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G.JACAZ/0 Ordinario di Meccanica delle Macchine Politecnico di Torino l 1 i ; Vol./l r i>- La trasmissione del moto B. PIOMBO Ordinario di Meccanica delle Vibrazioni Politecnico di Torino LIBRERIA EDITRICE UNIVERSITARIA LEVROTIO BELLA TORINO CORSO VITTORIO EMANUELE, 26 CORSO LUIGI EINAUDI, 57

Jacazio-Piombo- (Meccanica Applicata Alle Macchine) Vol 2

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  • G.JACAZ/0 Ordinario di Meccanica delle Macchine Politecnico di Torino

    l 1 i ;

    Vol./l

    r i>-

    La trasmissione del moto

    B. PIOMBO Ordinario di Meccanica delle Vibrazioni

    Politecnico di Torino

    LIBRERIA EDITRICE UNIVERSITARIA

    LEVROTIO BELLA TORINO

    CORSO VITTORIO EMANUELE, 26 CORSO LUIGI EINAUDI, 57

  • Copyright @1992 Levrotto & Bella di Gua lini T. & C. di Gua lini Elisabett~. S.a.s., Corso Vittorio Emanuele, 26/F - Torino

    l diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservate per tutti i paesi

    Finito di stampare nel mese di maggio 1992

    Stampato da Stampatre, Torino per conto della Levrotto & Bella Editrice S.a.s. Corso Vittorio Emanuele, 26/F- Torino

    A mia moglie Gisella e

    Ai miei figli Filippo e Costanza G. J.

    A Elda, mia madre, il mio passato e

    A Ilaria, mia. figlia, il mio futuro B. P.

  • INDICE GENERALE )

    ,.;...- INTRODUZIONE Pag. l

    l. GIUNTI

    1.1- Giunto di Cardano " 3 1.2 - Accelerazioni nel giunto di Cardano e reazioni dei supporti " lO 1.3 - Doppio giunto di Cardano " 11 1.4- Giunti omocinetici " 13 1.5- Giunto di Oldham " 18

    2. FLESSIBILI " 21

    2.1 - La trasmissione del moto mediante organi flessibili " 21 2.2 - Moltiplicatori di sforzo con flessibili " 21 2,3 -Cinghie , 26 2.4 - Trasmissione del moto per attrito mediante flessibili , 30 2.5 - Trasmissione a cinghie " 33 2.6 - Forzamento della cinghia , 38 2.7 - Potenza massima trasmissibile " 42 2.8 - Trasmissioni a rapporto di trasmissione variabile " 44 2.9 - Cabestani , 45 2.10- Trasmissione della. potenza. con cinghie dentate " 46 2.11- Catene " ~ 47 2.12- Trasmissione del moto mediante catene " 51 2.13- Alberi flessibili , 56

    3. INGRANAGGI " 59

    3.1 - Le ruote dentate " 59 3.2 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito , 59 3.3 - Trasmissione del moto mediante ruote dentate " 62 3.4 - Profili dei denti " 65 3.5 - Caratteristiche generali degli ingranaggi , 69

  • VIII IX 3.6 - Contatti fra i denti Pag. 73 5.6 - Caratteristiche geometriche e di funzionamento di una vite 3.7 - Caratteristiche geometriche dei denti " 77 a circolazione di sfere Pag. 214 3.8 - Ruote dentate cilindriche esterne a denti diritti " 81 3.9 - Perdite di potenza negli ingranaggi cilindrici esterni

    6. CAMME " 219 a denti diritti 89 3.10- Ruote dentate cilindriche interne a denti diritti " 92 6.1 - Geometria delle camme 219 3.11 - Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali 95 6.2 - Cinemati~a delle camme con punteria " 221 3.12- Ruot dentate coniche a denti diritti " 106 6.3 - Tracciamento del profilo della camma 224 3.13 - Ruote dentate coniche ad asse dente curvo . " 116 6.4 - Camma ad accelera.zione costante 228 3.14- Trasmissione del moto fra assi sghembi " 125 6.5 - Tipi principali di leggi del moto adottate nella 3.15- Ruote dentate cinlindriche elicoidali ad assi sghembi " 125 realizzazione di camme 232 3.16- Ingranaggi a vite " 132 6.6 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo " 236 3.17- Ingranaggi ipoidi " 140 6.7 - Camma policentrica con punteria a rullo . 242 3.18- Ingranaggi spiroidi ed helicon 146 6.8 - Camma policentrica con punteria a piattello " 244 3.19- Ingranaggi speciali " 147 6.9 - Forze agenti nelle camme " 247 3.20 - Forze dinamche " 151 6.10- Camme con braccio oscillante 252 3.21 - Prestazioni dei diversi tipi di ingranaggi " 157 6.11 - Altri tipi di camme " 254

    4. ROTISMI " 159 MECCANISMI " 257 7. 4.1 - Rotismi ordinari 159 7.1 - Generalit sui meccanismi 257 4.2 - Riduttori a rotismi ordinari " 163 7.2 - Procedimento generale per il calcolo cinematico dei 4.3 - Moltiplicatori a rot.ismi ordinari 163 meccanismi articolati 258 4.4 - Applicazione dei rotismi ordinari: cambio di velocit 7.3 - Manovellismo 264

    di una autovettura 164 7.4 - Meccanismi a rapido ritorno 266 4.5 - Rotismi epicicloidali 165 7.5 - Meccanismi di amplificazione degli sforzi " 269 4.6 - Riduttori a rotismi epicicloidali " 172 7.6 - Meccanismi che generano leggi del moto particolari 270 4.7 - Rendimento di rotismi epicicloidali 175 7.7 - Meccanismi che trasformano un moto continuo in un moto 4.8 - Rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici , 177 intermittente " 274 4.9 - Rotismi epicicloidali multipli . 180 7.8 - Meccanismi a croce di Malta esterna 277 4.10- Rotismi epicicloidali per la regolazione del passo 7.9 - Meccanismi a croce di Ma.lta intrena, sferica e rettilinea 286

    delle pale di un'elica ... 183 7.10- Meccanismi a camme cilindriche per la generazione 4.11 - Cambio di velocit a rotismi epicicloidali 185 di un moto intermittente 289 4.12 - Sterzo di mezzi cingolati 188 4.13- Rotismi epicicloidali senza port.atren?. 190 s. FRENI ED ARRESTI , 291 4.14- Riduttori cicloidali " 191 4.15- Riduttori armonici " 194 8.1 - Definizione e funzione dei freni " 291 :.

    8.2 - Freni ad attrito " 293 5. VITI " 199 8.3 - Distribuzione delle pressioni in un freno 294

    8.4 - Freni a tamburo (od a ceppi) " 298 5.1 - Geometria delle viti 199 8.5 -Tipi di freni a tamburo 305 5.2 - Vite e madrevite a filetto rettangolare 201 8.6 - Freni a disco . " 308 5.3- Vite e madrevite a filetto trapezio " 207 8.7 - Freni a nastro 311 5.4 - Viti differenziali e viti multiple 209 8.8 - Dissipazione dell'energia cinetica nei freni 315 5.5 - Viti a circolazione di sfere 211 8.9 - Freni elettromagnetici 321

  • x

    8.10- Freni a fluido 8.11 - Arresti

    9. INNESTI

    9.1 - Caratteristiche degli innesti 9.2 - Innesti a denti . 9.3 - Innesti ad attrito 9.4 - Frizioni radiali . 9.6 - Frizioni coniche 9.7 - Frizioni a forza centrifuga 9.8 - Innesti a nastro 9.9 - Innesti elettromagnetici . 9.10- Considerazioni di progetto 9.11 - Innesti di sopravanzo . .

    10. TRASMISSIONI A FLUIDO

    10.1 - Classficazione delle trasmissioni a fluido 10.2 - Trasmissioni idrostatiche 10.3 - Trasmissioni idrocinetiche 10.4- Giunti idraulici 10.5 - Convertitori di coppia 10.6 - Trasmissioni idroviscose

    11. CUSCINETTI

    11.1 - Considerazioni generali 11.2 - Principi di funzionamento di un cuscinetto a rotolamento 11.3 -Tipi di cuscinetti a rotolamento . . . . . . . . . . 11.4 - Vita di un cuscinetto e carico sopportabile durante il

    funzionamento . . . . . 11.5 - Cuscinetti a strisciamento . . . . . . . . . . . . 11.6 - Equazione di Reynolds . . . . . . . . . . . . . . 11.7 - Applicazione d eli 'equazione di Reynolds a.d alcuni casi

    elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.8 -Cuscinetti reggispinta lubrificanti ....... . 11.9 - Andamento della pressione in un meato convergente-

    divergente . . . . . . . . 11.10- Cuscinetto portante completo . . . . . . . . . 11.11 - Cuscinetto portante parzia.le . . . . . . . . . 11.12- Potenza dissipata in un cuscinetto a strisciamento 11.13 - Cuscinetti idrostatici . . . . . . . . . 11.14- Cuscinetti idrostatici a pressione costante

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    322 326

    331

    331 333 334 338 342 344 346 348 349 351

    355

    355 356 362 363 369 373

    375

    375 376 380

    385 391 392

    396 399

    409 410 420 433 434 439

    l

    11.15- Lubrificazione limite . . . . . . . . . . . . . 11.16- Confronto tra cuscinetti a strisciamento ed a rotolamento

    Blibliografia . . Indice analitico

    Pag. ,

    ,

    ,

    XI

    442 443

    447

    451

  • INTRODUZIONE

    In moltissime applicazioni dell'ingegneria occorre trasmettere il moto e, di conseguenza, una potenza meccanica, da una macchina che genera potenza ad una macchina che la utilizza in presenza, in generale, di forze e coppie dissipative che trasformano parte della energia meccanica fornita in energia interna.

    Nella trasmissione del moto debbono essere considerati vari aspetti, e precisamente:

    - disposizione nello spazio della macchina operatrice e di quella utilizzatrice;

    - caratteristica meccanica (coppia-velocit angolare o forza-velocit) della macchina motrice e di quella utilizzatrice;

    - realizzazione di particolari leggi del moto;

    - regolazione della potenza meccanica trasmessa;

    - supporto degli elementi in moto.

    Per realizzare quindi la trasmissione del moto e della potenza meccanica nel modo voluto occorre, in generale, che siano presenti tra macchina motrice e macchina utilizzatrice compon,enti meccanici opportuni. Nello studio di questi cbmponenti esistono due diversi aspetti: uno la determinazione delle carat-teristiche cinematiche e dinamiche del componente, l'altro il calcolo delle sollecitazioni conseguenti alla trasmissione della potenza meccanica. Nel pre-sente volume di Meccanica Applicata verr esaminato il primo aspetto, ossia

    .Io studio cinematico e dinamico dei componenti impiegati nella trasmissione del moto. Poich questo lo scopo del presente volume, non verranno citati tutti quei componenti che, per la loro costituzione, non presentano interesse dal punto di vista cinematico o dinamico (ad esempio: collegamenti con alberi scanalati, giunti rigidi, ecc.).

  • 2

    Nello studio dei vari componenti impiegati nella trasmissione del moto verr sovente calcolato il rendimento del componente. Questo definito come il rapporto fra la potenza meccanica resa in uscita dal componente meccanico e la potenza fornita al componente, in condizioni stazionarie:

    d. t potenza uscente ren 1men o 1J = = potenza entrante _ potenza entrante-potenza dissipata - potenza entrante

    l ...

    l. GIUNTI

    1.1 - Giunto di Cardano

    n giunto di Cardano un componente impiegato per trasmettere il moto fra due alberi giacenti in un piano e che formano tra loro un certo angolo a:. L'origine di questo giunto risale a Girolamo Cardano (1501-1576), il quale svilupp un sistema di sospensione basato su questo tipo di giunto. L'in-glese Robert Hooke (1635-1703) fu il primo ad applicare questo tipo d giunto alla trasmissione del moto rotatorio e a brevettare questo dispositivo. Di conseguenza, nei paesi anglosassoni il giunto di Cardano viene normalmente indicato come giunto di Hooke.

    Forcella

    ~Crociera Fig. l - Rappresentazione schematica del giunto di Cardano

    n giunto di Cardano illustrato schematicamente nella Fig. L In questo giunto l'albero motore e l'albero condotto sono solidali a due forcelle poste in piani tra loro perpendicolari. Una croce di collegamento, costituita da due perni ortogonali, vincolata alle due forcelle mediante quattro accoppiamenti rotoidali. In questo modo l'albero motore, ruotando attorno al proprio asse,

  • 4

    trascina l'albero condotto, ma nel contempo induce delle rotazioni relative tra i perni e le forcelle, rotazioni che alterano il valore della velocit angolare istantanea dell'albero condotto rispetto a quella dell'albero motore.

    a) b)

    Fig. 2 - Schema funzionale di un giunto di Cardano: a) posizione del giunto ad un istante generico; b) posizione del giunto dopo una rotazione di 90

    Le Figg. 2 a) e b) illustrano la posizione del giunto ad un dato istante e quella da esso assunta dopo una rotazione di 90. Dopo una ulteriore rotazione di 90 le posizioni dei perni A e B risultano tra loro invertite e lo stesso dicasi per quelle dei perni C e D; ci nonostante la configurazione del giunto identica a quella iniziale, per cui si pu senz'altro concludere che le oscillazioni introdotte nella trasmissione del moto dal giunto di Cardano sono periodiche e di periodo pari a 1r.

    La relazione tra le velocit angolari istantanee dell'albero motore e dell'albero condotto pu essere determinata in base ad alcune considerazioni geometriche. Con riferimento alla Fig. 3 siano 1J l'asse dell'albero motore (avente velocit angolare istantanea w1 ) e y l'asse dell'albero condotto (avente velocit angolare istantanea w2 ). I due assi, incidenti in O, in-div.iduano il piano del giunto di Cardano. Si indichino ora con z l'asse perpendicolare al piano (TJ, y) e con :z: e gli assi giacenti nel piano (TJ, y) e perpendicolari rispettivamente a y e a TJ L'angolo a, formato tra gli assi 1J e y allora uguale all'angolo formato tra gli assi :z: e .

    Si consideri ora quale configurazione iniziale del giunto quella indicata nella Fig. 2 b): la croce di collegamento in queste condizioni ha un asse coincidente con e l'altro asse coincidente con z.

    5

    Se ora l'albero motore ruota di un angolo e attorno al proprio asse 11 , il punto Ao si sposter in A muovendosi lungo una circonferenza giacente nel piano (, z). ll punto C0 , solidale all'albero condotto, si sposter invece di un angolo lp lungo una circonferenza giacente nel piano (:z:, z). Se gli assi 1J e y coincidessero, gli angoli e e lp sarebbero evidentemente uguali; poich invece 1J e y formano un angolo a diverso da zero, e e lp sono in generale diversi tra loro.

    Fig. 3 - Grandezze geometriche caratteristiche di un giunto di Cardano

    Ci deriva dal fatto che i punti A e C, coincidenti con i centri dei perni delle forcelle, debbono mantenersi sempre alla stessa distanza in quanto rigidamente vincolati tra loro per mezzo della croce di collegamento.

    Pertanto la lunghezza dell'arco A deve mantenersi costante durante il moto o, analogame~te, l'angolo AOC deve sempre essere un angolo retto per qualsiasi posizione angolare del giunto di Cardano.

    In base alle considerazioni ora esposte si pu concludere che il pro-dotto scalare dei vettori (A- O) e (C- O) deve essere costantemente nullo. Supponendo allora di assumere come unitaria la distanza AO si avr, con riferimento alla Fig. 3:

  • 6

    Sar inoltre:

    (A- O) = cos l) X- sin l) k (C- O) = sin

  • 8

    velocit angolare w2 dell'albero condotto costante) pu essere pi conve-niente esprimere T in funzione di a e dell'angolo di rotazione

  • lO

    1.2 - Accelerazioni nel giunto di Cardano e reazioni dei supporti

    La relazione tra le accelerazioni angolari di due alberi collegati da un giunto di Cardano si ricava facilmente derivando la (2.2) rispetto al tempo t. Si ottiene:

    dw2 cosa dw1 cosa sin 2 a sin 29 2 -= -- w dt l- sin2 a cos2 9 dt (l- sin2 a cos2 9) 1 (2.3)

    Nel caso in cui w1 sia costante il primo termine del secondo membro si annulla, al contrario del secondo che cresce invece rapidamente ~ crescere di w1 e di a. Poich il valore della coppia di inerzia in un albero direttamente proporzionale all'accelerazione angolare dell'albero stesso e poich inoltre essa origina carichi periodici sui supporti, intuibile dalla (2.3) come la vita ed il rendimento di un giunto di Cardano siano tanto maggiori, ad una data velocit angolare di funzionamento, quanto minore l'angolo a. Per alberi sopportati da cuscinetti a rotolamento i rendimenti dei giunti di Cardano sono in ogni caso molto alti: si raggiungono infatti mediamente valori di O, 98-;-0, 99 per valori dell'angolo a prossimi ai 20.

    Fig. 6 - Reazioni vincolari in un giunto di Cardano

    n calcolo delle reazioni vincolari in un giunto di Cardano si effettua considerando l'equazione di equilibrio globale delle coppie agenti sul giunto. Con riferimento alla Fig. 6 si consideri per l'appunto un giunto di Cardano in cui, ad un dato istante, le coppie motrice e resistente CM e GR, e le coppie di inerzia M{ e M~ siano rappresentate dai vettori indicati in figura. n risultante somma di CM, GR, A"J{ e .lo,f~ deve essere, per l'equilibrio del

    11 ) ~

    giunto,uguale e opposto al risultante Mv dei momenti originati dalle reazioni vincolari. Tale momento Mv pu essere scomposto in un momento Mv A, dovuto alle reazioni dei vincoli in A1 e A2 , normale all'asse l, ed in un momento Mv B, dovuto alle reazioni vincolari agenti in B1 e B2 , normale all'asse 2. Poich in o~ tre M v A e M vB giacciono nel piano individuato dagli assi, le reazioni nei supporti risulteranno perpendicolari a tale piano, a due a due di verso opposto tra loro e di intensit pari a:

    {

    MvA RAl =RA2= --.a

    MvB RBl = RB2 = -b-

    1.3 - Doppio giunto di Cardano

    Si visto nei precedenti paragrafi come un giunto di Cardano introduca un certo grado di irregolarit periodica nella trasmissione, funzione dell'angolo a formato dai due alberi e crescente con questo. Se quindi l'albero motore ruota a velocit costante, la velocit dell'albero condotto fluttua in continua-zione e ci pu in alcuni casi risultare inaccettabile a causa delle vibrazioni indotte nelle macchine situate a valle del giunto. Un metodo molto comune per evitare tali fluttuazioni di velocit utilizza un doppio giunto di Cardano (Fig. 7), nel quale un albero intermedio i forma lo stesso angolo a sia con

    Fig. 7 - Doppio giunto di Cardano

    l'albero motore sia con l'albero condotto. Assumendo come posizione iniziale

  • 12

    quella illustrata in Fig. 7, si indichino con e l'angolo di rotazione dell'albero l, con '1/J l'angolo di rotazione dell'albero intermedio i e con rp l'angolo di rotazione dell'albero condotto 2. Si osservi inoltre che gli alberi l e i hanno una posizione iniziale identica a quella considerata in Fig. 3, per cui tra e e '1/J sussister la relazione:

    tg e = tg '1/J cos a

    Gli alberi i e 2 si trovano invece in una posizione iniziale sfasata di 90 rispetto a quella assunta nella Fig. 3; pertanto si avr tra gli angoli '1/J e rp una relazione data da:

    tg rp = tg '1/J cos a

    Poich i secondi membri delle due ultime equazioni scritte sono uguali tra loro, dovranno essere uguali tra loro anche i primi membri; si avr pertanto:

    La condizione di _omocineticit tra gli alberi l e 2 pu essere otte-nuta anche con un'altra disposizine; inclinando cio l'albero condotto di un angolo -a rispetto all'albero intermedio (Fig. 8). Cos facendo, poich

    Fig. 8 - Doppio giunto di Cardano con alberi motore e condotto paralleli tra loro

    cos(-a) = cosa, si ottiene, procedendo in modo analogo a quello appena esposto, la. condizione di omocineticit: e = c.;, w1 = w 2 Questa particolare configurazione del doppio giunto di Cardano costituisce pertanto anch'essa un metodo utilizzabile per la trasmissione omocinetica del moto tra due alberi paralleli.

    13

    Se gli alberi motore e condotto del doppio giunto di Cardano giacciono in piani diversi (Fig. 9), la condizione di omocineticit pu ancora essere realiz-zata purch gli angoli formati tra i due alberi di estremit e quello intermedio siano uguali tra loro e purch le due forcelle solidali all'albero intermedio siano ruotate una rispetto all'altra di un angolo (3 pari all'angolo formato dai piani 71"11 contenente l'asse l e quello intermedio i, e 71"2 , contenente l'asse 2 e quello intermedio i.

    Fig. 9 - Doppio giunto di Cardano con alberi motore e condotto posti su piani diffe-renti

    Nella Fig. lO sono illustrati i componenti di un doppio giunto di Cardano con albero intermedio telescopico (allungabile).

    1.4- Giunti omocinetici

    La realizzazione .di un giunto omocinetico possibile, come si visto, utilizzando due giunti di Cardano opportunamente disposti. Questo tipo di accoppiamento pu essere tuttavia in molti casi troppo ingombrante, anche riducendo al minimo l'albero intermedio. Sono stati quindi sviluppati partico-lari giunti, detti appunto giunti omocinetici, i quali garantiscono un rapporto di trasmissione costante e pari a uno, nei quali la lunghezza dell'albero inter-medio ridotta praticamente a zero, ed anzi quest'ultimo sostituito da un altro organo avente le funzioni di elemento intermedio della trasmissione.

  • 14

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    15

    Lo schema di funzionamento di un giunto omocinetico rappresentato nella Fig. 11. Due alberi, (1) e (2), si intersecano in un punto che costituisce il centro di uno snodo sferico S. L'angolo ottuso formato dai due alberi a:. Solidale all'albero (1) un braccio Bl, che forma un angolo {3 rispetto ad (1) e si collega a questo in un punto Hl. Analogamente, un braccio B2,

    1f'

    ', B2' .......

    .......

    ...........

    ...

    ....

    ...

    Fig. 11 - Schema di funzionamento di un giunto omocinetico

    (2')

    solidale all'albero (2), forma con questo un angolo {3 e si collega ad esso in un punto H2 distante dal punto di intersezione degli alberi quanto Hl. A causa di questa simmetria, i due bracci Bl e B2 si intersecano in un punto P che si trova sulla bisettrice dell'angolo a: formato dagli assi (l) e (2). I bracci Bl e B2 sono scanalati e vengono collegati tra loro mediante un perno, che pu muoversi lungo le scanalature, e che in grado di trasmettere forze fra i due bracci. Poich la distanza del punto P d intersezione fra Bl e B2 la stessa dall'albero (1) e dall'albero (2), la velocit angolare dei due alberi deve essere la stessa; durante la rotazione del giunto, il punto di intersezione P fra i bracci descrive una circonferenza, avente centro nel punto di intersezione fra gli alberi (1) e (2), e giacente nel piano 1r, detto piano

  • 16

    omocinetico, bisettore dell'angolo a formato fra gli alberi. Qualunque sia l'angolo di rotazione descritto dal giunto, continua a mantenersi la condizione di simmetria ora vista, per cui il rapporto di trasmissione fra gli alberi si mantiene rigorosamente pari a l.

    Supponiamo ora che vari l'angolo a formato fra gli alberi, ad esempio che l'albero 2 ruoti nel piano di un angolo 'Y portandosi nella posizione (2'). Conseguentemente, il braccio B2 si porta nella posizione B2' (Fig. 11) ed il nuovo punto di intersezione fra i bracci diventa P', che si trova sul nuovo piano 11"', bisettore dell'angolo a+'Y

    n funzionamento del giunto omocinetico rimane inalterato, il rapporto di trasmissione continua a essere costante e pari a uno, con la sola differenza che varia la velocit periferica del punto P' essendo variata la sua distanza dagli assi.

    Esistono diverse realizzazioni pratiche di giunti omocinetici, che seguono il principio di funzionamento prima descritto. I pi comuni tipi di giunto omocinetico sono: il giunto Bendix- Weiss, generalmente usato per coppie non superiori a 6000 Nm, e il giunto Rzeppa, che viene usato per coppie fino a 35000 Nm.

    Fig. 12- Giunto omocinetico Bendix-Weiss

    n giunto Bendix- Weiss illustrato schematicamente nella Fig. 12 co-stituito da due alberi, inclinati tra loro di un angolo a, ognuno dei quali

    l

    17

    porta una forcella nella quale sono ricavate quattro semigole toroidali. Le due forcelle sono montate ad angolo retto una rispetto all'altra e sono tra loro distanziate da una sfera, il cui centro coincide con il punto intersezione degli assi l e 2. I centri di curvatura C1 e C2 delle ,gole toroidali si trovano sugli assi l e 2 a una distanza piccola dall'intersezione degli assi medesimi. Pertanto, essendo i raggi di curvatura uguali per tutte le gole, ogni sfera tocca la gola della forcella 'l e la gola della forcella 2 in punti simmetrici rispetto al piano 1r bisettore degli assi l e 2 nel quale vengono di conseguenza a trovarsi i centri delle sfere. Tale condizione viene realizzata qualunque sia l'angolo a formato dagli assi poich essa dipende solo dal fatto che i centri C1 e C2 delle gole sono a distanza uguale dal punto intersezione degli assi e che i raggi di curvatura delle gole sono uguali tra loro. n piano bisettore 1r costituisce il piano omocinetico della trasmissione ed il giunto pu quindi trasmettere il moto tra i due alberi con un rapporto di trasmissione costante e pari a l.

    a)

    Fig. 13- Giunto Rzeppa: a) sezione col piano principale; b) sezione col piano omocinetico

    La stessa condizione di omocineticit viene ottenuta, con una diversa realizzazione costruttiva, nel giunto Rzeppa, che il giunto pi usato nelle applicazioni meccaniche. In esso (Fig. 13) le forcelle solidali ai due alberi portano delle superfici attive sferiche (rispettivamente interna per l'albero motore ed esterna per l 'albero condotto) i cui centri cl e c2 giacciono sugli assi dei due alberi a breve distanza dal loro punto di intersezione O. Queste superfici attive sferiche sono in realt costituite da tante gole giacenti

  • 18

    in piani equidistanti (Fig. 13 b); in ogni gola trovano posto due sfere che, dovendo toccare entrambe le superfici sferiche at~ive delle due forcelle, hanno una posizione ben definita (ed esattamente il loro centro deve giacere nel piano bisettore degli assi di rotazione) analogamente a quanto accade nel giunto Bendix-Weiss.

    Anche in questo caso si pertanto in presenza di un piano omocinetico 1r nel quale si mantengono i centri delle sfere e che costituisce inoltre il piano bisettore di due assi di rotazione qualunque sia il valore dell'angolo a da essi formato. n giunto poi completato da una gabbia distanziatrice entro cui trovano posto le sfere alle quali di conseguenza impedita una eventuale fuoriuscita dalle apposite sedi.

    Nei tipi di giunto ora descritti l'elemento intermedio della trasmissione costituito da una serie di sfere e il moto delle sfere sulle forcelle dei due alberi un moto di rotolamento per cui il rendimento di questi giunti omocinetici sempre molto elevato. Accanto ad essi si trovano altri giunti omocinetici nei quali per l'elemento intermedio possiede un moto di strisciamento rispetto alle due forcelle e ci comporta una conseguente diminuzione del valore del rendimento della trasmissione.

    I giunti omocinetici sono utilizzati in numerose applicazioni tecniche dell'ingegneria. Essi sono universalmente usati negli autoveicoli a trazione anteriore nei quali le ruote motrici hanno anche una funzione direzionale; essi inoltre trovano applicazione in quegli alberi rotanti a velocit elevata nei quali le fluttuazioni periodiche di velocit angolare introdotte da un semplice giunto di Cardano assumerebbero valori addirittura intollerabili.

    1.5 - Giunto di Oldham

    Si analizzata in precedenza (Fig. 8) la possibilit di adottare un doppio giunto di Cardano per trasmettere il moto tra due assi paralleli ad un rapporto di trasmissine costante e pari a l; per piccole velocit angolari si abbandona talvolta questa soluzione e si ricorre invece al giunto di Oldham (Fig. 14). Esso costituito da un disco intermedio I dal quale sporgono due risalti rettangolari che si impegnano in corrispondenti scanalature dei dischi A e B rigidamente collegati agli alberi tra i quali viene trasmesso il moto.

    Poich il moto del disco intermedio relativamente al disco A pu essere unicamente una traslazione, la velocit angolare di I la stessa di quella di A. La stessa cosa si ha tra i dischi I e B, per cui si ottiene, quale risultato

    t l l

    19

    finale, che la v~locit angolare dell'albero l, solidale ad A, identica a quella dell'albero 2, solidale a B.

    A

    Fig. 14 - Giunto di Oldham

    Poich il baricentro del disco intermedio I non si trova sull'asse di rotazione del disco stesso, quest'ultimo risulta soggetto a una forza centrifuga di intensit direttamente proporzionale alla distanza fra gli assi e al quadrato della velocit angolare. Per questo motivo il giunto di Oldham usato, come prima detto, solo per bassi valori delle velocit angolari dei due alberi da esso collegati.

  • 2. FLESSIBILI

    2.1 - La trasmissione del moto mediante organi flessibili

    Prendono nome di flessibili quei componenti meccanici dotati di grande cedevolezza fiessionale, detta appunto flessibilit. t"', 1') '-l ;;_

    I flessi_bili sono essenzialmente raggruppabili in due tipi differenti:

    a) Flessibili_in cui la flessibilit ottenuta deformando il materiale costituente l'elemento stesso; a tale gruppo appartengono le funi, le cinghie e gli alberi flessibili.

    b) Flessibili costituiti da tante parti rigide collegate tra loro in modo tale da permettere il moto relativo tra le parti stesse; in tal caso la flessibilit gloole_dell~-~~~gl~~to {~ovuta p_ropro a questa pssihlit~ di moto :elati_vo- -tra i singoli organi _costituenti. A questo gruppo appartengono le catene.

    I flessibili possono essere impiegati in tre modi differenti:

    + come moltiplicatori di sforzo negli organi di soll~vamento; - ome dispositivi di trasmissione della potenza tra assi paralleli; - co1Iledispositivi di trasmissione della potenza lungo percorsi non rettilinei

    (alberi flessibili).

    2.2 - Moltiplicatori di sforzo con flessibili

    Una applicazione dei flessibili la si riscontra negli apparecchi di solleva-mento, nei quali una fune (o una catena) si avvolge alternativamente su una puleggia ad asse mobile e su una puleggia o tamburo ad asse fisso, ed il carico da sollevare -collegato alla puleggia mobile (Fig. 15). Se si indicano con w e wP le velocit angolari del tamburo ad asse fisso e della puleggia ad asse

    2. JACAZIO-PIOMBO - La trasmissione del moto

  • 22

    mobile, si ha, con riferimento alla Fig. 15 ~):

    Vv =w-

    {

    d

    VB =wp:; d

    Ve =wp 2

    b)

    Fig. 15- Argano di sollevamento: a) schema dell'argano; b) diagramma delle velo-cit della puleggia mobile

    Poich Vv =VB, si ottiene:

    {wp=w/2 Ve= VE/2

    Per il calcolo del carico P sollevabile dall'argano si osservi innanzi tutto che in _ assenza di attrito le tensioni all'ingresso e all 1uscita della puleggia sono uguali, per cui, scrivendo una equazione di equilibrio secondo la direzione verticale si ha:

    P=2T

    L'argano di sollevamento raggiunge quindi lo scopo di dimezzare, nel caso ideale di assenza di attrito, lo sforzo necessario a sollevare un carico di intensit P. Contemporaneamente, la velocit di sollevamento del carico la met di quella del punto al quale applicata la forza di trazione T.

    l l \l

    1

    r. ,

    ' !

    23

    I risultati ora ricavati valgono, come si detto, nel caso ideale di un flessibile considerato privo di rigidezza ed in assenza di attrito. In realt ogni flessibile possiede sia una rigidezza elastica sia una rigidezza anelastica che alterano i risultati gi ottenuti nel caso ideale ..

    Quando un fl~ssibile dotato di sola rigidezza elastica si avvolge su una puleggia di diametro D, il flessibile stesso sottoposto a un momento flettente pari a MJ = 2EaJ/D in cui Eo. il modulo di elasticit del materiale. Se si indica ora con h la distanza esistente tra la forza T e il punto origine del contatto tra fune e puleggia, si ha:

    Th=MJ Se si indica inoltre con e' la distanza esistente tra la forza T e la puleggia, si pu affermare, in base ad alcune considerazioni di teoria dell'elasticit, che essa pari ad h/2 e ricavare in definitiva:

    1 EaJ e= TD

    La rigidezza anelastica invece dovuta a fenomeni di attrito interno nel materiale del flessibile; a causa della rigidezza anelastica infatti che se si pone un flessibile in una data posizione esso tende a mantenerla ed anzi richiede l'applicazione di un lavoro per tornare alla posizione primitiva. A causa della sola rigidezza anelastica pertanto un flessibile che si avvolge lungo

    a) b)

    f f T

    Fig. 16 - a) Effetto della rigidezza elastica; b) effetto della rigidezza anelastica

    una puleggia assume l 'aspetto indicato nella Fig. 16 b): dal lato in cui il flessibile si avvolge sulla puleggia esso tende a rimanere diritto, mentre dal lato

  • 24

    in cui si svolge esso tende a mantenere la curvatura fornitagli dalla puleggia. La forza di trazione T che deve essere applicata a un ramo della fune per vincere la forza resistente T' applicata all'altro ramo di conseguenza:

    ,D/2 +e" T =T D/2-e"

    Quindi T maggiore di T e se la fune si muove a una velocit V, la potenza dissipata per vincere gli attriti interni :

    4TVe" Pw = (T - T') V = D _ 2e,

    Una seconda causa di perdita di potenza nel passaggio attorno a una puleggia dovuta all'attrito nel perno della puleggia, fenomeno ampiamente esaminato nel paragrafo 3.11 del I volume. Tenendo conto ora sia della ri-gidezza elastica, sia di quella anelastica, sia dell'attrito nel perno, si ricava, mediante una semplice equazione di equilibrio alla rotazione, la seguente re-lazione fra T e T' (Fig. 17):

    D /2 + e' + e" + p T = T'---'-:--------'-D /2 + e' - e" - p

    Fig. 17- Effetto complessivo delle rigidezze elastica e anelastica in un flessibile

    da cui, tenendo conto che D~ (e"+ p) e che D e' si ha:

    {T=l+k T' k = 4(e'~+ p)

    con (2.4)

    J !

    25

    Poich il modulo della velocit V della fune costante in tutti i suoi punti, si ricava dalle (2.4) che il rendimento 7J della puleggia :

    T'V l 7J = TV =l+ k

    Quanto ora esposto per una puleggia pu essere esteso al caso dei pa-ranchi di sollevamento nei quali lo sforzo applicato viene amplificato propor-zionalmente al numero delle pulegge esistenti. Con riferimento alla Fig. 18 si avr infatti:

    Fig. 18 - Paranco di sollevamento

    Inoltre, per l'equilibrio dell'elemento mobile sar: 7

    P = T1 + Ts + Ts + ... + To = L Tn n=O

    e di conseguenza:

  • La forza di trazione T8 che deve essere applicata per sollevare il cadeo data da:

    Ts =(l+ k)8 To da cui, sostituendo a To il valore ricavabile dall'equazione di equilibrio in direzione verticale, si ottiene:

    Ts = (l+k)8 P 7

    l:Cl+kt n=O

    Se le perdite dovute all'attrito e alla rigidezza anelastica fossero nulle si avrebbe k =O e quindi T8 = Pj8. La velocit di sollevamento pu essere ri-cavata sia mediante considerazioni cinematiche, sia in base alla considerazione ch6 nel caso di rendimento pari a l la potenza necessaria a sollevare il carico uguale alla potenza fornita. Si ha allora che la velocit di sollevamento del carico data da:

    2.3 - Cinghie

    V= Vs 8

    Le ci_.!!ghie vengono normalmente usate per trasmettere il moto tra assi parall~l posti ad una certa distanza::- Le -prfnci pali caratteristiche ;;ione utilizzando pulegge _ostruite in modo particgl(!.re.

    d) Usando cinghie piane possibile ottenere il funzionamento analogo a quello di _una frizione semplicemente spostando la cinghia da una puleggia folle ~_v. n a. in_presa_.

    e) La trasmissione a cinghie richiede sempre un certo aggiustaggio dei centri degli assi.

    f) Impiegando pulegge a scalini si ottiene un mezzo economico per variare il rapporto di trasmissione in modo discontinuo tra due alberi.

    27

    g) -nossibile far funzionare una trasmissione a cinghie ugualmente bene com--;;:;auttrice o ;:n;;zt.Picatriced.._velo-t~ -- -------------

    Nelle applicazioni meccaniche si utilizzano principalmente cinque tipi di cinghie e precisamente: ------~-------- __ _

    "" --------

    - cinghie piane - _cinghie rtortde - cinghie a V - cinghie a costole - cinghie a_ denti.

    Le cinghie piane offrono una notevole flessibilit e possono pertanto esse~e usate sia per l normale trasmissione del moto tra assi paralleli sia quando la cinghia debba effettuare particolari percorsi a serpentino; esse_ sono generalmente di cuoio, di gomma o di materia plastica.

    --~e_ cinghie di cuoio sono usate per velocit moderate, fino a 30 mjs, e per potenze--fino a400 kW,-cop. r_apporti _di trasmissione-fino-a-16.:.1,.ed inoltre posseggono una buon.;: capa:c~~~ ~i-~3.2-.r'~!ll~ntQ_ -~glLul:H; l~_ lr? __ tipiche applicazioni si riscontrano nela derivazione del moto a diverse utilizzazioni a partire da un unico albero di trasmissione e nelle apparecchiat~re di miniera.

    Le cinghie di gomma costituiscono il tipo pi economico di cinghie piane; esse sono normalmente formate da uno o pi strati di cotone impregnati di gomma. La vita di queste cinghie e la potenza da esse trasmes-sa per unit di superficie sono minori delle analoghe caratteristiche delle cinghie di cuoio. La massima velocit raggiungibile , come per le cinghie di cuoio, dell'ordine dei 30 m/s e la massima potenza trasmessa non supera in genere i 250 kW. Le c!11ghie piane in gomma trovano le loro principali applicazionCin- tr~s!l:~sioni di piccole potenze e di solito con pulegge di piccolo diaJl!e!:o: .. __

    Una versione pi robusta delle cinghie in gomma pu ~ss~J~_re_~zzata utilizzando unoo pfliStrtrdi c~vi annegati nella -go~~a. In tal cas-;)ron -una: ~i~gh}a df szine piccola si ottiene una notevole resistnza- Le cinghie piane di materia plastica sono costituite da sottili strati di poliestere e vengono utilizzate quando le potenze da trasmettere non superano i 10 k\V e quando si richieda grande leggerezza della trasmissione.-Accanto ad esse si trova.no cinghie rinforzate formate da uno strato di nylon o di po-

  • 28

    liammide ricoperto da gomma o da altro materiale plastico. Queste ultime_ cinghie possono operare a grandissima velocit, fino a 200 m/s.

    Le cinghie a V (Fig. 19) sono nor-malmnt~ costituite da una serie di cavi immersi in uno strato di materiale plastico che, oltre a fungere da supporto, man-tiene i cavi stessi nella loro posizione cor-retta; questo strato di materiale plastico a sua volta compreso entro due strati di gomma chiusi esternamente da una guaina anch'essa generalmente di gomma. Le ci n-

    Fig. 19 - Cinghia a V ghie a V funzionano normalmente a velo-cit variabili tra 7 e 30m/se con rapporti

    di trasmissione fino a 7:1; tuttavia cinghie a V strette e cinghie di poliuretano possono funzionare fino a velocit di 50 m/s. I principali vantaggi delle cinghie a V sono la lunga durata (mediamente 3-:-5 anni), la facilit di installazione, la silenziosit e la facile manutenzione, oltre alla capacit di assorbimento degli urti come in quasi tutte le cinghie.

    U!la delle principali propriet delle cinghie a v costituita dal fat-to che esse posseggono un coefficien-te di attrito equivalente molto supe-riore al coefficiente di attrito_effet-tivamente esistente tra il materiale della cinghia e quello della puleg-gia. Se infatti si indica con N la forza normale con la quale la cin- ghia premuta contro la puleggia (Fig. 20), tale forza equilibrata dalle due forze N' che le facce della puleggia trasmettono alla cinghia.

    Fig. 20- Forze scambiate tra cinghia a V e puleggia

    Da una equazione di equilibrio alla traslazione in direzione verticale si ha:

    (2.5) N= 2N'sin:: . 2

    La forza tangenziale complessiva diretta normalmente al piano della Fig. 20, forza dovuta allo scorrimento relativo tra cinghia e puleggia, allora data da:

    T= 2! N'

    29

    dove f il coefficiente di attrito effettivo Jra cinghia.e puleggia. Sostituendo in questa relazione il valore di N' ricavabile dalla (2.5) si ottiene:

    f -\ . 'T- ---\N

    - Q/ sin-

    2

    Per effetto della forma a V della cinghia si pertanto in presenza di un coef-ficiente di attrito equivalente pari a:

    (2.6) ! , __ !_ - . et

    Slll-. 2

    che tanto maggiore quanto minore l'angolo al vertice della cinghia. Per una cinghia piana si ha a= 180 con l'ovvia conseguenza di ottenere dalla (2.6) !'=f.

    In numerose applicazioni, quando la potenza da trasmettere elevata, si utilizzano pi cinghie a V in parallelo che si avvolgono su altrettante gole ricavate nella stessa puleggia. In altre applicazioni, per semplificare i problemi di installazione, sono usate cinghie a V ad anelli; esse sono formate da tanti piccoli tronchi di cinghia a V collegati tra loro mediante elementi metallici. Le cinghie ad anelli sono usate in applicazioni a velocit moderata e per potenze fino a 800 kW; il loro principale vantaggio risiede nella possibilit di variare la lunghezza della cinghia semplicemente aggiungendo o togliendo uno degli anelli.

    Le cinghie rotonde sono normalmente di gomma e possono essere rinfor-zate con uno o pi cavi metallici. Esse vengono utilizzate soprattutto in applicazioni leggere quali trapani ad alta velocit, macchine da cucire, e cos via.

    Le cinghie a costole sono essenzialmente cinghie a V multiple con l'unica differenza che le varie costole a V sono ricavate in un'unica cinghia.

    Le cinghie a costole U_!liscono la robustezza e semplicit della cinghia piana con l'elevato coefficiente di attrito delle cinghie a V. Esse tuttavia non sono raccomandate nelle applicazioni in cui le costole della cinghia possono strisciare una contro l'altra.

    Le cinghie del tipo ora descritto sono impiegabili per trasmettere la potenza meccanica per attrito, come si vedr nel successivo paragrafo 2.4. Le cinghie a denti invece trasmettono la potenza meccanica mediante forze normali, come si vedr nel paragrafo 2.10.

  • 30

    2.4- Trasmissione del moto per attrito mediante flessibili

    Si consideri una cinghia piana avvolta su una puleggia (Fig. 21) e si indichi co~.lJ.. l'angolo ge:u~rio 11_1jurato a pa_~tire ~-~ P..llfitQ _:Q._~~~ soggetta alla: tensione minima 7.'2 Siano inoltre T1 la tensione massima, T 'Iat-en~ione in una sezione generica, f il coefficie;t;d.i~ttrito esistente tra cinghia e puleggia, r il raggio della puleggia, q la massa della cinghia per unit di lunghezza e w la velocit angolare della puleggia.

    a) b)

    Fig. 21 - Trasmissione del moto fra puleggia e cinghia: a) puleggia motrice; b) puleggia condotta

    Si consideri ora (Fig. 22), in corrispondenza dell'angolo .,J generico, un tratto elementare di cinghia di lunghezza ds = rd'IJ. Su tale elemento di cinghia agiscono le forze seguenti: le tensioni T e T+ dT che le restanti parti della cinghia trasmettono all'elemento considerato attraverso le due sezioni di

    -+ -+

    estremit, la forza tangenziale dFT e quella normale dFN che la puleggia esercita sull'elemento di cinghia, la forza di inerzia a cui soggetto l'elemento stesso. Quest'ultima possiede una componente tangenziale di intensit q dV ds

    . dt

    e una componente normale (forza centrifuga) pari a q V2

    ds. r

    : Se si _definisc~J!.O_o.r_a pulf;gge_ motrici quelle in cui copEi~"_?.gE]_nt~ ~-:'e-locit angolare hanno verso concorde (Fig. 2f a) e- pulegij' c'ondotte quelle in

    : curcoppia-e-velocit angolare hanno verso tra loro discorde (Fig: 21 b) si pu osservare che la puleggia indicata in Fig. 22 una puleggi~-motrice e di conseguenza le forze tangenziali di attrito dFT e di inerzia q dV ds hanno d t necessariamente il verso indicato nella figura stessa.

    31

    Si possono cos scrivere le due equazioni di equilibrio dell'elemento di cinghia considerato secondo le direzioni normale:

    e tangenziale:

    ( d'IJ) dV (d'IJ) -T cos 2 - dFT + q dt ds + (T + dT) cos 2 = O

    fr

    '' _Y_

    Fig. 22 - Forze agenti su ~n tratto elementare di cinghia

    A_ qu~ste_ eg~az_!OI_li vannQ aggi!l!lte_la ~.!l.~.zio~e __ ~i attri~~ -----------l / dFT = fdFN f . . ...__._ ______ "'---...

    e la relazione geometrica: ds = rd'IJ

    n sistema formato dalle quattro equazioni ora scritte pu ssere facilmente risolto rammentando che d.,J e dT sono due infinitesimi, per cui si pu con ottima approssimazione sia porre sin(dt?) = d'IJ, cos(d'IJ) = l, sia trascurare il prodotto dT dt? in quanto infinitesimo di ordine superiore rispetto ai precedenti. In base a ci si ottiene:

  • 32

    e infine: dT = f d'I!J (T- qV2 --q!:.. dV) f dt

    Integrando questa equazione differenziale fra i limiti O e rJ si ha: T-qV2-q!:. dV

    (2 7) f dt '"

    2 r dV =e

    T2-qV -q--! dt La _(~._7) __ !gJ>P.I~sen~a q~ndi l 'equazione fondamentale_ della .. trasmissione del moto medi an~ attrit() fra 1!11~ ~!iig}ia-:-u;-~-puleggia~ ricavata, come gi d~tto, ~~r ~n~ puleggia mot~!ce. Per una puleggia cndott"~ponendo al solito l 'ori-gine degli angoli nel punto in cui la cinghia soggetta alla tensione minima T2 ~Fig. _21 b), si pu ripetere un ragionamento analogo ottenendo una equazione Identica alla (2.7) ad eccezione del segno della componente tangenziale della forza di inerzia.

    E precisamente per una puleggia condotta si ha:

    T 2 r dV -qV +q--(2.8) f dt = el"

    T? _ qV2 + q !:. dV - f dt

    I lt .1 . r dV no re, 1 termme qj_di che compare nelle (2.7) e (2.8), dovuto alla com-ponente tangenziale della forza di inerzia, tras~u~abil~ nella-grande maggio-ranza d~ casi pratici, per cui l'equazione fondmentale della trasmissione a dnghie, valida sia per pulegge motrici sia per pulegge condotte, diventa: (2.9) T- qV 2 1,

    T2- qV 2 =e .. .E~He~er..e o~a il Jg~me. funzionale t_ra leJ~:n.sioni massima : e ~~0 esistenti nella cmgh1a basta sostituire all'angolo generico rJ il [~ell'angolo(E\lungo il guale avviene la variazione totale di tensione C:Q:!}:..i Si otterr pertanto: . (2.10) TI - qV2 = el".

    T2- qV2 In molti casi la velocit periferica Y- della cinghia ab.has.tanza.-pi-GGola-

    e il valore di qV2 piccolo rispetto a T2 e T1 per cui il termine ~tealla forza centill'Uga pu essere trascurato. ottenendo in definitiva: (2.11) I_= el" e TI -e~" --------

    T2 T2 -

    33

    Si noti ancora che nel caso in cui la trasmissione del moto avvenga mediante cinghie a V, tutto quanto ora esposto mantiene la sua validit a patto di introdurre al posto del coefficiente di attrito effettivo f quello equivalente f' dato dalla (2.6). ~/ /"\.'(.'_.!_V l('"'-,

    O ~~ ~ '\-, o

  • 34 n

    Pertanto, se le tensioni Ta e n sono diverse, anche le velocit Va e j!i Vb risulteranno tra loro differenti, Pi in generale_&_pu afferma;ea_~aft f tensione_~~nt~rn~_lB~

  • 36

    Se la coppia motrice. C1 aumenta oltre il valore limite corrispondente aii~-condizione di scorrimento globale, valore fornito in base alle (2.15) da:

    la tensione massima della cinghia T1- resta costante, mentre la puleggia l accelera con una accelerazione angolare data da:

    . -------------

    dwl C1- (Cl)lim 'd:t = h

    dove J1 il momento di inerzia, attorno al suo asse di rotazione, della puleggia l e di tutti gli altri organi ad essa eventualmente collegati.

    Fig. 24- Stato di tensione in una cinghia durante la trasmissione del moto fra due pulegge

    La condizione di scorrimento globale, anche se si verifica prima sulla puleggia avente l'arco di avvolgimento minore, pu evidentemente essere ot-tenuta su entrambe le pulegge se le coppie cl e c2 superano entrambe il loro valore limite.

    In base alle relazioni prima ricavate si possono ora determinare sia il rapporto di trasmissione T tra le velocit angolari delle due pulegge sia il rendimento 7J della trasmissione. Dalle (2.16), (2.17) e (2.18) si ottiene infatti:

    (2.19) T= W2 = v2 2:!. = rl (l+ T2/EA) Wj r:z v'l r2 l+ T!/EA

    Poich T2 minore di T1 il rapporto (l+ T2/ EA)/(l + Td EA) minore di l e di conseguenza T< rifr2. In ogni caso per Td EA, e a maggior ragione

    37

    T2 / EA, di solito abbastanza piccolo rispetto a l per cui nella maggior parte dei calcoli si pu supporre, in prima approssimazione:

    n rendimento 1J fornito dal rapporto tra la potenza uscente W2 = C2w2 e quella entrante wl = C!W!, quindi:

    W2 C2w2 1J = W1 = C1w1

    e, in base alle (2.14) e (2.19): T2

    l+E'A T1

    l+ EA (2.20) 7]=

    Poich al solito Td EA quasi sempre piccolo rispetto a l, il rendimento di una trasmissione a cinghie in generale abbastanza elevato (mediamente si hanno valori di 0,95).

    Si noti che l'espressione detr.endiment?_ fornita dalla (2.20) tiene conto unicamente della potenza persa per attrito nel contaito tra cinghia e puleg-gia. n rendimento effettivo della trasmissione sar ancora inferiore a causa della dissipazione di potenza esistente nei supporti delle pulegge e nell'effetto ventilante.

    Un'altra causa di diminuzione di rendimento la deficiente flessibilit della cinghia. La potenza meccanica persa per questa causa data da:

    w= r s2b (~)v \ D 180

    dove s, b, D sono spessore, larghezza e diametro della puleggia, V la velo-cit periferica della cinghia, a l'angolo di avvlgimento in gradi e K un coefficiente che, per le cinghie piane, vale mediamente 105 N jm2

    In tutte le espressioni finora analizzate si supposto che la tensione in ogni ramo libero della cinghia si mantenesse costante. La validit di questa assunzione, accettabile nella grande maggioranza dei casi, viene a mancare quando le due pulegge non si trovano allo stesso livello, ma a livelli notevol-mente differenti. In tal caso, se i rami liberi della cinghia sono inclinati di un angolo a sull'orizzontale, l'aumento dT di tensione in un generico elemento di cinghia lungo ds dato da:

    dT = qg sin a ds = q dy

  • 38

    dove q rappresenta la massa per unit di lunghezza della cinghia, dy la variazione di quota e g l'accelerazione di gravit. Se quindi il dislivello complessivo esistente tra gli estremi dei rami liberi della cinghia h, la variazione di tensione globale all'interno di ciascun ramo data da:

    D..T =q g h

    2.6 - Forzamento della cinghia

    Per rendere possibile la trasmissione del moto tramite l'accoppiamento cinghia-puleggia, occorre mantenere un certo valore minimo della tensione To nei rami liberi della cinghia anche in condizioni statiche. Quando la distanza tra le pulegge molto grande, il peso proprio dei rami liberi della cinghi~ gi di per _se_ ste~_

  • 40

    iT':)dipende sia dallo spostamento iniz.iale della base del motore sia dalla lun-~zza della cinghia. Con riferimento alla Fig. 27, la lunghezza totale della

    cinghia , prima del forzamento, pari a:

    dl d2 ( ) ;2- (d22- d21)2

    --Lo = 2 ( 7r - 2a) + 2 1r + 2a + 2 = !!:. (d1 + d2) + a(d2- d1) + V4i2 - (d2- d1)2 2 .

    Fig. 26 - Messa in tensione di una cinghia mediante un sistema a molla

    Fig. 27 - Grandezze geometriche caratteristiche di una trasmissione a cinghie

    Si ha inoltre:

    l l ~ l

    l 41

    Poich normalmente l'angolo a abbastanza piccolo, se l'interasse i aumenta di una quantit. i, l'allungamento ll"L0 della cinghia dato con buona approssimazione da:

    l:l.Lo =::: 26i cosa

    e di conseguenza la tensione di forzamento, costante lungo tutta la cinghia, vale:

    (2.24) To = llLoES = 2ES6i cosa __ Lo Lo

    ~------ --dove S rappresenta l'area della sezione della cinghia ed E il modulo di elasticit. del materiale costituente la cinghia stessa.

    Durante il funzionl,Il1ento, come si gi. avuto occasione di vedere, la tensin"'enelfacrngh1a non pi costante; essa varia infatti lungo gli archi ai scorrimento delle due PJJ.legge. e roantiene.._~~ori costanti, ma diy~i tra lo!:9.,_ lungo i due archi di aderenza e i due ramlJi.,h~ri. .

    Per trovare una relazione esatta tra le tensioni esistenti durante il fun-zionamento e quella presente in condizioni stati che occorre procedere_n.el modo seguente: scritte le relazioni tra :fi,T2 , 1'J* ed ~~~iste nel paragrafo 2.4, si calcola if corrispondente allunga~t~--;.,_ d~~,ghi9- e lo si u~glia_~-valore di D.L0 ricavabile .Q._alla (2.~1) ottene~do cos la relazione voluta. Que-st'u.itima notevolmente complessa, per cui ad ess-s~ne8;;5tTtUisce in pratica una semplificata espressa da:

    (2.25) . T1 + T2 = 7o l 2 . che d 'altro canto fornisce risultati molto prossimi a quelli effettivi. Nel passare dalle condizioni statiche a quelle dinamiche, in definitiva, ~~l9Jt)j_l}~-

    ra.!J19_r~g_~fi.gg_?J_y_alorv..L...mentre nell'altro diminuisce fino al valore T2 , e la [email protected].:rLsi.:man.tknEU.~t~!!.~.i.:Ea~i ai val~-r~ della tensione di forzamento iniziaJe. - ---- .. - ----------- ---

    Nel' sisteillf a rullo teniHtore infine, la cinghia viene fatta passare su una puleggia folle, detta appunto rullo tenditore, sottoposta all'azione di una molla (Fig. 28-a) o di un pes~ (Fig. 28-b ). TI rullo tenditore opera sempre sul ramo della cinghia sottoposto alla tensione minore T2 ; in questo modo, poich la tensione T2 deve rimanere costante per poter assicurare in -q~alunque condizione di funzionamento l'equilibrio del rullo, all'aumentare della coppia C applicata sulla puleggia corrisponde unicamente un aumento dell

  • 42

    n valore di f2 poi immediatamente ottenibile in base alla forza esercitata dalla molla (FM) o dal peso (P). Se con Fp si indica la forza che la cinghia esercita sulla puleggia del tenditore, si ha:

    (2.26) Fp = 2T2 sin%

    . Per un tenditore a molla poi Fp = FM, mentre per un tenditore a gravit (Fig. 28-b):

    a)

    b) Fig. 28 - Messa in tensione con rullo tenditore: a molla (a) e a gravit (b)

    Accanto a questi schemi fondamentali esistono poi numerose altre realiz-zazioni costruttive utilizzate in pratica per la messa in tensione della cinghia, la cui descrizione esula tuttavia dagli scopi di questo volume.

    2.7- Potenza massima trasmissibile

    In base a quanto esposto nei paragrafi precedenti possibile ora de-terminare-quale la ..mas.ill:P~z.a. trasmissihHe da u~

    cinghia-pule~. chiaro innanzi tutto che la condi~on_e di massimg,_ po-tenza trasmessa coin.dd~ con la condizio~i...scorrimento_gl.oh;Ye in quanto, a p.a..ill di velocit angolare. si ottiene la..ma.s.sima..coppia.-p~u~~do-l'arco

    43

    di scorrimento coincide con quello di avvolgimento. Se ci si riferisce alle (2.10) e (2.14), dopo avere posto r = fJ1l (angolo di avvolgimento sulla puleggia motrice), si ottiene per la potenza trasmessa dalla cinghia (trascurando le perdite per attrito nei supporti della puleggia) l'espressione:

    r:; = c,w, = c, v l \~ rl ~

    con:

    da cui si ricava: W::::: (e1f3 1 -l) V(T2 - qV2 )

    Se il forzamento della cinghia ottenuto con un rullo tenditore, la ten-sione T2 costante e il suo valore stabilito dalla geometria del tenditore e dalla forza agente su di esso. Per un tenditore a molla ad esempio, si avr dalla (2.26):

    FM T2 = a-

    2sin 2 per cui la potenza massima trasmissibile :

    W= (eff3, - l) V ( ~M a- - qV 2) 2sm 2

    (2.27)

    Se invece il forzamento ottenuto variando la posizione della base mo-tore, la tensione T2 varia durante il funzionamento. Si visto ad esempio che nel sistema a base scorrevole le tensioni T1 e T2 sono legate alla tensione di forzamento iniziale dalla relaz.ione (T1 + T2)j2 = To.

    In questo caso allora la tensione T2 vale:

    2T0 + qV2 (ef"" -l) T2 = ef"" +l

    e la potenza massima trasmissibile risulta:

    (2.28) W= 2(eff3,- l) V(1 - V2) ( eff3, + l) 0 q Dall'analisi delle (2.27) e (2.28) si osserva che la potenza massima tra-

    smissibile dapprima aumenta all'aumentare della velocit fino a quando, per

  • 44

    velocit. molto grandi, il termine guadratico non diventa preponderante con conseguente diminuzione della potenza. TI massimo valore della massima po~ tenza trasmissibile dal sistema cinghia-puleggia si ricava annullando la de-rivata prima rispetto alla velocit. V della (2.27) o della (2.28). Si avr. pertanto dalla (2.27):

    dW =O dV per V= 6 . Q qsm 2

    e dalla (2.28): d W --o per dV - V= fTo y-sq

    Come si pu notare, la massima potenza trasmissibile espressa, in presenza di rullo tenditore. da:

    6 . Q qsm Z

    mentre in presenza di base motore scorreYole, essa fornita da:

    4T0(ef.Bl- l) {i; WMAX = 3(ef.Bl +l) v sq

    2.8 - Trasmissioni a rapporto di trasmissione variabile

    Le cinghie a V vengono spesso utilizzate per la trasmissione del moto con rapporto .tra le velocit di ingresso e di uscita del moto stesso variabile nel tempo. Esistono fondamentalmente due tipi di trasmissioni a velocit variabile, e precisamente le:

    - trasmissioni con regolazione stazionaria e le

    - trasmissioni con regolazione continua.

    Entrambi i tipi sono realizzati con l'ausilio di una cinghia a V e di una o due pulegge le cui facce possono essere allontanate o avvicinate, consentendo cos alla cinghia stessa di avvolgersi, a seconda delle condizioni di funziona-mento, su raggi di puleggia differenti (Fig. 29).

    Nella regolazione stazionaria . necessario arrestare il funzionamento della trasmissione per poter fissare meccanicamente il diametro medio della puleggia voluto, mentre nella regolazione continua le due facce della puleg-gia sono caricate da una molla in modo che, variando il carico della molla, le facce della puleggia si avvicinano o si allontanano tra loro aumentando o diminuendo cos il raggio di avvolgimento della cinghia.

    -, l l l l l l l l l __ l l l l l l l l ~-a..:~tJ

    Fig. 29 - Trasmissione a rapporto di trasmissione variabile

    Nelle regolazioni stazionarie inoltre il rapporto tra le velocit pu subire in genere variazioni dell'ordine del 10% e fino al 30% mentre la potenza mas-sima trasmissibile non supera di norma i 250 kW. Nelle trasmissioni continue invece, pur se la massima potenza trasmissibile solitamente minore, in ge-nere fino a 20 kW, si ha la possibilit di variare il rapporto tra i raggi massimi e minimi su cui si avvolge la puleggia, e quindi il rapporto di trasmissione, entro un campo notevolmente pi ampio, in genere compreso tra l e 3. Ci realizzabile per solo usando cinghie a V particolarmente larghe; adottando cinghie a V di tipo standard infatti le variazioni del rapporto di trasmissione non superano il 30% 'anche nel caso di regolazione continua.

    2.9 - Cabestani

    Nei cabestani (Fig. 30) una fune compie numerosi giri attorno a un tam-buro al cui asse applicata una coppia motrice Cm. Ai due estremi della

  • 46

    fune sono applicati da una parte il carico P da trainare e dall'altra la forza di trazione f. chiaro che la minima forza di trazione T da applicare per far muovere il carico P si ottiene quando esistono condizioni di scorrimento

    l d

    l i

    .,

    Fig. 30 - Schema di un cabestano

    f

    globale del flessibile sul tamburo. Poich l'angolo IJ* di scorrimento pari a 21rn, dove con n si indica il numero di giri della fune attorno al tamburo, si ha dalla (2.11 ):

    mentre la coppia applicata all'asse del tamburo vale:

    2.10 - Trasmissione della potenza con cinghie dentate

    Lo scorrimento che si manifesta fra u~a cinghia e una puleggia impedisce che questo tipo di trasmissione possa essere usato quando si vuole ottenere un rapporto di trasmissione costante. Per impedire lo scorrimento fra cinghia e puleggia sono state sviluppate le cinghie dentate, le quali portano una serie di denti di gomma posti a ugual distanza tra loro lungo tutta la superficie interna della cinghia (Fig. 31 ). La cinghia formata da una serie di cavi metallici immersi in un rivestimento di neoprene sul quale sono posti i denti, di solito dello stesso materiale. Le cinghie a denti offrono numerosi vantaggi, quali la

    47

    costanza del ra,pporto di trasmissione, una piccola tensione di forzamento con conseguente basso carico sui cuscinetti, minima manutenzione e possibilit di trasmissione di potenze elevate; la velocit massima raggiungibile si aggira attorno agli 80 m/s. Poich queste cinghie non possono slittare sulle pulegge su cui si avvolgono, in caso di urti esse sono sottoposte, contrariamente agli altri tipi di cinghie sino ad ora esaminati, all'intero carico d'urto.

    Fig. 31 - Cinghia a denti

    Le cinghie dentate, inoltre, hanno un costo maggiore di quello delle altre cinghie e richiedono un migliore allineamento delle pulegge.

    2.11 - Catene

    Le catene costituiscono un componente meccanico sviluppato gi nel-l'antichit. I primi disegni di catena di tipo simile a quelle attuali sono, comunque, quelli contenuti nel Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.

    Le catene vengono usate per la trasmissione del moto in numerose ap-plicazioni meccaniche ed i loro principali vantaggi consistono in: possibilit di trasmettere il moto sia tra assi vicini sia tra assi distanti, compattezza e faci-lit di installazione, flessibilit della trasmissione senza che peraltro vi siano fenomeni di scorrimento, possibilit di funzionare entro un campo molto am-pio di temperature. Le varie catene usate per la trasmissione del moto possono essere suddivise in cinque tipi principali:

    - catene ad anelli separabili; - catene a perni;

  • 48

    - catene a rulli, - catene silenziose; - catene a sfere.

    Le catene ad anelli separabili sono costituite da tanti anelli aventi l'a-spetto indicato nella Fig. 32-a) che possono venire facilmente collegati o se-parati tra loro. . .

    n passo di queste catene, ossia la distanza tra un anello ed Il successivo, varia in genere tra i 20 e i 100 mm e la massima forza di trazione da esse sopportata normalmente compresa fra 3000 e 80000 N. La catena, formata da tutti gli anelli collegati tra loro, si avvolge su due ruote a impronte come illustrato dalla Fig. 32-b).

    a) b)

    Fig. 32- Catene ad anelli separabili: (a) anello della catena; (b) schema della trasmissione

    Le catene ad anelli separabili, anche se poco costose, sono per abba-stanza rumorose durante il funzionamento, per cui il loro impiego limitato a velocit non superiori a 2 m/se a potenze non superiori ai 20 kW. Esse sono frequentemente usate in applicazioni agricole.

    Le catene a perni sono usate per velocit e per carichi maggiori dei precedenti (rispettivamente fino a 3 m/se fino a 30 kW). Esse sono costituite da anelli che portano solidalmente a una delle loro estremit un cilindro cavo (Fig. 33) internamente al quale si dispone un perno che crea di conseguenza il collegamento tra due anelli successivi.

    49

    n passo delle catene di questo tipo in genere compreso fra 25 e 150 mm ed il massimo sforzo di trazione ammissibile varia fra 15000 e 150000 N, anche se in alcuni casi eccezionali sono state costruite catene a perni capaci di sopportare carichi di trazione fino a 700000 N.

    !llll1 ~ -~ l .. -- ---- ---- . -- - --- ----Fig. 33 - Catene a perni

    Le catene a rulli costituiscono uno dei tipi di catene maggiormente dif-fusi; il loro passo compreso normalmente fra 5 e 75 mm e la massima forza di trazio'le varia tra 4000 e 600000 N. Lo schema di queste catene indicato nella Fig. 34.

    Fig. 34 - Schema di catena a rulli

    Come si pu rile~are dalla Fig. 34, un perno collega tra loro le piastrine laterali, la boccola e il rullo; mentre per il perno collegato alle piastrine esterne in modo da non ruotare rispetto ad esse, la boccola resa solidale alle piastrine interne. In questo modo l'unico strisciamento avviene tra il perno e la boccola, ed il rullo inoltre libero di ruotare attorno alla boccola stessa.

    La velocit di queste catene in media dell'ordine di 10-:- 15 mfs, ma catene a passo piccolo possono funzionare fino a 50 mfs; la massima potenza

  • 50

    trasmissibile arriva in taluni.casi sino a 1200 kW. n rapporto di trasmissione in genere non supera il valore di 1:7, mentre la distanza fra gli assi delle ruote su cui le catene si avvolgono di solito compresa fra 30 e 80 volte il passo.

    Le catene silenziose (Fig. 35) sono catene usate per la trasmissione del moto ad alta velocit, quali ad esempio il comando degli alberi a camme degli autoveicoli. La velocit da esse normalmente raggiunta di circa 25-;- 30 m/s con una potenza trasmessa fino a 1200 k W, anche se in alcuni casi si sono usate catene silenziose per trasmettere potenze dell'ordine di 2000 kW.

    Fig. 35 - Catena silenziosa

    La catena costituita da una serie di piastrine la cui superficie di la-voro rettilinea; le piastrine sono poi collegate tra loro mediante perni che si impegnano in sedi circolari in esse ricavate.

    Le catene a sfere sono usate in numerose applicazioni a bassa velocit (o addirittura a comando manuale) nelle quali la coppia da trasmettere molto piccola. In queste circostanze le .. catene a sfere offrono una grande flessibi-lit; esse possono infatti essere utilizzate per la trasmissione del moto fra assi non paralleli, oppure quando si debba far seguire alla catena un particolare percorso. La massima velocit raggiungibile , per una catena lubrificata, va-riabile tra 0,2 e 0,8 mjs, mentre la tensione massima dipende dalle dimensioni delle sfere. Per una sfera di 5 mm di diametro, la massima tensione di circa 350 N.

    51

    2.12 - Trasm~ssione del moto mediante catene

    Nella trasmissione del moto mediante catene, analogamente a quanto avviene nelle cinghie, la catena si avvolge su due ruote, solidali agli assi tra cui viene trasmesso il moto, ma in questo caso le ruote portano lungo la loro circonferenza una serie di denti nei quali vanno ad impegnarsi gli anelli della catena. Affinch la trasmissione del moto avvenga in forma corretta, la superficie attiva degli anelli della catena ed i denti della ruota debbono ne-cessariamente essere due profili coniugati, ossia nel moto relativo della catena rispetto alla ruota il dente della ruota stessa deve costituire l'inviluppo delle successive posizioni assunte dalla superficie attiva dell'anello della catena. n numero di denti della ruota varia entro limiti molto ampi: in genere esso compreso tra un minimo di 17 ed un ma(>simo di 125, ma esistono applicazioni nelle quali il numero di denti solo 6 e altre in cui si arriva fino a 250. li numero di denti z ovviamente legato al raggio primitivo R della ruota (raggio lungo il quale si dispongono i centri degli anelli della catena) e al passo p della catena. Con riferimento alla Fig. 36 si ha infatti:

    (2.29) p= 2Rsin ~ z

    Inoltre si ha che il rapporto tra i raggi r e R delle circonferenze tangenti alle rette di minima e di massima distanza della catena dall'asse della ruota dentata vale:

    (2.30) rjR = COS71'jz

    'i p l_)------

    :.--- l

    e~ e Fig. 36 - Relazione tra passo, raggio primitivo e numero di denti di una catena

  • 52

    Indicando con t:..tp l'intervallo di tempo necessario affinch la ruota dentata avanzi di un angolo corrispondente a un passo, risulta quindi:

    l::..tp = 271'/z w

    dove w la velocit angolare della ruota dentata. Poich questo tempo deve essere lo stesso per entrambe le ruote su cui si avvolge la catena, ne risulta:

    l::..tp = 271'/Zl = 27l'/Z2 wl w2

    da cui si ottiene per il rapporto di trasmissione medio l'espressione:

    (2.31) W2 Z1 Tm =- =-wl Z2

    n rapporto di trasmissione istantaneo di una catena non costante, ma oscilla fra un minimo un massimo attorno al valore medio ora indicato.

    b)

    -.--:-.::.::..-:.: .... ::: =~--c'

    -

    Fig. 37 - Schema cinematico di una trasmissione a catena

    Si consideri infatti la trasmissione a catena illustrata schematicamente nella Fig. 37; le velocit Vp 1 e Vp2 dei perni ddle catene che si impegnano con le due ruote dentate valgono (in modulo):

    Vp1 = w1R1

    Vp2 = W2R2

    53

    Le componenti di queste velocit lungo la direzione del ramo libero della catena, Vc1 e Vc 2 , debbono essere uguali, per cui:

    n rapporto di trasmis~ione istantaneo vale quindi:

    w2 R1 cos a:1 01H 1 r--- ----

    - w1 - R2cosa:2 - 02H2

    Con riferimento alla Fig. 37a, si pu anche notare che: 0 1Hd02H 2 = = CO!/C02. Come si pu ora osservare nella Fig. 37b, il punto C si sposta fra due posizioni estreme C' e C" individuate rispettivamente dalle tangenti alle circonferenze di raggi R1 e r2 , e di raggi r1 e R2

    n rapporto d trasmissione minimo quindi (ricordando la (2.30)):

    mentre il rapporto d trasmissione massimo :

    01C' R1 R1 Tmax= -==- = 02C' r2 R2 cos 7!' / z2

    Di conseguenza, l'irregolarit periodica della trasmissione a catena :

    = Tmax - Tmin = l_ Tmin = l_ COS !:._ COS !:._ ~~ ~~ ~ ~

    Tenuto conto che: cosa: == l - a:2 /2

    l'irregolarit periodica diventa, approssimativamente:

    (2.32)

    dove Tm il rapporto di trasmissione medio espresso dalla (2.31). Dalla (2.32) si pu osservare che l'irregolarit periodica E:, a parit di

    rapporto di trasmissione medio Tm, diventa tanto pi grande quanto minore il numero di denti zl> che, pertanto, non pu essere scelto troppo piccolo per evitare eccessive accelerazioni alterne della catena.

    Le forze che agiscono in una trasmissione a catena sono: - forza trasmessa dalle ruote dentate

    3. JACAZIO-PIOMBO - La trasmissione del moto

  • 54

    - tensione dovuta a forza centrifuga - tensione dovuta al peso proprio

    tensione dovuta ali 'irregolarit periodica - forza dovuta agli urti fra perni e ruote dentate.

    La forza trasmessa dalle ruote dentate dipende dalle coppie motrice e resistente e dal raggio delle ruote dentate su cui si avvolge la catena. Se R1 il raggio primitivo della ruota dentata motrice e C1 la coppia motrice, la forza minima trasmessa dal motore (ovviamente sul ramo teso della catena):

    F= c1 R1

    A questa forza si somma una tensione causata dall'irregolarit periodica che provoca forze di inerzia nella catena. L'accelerazione media della catena vale:

    Vmax- Vmin am = l::,. t

    dove f::,.t il tempo necessario affinch la catena avanzi di mezzo passo ed quindi:

    L'accelerazione media quindi: Vmax- Vmin Vmax ~ Z1wiR1 1rR1wi (l 2)

    am = -- = c--- = --- + Tm Vmax f::,.t 7r 2.:;1

    La tensione dovuta alle forze centrifughe contribuisce ad un incremento Te delle forze agenti nella catena pari a (Fig. 38):

    2Tcsin i= Fc T. _ Fc c- 2sina/2

    dove Fc la forza centrifuga di un perno e di due mezze maglie.

    La tensione della catena dovuta al peso proprio generalmente trascurabile, mentre possono essere rilevanti le forze che nascono negli urti fra i perni della catena e le ruote dentate sulle quali la catena si avvolge.

    Si consideri infatti la ruota con la Fig. 38 - Forza centrifuga in una ca-

    tena

    55

    catena a rulli illustrata nella Fig. 39: l'anello A della catena ha il rullo R1 impegnato nella ruota dentata, mentre il rullo R2 ancora libero. Durante la successiva rotazione della ruota dentata il rullo R2 si avvicina alla ruota stessa, e poich esso parte integrante dell'anello A, il suo moto relativo rispetto alla ruota dentata consiste in una rotazione attorno al centro di R1

    Fig. 39 - Urto al contatto tra catena e ruota

    Si ha quindi che il rullo R2 urta la ruota dentata con una velocit il cui modulo vale V,. = wp, dove p il passo della catena, dato dalla (2.29) e pertanto sar:

    Vr = 2wRsin~ z

    Come si pu notare quindi, la velocit d'urto tanto maggiore quanto maggiore la velocit della catena e quanto minore il numero dei denti della ruota. Per ridurre l'entit degli urti vengono usate le catene silenziose, gi in precedenza descritte, le quali, a causa della loro particolare realizzazione, toccano i denti della ruota con una piccola velocit.

    Oltre alla perdita di energia dovuta agli urti ora descritti, presente nelle catene una seconda causa di dissipazione di energia imputabile alle per-dite per attrito causate dalla rotazione relativa fra gli anelli della catena quando questa si avvolge sulla ruota.

    Per completare la descrizione della trasmissione mediante catene resta unicamente da determinare il valore della lunghezza della catena. Indicando

  • 56

    con i la distanza fra gli assi delle due ruote, con z1 e z2 il loro numero di denti e con p il passo, la lunghezza totale L della catena ottenibile dalla seguente relazione approssimata:

    L 2i Z! + Z2 ( Z2 - Z! )2 p = p + -2- + _,_4..::.11",_2 (,....ij""'"'p"-) Durante il funzionamento la catena si usura e di conseguenza la sua

    lunghezza totale aumenta leggermente. Ci costituisce un notevole inconve-niente, soprattutto nei casi in cui la catena soggetta a carichi variabili. Per evitare l'aumento degli urti e delle perdite di energia connesse con l!-na catena allentata, le trasmissioni a catena posseggono sistemi per la messa in tensione abbastanza simili a quelli delle cinghie. In generale la messa in tensione della catena si ottiene spostando la base del motore (operazione che va ovviamente pi volte ripetuta durante la vita della catena) o mediante l'applicazione di un rullino tenditore.

    2.13 - Alberi flessibili

    Gli alberi flessibili costituiscono un mezzo economico per trasmettere il moto tra assi non paralleli quando le potenze in gioco non sono troppo elevate. Oltre alla loro economicit gli alberi flessibili riducono in maniera sensibile il rumore. Esistono fondamentalmente due tipi di alberi flessibili:

    a) alberi per la trasmissione di potenza; b) alberi di controllo.

    Gli alberi flessibili sono costituiti da uno o pi strati (fino a 12) di filo di acciaio avvolto a elica attorno a un cavo flessibile centrale (Fig. 40), e sono rivestiti da un~ guaina flessibile.

    Fig. 40 - Schema di albero flessibile con vista in sezione degli attacchi l

    j l l l' 57

    La massima coppia trasmissibile dagli alberi flessibili dipende sia dalle dimensioni dell'albero, sia dal suo raggio di curvatura. Ad esempio, per un albero di 8 mm di diametro in cui la coppia massima trasmissibile di 2,8 N m con un raggio di curvatura di 150 mm, la coppia massima di 5,8 N m con un raggio di curvatura di 650 mm.

    La velocit periferica V degli alberi flessibili sempre piccola e nor-malmente non supera i 2,5 m/s; di conseguenza se si indica con d il diametro dell'albero flessibile, la massima velocit angolare n, espressa in giri al mi-nuto, data da:

    60 Vmax n=---lrd Per un albero di 8 mm di diametro si trova di conseguenza una velocit di rotazione massima pari a circa 6000 giri/min.

  • 3. INGRANAGGI

    .X/3.1 -Le ruote dentate Le ruote dentate realizzano la trasmissione del moto tra assi paralleli,

    concorrenti e sghembi mantenendo una ben definita correlazione tra la rota-zione angolare dell'albero motore e quella dell'albero condotto. Nelle applica-zioni tecniche l'uso della trasmissione del moto mediante ruote dentate risulta particolarmente vantaggioso, e a volte indispensabile, quando:

    a) si deve contenere il valore dell'interasse; b) si deve mantenere costante il valore del rapporto di trasmissione; c) si deve trasmettere una. coppia di grande intensit; d) si deve ottenere una forte riduzione di velocit entro uno spazio limitato.

    Le ruote dentate sono costituite da solidi strutturati in modo da poter ruotare attorno a un asse e sono dotate, sulla periferia, di salienti sagomati in modo opportuno, detti denti, atti a trascinare in movimento i denti di un'altra ruota dentata.

    ll meccanismo costituito da due ruote dentate che possono vicendevol-mente trasmettersi un moto rotatorio chiamato ingranaggio.

    7- 3.2 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito l

    Si considerino due ruote che ruotano attorno a due assi paralleli passanti per i centri 0 1 e 0 2 delle due ruote e che vengono a contatto in un punto C (Fig. 41). Se le due ruote sono premute l'una contro l'altra da una forza normale FN e la forza FT trasmessa in direzione tangenziale fra le due ruote tale per cui FT $ faFN, dove fa il coefficiente di aderenza fra le ruote,

    \

  • 60

    si ha fra le due ruote un moto relativo di rotolamento senza strisciamento in cui C il centro di istantanea rotazione.

    .... C, y FN 02 Fig. 41 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito

    Poich in queste condizioni la velocit relativa in C nulla, le velocit periferiche delle due ruote debbono essere uguali e, di conseguenza, indicando con w1 e w2 le velocit angolari delle due ruote, risulta:

    Tra le due ruote si ha il rapporto di trasmissione:

    (2.33) w2 r1 r=-=-. wl r2

    Poich i raggi delle due ruote sono costanti, il rapporto di trasmissione si mantiene costante nel tempo ed indipendente sia dalla posizione angolare delle ruote che dal valore della potenza trasmessa. Ci vale fino a che si mantengono le condizioni di aderenza, ossia fino a quando le coppie SlJgli assi delle due ruote sono:

    { C1 =:; faFNrl C2 =:; faFNr2

    Le ruote di attrito quindi, pur presentando il vantaggio della costanza del rapporto di trasmissione, non sono adatte alla trasmissione di potenze oltre un certo limite. Le ruote dentate, invece, sono realizzate in modo da tra-smettere la potenza meccanica mediante l'azione di forze normali scambiate

    i f.

    u ...

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    61

    k o ...,

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    u

  • 62

    fra i denti realizzando tuttavia una trasmissione del moto cinematicamente identica a quella delle ruote di attrito, come verr descritto nel successivo paragrafo.

    La trasmissione del moto mediante corpi in moto relativo di rotolamento senza strisciamento viene utilizzata nella pratica soprattutto per realizzare dispositivi a rapporto di trasmissione variabile con continuit. Nella Fig. 42 sono illustrati tre esempi di variatori continui di velocit, in cui il rapporto di trasmissione

    w2 r1 r=-=-

    wl r2 pu essere variato fra un minimo e un massimo modificando il rapporto rdr2.

    ~.3- Trasmissione del moto mediante ruote dentate

    Poich n~lla trasmissione del moto mediante ruote dentate si vuole che il rapporto di trasmissione si mantenga costante in ogni condizione di funzio::.. "' namento, necessario che i denti delle due ruote che vengono a contatto tra loro soddisfino ad alcune particolari condizioni, condizioni che verranno qui di seguito esaminate.

    Se si schematizza una coppia di denti di due ruote dentate rappresen-tandola con due corpi sagomati a contatto in un punto P (Fig. 43) solidali a due bracci ruotanti attorno agli assi (1) e (2) e si indicano con w1 e w2 i moduli delle velocit angolari degli assi medesimi, le velocit dei punti dei due denti a contatto in P valgono:

    { V1 =w101P v2 = w2 02P

    Poich durante il funzionamento i due corpi debbono rimanere a contatto, le componenti delle velocit VI e v2 secondo la normale comune di contatto debbono essere uguali, ossia, con riferimentoalla Fig. 43, deve essere:

    Da ci si ottiene: V2 w2 . o;;; cos a1 -= =--v! w1 . 0 1P cos a2

    Pertanto il rapporto di trasmissione r vale:

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    Se si vuole clie il rapporto di trasmissione r si mantenga costante occorre quindi che tale si mantenga anche il rapporto 0 1C /02C, e di conseguenza che il punto C, intersezione della normale comune delle superfici a contatto con la congiungente dei punti 01 e 02, si mantenga in una posizione fissa.

    Fig. 43 - Trasmissione del moto mediante due profili coniugati

    Per ottenere la costanza del rapporto di trasmissione si pu in generale scegliere arbitrariamente il profilo di uno dei denti e determinare di conse-guenza il profilo dell'altro in modo che sia soddisfatta la condizione prima esposta, mentre ovvio che se i profili di entrambi i denti vengono scelti a caso la legge del moto da essi realizzata sar in genere irregolare con rapporto di trasmissione continuamente variabile.

    Ritornando ora al caso della Fig. 43, si pu osservare che se il punto C mantiene invariata la sua posizione durante la rotazione dei due corpi, i successivi punti P di contatto fra i corpi stessi si spostano lungo una linea, detta linea di contatto, che nel caso pi comune di denti con profilo a evolvente di circonferenza una retta coincidente con la normale comune ai due denti. Poich la forza scambiata tra i due corpi , in assenza di attrito, anch'essa diretta secondo la normale comune alle due superfici a contatto, la linea di contatto anche chiamata, nel caso di denti con profilo ad evolvente di circonferenza, retta di pressione, e l'angolo 'IJ da essa formato con la normale alla congiungente i centri 0 1 e 0 2 prende il nome di angolo di pressione.

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    Si visto in precedenza che il rapporto di trasmissione r = w2/w 1 = 0 1C f0 2C costante se la posizione del punto C rimane invariata. Di conseguenza la trasmissione del moto tra i due corpi , dal punto di vista cinematico, identica a quella che si avrebbe tra due circonferenze di raggi r1 = 0 1C e r 2 = 0 2C, con centri in 0 1 e 0 2, ruotanti a velocit angolari w1 e w 2, e tangenti tra loro nel punto C. Queste due circonferenze ideali prendono il nome di circonferenze primitive; il punto C risulta essere il centro di istantanea rotazione nel moto relativo tra le due primitive mentre i profili dei due corpi che vengono a contatto sono profili coniugati nel moto relativo tra i corpi stessi.

    Fig. 44 - Circonferenze primitive del moto

    Si pu ancora osservare che la trasmissione del moto tra due ruote den-tate equivalente, dal punto di vista cinematico, a quella di due ruote di attrito aventi come raggi i raggi delle circonferenze primitive delle due ruote dentate.

    Anche se la velocit relativa nel punto di contatto C tra le due primitive nulla, nel punto generico P di contatto tra i due profili coniugati la ~elodt relativa in genere diversa da zero. Essa. vale infatti:

    e, nel caso della Fig. 43, si avr:

    Vr = w2 P02 sin et2 - wl P01 sin 0'1 = = w2 PH2- w1 PH1 = PC(w1 +w2)

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    La velocit di strisciamento Vr quindi, a conferma di quanto in precedenza affermato, sempre diversa da zero ad eccezione dell'istante in cui P coincide con C ed il suo valore tanto maggiore quanto maggiore la distanza del punto di contatto P dal centro di istantanea rotazione del moto relativo. Poich la potenza P.ersa per attrito tra i due corpi a contatto proporzionale alla velocit relativa, si comprende, in base alle considerazioni sopra. esposte, l'opportunit di realizzare il contatto tra. i due profili coniugati in un intorno limitato del punto C.

    /\ 3.4 - Profili dei denti

    Come si avuto modo di osservare, i profili dei denti debbono essere realizzati secondo forme opportune in modo da. poter assicurare la. trasmissione del moto fra le due ruote secondo la. legge voluta. La presentazione di una teoria. corretta. sul profilo dei denti venne fornita. per la. prima. volta. nel 1674 dall'astronomo danese Ola.f Roemer, il quale propose fra. l'altro l'adozione dei denti a. profilo cicloidale. Questo tipo di dente, largamente usato in passato, ora limitato ad alcune particolari applicazioni, mentre il profilo di dente universalmente diffuso quello a evolvente di circonferenza, proposto per la prima volta nel 1695 dal francese Philippe de Lahaire.

    La ragione principale della diffusione dei denti con profilo a evolvente di circonferenza risiede nella grande semplicit di lavorazione della superficie del dente stesso in confronto alla complessit della lavorazione di un dente cicloidale. La. migliore lavorazione rende inoltre possibile una maggiore ac-curatezza delle dimensioni del dente e si traduce in definitiva in un miglior funzionamento della trasmissione.

    Si definisce evolvente di una circonferenza la curva piana generata dal punto p di u~a retta (detta generatrice), tangente ad una circonferenza (detta circonferenza fondamentale), quando la retta rotola senza strisciare sulla cir.conferenza stessa (Fig. 45). L'evolvente di una circonferenza pu anche essere pensata come la curva descritta dall'estremo di una fune quando questa viene svolta da un rullo sul quale era arrotolata. Poich in un istante generico il punto p che descrive l'evolvente ruota attorno al punto Q, la traiettoria di p in quell'istante risulta perpendicolare al segmento PQ; pertanto l'evolvente possiede in un punto generico P una tangente t perpendicolare alla retta passante per P e tangente a sua volta .alla circonferenza fondamentale.

    Assumendo un sistema di coordinate polari avente origine in O e asse

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    di riferimento coincidente con OH si pu scrivere l'equazione rappresentativa dell'evolvente osservando che:

    e che: PQ =HQ= r r1 (si pensi infatti a come viene generata l'evol-vente), per cui:

    Eliminando l'angolo r dalle due equazioni ora scritte si ottiene di conseguenza la relazione cercata, re-lazione espressa da: Fig. 45 - Generazione dell'evolvente

    ~ = J ( ~ r -l - arctg J ( ~ r -l Si considerino ora due evolventi a contatto in un punto P (Fig. 46);

    evidente che nel punto P le tangenti alle due curve devono necessaria-mente essere coincidenti. D'altra parte la tangente ad una evolvente sempre perpendicolare alla retta generatrice la quale a sua volta tangente alla cir-conferenza fondamentale. Pertanto, essendo comune alle due evolventi la loro tangente nel punto di contatto, la normale comune in P alle evolventi stesse deve essere tangente a entrambe le circonferenze fondamentali. Se ora la cir-conferenza fondamentale (l) e la sua evolvente ruotano nel verso indicato, l'evolvente della ruota (2) sar ruotata di conseguenza, e il nuovo punto di contatto P' sar di nuovo un punto per il quale le tangenti alle due evolventi coincideranno tra loro. Poich ci avviene al solito quando la normale comune alle due evolventi tangente alle due circonferenze fondamentali, si ricava in definitiva che il punto P di contatto tra le due evolventi si sposta durante la rotazione lungo la retta tangente alle due circonferenze fondamentali. Que-sta retta, che in ogni istante la normale ai due profili a contatto, interseca quindi la congiungente 0 10 2 dei centri delle due ruote in un punto C la cui posizione fissa nel tempo. Questa condizione necessaria e sufficiente come gi si visto all'inizio di questo capitolo, affinch la trasmissione del

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    moto tra le due ruote avvenga con rapporto dtJr.asmissione _g_s.tante. Inoltre le due circonferenze di centri 0 1 e 0 2 e passanti per C rappresentano, come si avuto modo di esaminare nei paragrafi precedenti, le due primitive del moto e c il centro di istantanea rotazione nel moto relativo di una rispetto all'altra.

    Fig. 46 - Trasmissione del moto mediante due evolventi di circonferenza

    L'angolo ~ formato tra la normale ad 0102 e la tangente alle circon-ferenze fondamentali l'angolo di pressione, mentre la tangente comune alle circonferenze fondamentali altro non che la retta di pressione. Dall'esame della Fig. 46 si ottengono immediatamente le relazioni esistenti tra i raggi fondamentali r1 e i raggi primitivi r delle due ruote; si ha infatti:

    (2.34)

    n rapporto di trasmissione 1' fra le due ruote dato da:

    (2.35) T = w2 = r1 = rh w1 r2 rh

    Come si pu notare il rapporto di trasmissione risulta determinato una volta che si siano fissati i valori dei raggi delle circonferenze fondamentali, e proprio da ci nasce una importante propriet delle dentature a evolvente. Per esse

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    infatti il rapporto di trasmissione non varia al variare della distanza fra gli assi delle ruote. Si considerino infatti (Fig. 47) le due circonferenze fondamentali aventi centro nei punti 0 1 e 0 2 Se 02 si sposta nel punto indicato con 02 i punti di contatto tra le evolventi delle due circonferenze apparterranno alla

    Fig. 47 - Allontanamento dei centri delle circonferenze fondamentali

    nuova tangente comune alle circonferenze fondamentali, la quale a sua volta intersecher in C' la congiungente 0 10 2 Anche in tal caso per il rapporto di trasmissione risulta espresso da:

    Come si pu facilmente comprendere, questa propriet delle ruote dentate a evolvente di ~irconferenza assume una notevole importanza in quanto la trasmissione del moto avviene correttamente e nel modo voluto anche se gli assi delle ruote stesse subiscono durante il funzionamento piccoli scostamenti dalla loro posizione iniziale.

    Ciononostante, ogni ruota dentata viene costruita e dimensionata fa-cendo riferimento a una circonferenza primitiva nominale che rappresenta in sostanza la effettiva circonferenza primitiva della ruota stessa quando la tra-smissione funziona nelle c