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Istituto PROGETTO UOMO DISPENSE PROF.SSA: DE PAOLIS Rossella

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Istituto PROGETTO UOMO

DISPENSE

PROF.SSA: DE PAOLIS Rossella

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In questi ultimi anni, gli avvenimenti, i fenomeni sociali, i cambiamenti culturali ed economici, soprattutto in occidente, stanno dando vita ad una “seria” evoluzione che sembra inarrestabile del malessere della persona. Dal disagio, vissuto in maniera sempre più endemica a livello di ceti, di genere e di condizione socio-eonomica-culturale, e che, riprendendo dal dizionario della lingua italiana:

D I S A G I O

m. SCOMODO. MANCANZA D’AGIO, DI COMODITA’.

FATICA, SOFFERENZA.

PRIVAZIONE, BISOGNO, MANCANZA, DIFETTO.

“SOFFRIRE DISAGI”: INCOMODO DI SALUTE

“TROVARSI A DISAGIO”: NON BENE, SOFFRIRE A RIMANERE, IN

LUOGO, COMPAGNIA, OCCUPAZIONI.

“A DISAGIO”: CON GRAVE SCOMODO

si sta gradatamente passando alla devianza che abbraccia un po’ tutte le età e condizioni. Ciò implica un’attenta riflessione su quanto accade nella nostra società e sul concetto stesso di devianza, sulle sue caratteristiche comportamentali, inserite e coinvolgenti soprattutto la vita sociale quotidiana. Da un punto di vista storico-culturale:

• Il concetto sociologico di devianza è riferito ad un individuo o ad un gruppo il cui comportamento si discosta da una norma o da un sistema di norme accettato dal gruppo sociale dominante o da un sottogruppo

• Può verificarsi che in uno stesso momento un comportamento sia ritenuto deviante

in una data comunità e risultare adeguato in un’altra, in quanto rientra nel novero delle disposizioni vigenti ed ampiamente condivise.

L’ordinamento giuridico positivo (legge scritta) di una società, presenta margini variabili di legalità rispetto ad altre, nello stesso momento storico, riflettendo pertanto nelle prescrizioni, il grado e la complessità dello sviluppo socio-economico raggiunto e le sue peculiari difficoltà di convivenza. Può pertanto essere considerato anomalo in una comunità un comportamento che in un altro è considerato normale.

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Ciò che rimane come punto fermo, in ogni cultura è la funzione della legge che è quella di condurre il comportamento in forme adeguate al vivere civile entro i limiti della realtà. Infatti, la legge enuncia e riconosce un ordine naturale o culturale delle persone e delle cose, definisce i limiti temporali e spaziali della volontà individuale, per garantire il diritto ovvero il vantaggio generale e reciproco, e si caratterizza su un ampio consenso sui principi etici di base. Accanto alla codificazione di natura giuridica, vige un insieme di regole non scritte di natura sociale, che si manifesta attraverso gli usi, le consuetudini e le mode, espressione dei principi della morale corrente. La devianza riferita a questo piano normativo è di origine remota e si riferisce prioritariamente a tre sfere della vita di relazione: la sessualità, la proprietà e l’affermazione della volontà individuale. Da qui nasce, la regola non scritta, da parte del gruppo dominante, ovvero quello della maggioranza degli individui che appare adeguato alle norme ed ai valori che la società si è data. Il comportamento che si discosta da una norma o da un sistema di regole, del gruppo o del sottogruppo di appartenenza, più spesso del gruppo sociale dominante, quando viene dichiarato deviante è sanzionato da processi di emarginazione sociale ed istituzionale. Tanto è vero che la reazione sociale alla devianza si manifesta attraverso processi di emarginazione e di stigmatizzazione, operata dalle agenzie istituite per il trattamento delle diverse forme di devianza. È, inoltre, importante mettere in risalto che il comportamento deviante non coincide con l’agire antigiuridico caratteristico dei reati, ma risulta molto efficace nel relegare “all’angolo” le persone ritenute non idonee al vivere civile.

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*Dagli studi di: Luana Rizzi Bisogna, al riguardo, fare una distinzione tra:

- i reati artificiali (vedi reati fiscali) sono quelli che attengono alle leggi poste dagli uomini

- i reati naturali (vedi l’omicidio) attengono alla legge divina, naturale o razionale, e

possono incorrervi solo alcune persone, per predisposizione o condizioni particolari.

I reati vengono distinti in base alla gravità del danno inferto, in contravvenzioni e delitti. Sono il risultato prodotto da atti dolosi o colposi illeciti, che per la loro consistenza, apportano pregiudizio quei soggetti che ne subiscono il danno (vittime).

► IL DANNO La gravità del danno quindi, dà la misura degli eventi delittuosi, ed il danno che può essere indotto da comportamenti volti:

1) Contro la persona, nello specifico, contro il corpo dell’altro; corpo che rimanda alla sacralità della vita e all’intimità, il corpo inconscio inviolabile.

2) Contro la volontà dell’altro, che rimanda alla libertà, all’indipendenza e alla vitalità, all’essere. 3) Contro il patrimonio, costituito dai beni attinenti allo spazio dell’altro, all’avere. 4) Contro lo Stato, in opposizione al riconoscimento dell’Autorità super partes, il suo rifiuto. ► LE CAUSE DELLE TRASGRESSIONI In base al grado di consapevolezza della motivazione all’azione, e quindi differenziabili in: COSCIENTI ed INCONSCE In base alla stimolazione esterna o interna all’azione: SOCIALI ed INDIVIDUALI

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In base all’appropriatezza comportamentale: PATOLOGICHE e NON PATOLOGICHE Il movente dell’agire antisociale, offre informazioni preziose, relativamente alla personalità del reo e alle sue capacità di autocontrollo, ed uno strumento di previsione sulla recidività all’azione antinormativa, e della connessa possibilità di reinserimento sociale. ► MOTIVAZIONI-CONSAPEVOLEZZA Le motivazioni coscienti, prettamente di carattere sociale, sono quelle relative a delle ideologie di gruppo di una cultura e di sottocultura. Le motivazioni inconscie profonde sono prettamente individuali legate alla evoluzione psichica della personalità manifesta, si differenziano in: non patologiche quando sono sostenuti da valori condivisi quali la solidarietà di gruppo, l’altruismo o la nobiltà del movente, il senso di giustizia e di uguaglianza e in patologiche quando attengano alla possibilità, a caratteristiche individuali della personalità che riducono lo spettro delle scelte comportamentali realizzabili, ed inficiano il funzionamento della razionalità quale mediatrice tra realtà ed esigenze psichiche profonde. A loro volta sono distinguibili in: - nevrotiche e psicotiche,

queste ultime ulteriormente differenziabili in base al grado della organizzazione psichica individuale, in personalità strutturate e personalità non strutturate.

Le psicodinamiche dell’atto possono essere rapportabili a queste fenomenologie: - L’effetto frustrante dell’offerta - La difficoltà di controllare l’ambiente (ed inserimento in una realtà sottogruppale) - L’identità negativa - La solidarietà di gruppo - La compensazione sintomatica - L’acting out

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GLI ATTI**Dagli studi di: Luana Rizzi Gli atti sono tutte manifestazioni della volontà. Possono essere voluti e non voluti; i primi possono essere realizzati in base alle intenzioni ed alle aspettative, con proponimenti più o meno palesi:in condizioni di capacità di intendere e volere, parziale capacità di intendere e volere, totale incapacità di intendere e di volere. Gli atti non voluti possono essere realizzati incidentalmente, e nella fattispecie, essere distinti in base al grado della incidenza della accidentalità in: più o meno colposi o al limite con previsione dell’evento come certo. C’ è da considerare un aspetto importante al riguardo, rappresentato dalla RAZIONALIZZAZIONE, ovvero il meccanismo che consente l’autogiustificazione del comportamento deviante e che si attiva in momenti diversi: nei REATI VOLUTI, la razionalizzazione precede l’azione ed è contestuale ad una maggiore o minore intensità del dolo; nei REATI NON VOLUTI , la razionalizzazione segue l’azione con esplicitazione delle modalità della sua attuazione. Altro aspetto da evidenziare è la vergogna o il senso di colpa ; infatti, il reato a livello emotivo può comportare un’autogratificazione (quando il soggetto si sente un eroe) o una disgratificazione (quando il soggetto si avverte indegno); nel caso dell’autosvalutazione, il senso di indegnità, la vergogna, ed il senso di colpa possono essere non patologici, quanto più si avvicinano ad una corretta percezione della realtà, e perciò delle conseguenze dell’atto, patologici quanto più se ne discostano.

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Lo sviluppo del corpo può essere vissuto con ansietà, preoccupazione e malcontento da parte del giovane. Questo malcontento si ingigantisce se l’adolescente si subordina ai criteri estetici imposti dai mass-media, e la inavvertita ostilità che l’adolescente concepisce per il suo corpo “imperfetto” rispetto a quei canoni può produrre addirittura una inconscia frattura tra la componente psichica e quella somatica … da cui (se questa osservazione non appare superficiale per la sua stringatezza) può valutarsi che emergano quelle drammatiche condotte autolesioniste e negatrici dei diritti del corpo che si realizzano nella anoressia e nella bulimia. L’adolescente crea nella sua mente l’immagine di un corpo ideale, e se le caratteristiche di questo non coincidono con quelle che percepisce del suo corpo reale, l’adolescente può sentirsi sgradevole e inadeguato; e spesso si va alla ricerca (ansiosa e negatrice della realtà) dell’immagine. Per cui si assiste alla ricerca di verifica, del bambino ormai scomparso, per cui si trova invece di fronte alla propria nuova immagine trasformata, irriconoscibile e conflittuale; alla percezione di essere diverso da tutti, per cui si incontrano i coetanei per valutare quanto si sia difformi al loro confronto… oppure si va all’incontro con loro in un tentativo di “rassicurazione”, che soddisfi il paradossale bisogno di una fantasia di “mostruosità comune/condivisa”.

◼ La vita sessuale ◼ Il mondo dell’amicalità ◼ Il mondo della famiglia ◼ Il mondo del futuro ◼ I compiti dell’adolescente ◼ I problemi affettivi

►I DISTURBI PSICOLOGICI NELL’ADOLESCENZA Per coloro che non hanno risolto i precedenti conflitti infantili, per quelli che si sono sentiti rifiutati o non accettati, per quelli cui sono venuti a mancare affetto e cure, i problemi dell’adolescente divengono insopportabili e allora l’unico rifiuto è la chiusura in sé stessi o lo sfociare in varie manifestazioni patologiche la noia e l’inquietudine. L’adolescente, invece di affrontare un problema, tende ad evitarlo e, anche nel caso dello studio, è facile che si arrenda, che eviti gli sforzi e tenda a fuggire da sé stesso. Può cadere, allora, in forme delinquenziali o ricercare freneticamente un rapporto sessuale o riversare su qualche animale un eccessivo affetto. Il significato della depressione può essere ricondotto sempre ad una perdita: perdita di un oggetto d’amore, perdita di una condizione precedente o di uno stato ideale

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L’adolescente anoressico e l’obeso - Senso di inadeguatezza e scarsa stima di sé; - difendono la loro sessualità con una specie di fuga dal loro ruolo, manifestata proprio attraverso il rifiuto del cibo, dietro un atteggiamento di sofferenza e provano piacere solo nel vedere il proprio corpo snello e nella constatazione della perdita di peso quotidiana; - l’obesità, invece, è significativa di un carente controllo delle proprie sensazioni e delle proprie azioni. Il comportamento antisociale Un proprio fattore che può portare alla delinquenza sembra essere rappresentato dallo scarso quoziente di intelligenza del giovane, che lo induce a non valutare realisticamente nel tempo le conseguenze delle sue azioni. Sembra che, nel comportamento aggressivo incida la sua struttura fisica (robusta ed efficiente) gli permette di passare con facilità “all’azione”. Questo giovane, poi, ha un carattere estroverso, egocentrico, poco collaborativo, impulsivo ed è sempre portato al soddisfacimento immediato dei propri desideri.

◼ Nella famiglia di origine, inoltre, si notano un elevato numero di disturbi fisici ed emotivi, casi di criminalità di ubriachezza e disaccordo tra i coniugi; il matrimonio di genitori, infatti, non ha avuto alcuna preparazione, manca quindi l’armonia familiare e spesso il giovane si sente trascurato o poco amato.

◼ Che questi giovani rimangono all’interno di un gruppo o che si dissocino

da questo aggregandosi saltuariamente a compagnie di vario tipo, la tendenza è comunque quella di manifestare uno scarso adattamento alla società e al lavoro, proprio perché provano sentimenti di inadeguatezza, scarso senso di identità, forti dubbi sul proprio ruolo.

◼ Il ricorso all’alcol e alla droga può così sembrare loro l’unica via d’uscita. ◼ Il fatto che questi ragazzi non hanno imparato ad affrontare le

frustrazioni e problemi quotidiani e, non riuscendo a trovare un adattamento positivo, ricorrono a quei tremendi surrogati per sfuggire al peso della vita e della società.

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Sono gli scenari in cui vivono quotidianamente i minori, gli adolescenti, i giovani che decretano lo statuto di età a rischio. Le categorie frutto dell’immaginario pedagogico: - IL SOGGETTO “A RISCHIO”

(di devianza, di emarginazione, di autoesclusione) - IL SOGGETTO “PROBLEMATICO”

(sul piano delle condotte conformistiche) - IL SOGGETTO “DISADATTATO”

(in rapporto agli atteggiamenti lesivi e autolesivi) - IL SOGGETTO “DROP-OUT”

(variante specifica di un disadattamento conclamato) - IL SOGGETTO “DELINQUENTE”

Ci sono rappresentazioni che si producono nella scuola, nella “strada”, nel centro di aggregazione, nella comunità per minori: - A TALI CATEGORIE SI CONNETTONO GLI EFFETTI DEL CONTROLLO

SOCIALE CHE PONGONO IN ATTO UNA SEQUENZA DI PROCEDURE CHE ISTITUISCONO IL “CASO”:

• LA SEGNALAZIONE, LA PRESA IN CARICO, L’INTERVENTO

SPECIALISTICO.

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A- LA COMUNITA’

- E’ un luogo protetto che produce effetti di reinserimento, correzione, rieducazione,

riparazione.

- Luogo di una “tecnologia educativa” che definisce e articola attraverso le dimensioni del corpo, dello spazio, del tempo, attraverso gli oggetti (simbolici ed esperenziali) un sistema di pratiche materiali e di vissuti affettivi e cognitivi che producono effetti in rapporto alla soggettività umana.

La comunità è totalizzante; produce contemporaneamente: - assoggettamento e soggettivazione; - coercizione e costituzione dell’individuo; - disciplina e cura. Sono tutti elementi di uno specifico campo di esperienza educativa di tipo morale e terapeutico. Il dispositivo pedagogico è la residenzialità che viene vissuta dagli utenti e dagli educatori come sistema “parafamiliare” ed il soggetto viene percepito come “problematico”. ◼ E’ IL LUOGO DELL’APPARTENENZA E DELLA PARTECIPAZIONE, caratterizzata da

un dispositivo capace di fornire gli strumenti educativi necessari allo sviluppo dell’individuo (secondo i principi condivisi dalla collettività)

◼ E’ IN GRADO DI “PROTEGGERE” i propri membri dai rischi presenti al di là di essaI. ◼ COMUNITA’ COME RETE: ◼ INTERDIPENDENZA E RECIPROCITA’ TRA LE DIVERSE COMPONENTI DEL

SISTEMA. ◼ L’EDUCATORE assume una funzione di attivatore delle reti sociali, di mobilitatore

di risorse, costruttore di sinergie per coinvolgere, attivare, responsabilizzare gli attori sociali

◼ In questo caso diviene un dispositivo sociale anonimo, impersonale, senza avere una funzione identificatoria

◼ Rete indefinita che corrisponde in modo piu’ adeguato ad una società tecnologica altamente complessa.

B- LA SCUOLA ◼ ORGANIZZAZIONE di tipo disciplinare ◼ Con una articolazione vincolante degli spazi ◼ Scansione e modulazione rigida dei “tempi” ◼ Una procedura d’inquadramento degli individui e dei loro corpi

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◼ Modalità di controllo delle attività ◼ Organizzazione dei contenuti e delle conoscenze disciplinari in base ad una loro

frammentazione

◼ Tecnologie d’esame legate all’accertamento degli apprendimenti centrate sulla relazione SAPERE-POTERE, sulla CLASSIFICAZIONE, sul GIUDIZIO, sulla VALUTAZIONE e la conseguente acquisizione dei MERITI INDIVIDUALI

◼ Penalità interna determinata sull’asse del giudizio e della selezione da applicare attraverso le PAGELLE, le PROMOZIONI, le BOCCIATURE

◼ Le MODALITA’ ATTUALI

C- LA FAMIGLIA*

La famiglia possiede una sostanza sociale, “e un modo di stare nella, e di vivere, la società; essa (ogni famiglia, ogni esperienza, e insieme la loro totalità) è il modo di passaggio, sempre da produrre di nuovo, dalla natura alla cultura, da ciò che è privato (o soggettivo) a ciò che è pubblico (o anche intersoggettivo o comune) Nello studio della famiglia si evidenzia una doppia valenza: ◼ quella di essere un gruppo primario, definito tale da Cooley proprio per il ruolo

fondamentale che svolge nella socializzazione del bambino e per i legami emotivi profondi che legano tra di loro i componenti della famiglia.

◼ la famiglia è anche un’istituzione sociale, nel senso che possiede un assetto

normativo che è definito socialmente. In questa prospettiva, si sottolinea l’esistenza di uno stretto rapporto tra famiglia e società, dove quest’ultima guarda alla famiglia come a un’entità importante, che definisce la collocazione, prima di tutto giuridica dei suoi componenti. Ma soprattutto la famiglia è un’istituzione, poiché la vita che si svolge al suo interno non è scandita semplicemente da norme interne definite dai suoi membri, bensì è pervasa “da modelli che regolano il comportamento di coloro che vi abitano e che contemporaneamente mettono in relazione questo comportamento con dei contesti di significato molto più ampio. La vita quotidiana ha luogo nel contesto avvolgente di un ordine istituzionale”. Le altre istituzioni, come per esempio la scuola, considerano quindi la famiglia di volta in volta oppure anche contemporaneamente, come gruppo o come istituzione. Per es.: di fronte all’assolvimento dell’obbligo scolastico, la famiglia è l’istituzione responsabile, ma la scuola si trova spesso a dover far rispettare questo diritto-dovere andando ben al di là del rapporto puramente istituzionale, entrando nell’esame della

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famiglia come gruppo e quindi nel modo di pensare e di vivere e anche nelle relazioni che esistono tra genitori e tra questi e il bambino. ► MODELLI DI FAMIGLIA La comparazione di realtà storiche diverse ci presenta due modelli di famiglia:

◼ l’una estesa ◼ l’altra nucleare

Le differenze tra questi due tipi di famiglia non sono solo di tipo strutturale e quantitativo circa i componenti dell’unità familiare. La distinzione più rilevante riguarda da un lato le funzioni svolte dalla famiglia e, dall’altro, la distinzione dei ruoli per lo svolgimento di tali funzioni. 1. LE FUNZIONI DELLA FAMIGLIA Storicamente: nella società industriale, il ruolo della famiglia nucleare isolata si restringe, ma si specializza: si registra cioè una perdita di funzioni generali, a vantaggio di una specializzazione funzionale. Due sono, per Parsons, le funzioni specialistiche per la famiglia moderna: la socializzazione primaria dei figli e la stabilizzazione delle personalità adulte, intesa come regolazione degli equilibri della personalità dei membri adulti d’ambo i sessi. Per il funzionalismo, la famiglia riveste un ruolo di primaria importanza; è FUNZIONALE ALLA SOCIETA’ MODERNA, che richiede equilibrio emotivo da un lato e, dall’altro, una disponibilità alla mobilità ed al cambiamento, quindi libera da vincoli di parentela o di comunità.

◼ E’ la specializzazione che implica un restringimento delle funzioni che invece un tempo la famiglia svolgeva ampiamente, da quella economica a quella educativa.

◼ La famiglia dipende dalle dinamiche macro-sociali, “il raggiungimento

dell’integrazione/adattamento del nucleo familiare contribuisce a ridurre al minimo le tensioni che potrebbero minacciare l’equilibrio del sistema complessivo”.

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Dalla crisi degli anni 70 che produsse effetti deleteri per la famiglia (svuotamento progressivo di funzioni= declino, soprattutto come istituzione e luogo di riproduzione della società e dei suoi rapporti di dominio) si è passati al superamento della crisi di delegittimazione con gli anni 80. Infatti, si registra una rivalutazione e quindi un riconoscimento delle funzioni che svolge. Essa è la risultante di vari livelli di realtà, cui corrispondono specifiche funzioni sociali:

◼ livello biologico (funzioni sociali di riproduzione) ◼ livello psicologico (di maturazione della personalità) ◼ livello economico (cooperazione nei problemi adattivi) ◼ livello sociale (assunzione di ruoli familiari e sociali) ◼ livello culturale (funzioni di integrazione culturale e simbolica).

2. STRUTTURA E RUOLI DELLA FAMIGLIA Nella famiglia estesa, tipica della società premoderna, “i ruoli del marito-padre e della moglie-madre sono al centro di una complessa rete di rapporti sociali, i quali sono al contempo vincoli limitativi per l’individualità, ma anche garanzie di solidarietà sociale” La società premoderna non conosce la famiglia nucleare isolata dalla parentela ed è proprio quest’ultima che definisce i compiti e le funzioni in base a un’autorità di tipo patriarcale, che stabilisce una linea di demarcazione secondo il sesso e secondo l’età, per cui l’autorità è esercitata essenzialmente dai maschi anziani (pater familis), anche se la donna, pur subordinata, detiene parte del potere legato alla gestione domestica. Con la società industriale c’è una profonda trasformazione. Il modello prevalente è quello di famiglia nucleare isolata, nella quale, il ruolo lavorativo si separa dal ruolo familiare. Questo tipo di famiglia si struttura attorno alla coppia e in genere su due sole generazioni, quella dei genitori e quella dei figli. Altro tipo di famiglia diffusa nella società moderna è quella simmetrica - che presenta anche una versione, quella della famiglia a doppia carriera, che accentua la simmetria dei ruoli anche sul versante lavorativo di entrambi i coniugi - si caratterizza per una revisione del concetto di divisione di ruolo e quindi un progressivo spostamento verso la condivisione e l’intercambiabilità di ruolo. La famiglia simmetrica si presenta con una diversa strutturazione interna dei ruoli, legata in particolar modo all’evoluzione del ruolo femminile e al lavoro sempre più frequente della donna fuori dall’ambito domestico. Si tratta di processi che intaccano la distinzione

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fra i ruoli familiari e portano sia l’uomo che la donna a rendere flessibile il loro ruolo di coniuge e di genitore. Diviene centrale il rapporto di coppia, sempre più investito di aspettative reciproche egualitarie e con una richiesta pressante, soprattutto da parte della donna, di continua negoziazione all’interno del “patto coniugale”. I due tipi di famiglia nucleare e simmetrica sono da considerarsi due modelli “ideali”, entrambi rinvenibili nella società contemporanea e che si realizzano all’interno di una tipologia di famiglie alquanto complessa. Infatti, da un punto di vista strutturale, la famiglia italiana risulta sempre meno omogenea rispetto al modello consolidato nella società industriale e cioè quello nucleare. Siamo in presenza di più forme di famiglia relativamente alla sua composizione:

◼ famiglia monopersonale (composta da un unico componente) ◼ famiglia nucleare tradizionale (genitori e figli) che tende sempre più a contrarsi per

quanto riguarda il numero dei figli ◼ famiglia monoparentale (un solo genitore e i figli) ◼ famiglia allargata ad altri componenti ◼ famiglia “ricostruita” dallo scioglimento di altre a seguito di separazioni e divorzi ◼ “famiglia di fatto” fondata su un’unione libera, non sancita da alcun legame

matrimoniale. ◼ Coppie senza figli. ◼ Nonni “assenti”

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OGNI TAPPA DELLA VITA DELLA FAMIGLIA E’ SEGNATA DA EVENTI CRITICI E DA COMPITI DI SVILUPPO ◼ Il ciclo di vita familiare

Fase Evento critico Compiti di sviluppo

➢ Costituzione Matrimonio Formazione dell’identità

della coppia di coppia

➢ Famiglia con Nascita del/dei figli Accettazione di una nuova bambini generaz. e assunzione dei ruoli genitoriali

➢ Famiglia con Adolescenza dei figli Adeguamento delle adolescenti relazioni genitori-figli

per favorire la reciproca separazione ➢ Famiglia I figli escono di Accettazione della trampolino casa relazione adulto-adul. tra genitori e figli ➢ Famiglia Pensionamento Sostegno alla generaz. di anziana malattia mezzo e partec. alla vita dei nipoti

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► APPRENDIMENTO SOCIALE NELLA FAMIGLIA Da quanto si è visto precedentemente, si può dedurre che

“LA SOCIALIZZAZIONE È, IN GRAN PARTE, DETERMINATA DALLE PRESCRIZIONI SOCIALI”:

cioè, la cultura a cui appartiene l’individuo delinea le caratteristiche della personalità, i motivi, gli atteggiamenti, i valori che questi adotterà. Tali prescrizioni sociali debbono essere comunicate od insegnate al bambino, all’inizio, dai membri della sua famiglia: I RAPPRESENTANTI DELLA CULTURA, CIOE’, COI QUALI HA I RAPPORTI PIÙ STRETTI. Il primo apprendimento sociale avviene nell’ambito della domestico, e le prime esperienze con la famiglia, specie con la madre, sono fondamentali nel determinare le tendenze nei confronti degli altri e quello che ci si aspetta da essi. La madre soddisfa nel piccolo i bisogni primari:

◼ cibo ◼ lenimento del dolore ◼ calore ◼ forse anche di stimolazione tattile (che può essere un impulso di base, innato) ◼ e molte di queste soddisfazioni le dà con l’alimentazione.

La presenza della madre (gli stimoli visivi, uditivi e tattili che ella presenta) viene associata con la soddisfazione dei bisogni, ed ella comincia a significare PIACERE, SOLLIEVO DALLA TENSIONE, APPAGAMENTO. Per di più il bambino impara ben presto a cercare e ad avvicinare la madre ogni volta che ha fame, dolore o si sente a disagio. Se questa lo alimenta e soddisfa i suoi bisogni in modo pronto e valido, ricompensa le sue reazioni di “AVVICINAMENTO”, che potranno quindi essere ripetute. Reazioni di avvicinamento positive nei confronti della madre, se ricompensate spesso e intensamente, si generalizzano nei confronti di altre persone (principio della generalizzazione dello stimolo), cioè il bambino svilupperà atteggiamenti sociali favorevoli, ricorrendo agli altri quando ha bisogno di aiuto e rispondendo in genere agli altri in modo amichevole e sereno.

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IN QUESTO SENSO, I RAPPORTI TRA BAMBINO E MADRE FORMANO LA BASE DEL MODO DI RISPONDERE AGLI ALTRI. Ma come si può constatare un rapporto insoddisfacente?

- Se una madre è ANSIOSA E TESA, alleva il bambino in modo sbagliato, mettendolo forse a disagio. - Se non voleva il bambino potrebbe risentire della fatica e della noia di doverlo curare, e ciò si manifesta nel modo inappropriato di trattarlo, nel sospendere la poppata prima che sia sazio, o, talvolta, nel lasciarlo piangere a lungo prima di allattarlo. In questo caso il bambino proverà sia un piacere che dolore per la presenza della madre e per lo stimolo della fame.

Se gli stimoli dolorosi si ripetono abbastanza spesso e per un periodo abbastanza lungo, LA PRESENZA DELLA MADRE PUO’ ACQUISIRE UN VALORE NEGATIVO ED ESSA DIVERRA’ SIMBOLO DI PENA. Dato che la risposta INNATA di un organismo al DOLORE È LA RITIRATA E LA FUGA, il bambino può imparare appunto a fuggire la madre piuttosto che avvicinarla. Inoltre, a differenza del bambino per il quale l’esperienza alimentare è stata preminentemente piacevole, è probabile che NON IMPARI CHE RIVOLGERSI AGLI ALTRI È UN MODO PER SODDISFARE IL PROPRIO STATO DI BISOGNO E ALLEVIARE IL DISAGIO. Per ERIKSON, i primi rapporti con la madre pongono nel bambino le fondamenta per lo sviluppo di un senso di fiducia o di sfiducia nel mondo.

◼ Esperienze soddisfacenti e gratificanti con la madre portano il bambino ad avere fiducia in lei e, per generalizzazione, ad avere fiducia negli altri.

◼ Una madre, invece, che non dà sicurezza o che non viene incontro ai bisogni del

piccolo in modo appropriato, produce un senso di diffidenza o sfiducia nei propri riguardi e, per generalizzazione, nei riguardi del mondo.

◼ Gravi privazioni e negligenze di affetto nella prima infanzia possono portare ad un

temporaneo, o anche durevole, DISADATTAMENTO. ◼ Così i bambini allevati in ambienti freddi e privi di stimoli (es.: orfanotrofi, dove

sono accuditi in modo meccanico e senza attenzioni particolari) tendono ad essere quieti, passivi, inattivi,tristi e con disturbi emotivi. Le caratteristiche principali che presentano sono l’indifferenza, l’emaciamento ed il pallore, la relativa immobilità, la passività, la mancanza di risposta agli stimoli, ad es.: al sorriso o al vezzeggiamento, l’appetito mediocre, la mancanza del normale peso corporeo nonostante le diete del tutto inadeguate, le frequenti defecazioni, il sonno leggero, un aspetto malinconico, la predisposizione agli episodi febbrili, la mancanza dell’abitudine di succhiarsi il dito.

◼ Ancora, nel bambino tra i sei ed i 12 mesi di età, la separazione dalla madre porta

spesso ad un “TONO EMOTIVO DI APPRENSIONE E DI TRISTEZZA....AL RITIRO

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DALL’AMBIENTE, CHE EQUIVALE AD UN RIFIUTO DI QUESTO...ED A NESSUN TENTATIVO DI AVERE CONTATTI CON ESTRANEI, A NESSUN SEGNO DI GIOIA SE UN ESTRANEO SI METTE IN CONTATTO CON LUI.

◼ LE ATTIVITA’ SONO RITARDATE, ED IL BAMBINO SPESSO SIEDE O GIACE INERTE

IN UNO STATO STUPOROSO. L’INSONNIA E’ FREQUENTE; GENERALE, POI, L’INAPPETENZA. IL PICCOLO PERDE PESO E DIVIENE PREDISPOSTO ALLE INFEZIONI”.

◼ Il ritorno di un soddisfacente rapporto madre-figlio può ricondurre allo sviluppo del

comportamento normale ed alla scomparsa di quello disadattato:

MA SOLO SE IL PERIODO DI PRIVAZIONE NON E’ STATO TROPPO LUNGO, PIU’ PRECISAMENTE SE E’ STATO INFERIORE AI SEI MESI.

In uno studio viene riferito che orfani allevati in istituto in uno stato di privazione ed in modo psicologicamente inadeguato sono stati trasferiti in ambienti molto più stimolanti dove ricevevano cure individualizzate, si parlava loro, si giocava con loro ed era loro permesso di giocare con balocchi. I progressi sulla prontezza mentale e nell’intelligenza furono straordinari, il guadagno medio nei punteggi dei reattivi intellettivi essendo stato di 27 punti, mentre bambini di un gruppo di controllo, rimasti nella condizione non stimolante, dimostrarono un calo di 16 punti durante lo stesso periodo.

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La storia degli HACKERS inizia quasi ufficialmente nell’inverno 1958/59 all’Istitute of Technology (MIT) di Cambridge quartiere universitario di Boston. IL PIACERE SCATENATO DALLA PURA PARTECIPAZIONE, ERA DETTO “HACK”. Il termine proveniva dal vecchio gergo del MIT: era stato a lungo usato per indicare gli scherzi elaborati che gli studenti si inventavano regolarmente. Ma il senso che era inteso dai partecipanti al club denotava RISPETTO; se un intelligente collegamento di relè si poteva definire un “hack semplice”, si sarebbe inteso che, per qualificarsi come un “vero hack”, l’impresa avrebbe dovuto dimostrare INNOVAZIONE, STILE, VIRTUOSISMO TECNICO. I più produttivi si definivano, con grande orgoglio, “HACKERS”. LE MACCHINE ERANO STATE PROGETTATE DALL’UOMO E SAREBBERO STATE AL SUO SERVIZIO, OCCORREVA SOLO DEDICARSI AL LORO STUDIO, INTIMIZZARNE LA LOGICA E PRENDERNE IL CONTROLLO ASSOLUTO. CHI SONO GLI HACHER? (Il termine ha assunto nel tempo una pluralità di significati) Chi si occupa di informatica direbbe che un hacker è chi penetra nei computer altrui. Una persona qualunque potrebbe dire che è un pirata informatico. GLI HACKERS PIRATI INFORMATICI Hanno la frequente percezione ludica delle intrusioni clandestine con l’evidente configurazione di atmosfere tipiche dei videogame.

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Il cyberterrorismo comincia a proporre le sue dottrine, le sue logiche e le sue azioni, selezionando nuove figure di terroristi lontane dallo stereotipo del “duro”. ➢ pedofili che non avrebbero il coraggio di adescare bambini per strada; ➢ terroristi psicologicamente non adatti ad azioni militari; ➢ truffatori che non reggerebbero l’impatto con la vittima faccia a faccia; ➢ impiegati scontenti che non avrebbero il coraggio di sabotare in modo

tradizionale la propria azienda; ➢ ladri di informazioni che non avrebbero il coraggio di introdursi in uno

spazio fisico che contiene informazioni da sottrarre; ➢ teppisti che non avrebbero il coraggio di tirare sassi ad una vetrina per

strada ed effettuano viceversa un defacement di siti web; ➢ ragazzi che non avrebbero il coraggio di frequentare il mondo della

malavita per imparare tecniche utili a compiere azioni illegali e che entrano invece in relazioni stabili con subculture devianti attraverso internet;

➢ persone che non avrebbero il coraggio di insultare nessuno senza la

mediazione asincrona dell’email o dell’SMS.

Quando la telematica sarà entrata stabilmente nelle strutture sociali, nelle organizzazioni, nell’antropologia e nella psicologia degli individui, non ci sarà più necessità di parlare di cybercriminologia o di computer crime. Gli individui in futuro diverranno quindi perfettamente consapevoli dei crimini commessi attraverso le reti telematiche. Il computer crime sarà allora definito semplicemente crimine. * Da: Dott. Marco STRANO

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► COMPUTER CRIME

Tecnologie informatiche Risposte adattive multidimensionali Tecnologie telematiche Information technology Uomo individuale sociale organizzazioni ► DIMENSIONE SOCIALE Allarme politico-istituzionale Produzione corpo normativo specifico

◼ Oggi diversi “pirati informatici” vengono assunti da enti ed istituzioni per utilizzare le loro competenze soprattutto in ambito economico.

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► DIMENSIONE RELATIVA ALLE ORGANIZZAZIONI

Aziende e istituzioni Proprietà privata Cyberspazio Pubblica Amministrazione Prevenzione azioni illegali ► DIMENSIONE INDIVIDUALE

Cognitivo Informatica Percezione RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA Cultura e abitudini Psicologia Individuale Delle organizzazioni SCIENZE DELL’UOMO Figura professionale Competenze digitali e capacità di correlazione

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Azione Umana Devianza ► NUOVE FORME CRIMINALI Modifica forme criminali tradizionali Alterazione della percezione del crimine Nascita di nuovi crimini

► FORME CRIMINALI TRADIZIONALI

➢ Furti di informazioni e spionaggio ➢ Truffe e frodi ➢ Gioco d’azzardo ➢ Prostituzione ➢ Traffici vari (armi, droga, organi) ➢ Molestie, minacce ➢ Pedofilia (adescamento, pornografia)

- Pedofilia organizzata ➢ Criminalità organizzata (riciclaggio, comunicazioni) ➢ Terrorismo ➢ Proselitismo delle sette sataniche

► NUOVE FORME CRIMINALI

• Cyberpedofilia (scambio di pedopornografia) • Cyberterrorismo • Hacking • Diffusione di virus informatici • Truffe telematiche via email

• Spamming • Violazione della privacy da parte di aziende • Net-strike • On-line gambling • Diffusione di informazioni illegali on-line (violenza, razzismo, esplosivi, droghe, sette sataniche, pedofilia)

► ALTERAZIONE DELLA PERCEZIONE DEL CRIMINE

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• Incapacità di distinzione tra dimensione reale e virtuale • Incapacità di distinzione tra relazione mediata dallo spazio emotivo-fisico a quello

emotivo-artificiale

OSSERVAZIONI Talvolta, in alcuni soggetti una certa difficoltà nell’identificare il limite che separa la realtà dal virtuale o nella capacità dinamica di tornare velocemente in una situazione di realtà dopo una certa permanenza in una fase di virtualità, e tale difficoltà assume rilevanza in Criminologia soprattutto nello studio della fase di percezione, distinzione e valutazione, da parte dell’autore di un crimine, degli effetti provocati dal proprio comportamento. RELAZIONE CRIMINALE-VITTIMA

• Rapporto fisico di antagonismo con la vittima Consapevolezza morale Percezione attenuata dalla presenza di un mezzo

La capacità dell’individuo di spostarsi rapidamente e con efficacia tra le interazioni digitali e quelle fisiche racchiude la chiave interpretativa di eventuali comportamenti disfunzionali, di interesse criminologico. IL CRIMINE DIGITALE Le azioni criminali sono frutto di dinamiche complesse, strettamente legate ai processi di interazione dell’autore con le norme penali e sociali, con l’ambiente esterno, con la vittima e, in definitiva, con il proprio sé. I crimini vengono costruiti, elaborati (e spesso impediti) da un processo di pensiero che si basa sull’anticipazione mentale degli effetti del proprio comportamento. Si può definire il computer crime (ottica sistemica e interazionista) come tutti quei casi in cui “il computer si interpone tra l’autore del crimine e la vittima o comunque rappresenta lo strumento principale per eseguire una determinata azione criminale”

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► PSICOLOGIA DEL CRIMINE INFORMATICO

Le ricerche in Italia (Universitarie: Società Italiana di Psicotecnologie e Clinica dei Nuovi Media – SIPTECH, Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica e dallo IURC di Roma) si orientano su 2 filoni: STUDI CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE SOGGETTI CON BASSO PROFILO CRIMINALE LIVELLI DI PROFESSIONALITA’ 1°

soggetto tendenzialmente non-violento soggetto con elevata capacità di pianificazione del comportamento per sfruttare le opportunità dell’informatica soggetto in possesso di minori strumenti psicologici di contenimento dell’ansia (rispetto ai criminali convenzionali) per l’assenza di un contatto diretto con la scena criminis e con la vittima soggetto con tendenza ad operare in solitudine soggetto con tendenza ad acquisire il know how criminale in ambiente informatico soggetto con minore tendenza ad autopercepirsi come soggetto criminale

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Difficoltà stabilire limite tra situazione reale e virtuale. Assume rilevanza in Criminologia in special modo nello studio della fase di percezione, distinzione e valutazione, da parte dell’autore di un crimine, degli effetti provocati dal suo comportamento. Gli elementi alterati sono:

percezione dell’illegalità del comportamento stima dei rischi di essere scoperto stima dei rischi di essere denunciato percezione del danno procurato alla vittima valutazione della possibilità della sanzione sociale e legale

“disponibilità al crimine”

La scena “criminis” si

trasferisce sui polpastrelli e la

tastiera; tra gli occhi e il

monitor

Soggetti estranei alle forme

criminali classiche

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Lo sviluppo del corpo può essere vissuto con ansietà, preoccupazione e malcontento da parte del giovane. Questo malcontento si ingigantisce se l’adolescente si subordina ai criteri estetici imposti dai mass-media, e la inavvertita ostilità che l’adolescente concepisce per il suo corpo “imperfetto” rispetto a quei canoni può produrre addirittura una inconscia frattura tra la componente psichica e quella somatica … da cui (se questa osservazione non appare superficiale per la sua stringatezza) può valutarsi che emergano quelle drammatiche condotte autolesioniste e negatrici dei diritti del corpo che si realizzano nella anoressia e nella bulimia. L’adolescente crea nella sua mente l’immagine di un corpo ideale, e se le caratteristiche di questo non coincidono con quelle che percepisce del suo corpo reale, l’adolescente può sentirsi sgradevole e inadeguato; e spesso si va alla ricerca (ansiosa e negatrice della realtà) dell’immagine. Per cui si assiste alla ricerca di verifica, del bambino ormai scomparso, per cui si trova invece di fronte alla propria nuova immagine trasformata, irriconoscibile e conflittuale; alla percezione di essere diverso da tutti, per cui si incontrano i coetanei per valutare quanto si sia difformi al loro confronto… oppure si va all’incontro con loro in un tentativo di “rassicurazione”, che soddisfi il paradossale bisogno di una fantasia di “mostruosità comune/condivisa”.

◼ La vita sessuale ◼ Il mondo dell’amicalità ◼ Il mondo della famiglia ◼ Il mondo del futuro ◼ I compiti dell’adolescente ◼ I problemi affettivi

►I DISTURBI PSICOLOGICI NELL’ADOLESCENZA Per coloro che non hanno risolto i precedenti conflitti infantili, per quelli che si sono sentiti rifiutati o non accettati, per quelli cui sono venuti a mancare affetto e cure, i problemi dell’adolescente divengono insopportabili e allora l’unico rifiuto è la chiusura in sé stessi o lo sfociare in varie manifestazioni patologiche la noia e l’inquietudine. L’adolescente, invece di affrontare un problema, tende ad evitarlo e, anche nel caso dello studio, è facile che si arrenda, che eviti gli sforzi e tenda a fuggire da sé stesso. Può cadere, allora, in forme delinquenziali o ricercare freneticamente un rapporto sessuale o riversare su qualche animale un eccessivo affetto. Il significato della depressione può essere ricondotto sempre ad una perdita: perdita di un oggetto d’amore, perdita di una condizione precedente o di uno stato ideale

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L’adolescente anoressico e l’obeso - Senso di inadeguatezza e scarsa stima di sé; - difendono la loro sessualità con una specie di fuga dal loro ruolo, manifestata proprio attraverso il rifiuto del cibo, dietro un atteggiamento di sofferenza e provano piacere solo nel vedere il proprio corpo snello e nella constatazione della perdita di peso quotidiana; - l’obesità, invece, è significativa di un carente controllo delle proprie sensazioni e delle proprie azioni. Il comportamento antisociale Un proprio fattore che può portare alla delinquenza sembra essere rappresentato dallo scarso quoziente di intelligenza del giovane, che lo induce a non valutare realisticamente nel tempo le conseguenze delle sue azioni. Sembra che, nel comportamento aggressivo incida la sua struttura fisica (robusta ed efficiente) gli permette di passare con facilità “all’azione”. Questo giovane, poi, ha un carattere estroverso, egocentrico, poco collaborativo, impulsivo ed è sempre portato al soddisfacimento immediato dei propri desideri.

◼ Nella famiglia di origine, inoltre, si notano un elevato numero di disturbi fisici ed emotivi, casi di criminalità di ubriachezza e disaccordo tra i coniugi; il matrimonio di genitori, infatti, non ha avuto alcuna preparazione, manca quindi l’armonia familiare e spesso il giovane si sente trascurato o poco amato.

◼ Che questi giovani rimangono all’interno di un gruppo o che si dissocino

da questo aggregandosi saltuariamente a compagnie di vario tipo, la tendenza è comunque quella di manifestare uno scarso adattamento alla società e al lavoro, proprio perché provano sentimenti di inadeguatezza, scarso senso di identità, forti dubbi sul proprio ruolo.

◼ Il ricorso all’alcol e alla droga può così sembrare loro l’unica via d’uscita. ◼ Il fatto che questi ragazzi non hanno imparato ad affrontare le

frustrazioni e problemi quotidiani e, non riuscendo a trovare un adattamento positivo, ricorrono a quei tremendi surrogati per sfuggire al peso della vita e della società.

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Sono gli scenari in cui vivono quotidianamente i minori, gli adolescenti, i giovani che decretano lo statuto di età a rischio. Le categorie frutto dell’immaginario pedagogico: - IL SOGGETTO “A RISCHIO”

(di devianza, di emarginazione, di autoesclusione) - IL SOGGETTO “PROBLEMATICO”

(sul piano delle condotte conformistiche) - IL SOGGETTO “DISADATTATO”

(in rapporto agli atteggiamenti lesivi e autolesivi) - IL SOGGETTO “DROP-OUT”

(variante specifica di un disadattamento conclamato) - IL SOGGETTO “DELINQUENTE”

Ci sono rappresentazioni che si producono nella scuola, nella “strada”, nel centro di aggregazione, nella comunità per minori: - A TALI CATEGORIE SI CONNETTONO GLI EFFETTI DEL CONTROLLO

SOCIALE CHE PONGONO IN ATTO UNA SEQUENZA DI PROCEDURE CHE ISTITUISCONO IL “CASO”:

• LA SEGNALAZIONE, LA PRESA IN CARICO, L’INTERVENTO

SPECIALISTICO.

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A- LA COMUNITA’

- E’ un luogo protetto che produce effetti di reinserimento, correzione, rieducazione,

riparazione.

- Luogo di una “tecnologia educativa” che definisce e articola attraverso le dimensioni del corpo, dello spazio, del tempo, attraverso gli oggetti (simbolici ed esperenziali) un sistema di pratiche materiali e di vissuti affettivi e cognitivi che producono effetti in rapporto alla soggettività umana.

La comunità è totalizzante; produce contemporaneamente: - assoggettamento e soggettivazione; - coercizione e costituzione dell’individuo; - disciplina e cura. Sono tutti elementi di uno specifico campo di esperienza educativa di tipo morale e terapeutico. Il dispositivo pedagogico è la residenzialità che viene vissuta dagli utenti e dagli educatori come sistema “parafamiliare” ed il soggetto viene percepito come “problematico”. ◼ E’ IL LUOGO DELL’APPARTENENZA E DELLA PARTECIPAZIONE, caratterizzata da

un dispositivo capace di fornire gli strumenti educativi necessari allo sviluppo dell’individuo (secondo i principi condivisi dalla collettività)

◼ E’ IN GRADO DI “PROTEGGERE” i propri membri dai rischi presenti al di là di essaI. ◼ COMUNITA’ COME RETE: ◼ INTERDIPENDENZA E RECIPROCITA’ TRA LE DIVERSE COMPONENTI DEL

SISTEMA. ◼ L’EDUCATORE assume una funzione di attivatore delle reti sociali, di mobilitatore

di risorse, costruttore di sinergie per coinvolgere, attivare, responsabilizzare gli attori sociali

◼ In questo caso diviene un dispositivo sociale anonimo, impersonale, senza avere una funzione identificatoria

◼ Rete indefinita che corrisponde in modo piu’ adeguato ad una società tecnologica altamente complessa.

B- LA SCUOLA ◼ ORGANIZZAZIONE di tipo disciplinare ◼ Con una articolazione vincolante degli spazi ◼ Scansione e modulazione rigida dei “tempi” ◼ Una procedura d’inquadramento degli individui e dei loro corpi

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◼ Modalità di controllo delle attività ◼ Organizzazione dei contenuti e delle conoscenze disciplinari in base ad una loro

frammentazione

◼ Tecnologie d’esame legate all’accertamento degli apprendimenti centrate sulla relazione SAPERE-POTERE, sulla CLASSIFICAZIONE, sul GIUDIZIO, sulla VALUTAZIONE e la conseguente acquisizione dei MERITI INDIVIDUALI

◼ Penalità interna determinata sull’asse del giudizio e della selezione da applicare attraverso le PAGELLE, le PROMOZIONI, le BOCCIATURE

◼ Le MODALITA’ ATTUALI

C- LA FAMIGLIA*

La famiglia possiede una sostanza sociale, “e un modo di stare nella, e di vivere, la società; essa (ogni famiglia, ogni esperienza, e insieme la loro totalità) è il modo di passaggio, sempre da produrre di nuovo, dalla natura alla cultura, da ciò che è privato (o soggettivo) a ciò che è pubblico (o anche intersoggettivo o comune) Nello studio della famiglia si evidenzia una doppia valenza: ◼ quella di essere un gruppo primario, definito tale da Cooley proprio per il ruolo

fondamentale che svolge nella socializzazione del bambino e per i legami emotivi profondi che legano tra di loro i componenti della famiglia.

◼ la famiglia è anche un’istituzione sociale, nel senso che possiede un assetto

normativo che è definito socialmente. In questa prospettiva, si sottolinea l’esistenza di uno stretto rapporto tra famiglia e società, dove quest’ultima guarda alla famiglia come a un’entità importante, che definisce la collocazione, prima di tutto giuridica dei suoi componenti. Ma soprattutto la famiglia è un’istituzione, poiché la vita che si svolge al suo interno non è scandita semplicemente da norme interne definite dai suoi membri, bensì è pervasa “da modelli che regolano il comportamento di coloro che vi abitano e che contemporaneamente mettono in relazione questo comportamento con dei contesti di significato molto più ampio. La vita quotidiana ha luogo nel contesto avvolgente di un ordine istituzionale”. Le altre istituzioni, come per esempio la scuola, considerano quindi la famiglia di volta in volta oppure anche contemporaneamente, come gruppo o come istituzione. Per es.: di fronte all’assolvimento dell’obbligo scolastico, la famiglia è l’istituzione responsabile, ma la scuola si trova spesso a dover far rispettare questo diritto-dovere andando ben al di là del rapporto puramente istituzionale, entrando nell’esame della

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famiglia come gruppo e quindi nel modo di pensare e di vivere e anche nelle relazioni che esistono tra genitori e tra questi e il bambino. ► MODELLI DI FAMIGLIA La comparazione di realtà storiche diverse ci presenta due modelli di famiglia:

◼ l’una estesa ◼ l’altra nucleare

Le differenze tra questi due tipi di famiglia non sono solo di tipo strutturale e quantitativo circa i componenti dell’unità familiare. La distinzione più rilevante riguarda da un lato le funzioni svolte dalla famiglia e, dall’altro, la distinzione dei ruoli per lo svolgimento di tali funzioni. 3. LE FUNZIONI DELLA FAMIGLIA Storicamente: nella società industriale, il ruolo della famiglia nucleare isolata si restringe, ma si specializza: si registra cioè una perdita di funzioni generali, a vantaggio di una specializzazione funzionale. Due sono, per Parsons, le funzioni specialistiche per la famiglia moderna: la socializzazione primaria dei figli e la stabilizzazione delle personalità adulte, intesa come regolazione degli equilibri della personalità dei membri adulti d’ambo i sessi. Per il funzionalismo, la famiglia riveste un ruolo di primaria importanza; è FUNZIONALE ALLA SOCIETA’ MODERNA, che richiede equilibrio emotivo da un lato e, dall’altro, una disponibilità alla mobilità ed al cambiamento, quindi libera da vincoli di parentela o di comunità.

◼ E’ la specializzazione che implica un restringimento delle funzioni che invece un tempo la famiglia svolgeva ampiamente, da quella economica a quella educativa.

◼ La famiglia dipende dalle dinamiche macro-sociali, “il raggiungimento

dell’integrazione/adattamento del nucleo familiare contribuisce a ridurre al minimo le tensioni che potrebbero minacciare l’equilibrio del sistema complessivo”.

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Dalla crisi degli anni 70 che produsse effetti deleteri per la famiglia (svuotamento progressivo di funzioni= declino, soprattutto come istituzione e luogo di riproduzione della società e dei suoi rapporti di dominio) si è passati al superamento della crisi di delegittimazione con gli anni 80. Infatti, si registra una rivalutazione e quindi un riconoscimento delle funzioni che svolge. Essa è la risultante di vari livelli di realtà, cui corrispondono specifiche funzioni sociali:

◼ livello biologico (funzioni sociali di riproduzione) ◼ livello psicologico (di maturazione della personalità) ◼ livello economico (cooperazione nei problemi adattivi) ◼ livello sociale (assunzione di ruoli familiari e sociali) ◼ livello culturale (funzioni di integrazione culturale e simbolica).

4. STRUTTURA E RUOLI DELLA FAMIGLIA Nella famiglia estesa, tipica della società premoderna, “i ruoli del marito-padre e della moglie-madre sono al centro di una complessa rete di rapporti sociali, i quali sono al contempo vincoli limitativi per l’individualità, ma anche garanzie di solidarietà sociale” La società premoderna non conosce la famiglia nucleare isolata dalla parentela ed è proprio quest’ultima che definisce i compiti e le funzioni in base a un’autorità di tipo patriarcale, che stabilisce una linea di demarcazione secondo il sesso e secondo l’età, per cui l’autorità è esercitata essenzialmente dai maschi anziani (pater familis), anche se la donna, pur subordinata, detiene parte del potere legato alla gestione domestica. Con la società industriale c’è una profonda trasformazione. Il modello prevalente è quello di famiglia nucleare isolata, nella quale, il ruolo lavorativo si separa dal ruolo familiare. Questo tipo di famiglia si struttura attorno alla coppia e in genere su due sole generazioni, quella dei genitori e quella dei figli. Altro tipo di famiglia diffusa nella società moderna è quella simmetrica - che presenta anche una versione, quella della famiglia a doppia carriera, che accentua la simmetria dei ruoli anche sul versante lavorativo di entrambi i coniugi - si caratterizza per una revisione del concetto di divisione di ruolo e quindi un progressivo spostamento verso la condivisione e l’intercambiabilità di ruolo. La famiglia simmetrica si presenta con una diversa strutturazione interna dei ruoli, legata in particolar modo all’evoluzione del ruolo femminile e al lavoro sempre più frequente della donna fuori dall’ambito domestico. Si tratta di processi che intaccano la distinzione

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fra i ruoli familiari e portano sia l’uomo che la donna a rendere flessibile il loro ruolo di coniuge e di genitore. Diviene centrale il rapporto di coppia, sempre più investito di aspettative reciproche egualitarie e con una richiesta pressante, soprattutto da parte della donna, di continua negoziazione all’interno del “patto coniugale”. I due tipi di famiglia nucleare e simmetrica sono da considerarsi due modelli “ideali”, entrambi rinvenibili nella società contemporanea e che si realizzano all’interno di una tipologia di famiglie alquanto complessa. Infatti, da un punto di vista strutturale, la famiglia italiana risulta sempre meno omogenea rispetto al modello consolidato nella società industriale e cioè quello nucleare. Siamo in presenza di più forme di famiglia relativamente alla sua composizione:

◼ famiglia monopersonale (composta da un unico componente) ◼ famiglia nucleare tradizionale (genitori e figli) che tende sempre più a contrarsi per

quanto riguarda il numero dei figli ◼ famiglia monoparentale (un solo genitore e i figli) ◼ famiglia allargata ad altri componenti ◼ famiglia “ricostruita” dallo scioglimento di altre a seguito di separazioni e divorzi ◼ “famiglia di fatto” fondata su un’unione libera, non sancita da alcun legame

matrimoniale. ◼ Coppie senza figli. ◼ Nonni “assenti”

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OGNI TAPPA DELLA VITA DELLA FAMIGLIA E’ SEGNATA DA EVENTI CRITICI E DA COMPITI DI SVILUPPO ◼ Il ciclo di vita familiare

Fase Evento critico Compiti di sviluppo

➢ Costituzione Matrimonio Formazione dell’identità

della coppia di coppia

➢ Famiglia con Nascita del/dei figli Accettazione di una nuova bambini generaz. e assunzione dei ruoli genitoriali

➢ Famiglia con Adolescenza dei figli Adeguamento delle adolescenti relazioni genitori-figli

per favorire la reciproca separazione ➢ Famiglia I figli escono di Accettazione della trampolino casa relazione adulto-adul. tra genitori e figli ➢ Famiglia Pensionamento Sostegno alla generaz. di anziana malattia mezzo e partec. alla vita dei nipoti

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► APPRENDIMENTO SOCIALE NELLA FAMIGLIA Da quanto si è visto precedentemente, si può dedurre che

“LA SOCIALIZZAZIONE È, IN GRAN PARTE, DETERMINATA DALLE PRESCRIZIONI SOCIALI”:

cioè, la cultura a cui appartiene l’individuo delinea le caratteristiche della personalità, i motivi, gli atteggiamenti, i valori che questi adotterà. Tali prescrizioni sociali debbono essere comunicate od insegnate al bambino, all’inizio, dai membri della sua famiglia: I RAPPRESENTANTI DELLA CULTURA, CIOE’, COI QUALI HA I RAPPORTI PIÙ STRETTI. Il primo apprendimento sociale avviene nell’ambito della domestico, e le prime esperienze con la famiglia, specie con la madre, sono fondamentali nel determinare le tendenze nei confronti degli altri e quello che ci si aspetta da essi. La madre soddisfa nel piccolo i bisogni primari:

◼ cibo ◼ lenimento del dolore ◼ calore ◼ forse anche di stimolazione tattile (che può essere un impulso di base, innato) ◼ e molte di queste soddisfazioni le dà con l’alimentazione.

La presenza della madre (gli stimoli visivi, uditivi e tattili che ella presenta) viene associata con la soddisfazione dei bisogni, ed ella comincia a significare PIACERE, SOLLIEVO DALLA TENSIONE, APPAGAMENTO. Per di più il bambino impara ben presto a cercare e ad avvicinare la madre ogni volta che ha fame, dolore o si sente a disagio. Se questa lo alimenta e soddisfa i suoi bisogni in modo pronto e valido, ricompensa le sue reazioni di “AVVICINAMENTO”, che potranno quindi essere ripetute. Reazioni di avvicinamento positive nei confronti della madre, se ricompensate spesso e intensamente, si generalizzano nei confronti di altre persone (principio della generalizzazione dello stimolo), cioè il bambino svilupperà atteggiamenti sociali favorevoli, ricorrendo agli altri quando ha bisogno di aiuto e rispondendo in genere agli altri in modo amichevole e sereno.

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IN QUESTO SENSO, I RAPPORTI TRA BAMBINO E MADRE FORMANO LA BASE DEL MODO DI RISPONDERE AGLI ALTRI. Ma come si può constatare un rapporto insoddisfacente?

- Se una madre è ANSIOSA E TESA, alleva il bambino in modo sbagliato, mettendolo forse a disagio. - Se non voleva il bambino potrebbe risentire della fatica e della noia di doverlo curare, e ciò si manifesta nel modo inappropriato di trattarlo, nel sospendere la poppata prima che sia sazio, o, talvolta, nel lasciarlo piangere a lungo prima di allattarlo. In questo caso il bambino proverà sia un piacere che dolore per la presenza della madre e per lo stimolo della fame.

Se gli stimoli dolorosi si ripetono abbastanza spesso e per un periodo abbastanza lungo, LA PRESENZA DELLA MADRE PUO’ ACQUISIRE UN VALORE NEGATIVO ED ESSA DIVERRA’ SIMBOLO DI PENA. Dato che la risposta INNATA di un organismo al DOLORE È LA RITIRATA E LA FUGA, il bambino può imparare appunto a fuggire la madre piuttosto che avvicinarla. Inoltre, a differenza del bambino per il quale l’esperienza alimentare è stata preminentemente piacevole, è probabile che NON IMPARI CHE RIVOLGERSI AGLI ALTRI È UN MODO PER SODDISFARE IL PROPRIO STATO DI BISOGNO E ALLEVIARE IL DISAGIO. Per ERIKSON, i primi rapporti con la madre pongono nel bambino le fondamenta per lo sviluppo di un senso di fiducia o di sfiducia nel mondo.

◼ Esperienze soddisfacenti e gratificanti con la madre portano il bambino ad avere fiducia in lei e, per generalizzazione, ad avere fiducia negli altri.

◼ Una madre, invece, che non dà sicurezza o che non viene incontro ai bisogni del

piccolo in modo appropriato, produce un senso di diffidenza o sfiducia nei propri riguardi e, per generalizzazione, nei riguardi del mondo.

◼ Gravi privazioni e negligenze di affetto nella prima infanzia possono portare ad un

temporaneo, o anche durevole, DISADATTAMENTO. ◼ Così i bambini allevati in ambienti freddi e privi di stimoli (es.: orfanotrofi, dove

sono accuditi in modo meccanico e senza attenzioni particolari) tendono ad essere quieti, passivi, inattivi,tristi e con disturbi emotivi. Le caratteristiche principali che presentano sono l’indifferenza, l’emaciamento ed il pallore, la relativa immobilità, la passività, la mancanza di risposta agli stimoli, ad es.: al sorriso o al vezzeggiamento, l’appetito mediocre, la mancanza del normale peso corporeo nonostante le diete del tutto inadeguate, le frequenti defecazioni, il sonno leggero, un aspetto malinconico, la predisposizione agli episodi febbrili, la mancanza dell’abitudine di succhiarsi il dito.

◼ Ancora, nel bambino tra i sei ed i 12 mesi di età, la separazione dalla madre porta

spesso ad un “TONO EMOTIVO DI APPRENSIONE E DI TRISTEZZA....AL RITIRO

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DALL’AMBIENTE, CHE EQUIVALE AD UN RIFIUTO DI QUESTO...ED A NESSUN TENTATIVO DI AVERE CONTATTI CON ESTRANEI, A NESSUN SEGNO DI GIOIA SE UN ESTRANEO SI METTE IN CONTATTO CON LUI.

◼ LE ATTIVITA’ SONO RITARDATE, ED IL BAMBINO SPESSO SIEDE O GIACE INERTE

IN UNO STATO STUPOROSO. L’INSONNIA E’ FREQUENTE; GENERALE, POI, L’INAPPETENZA. IL PICCOLO PERDE PESO E DIVIENE PREDISPOSTO ALLE INFEZIONI”.

◼ Il ritorno di un soddisfacente rapporto madre-figlio può ricondurre allo sviluppo del

comportamento normale ed alla scomparsa di quello disadattato:

MA SOLO SE IL PERIODO DI PRIVAZIONE NON E’ STATO TROPPO LUNGO, PIU’ PRECISAMENTE SE E’ STATO INFERIORE AI SEI MESI.

In uno studio viene riferito che orfani allevati in istituto in uno stato di privazione ed in modo psicologicamente inadeguato sono stati trasferiti in ambienti molto più stimolanti dove ricevevano cure individualizzate, si parlava loro, si giocava con loro ed era loro permesso di giocare con balocchi. I progressi sulla prontezza mentale e nell’intelligenza furono straordinari, il guadagno medio nei punteggi dei reattivi intellettivi essendo stato di 27 punti, mentre bambini di un gruppo di controllo, rimasti nella condizione non stimolante, dimostrarono un calo di 16 punti durante lo stesso periodo.

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▪ In lingua scandinava “MOBBING” ▪ Dall’inglese “BULLYING”

È una forma di violenza fisica e/o psicologica. Uno studente è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. (Olweus, 1991; Smith e Sharp, 1994; Fonzi, 1997,1999) CARATTERISTICHE È un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona – o da un gruppo si persone – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come debole. Un comportamento “bullo” è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare. Alla base dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire.

LE CARATTERISTICHE ► INTENZIONALITÀ

► SISTEMATICITÀ

► ASIMMETRIA

RELAZIONALE

FORME IN CUI SI MANIFESTA

• MEZZI FISICI

• MEZZI VERBALI

PREPOTENZE

DIRETTE

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PREPOTENZE

INDIRETTE

• ISOLAMENTO SOCIALE

• ESCLUSIONE DAL GRUPPO

• PETTEGOLEZZI-DICERIE

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Schema di possibili percorsi di coinvolgimento nella devianza

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PERCHÈ ALCUNI ADOLESCENTI RICORRONO ALLA DEVIANZA E ALLA VIOLENZA E ALTRI NO? 1. Adolescenti hanno diverse caratteristiche personali 2. I contesti offrono diverse opportunità e diversi vincoli 3. I comportamenti svolgono delle funzioni CARETTERISTICHE PERSONALI

➢ BULLO: impulsivo, orientato alla violenza, iperattivo ➢ VITTIMA: timidezza, chiusura, insicurezza ➢ VITTIMA PROVOCATRICE: irritabile, iperattiva,

difficoltà nella regolazione a livello emotivo

Per altre Per altre forme di violenza e di devianza non emergono invece caratteristiche personali particolari

PIATTAFORMA

DISADATTIVA

● DIFFICOLTA’ A LIVELLO COGNITIVO

E SOCIALE

● LETTURA EMOZIONI E

MESSAGGI SOCIALI

● NARRAZIONE ACCURATA

DEGLI EPISODI

● ATTRIBUZIONE

CORRETTA CONSEGUENZE

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► FUNZIONI LEGATE ALL’IDENTITÀ

➢ Affermazione e sperimentazione di sé ➢ Identificazione, differenziazione ➢ Acquisizione e affermazione di autonomia ➢ Esplorazione di sensazioni ➢ Percezione di controllo ➢ Trasgressione e superamento dei limiti

Coping e fuga ►FUNZIONI LEGATE ALLE RELAZIONI

➢ Con i coetanei:

• Comunicazione • Condivisione di azioni ed emozioni • Emulazione e superamento • Riti di legame e di passaggio • Esplorazione delle reazioni e dei limiti

➢ Con gli adulti: • Esplorazione dei limiti e delle reazioni • Differenziazione e opposizione

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● QUALI INTERVENTI?

INTERVENTI DI FORMAZIONE

RIFLESSIONI SU VANTAGGI E RISCHI PERCEPITI dei COMPORTAMENTI VIOLENTI E DEVIANTI

INTERVENTI basati su fattori di protezione CONTESTUALI

INTERVENTI BASATI SULLE FUNZIONI

RIFLESSIONI SULLE FUNZIONI DEI COMPORTAMENTI DEVIANTI RICERCA DI NUOVE STRATEGIE PER RAGGIUNGERE GLI STESSI SCOPI IN MODO DIVERSO

INTERVENTI basati su fattori DI PROTEZIONE PERSONALE

di protezione PERSONALI

VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE PERSONALI: - AUTOEFFICACIA - RISOLUZIONE DEI PROBLEMI - OSSERVANZA DELLE REGOLE - ABILITA’ PROGETTUALI

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● Il bullismo “maschile”

Prevelantemente prepotenze di tipo “diretto”, con aggressioni fisiche (ma anche verbali). Sono agiti sia nei confronti dei maschi che delle femmine. ● Il bullismo “femminile”

Modalità “indirette” di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente verso le altre femmine. Poiché le forme di bullismo indiretto sono più sottili e più difficili da riconoscere, il bullismo al femminile è stato individuato più tardi. ► Percezione del fenomeno

- Le femmine manifestano, in genere, una maggiore capacità di empatia, si immedesimano di più con la vittima, comprendendo lo stato d’animo e cogliendo la tristezza ed il disagio.

- I maschi hanno più difficoltà ad immedesimarsi e raramente sono dispiaciuti o in colpa.

● L’età Bambini ed adolescenti in una fascia di età tra i 7/8 e i 14/16 anni. Sono coinvolti di più i bambini delle scuole elementari e dei primi anni delle scuole medie.

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► Le conseguenze per i bulli

A breve termine:

▪ Basso rendimento scolastico. ▪ Disturbi della condotta per l’incapacità di rispettare le regole. ▪ Difficoltà relazionali.

A lungo termine:

▪ Ripetute bocciature e abbandono scolastico. ▪ Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di

sostanze. ▪ Violenza in famiglia e aggressività sul lavoro.

► Le conseguenze per le vittime

A breve termine:

▪ Sintomi fisici (mal di pancia,stomaco, testa – soprattutto prima di andare a scuola). ▪ Sintomi psicologici (disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia). ▪ Riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche. ▪ Svalutazione della propria identità, scarsa autostima. ▪ Problemi di concentrazione e di apprendimento, calo di rendimento scolastico.

A lungo termine:

▪ Psicopatologie: depressione, comportamenti autodistruttivi/autolesivi. ▪ Abbandono scolastico. ▪ A livello personale: insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento

socio-affettivo. ▪ A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere.

► Come individuare: indicatori della possibile vittima

▪ Ha lividi, ferite, tagli o graffi, NON dà una spiegazione naturale ▪ Torna da scuola con i vestiti stracciati o sgualciti e con libri rovinati ▪ Non porta a casa compagni di classe o coetanei e raramente trascorre del tempo

con loro ▪ Non ha amici per il tempo libero ▪ Non viene invitato a feste ▪ È timoroso e riluttante nell’andare a scuola la mattina (scarso appetito…) ▪ Sceglie percorsi più lunghi per il tragitto casa-scuola ▪ Dorme male e fa brutti sogni ▪ Rendimento scolastico ed interesse per la scuola diminuiscono ▪ Ha frequenti sbalzi di umore: sembra infelice, triste e depresso; spesso manifesta

irritazione e scatti d’ira ▪ Chiede o ruba denaro alla famiglia (spesso per assecondare i bulli)

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► Come individuare: indicatori del possibile bullo

▪ Prende in giro ripetutamente ed in modo pesante ▪ Rimprovera ▪ Intimidisce ▪ Minaccia ▪ Tira calci, pugni, spinge ▪ Danneggia cose….. _ _ _ _ _ *AA.VV.: “IL FENOMENO DEL BULLISMO – conoscerlo e prevenirlo” I Quaderni Telefono Azzurro * Elena Cattelino Università degli Studi di Torino Facoltà di Psicologia

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Per comprendere il comportamento umano utilizza quattro metodi: 1 - analisi strutturale: ciò che avviene all’interno di una persona 2 - analisi transazioni: interazioni tra due o più persone 3 - analisi giochi e ricatti:alcuni tipi di transazioni negative 4 - analisi del copione: piano di vita di un individuo ►ANALISI FUNZIONALE E STRUTTURALE

TRE PARTI FUNZIONALI: GLI STATI DELL’IO Un sistema di sentimenti accompagnato da un sistema comportamentale GENITORE (G) ADULTO (A) BAMBINO (B) Scritti in MAIUSCOLO designano uno stato dell’io; in minuscolo si riferiscono a determinate persone.

G

A

B

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IL GENITORE Atteggiamenti, percezioni e comportamenti derivanti da sorgenti esterne, in particolare dai genitori. Incorporazione del modo con cui l’individuo ha percepito ciò che facevano o dicevano le persone IMPORTANTI della sua vita. Piano funzionale GENITORE AFFETTIVO (GA): si esprime in atteggiamenti di cura, protezione, collera. GENITORE NORMATIVO (GN): insieme dei principi morali, norme giudizi sui valori (positivi o negativi). Il Genitore può esprimersi in due modi: Direttamente: l’individuo agisce esattamente come avrebbero fatto le proprie figure genitoriali Indirettamente: influenzando l’Adulto ed il Bambino della persona L’ADULTO Apprende obiettivamente la realtà; raccoglie, registra ed utilizza ogni tipo di informazione: - Informazioni interne:provenienti dagli stati dell’io (G e B) - Informazioni esterne: dall’esperienza e dal mondo circostante L’adulto utilizza le informazioni per esporre i fatti o valutare le probabilità. Viene chiamato anche l’ORDINATORE, funziona come un computer, ordinando logicamente e senza emozioni le informazioni raccolte. LE INFORMAZIONI INSUFFICIENTI NON GLI PERMETTONO DI VALUTARE CORRETTAMENTE I FATTI. A 12 ANNI L’ADULTO DIVIENE FUNZIONALE. IL BAMBINO Contiene: - tutti i bisogni e sentimenti - incorporazione delle prime emozioni vissute (emozioni primarie) e il modo con cui ha reagito Sul piano funzionale:

- BAMBINO ADATTATO (BA), è lui che si esprime ogni volta che una persona utilizza un comportamento conosciuto per aiutarlo a vivere in armonia con “i grandi” o per ottenere da esse qualsiasi attenzione (carezze).

- BAMBINO NATURALE O LIBERO (BN o BL), si esprime liberamente senza tener

conto di nessuna figura parentale.

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► PSICOPATOLOGIA

CONTAMINAZIONE Una persona è affettivamente equilibrata quando investe lo stato dell’io che ritiene più adatto ad una determinata situazione. Esempio: il Genitore si prende cura di qualcuno, l’Adulto risolve un problema, il Bambino si diverte e si incontra con qualcuno. In questo caso:

- l’Adulto contiene dati esatti, dai quali parte per fare previsioni per poter prendere delle decisioni ed eseguirle

- I pregiudizi del Genitore e le paure del Bambino non contaminano le informazioni dell’Adulto.

PATOLOGIA Si ha quando il campo dell’Adulto viene invaso e quindi CONTAMINATO dal Genitore o dal Bambino e l’Adulto non corregge o non controlla le informazioni false. Genitore 1 Adulto Bambino

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ESCLUSIONE Si manifesta quando uno stato dell’io domina tutto il comportamento di una persona. Diverse modalità: 1- Genitore costante – l’individuo rimane costantemente nel suo Genitore : può essere autoritario e paternalistico; ad es.: un militare di carriera e certi uomini di chiesa 2- l’adulto costante chi esclude i sentimenti e sembra funzionare come un calcolatore: certi matematici ed ingegneri 3- il bambino costante chi pensa solo a divertirsi e distrae sempre gli altri, ma potrebbe essere anche uno psicotico che vive confuso con il suo Bambino. Possono essere utilizzati solo due stati dell’io, costituisce spesso una difesa, es.: quando un Bambino molto disturbato, o folle, viene escluso per mantenere le funzioni della persona. Chi ha il Genitore escluso agisce in modo irresponsabile, senza coscienza. Chi ha l’Adulto escluso passa dal Bambino al Genitore senza avere comportamenti o pensieri aderenti alla realtà. LE SIMBIOSI Aaron e Jacky Shiff: i problemi psicologici nascono da relazioni simbiotiche non risolte. Es.: se una madre non riesce a soddisfare i bisogni del suo Bambino (stato dell’io) rischia di rispondere in modo esagerato ai desideri del suo bambino reale o biologico. Il figlio in questione non sarà capace di pensare in modo appropriato, poiché non avrà la possibilità di sviluppare ed investire pienamente il suo Adulto o il suo Genitore. Crescendo cercherà di manipolare gli altri con il suo Bambino per soddisfare bisogni e desideri inconsci e sarà poco cosciente del suo atteggiamento: trovare una risposta adeguata. Potrebbe essere spaventato dal Genitore protettivo e possessivo della madre e quindi esclude il suo Bambino. Rimane in un Genitore costante, evita al proprio Bambino di essere fagocitato. Quando la madre inizierà la relazione simbiotica, pensando agli altri e dicendo cosa devono fare, eliminerà ogni desiderio e bisogno cosciente del proprio Bambino. DIAGRAMMA SIMBIOSI Mettere cerchietti Il Diagramma mostra l’aspetto patologico della relazione; consiste: l’individuo è incapace di essere una persona completa senza la “presenza” di un’altra persona. Una sola delle due persone riesce a pensare per se stessa (un solo Adulto) e solo una delle sue sa ascoltare i propri bisogni (un solo Bambino). Spesso nelle SIMBIOSI il pensiero Adulto ha un ruolo minimo, la relazione è: Genitore Bambino Adattato

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La disconferma Bambino è totalmente dipendente dai genitori al momento della nascita e può solo piangere per soddisfare bisogni di fame o di cura. Lo sviluppo normale prevede: il bambino piange, i genitori lo sentono, gli vanno vicino e probabilmente scoprono e risolvono il problema del figlio. Quando i genitori disconfermano la richiesta dando una risposta secondo quello che sentono interiormente, secondo i loro pregiudizi e non secondo la realtà esterna di ciò che succede al bimbo, allora questi cerca di stabilire delle relazioni patologiche con ciò che lo circonda. Quattro tipi di disconferma 1. dell’esistenza del problema. Es.: il bambino piange ed i genitori vanno a letto. (disconferma totale, il bambino si sente IGNORATO) 2. dell’importanza del problema. Es.: il bambino piange ed i genitori si lamentano che in certi momenti fa sempre così (meno grave della precedente, i genitori alla fin fine riconoscono che il bambino piange) 3. della possibilità di risolvere il problema. Es: il bimbo piange e i genitori pensano di non poter soddisfare la richiesta. (si sentono toccati ma non fanno niente) 4. della persona. Es.: il bimbo piange, ma i genitori si sentono incapaci di fare qualcosa da soli (è facile che vadano a cercare qualcuno). In tutti questi casi i genitori dimostrano di far funzionare:

- uno stato dell’io Adulto mal informato - un Adulto contaminato - escludono l’Adulto e attivano sia un Genitore, sia un Bambino disorientati. -

► Posizioni esistenziali

Le esperienze primarie di un individuo, positive o negative, giocano un ruolo decisivo nello stabilire la sua posizione esistenziale, che influenza il suo modo di pensare, di sentire, di agire e di mettersi in comunicazione con gli altri. Sono 4 le posizioni esistenziali fondamentali

1. Io sono OK – Tu sei OK 2. Io sono OK – Tu non sei OK 3. Io non sono OK – Tu sei OK 4. Io non sono OK – Tu non sei OK

“IO SONO OK – TU SEI OK” Posizione di quando si nasce; è la posizione sana della vita. Si resta in questa posizione fintantochè i bisogni fondamentali vengono soddisfatti. Visione ottimistica della vita, facilità di rapporto con gli altri, atteggiamento integrato nei rapporti con il prossimo e con chi lo circonda. “IO SONO OK – TU NON SEI OK” Se il bambino viene trascurato, maltrattato, represso, può decidere che sono gli altri a non essere OK. Probabilmente uno dei genitori gli ha dato l’esempio; molti che maltrattano i bambini sono stati a loro volta maltrattati quando erano piccoli. Posizione paranoica: diffidente, acido e pieno di odio verso gli altri.

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“IO NON SONO OK – TU SEI OK” Posizione depressiva: decisione presa dal bambino quando i bisogni non furono soddisfatti. Sensazione: inferiore, cretino, cattivo ed incompetente. La depressione, il senso di colpa o la diffidenza verso gli altri. Difficoltà ad accettare i comportamenti ed atteggiamento di fuga dagli altri. “IO NON SONO OK – TU NON SEI OK” Posizione di rinunzia; infelicità nella giovinezza o nell’infanzia per cui decidono che né loro né gli altri valgono un granchè. Va facilmente in prigione, all’ospedale psichiatrico o all’obitorio. Atteggiamento di disfatta verso tutto e tutti. Le persone di solito non rimangono sempre in una posizione, si passa da una all’altra a seconda del momento. Es.: “FRACCHIA” A casa è arrogante: IO SONO OK, TU NO Davanti al principale: IO NON SONO OK, TU SI’ Con gli amici al club: IO SONO OK; PURE TU. ►SEGNI DI RICONOSCIMENTO: LE CAREZZE

La fame di stimolo è un bisogno fondamentale dell’uomo che deve essere soddisfatto; il segno di riconoscimento è l’unità di stimolo. Le carezze sono il segno di riconoscimento della presenza dell’altro. Ricerche hanno dimostrato che il neonato, per sopravvivere e crescere ha bisogno di stimoli fisici (toccamenti), senza i quali può ammalarsi o addirittura morire. Non ha importanza che lo stimolo fisico sia piacevole o meno; è importante che il bambino abbia contatti fisici (carezze, segni di riconoscimento).Una carezza negativa è meglio che l’assenza di carezze. Le carezze possono essere: fisiche verbali non verbali Carezze: positive o negative Positiva: trasmette il messaggio “Tu sei OK” e provoca una sensazione piacevole. Negativa: naturalmente il contrario Possono essere condizionali o incondizionali. Una carezza incondizionale riconosce l’altro per quello che è, una carezza condizionale per quello che fa. Le carezze condizionali sono usate per modificare il comportamento dell’altro. Se usate in maniera appropriata e coerente possono essere utili per condurre qualcuno ad un comportamento sano. Es: madre che invia un messaggio carezza positiva condizionale.

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“Oh, come sei grande” al bambino che va al bagno da solo, mentre gli dà una carezza negativa (lo rimprovera) quando se la fa addosso. Carezze indispensabili alla sopravvivenza, ognuno fa ciò che ritiene adeguato per riceverle quando ne ha bisogno. Partendo dalla propria posizione esistenziale, sviluppa il suo modo personale di dare e di ricevere carezze.

►ANALISI DELLE TRANSAZIONI

Si comunica attraverso transazioni. Scambio tra due persone, scambio di uno stimolo e di una risposta tra specifici stati dell’io. Possono essere: Semplici riguardanti solo due stati dell’io Composte toccano tre o quattro stati dell’io. Una conversazione è formata da una serie di transazioni legate tra loro. Quando inizia una transazione ci sono diverse opzioni: es.”di quale stato dell’io mi devo servire? Verso quale stato dell’io dell’altro mi devo indirizzare?” ► TRE TIPI DI TRANSAZIONI Complementari, incrociate ulteriori Ognuna ha le sue corrispondenti leggi di comunicazione. ● TRANSAZIONI COMPLEMENTARI E’ UNA TRANSAZIONE IN CUI LE FRECCE DELLO STIMOLO E DELLA RISPOSTA SONO PARALLELE E IN CUI SONO COINVOLTI SOLO DUE STATI DELL’IO (UNO PER PERSONA). Quindi, una transazione complementare deve seguire due criteri:

a. La risposta viene dallo stesso stato dell’io che è stato stimolato b. La risposta è diretta verso lo stato dell’io da cui è partito lo stimolo

G

A

B

G

A

B

Dove sono le camicie?

Sono nel cassetto

G

A

B

G

A

B

Mamma mi ami?

Sì, tanto.

G

A

B

G

A

B

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● TRANSAZIONI INCROCIATE

Quando le frecce di comunicazione non sono parallele. Una comunicazione non parallela interrompe (interruzione breve o temporanea) la comunicazione e ne consegue qualcosa non prevista.

● TRANSAZIONI ULTERIORI

Sono: angolari e duplici Quelle angolari toccano TRE STATI DELL’IO e si manifestano quando i messaggi vengono inviati simultaneamente da uno solo stato dell’io di una persona verso due stati dell’io dell’altra persona. Nell’esempio, il rivenditore fornisce al cliente un’informazione con l’Adulto; tuttavia nello stesso momento invia un messaggio nascosto nella speranza di agganciare il Bambino impulsivo e di concludere l’affare. Il messaggio segreto è non verbale e viene chiamato messaggio psicologico Lo stimolo Adulto-Adulto è un messaggio sociale.

G

A

B

G

A

B

Adulto-Adulto: “Dove sono le camicie?” Genitore-Bambino: “Non sei capace di trovare niente”

G

A

B

G

A

B

Genitore-Genitore: “Questi ragazzi sono insopportabili!” Adulto-Adulto: “Non mi sembra che siano così.”

G

A

B

G

A

B

Transazione angolare

“La vendita finisce domani”

“Non perdete l’occasione”

“Allora compero subito”

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Una transazione duplice invece riguarda quattro stati dell’io, due per ogni persona. Nel corso di una transazione duplice avvengono due conversazioni simultanee: una a livello sociale, una a livello psicologico. ► STRUTTURAZIONE DEL TEMPO

Il bisogno di strutturarsi il tempo è chiamato “bisogno di strutturazione”. Il modo con cui si struttura il tempo dipende dal sentirsi OK con sé e con gli altri, dal genere di carezze richieste e da altri comportamenti. SEI MODI DI STRUTTURAZIONE DEL TEMPO

1. Isolamento: si isola mentalmente dagli altri, li esclude e conta su se stesso per ricevere carezze positive o negative. E’ gerenalmente innocuo, poco investimento emotivo e minime carezze.

2. Rituali: scambio sicuro e prevedibile, è il modo convenzionale con cui ci si pone di

fronte all’altro. Rituali possono essere: - brevi e semplici (“buon giorno”) - lunghi e complicati, quali una cerimonia religiosa. Per molti è una fonte importante di carezze.

3. I passatempi: discussioni al “caffè”, si vuole solo parlare. 4. Attività: ci si impegna in attività quando si dedica a oggetti esterni; molto tempo

della giornata si passa dedicandosi ad attività; possono offrire diversi tipi di carezze. 5. Giochi e ricatti: un gioco psicologico è una serie continuata di transazioni ulteriori

complementari che progrediscono verso un risultato ben definito e prevedibile. Il ricatto non è il solo sentimento negativo che si manifesta alla fine del gioco, ma

anche un modo per strutturare il tempo.

G

A

B

G

A

B

Transazione duplice

“È ora che tu vada a letto”

“Perché?”

“Voglio restare solo”

“Perché non pensi a me?”

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6. Intimità: è il modo più rischioso e gratificante per strutturare il tempo. L’intimità comporta il condividere sentimenti, pensieri, esperienze in un rapporto di

sincerità e fiducia. E’ uno scambio diretto e spontaneo di carezze nel qui ed ora, senza secondi fini e manipolazioni, con l’esclusione di ogni altra forma di strutturazione del tempo. Nell’intimità è sempre coinvolto il Bambino Libero, che si lascia andare. L’esperienza dell’intimità può essere fisica o emotiva, piacevole o sgradevole, reale o immaginaria. Fornisce carezze della massima intensità, tuttavia cerchiamo di evitarla in quanto rischiosa e imprevedibile. Quando ci si considera OK si rischia. ►I RICATTI E I GIOCHI

- Nascondono modi mascherati per ottenere carezze - Sistemi appresi di comportamento - Presuppongono una disconferma di sé e/o dell’altro

Il Bambino Adattato li utilizza per sostituire i sentimenti del Bambino Naturale che sono stati disconfermati o inibiti. RICATTI e GIOCHI sono tuttavia differenti: Un GIOCO è una serie di transazioni ulteriori che finisce in un sentimento sostitutivo (di ricatto). Il RICATTO transazioni complementari, che includono lo stesso sentimento negativo. ● I RICATTI

In alcune famiglie esistono regole ben precise contro tristezza o dispiacere perché considerate sentimenti di debolezza; ritengono tollerabile il sentimento di collera. I bambini di tali famiglie eliminano la tristezza e la sostituiscono con la collera o rabbia. Altre famiglie dicono: “ non arrabbiarti, ma sorridi” E i bambini imparano a far buon viso a cattiva sorte. Sorridere equivale ad essere buono; il loro Genitore interno dà carezze positivi. Questi sentimenti si chiamano: RICATTI, in quanto costituiscono un modo indiretto e manipolatorio per ottenere carezze, ma non raggiungono risultati positivi ed utili. Ci sono tre modi di apprendere i sentimenti di ricatto: 1. l’esempio dei genitori (madre tranquilla e triste, che insegna alla figlia che una donna deve essere tranquilla e triste. 2. Ricevere carezze o segni di riconoscimento che rinforzano o che condizionano un tipo di comportamento (bambino che adotta una Madre instabile per ottenere le carezze di cui ha bisogno). 3. Quando i genitori suggeriscono al figlio ciò che deve sentire o pensare (i genitori dicono al bambino arrabbiato:”in effetti tu non sei arrabbiato, sei semplicemente stanco).

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TRIANGOLO DRAMMATICO Un Sentimento sostitutivo e una disconferma partono da 3 posizioni esistenziali. Lo apprendiamo dal cosiddetto TRIANGOLO DRAMMATICO DI KARPMAN O TRIANGOLO DEI GIOCHI. I ruoli fondamentali:

- Persecutore (P) (io sono migliore di te, che sei inferiore) - Salvatore (S) (io la so meglio di te che sei incompetente) - Vittima (V) (sono un buono a nulla, tu sei migliore di me)

Ogni persona conosce ed ha un ruolo preferito con cui cercare carezze e pertanto ricerca chi gioca un ruolo complementare. Se un Persecutore incontra un Persecutore, probabilmente parleranno del tempo. Ma se incontra una Vittima potrà scambiare con lei carezze più intense. Vi sono 2 tipi di Vittime: quelle che cercano Persecutori chi Salvatori. TRIANGOLO DRAMMATICO DI KARPMAN P S V ● I GIOCHI

Quando le persone comunicano a più di un livello alla volta e quando il risultato delle loro transazioni si traduce in un sentimento negativo, si dice che fanno un gioco. Per Berne il gioco psicologico è “una serie continuata di transazioni complementari ulteriori che progrediscono verso un risultato ben definibile e prevedibile”. I giochi sono sistemi di comportamento appreso e la maggior parte dei giocatori fanno pochi giochi preferiti, d’intensità variabile con persone diverse. Ogni giocatore cerca e trova in modo intuitivo il partner con cui giocare. I giochi di primo grado si fanno in società con le persone desiderose di giocare; comporta meno fastidio. Es.: violenza carnale di primo grado è in fondo divertente ed eccitante: è un piacere per un uomo ed una donna sedursi nel corso di una serata. Lei lo respinge, così ciascuno infine rimane male. I giochi di secondo grado i giocatori mirano a risultati più importanti; generalmente avvengono in gruppi più intimi e ristretti. Il risultato sarà di avere sentimenti ancor più spiacevoli. In questi casi il “gancio” del gioco può durare parecchi giorni fin quando l’uomo farà avances più audaci, con conseguente litigata.

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La donna si arrabbia e si convince che “gli uomini vogliono solo quella cosa”. L’uomo è indotto a giocare a “Prendetemi a calci” e si sente così più rifiutato e ferito. I giochi di terzo grado comportano un danno fisico e possono portare all’ospedale, in prigione o all’obitorio. Nell’esempio, la donna uccide l’uomo per salvare il proprio onore. I giochi variano anche nella durata, da pochi minutia settimane, mesi, anni. PERCHE’ SI GIOCA?

- Per strutturare il tempo - Per ottenere carezze - Per mantenere il sentimento di ricatto - Per conservare l’attenzione dell’altro, quando manca l’efficacia del ricatto - Per avvalorare le ingiunzioni e portare avanti il copione - Per mantenere la posizione esistenziale e provare che se stesso e/o gli altri non

sono OK - Per avere tante interazioni, ma contemporaneamente evitare l’intimità - Per rendere prevedibile il comportamento degli altri

► I BOLLINI

Molti fanno collezione di sentimenti a giustificazione del proprio comportamento. Questi sentimenti sono i BOLLINI. I sentimenti raccolti con cura sono messi da parte. C’è chi raccoglie sentimenti “negativi” (bollini grigi), chi sentimenti “positivi” (bollini dorati). Chi si trova in un sentimento di ricatto o che ha un tornaconto finale negativo, dopo un gioco, raccoglie bollini grigi. Chi colleziona bollini sta nella posizione “non sono OK”, oppuro per loro gli altri “non sono OK” e rifiutano di assumenrsi le responsabilità del loro comportamento. I bollini non sono necessari, ma servono a proteggere dalla propria autonomia, mantenendo nel ricatto e convalidando il copione. L’individuo sano non ha bisogno di collezionare bollini, perché è sensibile alle proprie sensazioni, bisogni e desideri. ► IL COPIONE

E’ un piano di vita personale che ognuno decide nella prima infanzia in funzione dell’interpretazione degli avvenimenti esterni. Un bambino è estremamente sensibile all’influenza genitoriale:

- È ancora molto piccolo quando si identifica con i suoi genitori. - Il suo Adulto non è completamente formato per capire ciò che gli succede. - Non gli vengono date sufficienti informazioni su ciò che gli accade. - Non ha la possibilità di andarsene per conto suo e di trovare un altro posto per

vivere.

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Questi fattori incidono sulla formazione del copione, insieme al peso relativo che hanno le “carezze” scambiate fra genitore e figlio: Potere relativo delle carezze Quando il genitore utilizza il suo Adulto per soddisfare i bisogni fisici del figlio, gli dà una carezza molto piccola = 1 unità. Quando c’è amore, calore da parte del Genitore Affettivo, il bambino lo risente come 50 unità di carezze. Se il BN del genitore si prende cura con piacere = 100 unità. Un Genitore Critico arrabbiato=200 unità negative. Un fenitore agitato ed ansioso che risponde con il BA= 1000 carezze negative. Berne ha descritto diversi tipi di copione:

- “MAI”. Le persone non arrivano mai ad avere o fare ciò che desiderano. - “SEMPRE”. Le persone continuano a fare sempre la stessa cosa. - “FINCHE’ o PRIMA”. Deve aspettare fino al momento in cui deve fare qualcosa per

ottenere la ricompensa. - “DOPO”. Comunica all’interessato che incontrerà delle difficoltà dopo un certo

tempo. - “ANCORA e ANCORA o “QUASI”. Non arriverà mai a niente - “TERMINE INDETERMINATO” – “FINE APERTA”. Non sa che fare dopo un certo

periodo. -

Copione perdente quando vengono elargiti solo segni di riconoscimento negativi (carezze negative). Quando si risolve in maniera tragica si ha il copione distruttivo. Copione banale o non vincente quando le carezze non sono particolarmente intense e sono distribuite uniformemente. Copione vincente = carezze positive. ► PERMESSI James e Barbara ALLEN hanno tratteggiato la progressività dei permessi Il bambino per crescere ha bisogno di permessi che servono a sviluppare in pieno le sue capacità.

GA GN

A

BA BN

- 200

G

A

B

+ 50

+ 1

+ 1000

+ 100

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Questo bisogno è tanto più importante quanto prima si manifesta. I - permesso di esistere e di appartenere al mondo. II - permesso di provare sensazioni e di esserne cosciente III- permesso di provare sensazioni (emozioni) IV - permesso di pensare V - entrare in intimità con gli altri VI - permesso di essere se stesso VII - permesso di avere la propria età VIII - il permesso di riuscire ►LE INGIUNZIONI Robert e Mary GOULDING hanno condotto il lavoro sulle ingiunzioni che possono essere trasmesse anche per identificazione. Es.: ˝Sei come lo zio Giovanni ̏ (se lo zio Giovanni è morto a 30 anni alcolizzato, il figlio può decidere che questo sarà il suo copione). Se il padre interviene e dice “non sembri per niente lo zio Giovanni”, gli dà il permesso d’ignorare l’ingiunzione materna. IL PROTOCOLLO É l’insieme delle esperienze originali drammatiche fondate sulle ingiunzioni. Non importa chi può trasmettere le ingiunzioni, tuttavia più la persona che le trasmette è importante, più viene ripetuta l’esperienza, tanto più l’ingiunzione diventa determinante per la costituzione del copione. ►IL MINICOPIONE Taibi KAHLER e Hedge CAPERS nel tentativo di facilitare il comportamento di cambiamento sul copione, hanno sviluppato il concetto di minicopione. La teoria si basa sui messaggi del controcopione o spinte. I messaggi Negativi sono le SPINTE, quelli Positivi i PERMESSI. SPINTE PERMESSI Sii perfetto E’ OK essere se stesso Sbrigati “ “ prendere il proprio tempo Sforzati “ “ fare ciò che stai Compiacimi E’ OK considerare e rispettare sé Sii forte “ “ essere aperto e prendersi cura dei propri bisogni COPIONI SPINTE Mai Sforzati Sempre Sii perfetto – Sbrigati – Sii forte Finchè Sii perfetto Dopo Compiacimi

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Quasi Compiacimi – Sforzati Fine aperta Sforzati – Sbrigati Da: Scuola Italiana di Formazione per Consulenti Familiari – “Appunti per le lezioni di teoria” Consultorio “La Famiglia” di Roma

LE NUOVE GENERAZIONI E LE FORME DI COMUNICAZIONE

Per affrontare questo argomento, bisogna dotarsi di strumenti operativi che siano in grado di offrire contesti esperenziali significativi. È necessario utilizzare strumenti per la promozione che mettano in gioco materialmente i ragazzi stessi, permettendo di elaborare le dimensioni peculiari attorno alle quali va realizzandosi la percezione identitaria del soggetto. Il ragazzo accresce la propria autostima, il sé quando concretamente raggiunge un obiettivo ed ha la possibilità di verificarlo oggettivamente. ► NUOVE FORME DI COMUNICAZIONE La generazione “HIP HOP”: le dimensioni espressive della cultura hip hop rappresentano un processo di costruzione e di affermazione identitaria che utilizza la forma della contaminazione, dei suoni, delle culture, delle etnie. ● LE DIVERSE FORME CHE CARATTERIZZANO L’ESPRESSIONE SOCIALE DELLA CULTURA

HIP HOP sono: MUSICA: IL RAP ARTE VISIVA: LA SPRAY-ART O LA AEROSOL-ART DANZA: LA BREAK DANCE Rappresentano una vera e propria filosofia di vita che rivela un approccio culturale trasgressivo e dirompente rispetto ai modelli sociali dominanti. Con la cultura hip hop le modalità di espressione rivolgono molta attenzione alle più importanti forme della comunicazione: dalla PAROLA al CORPO attraverso l’immagine e il suono. Si dà così espressione al disagio giovanile, alle storie della quotidianità marginale, alla rabbia legata al degrado sociale ed esistenziale dei giovani che abitano le soprattutto le

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strade delle periferie, permettendo di amplificare attraverso la musica, la gestualità, la ritualità, le tags sui muri, il bisogno di comunicazione e di affermazione dell’identità. Il movimento hip hop è espressione di una cultura alternativa al conformismo della cultura dominante, rappresenta una sorta di espressione di tipo resistenziale giocata sull’affermazione della centralità della vita nella sua materialità

INTERVENTI EDUCATIVI *

► IL GIOCO DI RUOLO:

è uno strumento educativo utilizzato nel lavoro con i ragazzi difficili; definisce un settino di tipo esperenziale, che permette di articolare un doppio livello di azione educativa che si muove sia sul piano ludico-finzionale sia sul piano soggettivo-esistenziale. La dimensione esperenziale è parte integrante del gioco; i protagonisti sono chiamati a definire e costruire la trama di una storia. LA REALIZZAZIONE DEL GIOCO PONE IN ESSERE UNA COMPLESSA TRAMA RELAZIONALE CHE PARLA CONTINUAMENTE DELLA MASCHERA E DELL’IDENTITA’ DEI SUOI PROTAGONISTI CON IL GIOCO DI RUOLO SI PUO’ TEMATIZZARE LA QUESTIONE DEL RAPPORTO TRA MASCHERA SOCIALE, IDENTITA’ SOGGETTIVA E DIMENSIONE RELAZIONALE Casa famiglia Il primo intervento concreto nel 1959. ONU: Dichiarazione dei Diritti del Bambino. Viene sancito il diritto a ricevere adeguate cure da parte dei genitori e della comunità. Nel 1989, la Convenzione ha esteso tali diritti all’istruzione ed alla protezione dagli abusi e dallo sfruttamento. La Legge 4/5/1983 n.184 (sull’adozione e l’affidamento dei minori) sostiene che “…..il minore ha diritto ad essere educato nell’ambito della propria famiglia” art.1 e “….il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un’altra famiglia…. è consentito il ricovero del minore in un istituto d’assistenza pubblica o privata” art.2. NEL 2000 CON LA LEGGE 8/11 N. 328

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LA LEGGE QUADRO PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI, “…PROMUOVERE INTERVENTI PER GARANTIRE UNA BUONA QUALITA’ DELLA VITA, PARI OPPORTUNITA’, PREVENIRE E RIDURRE LE CONDIZIONI DI DISAGIO E DI BISOGNO” CON IL D.L.21/5/2001 N. 308 SI E’ CERCATO DI CREARE UN REGOLAMENTO PER QUANTO RIGUARDA “I REQUISITI MINIMI CHE DEVE POSSEDERE UNA STRUTTURA A CICLO RESIDENZIALE E SEMIRESIDENZIALE CHE SI OCCUPA DI MINORI, DISABILI, ANZIANI, PERSONE MALATE DI AIDS O INDIVIDUI CON PROBLEMATICHE PSICO-SOCIALI LE “CASE FAMIGLIA” Nucleo di convivenza con non più di 5 o 6 soggetti in età evolutiva anche portatori di handicap, di sesso ed età diversa. ORGANIZZATO sul modello familiare e caratterizzato dalla presenza di operatori quali figure parentali. I minori portatori di handicap sono accolti in rapporto di uno massimo due sul totale degli ospiti. POSSONO ESSERE DISPOSTI, OLTRE LA CAPIENZA MASSIMA, UNO O DUE POSTI DI PRIMA ACCOGLIENZA PER I CASI URGENTI, TENENDO SEMPRE PRESENTE IL PROGETTO EDUCATIVO GLOBALE DEL SERVIZIO. I GRUPPI APPARTAMENTO CONSISTONO IN UN NUCLEO DI CONVIVENZA, INSERITO IN UN NORMALE CONTESTO ABITATIVO, CARATTERIZZATO DALLA FLESSIBILITA’ ORGANIZZATIVA E DALLA PARTECIPAZIONE DEGLI OSPITI ALLA GESTIONE DEL SERVIZIO. E’ DESTINATO A NON PIU’ DI OTTO MINORI, DI SESSO ED ETA’ DIVERSI, ANCHE PORTATORI DI HANDICAP, PREVALENTEMENTE ADOLESCENTI SOTTOPOSTI ALLE MISURE DI AUTORITA’ GIUDIZIARIA. L’INSERIMENTO NELLE COMUNITA’ É TEMPORANEO E DEVE AVERE UNO DEI SEGUENTI OBIETTIVI:

- rientro nella propria famiglia - affidamento familiare - adozione - raggiungimento della maggiore età

nel caso in cui nessuna delle ipotesi precedenti sia possibile.

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* Da: Pierangelo BARONE LA MEDIAZIONE FAMILIARE* La pratica della mediazione FAMILIARE nasce come tentativo di trovare accordi e affrontare i problemi durante la separazione e/o il divorzio tra due coniugi, cercando di superare il sistema competitivo ed accusatorio del processo legale. Nel 1975 Jim Coogler fondò la Family Mediation Association, il cui scopo era quello di offrire un percorso alle parti in lite in cui trovare soluzioni e concludere tale percorso con la stesura di un verbale di accordo finale, che i due ex coniugi si impegnavano a rispettare. Ci sono modelli di mediazione che variano: - da quelli più rigidi e pragmatici, dove la mediazione consiste in un'alternanza di tappe a

cui la coppia accede secondo un iter strutturato; - quelli più psicologici e terapeutici, dove si affronta la modalità di vivere ed elaborare la

separazione, entrando nel vivo anche del vissuto emotivo. Al di là delle differenze individuali, la mediazione ha delle caratterizzazioni comuni a tutti i modelli che consistono in:

▪ affievolire le ostilità fra le parti in lite; ▪ arrivare alla trasformazione del conflitto da competitivo o antagonista

a collaborativo o negoziale; ▪ aiutare i coniugi a gestire i problemi riguardanti la custodia dei figli, le visite, il

mantenimento (in alcuni casi anche le questioni economiche) perché la responsabilità genitoriale continua anche dopo il fallimento matrimoniale.

La Mediazione Familiare in Italia Particolare riferimento al modello di Canevelli e Lucardi. <<La mediazione familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio. In un contesto strutturato, il mediatore, come terzo neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall'ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione, soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale>>.

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Per la Società Italiana di Mediazione Familiare (nata nel 1995): La Mediazione Familiare è un percorso: da qui è chiaro come sia un intervento che consiste in un ciclo breve di incontri e che ha uno scopo ben preciso. - Per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: la separazione e il divorzio sono inevitabilmente eventi stressanti per la coppia e per i figli, e inevitabilmente vedono un cambiamento significativo nelle relazioni familiari. Gestire la loro riorganizzazione diventa l'oggetto principale della mediazione familiare. - Il mediatore, come terzo neutrale: il mediatore è un terzo e come tale deve rimanere neutrale, ossia evitare sbilanciamenti da una parte o dall'altra degli ex-coniugi, senza quindi "parteggiare" e senza promuovere alleanze che in un contesto come quello della psicoterapia possono essere funzionali alla terapia stessa. - E con una formazione specifica: la formazione in mediazione familiare è specifica, come specifica è quella per consulenti familiari, ossia non è sovrapponibile con altre formazioni. Inoltre è accessibile a psicologi, assistenti sociali e più in generale operatori sociali, ma anche avvocati o persone che comunque hanno a che fare con la separazione e il divorzio. - Sollecitato dalle parti: l'intervento di mediazione, affinché sia efficace e duraturo nel tempo, deve essere sollecitato, ossia richiesto e voluto, dagli stessi protagonisti della separazione, non può essere cioè imposto, coatto. - Nella garanzia del segreto professionale: come altre forme di intervento di sostegno anche la mediazione ha la regola del segreto professionale per quanto riguarda i contenuti degli incontri, mentre ovviamente può essere riferito a un giudice che si occupa della causa, o agli avvocati, l'andamento del percorso in linee generali. - E in autonomia dall'ambito giudiziario: quando si comincia una mediazione il procedimento legale viene sospeso e si riprende al termine del percorso suddetto. L'intento è quello di dare alla mediazione una identità distinta dall'intervento legale in sé, e che può migliorare il procedimento una volta che venga ripreso. Gli aspetti giudiziari della separazione non vengono quindi affrontati durante la mediazione. - Si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione, soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale. Per elaborare in prima persona si intende una modalità di programmare che parta dal genitore stesso, dove il mediatore ha un ruolo di chiarificatore e facilitatore tra le parti in conflitto. Il programma deve essere soddisfacente per entrambi gli ex-coniugi e per i figli. L'interesse del minore è centrale nel processo di mediazione familiare proprio per evitare l'acutizzarsi nei minori di problematiche relazionali e perché questi non siano utilizzati come pedine tra due coniugi in lite. Secondo il modello del Centro per l'età evolutiva (Canevelli e Lucardi) il principio della mediazione familiare è quello della competenza e del mantenimento delle competenze. La vera qualità delle competenze sono quelle negoziali. Questo principio spesso ha bisogno di un contesto favorevole anche grazie a terzi che contribuiscano a sviluppare tale competenza. La mediazione parte dal presupposto che i genitori in lite siano comunque delle persone con delle risorse e delle abilità che probabilmente in fase di stress emotivo, come può essere quella della separazione, vedono offuscarsi e non se le riconoscono.

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Importante è portarle in superficie e potenziarle, agire cioè sulla capacità del genitore di assumersi su di sé la responsabilità delle decisioni importanti, far sì che sia in grado di farlo qualora venga a lui offerto un contesto adeguato. GLI OBIETTIVI Per obiettivi pragmatici si intendono quegli accordi che vanno presi dai genitori riguardo aspetti concreti della separazione, e che hanno a che fare principalmente con la gestione dei figli. Tali obiettivi sono imprescindibili altrimenti non vi è mediazione. Gli obiettivi emotivi, invece, sono più propriamente relazionali e si riferiscono al raggiungimento della capacità di riconoscimento dell'altro, che varia di livello a seconda della fase della mediazione. LE TRE FASI DELLA MEDIAZIONE La prima fase è denominata della Richiesta-Accoglienza. Questa fase comincia con la prima telefonata di richiesta e termina con almeno un colloquio di coppia, dopo un colloquio individuale con ogni coniuge. È molto importante questa fase perché si valuta la mediabilità della coppia. L'obiettivo di questa prima fase è quello di raggiungere un riconoscimento dell'altro come semplice interlocutore (obiettivo emotivo al primo stadio), ossia superare l'ottica competitiva di chi "ha vinto", motivarsi a trovare soluzioni più soddisfacenti per entrambi e per i figli, analizzare i motivi di insoddisfazione, le preoccupazioni. La seconda fase è denominata della Definizione-Negoziazione. Una volta raggiunto l'obiettivo emotivo di riconoscere l'altro come interlocutore, comincia la seconda fase il cui obiettivo emotivo è quello di raggiungere il riconoscimento dell'altro come negoziatore. Va quindi affrontato l'aspetto negoziale, la competenza dei coniugi che vanno supportati nell'approfondire tale capacità e svilupparla in seduta. Si deve arrivare alla definizione delle posizioni personali, delle richieste, delle disponibilità, in merito alla gestione della genitorialità, sia a livello concreto sia rispetto agli orientamenti educativi. Gli ostacoli che il mediatore può incontrare in questa fase sono:

▪ situazione "troppa coppia", in cui i coniugi sono troppo incentrati su di loro, e non riescono a staccarsi dalle dinamiche conflittuali, dalle accuse reciproche, dimenticando i temi genitoriali. In questi casi il mediatore deve cercare di riportare i coniugi al tema dei figli, anche con azioni concrete come quelle di chiedere di portare le loro foto, renderli protagonisti assenti dei colloqui.

▪ Situazione "troppo figlio", in cui la coppia è incentrata rigidamente ed esclusivamente sui bisogni e sulle preoccupazioni per il figlio non affrontando mai i nodi irrisolti del rapporto coniugale, bloccando la possibilità di negoziare. In questi casi il mediatore deve portare i membri della coppia su di loro, utilizzando anche il figlio facendo però domande incrociate sulla coppia.

▪ La terza fase è denominata degli Accordi-Verifiche. Riconoscere l'altro come negoziatore nella fase precedente, porta automaticamente al riconoscimento che le richieste dell'altro possono essere dei limiti per le proprie, e si arriva in modo abbastanza rapido alla stesura di accordi preliminari che vengono posti alla verifica e riflessione. La terza fase termina con la compilazione del verbale di accordo che contiene la descrizione del percorso svolto e degli accordi presi. Viene firmata dalla coppia e dal mediatore. Riassumendo:

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▪ Fase N. incontriObiettivo 1) Richiesta-Accoglienza1 ind. e 2-3 di coppiaAltro come interlocutore2) Definizione-Negoziazione3-6Altro come negoziatore3) Accordi-Verifiche1-2Accordi finali

Da attente casistiche si è visto come un percorso di mediazione funzioni meglio quando la coppia è già separata da tempo, e quindi ha già elaborato il distacco dall'altro, mentre in percorsi in cui la separazione è recente, la mediazione ha meno risultati positivi. Modalità disfunzionali di gestione della conflittualità collegate a specifici rischi per i figli

▪ Congelamento del conflitto. Si presenta in quelle coppie separate consensualmente, che sembrano molto tranquille nei rapporti ma che invece nascondono a livello profondo alti tassi di aggressività e rancore non espressi, che spesso si riversano inconsapevolmente nei figli. Il figlio di queste coppie è definito dagli autori come "consolatore", "coniugalizzato", poco attento a soddisfare i propri bisogni. Il figlio è molto responsabilizzato, incastrato con il genitore affidatario, mentre l'altro genitore spesso lo abbandona.

▪ Esasperazione del conflitto. Rientrano in questa modalità coppie che litigano furiosamente, vanno in escalation conflittuale anche attraverso agiti, l'aggressività è espressa apertamente. Si parla in questo caso di figlio "vittimizzato", che spesso assiste a questi episodi di violenza, non è protetto e diventa un'arma che i genitori utilizzano per i propri scopi. I genitori sono percepiti come spaventanti e il risultato è quello di una paralisi, un bambino bloccato nell'esplorazione del mondo esterno percepito come pericoloso.

▪ Spostamento del conflitto. In questi casi la gestione della conflittualità viene delegata a terzi (medici, avvocati, famiglie di origine…) fino ad arrivare a dei veri e propri schieramenti contrapposti che si formano dietro i due ex-coniugi, favorendo dinamiche paranoidali. Il figlio in questo caso è definito "arruolato", inevitabilmente deve schierarsi contro l'altro genitore, visualizzando i rapporti futuri secondo la dicotomia amico/nemico.

▪ Vittimizzazione del conflitto. Avviene quando un coniuge si comporta in modo persecutorio nei confronti dell'altro che diventa vittima sacrificale. Il figlio è "scudo", protettore del genitore vittima con la comparsa nel tempo di forti sentimenti di colpa e di vergogna, e di una tendenza a subire.

Da: *Canevelli F., Lucardi M. "La mediazione familiare dal punto di vista della pedagogia e del consultorio familiare" in Formazione e Aggiornamento.

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La PERSONA è una realtà plurisistemica bio - psico- operante consapevolmente, integrata, irripetibile ed aperta, capace di:

• elaborare e utilizzarre numerosi codici linguistici;

• conoscere e modificare la realtà esterna e se stessa; • progettare e costruire, con i suoi simili, un mondo umano sempre più

soddisfacente per tutti. L’ UOMO NON É UNA REALTA’ PASSIVA E MECCANICISTICA, CAPACE SOLTANTO DI REAGIRE (RE-AZIONE) A CONDIZIONI AMBIENTALI DALLE QUALI POI RESTA MODELLATO MA E’ UNA REALTA’ CHE AGISCE INTENZIONALMENTE (AZIONE) SULLA BASE DI PROGETTI E DI CONCATENATE SEQUENZE DI ATTI REALIZZATI IN MANIERA CONTROLLATA SULLA BASE DI CONTINUE AUTOISTRUZIONI, CHE POSSONO ANCHE MODIFICARE IL PRIMITIVO PROGETTO A SEGUITO DI NUOVE INFORMAZIONI EMERSE DAI RISULTATI VIA VIA CONSEGUITI. DIMENSIONE BIOLOGICA, CORPOREITA’, VALORE, RUOLO 1- Substrato biologico della persona

◼ rappresenta un’intera dimensione dell’uomo

◼ condizione prima della sua esistenza

2- nodo permanente di riferimento dell’intera esperienza condizionante: - la qualità della vita - lo sviluppo totale ed integrato della Personalità Focus centro in cui si innestano tutte le grandi funzioni umane:

biologiche psicologiche operative nucleo in cui si radicano

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3 - non basta averlo, occorre:

costruirselo conoscerlo accettarlo gestirlo con oculatezza viverlo amarlo sentirlo proteggerlo

ANALISI DELLA DIMENSIONE BIOLOGICA E SISTEMATICA DELLA EDUCAZIONE CORPOREA CORPOREITA’ EDUCAZIONE CORPOREA AREA ORGANICA *educazione del corpo organismo “io sono un corpo” soma (corpo che mi fa vivere) (igienico-sanitaria educaz. al corpo) sicurezza “io ho un corpo” (alimentare) stradale (ecologica) sessuale Edz. M prev. diretta alle AREA MOTORIA O condizioni organiche = edz organico - motoria T (corpo che mi fa muovere) O = edz psicomotoria R prev. diretta alle I condiz. neuro-fisio-psicologiche A Strutture costituenti il patrimonio psicomotorio: schema corporeo; equilibrio; coordinazione senso-motoria ed idromotoria;organizzazione spazio temporale; respirazione; rilasciamento;controllo posturale gen. e segm. EDUCAZIONE CORPOREA Edz dell’organismo (corpo, soma) “io sono un corpo” Stato generale di salute: vigoria fisica - resistenza allo sforzo Condizione strutturale: ponderale - loro rapporto Aspetto estetico generale

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Funzionalità : visiva (usa occhiali) uditiva (apparecchi acustici) Fonazione: strutture organiche *** atteggiamento verso eventuali minorazioni o malformazioni MOVIMENTO: VALORE, NATURA VALORE ======== vivere (tendenze primordiali consente alla persona di: conservarsi dell’organismo svilupparsi originarie automatiche) supporto di tutta la vita di relazione stretta con aree psicologiche ed operative che emergono ed evolvono proprio per il movimento. NATURA ========

E’ oggetto dell’educazione soltanto quello volontario e finalizzato che è:

◼ manifestazione dell’intera persona: ◼ la dinamizza tutta ◼ motivato e sorretto dall’affettività ◼ programmato e controllato dall’intelletto ◼ apparato osteo- artro-muscolare ◼ realizzato con condizioni strutturali CORPO (funzionali) neuro-fisio

(psicologiche) DIMEN. ◼ per sviluppo e conservazione dell’individuo (bio_- affettività) ◼ per conoscere e l’ambiente fisico cognitività sociale ◼ modificare (operatività)

L’ EDUCAZIONE è un intervento intenzionale, clinico e sistematicamente orientato per aiutare lo sviluppo integrato e totale della personalità nell’intero arco della vita affinchè tutti strutturino in misura ottimale e conservino sino al possibile i tratti tipicamente umani. L’OBIETTIVO GENERALE DELL’EDUCAZIONE è

aiutare lo sviluppo integrato e totale della personalità nell’intero arco della vita perché tutti possano autorealizzarsi in maniera compiuta e possano alla costruzione di un

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mondo umano in cui vivere, con i propri simili, in condizioni sempre più soddisfacenti per tutti Da*: Fabi, appunti Pedagogia Università di Urbino.