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I.T.C.G. MEDAGLIA D’ORO CASSINO ANNO SCOLASTICO 2017/2018 CLASSE V SEZIONE E

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I.T.C.G. MEDAGLIA D’ORO CASSINO ANNO SCOLASTICO 2017/2018

CLASSE V SEZIONE E

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UDA La Memoria, fonte di crescita della conoscenza

cognitiva e della costruzione del sé nel processo educativo.

La Shoah: eventi,

testimonianze, immagini,

relative al territorio del

cassinate

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Nel 1948 L’ASSEMBLEA generale delle NAZIONI UNITE

ha approvato la carta della dichiarazione dei diritti umani

“ TUTTI I DIRITTI UMANI PER TUTTI”

L’ASSEMBLEA generale delle NAZIONI UNITE ha stabilito il 27 Gennaio come giorno della memoria , perché una tragedia disumana si è consumata nel periodo della seconda Guerra

Mondiale: la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio.

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“Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della

nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo

con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la

guerra.” (MARGHERITA HACK)

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Il fascismo arrivò al potere in Italia nel 1922,

quando Benito Mussolini diventò capo del

governo e, in seguito, dittatore (“Duce”)

Nell’Italia fascista, gli ebrei (circa 47 mila, su una popolazione italiana

totale di oltre 41 milioni di abitanti) vivevano integrati con il resto della

popolazione: come tra tutti gli italiani, anche tra gli ebrei c’erano i

fascisti e gli antifascisti, i più ricchi e i più poveri, i più istruiti e i meno

istruiti. In più va detto che la comunità ebraica italiana (quella

di Roma in particolare) era la più antica comunità ebraica d’Europa

(presente nella Penisola fin dal II secolo a.C.).

• Negli anni ’30, il regime fascista cominciò a percorrere la strada

del razzismo: con la guerra d’Etiopia (1935-1936), quando cioè l’Italia

aggredì e poi annesse il paese dell’Africa Orientale, si sviluppò l’idea di

evitare il “rischio” di una popolazione di “meticci”, cioè di persone nate

dall’unione tra italiani bianchi e africani neri. In questo modo il

fascismo produsse le prime norme di stampo razzista, vietando il

matrimonio tra bianchi e neri.

• In pochi mesi il razzismo diventò anche antisemitismo (ostilità contro

gli ebrei), cioè quella forma particolare di razzismo che era molto

diffusa in Europa in quegli anni: nella Russia zarista di inizio secolo,

nella Germania nazista, nella Polonia della dittatura militare e così via.

Nei primi mesi del 1938 anche in Italia ci fu una violenta campagna

antisemita, che portò il regime fascista a promulgare, tra settembre e

novembre, le “leggi razziali”, cioè delle leggi in cui si diceva che gli

italiani erano “ariani” e che gli ebrei non erano mai stati italiani.

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LA SHOAH

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• Il primo Settembre 1939 la Germania nazista di Hitler attacco’ ed invase la Polonia, determinando l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. La Polonia, come nazione, esisteva solo dalla fine della prima guerra mondiale e non aveva i mezzi necessari per contrastare il potente attacco tedesco, inoltre il 17 Settembre dello stesso anno, rispettando il patto di non aggressione e spartizione della Polonia (patto Molotov-Ribbentrop siglato il 23/08/1939), i russi attaccarono anche da est; il 27 Settembre 1939 capitolò Varsavia e così dopo poco più’ di un mese Hitler festeggiava la sua vittoria e la Polonia, come nazione, fu annientata. Una parte del territorio polacco fu incorporata nel terzo Reich e la parte più’ a est fu controllata dai russi; successivamente, il 26 Ottobre del 1939, la Germania nazista creò il Governatorato Generale, che comprendeva la parte della Polonia non annessa direttamente al Reich, ed ebbe come capitale Cracovia e come Governatore Generale dei territori polacchi occupati, Hans Frank. Il Governatorato Generale fu diviso in 4 distinti distretti: Cracovia, Varsavia, Lublino, Radom e fu posto direttamente sotto il controllo degli occupanti.

• Il crescente numero di arresti di massa di polacchi (dissidenti, liberali, artisti ecc.) ed il sovraffollamento delle carceri esistenti, fu uno dei motivi per cui ci fu il bisogno immediato della creazione di un nuovo campo di concentramento.

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• Dopo vari sopralluoghi, fu scelta una vecchia caserma dell’esercito polacco abbandonata da molti anni, nella cittadina di Oświęcim (Auschwitz in lingua tedesca) che si trovava nel territorio incorporato nel terzo Reich. Il luogo venne scelto grazie alla presenza dei blocchi distanti dalla città’, facilmente ampliabile (nelle vicinanze c’erano solo case di campagna) ma soprattutto grazie all’ottimo snodo e collegamento ferroviario con la Germania.

• Alla fine del mese di aprile del 1940 iniziarono i lavori di sistemazione ed il 14 giugno 1940 vennero internati i primi 728 prigionieri politici polacchi provenienti dalla prigione di Tarnow ( prigionieri appartenenti alla resistenza, rappresentanti della intellighenzia polacca, ecclesiastici ed anche ebrei). Con questo primo trasporto iniziò la lunga attività’ del Campo.

• “Arbeit Macht Frei” – Il lavoro rende liberi, ma nessuno riacquistò la libertà, i prigionieri diventavano liberi solo dopo la morte! Il fabbro Jan Liwacz fu deportato ad Auschwitz il 20/06/1940, era il prigioniero numero 1010, oppositore politico polacco non ebreo, ed a lui fu dato l’incarico di costruire la scritta all’ingresso del Campo; ma, per una sommessa rivolta contro i nazisti, saldò la lettera B di ARBEIT al contrario, lettera che ancora oggi è visibile proprio sulla scritta all’entrata del Campo di Auschwitz I.

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• Fino alla fine del 1941 Auschwitz svolgerà la funzione di Campo di concentramento, dove la maggioranza dei deportati erano polacchi ed il motivo dell’internamento quello politico; dal 1942, in base agli accordi stipulati il 20 Gennaio 1942 durante la Conferenza di Wannsee, circa la “soluzione finale della questione ebraica”, svolgerà’ una seconda funzione, diventando il più’ grande centro di sterminio degli ebrei provenienti dai vari paesi europei.

• Auschwitz è da considerarsi un enorme complesso di campi che comprendeva: dal 1940 il Campo di Auschwitz I (Campo base) , dal 1942, a circa tre chilometri dal Campo base, il Campo di Auschwitz II – Birkenau, a circa 6 chilometri il Campo di Auschwitz III – Monowitz ( Campo dove fu internato anche Primo Levi) oltre a circa 45 sotto-campi e più di 40 chilometri quadrati di area di competenza del Campo; per ottenere questo grande territorio furono mandati via o internati tutti i polacchi che vi abitavano.

• Difficile stabilire un numero preciso di persone deportate e vittime del Campo in quanto i nazisti, prima di abbandonarlo, distrussero quasi tutta la documentazione. In base agli studi storici (che proseguono tuttora) si stima che circa 1.300.000 persone furono deportate e che circa 1.100.000 vi furono uccise. La morte ad Auschwitz aveva svariate forme, la fucilazione, l’impiccagione, l’inedia, il freddo, le malattie, le epidemie, le iniezioni letali ma la maggior parte dei prigionieri vennero uccisi nelle camere a gas.

• La maggioranza delle vittime e’ rappresentata dagli ebrei, circa 1.100.000 deportati e circa un milione uccisi; inoltre si contano circa 150.000 polacchi deportati e la meta’ uccisi nel Campo; quasi 23.000 i Sinti ed i Rom, tutti uccisi nel Campo e circa 25.000 vittime di altre nazionalità’.

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• Dall’Italia furono deportati circa 7.500 ebrei, di questi torneranno in Italia, alla fine della guerra, circa 700 persone. Il primo trasporto dall’Italia arrivo’ il 23 Ottobre 1943, erano 1.022 italiani di cultura e religione ebraica, arrestati durante la retata del 16 Ottobre 1943 a Roma. All’arrivo, dopo la selezione, 149 uomini e 47 donne furono registrati nel campo, mentre le altre 839 furono immediatamente uccise nelle camere a gas. Dei 1022 ebrei italiani che giunsero con questo trasporto, a liberazione avvenuta, ritorneranno in Italia solo 16 persone.

• Nel mese di Novembre del 1944 Himmler, in considerazione dell’avanzata delle truppe sovietiche, ordinò la cessazione delle esecuzioni e la distruzione delle camere a gas e dei crematori cercando così di distruggere le prove del genocidio in atto; ad Auschwitz-Birkenau, però, furono demolite solo le camere a gas ed i crematori di Birkenau mentre la camera a gas di Auschwitz I fu usata come rifugio anti-bomba. Quando, il 27 Gennaio del 1945 il primo reparto dell’Armata Rossa entrò nel Campo trovò circa 7000 prigionieri vivi ma quasi tutti infermi. Furono inoltre rinvenuti diverse migliaia di abiti abbandonati, appartenuti ai prigionieri, e diverse tonnellate di capelli, già imballati e pronti per essere portati via.

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• Le vittime di Auschwitz possono essere suddivise in due principali gruppi: • Circa 900.000 prigionieri ebrei che non furono registrati all’arrivo al campo e che

vennero quasi tutti uccisi nelle camere a gas poco dopo il loro arrivo; da un punto di vista formale mai stati prigionieri ad Auschwitz.

• Circa 400.000 prigionieri registrati e contraddistinti da numeri e simboli: triangoli, stelle (per gli ebrei) ed altri tipi di simboli indicanti la ragione della prigionia e la loro categoria.

• – Prigionieri Politici, contraddistinti da un triangolo rosso, arrestati durante i vari blitz delle SS e Gestapo, erano in genere oppositori al regime.

• – Prigionieri ebrei, contraddistinti da due triangoli sovrapposti in modo da formare una stella: un triangolo giallo ed uno del colore della categoria a cui appartenevano.

• – Prigionieri asociali, contraddistinti da un triangolo nero; questa categoria comprendeva gli zingari registrati al Campo e le prostitute.

• – Prigionieri di guerra russi, contraddistinti dalle lettere SU che indicavano le parole Sowiet Union

• – Prigionieri da rieducare, contraddistinti dalle lettere EH a significare „Erziehungshäftling” (prigionieri da correggere). In genere la motivazione dell’internamento al campo era dovuta ad una violazione reale o presunta delle regole disciplinari sul lavoro.

• – Prigionieri delinquenti comuni, contraddistinti da un triangolo verde; tra questi i nazisti sceglievano il personale ausiliario alle SS.

• – Prigionieri „Testimoni di Geova”, contraddistinti dal triangolo viola ed internati al Campo per il loro comportamento derivante dalla religione professata.

• – Prigionieri omosessuali, contraddistinti da un triangolo rosa.

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• Nel mese di Marzo del 1941, i nazisti requisirono ed evacuarono l’intero villaggio di Bór; ai residenti non fu permesso di portare via alcun oggetto o proprietà e tutti i loro beni vennero sequestrati dalle SS. La popolazione locale venne trasferita nel Governatorato Generale o internata nei vari sottocampi già esistenti ed il nome fu cambiato in Budy. Gli unici a cui fu consentito di trasferirsi nei villaggi vicini furono i ferrovieri ed i minatori per poter poi sfruttare tale manodopera a favore del Reich.

• La maggior parte delle case, quasi tutte estremamente povere, furono demolite ed il materiale recuperato fu utilizzato per la costruzione dei capannoni e delle torri istallate ad Harmęże mentre con i detriti furono preparate le fondamenta delle nuove baracche ed il fondo delle strade; questi lavori vennero eseguiti da detenuti che ogni giorno arrivavano a piedi dal Campo base di Auschwitz. Nell’Aprile del 1942, i prigionieri furono sostituiti da un gruppo di lavoratori civili provenienti dalla Iugoslavia ma questi non erano efficaci come i detenuti per cui durante la primavera del 1943 furono di nuovo i prigionieri a lavorare duramente nel campo. I lavori erano per lo più dedicati alla coltivazione di piante ed all’allevamento dei suini e dei bovini.

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• Man mano che il territorio si espandeva nasceva il bisogno di nuovi prigionieri schiavi e nuovi fabbricati agricoli; furono costruite ulteriori baracche che vennero utilizzate come magazzini di stoccaggio dei fertilizzanti, falegnamerie, fienili, magazzini per gli attrezzi e stalle per i cavalli, per i bovini ed i suini.

• Nel 1942, per ritorsione dovuta alla fuga della prigioniera Janina Nowak fu creata una nuova compagnia penale. I nazisti avevano la consuetudine di eseguire le punizioni collettive relative ad reato di un solo prigioniero; alle 200 donne appartenenti alla squadra di Janina Nowak furono tagliati i capelli a zero e furono costrette a vivere nell’edificio che prima era una scuola, circondato da doppio filo spinato non collegato a corrente elettrica. Le detenute vivevano nella cantina e nella soffitta di tale edificio ed avevano a disposizione per dormire solo paglia e trucioli. A tale compagnia appartenevano ebree polacche, russe, ucraine, francesi, iugoslave e donne tedesche e ceche. Queste donne furono sottoposte ad estenuanti lavori di pulizia dei fondali degli stagni, taglio di erbacce nelle zone paludose, scavi di drenaggio per far defluire l’acqua delle paludi ecc.

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• Fu designata come sorvegliante l’ispettrice SS Elfreide Runge insieme a 25 SS con relativi cani da guardia.

• Ottobre 1942 le kapò incaricate della sorveglianza ingaggiarono una lotta con le prigioniere, lotta che si trasformò in un massacro in quanto le sorveglianti, con bastoni ed asce, uccisero circa 90 detenute. Tutte le detenute della Compagnia penale furono trasferite al Campo di Birkenau durante il mese di Marzo del 1943.

• Le condizioni di lavoro a Budy erano terribili sia d’inverno che durante la stagione delle pioggie le detenute erano costrette a lavorare dalla mattina alla sera, all’aperto; uno dei lavori che più inorridiva le detenute era il compostaggio che veniva eseguito con le ceneri dei crematori di Auschwitz e Birkenau.

• L’igiene era scarsissimo e solo una volta al mese venivano attuate le disinfestazioni durante le quali le prigioniere, indipendentemente dalla stagione, venivano costrette a stare fuori, nude, sino alla completa operazione dopodichè venivano restituiti i pochi abiti ancora bagnati.

• L’evacuazione del campo avvenne nell’autunno 1944 e le detenute internate furono trasporate in Germania destinate a lavorare in alcune fabbriche di munizioni.

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COMUNITA’ EBRAICA CASSINO

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“PROF TROIANO, CI PUO’ DIRE SE A CASSINO

ESISTEVA QUALCHE COMUNITA’ EBRAICA?”

Intervista Prof. Troiano Parte 1

Parte 2

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Ebrei a Cassino

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• Nell’anno 1936 mio padre, come funzionario dello stato di Amburgo, fu costretto a provare la sua discendenza ariana e quella di mia madre per diverse generazioni. Allora causò qualche preoccupazione ai miei genitori il fatto che gli antenati materni di mio nonno, che provenivano da Cassino, avessero il cognome Lia, che poteva far pensare ad una discendenza ebraica. Dopo la caduta della dittatura nazista nel 1945 questo timore non era più rilevante e il tema cadde in oblio. Solo quando qualche anno fa, cominciai a fare ricerche sulla storia della mia famiglia, iniziai a dedicarmi alla questione di un eventuale passato ebraico a Cassino. In conseguenza di ciò ricercavo e analizzavo, per diversi anni, tutte le informazioni pubblicate che mi sembravano rilevanti. I risultati più notevoli vengono qui riassunti. All’inizio del mio progetto di ricerca mi sembrava alquanto difficile ricevere informazioni concrete sul tema di un insediamento ebraico a Cassino. Le pubblicazioni sulla storia locale che mi ero procurato tacciono completamente su quest’argomento, cosicché, a prima vista, si puó avere l’impressione che a Cassino non siano mai vissute persone di origine ebraica. Anche dalle persone con quali entrai in contatto a Cassino nel 2002 non potetti ricevere informazioni rilevanti; inoltre gli Archivi comunali e ecclesiastici di Cassino erano stati distrutti durante gli avvenimenti bellici del 1943/1944.

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• Soltanto alla mia seconda visita a Cassino, nel 2004, entrai in contatto con diversi esperti della storia locale ben informati e molto aperti nei miei confronti. Alcuni di loro, tra altro un padre del monastero di Montecassino, mi diedero qualche suggerimento sulla poca letteratura specializzata che dicesse qualcosa su un passato ebraico di questa zona. L’opera voluminosa del Fabiani1 parla di una fiorente comunità ebraica a S. Germano. Purtroppo quest’opera finisce con il XIII secolo. Qualche altra informazione utile trovai in una pubblicazione del Lützenkirchen2. Inoltre venni a sapere che in una delle famiglie, alle quali apparteneva anche mio nonno Roberto Vittiglio, esiste una tradizione orale secondo cui vennero a Cassino (l’allora S. Germano) nel 1492 (l’anno dell’espulsione degli Ebrei dai territori della sovranità spagnola). Il punto decisivo per continuare le mie ricerche lo trovai in un’informazione in Procaccia3. L’autrice dice che nel Lazio nel 1569 gli insediamenti ebraici “scomparvero, per lasciare memoria della loro passata esistenza nei cognomi ebraici”. Per me questa informazione fu il motivo di mettere, in primo luogo, in chiaro la questione se mai, e in quale quantità, i cognomi che si trovano a S. Germano potessero permettere una conclusione sulla presenza in loco di Ebrei o di loro discendenti.

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• I dati per i cognomi di S.Germano nel suo complesso sono a disposizione nei diversi catasti pubblicati degli anni 1693, 1742 e 1811. Inoltre cercai sistematicamente nella letteratura e in internet esempi, liste e spiegazioni di cognomi ebraici. Un confronto di questi cognomi, per esempio con quelli nel catasto onciario di San Germano del 1742, portò al risultato seguente: Discendenza ebraica: S.Germano Caira Pignataro in media molto probabile 71 % 92 % 80 % 74 % possibile 22 % 6 % 18 % 20 % senza indicazione 7 % 2 % 2 % 6 % Certamente le ricerche fatte da me andrebbero approfondite. Ma anche considerando i numeri presentati con la dovuta riserva si puó dire che la quota dei discendenti ebraici di S.Germano è molto al di sopra delle quote di altri paesi e proprio per questo la zona ovviamente rappresenta un caso particolare nella storia degli Ebrei d’Italia Stimare la provenienza geografica degli abitanti di S. Germano di discendenza ebraica, soltanto sulla base dei cognomi, è un po’ azzardato considerando le molteplici vie di migrazioni e le stazioni intermedie dopo le loro diverse espulsioni. Comunque il tentativo, fatto con questa riserva, almeno dà una certa spiegazione. Si puó dire che la maggior parte degli immigrati venga dall’Italia meridionale, un gruppo considerevolmente grande sembra essere di provenienza iberica e pochi di provenienza dall’Italia centrale e settentrionale o dai paesi oltre le Alpi. Allo scopo di ricevere altre indicazioni e riconoscimenti sulla storia degli Ebrei di Cassino, cominciai a mettere in relazione gli avvenimenti nella storia di S. Germano (documentati per esempio nei regesti dell’Archivio di Montecassino come anche in Studi Cassinati) con il contesto della storia contemporanea degli Ebrei in genere, e con le informazioni, spesso molto particolari, sulla storia ebraica di altri paesi.

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• Il fatto che gli Ebrei già in tempi lontani si stabilirono nel centro del vecchio S. Germano, puó essere dedotto da certe indicazioni nei regesti dell’Archivio di Montecassino. Essi documentarono che il luogo della vecchia giudecca, menzionata la prima volta nel 1232, che diede il nome alla Piazza detta ‘La Giudecca’, documentata ancora nel 1730, è identica alla ‘Piazza o Le Bucciarie’, detta anche ‘Piazza di S. Germano’, e inoltre è identica al ‘Largo Fontana Rosa’, presente nella pianta della città anteguerra. Qui, nel centro antico della città, allora in via di sviluppo, sarà stato il nucleo urbano dell’insediamento ebraico. Le sorgenti del Gari, situate qui, erano una condizione ideale per l’impianto di una mikvah [La piscina rituale della purezza familiare. N.d.r.], indispensabile in ogni comunità ebraica. Forse così anche si spiega la particolarità della costruzione della successiva chiesa S.Maria delle Cinque Torri, altrimenti difficile da interpretare. Il Fabiani e tutti coloro che poi ripetono la sua affermazione, si sbagliano denominando la giudecca come ghetto degli Ebrei. Un ghetto, certamente, si forma non prima della seconda parte del XVI secolo, e cioè nel luogo della vecchia pianta di S. Germano dove si trova il Borgo Ebrei, sotto la chiesa S. Pietro in Castro, consistente in quattro vicoli (da ‘Vico 1° Ebrei’ a ‘Vico 4° Ebrei’). È probabile che, dopo le conclusioni del concilio tridentino, gli Ebrei, cioè coloro che fin ad allora non ancora si erano convertiti al cristianesimo, furono costretti, come avvenne dappertutto, a trasferirsi lì.

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• A proposito, ci sono ragioni per presumere che anche altri quartieri di S. Germano risalgano all’insediamento ebraico. Uno, per esempio, è la vecchia e popolosa zona periferica intorno al Campo dei Fiori, dove, a quanto pare, soltanto più tardi e sull'orlo del quartiere venne eretta una chiesa parrocchiale, S. Andrea. La immigrazione degli Ebrei nella Terra di S. Benedetto ebbe luogo in parecchie fasi dal IX secolo ai primi decenni del XVI secolo. Tra i primi coloni probabilmente furono gli Ebrei di lingua greca dalla Sicilia e dalla Puglia, i quali si stabilirono nelle valli del Rapido e del Liri. Essi, tra altro, portarono con sé i loro mestieri tradizionali della lavorazione della seta e della tintoria, e probabilmente diedero inizio alla produzione tessile, importante in questa regione fino alla seconda metà del XIX secolo. Nel XIII secolo, ovviamente per la prima volta, la persecuzione degli Ebrei nel mezzogiorno è la causa per un rinforzato movimento di migrazione. Dopo la fine della sovranità degli Svevi e con la diffusione degli ordini mendicanti nel regno, si succedono dal 1270 in poi campagne diffamatorie e atti di violenza contro gli Ebrei, i quali, per le loro abilità e il loro benessere relativo, spesso destarono l’invidia della popolazione cristiana, per lo più povera, e spesso si rendono odiati come esattori delle imposte. Una plebe fanatizzata religiosamente lascia una sola alternativa: ‘morte o battesimo’. Innumerevoli famiglie ebraiche fuggirono dal regno di Napoli per il nord, ovviamente molti di essi nella Terra di S. Benedetto.

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• Dopo la cosiddetta riconquista della penisola iberica da parte dei sovrani cristiani arriva la catastrofe per gli Ebrei sefardi, suscitando nuove fiumane di profughi. Il culmine è la completa cacciata di tutti gli Ebrei dalla Spagna nel 1492. Ma anche molti dei ‘conversos’ vengono mandati al rogo per aver professato il giudaismo in segreto. Parecchi di loro riuscirono a fuggire. L’esodo degli Ebrei sefardi, dei cripto-ebrei e dei marrani dalla penisola iberica si estende su un periodo lungo dal XIV secolo al XVII secolo. Sebbene la parte più grande dell’ondata di profughi, “una vera migrazione di popolo, si riversa nel dominio dello stato Ottomano”4, però un considerevole numero di questi non va oltre l’Italia. Quasi simultaneamente alla totale espulsione dalla Spagna, comincia la definitiva e completa espulsione di tutti gli Ebrei dalla Sicilia e dalla Sardegna Il Renda5 calcola un numero di 30-35.000 Ebrei dalla Sicilia, i quali allora rappresentano il 50% della popolazione ebraica italiana. Qualche comunità ebraica, rifiutando il battesimo, emigra completamente. Con la vittoria sull’Aragona e l‘avvento al potere degli Spagnoli nel regno di Napoli, le comunità ebraiche anche qui sono condannate al declino definitivo. Allo scopo di capire perché molti degli Ebrei in fuga siano immigrati nella Terra di S. Benedetto, ci si deve chiedere, se, perché e come là il trattamento degli Ebrei si possa distinguere dagli altri paesi del regno di Napoli. Ci sono due ragioni perché il piccolo ‘Stato Benedettino’, sebbene parte del Regno di Napoli, assuma una posizione fondamentale diversa in riferimento agli Ebrei. Una ragione è la relativa autonomia della signoria monastica. Il papa ha il controllo di tutto ciò che accadde, e lo difende con i privilegi dell’Abbazia contro il regno, i vescovi e i conti vicini. Certamente non è sbagliato considerare la Terra di S. Benedetto di fatto come una exclave dello Stato della Chiesa. E là in quel tempo (prima del 1555) non è cominciata la cacciata degli Ebrei dai loro quartieri ereditari d’abitazione.

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• L’altra ragione decisiva per il trattamento degli Ebrei nella Terra di S.Benedetto è che i Benedettini di Montecassino, a differenza degli ordini mendicanti, non dovrebbero essere interessati alle idee rivoluzionario-sociali e alle rivolte popolari. Essendo proprietari di terre estese (non soltanto nella Terra di S. Benedetto) e essendo l’autorità secolare di un piccolo stato, sono abituati a mantenere la loro signoria e la pace tra gli abitanti con una politica ragionevole ed equilibrata. Sotto la signoria cassinese l’influsso dei ‘Frati minori’ nella popolazione è soggetto a controllo da parte dell’abate. L’insediamento degli Ebrei fuggiti dal sud nel territorio di S. Germano inoltre viene promosso dal fatto che gli immigrati vi trovano (secondo il Fabiani) una “fiorente comunità ebraica”, cioè una infrastruttura religiosa e culturale pronta per i loro bisogni, e oltre a ciò, nella Terra di S. Benedetto c’è un fabbisogno di lavoratori. Nei movimenti migratori ebraici di quell’epoca tuttavia non si tratta esclusivamente di profughi. Anche i banchieri ebrei romani alla ricerca di nuove piazze per l’impiego dei loro capitali si sistemano in tutto il Lazio meridionale e probabilmente anche a S. Germano, dove certamente sono benvenuti perché considerati utili allo sviluppo economico.

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• Per quanto riguarda la responsabilità patriarcale sociale dei Benedettini nei confronti della popolazione delle loro terre, le esposizioni fatte dal Prosperi6 su altre Abbazie benedettine verso la metà del XVI secolo, certamente valevano anche per Montecassino. Egli scrive: “Il loro contatto con le pratiche religiose correnti e col modo di ragionare della gente comune avveniva attraverso i contadini che lavoravano le loro terre e il numeroso personale di servizio [...] rendeva l’Abbazia simile a un’impresa economica di vaste dimensioni. [...] La gestione benedettina fu caratterizzata dalla costruzione di case per i contadini eccezionalmente confortevoli per l’epoca”. È da desumere che l’agricoltura nella Terra di S. Benedetto, in gran parte, se non in prevalenza, è condotta da Ebrei, sia come lavoratori o affittuari, sia come proprietari. In queste epoche la proprietà terriera degli Ebrei non è inconsueta. Ma gli Ebrei immigrati, già prima della loro espulsione dagli altri paesi, sono anche esperti in molti altri mestieri, portando con sé a S. Germano le loro pratiche e capacità, e spesso il loro capitale. Tra i mestieri esercitati da essi oltre a quelli già menzionati (il lavoro della seta, la tintoria, e il prestito a pegni) sono soprattutto il commercio con paesi lontani, il rifornimento di viveri (incluso la macelleria e la panetteria anche per la popolazione cristiana), i lavori tessili, la conceria, la produzione di carta, la stamperia, l’arte degli orafi e argentai, la produzione di aghi, armi e ceramiche, i mestieri di musicista e la medicina. Con l’insediamento di commercianti, artigiani e laureati ebraici e con lo sviluppo dell’attività economica nella terra governata dal monastero si costituisce a S. Germano, fino alla fine del XIII secolo, la nuova classe della borghesia, della quale soprattutto gli Ebrei dovrebbero far parte. Probabilmente gli Ebrei si trovano anche tra i dotti della legge a S. Germano, se non persino in predominanza, perché in questa epoca è richiesto molto il loro livello d’istruzione e l’abilità nel leggere e scrivere. Allora l’educazione degli Ebrei in genere si distingue da quella della popolazione cristiana, in maggior parte analfabeta. È da notare che anche nell’amministrazione del Regno di Napoli, ancora dopo il 1492, prevalentemente i sefardi, battezzati o no, occupano cariche importanti

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• Inoltre è da rilevare che fra i diversi gruppi di Ebrei insediati nella Terra di S. Benedetto, in parte, ci sono differenze molto grandi: le lingue popolari usate nei paesi di provenienza (Siciliano, Greco, Spagnolo, Arabo), differente livello d’educazione, conoscenze professionali, e quella che una volta era la posizione finanziaria e sociale occupata. A proposito è notevole che tutte le lingue, menzionate sopra, si riflettono nel dialetto cassinese. Per gli Ebrei nella Terra di S. Benedetto né su una forzata separazione sociale dagli abitanti cristiani, né su qualche particolare restrizione legale per essi (eccetto i cosiddetti forestieri) né sulla loro espulsione, si trovano informazioni concrete. Inoltre le informazioni disponibili non riportano niente a proposito di qualche conversione al cristianesimo nel territorio della signoria cassinese. Secondo le condizioni dell’ambito storico conosciute, certamente si puó dedurre che, almeno fino alla metà del XVI secolo, anche nella zona di S. Germano esistano comunità che, più o meno apertamente, professano l’ebraismo. Se dopo questa data e in quale quantità ancora qui vivano gruppi di Ebrei nella loro tradizione incessante secondo la legge mosaica, nessuna informazione è disponibile. È da considerare inoltre che i ‘marrani’, immigrati dalla penisola iberica, avevano ricevuto il battesimo già prima della fuga, e quindi, almeno ufficialmente, non sono Ebrei. Nonostante il fatto che, come prova la situazione presente, pressoché tutti gli Ebrei di S. Germano nel corso dei secoli si siano convertiti al cristianesimo, sarebbe da ipotizzare che, come si sa di altri paesi, anche a S. Germano fossero non poche famiglie, nelle quali, persino molto tempo dopo il battesimo, professassero, più o meno di nascosto, i riti e le prescrizioni tradizionali (la circoncisione, le istruzioni per i cibi, le regole per il sabato, ecc.) che sono caratteristiche fondamentali di una identità ebraica.

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• Le ragioni per la conversione in parte possono essere state differenti nelle diverse epoche e regioni, variando anche individualmente. Vorrei escludere, almeno dopo tutto quello che ho saputo, che nel territorio della signoria benedettina si siano eseguiti battesimi con la forza da parte della autorità e contro il volere degli aspiranti (come per esempio in Portogallo), o che un popolaccio fanatizzato religiosamente avesse impiegato la forza (come per esempio in Italia del sud o in Spagna). Nella Terra di S. Benedetto le costrizioni – forse anche si potrebbe dire ‘gli stimoli’ – potrebbero essere stati più sottili, e quindi, probabilmente, con più successo. Dunque, se nella Terra di S. Benedetto si esclude l’impiego della violenza, lo spettro degli stimoli o delle costrizioni che provocano la conversione è sempre vario. ci sono tanto l’onesta e convinta adesione al cristianesimo, quanto ragioni opportunistiche, come per esempio l’aspettativa di una carriera, l’evidenza di svantaggi sociali, la liberazione dagli obblighi monetari, o lo sfuggire al divieto di esercitare una professione. In alcuni casi potrebbero concorrere diversi motivi. Da altri paesi si sa che numerosi rabbini furono in testa delle loro comunità nel prendere il battesimo. A loro e ai loro allievi dotti, grazie alle loro capacità di leggere e scrivere e della loro conoscenza profonda della ‘scrittura sacra’, fu aperta una carriera allettante nella chiesa cattolica.

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• C’è ragione di credere che sotto la signoria cassinese, almeno fino alla metà del XVI sec., ci sia stata un’atmosfera intellettuale e sociale che facilitò uno scambio aperto di conoscenze e d’idee che non si esaurì nei confini ristretti di dottrine fondamentali e razionalizzate della fede cristiana o ebraica. In queste circostanze evidenziate si puó supporre che il clima dell’umanesimo, la formazione di un nuovo modo scientifico di pensare e “l’interesse comune per l’antichità” abbia stimolato lo scambio intellettuale, possibile in queste epoche solamente in pochi luoghi, nei testi dotti dei Benedettini e nell’élite non meno dotta degli Ebrei e dei ‘conversos’, “lasciando passare in secondo piano le differenze religiose”7. Non sorprenderebbe in ogni modo, che nel mondo affascinante del discorso intellettuale anche a Montecassino ci fosse stato il ‘miracolo’ di legare mentalmente uomini di differenti tradizioni della fede. Se per gli Ebrei in questo clima intellettuale e sociale si promovesse anche la disponibilità al battesimo, si lascia solamente supporre. Ma alla fine il cambiamento incondizionato delle idee potrebbe aver causato, soprattutto per la classe elevata – forse spesso stretta in una prassi religiosa ebraica troppo rigida e pedante –, l'abbandono della propria ortodossia ebraica, e, considerando le condizioni d'allora, la partecipazione a una società cristiana moderna formata dall'umanesimo, con un conseguente effetto di liberazione: questo potrebbe essere stato un fattore importante per la loro assimilazione. Anche negli aspetti religiosi, infatti, l’assimilazione, malgrado la dominanza di una parte, non necessariamente deve essere una strada a senso unico. Ma la rinuncia alla fede tradizionale spesso anche è una via dolorosa per l’individuo e per i suoi familiari, e l’abiura provoca le incrinature più dolorose nelle famiglie, e le divide fino alla morte delle persone toccate. Qualche informazione su l’un o l’altro conflitto violento in certe famiglie di S. Germano potrebbe essere in rapporto con questo.

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• Verso la metà del XVI secolo, probabilmente anche a S. Germano la relativa tolleranza nei confronti degli Ebrei sta per finire. Alla crisi intellettuale, morale e della potenza politica del papato, seguono le conclusioni del concilio tridentino e la controriforma, che portano a una costante decadenza sociale e economica delle comunità ebraiche, che nello Stato della Chiesa è totale. Si puó desumere che i decreti del Concilio con tutte le restrizioni e incarichi legali, diretti contro gli Ebrei, siano messi in atto anche nella Terra di S. Benedetto. Questo in sostanza riguarda la censura della stampa ebraica, il ghetto obbligatorio, il divieto di possedere immobili, la partecipazione alla predica obbligatoria, il divieto di rapporti fra ebrei e cristiani (anche circa i neoconvertiti, persino se sono figli o altri famigliari stretti) le istituzioni della casa dei catecumeni e del monastero delle convertite, il divieto per i medici ebraici di curare i cristiani, il divieto di vendere ai cristiani pane, carne e altri alimentari, il divieto di commerciare in roba nuova, il divieto di tutte le banche ebraiche, finalmente la restrizione per tutte le attività economiche degli Ebrei al solo commercio minuto tessile e la distribuzione di merci di scarsa importanza. Per diverse di queste misure ci sono indizi che lasciano presumere che fossero in vigore anche a S. Germano. Per tre centinaia di anni gli Ebrei, che non si convertirono al cristianesimo, abitano nel ghetto, sono limitati nelle loro attività sociali ed economiche e quindi vengono esposti al definitivo impoverimento. Al contrario i loro ex fratelli in fede, una volta convertiti al cristianesimo, molto probabilmente rimangono senza molestie nella Terra di S. Benedetto. Ci sono ragioni presumere che, a differenza dello Stato della Chiesa e del regno di Napoli, essi non sono esposti ai sospetti permanenti, alle accuse e alla tortura da parte della inquisizione gesuita, perché i gesuiti lì mai potevano prendere piede. Del resto – a differenza della mania spagnola della ‘purezza di sangue’, e prima della versione criminosa tedesca della barbarie fascista – in Italia dalla parte dello stato non esisteva una persecuzione razzista degli Ebrei o degli ex Ebrei convertiti al cristianesimo.

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• In Italia la liberazione e equiparazione legale degli Ebrei ha luogo soltanto nel XIX secolo. Mi sembra notevole che anche dopo di ciò, a differenza di diversi altri paesi d’Italia, a Cassino, come pare, non si verifica una emancipazione persistente del gruppo degli Ebrei, forse piccolo, ma ovviamente ancora esistente. Puó essere così, che dopo l’entusiasmo iniziale, dopo le speranze deluse per una fine delle soppressioni (1799, 1814), e in conseguenza della ostilità da parte delle forze dominanti, prevalentemente conservatrici, si siano rassegnati? Un’altra ragione sarebbe, che nell’aspirazione ad una società illuminata e secolare, e forse anche sotto l’influsso del movimento operaio, prevalentemente ateo, la propria tradizione religiosa nel frattempo per molti di loro sia divenuta trascurabile. In ogni caso la assimilazione praticamente intera delle famiglie di Cassino, una volta ebraiche, infine ha provocato, come prova il presente, che oggi non appaiono più come un proprio gruppo di popolo con una tradizione particolare, e sembra che nei loro discendenti, almeno in maggioranza, non più esiste una cognizione della propria storia. Mi domando se finora nessuno ha cercato d’informarsi e di prendere nota per iscritto dei ricordi individuali, forse ancora esistenti, di qualche vecchio abitante di Cassino e dintorni, e delle tradizioni nelle famiglie circa un passato ebraico. Finalmente va precisato, che il mio tentativo qui descritto a larghi tratti, nato dalla ricerca della mia storia familiare, certamente si basa su fatti oggettivi, ma in prevalenza procede con ipotesi che mi sembrano plausibili e con domande nuove, ancora senza alcuna risposta. Considerando il tempo, i mezzi e le conoscenze a mia disposizione il mio tentativo è destinato a rimanere frammentario ed incompleto. Quindi finora non posso considerare il risultato delle mie ricerche come un lavoro concluso. Ma spero che ci siano storici più professionali che possano portare questo tema ad una conclusione più soddisfacente.

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• Nonostante le riserve fatte sopra, e sebbene diversi particolari esposti da me non possano passare come prova senza lacune, giungo alla conclusione che, tutto sommato, la tradizione ebraica nella storia di Cassino e del suo circondario occupa notevolmente più spazio di quanto finora gli veniva concesso nella descrizione storica. La fiorente colonia di Ebrei di S. Germano del XIII sec. – secondo il Fabiani – dovrebbe essersi ingrandita fortemente dal XIV sec. fino alla metà del XVI sec., avendo contribuito in misura notevole allo sviluppo economico e sociale del paese. Penso di poter fare questa deduzione in base alle diverse circostanze e correlazioni mostrate nel mio lavoro. Mentre mi occupavo di questo aspetto specifico della storia di Cassino mi sono reso conto di quanto fosse spinoso il tema che avevo toccato. Forse questo spiega la riservatezza con la quale alcuni abitanti del luogo trattano questo capitolo della loro storia locale. Proprio perciò è importante per me dire che in nessun modo era mia intenzione usare le norme d’oggi per condannare ovvero per giustificare gente dei tempi passati formatasi secondo le tradizioni e lo spirito della loro epoca. Lo scoprire il passato e il pensarci non dovrebbe servire né a far girare all’indietro la ruota della storia, né a dare credito a leggende. Per me si tratta di comprendere la storia della quale anche i miei antenati italiani sono una parte, e di imparare da quello che è accaduto a persone vissute prima di me. Soltanto chi vuole conoscere l’intero passato, chi ricerca senza riserve e chi sopporta scoperte talvolta indesiderate, riuscirà ad imparare veramente qualcosa. Spero che il mio lavoro renda giustizia al ricordo onorevole di miei antenati italiani ed avi ebraici.

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I crimini contro l’ umanità

Nell’ambito del Diritto Internazionale definiscono tutte quelle azioni criminali

perpetrate su vasta scala ai danni di popoli o parti di popoli: il genocidio, la pulizia etnica, lo sterminio di massa, la deportazione, la tortura e i crimini di guerra.

Il concetto è entrato a far parte della giurisprudenza dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il mondo si è trovato a giudicare lo sterminio programmatico compiuto dai nazisti nei confronti di minoranze etniche e oppositori politici.

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Il principio generale è che esistano delle azioni che suscitano disapprovazione e condanna, prima etica e morale, che giuridica, da parte di tutti, indipendentemente dalla propria cultura e dalla propria religione.

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I crimini contro l’umanità nelle Guerre Jugoslave

Lo scenario bellico scatenandosi nei Balcani a seguito del disfacimento della Federazione ha provocato numerose situazioni sanzionabili come Crimini contro l’Umanità.

L’unanime riprovazione verso le espulsioni forzate di Prijedor, Zepa, Banja, Luka, Zenica, Konijc o l’assassino di civili durante l’assedio di

Sarajevo, si è trasformata in sdegno di fronte al cosiddetto massacro di Srebrenica, dove le milizie paramilitari serbe hanno ucciso circa 10 mila civili bosniaci-musulmani.

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Un massacro che ancora oggi rimane nell’immaginario collettivo come una ferita mai rimarginata nella storia dell’Europa moderna.

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Crimini di guerra

Il termine si riferisce ad azioni compiute in palese violazione delle leggi attinenti al cosiddetto Diritto Bellico, ovvero quelle leggi stabilite da accordi internazionali ( come la Convenzione Di Ginevra) che definiscono i limiti dell’azioni di combattimento. Nello specifico si configurano come crimini di guerra: attaccare chi espone bandiera bianca o chi espone i contrassegni della Croce Rossa o della Mezzaluna Rossa, il maltrattamento dei civili o dei prigionieri di guerra, il mancato rispetto delle cosiddette regole di ingaggio o combattimento.

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Pulizia etnica

L’espressione pulizia etnica diviene di uso comune negli anni ’90, quando i mass media la utilizzano per descrivere l’eliminazioni e deportazioni delle minoranze etnico-culturali avvenute durante la Guerra Civile Jugoslava.

L’ obiettivo della pulizia etnica è quello di rendere “etnicamente puro” un territorio condiviso da più etnie.

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I Balcani sono già stati testimoni di operazioni di pulizia etnica durante la Seconda Guerra Mondiale (quando il movimento nazionalista croata degli Ustascia eliminò e deportò milioni di serbi, zingari ed ebrei), ma è durante la Guerra Civile Jugoslava (1991-1995) che tutte le etnie coinvolte ( Serbi,Croati, Serbo-Bosniaci, Bosniaci-Musulmani) o sono state vittime o si sono macchiate di questo crimine.

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Articolo 3

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

(Art.3 - Costituzione della Repubblica Italiana, 1° gennaio 1948)

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Riflessione 5°E I Diritti Umani

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• Nel 1948 L’ASSEMBLEA generale delle NAZIONI UNITE ha approvato la carta della dichiarazione dei diritti umani “ TUTTI I DIRITTI UMANI PER TUTTI”

• “Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra.” (MARGHERITA HACK)

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• L’ASSEMBLEA generale delle NAZIONI UNITE ha stabilito il 27 Gennaio come giorno della memoria , perché una tragedia disumana si è consumata nel periodo della seconda Guerra Mondiale: la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio.

• Hitler fece approvare le leggi di Norimberga il 15 Settembre 1935, che furono introdotte poi in Italia nel periodo fascista.

• Furono circa 6.000.000 le vittime di queste leggi razziali che furono estese anche a zingari, omosessuali e diversamente abili.

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• Questa è stata la dimostrazione di quanto possa essere spietato l’uomo, capace di violare i diritti dei propri simili, secondo criteri di intolleranza, atteggiamenti razziali e di prevaricazione.

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• Nell’Ottobre del 1943 si scatenò una violenta caccia agli ebrei, prelevati dalle loro abitazioni e condotti nei campi di sterminio.

• La storia purtroppo sembra non essere “maestra di vita”, perché i genocidi continuano a verificarsi tutt’oggi sebbene non vengano resi noti o considerati tali. Ma non dobbiamo dimenticare che le violenze, le guerre, le sopraffazioni di un popolo verso un altro, provocano soltanto distruzioni e morti, soprattutto dei più deboli, innocenti, come ad esempio bambini e giovani che dovrebbero essere il futuro dell’umanità.

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• Noi giovani non ci sentiamo rispettati come tali, perché vediamo intorno a noi un mondo dove a prevalere sono: violenza, indifferenza, egoismo, sopraffazioni, discriminazioni, superficialità e soprattutto interessi materialistici da parte di uomini che gestiscono l’economia, la politica, in modo discriminatorio e a vantaggio di pochi.

• Dunque, dove sono i diritti umani? Noi giovani vogliamo un mondo più giusto, più umano, dove giustizia, uguaglianza e tolleranza siano la base di ogni azione, sia individuale che sociale e politico.

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• “Si può pretendere che il mondo cambi, se non si crede nella possibilità di un mutamento perché la storia dell’uomo ha mostrato che la violenza e il male hanno sempre avuto il sopravvento? Ma soprattutto si può esigere una società diversa, se non si comincia a migliorare se stessi? I cinici e i rassegnati non si pongono più nemmeno tali domande; hanno già trovato la risposta nei libri di storia o hanno sperimentato sulla propria pelle il disincanto di una società per lo più confinata nell’egoismo e nella meschina viltà della violenza. Impossibile dar torto a quella categoria di persone che ha rinunciato a lottare perché ha smarrito la fiducia nell’umanità. Eppure non si può negare che nell’angolo più recondito del nostro cuore, si riescono ancora a provare emozioni di fronte ad alcuni personaggi storici, pochi per la verità, che, seppur caratterizzati da umane fragilità, sono emersi per la loro immensa bontà e il sogno di porre le basi ad un mondo fondato sull’amore e sulla nonviolenza in grado di riuscire a riscattare l’uomo dall’oppressione e dall’ingiustizia.” -Ghandi

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I.T.C.G. MEDAGLIA D’ORO CASSINO ANNO SCOLASTICO 2017/2018

CLASSE V SEZIONE E

Grazie per l’attenzione…