscatole e nessuno , veramente nessuno, lo poteva sopportare. Si rese conto, giorno per giorno, che quando arrivava lui, man mano si faceva piazza pulita;ognuno aveva impegni ed occupazioni urgenti da sbrigare.

Quella mattina non trovò proprio nessuno nella piazza dove si ritrovavano tutti i giorni, e per questo si sentì molto a disagio, perché non poteva manifestare a nessuno il proprio scontento interiore.

Percorso n.1 Percorso n. 2

PESTIFERO ED IL PETTIROSSO

Percorso n. 3

Percorso n. 4

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“Forse perché è molto freddo, e si sono tutti ritirati” pensò.

Vide allora un pettirosso sul muretto che beccava qualche semino e, tra una beccata e l’altra, lo guardava con uno sguardo di compassione, oserei dire.

Ciò lo fece veramente irritare e subito, istintivamente, cominciò ad abbaiare contro di lui , con virulenza .

Percorso n. 1 Percorso n.3

Percorso 1

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Il pettirosso, che ormai conosceva troppo bene la scena rimase impassibile, e, continuando a beccare, mormorò abbastanza distintamente: “Vuoi mandare via anche me? Non vedi che sei rimasto completamente solo? A me non fai paura più di tanto, perché io ho le ali e quando non ne posso proprio più ..........scappo via! Ma gli altri erano disperati!Li hai costretti a fuggire, ad alzarsi prima per poter scappare in tempo e mettersi in salvo dal tuo caratteraccio. Urli, sbraiti ti avventi, polemizzi continuamente per poter affermare il tuo dominio, la tua superiorità sugli altri! Ma ora su chi domini? Un buon dominatore è colui che sa far vivere felici i propri sudditi nella loro condizione in modo tale che possono continuare a far i sudditi, senza desiderare altro.Anzi sentono il bisogno di ritornare dal loro capo per ottenere protezione. Tu non hai certo la stoffa del buon dominatore!”

Percorso n.1 Percorso n.4

Percorso 1

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Il pettirosso continuava a beccare; sembrava un guru indiano che dispensava verità, dall’ alto della sua saggezza.

Pestifero stentava ha rendersene conto, ma era proprio una verità, anzi la verità! Gli entrava pian piano nel cuore, seppure lui opponesse molta resistenza, ed il silenzio che lo stava avvolgendo ne era testimonianza.Lui che stava zitto e non rispondeva a tono, non reagiva almeno abbaiando! Questa era proprio una novità, una sensazione che non aveva mai provato, perché non ne aveva mai avuto il tempo! Ed ora lo lasciava a bocca aperta.

L’ascolto, lo stare a sentire ciò che dice un altro, il dare importanza alle sue opinioni, alle sue sensazioni, anzi, addirittura vedersi riflesso nelle parole dell’altro come in uno specchio, che fedelmente riproduce la tua immagine; questa era tutta roba nuova per lui.

Non si era mai rapportato in questi termini ad un altro; aveva sempre attaccato per primo. Attaccava per primo per paura, solo per paura! Non aveva nessuna fiducia in se stesso e nelle sue risorse! Non aveva un buon giudizio di se stesso! Non era debolezza lo stare ad ascoltare gli altri! Anzi, ascoltando il pettirosso, Pestifero aveva scoperto una sua nuova capacità, che non sospettava di avere! La capacità di ascoltare, appunto !

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Percorso 1

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E si accorse che già da quindici minuti stava lì senza litigare con il pettirosso, e che il pettirosso continuava a tenergli compagnia senza scappare! Era lui il vero forte, perché era molto sicuro di se stesso e non aveva bisogno di urlare tanto per dominare sugli altri, perché non aveva bisogno di dominare!

La sua forza era l’accettare l’armonia dell’ universo, che è vera armonia solo se tutti gli elementi occupano il proprio posto e nessun altro cerca di scalzarlo con prepotenza.

L’ armonia è armonia perché ogni elemento ha una funzione , un posto, e, soprattutto, la possibilità di poter svolgere il proprio ruolo, senza soprusi. E’ l’ armonia stessa che dà ad ogni singolo elemento la forza necessaria a svolgere il ruolo, senza bisogno di arroganza o sopraffazione di nessun genere.

Gli occhi di Pestifero avevano una luce diversa; tante verità gli erano passate per la testa in un attimo. Ma lui ora si sentiva più forte, perché aveva acquisito una nuova capacità, la capacità di ascoltare. Solo l’ ascolto ci fa percepire l’ armonia dell’universo e mettere in sintonia con quella. quella è la vera pace.

Abbaiare, urlare e sbraitare non permette di sentire il suono armonico della Vita.

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Percorso 1

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Allora si mise a cercare in ogni angolo della piazza, in tutte le vie circostanti, finché non trovò, in un angolo, un povero topino che chiedeva la carità; era tutto sporco e puzzolente, e solo questo bastò a far inferocire Pestifero, che gli si avventò contro con grande violenza.

Lo morse per tutto il corpo e gli buttò via quelle poche molliche di pane che aveva rimediato, e lo spaventò talmente tanto che il malcapitato scappò via in un attimo.

Pestifero, anche in quella occasione aveva dimostrato la sua forza e la sua potenza, e si sentiva veramente appagato e addirittura orgoglioso di aver iniziato la giornata in modo così positivo.

Continuava a camminare per le vie più impensate del paesino, e vedeva che solo l’odore del suo arrivo gli bastava da presentazione: un giusto timore invadeva chi ci si incappava ed in men che non si dica nessuno intorno gli dava più fastidio.

Un giorno, mentre passeggiava nel bosco, Pestifero inciampò in una cosa di ferro, che non aveva mai visto prima, ma che era qualcosa di veramente diabolico, che lo piombò subito in una grande disperazione, ma soprattutto in un profondissimo dolore.

Una morsa di ferro gli aveva intrappolato il piede e lo stingeva con una virulenza che lo faceva quasi svenire!

Percorso 2

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Pestifero cominciò a latrare, a piangere e urlare tutto il suo dolore!

Sperava che qualcuno sarebbe passato di lì e l’avesse aiutato a liberarsi. L’unico pensiero però che gli passava per la testa e che adesso si trasformava in una paura era che solo il sentire il suo odore faceva scappare tutti molto lontano! Tutti ormai lo conoscevano e avevano avuto a che fare con la sua forza, e tutti avrebbero voluto evitare di incontrarlo!

Non c’era proprio nessuno nei dintorni! Piangeva e urlava, ma nessuno lo sentiva! Lo sfinimento fisico per il grande dolore ed il grande sforzo ad un certo punto lo prese e cadde in un torpore che lo avvolse.

Ad un certo punto, dietro le palpebre abbassarte, vide una grande luce, che emanava anche calore. Fu l’ultima immagine che riuscì a distinguere dentro di sé.

Nessuno incontrò più Pestifero, dopo quel giorno che un contadino aveva visto un grosso disco che girava molto velocemente nell’aria, ma, nelle sere di luna piena, guardando verso il cielo si riesce a sentire, molto in lontananza, una specie di gemito, quasi un lamento soffuso, ed i contadini dicono che si tratta del lamento di Pestifero che ancora non riesce a trovare pace, nemmeno su un altro pianeta.

Percorso 2

Percorso n.3Fine percorso n.2

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 Il pettirosso ebbe molta paura, ma non abbastanza da scappare via.

Pestifero con tutta la furia che aveva in corpo aprì la bocca e se lo ingoiò; non certo per fame, ma solo perché gli sembrò la cosa più ovvia al momento per affermare la sua superiorità.

Il boccone passò in un attimo, tanto era piccolo, ma non tardò a farsi sentire. Qualche ora dopo aver consumato il misero pasto, Pestifero cominciò a sentire dei dolori molto forti che gli facevano attorcigliare le budella.

Doveva per forza stare sdraiato e ripiegarsi sulla pancia, tanto erano forti le fitte che lo attanagliavano!

Furono giorni terribili, in cui il dolore gli aveva tolto non solo la fame, ma anche la voglia di alzarsi da terra. Non faceva altro che dormire, ma non tranquillamente, perché appena si addormentava cominciavano a ronzargli intorno alla testa centinaia di pettirossi che cantavano.

Percorso 3

FINE PERCORSO 3 Percorso n. 4

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 Dopo questo discorso così impegnato del pettirosso, Pestifero lo guardò fisso negli occhi e poi scoppiò in una cavernosa risata. Rise continuamente, ogni volta che ripensava alle sue parole e lo sberleffava ripetendo con voce di brava bambina alcune delle frasi che aveva detto.

E rideva, continuava a ridere, faceva addirittura capriole, finché non fu attratto da un qualcosa che girava molto velocemente davanti a lui, tanto che non riusciva a distinguere di che si trattasse.

Il pettirosso non si vedeva più, ed al suo posto c’era questa cosa che girava molto in fretta.

Pestifero stava finendo pian piano la suas risata quando si accorse che ciò che girava stava prendendo forma, pin piano………….si vedeva sempre più nitida l’immagine……finché fu proprio chiara!

Pestifero non poteva nemmeno più muovere la bocca, tale era lo stupore e l’imbarazzo!

Era proprio lei! La cagnolina che aveva conosciuto di là dal bosco, di cui si era innamorato e di cui non aveva più trovato traccia!

Non avrebbe certo voluto usare quel tono e quell’atteggiamento con lei! “Chissà adesso cosa penserà di me! Che sono proprio un rozzo di cuore e d’animo!”

Percorso 4

Percorso n. 4

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Il suo cuore non resse al duro colpo! Cadde a terra accasciato e si risvegliò solo in un letto d’ospedale, in un posto che non aveva mai conosciuto.

Quando cominciarono ad arrivare i primi infermieri ed i primi dottori, si accorse che erano tutti pettirossi, e che ora si stavano prendendo cura di lui. Lo prese allora un terribile senso di ansia e di paura! “Chi mi dice che da un giorno all’altro ognuno di loro non si trasformerà in qualcosa?”

Non riusciva più nemmeno a dormire un sonno tranquillo, perché come chiudeva gli occhi cominciava a sognare che tutti i pettirossi si stavano trasformando: uno nel suo maestro, uno nel suo dottore, uno nel custode del giardino, e altri ancora.

Era veramente un’angoscia continua! Lo assaliva il terribile dubbio che un giorno anche lui si sarebbe trasformato in qualcosa, ma chissa in cosa? Ciò che era certo, adesso, era solo il suo grande malessere per non avere più una certezza.

 

Percorso 4

FINE del PERCORSO 4