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J Haddad su l'Unità 20 6 13

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Page 1: J Haddad su l'Unità 20 6 13

ADOLESCENTE CINICA E DISINCANTATA, JOUMANAHADDADRICORDADIAVERAVUTOILSUO«BATTESIMOSOVVERSIVO» QUANDO, A DODICI ANNI, SI È IMBATTU-TA NELLE OPERE DEL MARCHESE DE SADE. Quella ra-gazzina libanese che leggeva letteratura «dissolu-ta»è diventata una donna che scrive poesia eroti-ca, dirige una rivista sul corpo e la sessualità, Ja-sad, e non perde occasione per demistificare i ta-bù che ronzano intorno alla «trinità sacra e intoc-cabile» di sesso, religione e potere. Accusata diessere immorale, dissoluta e corruttrice, la re-sponsabile delle pagine culturali del quotidianolibanese An Nahar non teme le scomuniche dei«retrogradi oscurantisti». E dopo HouccisoShahra-zad torna a ironizzare su di loro e sulle loro debo-lezze nel suo ultimo libro, Superman è arabo. SuDio, il matrimonio, il machismo e altre invenzioni disa-strose (Piccola biblioteca Oscar Mondadori, trad.di Denise Silvestri, euro 10.50),Cosa intende quando scrive che «quella di Super-manèunamenzogna:disgustosa,pericolosa,vele-nosa,oltre chesuicida»?

«Dopo Ho ucciso Shahrazad, in cui ho affrontato itemi della femminilità araba, ho voluto dedicar-mi alla mascolinità araba, che giorno dopo giornoaffonda nell’aggressività, un prodotto dell’insicu-rezza maschile. Questa non è la vera mascolinitàed è arrivato il tempo di “salvarla” e reinventarla.Quella di Superman non è solo una menzogna,ma una vera malattia. Il libro è un urlo in facciaalla specie dei macho, dell’uomo di Neanderthal,la specie del “tu esisti solo nella mia ombra”. Sa-rebbe bello pensare che questa specie si sia estin-ta, che le rivoluzioni arabe stiano per farla giunge-re a termine, ma quella specie è ancora dappertut-to».Leiinvocaunarivoluzionemaschile«radicale,strut-turale,nonviolenta»,cheproducaesiaprodottadaunnuovotipodiuomo,capacediriconoscereinmo-do liberatorio e catartico le proprie debolezze. Dadove cominciare per trasformare i Superman in«uominiveri»con le loro insicurezze?«A casa, con l’educazione dei nostri figli. A volte,anche la madre partecipa alla continuazione del-la specie dei Superman. Le donne devono liberar-si della tendenza a sottostimarsi, a considerarsimeno forti e capaci degli uomini, e a veicolarequesta inferiorità ai loro figli. Ci sono tante donneche scelgono maschi “alfa” invece di uomini de-centi; che educano i loro bambini a essere dei su-peruomini e le loro bambine a essere docili; cherestano in silenzio quando non dovrebbero, o pre-dicano ad altre l’obbedienza e la sottomissione.Anche loro devono guarire da questo masochi-smo sociale e intellettuale»ConilChristopherHitchensdi «Dio nonègrande»leicondivideunaprofondaavversioneperlereligio-nimonoteiste,acuiimputailrafforzamentodeimo-dellipatriarcali. Perché?«Le tre religioni monoteiste promuovono e rinfor-zano i modelli patriarcali, l’umiliazione delle don-ne, la loro sottomissione. Tutte e tre sono oppres-sive e misogine, ognuna a modo suo, oltre a esse-re razziste, sessiste, omofobiche, sanguinarie eostili verso la libertà e i diritti umani. L’ho scrittoe lo ripeto: sono istituzioni create dai maschi e dalpotere, che puntano a controllare le persone e laloro vita, sfruttando perfino le guerre e il terrori-smo»Per lei, la laicità una condizione necessaria ma nonsufficiente per l’uguaglianza di genere. Anche perquesto,considerail femminismoislamicoun«ossi-morodeprimente»…«È inutile cercare il cambiamento all’interno diquello che definisco come il “frutto marcito”.Non c’è incontro possibile tra gli insegnamentimonoteisti attuali e la dignità e i diritti delle don-ne. Il femminismo è laico, punto. Mentre i dirittiumani sono universali, non un monopolio dell’Oc-cidente. La laicità non è l’unica garanzia diun’uguaglianza fra i generi. Ma è un primo passofondamentale per ottenerla».Nel librosichiedese lacosiddetta«primaveraara-barappresentidavverounaprimaveraancheperledonne.«Sono in ansia anche perché so che l’Islam servela causa della destra estremista in Occidente, pro-ducendo radicalismo su entrambi i fronti. Biso-gna sbarazzarsi degli strumenti patriarcali e deisistemi che, fingendo di proteggere le donne, usa-no questa “protezione” per giustificare la loro op-pressione».Noncredechela«primaveraaraba»siacomunqueriuscita a scalfire quei muri da martellare di cui leiscriveva in«Ho ucciso Shahrazad»?«Quei muri sono caduti solo in apparenza. E noisiamo ancora a un inizio deludente e pieno di di-fetti. Spodestare un dittatore è solo il primo passoverso un vero cambiamento. Nel mondo arabo, latransizione dall’autocrazia alla democrazia edall’autoritarismo al pluralismo deve passare perla fase di un governo islamico. Nel libro lo chiamoun “purgatorio” necessario. Ma la strada è anco-ra molto lunga»

FLOREMURARD-YOVANOVITCH

UnpamphletchevaarubaaParigi, firmatodal filosofoJean-PaulGalibert, affronta il temadeisuicidi«dalavoro»

CULTURE

L’ONDA ANOMALA DI SUICIDI NELLA RECENTE CRO-NACA,NONÈEPIFENOMENODELBELPAESE.INFRAN-CIA, IL SUICIDIO FA PIÙ DI DIECIMILA MORTI ALL’AN-NO,senza contare i tentativi, stimati a circa 150000 all’anno. Eppure, pochissimo è stato fattodi fronte a questa strage all’ultimo posto dellepriorità della salute pubblica. Che volto ha, cheregola ontologica anima questa nuova societàche spinge al suicidio? Ecco la tesi controcor-rente del filosofo francese Jean-Paul Galibertin Suicide et Sacrifice. Le mode de destruction hyper-capitaliste (Lignes 2012): il sistema attuale-«l’ipercapitalismo» - porta al suicidio: è «suici-datore».

Il pamphlet veloce, che va a ruba a Parigi enon è stato ancora tradotto in Italia, non è untrattato di sociologia, bensì un’ introduzionepolitica engagée alla nostra nuova società del sa-crificio. Il vecchio capitalismo era ancora fon-dato sulla produzione, l’«ipercapitalismo» -,concetto coniato dall’autore, è un modo di di-struzione. Svuota, chiude, licenzia. Si fondasull’«hypertravail» (l’iperlavoro): un doppiomodo di sfruttamento totale, dove il consuma-tore accetta di lavorare per il venditore, perpoi comprare la merce; cioè, regala due volte ilvalore della merce, in cambio di nulla. Un siste-ma che vende un’immaginario a quello che im-magina, nella scia delle scoperte di Guy De-

bord sulla società dello spettacolo, a cui questolibro è ispirato. Il surlavoro diventa in questosistema l’unica chance di «esistere» perché uni-co modo di accedere all’«iperreale».

Nell’ipercapitalismo, la redditività è assolu-ta, esige da ogni essere di essere assolutamen-te profittevole, cioè di produrre di tutto ma dicostare poco o niente. Smantellato tutto l’appa-rato produttivo, l’impresa più profittevole èquella che sopprime più salari, opera più licen-ziamenti e disperazione… Cosa si diventa oggisenza stipendio? Non è il problema del siste-ma, tutto al più un problema personale, psico-logico. L’esistenza non è mai garantita: è insie-me fonte del valore dell’oggetto e oggetto ditutte le lotte. Ma una società che inizia per farecoincidere la realtà alle cose inanimate, di-struggendola, finisce necessariamente per di-struggere la realtà dentro le persone.

Essere suicidario, tra l’altro, non implica ne-cessariamente un passaggio all’atto. La mag-gioranza dei suicidari, sopravvive in una «vitasenza esistenza», ritmata dall’ipersfruttamen-

to. L’ipercapitalismo è ultraliberale, lascia lascelta tra vita ipersfrutatta o l’immolazione, lasua formula tacita è «ognuno è libero di distrug-gersi».

Il suicido d’altronde è comodo, è un’omici-dio senza colpevole, perché la vittima assicurase stessa la propria distruzione. Autorizzate avivere, sono difatti solo le esistenze assoluta-mente redditizie, produttori e lavoratori. Cosafare allora degli operai, dei disoccupati, dei po-veri, di quelli che non possono più consumare?Perché non farne, si chiede Galibert, dei suici-dati? Dietro l’apparente insostenibilità delledomande, il filosofo denuncia il cinismo totaledell’ipercapitalismo che opera «un triage selet-tivo tra le esistenze che consacreranno la loroesistenza all’iperlavoro, e quelle che sarannodistrutte».

In prospettiva storica, questa nuova fase delcapitalismo dove il suicidio è il modo di selezio-ne ideale, apre ad una fase di obbedienza asso-luta: «la prima obbedienza assoluta dal perio-do della schiavitù : obbedire a tutto o morire» .Per questo motivo l’indignazione è l’esatto con-trario del suicidio. L’unica via per uscire dauna società suicidatrice, come richiama Gali-bert: la rivolta collettiva, planetaria e nonvio-lenta, non a caso vera bestia nera del ipercapi-talismo.

L’analisi, per certi tratti violenta, è intelli-gente e acutissima. Eppure, manca una rifles-sione sugli aspetti più profondi e invisibili diquesta crisi antropologica di dimensione stori-ca. Perché l’identità umana cede di fronte aduna semplice perdita del lavoro? E la rivoltanon è forse meglio dell’autodistruzione?

«Dichiaroguerraa Superman»Intervista a Joumana Haddad

Lascrittrice JoumanaHaddad

Lascrittrice libanesesemprealcentrodi furibondepolemiche:«Serveunarivoluzionenelgeneremaschilechesia radicaleenonviolenta.Edeveiniziarenel rapportotramadrie figli»

GIULIANOBATTISTON

L’erabuiadell’ipercapitalismo

...Laredditivitàèassoluta,esigedaogniesserediprodurredi tuttomadicostarepocooniente

U:giovedì 20 giugno 2013 19