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lismo.unipd.it/linkreadibile http://www.giornalismo.unipd.it/linkreadibile http://www.giornalismo L _ ink re @ d ibile 18 FEBBRAIO 2010 Periodico del Master in giornalismo "Giorgio Lago" dell’Università di Padova Numero in distribuzione gratuita Stipendi da insulto Le battaglie di ieri, oggi e domani ANNO VI - NUMERO 5 Viaggio nell’editoria di una regione che avverte i sintomi della crisi anche in questo settore Veneto, la fabbrica delle notizie Mass media: troppi restano fuori dalla porta. Colpe e rimedi VENEZIA — Viaggio nel mondo dei mass media del Veneto. Il quadro che ne esce mostra un pa- norama diversificato, ma la crisi ha lasciato il segno anche in que- sto settore, soprattutto nella car- ta stampata. Le voci di chi è ri- masto fuori dalla porta, di chi ha realizzato il proprio sogno e di chi deve garantire il futuro del- l’informazione. In tanti credono nel ruolo delle scuole di giorna- lismo e riscoprono il valore della formazione per migliorare i con- tenuti. Il ruolo dell’Ordine dei giornalisti, che mette in primo piano la deontologia professiona- le e pretende un giornalismo che rispetti le regole e le persone. GIOIA E SANTINI o A PAGINA 2 Il futuro passa per la Rete: il professionismo on-line Non resta che il web Parla Luca De Biase del «Sole» PADOVA — «Non deprimetevi, il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia- se, scrittore e giornalista del So- le 24 Ore, docente al master di giornalismo IULM di Milano, è tutt’altro che pessimista sul fu- turo della professione. Dalle te- state storiche che piano piano stanno facendo la svolta web (ve- dere il NYT che è tornato col bilancio in attivo grazie agli in- troiti del suo sito internet) alle nuove che stanno nascendo solo nella versione on-line, le oppor- tunità professionali non man- cheranno. E la tecnologia sta andando in quella direzione, cer- cando una soluzione percorri- bile per tutte le esigenze della nuova editoria: dall’iPad agli smartphone la scommessa è quella di raggiungere un equi- librio che consenta a questa nuo- va industria di diventare effi- ciente e produttiva. L’importan- te è non perdere il treno e farsi trovare pronti ad ogni sfida. OLDANI o A PAGINA 10 La carta non ha ancora detto l’ultima parola L’organizzazione dei free-lance veneti uniti per il riconoscimento della categoria Refusi, la carica dei precari «Nell’interesse di tutto il settore superare la crisi» In tv e in radio si punta su nuovi contenuti Microfoniamoci Ma l’accesso è difficile PADOVA — Compensi ridotti, contratti diversi a discrezione dell’editore e totale assenza di forme di tutela. È la dura vita del collaboratore precario alla con- tinua ricerca di una notizia che gli frutti qualche soldo in più per arrivare a fine mese. Alcuni re- sistono, altri sono costretti a cer- care un altro lavoro. A difesa della categoria è scesa in campo da un anno l’organizzazione “Re- fusi” che riunisce oltre 200 col- laboratori precari da tutto il Ve- neto. Per Nicola Chiarini, uno degli undici componenti del di- rettivo di “Refusi”, la condizione del free-lance è critica e richiede al più presto un’inversione di marcia. Non solo per il bene dei precari, ma dell’intera catego- ria. «È nell’interesse di tutto il settore superare questa crisi - precisa Nicola Chiarini - il ma- lessere dei collaboratori, infatti, si traduce in un indebolimento generalizzato». SANTINELLO o A PAGINA 4 Spesso il collaboratore deve cercare un altro lavoro PADOVA — Maggiore equità di trattamento per collaboratori e freelance. Espulsione degli abu- sivi dall’Ordine dei giornalisti. Revisione delle modalità di accesso alla professione. Introduzione di un tariffario minimo concordato tra le parti. Sono solo alcune delle battaglie che Daniele Carlon, segretario regionale del sindacato gior- nalisti del Veneto, sta portando avanti con convinzione. Essere riusciti a firmare un nuovo contratto nazionale dopo quattro anni di vuoto non lo lascia soddisfatto. Le battaglie continuano e qualche volta occorre scendere a compromessi. Ma non parlategli di casta dei giornalisti: «La casta oggi non esiste più. La maggior parte dei giornalisti lavora a tempo pieno per portare a casa uno stipendio da insulto. Meno di quello che prende una badante». E le lotte sindacali con- tinuano. GIUNTINI o A PAGINA 3 PADOVA — Il giornalista televisivo sarà una figura versatile, gior- nalista e anche telecineoperatore. Nonostante le attuali difficoltà, c’è chi ancora incoraggia i giovani aspiranti. In tv, come in radio, i ragazzi devono avere la volontà di imparare dai più esperti. BONALDI E SEMERARO o ALLE PAGINE 8 E 9 La previdenza Inpgi «Ma chi pagherà le nostre pensioni?» GUARISE o A PAGINA 12 Gli addetti stampa «Noi non siamo giornalisti di serie B» ZORZI o A PAGINA 11 PADOVA — Le interviste a Omar Monestier de «Il Mattino di Padova», a Roberto Papetti del «Gazzettino» e a Ugo Savoia del «Corriere del Veneto». I tre direttori raccontano come hanno iniziato la carriera e quali problemi sta affrontando il mondo della carta stampata. L’online sta minacciando davvero i giornali? E soprattutto, rappresenta il futuro del giornalismo? Secondo Ugo Savoia, fondatore di Corriere.it, non si può ancora discutere di redazioni online autonome da quelle che lavorano per il cartaceo. La diretta concorrente è ancora la televisione, la regina delle case italiane. Roberto Papetti invece spiega che l’immobilismo delle redazioni rischia di soffocare la crescita dei quotidiani regionali come il suo. Omar Monestier sottolinea l’importanza, per un quo- tidiano locale, di essere presente e ben radicato sul territorio. Una riflessione che mette d’accordo i tre direttori riguarda i colla- boratori, considerati di fondamentale aiuto per una redazione. GALEOTTI E SANTATO o ALLE PAGINE 6 E 7 La crisi ha investito anche il mondo dell’editoria Le ricette degli addetti ai lavori per superarla Campo San Polo a Venezia dove ha sede l’Ordine dei giornalisti veneti SPECIALE INFORMAZIONE SINDACATO

L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

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Page 1: L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

lismo.unipd.it/linkreadibile http://www.giornalismo.unipd.it/linkreadibile http://www.giornalismo

L_ink re@dibile18 FEBBRAIO 2010

Periodico del Master in giornalismo "Giorgio Lago" dell’Università di Padov a

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Stipendi da insultoLe battaglie di ieri, oggi e domani

ANNO VI - NUMERO 5

Viaggio nell’editoria di una regione che avverte i sintomi della crisi anche in questo settore

Veneto, la fabbrica delle notizieMass media: troppi restano fuori dalla porta. Colpe e rimedi

VENEZIA— Viaggio nel mondodei mass media del Veneto. Ilquadro che ne esce mostra un pa-norama diversificato, ma la crisiha lasciato il segno anche in que-sto settore, soprattutto nella car-ta stampata. Le voci di chi è ri-masto fuori dalla porta, di chi harealizzato il proprio sogno e dichi deve garantire il futuro del-l’informazione. In tanti credononel ruolo delle scuole di giorna-lismo e riscoprono il valore dellaformazione per migliorare i con-tenuti. Il ruolo dell’Ordine deigiornalisti, che mette in primopiano la deontologia professiona-le e pretende un giornalismo cherispetti le regole e le persone.

GIOIA E SANTINI

o A PAGINA 2

Il futuro passa per la Rete: il professionismo on-line

Non resta che il webParla Luca De Biase del «Sole»PADOVA — «Non deprimetevi,

il futuro non è tutto nero. Unmondo sta finendo, ma un altrosta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master digiornalismo IULM di Milano, ètutt’altro che pessimista sul fu-turo della professione. Dalle te-state storiche che piano pianostanno facendo la svolta web (ve-dere il NYT che è tornato colbilancio in attivo grazie agli in-troiti del suo sito internet) allenuove che stanno nascendo solonella versione on-line, le oppor-

tunità professionali non man-cheranno. E la tecnologia staandando in quella direzione, cer-cando una soluzione percorri-bile per tutte le esigenze dellanuova editoria: dall’iPad aglismartphone la scommessa èquella di raggiungere un equi-librio che consenta a questa nuo-va industria di diventare effi-ciente e produttiva. L’importan-te è non perdere il treno e farsitrovare pronti ad ogni sfida.

OLDANI

o A PAGINA 10

La carta non ha ancora detto l’ultima parola

L’organizzazione dei free-lance veneti uniti per il riconoscimento della categoria

Refusi, la carica dei precari«Nell’interesse di tutto il settore superare la crisi»

In tv e in radio si punta su nuovi contenuti

MicrofoniamociMa l’accesso è difficile

PADOVA — Compensi ridotti,contratti diversi a discrezionedell’editore e totale assenza diforme di tutela. È la dura vita delcollaboratore precario alla con-tinua ricerca di una notizia chegli frutti qualche soldo in più perarrivare a fine mese. Alcuni re-sistono, altri sono costretti a cer-care un altro lavoro. A difesadella categoria è scesa in campoda un anno l’organizzazione “Re-fusi” che riunisce oltre 200 col-laboratori precari da tutto il Ve-neto. Per Nicola Chiarini, unodegli undici componenti del di-rettivo di “Refusi”, la condizionedel free-lance è critica e richiedeal più presto un’inversione dimarcia. Non solo per il bene deiprecari, ma dell’intera catego-ria. «È nell’interesse di tutto ilsettore superare questa crisi -precisa Nicola Chiarini - il ma-lessere dei collaboratori, infatti,si traduce in un indebolimentogeneralizzato».

SANTINELLO

o A PAGINA 4 Spesso il collaboratore deve cercare un altro lavoro

PADOVA — Maggiore equità di trattamento percollaboratori e freelance. Espulsione degli abu-sivi dall’Ordine dei giornalisti. Revisione dellemodalità di accesso alla professione. Introduzionedi un tariffario minimo concordato tra le parti.Sono solo alcune delle battaglie che DanieleCarlon, segretario regionale del sindacato gior-nalisti del Veneto, sta portando avanti conconvinzione. Essere riusciti a firmare un nuovocontratto nazionale dopo quattro anni di vuotonon lo lascia soddisfatto. Le battaglie continuanoe qualche volta occorre scendere a compromessi.Ma non parlategli di casta dei giornalisti: «Lacasta oggi non esiste più. La maggior parte deigiornalisti lavora a tempo pieno per portare acasa uno stipendio da insulto. Meno di quello cheprende una badante». E le lotte sindacali con-tinuano.

GIUNTINI

o A PAGINA 3

PADOVA — Il giornalista televisivo sarà una figura versatile, gior-nalista e anche telecineoperatore. Nonostante le attuali difficoltà, c’èchi ancora incoraggia i giovani aspiranti. In tv, come in radio, i ragazzidevono avere la volontà di imparare dai più esperti.

BONALDI E SEMERARO

o ALLE PAGINE 8 E 9

La previdenza Inpgi

«Ma chipagheràle nostre

pensioni?»GUARISE

o A PAGINA 12

Gli addetti stampa

«Noi nonsiamo

giornalistidi serie B»

ZORZI

o A PAGINA 11

PADOVA — Le interviste a Omar Monestier de «Il Mattino diPadova», a Roberto Papetti del «Gazzettino» e a Ugo Savoia del«Corriere del Veneto». I tre direttori raccontano come hannoiniziato la carriera e quali problemi sta affrontando il mondo dellacarta stampata. L’online sta minacciando davvero i giornali? Esoprattutto, rappresenta il futuro del giornalismo? Secondo UgoSavoia, fondatore di Corriere.it, non si può ancora discutere diredazioni online autonome da quelle che lavorano per il cartaceo.La diretta concorrente è ancora la televisione, la regina delle case

italiane. Roberto Papetti invece spiega che l’immobilismo delleredazioni rischia di soffocare la crescita dei quotidiani regionalicome il suo. Omar Monestier sottolinea l’importanza, per un quo-tidiano locale, di essere presente e ben radicato sul territorio. Unariflessione che mette d’accordo i tre direttori riguarda i colla-boratori, considerati di fondamentale aiuto per una redazione.

GALEOTTI E SANTATO

o ALLE PAGINE 6 E 7

La crisi ha investito anche il mondo dell’editoriaLe ricette degli addetti ai lavori per superarla

Campo San Polo a Venezia dove hasede l’Ordine dei giornalisti veneti

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SINDACATO

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L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 20102

CLAUDIA GIOIA

VENEZIA — «Master e scuoledi giornalismo saranno il futurodell’informazione. Uniche vied’accesso per diventare giorna-listi professionisti e garantire laqualità delle notizie».

Ne è convinto il presidentedell’Ordine dei giornalisti delVeneto Gianluca Amadori, cheappoggia con forza l’idea che solouna maggiore preparazione pro-fessionale possa salvare l’edito-ria dal suo attuale stato di crisi.L’impegno è quello di garantirestrutture di formazione d’avan-guardia, punti di eccellenza cheforniscano ai “giovani” giorna-listi gli strumenti necessari peraffrontare in modo più consa-pevole il mondo del lavoro.

«Oggi in Italia ci sono ventiscuole di giornalismo. E sonotroppe – precisa Amadori -. Cin-que sono state chiuse recente-mente, ma si dovrà riaprire dinuovo una discussione perchéalla fine rimangano solo quellepiù meritevoli. Non dovrà esserepiù dato spazio all’improvvisa-zione». A suo giudizio i masterprofessionali dovranno svolgereuna duplice funzione: offrire daun lato le giuste competenze econoscenze in ambito deontolo-gico, giuridico e culturale, e dal-l’altro promuovere un laborato-rio tecnico-pratico che possa for-nire una vera esperienza sosti-tutiva del tradizionale pratican-tato. L’impegno di formazione eaggiornamento professionalesembra non riguardare solo que-sta categoria di giornalisti.

«La legge 69 del 1963 (ordina-mento della professione giorna-listica, ndr) – spiega il presidente– nasce in una realtà in cui ilmondo dell’informazione eracompletamente diverso rispettoa oggi. Recentemente si è pre-sentata l’esigenza di “regolariz-zare” e controllare, ad esempio,l’elenco dei pubblicisti. Nel cor-

so degli anni, con l’esplosione dinuovi tipi di attività, testate mi-nori o locali, uffici stampa, web,tv private ecc.. il pubblicismo si èun po’ “snaturato”. Ci sono in-fatti giornalisti pubblicisti checontinuano a mantenere una lo-ro attività principale, e a dedi-carsi al giornalismo come secon-do lavoro, pur in maniera con-tinuativa. Ma dall’altra parte cisono anche pubblicisti che si de-dicano al giornalismo come uni-ca professione. C’era bisogno didefinire meglio questa catego-ria».

Dal 2010 per accedere all’elen-co dei pubblicisti (oggi raggiun-gono 3600 iscritti), si dovrannoseguire nuove direttive. Il con-siglio nazionale dell’Ordine deigiornalisti ha reso infatti obbli-gatorio lo scorso giugno un corsodi formazione per ottenere uf-ficialmente l’iscrizione all’Albo.Gli aspiranti pubblicisti dovran-no frequentare dei corsi specificiche si concluderanno con un col-loquio finale e il rilascio di un

giornamento costante, durantetutta la carriera, attraverso cor-si, convegni e specializzazioni».

L’Odg del Veneto ha fondatouna scuola di giornalismo inti-tolata a Dino Buzzati, una strut-tura in grado di offrire occasionidi confronto e di crescita pro-fessionale aperta a tutti i gior-nalisti. «Un’impresa non facile –ammette Amadori – ma dobbia-mo renderci conto che le cosesono cambiate. Oggi all’internodelle redazioni c’è sempre menotempo per insegnare e seguire iredattori “meno esperti”. Spessopoi molte collaborazioni vengo-no fatte “a distanza”. L’Ordinedeve offrire nuovi strumenti,utili ai più giovani, ma rivoltianche ai giornalisti già “avvia-ti”, che devono sempre “tenersial passo”, aggiornandosi costan-temente, consapevoli che la real-tà è in continua evoluzione».

Certo, la realtà del giornali-smo è in evoluzione. Cambiata,trasformata. Chi si avvicina aquesto mondo lo sa bene. Lo san-

viltà e unica strada possibile pergarantire una migliore qualitàdi informazione. Perché senzauna minima, dignitosa, adegua-ta retribuzione sarà difficile ot-tenere buoni risultati. Ed è con-veniente che le cose cambino,anche per gli editori, perché alungo andare lo scarso controllosulla qualità dei prodotti non pa-ga. Per uscire dalla crisi, riav-vicinare la gente alla lettura eattirarla verso i nuovi mezzi dicomunicazione e di informazio-ne bisogna cambiare mentali-tà».

Il controllo sulla qualità passaperò anche attraverso il rispettodelle norme deontologiche. L’Or-dine ne garantisce l’applicazioneper tutelare la correttezza del-l’informazione. I dati forniti, re-lativi al 2009, mostrano un’atti-vità di controllo nel Veneto sulfronte disciplinare in forte cre-scita rispetto agli anni preceden-ti. Nell’ultimo anno infatti, ilConsiglio regionale ha preso inesame e definito 50 fascicoli supresunte violazioni commesseda giornalisti iscritti all’Alboprofessionale del Veneto, denun-ciate attraverso esposti o segna-lazioni. O attraverso la consuetaattività di monitoraggio. I frontiprincipali su cui si concentral’attenzione riguardano i mino-ri, la carta di Treviso, violazioniin termini di privacy, omessareplica o rettifica, commistionetra pubblicità e informazione,conflitto di interessi. In totale lesanzioni disciplinari inflitte dal-l’Odg Veneto in dodici mesi, so-no state 21: una radiazione, duecensure e 18 avvertimenti, di cui11 disposti direttamente dal pre-sidente, come stabilisce l’artico-lo 52 della Legge Professionale,con richiamo all’osservanza deidoveri professionali.

«Il nostro monitoraggio è co-stante. Non sta a me giudicare –chiosa Amadori – ma credo chesi stia facendo un buon lavoro».

Speciale Veneto e informazione

A colloquio con il presidente dell’Ordine Regionale Veneto dei giornalisti Gianluca Amadori

«Scuole, futuro dell’informazione»Solo la maggiore preparazione professionale può salvare l’editoria

Il presidentedell’Odgdel VenetoGianlucaAmadori

CHI È

Veneziano, classe 1963,Gianluca Amadori è l’attualepresidente dell’Ordine deigiornalisti del Veneto. Croni-sta di giudiziaria del Gazzet-tino dal 1992, ha seguito tutte leprincipali inchieste e processipassati per il Palazzo di Giu-stizia di Venezia: da Tangen-topoli ai Serenissimi, dallemorti del Petrolchimico diMarghera al caso Unabomber.

Nel 2003 ha pubblicato il li-bro "Per quattro soldi. Il giallodella Fenice dal rogo alla ri-costruzione". È stato fino a po-chi anni fa corrispondente delCorriere della Sera da Veneziae collaboratore di Panorama.

Intervista con Maurizio Paglialunga, consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti

«La crisi vera è quella dei contenutiServe maggiore approfondimento»

Intanto per la prima volta si discute in Parlamento la riforma dell’Odg

MaurizioPaglialunga

m e m b rodel Consiglio

nazionaledell’Odg

“ LA RIFORMALa via d’accessoalla professionesarà soltantol’Università

“ L’ O R D I N ELa vera ragionedella sua esistenzaè la vigilanzadeontologica

MASSIMILIANO SANTINI

PADOVA — Peso, competenzee responsabilità dell’Ordine nel-l’attuale processo di ridefinizio-ne della professione giornalisti-ca: ne parla Maurizio Paglialun-ga, ex presidente dell’Odg Ve-neto, oggi membro del ConsiglioNazionale.

Cosa ha fatto l'Ordine deiGiornalisti da quando la crisifinanziaria ha acuito quellastrutturale della carta stam-pata?

«Per la prima volta dopo quasimezzo secolo in commissioneparlamentare si discute una pro-posta di riforma della legge isti-tutiva dell'Ordine del 1963 . Unanorma che necessita di essererivista perché all'epoca la realtàera profondamente diversa. Og-gi la multimedialità ha ridise-gnato la professione e l’accessoad essa. Basti pensare che inbase alla legge del 1963 bastava laterza media per esercitare. Ma lariforma, essendo l'Ordine isti-tuito per legge, la deve fare ne-cessariamente il Parlamento. Fi-nora non si era mai riusciti pervia di una serie di resistenzeinterne. Il Parlamento, ancorchépieno di giornalisti, subisce lepressioni di alcune lobbies chehanno tutto l’interesse a far ri-manere tutto così com’è. La Fieg,ad esempio, rivendica il diritto

degli editori ad assumere chiun-que vogliano come qualsiasi al-tra azienda privata. Ma questasembra la volta buona. La pro-posta di riforma è stata formu-lata dall’Odg all’unanimità. Cer-to non si possono conoscere itempi, ma si tratta ad ogni mododi un primo, deciso passo inavanti».

Qual è la maggior novitàinserita nella riforma?

«Da quando si è insediato treanni fa, il nuovo Consiglio Na-zionale ha ridiscusso le modalitàd'accesso alla professione. In-nanzitutto, ha rivisto con mag-gior severità i parametri neces-sari per il riconoscimento delpraticantato attraverso le scuoledi giornalismo. Da 21 sono stateridotte a 16; 4 sono state sospeseper inadeguatezza e una quinta,a Milano, ha rinunciato permancanza di fondi. La tesi cheadesso è prevalsa nella catego-ria, seppur tra mille perplessità,è che debba esserci l’accesso uni-

co alla professione per via uni-versitaria. In futuro chi vorràfare il giornalista dovrà esserepreparato e aggiornato per leg-ge. È ovvio che di cose da fare nerestano tante, ma da qualcheparte si dovrà pur iniziare. Farel’esame con il computer anzichécon la macchina da scrivere, adesempio, è già un segnale im-portante».

L’idea di un Ordine, pecu-liarità tutta italiana, non lesembra in conflitto con l’ar-ticolo 21 della Costituzione?

«Non vedo perchè. La libertàdi espressione e di pensiero èlimitata dalla legge italiana alfine di garantire il rispetto dellapersona. Ed è proprio l’Odg checompenetra il diritto ad essereinformati e la tutela dei soggetti.Non si può scrivere ciò che sivuole. La questione centrale, re-sta la vigilanza sulla deontogia, èquesta la vera ragion d’esseredell’Ordine».

Però c’è chi sostiene che i

risultati non siano soddisfa-centi neppure da quel punto divista. Cosa risponde?

«Non è vero, l’Odg fa moltis-simi provvedimenti deontologi-ci. Proprio in Veneto c’è stata laradiazione dall’Albo del diret-tore di una televisione. Solo che itempi sono lunghi: è un processovero e proprio quello che vieneistruito. Con 5 gradi di giudizio,moltissimi beneficiano dellaprescrizione che scatta dopo 7anni. Anche queste procedurevanno riformate».

Se i giornalisti vengonosfruttati è solo colpa degli edi-tori?

«Difficile non ammettere unconcorso di colpe. Il primo pro-blema è che non esiste di fatto untariffario vincolante per il la-voro autonomo. Gli editori, diconseguenza, possono rifiutarsidi trattarlo come quello dipen-dente. Poi, c’è una mancanza ditutela da parte dei giornalistiche hanno ruoli di vertice in

redazione. Non si battono per-ché i collaboratori siano pagatidi più e tendono a non consi-derarli dei pari. Altra questione:a moltitudine di sottopagati deveriuscire a organizzarsi, non con-fidando solo sul sostegno delleredazioni. E troppo spesso fini-scono per "cannibalizzarsi" l'unl'altro con una corsa al ribasso dicompensi. Infine, gli editori fan-no i propri interessi perpetuan-do la corsa al ribasso».

L’online sembra una terradi frontiera. Cosa si può fareper regolamentarlo?

«C’è la necessità di arrivare adelle testate giornalistiche in cuiun direttore responsabile ri-sponda delle notizie che vannoin rete. Va strutturato come ungiornale. Non deve esserci spa-zio per chi vende bufale. Nelfuturo dell’online vedo credibi-lità, autorevolezza e notizie apagamento. Già negli Usa si staprocedendo in questa direzio-ne».

Le riorganizzazioni azien-dali del biennio post-crisi so-no costate 700 posti di lavoro.Verranno rioccupati o il pro-cesso è irreversibile?

«Che vengano rioccupati ho imiei dubbi. La crisi c’è, soprat-tutto per la stampa. Ma che siriduca tutto a un discorso me-ramente economico ed inelutta-bile è sbagliato. In Italia non siriflette sui contenuti, sulla cre-dibilità. Dal giornale, il citta-dino pretende approfondimentoe interpretazione, per l’informa-zione c’è la tv. Ma se gli si vendeuna verità precotta come puòfidarsi? Continuare a credereche sia un cretino è sbagliato. Iprincipali responsabili di questodegrado sono, con le dovute ec-cezioni, i direttori dei giornali.Sono diventati l’ultimo funzio-nario aziendale anziché il primodei giornalisti. Ad ogni modo, ilbisogno di essere informati re-sterà sempre, qualsiasi siano leforme».

“ LE SANZIONI21 provvedimentidisciplinari2 censuree 18 avvertimenti

“PUBBLICISTIObbligatori nuovicorsi di formazioneper ottenerel’iscrizione all’Albo

“ IL TARIFFARIOGli editorine dovrebberoprendere attoe pagare di più

attestato di frequenza.L’Odg veneto si è già attivato

per introdurre un po’ per volta lenovità volute dall’Ong e a Ve-nezia è quasi tutto pronto per farpartire l’iniziativa. «Il program-ma che abbiamo preparato ver-terà principalmente sulle normedeontologiche, sul diritto all’in-formazione e un po’ di storia delgiornalismo. Per riuscire a daredelle conoscenze di base e ren-dere i giornalisti più preparati epiù consapevoli del lavoro cheandranno a svolgere. Ma è soloun punto di partenza. Il punto diarrivo sarà quello di impegnaree abituare i giornalisti ad un ag-

no bene tutti quei giornalisti,giovani e meno giovani che so-prattutto negli ultimi anni sonocostretti a barcamenarsi tra mil-le collaborazioni sottopagate perpoter sperare in uno stipendioquantomeno dignitoso e in unapossibile assunzione futura.«Una delle sfide più importanti –commenta il presidente dell’Odgveneto - è proprio quella di riu-scire a convincere gli editori atrattare su dei minimi tariffari estabilire precise condizioni ditrattamento per i free lance ocollaboratori esterni. Questa pe-rò non è competenza dell’Ordine.Tra l’altro una normativa euro-pea ha annullato di fatto il ta-riffario e la legge sulla concor-renza. Escludendo anche la pos-sibilità di creare dei tariffari mi-nimi sulle professioni. Quelliche aveva precedentemente sta-bilito l’Ordine poi, erano sola-mente indicativi, unilaterali enon riconosciuti dagli editori. Ecomunque oggi non esistono piùneanche quelli».

«C’è però una possibilità diintervento, a livello sindacale -aggiunge -. È una delle battagliepiù difficili. Una battaglia di ci-

“ LA STOCCATAIn Italia la stampaha perso credibilitàe autorevolezzaVende verità precotte

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L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 3Speciale Veneto e informazione

Il ruolo del sindacato. Parla il segretario veneto Daniele Carlon

«C’era una volta la casta, moltioggi pagati come una badante»LUCA GIUNTINI

PADOVA — C’era una volta la ca-sta. C’era una volta una schiera digiornalisti soddisfatti e ben pagati.C’era un periodo nel quale la cartastampata non era in crisi. Gli edi-tori pagavano regolarmente e non cisi doveva arrabattare a tirare suuno stipendio da miseria lavorandocome muli.

A raccontarle sembrano favole.Perché oggi la realtà del giornali-smo è molto diversa. E difficilmentesi concluderà con “vissero tutti fe-lici e contenti”.

Daniele Carlon, segretario delsindacato giornalisti del Veneto, hatrent’anni di carriera alle spalle.Esperienza ne ha da vendere, saràper questo che, lui, alle favole noncrede: «Casta? Quale casta?! – ri-sponde stupito - Come possiamoparlare di casta quando la maggiorparte dei giornalisti precari, lavo-rando a tempo pieno, porta a casa afine mese 600-700 euro? È una pagada insulto. Meno di quello che gua-dagna una badante».

Segretario, è una situazione li-mite quella che sta raccontando.

«Niente affatto. Parlo della situa-zione veneta naturalmente, che co-nosco bene. Qui il 70% dei giornalilocali è scritto da collaboratori sot-to-pagati. Al Corriere del Veneto lanera e la giudiziaria sono fatte in-teramente dai precari. Al Resto delCarlino una notizia viene pagata 1euro. Al Gazzettino 3 euro. I colla-boratori vengono sfruttati fino aquando fa comodo, con l’illusioneche prima o poi verranno assunti,invece vengono sostituiti appena sitrova un collaboratore disposto a fa-re lo stesso lavoro per meno soldi. Epoi la gente ha il coraggio di parlaredi casta…»

Gian Antonio Stella non sareb-be d’accordo. I giornalisti non so-no dei privilegiati?

«Guardi, Stella, oltre a essere ungrande professionista è anche mioamico. Però i giornalisti che godonodei privilegi sono una minoranza.Lo stesso Stella, se non fosse per isoldi che ricava dai libri e dalle ap-parizioni in tv, non avrebbe il red-dito che ha. E comunque i privile-giati, come li chiama lei, sono so-

prattutto nella televisione. Io, piut-tosto che di casta, parlerei di lob-by».

I giornalisti dunque non sonopiù i cani da guardia del potere?

«I giornalisti sono i cani addo-mesticati della politica. Perché i po-litici vogliono delle marionette, nondei professionisti».

Mi sembra una visione pessi-mista la sua.

«No, credo invece che la profes-sione non andrà peggiorando. I gior-nalisti dovranno saper fare un po’ ditutto: scrivere pezzi per il web, sa-per utilizzare le piattaforme mul-timediali, registrando pezzi audio evideo. Oppure, al contrario, specia-lizzarsi in un determinato settore.Sicuramente però non verranno pa-gati come una volta. A parte i singolicasi naturalmente».

Capitolo contratto. Come sin-dacato siete soddisfatti del risul-tato ottenuto?

«La situazione era questa: da unaparte noi, come sindacato, a volerefortemente un nuovo contratto do-po quattro anni di vuoto (l’ultimoera scaduto nel 2005, ndr); dall’altraparte la Fieg, pressata dalla crisipeggiore che abbia investito l’edi-toria negli ultimi dieci anni. E poi ilgoverno, che alla luce di questa si-tuazione contingente, aveva il col-tello dalla parte del manico. Peròabbiamo fatto il possibile per dare

un minimo di respiro alla categoria.Non era facile: in un periodo di crisicome questa il potere contrattualesi abbassa notevolmente».

A una parte della categoriaquesta chiusura non è piaciuta.

«Lo so. Però è una minoranza. Perla prima volta il sindacato, dopoaver firmato il contratto con le partiinteressate, lo ha sottoposto a re-ferendum e questo è stato approvatoa larga maggioranza. Siamo final-mente riusciti a parificare i gior-nalisti, anche precari, alle altre ca-tegorie industriali. Grazie all’ap-porto dell’Inpgi abbiamo tolto le pe-nalizzazioni ai colleghi colpiti daprepensionamenti. E gli scatti di an-zianità non sono stati smantellati:come invece voleva la Fieg».

Prima accennava alla crisi. LaFnsi ha stimato che nel 2009 i pia-ni di riassetto aziendale hannoportato a un massiccio ricorso al-la cassa integrazione e alla per-dita di 700 posti di lavoro.

«In Veneto sono stati decretatimolti stati di crisi: al Gazzettino,all’Arena, al Giornale di Vicenza,all’Ansa, nei periodici San Paolo, aD-News Verona, e nel gruppo E-Po-lis, dove i colleghi da un anno sonoin arretrato di stipendio di due me-si».

Parliamo del caso del Gazzet-tino.

«Durante la precedente gestione,

targata Benetton, il Gazzettino hafatto largo uso di contratti a termineper sostituire chi lasciava il gior-nale. Questi vuoti di organico, circa20 posti, venivano compensati conuna rotazione di ben 80 lavoratori atermine. Poi è arrivata la gestioneCaltagirone e, da un giorno all’altro,ha deciso che non avrebbe assuntonessuno di questi precari. Con il no-stro aiuto abbiamo aperto delle cau-se e abbiamo vinto. Così, dei 19 pre-pensionamenti previsti dall’azien-da, siamo riusciti a ridurre i tagli a 5colleghi».

Ci sono altre lotte sindacaliche sono andate a buon fine?

«All’Arena di Verona si prevede-vano 12 tagli, al Giornale di Vicenza8. Dopo una trattativa serrata siamoriusciti a raggiungere un accordoche prevede 7 uscite al quotidiano diVerona e 5 in quello vicentino. Alfree-press D-News Verona invece,grazie ai contratti di solidarietà, ab-biamo scongiurato il licenziamentodi 9 colleghi che non avevano dirittoal prepensionamento».

La Fnsi ha chiesto un ripensa-mento delle modalità di accessoall’Ordine. Lei cosa ne pensa?

«Sono d’accordo. Il praticantatodeve essere l’unica strada di accessoalla professione. Non sono contra-rio ai master universitari. Tanto-meno voglio criticare quello di Pa-dova. È piuttosto il meccanismo ge-

nerale che non funziona. Hannocontribuito a sconvolgere il merca-to del lavoro e a creare un eccesso diofferta. Ma la domanda non c’è per-ché il lavoro manca. È una situa-zione deleteria e controproducenteperché stiamo sfornando professio-nisti disoccupati. I numeri parlanochiaro: sono oltre 100 mila, tra pro-fessionisti e pubblicisti, i colleghiiscritti all’albo. Tutti dovrebberoversare i contributi all’Inpgi. E in-vece che succede? Che i giornalistiiscritti all’istituto di previdenza so-no solo la metà. Quindi c’è una si-tuazione paradossale: ci sono iscrit-ti all’ordine che non fanno i gior-nalisti, e chi invece, pur essendoiscritto, non esercita la professio-ne!»

Quali provvedimenti occorro-no?

«Dobbiamo sbattere fuori chinon esercita effettivamente la pro-fessione e denunciarne l’esercizioabusivo. Tornando ai master ingiornalismo invece, se proprio nonvogliamo parlare di uno stop totale,riduciamone almeno il numero:due-tre di alta qualità basterebberoin tutta Italia. Così avremo anchemaggiori possibilità di garantire aimasterini uno stage retribuito. Stia-mo facendo solo gli interessi dellelobby universitarie. Tra masterinie precari invece è una guerra trapoveri».

Collaboratori e freelance sonoquelli che godono di minori tu-tele sindacali. Come vi state muo-vendo al riguardo?

«Con Refusi (il coordinamentodei freelance veneti, ndr) abbiamolottato per inserire il tariffario mi-nimo dei compensi nel decreto “Mil-le proroghe” del governo. Purtrop-po non ci siamo riusciti. Ma la stra-da è questa: concordare con le partiun tariffario, così da porre dei pa-rametri certi e non creare discre-panze nel trattamento economico.Per quanto riguarda i collaboratorivogliamo che il loro stipendio siaadeguato a quello degli altri dipen-denti. Altrimenti le aziende terran-no solo tre o quattro capo-redattori,esternalizzando tutto il lavoro e leredazioni si svuoteranno».

Qual è oggi il ruolo del sinda-cato?

«Grazie ai comitati di redazione,cerchiamo di rappresentare non so-lo i giornalisti, ma tutti i giorna-lismi del Veneto. Abbiamo raddop-piato gli sforzi per far fronte allamole di cause in corso, mantenendoallo stesso tempo la gratuità del pa-trocinio delle vertenze legali in pri-mo grado. Cosa non scontata se sipensa che siamo l’unica associazio-ne stampa d’Italia a fornire questacopertura. Quello che è certo però èche non ci interessano i giornalistiche non fanno i giornalisti».

Daniele Carlon, segretarioregionale della Federazione

Nazionale StampaItaliana. Lavora

al ”Mattinodi Padova”

Un momento della manifestazione per la libertà di stampa del 1° ottobre 2009

“GIORNALISTILa politica vuoledelle marionetteI professionistisono addomesticati

«Da precariaa vicedirettrice»

“ L AV O R OStiamo sfornandotroppi disoccupatiContinuare cosìè deleterio

PADOVA — Una laurea in giuri-sprudenza, un lavoro come legale,un buono stipendio. La vita di Mar-co De' Francesco andava più o menocosì. Almeno fino al 2006, quando, a37 anni compiuti, ri-mette tutto in discus-sione. E si iscrive alMaster in Giornali-smo dell'Universitàdi Padova per prova-re a fare il giornali-sta. Oggi è collabora-tore del Corriere delVeneto e direttore re-sponsabile del porta-le Ideapadova.it.

Marco si può direche ce l'hai fatta.

«Beh, ce l'ho fattaancora no, ci vuoletempo. Certo tra i col-laboratori sono unodi quelli che sta meglio, perché ilCorriere paga bene i collaborato-ri».

Quali sono le tue prospettivenel giornale?

«Per l'assunzione ci vuole tempo,ma penso arriverà. Il problema èquando: normalmente ci voglionoquattro o cinque anni e io sono lì daun anno e mezzo. Però chi lo sa, ma-gari si aprono delle strade».

E poi c'è il tuo sito.«Sì, un’idea nata al master. Dopo

le lezioni sui nuovi media ho deciso

di disegnare il sito. Prima non sa-pevo nemmeno cosa fosse l'html mal'importante è tentare».

Sei soddisfatto di come va?«Sì, abbiamo già due sponsor e

dovrebbero entrarnealtri due. Tra giorna-le e sito dovrei averelo stesso stipendio diquando lavoravo inbanca».

Non per tutti vacosì bene...

«Infatti. La condi-zione dei collaborato-ri è gravissima. Tantiprendono 3-400 euro esono costretti a farepiù collaborazioni.Un collega di un quo-tidiano locale hascritto 163 articoli inun mese. Io 63 e ho

preso più del doppio».Tu come ti regoli con i tuoi col-

laboratori per il sito?«Li pago molto più di diversi quo-

tidiani locali. Magari non ci faròmai i soldi, ma intanto si possonofare delle cose belle. Solo così la gen-te si impegna e ti resta fedele».

Consiglieresti ad un giovane difare il giornalista?

«Certo. Se uno è appassionato lepersone se ne accorgono. E poi que-sto è il lavoro più bello del mon-do». (l.p.)

VENEZIA — «Pensavo che latv non sarebbe mai stata la miastrada. Ora non farei a cambiocon nient’altro». Fino a pocotempo fa Matteo Mohorovicich,giornalista verone-se, trent’anni anco-ra da compiere, eraconvinto che il suomondo sarebbe sta-to certamente quel-lo della carta stam-pata. Da ottobre2008 lavora comeredattore nella sedeRai del tg regionaleveneto.

Perché hai cam-biato idea e seifinito in tv?

«Dopo il masterin giornalismo aPadova ho collabo-rato con alcune testate e quo-tidiani nazionali. Ero contentoma non riuscivo a raggiungereuna stabilità economica. Hoinviato curricula ovunque esolo una radio, locale, mi harisposto e mi ha offerto unacollaborazione. Ho accettato».

E poi com’è andata?«È stato difficile i primi tem-

pi, ma lì ho imparato molto.Poi è uscito il concorso Rai perla na scita di Buongiorno Re-gione. Ho voluto provare, ho

fatto le selezioni. Ed eccomiqua».

Che rapporto hai con laredazione?

«In quanto ultimo arrivato,pensavo che avreitrovato un climaaustero. Ma non èstato così. E a parteun breve periodo di“rodaggio”, mi han-no dato fin da su-bito diverse re-sponsabilità. Forsesi fidano..» (sorri-de).

Serve più ini-ziativa o fortuna?

«Ci vuole moltainiziativa persona-le e passione, mabisogna anche es-sere pronti a co-

gliere al volo le occasioni che sipresentano».

Che cosa consigli ai gio-vani collaboratori che spe-rano di trovare un loro postonel mondo del giornalismo?

«Di non mollare. Di avereuna visione aperta, senza pre-cludersi nessuna strada. Fuoriè una giungla, ho avuto lapossibilità di rendermene con-to personalmente. E in un certosenso mi sento un privilegia-to». (c.g.)

PADOVA — Il presente di Eleo-nora Vallin si riassume in una fra-se: «Mi sento realizzata».

Chi non lo sarebbe dopo averraggiunto la qualifica di vicediret-trice di un impor-tante mensile eco-nomico? «Volevo fa-re la giornalista daquando avevo 6 anni–racconta Eleonora-e adesso che sono vi-ce direttrice della ri-vista NordestEuro-pa rivesto un ruolomanageriale digrande responsabi-lità. Ma è stata du-ra».

È stata dura mace l’hai fatta. Co-me hai comincia-to?

«Dopo essermi laureata in Let-tere moderne ho cominciato a col-laborare con varie testate di Ro-vigo. Nel 2005 sono entrata al ma-ster in giornalismo di Padova. Perun lungo periodo, oltre a frequen-tare i corsi, ho continuato la miacollaborazione giornalistica e adinsegnare in una scuola superio-re. Insomma, è stata una fatica!»

L’esperienza del master ti èservita?

«Soprattutto per svolgere il pra-ticantato, che avevo già chiesto,

senza risultati. Poi ho avuto lagrande occasione di svolgere duestage che mi hanno aperto la stra-da per una futura occupazione.Uno al Sole 24 Ore di Milano, l’al-

tro nella redazionedi Padova».

Ti piaceva giàl’economia dun-que.

«In realtà no. An-che se mi ero già oc-cupata di marketingper un’azienda di co-municazione. Sape-vo solo che non eroportata per la crona-ca nera. Avevo chie-sto il Corriere dellaSera di Milano.Quando, invece, mihanno detto che miavrebbero mandata

al Sole 24 Ore ho chiesto almeno ildomenicale, perché non mi senti-vo preparata in economia. Invece,piano piano, la materia mi è pia-ciuta. Nel secondo stage al Sole diPadova ho cominciato a fare dellesostituzioni. Mi sono fatta notare el’editore mi ha dato l’incarico divicedirettrice a NordestEuropa».

Sogni nel cassetto?«Mi piacerebbe scrivere un ro-

manzo. Per adesso però mi baste-rebbe riuscire a mantenere questocontratto». (l.g.)

«Il mio segreto?Tanta passione»

«Sognavo il giornaleed è arrivata la Rai»

Marco De’ Francesco Matteo Mohorovicich Eleonora Vallin

LE STORIETRE GIORNALISTI USCITI DAL MASTER DI PADOVA RACCONTANO LA LORO ESPERIENZA

Page 4: L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 20104

collaboratori infatti si traduce in unindebolimento generalizzato».

La condizione dei collaborato-ri si è aggravata ultimamente?

«Rispetto all’anno precedente il2009 è stato più difficile. La tendenzaal calo nei pagamenti è un dato difatto. Ora il precario è costretto afare più lavori per sbarcare il lu-nario. E la situazione si aggrava nel-

l'editoria minore dove gli impren-ditori sono meno preparati ad af-frontare la crisi».

Rispetto alle altre regioni ilVeneto come se la cava?

«In Veneto la situazione è tragi-camente simile a quella di tutte lealtre regioni. Ma ci sono anche casilimite. Ho saputo che in Sicilia al-cuni quotidiani pagano un euro adarticolo. Sono condizioni offensivee inaccettabili. Lo testimonia la for-mazione in tutta Italia di gruppi dicollaboratori precari. Sarebbe belloriuscire a convocare entro la finedell'anno un’assemblea nazionale».

Che rapporti avete con l'Ordi-ne dei Giornalisti e con gli edi-tori?

«Se l’ordine ha dimostrato moltaattenzione al problema dei precari,con gli editori non abbiamo ancoraottenuto un colloquio. Credo nonabbiano interesse ad aprire un ta-

traddizione che ci impedisce di trat-tare collettivamente con l’editore».

Non esiste un contratto unicoche tuteli i diritti del giornalistaprecario?

«No, la situazione è frammentatae ogni realtà editoriale ha il suo con-tratto di collaborazione. Subito do-po la costituzione del direttivo di“Refusi” abbiamo chiesto agli edi-tori veneti le tipologie contrattualiutilizzate. Non abbiamo ancoraavuto risposte. E intanto stiamo or-ganizzando una serie di assembleeterritoriali dove i collaboratori ve-neti porteranno la loro situazione

cupa tutt’oggi di cronaca politica eamministrativa, il giovane ha ma-turato negli anni una convinzione.Quello dei precari è un problemache riguarda l’intero mondo dell'e-ditoria. Se un anello cede, si spezzatutta la catena.

Qual è la situazione del colla-boratore giornalistico in Vene-to?

«Il precario del giornalismo vie-ne percepito come un lavoratore au-tonomo quando si parla di diritti,ma è un dipendente per doveri, ca-richi di lavoro, responsabilità e im-pegno. È questa la principale con-

Speciale Veneto e informazione

Parla l’organizzazione “Refusi” che riunisce oltre 200 collaboratori veneti

I precari: «Senza di noiaffonda tutto il settore»

“ C O N T R AT T OLa situazioneè frammentataOgni realtàha il suo modello

Nicola Chiarini33 anniè giornalistap ro fe s s i o n i s t aDal 2004collaborastabilmentecon il Corrieredel VenetoDallo scorsoo t t o b refa partedel direttivodi “Refusi”

Compensi ridotti del 60 per cento«Più rispetto per la professione»

Lo sciopero al Gazzettino di Vicenza, una decisione sofferta

Giornalista per passione«Fortuna che ho un altro lavoro»La ricerca della notizia, un mestiere da svolgere nei ritagli di tempo

“OBIETTIVOPiù chiarezzaa livello contrattualesupporti concretie forme di tutela

“ FUTUROL’informazione localesopravviveràla notizia vicina a noiè più interessante

contrattuale. Non vogliamo pian-gerci addosso. L'idea è di dare unordine di grandezza al disagio, ca-pire quali sono le emergenze dei col-leghi e quindi avviare un'azione sin-dacale efficace».

Che origine ha il gruppo “Re-fusi”?

«L'organizzazione, che oggi hasuperato i 200 iscritti, nasce nell'am-bito del Sindacato dei giornalisti delVeneto. Considerato che semprepiù colleghi faticano a sbarcare illunario, l'idea di un gruppo auto-or-ganizzato è venuta naturalmente. Ilprimo atto ufficiale di “Refusi” ri-sale allo scorso maggio, nell'ambitodi un'assemblea alla fiera di Padovacui parteciparono circa 150 colleghiveneti. In ottobre, quindi, la nascitaformale del direttivo».

Qual è l'identikit del precarioiscritto a “Refusi”?

«Si va dal collaboratore con ven-t'anni di esperienza alle spalle fino aquello che ha cominciato da pochianni e sta diventando pubblicista.L'età media – sulla trentina - è re-lativamente bassa. La maggior par-te degli iscritti fa il giornalista dimestiere, una buona fetta ha supe-rato l’esame di stato ed è professio-nista. Alcuni riescono a mantenersicon le collaborazioni, molti però so-no costretti a rimanere a casa con igenitori o a convivere con altre per-sone per arrivare a fine mese».

Qual è l’ obiettivo di “Refusi”?«Ottenere più chiarezza a livello

contrattuale aprendo una trattativacon gli editori. Ci interessa che ven-gano riconosciuti dei supporti con-creti, rimborsi e forme di minimatutela per il collaboratore. In fondo ènell’interesse di tutto il settore su-perare questa crisi. Il malessere dei

volo con la nostra categoria, sareb-be pericoloso per loro».

Come avete reagito al recentesciopero dei collaboratori delGazzettino di Vicenza?

«Abbiamo espresso solidarietà aicolleghi vicentini attraverso unanota ufficiale. Più dello scioperosingolo però credo sia utile ragio-nare in termini ampi e condivisi.Personalmente non sono molto af-fascinato dal gesto dannunzianodello sciopero. Ma per raggiungereil nostro obiettivo faremo tutto ciòche è utile. Se ci saranno mobili-tazioni in futuro le decideremo divolta in volta».

Qual è il futuro della cartastampata?

«Non credo che la scomparsa del-la carta stampata sarà così rapidacome alcuni vogliono farci credere.Inoltre l’informazione locale è de-stinata a sopravvivere. La notiziainfatti diventa tanto più interessan-te quanto più è vicina al lettore. Inogni caso è fondamentale continua-re a investire nella formazione pro-fessionale».

Meglio la formazione “fai date” o quella offerta dalle scuole digiornalismo?

«La formazione sulla strada haun valore impagabile. Le scuole digiornalismo dall’altro lato hanno laloro importanza, anche se sono uninvestimento pericoloso».

Cosa risponde a chi accusa igiornalisti di aver perso lo spi-rito di ricerca della notizia?

«Finché ti pagano un sacchetto dicaramelle per articolo…».

Un consiglio a chi decide di in-traprendere questa professione?

«Di pensarci bene. La fregatura èche è un bel mestiere».

VICENZA — «La situazione siè aggravata dalla scorsa estate, icompensi sono stati ridotti del60 per cento. Un grosso disagioper chi fa questo lavoro a tempopieno».

A lanciare l'allarme è LauraPilastro, 33 anni, uno degli ottocollaboratori precari del Gaz-zettino di Vicenza che lo scorsogennaio hanno scioperato pertre giorni. «È stata una de-cisione molto sofferta e pon-derata ma ci è sembrata l’unicastrada per esprimere la con-dizione di malcontento gene-ralizzata. Siamo esasperati».

Un gesto estremo che testi-monia la necessità di una veloceinversione di rotta. «Non pre-tendiamo di essere assunti,chiediamo solo il rispetto dellaprofessione che svolgiamo. Ri-spetto che passa anche attra-verso compensi più equi». PerLaura Pilastro, che dopo la lau-rea in Lettere, collabora con ilGazzettino dal 2003, non è solouna questione economica, maanche di qualità dell’informa-zione. «Come può un collabo-ratore che guadagna in medianove euro ad articolo portare acasa un prodotto di qualità senon riesce nemmeno a pagarsile spese?».

E così l’idea nostalgica delgiornalista alla ricerca dellanotizia va a cozzare con scon-trini da pagare e fatture noncoperte. «Ora ogni volta cheesco per un servizio sono co-stretta a calcolare quanto micosterà e quanto ci guadagnerò– confessa Laura - con i com-pensi che intasco spesso nonriesco nemmeno a coprire lespese di telefono, gli sposta-menti e il tempo perso».

Un degrado della condizionedel giornalista precario che alGazzettino di Vicenza ha colpitoin particolar modo. «Sono statimesi molto difficili. Oltre alla

riduzione dei compensi e allachiusura della redazione vicen-tina, si è aggiunto anche ilnuovo formato tabloid. Ora lospazio da riempire è molto ri-dotto e i pezzi più redditizi daoltre tremila battute sono quasiun miraggio». E così non restache cercare un altro lavoro perarrivare a fine mese. «Ho sem-pre abbinato al giornalismo unimpiego part-time in ufficistampa per avere maggiore si-curezza economica. Da questaestate però l’agenzia di comu-nicazione dove lavoro mi hachiesto maggiore disponibilità.

E così – continua Laura -demoralizzata dalla situazionedi stallo al Gazzettino, ho ri-dotto la collaborazione con ilquotidiano. Se prima scrivevoin media due articoli al giorno,ora ne invio pochi a settimana.È solo grazie allo stipendio del-l'agenzia se vivo e riesco amantenermi da sola».

Sconforto e umiliazione perònon bastano a spegnere l’en-tusiasmo per un mestiere di-namico e avvincente come quel-

lo del giornalista. «Ho pensatopiù di una volta di mollare tutto– ammette Laura Pilastro – manon sono convinta di questascelta. Finora mi ha sostenutol’amore per questa professioneche spero di poter continuare inaltre condizioni».

La speranza infatti è l'ultimaa morire e il mestiere del col-laboratore giornalistico nascon-de, secondo la ragazza, nuoviorizzonti da esplorare. «La fi-gura del free-lance sta pren-dendo sempre più piede nelmondo dell'editoria. Per questocredo che il futuro del gior-nalismo sia legato al ricono-scimento dei diritti di questaprofessione». Poco importa poise a veicolare la notizia sarà unfoglio di carta o lo schermo delpc. «Non so se la carta stampatamorirà. Forse col passare deglianni diverrà supporto di ap-profondimento ad altre piatta-forme. Il futuro dell'informa-zione - continua Laura Pilastro -sta sul web grazie al dina-mismo, all'immediatezza e allafacilità di fruizione garantiti dainternet. Lo testimonia anche lascelta di molti editori esteri chehanno chiuso i battenti e si sonotrasferiti in rete». Non tutto èperduto dunque. «Se tornassiindietro - ammette la giovane -rifarei le stesse scelte perchésono testarda e soprattutto per-ché ho sempre agito spinta dallapassione. Nel bene e nel malequesta esperienza mi ha in-segnato molto». Via libera quin-di all'istinto. Anche se, pen-sandoci un po' su, una regolaaurea da non dimenticare maici sarebbe...«Chi è determinatoa diventare giornalista devecercare degli spazi propri, ca-pire di cosa vuole scrivere escavarsi una nicchia. Il futuro –conclude Laura Pilastro - è ungiornalismo di specializzazio-ne». (l.s.)

PADOVA — «A volte mi chiedoperché lo sto facendo. La risposta èper passione. Potrei farlo anchegratis ora che ho un altro lavoroche mi dà da vivere. Peccato ri-chieda impegno, energia e tempoche spesso non avanzano».

Per Francesco Casoni, 29 anni,iscritto al registro dei pubblicistidel Veneto, quello del collabora-tore è più un hobby che un lavoro.L'altra metà della sua vita, quellache gli permette di vivere da soloed essere autonomo è scandita da-gli impegni al Centro Servizio Vo-lontariato di Rovigo dove lavoracome addetto stampa con contrat-to a tempo indeterminato dall'ot-tobre del 2007. Una vera benedi-zione a detta del giovane che avevagià collezionato una serie di col-laborazioni giornalistiche ai limi-ti dello sfruttamento.

Dopo l'esperienza da precario alquotidiano “La voce di Rovigo” enei mensili “La città” e “La Piaz-za”, è arrivato il lavoro al “Cor-riere del Veneto”. «Quando ho ini-ziato, impegnato anche con uncontratto a progetto al Centro Ser-vizio, scrivevo un articolo al gior-no. Ora il tempo libero è molto li-mitato: ho ridotto la collaborazio-ne a un paio di pezzi a settimana».

Un cambiamento che comun-que non ha influito granché nelletasche del ragazzo: «Il massimoche ho guadagnato al Corriere delVeneto è stato di 600 euro in unmese. E dal 2007 a oggi nulla è cam-biato: il costo della vita cresce, glistipendi invece no. Questo è il veroproblema». Senza contare le pro-spettive di crescita praticamentenulle. «In qualsiasi posto di lavorodopo un paio d'anni ci si aspetta diavere un ritorno economico mag-giore. Io da due anni attendo an-cora risposta in merito al rimbor-so delle spese telefoniche».

E nonostante tutto, quello delcollaboratore giornalistico è unmestiere che attira ancora molti

giovani. «Preferisco collaboraredall'esterno che restare in redazio-ne a fare “desk” - continua Fran-cesco - girando per le strade possoparlare direttamente con le per-sone e vedere le cose mentre ac-cadono. È questo il vero modo difare giornalismo».

Due diverse mansioni all'inter-no dello stesso giornale, due figure– quella del collaboratore e quelladel redattore – che spesso proce-dono su binari paralleli. «Tra re-dazione e precari manca la coe-sione. Entrambi faticano a com-prendere i problemi degli altri.Non c'è una vera e propria colla-borazione, anche se poi alla finesiamo tutti sulla stessa barca».

Scarsa la coesione anche con icolleghi dello stesso “rango”, co-me ha dimostrato il recente scio-pero dei collaboratori del Gazzet-tino di Vicenza. «Ho saputo la no-tizia tardi e questo è sintomaticodel fatto che ci muoviamo ancoraper gruppetti. Il problema – spiegaFrancesco Casoni – è che tra i col-laboratori, proprio perché precarie quindi terrorizzati dalle even-

tuali ritorsioni, non si riesce nep-pure a parlare di sciopero. L'ar-gomento è tabù». Ma per il giovanerodigino la questione va affronta-ta comunque: «Più logico sarebbeorganizzare uno sciopero unita-rio. Io sono favorevole anche a for-me radicali come lo sciopero nonpreannunciato. Forse avrebbemaggiore efficacia».

La strada però è ancora lunga.«È già stata una grazia riuscire amettere in piedi un coordinamen-to di free-lance precari veneti co-me “Refusi”. Non mi pare che lacategoria dei giornalisti brilli percoscienza professionale».

Disilluso e un po' amareggiatoFrancesco Casoni non risparmiapessimismo neppure parlando delfuturo dell'editoria. «Se la tenden-za è di svilire il lavoro dei colla-boratori a lungo andare si rischiadi avere giornali fatti di comuni-cati stampa ribattuti. Lo scadi-mento di qualità nell'informazio-ne è già evidente». Quanto ai col-laboratori, secondo il ragazzo lacategoria non è ancora destinata asparire. «Nella migliore delle ipo-tesi si creerà un continuoturn-over di precari. Si rischia co-sì di perdere persone con anni diesperienza alle spalle. Collabora-tori in grado di offrire al giornaleuna qualità superiore dell'infor-mazione».

Contro il degrado del sistemaquindi non resta che investire nel-la formazione e nella professiona-lità. «È molto importante che cisiano delle scuole di giornalismo.Il loro compito è quello di trasmet-tere un bagaglio di conoscenze chealtrimenti rimarrebbe legato al ta-lento e all'esperienza di singoli in-dividui». Ripartire dai banchidunque per salvare il mestiere.«Una delle pecche del giornali-smo, almeno per come è stato fattofinora, è la mancanza di una vera epropria professionalità in conti-nuo aggiornamento». (l.s.)

Laura Pilastro è praticante free-lance Francesco Casoni è pubblicista

LUISA SANTINELLO

PADOVA — Sottopagato, umilia-to, senza orari né tutele. Pratica-mente in mutande. È il popolo deicollaboratori che ogni giorno “bat-te” le strade della città e le aule isti-tuzionali in cerca di notizie.

Senza il suo contributo moltigiornali si troverebbero con l'acquaalla gola. Eppure quella dei colla-boratori rimane una categoria bi-strattata. Contro la mancanza di ga-ranzie si batte l'organizzazione “Re-fusi” che da circa un anno raccogliefree-lance da tutto il Veneto. Nel-l'ottobre scorso la consacrazione uf-ficiale con la nascita del direttivo.Undici collaboratori precari alla te-sta dell'organizzazione veneta. Traquesti Nicola Chiarini, giornalistaprofessionista di Rovigo, 33 anni dicui gli ultimi dieci trascorsi nelmondo della carta stampata. Dai set-timanali “L'Adige”, “Diario” e “Av-venimenti”, fino al quotidiano“Corriere del Veneto” per cui si oc-

Page 5: L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 5Speciale Veneto e informazione

L’ e d i t o r e . Alessandro Zelger (Athesis) indica il futuro del giornali locali: «Facili e di servizio»

«Scendiamo dal piedistallo»«Più rapporto con i lettori e presenza sul territorio per uscire dalla crisi»

“ LA SITUAZIONEÈ un momentomolto difficile,non si tornerà piùai livelli di prima

“ I N T E RV E N T INecessaria unariduzione dei costie la riorganizzazionedei giornali

“G I O VA N INon è un buonmomentoma loro hannodelle carte in più

LETIZIA PASCALE

VERONA — «Sapevamo che pri-ma o poi sarebbe arrivata. Solo èsuccesso prima del previsto a causadella crisi economica». La valangache ha travolto il mondo dell'edito-ria, Alessandro Zelger, consiglieredelegato del gruppo editoriale Athe-sis, la stava aspettando. Dal suo os-servatorio privilegiato, sulla pol-trona più alta di un impero che com-prende testate come il Giornale diVicenza e L'Arena di Verona, l'ave-va visto. Internet, free press, mul-timedialità: i cambiamenti eranotroppi e troppo veloci perché i gior-nali potessero uscirne indenni. «Unnuovo modello di business ancheper la carta stampata era inevita-bile. Certo, se ci fosse stato qualcheanno in più per poterlo attuare sisarebbero evitati tutti questi stra-volgimenti». Ma la crisi economicaha accelerato tutto. E ora di stra-volgimenti ce ne sono eccome.

Quanto è grave questa crisi ecome sta cambiando il mondodell'editoria?

«Il momento è veramente molto,molto difficile. Perché a una crisidel modello di editoria della cartastampata, si è aggiunta la crisi eco-nomica mondiale, che ha avuto ri-flessi immediati sul fatturato pub-blicitario. Questa situazione co-stringe gli editori ad accelerare deicambiamenti nei loro prodotti. Perla verità può anche essere un beneperché chi è più bravo alla fine sitroverà meglio, ma sta causando an-che molte difficoltà. Quando cala inmaniera brutale il fatturato, perchécala una voce importante come lapubblicità, infatti, il riequilibriodelle aziende va fatto con interventiimportanti sui costi».

Quanto crede durerà ancoraquesta situazione?

«Io credo che ai livelli di primanon si tornerà più. Certo, si rico-mincerà a crescere ma nel frattem-po saranno cresciuti anche gli altrimedia. Internet, che ora fa ancorapoco fatturato, va seguito e guar-dato con molta attenzione perché èquello che presumibilmente neltempo avrà il maggiore sviluppo

mentre gli altri si assesteranno sulivelli che non saranno più quelli diprima».

Anche il vostro gruppo ha avu-to qualche difficoltà…

«Sì, il 2009 è stato un anno de-cisamente non positivo, soprattuttoper quanto riguarda la raccolta pub-blicitaria. Negli ultimi 10 o 15 annisiamo sempre cresciuti come pub-blicità. Invece l'anno scorso abbia-mo avuto una flessione a due cifrepercentuali quindi molto importan-te, dovuta molto alla pubblicità na-zionale che non dico sia sparita masi è ridotta moltissimo».

Le vendite invece sono rimastecostanti?

«C'è stata una leggera diminuzio-ne, ma non preoccupante. Abbiamo

un trend che certamente non è dicrescita rispetto agli anni passatima è di flessione molto leggera».

Voi avete firmato al ministerodel Lavoro l'accordo relativo allo"stato di crisi" aziendale. Perchéquesta scelta?

«Per l'editoria lo stato di crisi vie-ne identificato dalla tendenza, nondai risultati. I nostri risultati, in-fatti, sono sempre rimasti positivi.Ma per dichiarare lo stato di crisibasta che ci siano una serie di in-dicatori, nel nostro caso la pubbli-cità, che fanno prevedere che i ri-sultati di positività possano cam-biare segno. Lo stato di crisi con-sente di utilizzare degli ammortiz-zatori particolari per l'editoria, co-me il prepensionamento».

Quanti sono stati i prepensio-namenti nel vostro gruppo?

«Tra Verona e Vicenza mi pare 14su una forza lavoro di circa 80 per-sone. Ma hanno riguardato soloquelli che avevano la possibilità diandare, neanche uno in più. E poi sitratta di interventi non drammati-ci. Certo, collocano giornalisti inpensione prima del 65esimo anno dietà, ma con retribuzioni molto pa-ragonabili a quelle che avrebberoavuto lavorando».

E insieme ai prepensionamen-ti c'è anche un blocco delle as-sunzioni?

«Sì, è una regola di comporta-mento. Se l'azienda lascia a casagente accedendo a degli ammortiz-zatori che hanno un costo sociale,non può poi farne entrare altra checosta meno. Ci si deve organizzarecon quelli che si ha per la durata del

piano, che è di due anni».Non si rischia che ne escano

impoverite le redazioni?«Beh ci deve essere una riorga-

nizzazione della redazione, che è an-che una riorganizzazione del pro-dotto. Qui è il direttore più che l'e-ditore che deve fare la sua parte.L'editore gli dice "questa è la forzalavoro che hai a disposizione" ma glidice anche "con questa forza lavorodevi fare un giornale più bello diprima", perché dietro a questi pianic'è una necessità di rilancio, non siriducono solo i costi».

E voi come avete intenzione dirilanciare i vostri prodotti?

«Puntando sulla nostra specifici-tà caratteristica: noi siamo giornalilocali e dobbiamo forzare semprepiù il localismo. Dobbiamo arrivarefin negli angoli della provincia e co-sì contribuire alla creazione di quel-le cose che poi su internet vanno perla maggiore che sono le comunità diinteressi. Il giornale, infatti, conti-nua a svolgere un ruolo importantema in modo diverso da internet. Bi-sogna imparare a convivere con ilweb».

Come si può fare?«Semplicemente svolgendo due

ruoli diversi. Internet lancia il pri-mo flash e il giornale approfondisce.Ma soprattutto internet consenteun dialogo molto più veloce col ter-ritorio. Oggi non si può più pensaredi andare avanti con le lettere algiornale. Questo è tipico di un gior-nalismo dall'alto verso il basso, diun giornale che si mette sul piedi-stallo. Noi dobbiamo assolutamentescendere da questo piedistallo e ac-celerare le relazioni col nostro ter-ritorio. E diventare un giornale diservizio».

Cioè?«Un giornale facile. Bisogna

prendere atto che siamo in una so-cietà in cui c'è poco tempo, si è sem-pre di fretta. Quindi dobbiamo co-struire relazioni facili con i nostrilettori e giornali sempre più vicinialle loro esigenze, anche nell'impo-stazione grafica: il boxino che fa ilriassunto, la fotografia. Così anchedando solo un'occhiata il lettore ca-pisce già cosa è successo. È un gior-

nalismo molto diverso da quello chesi faceva anni fa, di lettura, di ap-profondimento. Ora dobbiamo farel'approfondimento su temi selezio-nati. Però sul grosso delle notizie civuole molto servizio, molta sempli-ficazione e molto dibattito sul ter-ritorio».

Vista la situazione oggi non cisono chance per i giovani che spe-rano di entrare nel mondo delgiornalismo?

«Beh, di sicuro non è un buonmomento, però può esserlo a breveperché il giovane ha delle carte inpiù. Proprio perché viene da un re-cente contatto con l'università, conla scuola, col mondo giovanile portaun'esperienza più nuova rispetto achi lavora da 20 anni all'interno diuna redazione e si è formato in unasocietà completamente diversa. Ilgiovane sa usare internet, sa qualisono le specificità del mezzo».

Voi avete collaboratori? Comevi regolate con loro?

«Ne abbiamo tantissimi. Alcunecentinaia. Saranno 300 o 400 controcirca 110 giornalisti assunti tra Ve-rona, Vicenza e Brescia. Noi cer-chiamo di contrattualizzare tutti icollaboratori precisando bene cosafanno. Non facciamo fare a un col-laboratore il lavoro che farebbe unapersona dipendente chiamandolocollaboratore e quindi giocando suinomi. Ognuno sa quello che gli sichiede e quello che gli si può dare.Poi può accettare o non accettarema non creiamo illusioni».

Eppure si sentono molte storiedi giornalisti costretti a vivereper anni di collaborazioni sotto-pagate e precariato nella speran-za di un'assunzione...

«Questo non ci riguarda. E nonsolo non è ammissibile, ma non ènemmeno corretto sul piano etico.Noi abbiamo addirittura impeditol'accesso al collaboratore nelle re-dazioni per evitare che si creasserosituazioni del genere. In linea dimassima un collaboratore sa di ri-manere tale. Poi è ovvio che se ca-pitasse la possibilità di un'assunzio-ne si va a cercare prima tra gior-nalisti che già si conoscono, quindianche tra i collaboratori».

I piani di Filippo Jannacopulos per l’emittente “Rete Veneta”

«Entro quest’anno saremoin tutte le città del Veneto»

Alessandro Zelger, consigliere delegato del gruppo editoriale Athesis

PADOVA — Non hanno maisentito parlare di co.co.co,non sanno cosa sia unco.co.pro, né si sono mai sen-titi proporre un contratto atermine. Disoccupati? Tutt'al-tro. Assunti. E a tempo in-determinato. Sembra impos-sibile eppure è proprio così: sesei un giornalista e lavori aRete Veneta, significa che intasca hai un contratto a tempoindeterminato. Parola di Fi-lippo Jannacopulos. L'editoredell'emittente televisiva vene-ta ha le idee chiare sulla suasquadra e sui rapporti di la-voro che devono regolarla.«La mia è una posizione per-sonale - spiega - nel settoregiornalistico preferisco averedei dipendenti, con cui ci siaun rapporto ben definito findall'inizio, piuttosto che unapletora di collaboratori concui non c'è chiarezza né dauna parte né dall'altra». In-somma o tempo indetermi-nato o niente. Un caso piùunico che raro in un mondo incui, sempre più spesso, l'assunzione arriva, se arriva, dopoanni di collaborazioni sotto-pagate e contratti a termine.Ma guai a parlargli di ec-cezione, questa per lui è lastrada più normale: «Uno cheentra da noi fa una scelta,sposa un progetto e quindi sene assume sia gli obblighi che

le soddisfazioni e i diritti,come è giusto che sia».

Una scelta non solo etica,ma anche pratica. La scelta diun imprenditore che vuolegestire la sua azienda nelmodo più produttivo. Inge-gnere e appena 33enne, Jan-nacopulos è arrivato all'edi-toria quasi per caso e con-tinua a mantenere il prag-matismo di un editore nonpuro. Per quanto l'avventuradell'editoria lo appassioni, in-fatti, continua a considerarela sua tv prima di tutto un'a-zienda da far fruttare. «Sitratta di lavoro, di svilupparebusiness».

E per ora ci sta riuscendobene. Con 55 dipendenti, unaventina di giornalisti (tutti

giovanissimi) e quattro re-dazioni di tg locali, l'emittentetelevisiva gode di ottima sa-lute. E, in un 2009 nero nonsolo è riuscita ad evitare itagli, ma anche ad espandersi.Ai tg di Bassano e Treviso, sisono aggiunti quelli di Ve-nezia e Padova. «Abbiamo in-crementato l'organico - rac-conta Jannacopulos - e di pocoanche il fatturato. Quindi ab-biamo fatto una crescita si-gnificativa». Ma non basta:«entro la fine del 2010 pun-tiamo a coprire tutte le cittàcapoluogo di provincia con untelegiornale locale». In praticasi sta lavorando sulla nascitadi altre quattro redazioni: Vi-cenza, Verona, Rovigo e Bel-luno.

Un progetto sicuramenteambizioso, soprattutto se pa-ragonato ai ridimensiona-menti che tante imprese edi-toriali sono costrette ad af-frontare in questo periodo.Ma reso possibile, spiega l'e-ditore, dalla qualità dell'of-ferta. «Se tu ampli l'infor-mazione e dai qualità, haiascolti - è convinto - e se haiascolti, hai anche la possi-bilità di espandere la tuaclientela».

Ma se i progetti sono tanti,non manca neanche qualcheproblema. «Difficoltà ci sono etantissime», ammette realisti-co Jannacopulos. Ad esempioun calo della pubblicità sem-pre più evidente. Da questasituazione, però, Rete Venetaè riuscita ad uscire quasiindenne aprendosi a due mer-cati, quello veneziano e pa-dovano, in cui prima era pocopresente. E tra gli ostacoli dasuperare c'è anche l'arrivo deldigitale terrestre. Entro ot-tobre 2010, infatti, tutto ilVeneto dovrà passare per leg-ge alla nuova tecnologia. E illavoro per adeguarsi è giàcominciato: «lavoriamo ala-cremente da un paio d'anni»,spiega. Ma nonostante l'emit-tente non sia impreparata, ilsalto continua a spaventare.«Ci saranno molti investimen-ti tecnologici con scarse pos-

sibilità di rientro. Lo dicosempre io: ci fanno investireper legge. Dal punto di vistadei contenuti si dovrà pro-durre molto di più. Insommapiù lavoro, molti investimentie ritorno incerto».

Ma con più lavoro, forse, cisarà anche più spazio per chivuole provare ad entrare nelmondo del giornalismo tele-visivo. Non sarà comunquefacile, ammette Jannacopulos,perché «in questo momentonon sono tante le tv locali cheassumono». E per chi vuole

tentare, mette in guardia, c'èun prerequisito fondamenta-le: essere completamente au-tonomi dal punto di vistatecnico. «Bisogna assoluta-mente sapere usare la tele-camera e conoscere un pro-gramma di montaggio. Ormaila professione del giornalistaè quella del video reporter. Sesi è bravi e si ha una buonaconoscenza degli strumentitecnici non ci saranno grossiproblemi. Altrimenti non esi-ste la minima possibili-tà». (l.p.)

“D I G I TA L ESignificheràpiù lavoroe investimentima ritorno incerto

La sala di regiadi una televisione

Filippo Jannacopuloseditore dell’emittenteRete Veneta

Page 6: L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 20106 Speciale Veneto e informazione

CCCAAARRRTTTAAA SSSTTTAAAMMMPPPAAATTTAAAIII DDDIIIRRREEETTTTTTOOORRRIII

La ricetta dei giornali locali contro la crisi?Riscoprire la vocazione sul territoriotenendo sempre un occhio sul mondo

Il direttore del “Mattino”, Omar Monestier, consiglia ai giovani più collaborazioni

«Basta con i giornali fotocopiaOggi serve più originalità»

“ FUTUROI precaridiventerannoliberiprofessionisti

«Se ci credi, vai a

ALESSIA GALEOTTI

PADOVA — Profezie apocalit-tiche o meno sulla carta stam-pata, morirà?

«Nessuna profezia apocalittica.Sono convinto che sia iniziata unanuova stagione per l'informazione.Basta giornali fotocopia, bastagiornali che vivono sulle agenzie,basta giornali che vivono solo dicollaboratori. Repubblica ha af-frontato la crisi in maniera deter-minata, ha ricostruito tutto il gior-nale, cambiandone i contenuti estravolgendo l'impostazione. Ora èun giornale più critico, più com-battivo, esattamente come voglio-no i lettori».

E la ricetta per i giornali lo-cali?

«Non so come se la caveranno imiei concorrenti ma so quello cheho detto alla mia redazione, ovveroche voglio un giornale diverso, chenon abbia paura di fare scelte ori-ginali. Sono contrario alla logicadel pensiero unico che ci fa apriretutti con la stessa notizia. Bisognaavere il coraggio di accorciare leconferenze stampa, che sono ciòcon cui vengono riempiti i telegior-nali locali e molta stampa gratuita,di tornare a fare inchieste e denun-ciare».

Come affrontare la crescenteconcorrenza del web?

«Noi non siamo in competizionecon Internet perché non diamoquelle informazioni. Se consultosull'i-phone il sito di Repubblica odel Corriere troverò i primi cinquetitoli uguali: Iran, Afghanistan,Berlusconi, Bertolaso, l'incidenteferroviario mortale. Ma nessuno diloro avrà Solesino, Monselice, Cit-tadella, il sindaco Zanonato... Noidobbiamo riscoprire la nostra vo-cazione sul territorio, continuan-do ad avere un occhio anche sulmondo, naturalmente. Bisogna sta-re più attenti a quello che abbiamovicino, è questa l'unica manierache abbiamo per difenderci».

Quanto pesa la crisi economi-ca sulle tirature del Mattino?

«Il nostro giornale non sta viven-do nessuna crisi. L'anno scorso ab-biamo chiuso in sostanziale tenutadelle copie rispetto all'anno prece-dente, un risultato eccellente rife-rito al contesto attuale. C'è da dire,però, che il nostro è un giornalemolto forte, molto radicato e questoci ha aiutato. Inoltre la redazioneha lavorato molto per offrire unprodotto diverso rispetto ai con-correnti, per qualificarsi in questomomento di difficoltà».

Ci sono stati licenziamenti oprepensionamenti?

«Né uno, né l'altro. Diciamo cheabbiamo portato a casa la pelle me-glio di tanti altri. Non credo che lecrisi siano portatrici di male, a vol-te fanno bene: aiutano il mercato acontrollarsi, a espellere i prodottipiù deboli. Questo non è stato ilnostro caso. Comunque il primo se-mestre di quest'anno, secondo leprevisioni, sarà peggiore rispetto aquello che ci siamo lasciati allespalle, per cui non me la sento didire che va tutto bene».

Il precariato nel mondo deigiornali: un problema risolvibi-le?

«Il precariato esiste in questa fa-se perché ci sono molti operatoriche si offrono sul mercato e quindi,essendo tanti, non hanno un gran-de valore. Una volta superata que-sta fase di difficoltà, in particolarmodo del mercato pubblicitario, latendenza sarà di avere dei profes-sionisti sul territorio. Professioni-sti contrattualizzati ma non arti-coli 1. Quando si realizzeranno lecondizioni per un'adeguata strut-tura contrattuale e remunerazio-ne, quelli che oggi chiamiamo pre-cari diventeranno liberi professio-nisti».

Qual è il peso dei collabora-tori all'interno di un giornale?

«I collaboratori sono importan-

CHI È

Omar Monestier, 46 an-ni, sposato e con quattrofigli, è direttore de Il Mat-tino di Padova dal 2005.

Ha iniziato la sua espe-rienza giornalistica colla-borando con il Gazzettinodi Belluno, la sua cittàd’origine. Nel corso dellasua carriera ha lavoratocome caporedattore a IlMattino di Bolzano e al-l’Alto Adige di Trento. Deidue anni trascorsi inTrentino-Alto Adige con-serva un piacevole ricor-do. Nel 2000 ha seguito aPadova l’allora direttoredell’Alto Adige Fabio Bar-bieri, nominato direttorede Il Mattino.

Monestier ha assunto ladirezione del quotidianopadovano dopo la morte diBarbieri, avvenuta nelgiugno del 2005.

“P R E C A R I AT OTroppi giornalistisul mercatonon hannoun grande valore

“C O L L A B O R AT O R ISono contrarioai giornaliscritti solodai collaboratori

ti. Ci sono giornali che si reggonoesclusivamente su collaboratori,che non esisterebbero se non ci fos-sero collaboratori. Non è il mio ca-so. Sono assolutamente contrarioai giornali fatti da collaboratori ece ne sono molti. Questo accade siaper volontà dell'editore, che spessopreferisce avere una piccola reda-zione molto forte e che organizzagli esterni che scrivono, sia per vo-lontà della redazione stessa, chespesso trova più pratico e comodosbolognare ai collaboratori attivi-tà che si potrebbero svolgere conuna chiamata in più dal desk».

Può fare un quadro della si-tuazione dei collaboratori delMattino?

«Sono circa duecento, un nume-ro molto alto per un giornale cosìpiccolo. A partire da quelli che han-no un'altissima frequentazione,cioè che scrivono almeno un pezzoal giorno, a quelli che scrivono unpezzo ogni due, tre mesi. Non c'èuna tariffa standard, nessuno puòessere valutato alla stregua di unaltro. Non uso un tariffario e fran-camente, anche se ce lo avessi, nonlo direi».

Scuole di giornalismo e ma-ster: solo "fabbrica di disoccu-pati"?

«Sono convinto che i giornalistidebbano avere una formazione, sa-rei più contento se ci fosse una lau-rea in giornalismo piuttosto che unmaster. Il corso di scienze della co-

municazione non forma giornali-sti, come pensano molti ragazzi, sidiventa comunicatori. L'universi-tà si è lavata la coscienza istituen-do il master: non per formare deigiornalisti, ma per aumentare l'of-ferta formativa e, credo, trovareuno stipendio ad alcuni dei suoidipendenti. Io non l'ho frequentatoe non vi ho nemmeno insegnato,però ho avuto alle mie dipendenze,come collaboratori, alcuni ragazzidel master, e non ho nulla di cuilagnarmi. Noto soltanto che chi fail master si trova raramente poinella condizione di fare il giorna-lista alla fine».

E allora qual è la strada giustada percorrere per un giovaneche vuole approcciarsi al me-stiere?

«Purtroppo in assenza di un di-segno legislativo l'unica via è il ma-ster, per chi se lo può permettereeconomicamente. L'alternativa,quella che ho praticato io e molticolleghi, è cominciare a collabora-re con un giornale, pagati, fino aquando si aprono gli spazi per es-sere assunti».

Ma non ci sono più giornaliche assumono e fanno fare il pra-ticantato…

«Quando ho iniziato il caposer-vizio mi disse: "tu prova ma non c'ènessuna possibilità, non ti assume-remo mai". Sono diventato diret-tore quindi può farcela anche qual-cuno di voi».

CHIARA SANTATO

PADOVA — Ugo Savoia è natonel 1954 a Milano. Lavora per il“Corriere della Sera” dal 1990,dove ha ricoperto tra gli altri gliincarichi di vicecapocronista ecaporedattore all'ufficio centra-le. Nel 2000 ha fondato il Cor-riere on-line che ha guidato finoall'estate 2002. Nello stesso annoè diventato direttore del “Cor-riere del Veneto”.

Quando è iniziata la suacarriera?

«Ho iniziato nel 1979 colla-borando con "La Notte" di Mi-lano. Mi sono presentato al ca-poservizio del Turismo e mi hadetto lui cosa fare. Non avevoassolutamente idea di comemuovermi e dopo due o tre mesidi galoppinato, senza scriverenulla, hanno pubblicato il mioprimo pezzullino: trenta righecon una sigla, mi pareva uneditoriale del NY Times per ilpiacere che mi ha dato. Ho avutofortuna. Mi accorgo che appa-rentemente oggi ci sono più pos-sibilità perché allora non c'eratutto questo fiorire di giornali,radio, periodici e tv. Sarà per-ché sono capitato in una curvadi ricambio generazionale par-ticolarmente fortunata ma in unanno sono stato assunto».

Quale futuro vede per i suoicollaboratori?

«Intanto è una questione dinumeri. Ci sono migliaia di per-sone che fanno corsi, master,specializzazioni, ecc...c'è una ri-chiesta dal basso che è mo-struosamente più alta rispetto alpassato. Da 30 anni è in atto unarevisione al ribasso. Con l'in-gresso delle nuove tecnologie c'èstata una contrazione notevoledelle persone che stanno in re-dazione, e non solo. Anche diquelle che lavoravano alla fat-tura di un giornale, i poligraficie i tipografi. Poi, dipende dallamotivazione che ognuno di noiha dentro. Se ci credi, fallo finoin fondo e buttati, attaccati aogni cosa. Da quando siamo inedicola abbiamo assunto circa37 persone e di questi tempi ègrasso che cola. Ho dei bra-vissimi collaboratori che assu-merei anche ora ma non posso.L'editore non mi dà la possi-bilità di ampliare gli organici».

Quanti sono i vostri col-laboratori e quanto vengono

“ SCUOLEVorrei un corsodi laureain giornalismoanziché il master

pagati?«Per i pezzi oltre le 35 righe

paghiamo 25 euro più i rim-borsi, come la telefonata o ilviaggio in macchina. Sotto le 35righe sono 15 euro, le brevi circa5 euro».

Nel 2002 vi proponevate difar riflettere, non potendocontrastare sulla cronaca“Mattino” e “Gazzettino”. Cisiete riusciti?

«Il nostro giornale è pensatoper una borghesia metropoli-tana, che non vive solo in cittàma anche a Limena o a Tre-baseleghe, che però è abituata aviaggiare, a vivere nel mondo, eche non si chiude nel suo pae-sino e va solo al cinema dellaparrocchia. Se dovessi parlaredi altre prospettive per il gior-nale oggi, lo popolarizzerei unpo’. Amplierei la parte dedicataalla provincia, che tiene an-corata al territorio. Non è ilnostro core business ma serveper tenere attaccato il lettore.Per quanto riguarda editoriali eservizi, abbiamo un riscontroquotidiano e significativo».

Le vendite come vanno?«Nel 2009 abbiamo perso il

2%, una frenata che non ci

spaventa. Ma fino al 2008 levendite sono cresciute a piccolipassi, come deve essere, noncredo nelle fiammate. Il gestodel comprare il giornale deveessere una cosa sentita ognigiorno: metto lì un euro e portovia con me una visione delmondo, nella quale mi ricono-sco».

Lei ha fondato il corriere.it.L'on line può essere una so-luzione per la crisi della cartastampata?

«Il giornalismo è giornalismo,punto. E una notizia è una no-tizia. Il problema è come sitrattano le notizie. Continuo apensare che l'on line non sot-tragga spazio alla carta perchèsono due modi diversi di ap-procciare. L'on line ha un gran-dissimo vantaggio: il giorno do-po puoi vedere quante persone,cosa hanno cercato, quanti mi-nuti hanno letto, e quanto si èattirati dalle sottosezioni perchèil bisogno di informazioni online è molto superficiale. Se-condo, non siamo ancora ar-rivati alla divaricazione tra ledue forme di giornalismo per-ché tutti i siti si appoggianoancora molto alla carta. Finché

“CRISIAl “Mattino”la situazioneè miglioreche in altre testate

I vecchi ferri del mestanno per essere b

dal mondo dell’o(foto Molly S

Ugo Savoia del “Corriere del Veneto”:

Omar Monestierdirettore del “Mattino

di Padova” dal 2005

Page 7: L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 7

CCCAAARRRTTTAAA SSSTTTAAAMMMPPPAAATTTAAAIII DDDIIIRRREEETTTTTTOOORRRIII

L’on line potrebbe essere il futuro,a patto che ci siano investimenti. Intantoi giovani aspettano maggiore dinamicità

Roberto Papetti del “Gazzettino” spiega la contraddizione del mondo giornalistico

«Un sistema molto garantistasoltanto con chi è all’interno»“ODGC’è stataun’ingiustiziae farò di tuttoper risanarla

avanti e buttati»

CHI È

Roberto Papetti è nato aBergamo il 15 febbraio1960. Ha iniziato la car-riera come collaboratorenel 1985 al quotidiano“BergamoOggi”. Giornali-sta economico-finanziario,ha lavorato a “Gente-Mo-ney”. In seguito ha lavo-rato al mensile “Capital”di cui è diventato capo-redattore centrale. Nel1994 ha assunto la vice-direzione del settimanale“il Mondo” (gruppo Rcs)per poi passare al “Cor-riere della Sera” come ca-poredattore della sezioneeconomia. Dal 2001 al 2006è stato vicedirettore del“Giornale” diretto da Mau-rizio Belpietro. Ha assuntola direzione del “Gazzet-tino” alla fine del luglio2006, dopo quella di LuigiBacialli.

“MODELLIAperto e dinamicogrande esempioil “Giorno”di Guglielmo Zucconi

“ON LINELa competizioneè tra tv e giornalinon so se arriveremoalle redazioni on line

“CONCORRENZANon giudicose fanno bene o nonon mi riguardasono fatti loro

non ci sarà la possibilità per unatestata on line di muoversi inmodo autonomo, non si potràfare il paragone».

L'on line allora può essereun modo per impiegare i gio-vani?

«Può essere. Non ho certezzein questo momento e per questocampo. Quando ho visitato il“New York Times” per fondareil corriere.it, c’erano 250 col-laboratori. Oggi sono 50. Fareinformazione costa. Fare infor-mazione di qualità costa ancoradi più. Se devo dare le infor-mazioni gratis taglio via viasempre di più, finché mi occuposolo di cose grosse e sfrutto lasinergia con la carta. Il pro-blema è sempre il mercato. Ogginon si scappa. Posso partire congrandi numeri ma poi devo ri-durre organico e offerta di no-tizie. Oppure devo avere ritornipubblicitari mostruosi. Ogginon sono in grado di dire cosasarà, magari tra dieci anni cam-bia tutto. Poi dobbiamo con-siderare che negli ultimi due otre anni l'Italia è l'unico Paesead aver diminuito la quota dipersone che si informa leggendodal web. E' strano. E poi, come

dieci anni fa, il picco di utilizzoè tra le 9 e le 18, orario di ufficio.A casa si accende la tv. Magaritra 10 anni ci sarà un totemtecnologico che raccoglierà tut-to. A quel punto sarà un'abi-tudine non solo dire cosa c'è intv ma anche navigare sui siti deiquotidiani».

Quando arriveremo alle re-dazioni on line?

«Non so se ci arriveremo. E'più facile che si arrivi a unaintegrazione delle varie piatta-forme che si riconoscono in unbrand. Per esempio, il “Cor-riere” avrà il cappello princi-pale nazionale e internazionale,poi ci sarà la tv, la radio, l’in-formazione mobile sui cellula-ri».

Quindi è una questione cul-turale...

«Certo. In Italia siamo moltoindietro».

Come sta lavorando l'infor-mazione televisiva veneta?

«Ho visto dei grossi miglio-ramenti. Bisogna però distin-guere: c'è l'imprenditore che cicrede e investe, assume personee fonda delle redazioni nellecittà importanti. Ma non sonomolte le persone che ragionano

in questi termini».E per la carta stampata,

“Mattino” e “Gazzettino”?«Sono giornali che soddisfano

un bisogno di informazione lo-cale. Se lavorano bene o malequesto è un altro discorso, chenon mi interessa fare. Sono pro-blemi loro».

Ha un modello di giornaleal quale si ispira?

«Mi piace il “Corriere” perchési sforza di fornire informazionedi qualità nei settori di interessedel pubblico. Andando indietro,a parte la nascita di “Repub-blica” che si poneva in mododiverso e giovane, era interes-santissimo “Il Giorno” di Gu-glielmo Zucconi, padre di Vit-torio. Era un grande giornalistaperché aveva la capacità di sin-tonizzarsi sulle curiosità e suibisogni delle persone. Sul “Gior-no” si trovava la grande firmama anche pagine di scienza. Eraun'informazione scoppiettante eaperta, è quello che in teoriacerchiamo di fare noi. Sfoglian-do un giornale si capisce se chilo fa si diverte a farlo. E locapisce anche chi lo legge».

Lei si diverte ancora?«Sì, mi diverto ancora».

MESTRE — Qual è lo stato disalute del Gazzettino?

«Con un ritardo di molti annista cercando di cambiare. Il“Gazzettino” appartiene a quellacategoria di giornali cosiddettiregionali che una volta, cioè finoalla metà degli anni ‘90, opera-vano in una situazione di so-stanziale monopolio all'internodel loro territorio. Questo nonsignifica che non ci fosse con-correnza ma il tasso di credi-bilità non insidiava la leader-ship di questi giornali. Il quadropoi è cambiato e di questo il“Gazzettino” non si è accorto enon ha fatto i cambiamenti cheavrebbe dovuto fare. Oggi questigiornali si trovano schiacciatida una parte dalla cronaca, an-che se hanno affinato i propristrumenti, e sul piano nazionalec’è un'offerta molto ampia dabattere. I cosiddetti capizona sitrovano in una situazione de-licata, in un mercato in diffi-coltà».

Il Gazzettino ha cambiatotitolazione e formato. Le ven-dite come stanno andando?

«Il cambiamento è stato po-sitivo perché risponde a due esi-genze. La prima di avere un'in-formazione più secca, più rapidae più fruibile e poi una maggioreinformazione locale, sia in ter-mini di qualità che di quantità.Sono due punti saldi per un gior-nale come il “Gazzettino”. Poibisogna fare i conti con i mezziche si hanno: il formato è statodettato dalle macchine per lastampa. Avrei voluto averne piùspazio ma tra il rimanere fermi eassumersi qualche rischio hopreferito la seconda scelta».

Come lavorano gli altrigiornali del Veneto: sono fer-mi o sono pronti a cambiare?

«E' difficile giudicare la con-correnza. Benché non condividail giornalismo un po’ troppospregiudicato di alcuni dei con-correnti, ci sono delle differenzedi stile evidente (ad esempiopubblicare nome e cognome del-le persone che si suicidano). De-vo dire però che questi giornalinegli ultimi 10-15 anni hanno sa-puto soddisfare il bisogno diestrema vicinanza al territorio.Il “Gazzettino” ha mantenuto lasua credibilità».

Quale futuro vede per i suoicollaboratori?

«Il problema di fondo è che ilsistema giornalistico è molto ga-rantito per chi sta dentro e diconseguenza poco o nulla per chiè fuori. Non si può pretendere, equesto mi sembra che i giorna-

listi non lo abbiano ancora ca-pito, di dare garanzie a chi èfuori se coloro che sono dentronon riducono le loro. Oggi chientra in un giornale è come seentrasse in un organo statale. Sadi non poterne uscire qualsiasicosa succeda. Tutto questo in-cide sulla flessibilità e ha deicosti molto elevati. I giornalihanno un enorme bisogno di col-laboratori e ora che ci sono pro-blemi economici la situazione sifa più grave».

L'on line può essere il fu-turo?

«Lo sarà ma bisogna tenerconto di due cose. L'on line ha unproblema pubblicitario di spaziofisico. L'utente pubblicitariochiede l'home page e questa piùdi tanto non può contenere.Quindi, a differenza di un gior-nale che si sfoglia, ha una di-versa appetibilità. Il giornale cel' ho tutto sottomano, con l'online mi cerco solo le notizie chevoglio. Il mercato del web è in-teressante ma ha un grande li-mite di spazio fisico. Non è undettaglio da poco. Sul piano oc-cupazionale, chiede meno per-sone perchè l'approccio è quellobreve e non di approfondimen-to».

Quali sono le doti del buondirettore?

«Una volta il modello era In-dro Montanelli. Stava nella suastanzetta, scriveva i suoi pezzi,si confrontava sulle cose moltoimportanti. C'era una macchinache faceva il giornale. Il diret-tore era una specie di regnante.Lo dirigeva nel senso che gli da-va l'impronta. Non è un caso cheil vicedirettore avesse una stan-za molto più grande del diret-tore. Progressivamente, il ruolodel direttore ha assunto un ca-

rattere più manageriale. Ci ser-ve la capacità di fare squadra e diessere curiosi di tutto. I nostrisono giornali tremendamentegeneralisti, parliamo all'operaiocome all'uomo politico, non c'èdifferenziazione di prodotto. Undirettore deve essere autorevolenei confronti di lettori e gior-nalisti ma preoccuparsi di più diquello che vogliono i lettori».

Rispetto alla precedente di-rezione cosa è cambiato?

«Ho cercato di impegnarmi,specie perché questo è un gior-nale con un passato sindacalecomplicato. Sono sempre apertoal confronto, il fatto che abbiacambiato così tanto dimostrache non mi tiro indietro».

Che tipo di informazione lepiace?

«Preferisco l'approfondimen-to ma non faccio molto testo per-ché ho tutto il giorno notizie elanci Ansa sotto mano, quindi sogià quello che è successo e hobisogno di andare oltre. Per meinternet funziona come il prontosoccorso, se non ne ho bisognonon ci vado».

Ci sono stati giornalisti chele hanno fatto da modello?

«E' facile farsi influenzarequando non si lavora in un gior-nale. Quando si è dentro si ca-pisce che i modelli servono apoco o a nulla. Ci sono degliottimi giornalisti e direttori, an-che se non sempre le due cosecoincidono, e bisogna avere lafortuna di lavorare al loro fian-co. Nel mio caso aver lavoratocon Ferruccio De Bortoli e Mau-rizio Belpietro è stata un'espe-rienza importante».

E' capitato sotto le grinfiedell'Ordine ed è stato sospesoper due mesi. Come sono i rap-porti ora?

«Non ho un generico atteggia-mento negativo verso l'Ordine.Certo, sono stato accusato diaver leso la dignità professio-nale in una serie di episodi chenon mi vedevano direttamenteresponsabile. Mi sono comun-que preso le mie responsabilità.Queste contestazioni non mi era-no mai state mosse prima e sia-mo di fronte a un'operazione chedi giudiziario ha ben poco, conuna sospensione assolutamentespropositata. Per perpetrare uncomportamento lesivo della di-gnità professionale bisogna es-sere a conoscenza di questo pro-gressivamente, e nel mio casonon è avvenuto. Nei miei con-fronti è stata fatta un'ingiustiziae farò di tutto perché questa ven-ga sanata». (c.s.)

“ INTERNETPer mefunzionacome un ProntoSoccorso

“CAMBIAMENTIAnzichèstare fermiho preferitorischiare

mestieree battutil’on line?ly Sauter)

Ugo Savoia, dal 2002è direttore del “Corriere

del Veneto”

“REGOLEAttento ai bisognidei lettoriautorevoleverso i giornalisti

”: «Il giornalismo mi diverte ancora»

Roberto Papettid i re t t o re

de “Il Gazzettino”dal 2006

Speciale Veneto e informazione

Page 8: L ink re@d€¦ · il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Bia-se, scrittore e giornalista del So-le 24 Ore, docente al master di

L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 20108 Speciale Veneto e informazione

CHI È

VENEZIA — Sposato e pa-dre di due figlie, appassio-nato di motori, Beppe Gioia ènuovamente alla guida delTgR Rai del Veneto dal pri-mo febbraio.Aveva già ri-coperto lostesso inca-rico dal 2005al 2008. IN se-guito era di-ventato in-viato del Tg1e del Tg2.

Nato nel1952, di ori-gine sicilia-na, si trasfe-risce nel Ve-neto dopo illiceo. Lau-reato inScienze Politiche all’Univer-sità di Padova, si avvicina almondo del giornalismo nel1974 iniziando a collaborareper il settimanale “Nord Est”a Mestre, occupandosi di po-litica. Scriverà poi di cro-naca all’ “Agenzia Italia”,sempre a Mestre. Nel 1977partecipa alla fondazione

della rivista “Triveneto mo-tori”. E nel 1978 viene as-sunto a “Il Mattino di Pa-dova”.

Nel 1979 il servizio mi-litare lo allontana dal gior-nalismo per un anno. Ma nel1980 a conclusione della leva,diventa giornalista profes-sionista e inizia a lavorare a

“La Tribunadi Treviso”.Ci rimarràper quattroanni, dal1984 al 1988,quando di-venta capo-servizio a“La NuovaVenezia”.Lascia per-ché ottieneun posto inRai, dove si èoccupato dicronaca,sport e mo-

tori.Dal 1981 al 1984 ha col-

laborato anche con il set-timanale “L’Espresso”.

Nonostante da oltre tren-t’anni sia inserito nella pro-fessione, non se ne è ancorastancato: il giornalismo loappassiona ancora come ilprimo giorno. (v.s.)

Beppe Gioia, caporedattore TgR

VALERIANA SEMERARO

VENEZIA — «Xe importante per-ché xe a Rai». Esordisce in dialettoveneto Beppe Gioia, siciliano di ori-gine e caporedattore del Tgr. Già, laRai è ancora la password che per-mette di entrare ovunque. Sinoni-mo di credibilità e professionalità.Nonostante le nuove forme di gior-nalismo che navigano sempre piùvia web, l’informazione della Rairesta, nell’immaginario collettivo,quella più affidabile.

«Ma i nostri utenti sono di mezzaetà -sottolinea Beppe Gioia- dobbia-mo riavvicinarci ai ragazzi conun’informazione più giovane. Il no-stro è un mezzo tradizionale, dob-biamo rinnovarci nei contenuti».

Come si entra in Rai?«Negli ultimi anni è stato stipu-

lato un accordo tra sindacato eazienda, nel corso del quale sonostati individuati professionisti di-soccupati . La maggior parte degliassunti provengono dalle scuole digiornalismo. I master saranno sem-pre più considerati l’unica via d’ac-

cesso alla professione. Di concorsi,al momento, non si vede l’ombra».

C’è un rapido ricambio gene-razionale?

«Le persone vengono sostituiteda redattori a tempo determinatocon contratti che vanno dai sei ainove mesi. Rinnovabili dopo pausedi 15 giorni. Se uno dimostra di es-sere in grado, in genere nel giro di2-3 anni si viene assunti. Molti gior-nalisti di vecchia generazione han-no svolto il periodo di praticantatoproprio presso le sedi dei telegior-nali della Rai, collaborando nei pe-riodi estivi, sostituendo i giorna-listi in ferie. E oggi dopo molti annidi incertezze, vi lavorano stabil-mente. C’erano delle promesse nonscritte e, dopo un certo numero dianni, coloro che si erano messi inluce venivano premiati con l’as-sunzione. Oggi le scuole sono utilialla preparazione professionale, ilproblema è che il mercato del la-voro è molto meno disponibile ri-spetto agli anni precedenti. Non è ilmaster che non svolge il proprioruolo, ma è il mercato del lavoro adessere incerto e in difficoltà».

Come vede il futuro della Rai,

centri di riversamento. Siamo di-slocati sul territorio in modo ca-pillare e riusciamo a fare da “ser-vice” anche per i telegiornali na-zionali, che poi è una delle funzioniprincipali delle redazioni regiona-li. Inoltre ci serviamo di informa-tori che si occupano di avvisarci sesuccede qualcosa di rilevante in cit-tà distanti da Venezia come può es-sere, ad esempio, Belluno».

Lei come è caduto nella trap-pola del giornalismo?

«Finito il liceo mi chiedevano co-sa volessi fare e io rispondevo “ilgiornalista”. La mia era un’aspira-zione romantica. Mi affascinava lafigura del giornalista che andava ingiro a fare le indagini e a raccontarei soprusi».

E ha ancora questa visione ro-mantica ?

«Sì, l’ho mantenuta perchè se ac-cade qualcosa di particolare mi sen-to ancora pieno di adrenalina».

Qual è il suo personale consi-glio ai giovani giornalisti?

«Di non credere a nessuno, seuno ha voglia e vuole vivere questomestiere come qualcosa di eroico difarlo. Alcuni colleghi più maturitendono a impoverire il lavoro sco-

raggiando i ragazzi. Voi giovanisiete gli unici a pensare se una cosaha fascino o no. Se lo ha, continuatea crederci nonostante le delusioniche vi si presenteranno. Mantenetela voglia di fare qualcosa di impor-tante e interessante per la societànonostante i limiti e i condiziona-menti esterni. Credere in questaprofessione ancora si può. Io nonmi sono stancato, mi piace questolavoro e l’ho sempre fatto mettendospesso in secondo piano la mia vitafamiliare. Ma se mi dicessero di tor-nare indietro, rifarei tutto al 99%.La condizione di precariato cui sie-te costretti oggi, impedisce di fareprogetti. Ma non gettate la spugna.Se ci credete alla fine, seppure conqualche anno di ritardo ce la fate».

Cosa cambierà nel suo tgr?«Bé una persona sola non può

cambiare una struttura. Devo tra-sferire le mie idee ai colleghi e ave-re la grande capacità di seguire ilVeneto con i suoi problemi, ma sen-za dimenticare che ci sono realtà dieccellenza che hanno bisogno di ve-nire alla luce. Il Veneto continua aessere una fucina di idee a livelloeconomico e culturale. E noi lo vo-gliamo raccontare».

in vista di un giornalismo checambia?

«Ci si dovrà preparare ad acco-gliere una nuova figura professio-nale, una e trina per intenderci. Ungiornalista flessibile e capace di fa-re quei mestieri che finora in Raisono stati svolti da tre professio-nisti differenti, il giornalista, il te-lecineoperatore e il tecnico delmontaggio».

Questa esigenza è esclusiva-mente di natura economica?

«La necessità è quella di riorga-nizzare il lavoro, anche in seguito aquesto periodo che stiamo vivendodi ristrettezze economiche».

In che modo i giornalisti pro-fessionisti devono rispondere al-le critiche sull’esistenza dell’Or-dine e di alcune regole ormai da-tate?

«È stata presentata in Parlamen-to una bozza di riforma per elimi-nare tutte quelle crepe che non sonoutili alla crescita del giornalismo.Speriamo che possa essere discussae approvata. Bisogna assolutamen-te tenere conto della realtà in con-tinua trasformazione. Le leggi isti-tutive dell’Ordine sono nate quasi50 anni fa in un contesto socio-po-litico del tutto differente. Esiste uneffettivo invecchiamento del rego-

lamento che attende un ringiova-nimento».

Ma il giornalista Rai gode an-cora di privilegi?

«Le notizie acquisiscono rile-vanza se le dice la Rai. Non so an-cora quanto durerà, ma godiamoancora di una certa credibilità neiconfronti dell’opinione pubblica.In passato la Rai è stata una grandeazienda e le notizie si diffondevanoin modo importante proprio se co-municate dalla Rai».

Come agite sul territorio?«Dobbiamo sempre essere pronti

a muoverci in regione con agilità e aintervenire subito e su qualsiasi ar-

gomento. Purtroppo il Veneto è unarealtà complessa. Abbiamo una se-rie di strutture inadeguate a rap-presentare la ricchezza socio-poli-tico, culturale e sportiva delle setteprovince venete. Non c’è più unacapitale vera. Venezia ormai è unacittà del mondo. Ci sono anche altricentri di cui dovremmo raccontarela vivacità, come Castelfranco oChioggia, città con 50-60 mila abi-tanti. Se a volte ci sono delle man-canze da parte nostra è a causa delbudget scarso o delle troupe impe-gnate in altri luoghi. Così, per nonperdere l’immediatezza della noti-zia, ci siamo riorganizzati con vari

L’emittente trevigiana è tra le prime realtà televisive in Veneto ad essere già sbarcata sul digitale terrestre

Antenna 3, c’è aria di sviluppoNovità in vista per l’informazione, con l’avvio di un canale all newsDomenicoBassod i re t t o redei notiziaridi Antenna 3Te l e n o rd e s te FreeÈ alla guidadi settere d a z i o n i

“ IL CONSIGLIO/1Dobbiamoriavvicinarcidi più ai giovanicon nuovi contenuti

“ IL CONSIGLIO/2È un mestiereesclusivoper il quale spessoci si deve sacrificare

“ IN REDAZIONESiamo ben strutturatiAbbiamo cercatodi ottimizzarele risorse interne

“PROSPETTIVECon i nuovi progettipotranno essercidelle possibilitàdi ingresso

ROBERTO BONALDI

TREVISO — Le emittenti te-levisive guardano il loro futuroattraverso una “scatoletta”. È ildecoder per ricevere il segnaledigitale terrestre. Alcune fami-glie venete l’hanno già com-prato. In autunno sarà neces-sario per poter vedere i pro-grammi televisivi. Tra ottobre enovembre, infatti, in Venetoverrà spento il tradizionale se-gnale analogico, che ha trac-ciato la storia della televisionedalle sue origini. Per le emit-tenti locali questa transizionesignifica investire in nuove tec-nologie per non essere tagliatefuori dal mercato. Ma il digitaleterrestre dà anche la possibilitàdi sviluppare nuovi canali, con-tenuti, sinergie con altri media.«Noi, ad esempio, abbiamo in-tenzione di sviluppare dei pro-getti con il “Corriere del Ve-neto”», sottolinea DomenicoBasso, direttore delle redazionidi Antenna 3, che hanno già

varcato la soglia del digitale.Il gruppo editoriale, guidato

da Thomas Panto, è in primalinea tra le realtà televisive delNordest. Domenico Basso lo co-nosce bene. Direttore del te-legiornale dal 1984 al 1987, dopole esperienze nei quotidiani “LaTribuna di Treviso”, “La Nuovadi Venezia e Mestre” e poi intelevisione a Rete Veneta, è tor-nato ad Antenna 3 nel novembredel 2008. Fanno parte del gruppoanche Telealtoveneto e la pa-dovana Telenordest. Quest’ul-tima, fino all’anno scorso, fa-ceva parte di un altro gruppoeditoriale di proprietà della stes-sa famiglia Panto. Dopo una fasedi riorganizzazione, Telenorde-st ha assunto il ruolo di emit-tente di intrattenimento, confinestre informative sulla cro-naca di Padova. Ora i suoi gior-nalisti hanno il contratto diAntenna 3. Il canale, inoltre,viene trasmesso anche in FriuliVenezia Giulia con il marchioFree: il suo punto di forza è

offrire informazione e intrat-tenimento direttamente dal ter-ritorio friulano.

Da San Biagio di Callalta, inprovincia di Treviso, dove ha lasede centrale, l’informazione diAntenna 3 ha via via ampliato ilsuo raggio d’azione nel Nordest.Ora conta su sette redazioni e suun centinaio di dipendenti, tuttiassunti. Numeri che, lo scorsoottobre, hanno portato alla na-scita del primo comitato di re-dazione nella storia dell’emit-tente. Negli ultimi tempi, si èridotto il numero di collabo-ratori. «Abbiamo cercato di ot-timizzare le risorse interne -

precisa Basso - E poi sappiamotutti che questo è un periododifficile per il mondo del gior-nalismo. Così ora c’è un minorricorso ai collaboratori, pur ri-conoscendo che sono delle fi-gure importanti, in televisionecome nei quotidiani». Seppurcon alcune differenze: «Ho la-vorato per vent’anni nei gior-nali – ricorda il direttore – Unquotidiano ha tante pagine dariempire, e senza collaboratorinon esce. Discorso diverso è perle televisioni: il telegiornale du-ra mezz’ora, e in questo casoconta la scelta delle notizie datrattare».

Per scegliere bene, il gioco disquadra è essenziale. «Con levarie sedi facciamo due riunionidi redazione, una alle dieci delmattino e l’altra intorno alle tredel pomeriggio – descrive Basso– Ogni sede elenca gli argomentiche ha a disposizione. Even-tualmente si modificano le sca-lette. Nel pomeriggio arrivano iservizi, faccio le ultime cor-rezioni e alle sette di sera si vain onda». Un lavoro dove vienericonosciuto tanto l’impegno deigiornalisti che quello degli ope-ratori. «A pari merito – sot-tolinea il direttore – Infattiquando sono arrivato ad An-

tenna 3 ho detto che i giornalistinon devono essere consideratiuna casta. Inoltre, per me lafigura del telecineoperatore èimportante, e cerco di intro-durla sempre di più».

Le redazioni del gruppo Pantorealizzano servizi e immaginianche per Mediaset, Sky, e La 7.«Da quello che ci dicono, nonhanno mai trovato nel restod’Italia un’efficienza come lanostra – racconta soddisfattoBasso – Siamo sempre sui fatti equindi possiamo dire di essereben strutturati». Un voto dadare al lavoro in redazione? «Unbel nove - giudica il direttore –Per carità, tutto è migliorabile.Se si avessero due troupe ocinque giornalisti in più potreidare un dieci. Nove è un votoper la storia dell’emittente, perle professionalità al suo interno,per l’aria di sviluppo che sirespira. Questo è un cantiereaperto. In primavera ci sarannoaltre novità, sempre nell’ambitodell’informazione, che è il no-stro punto di forza. Uno deicanali diventerà all news». Ma-gari si apriranno così nuoveopportunità di lavoro. «Al mo-mento la situazione è bloccataper la riorganizzazione delle re-dazioni, per il taglio dei col-laboratori e delle risorse – ri-badisce Basso – Con i nuoviprogetti potranno esserci dellepossibilità di ingresso».

Il tg di Antenna 3 con Danilo Guerretta, coordinatore centrale delle redazioni

Palazzo Labia a Venezia,sede Rai del Veneto

L’ultima selezione due anni fa per “Buongiorno Regione”

«Rai, una garanzia»Beppe Gioia: «Lavoro affascinante»

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L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 9Speciale Veneto e informazione

“ L’ A C C E S S OLe radio dovrebberopermettere ai giovanidi collaboraree di formarsi

“GLI ASPIRANTII ragazzi devonoavere la volontàdi impararedai più esperti Un giornalista radiofonico dovrebbe avere anche buone conoscenze tecniche

L’informazione nelle radio locali tra piccole redazioni e servizi di agenzia

Un microfono per pochiI notiziari “snelli” danno poca occupazione

“COMPETENZAChi fa radio ma miraalla tv o ai giornalinon è un bravoradiogiornalista

Davide Camera. Veneziano, lavora a Roma all’agenzia Grt

ROBERTO BONALDI

PADOVA — Nelle radio locali,l’informazione è spesso “stereo-fonica”. Ovvero, a preparare i no-tiziari sono due giornalisti. Re-dazioni più numerose si contanosulle dita di una mano. Più facile,piuttosto, trovare emittenti sen-za un gruppo di redattori, sosti-tuiti dal lavoro delle agenzie chespediscono alle radio i notiziarigià confezionati. Un modo percontenere i costi: nelle emittentilocali le risorse spesso non sonoabbondanti, e i radiogiornali del-le agenzie possono essere rimbor-sabili. Conta, però, anche un al-tro fattore: il tipo di ascolto. Ilpubblico è sempre più indaffara-to; quando accende la radio cercaun’informazione chiara, ma so-prattutto rapida.

«Ogni ora trasmettiamo un no-tiziario di tre minuti», raccontaGiorgio Volpato, direttore delletestate giornalistiche del gruppoBirikina, che comprende seiemittenti, con l’omonima radio afare da capofila. «Un minuto emezzo di radiogiornale ci arrivadall’agenzia Cnr di Milano, chefornisce le notizie dall’Italia e dalmondo. Il resto viene preparatodalla nostra redazione a Castel-franco Veneto, in base alle nostreforze. Siamo due giornalisti. Cioccupiamo delle notizie locali,che recuperiamo dall’Ansa. Inonda trasmettiamo i lanci. Se cisono fatti più eclatanti per la re-gione, prepariamo un servizio.Siamo un gruppo commerciale,non realizziamo approfondimen-ti». Motivo di orgoglio del diret-tore è l’informazione sportiva,con ampie dirette dai campi dicalcio ogni domenica. L’informa-

zione, però, arriva anche da Ro-ma, con il marchio “Radio Bk”.«Un gruppo di giornalisti freelan-ce è sempre presente in Parla-mento, alle conferenze stampadel Presidente del Consiglio, agliincontri dei partiti - descrive Vol-pato - I giornalisti preparano iservizi e poi ce li passano».

C’è poi chi fa informazione at-traverso il telelavoro. A RadioBum Bum un giornalista sta inredazione e integra il palinsestodei notiziari preparati da un’a-genzia. Un collaboratore esterno,invece, raccoglie le notizie da Vi-cenza. «La mia attività principaleè nella carta stampata - chiarisceDennis Dellai - In radio do unamano: preparo le notizie a casa epoi le spedisco via Internet com-plete di sigla e base. Raccolgo lenotizie dall’Ansa del Veneto, malavorando per un quotidiano hoanche i miei contatti con il Co-mune e con le forze dell’ordine a

Vicenza. Le notizie dalla provin-cia hanno la precedenza, ma nonmancano quelle dalle altre cittàvenete, se i fatti hanno grande im-portanza. In questo modo siamosempre sul pezzo. Nell’arco delgiorno riusciamo a dare le prin-cipali notizie». Niente servizi,nessuna intervista. «Tutta un’al-tra cosa rispetto a quando ho ini-ziato a fare il giornalista radio-fonico – ricorda Dellai – I noti-ziari adesso devono essere sem-pre più snelli. Tra l’altro, in varieemittenti si privilegiano la mu-sica e l’intrattenimento. E quindidiventa difficile iniziare la car-riera di giornalista in radio».

«Con la situazione economicaattuale, trovare lavoro è compli-cato, in tutti i settori. Anche nelleemittenti bisognerà aspettare».A prevederlo è Luca Rosellini,coordinatore della redazione diRadio Verona. Un gruppo di tregiornalisti, più altri due che si

occupano di sport. Assunti a tem-po indeterminato. Quando neces-sario, a rinforzare la redazione cisono dei collaboratori. Il risulta-to si sente. «Dal punto di vistadell’informazione, a Verona nonabbiamo concorrenti», confermasoddisfatto Rosellini. «I nostri ra-diogiornali vanno in onda dallesette del mattino fino alle venti.In redazione ci occupiamo per-lopiù di informazione locale, maseguiamo anche fatti di livello na-zionale, soprattutto se coinvolgo-no direttamente Verona. Quandosuccede qualcosa di molto rile-vante, andiamo sul posto con ilmicrofono, per raccogliere le te-stimonianze da inserire nei ra-diogiornali. Con un notiziario dapresentare ogni ora, il lavoro ètanto, bisogna correre. D’altraparte questo è un vantaggio: si dàl’informazione prima di tutti,sempre aggiornata».

La freschezza della notizia è il

punto di forza anche delle treemittenti del gruppo padovanoRighetto, guidate da Radio Ge-nius. «Siamo soci di una coope-rativa che produce informazionea Roma - sottolinea il direttoreMassimo Righetto – L’agenzia sichiama Grt. A Radio Genius io mioccupo della cronaca locale. Almattino, prima del rotocalco in-formativo, c’è una rassegna stam-pa condotta da un giornalista chelavora anche per l’Ansa e per il“Corriere del Veneto”. Grazie al-la sua presenza riusciamo a rac-cogliere le informazioni localiprima di altre emittenti, anchetelevisive». Tre le persone che sioccupano di informazione a Ra-dio Genius. «Un numero notevolese si pensa che nell’agenzia a Ro-ma lavorano 15 persone per tuttal’Italia - commenta Righetto –D’altronde in una radio bisogne-rebbe dare solo il lancio della no-tizia. Il ruolo dei giornalisti ra-

diofonici è diverso da quello neigiornali o in televisione. In fu-turo bisognerà distinguere me-glio le figure».

E quindi quali requisiti per la-vorare in radio? «Capacità diesprimere la notizia, buona vocee dizione», sono i suggerimentidel direttore di Radio Genius. Manon conta solo questo. «È impor-tante che le emittenti permettanoai giovani di collaborare e di for-marsi». Ne è convinto Davide Ca-mera, giornalista radiotelevisivoveneziano. Dopo varie esperien-ze in Veneto, e nelle emittenti na-zionali Radio 101 e Rds, adessolavora per l’agenzia Grt di Roma.«I giovani, dal canto loro, devonoavere l’umiltà e la voglia di im-parare vedendo come lavorano ipiù esperti – aggiunge il giorna-lista – Bisogna conoscere il mez-zo. Spesso, invece, succede chemolti entrano in radio con l’in-tenzione di andare poi in televi-sione o in un quotidiano. Se siragiona così, non si potrà mai es-sere un bravo giornalista radio-fonico». Occorre talento, dunque,ma anche una buona dose di pas-sione. «Ho iniziato a fare radionegli anni Settanta, quando ave-vo quindici anni – aggiunge Ca-mera – Ancora adesso in agenzia,mentre sono in onda, sento lastessa adrenalina».

Nata dalla fusione di tre emittenti diocesane, la redazione cerca di raccontare il Veneto migliore che c’è

L’isola che c’è, piccola e feliceA Blu Radio nessun lavoratore precario: «Sarebbe immorale»

“ IL DIRETTORENon ci serviamodi collaboratorioccasionaliQuestione di etica

“ LA GIORNALISTASiamo tutti assuntima vedo difficoltàdi inserimentoper i giovani

Sandro Viganid i re t t o redi Blu radioL’ e m i t t e n t eè natadalla fusionedi tre radiodiocesane

VALERIANA SEMERARO

MESTRE — Una realtà po-sitiva esiste. Si chiama BluRadio, divisa tra la redazionedi Mestre e quella di Padova.Cinque le persone assunte,due giornaliste e tre tecnici,uno dei quali ricopre anche ilruolo di speaker, come pre-visto dal contratto, per unadelle trasmissioni di intrat-tenimento.

«Ma l’informazione veneta èla nostra mission principale -afferma con orgoglio il di-rettore Sandro Vigani - è ilVeneto quello che vogliamoraccontare».

Nata un anno e mezzo fadalla fusione delle tre radiodiocesane delle province diPadova, Treviso e Venezia,Blu Radio si è velocementeaffermata sul territorio gua-dagnando un ottimo riscontro.Trasmette su due frequenze88.7 e 94.6 da Pomposa a Por-togruaro, da Ponte delle Alpi aVicenza, parte di Verona efino a Rovigo.

Una concessionaria interna,gestita direttamente dalla ra-dio, si occupa della parte pub-blicitaria soprattutto a livello

locale, ottenendo un risultatomaggiore.

La radio non fa solo in-formazione ma trasmette an-che musica e intrattenimento.È iscritta al Circuito “In blu”di cui fanno parte 300 emit-tenti a livello nazionale. Gra-zie a questa rete, Blu Radiotrasmette oltre al Gr localeanche un Gr nazionale rac-cogliendo le notizie dalle altrepiccole radio locali estese sututto il territorio italiano. Esi-ste un accordo di collabora-zione anche con Telechiarache prevede lo scambio distorie e di qualche giornalisteper alcune edizioni. «Inoltre -afferma il direttore Vigani -lavoriamo molto anche graziealle notizie apprese dalle agen-zie di stampa del territorio».

La domenica è dedicata tut-ta allo sport, al calcio localema anche ad altri sport, comeil volley nazionale che attraeuna fascia di utenti diversa daquella settimanale che seguel’informazione.

Blu Radio fu lanciata tra-mite una forte campagna pub-blicitaria. Oggi, per rilanciar-si, il direttore si è affidato aduna indagine sull’auditel che

sarà pronta a breve e chepotrà indirizzarlo sulla viagiusta.

«Un ottimo riscontro lo ab-biamo già soprattutto dalleistituzioni locali, dai Comunie dalle Province che giudicanola nostra informazione ogget-tiva, completa, seria e di qua-lità - dice il direttore Vigani -cerchiamo di dare un tagliodiverso alle nostre trasmis-sioni, cercando di dare moltospazio all’informazione del no-stro territorio».

Sembra incredibile come, inquesto periodo di crisi dovetutte le aziende hanno dif-ficoltà economiche, qualchepiccolta realtà invece si sal-vi.

E il direttore si lascia an-dare a qualche confidenza.

«Certo, sosteniamo anchenoi molte spese, dal personaleai costi per mantenere lastruttura, le antenne, i ri-

petitori. Ma non ci avvaliamodi collaboratori precari. Ad-dirittura non abbiamo piùneanche i volontari che la-voravano un tempo gratui-tamente. Il personale di BluRadio è tutto assunto con con-tratti dignitosi secondo le nor-mative. La nostra è una sceltaetica anche perché siamo naticome un’emittente ecclesiasti-ca. Rispettare alcune regole cidà delle soddisfazioni, ci as-sicura la professionalità del-l’informazione contro l’appiat-timento. Sono moltissimi igiovani precari che sono co-stretti a scrivere lo stessopezzo per più testate gior-nalistiche, rischiando anchedi non riuscire a verificare lefonti per mancanza di tem-po».

Una radio che è anche online, come tutte le emittentiemergenti che si rispettino.Come entrare allora a Blu

Radio, viene da chiedere.«Bé, la nostra è una realtà

piccola - continua Vigani - chici lavora si è formato qui»Fiorella Girardo, una delledue giornaliste dopo il pra-ticantato a quella che primaera GV radio a Venezia, ha poisostenuto l’esame di stato daprofessionista».

Poi l’accorpamento con lealtre due radio diocesane diTreviso e Padova e l’approdo aMestre per gestire l’informa-zione e l’approfondimento diun unico grande network. Al-tri tempi.

Fiorella Girardo fa trape-lare non poca preoccupazioneper il futuro dei giovani gior-nalisti precari.

«Al momento - afferma - nelmondo del giornalismo c’ècontrazione e le possibilità diaccesso scarseggiano. Sonomolte le testate giornalistichecartacee che incentivano al

prepensionamento ma consi-glierei ai giovani di puntarepiù su radio e tv, magari localio sui canali satellitari. Chi hala fortuna di accedere a emit-tenti che fanno informazionenazionale ha contratti più re-munerativi. Le possibilità perle testate di ampliare l’or-ganico sono praticamente nul-le, le redazioni piuttosto sirafforzano con il personale giàesistente».

Una situazione difficile daaffrontare per gli aspirantigiornalisti che vedono il pro-prio futuro incerto.

Un’altra storia invece quel-la di una giornalista comeFiorella Girardo. Con moltianni di esperienza alle spallein vari uffici stampa. In quellodel Festival del cinema diVenezia, in seguito a Milanoper sette anni, all’Agis prima eal Teatro Porta Romana poi,fino all’ufficio stampa dei Tea-tri d’Italia. Una formazionealla scuola Kolbe di Venezia.Lavora in radio da undicianni. Fu assunta come pra-ticante, e dopo il superamentodell’esame di stato arrivò ilcambio di qualifica in redat-tore. Come previsto dal con-tratto radiofonico Aer-AntiCorallo. Un passaggio ovvioper i giornalisti formatisi ven-ti anni fa.

Ora le regole del gioco sonocambiate e l’accesso alla pro-fessione è sempre più cana-lizzato attraverso i masterbiennali in giornalismo. Unaformazione di tipo universi-tario sempre più richiesto.Che si spera però possa tro-vare reale collocazione in unmercato dell’informazionesempre più confuso e agitato.

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L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 201010 Speciale Veneto e informazione

Costi ridotti e nuove tecnologie saranno le carte vincenti del giornalismo on-line

De Biase: «Il futuro è sul webBisogna saperlo cogliere»

Dalle testate storiche a quelle nuove le opportunità non mancano

IIINNNTTTEEERRRNNNEEETTTEEE NNNEEEWWW MMMEEEDDDIIIAAA

GIANLUCA OLDANI

PADOVA — «La crisi non è deigiornalisti, la crisi è degli edi-tori. La richiesta di professioni-sti dell’informazione non può di-minuire, anzi. Bisogna solo sa-per andare incontro al futuropreparandosi nel modo adegua-to». Parola di Luca De Biase,giornalista del gruppo “Sole 24Ore” esperto in nuovi media einternet. Docente al master digiornalismo IULM di Milano e exdocente al “Giorgio Lago”, DeBiase è ottimista sul futuro dellaprofessione: «Passo le giornate aconfortare studenti ai quali vie-ne ricordato ogni giorno quantoè fosco il loro futuro. Non è vero,non bisogna deprimersi. Il futu-ro è tutto li, bisogna solo saperlocogliere».

Quindi speranze ce ne sono?Non siamo tutti destinati alladisoccupazione?

«Certo che ce ne sono. Diciamoche bisogna saper guardare ol-tre. Anche nell’ultimo anno, al“Sole 24 Ore”, nell’ambito on-li-ne qualche assunzione c’è stata.E’ ancora un movimento piccolo,in controtendenza, ma qualcosasi muove»

Ma quali sono le reali pos-sibilità professionali offertedalla rete?

«Diciamo che esistono tre di-verse possibilità: quella delle te-state storiche che piano piano sistanno trasformando on-line,quella dei giornali che nasconodirettamente sulla rete e qualla

Luca De Biase53 annis c r i t t o ree giornalistadel Sole24OreA sinistral’homepagedel New YorkTimes(foto di MichelePe ro n e )

La testimonianza. Fabio Amato, dal master di Padova alla redazione web

Progettista di giornali in Rete«Su Internet spazio per tutti»

“ IL FUTUROCi sarà semprela necessitàdi professionistidell’informazione

dei freelance capaci di gestire almeglio le opportunità del web edi offrirsi al miglior offerente».

Ma tra le varie possibilitàquali reputa più vantaggiose,per lo meno sulla carta?

«I giornali generalisti sul web,se non hanno un grande nomealle spalle, fanno fatica. Meglioun giornale web locale, specia-lizzato o di settore. L’esempio mi-gliore in questo senso è “VareseNews”, giornale on-line capacein breve tempo di battere la con-correnza dei cartacei sul terri-torio e di superarli anche perquanto riguarda le entrate pub-blicitarie. Credo che quella siauna direzione vincente. Nella lo-gica di internet una chiara iden-tità editoriale è importante e fun-ziona bene».

Mentre la strada del free-lance? E’ più ardua?

«Il freelance on-line ha poten-zialmente una chance importan-te grazie alle caratteristiche delweb, ma deve poter essere rico-nosciuto come uno che ha effet-tivamente qualcosa da dire di im-portante sugli argomenti chetratta. Questa fama deve esserecostruita, il modo migliore per

farlo è saper sfruttare nel mi-glior modo possibile il mondo deiblog e dei social network».

Ma in che modo questi mon-di interagiscono con quellodell’informazione giornalisti-ca?

«La logica dei giornali tradi-zionali su questi temi è stata dap-prima quella di reagire in mododifensivistico, poi di abbracciarein modo acritico tutto quello cheproveniva dalla rete, adesso cre-do si stia raggiungendo un giustoequilibrio, sta maturando una si-tuazione in cui si riuscirà a di-stinguere il buono dall’inutile».

Le nuove tecnologie, la ri-cerca, stanno venendo incon-tro alle nuove esigenze anchedel giornalismo on-line. Qualisono le prospettive in que-st’ottica?

«Da questo punto di vista latecnologia può venirci incontroanche dal punto di vista dellaraccolta delle risorse. Mi spiego:le fonti di sostegno economicosono sempre state sostanzial-mente tre, ovvero il pagamentodel contenuto da parte dei lettori,il pagamento delle inserzionipubblicitarie e il sostegno legato

“ LA CRISINon dobbiamofarci abbattereIl problemaè più degli editori

agli interessi della comunità.Per quanto riguarda l’on-line laprima fonte di finanziamento èquello della pubblicità, ma è unrapporto basato sulla quantità enon sulla qualità dei contenuti.Ecco, in questo senso le nuovetecnologie – penso ad esempioall’iPad – potrebbero avere il sen-so di stimolare la progettazionedi nuove forme con le quali of-frire al pubblico i contenuti cheabbiano una qualità tale da di-stinguerle dal web gratuito. Inuovi progetti per tablet vanno

tutti in questa direzione, ovveroqualitativa. Gli editori però de-vono investire in ricerca e de-sign, producendo qualcosa cheinvogli all’acquisto da parte del-l’utente».

Quindi possiamo dire che lepremesse per un futuro mi-gliore ci sono tutte. Ma, con-cretamente, se dovesse dareun consiglio ad un giovaneprofessionista che si deve con-frontare con la realtà del gior-nalismo attuale, cosa si sen-tirebbe di suggerire?

«Per prima cosa direi di apriregli orizzonti, bussare alla portadegli editori non è l’unica stradapercorribile. E’ certo una solu-zione, così come lo stage è unasplendida opportunità per crear-si contatti, ma la vera sfida è laprogettazione di cose nuove.L’ambito di crisi dell’editoriatradizionale non ci deve depri-mere come giornalisti. Perché diinformazione c’è un bisogno cre-scente. Il problema è capire i pas-saggi che ci portano al mondo delfuturo. Quindi tenere d’occhiotutto ciò che c’è di nuovo, nuovetestate che nascono on line, fa-cendosi avanti senza timore.Inoltre un approccio un pò piùimprenditoriale è necessario. Eintendo essere imprenditori dise stessi. Curando la propria vi-sibilità, la propria immagine. Inquesto modo si è anche costrettiad elevare il proprio standardqualitativo, a migliorarsi».

C’è speranza quindi?«Assolutamente sì. La prima

cosa che faccio con i miei stu-denti al master è risollevarli dal-la depressione spesso causata dacolleghi che vedono un mondoche sta finendo e non riescono aintravedere quello che sta co-minciando».

L_inkre@dibilevia del Padovanino 9 - 35123 Padova

tel 049 8274938 - fax 049 8278941 - [email protected]://www.giornalismo.unipd.it/linkreadibile

direttore responsabileAntonio Di Lorenzo

direttore del masterMichele Cortelazzo

comitato di direzioneLuigi Carrai

Mauro PertileValentino Pesci

fotografieMattoschi ComunicAzione

segreteriaMattia Coppo

supporto tecnicoCristina PaulonNadia Radovich

videocomposizioneGN3 - Tera Digital Publishing

stampaTipografia Nuova Jolly

via dell’Industria, 28 - Rubano

responsabile del trattamento dei datiUniversità degli Studi di Padova

Chiuso in redazione il 24 febbraio 2009

Registrazione del Tribunale di Padova numero 4582/2004 del 17/12/2004

L’iPad, il tablet commercializzato da Apple

PADOVA — Due stage al-l’Unità ai tempi del Master aPadova, poi un’esperienza ditre anni a Colors, la rivistadel gruppo Benetton. Adessol’on-line. Fabio Amato, 33 an-ni, da ex studente parla chia-ramente: «volevo fare gior-nalismo, a Colors non misentivo realizzato, così ho de-ciso di cambiare».

Adesso lavora ad un pro-getto di giornali on-line diimpronta locale, a Parma.

Scusa, ma la domanda èd’obbligo: come hai trovatolavoro nell’editoria on-li-ne?

«Grazie ad un mio ex col-lega al master che mi segnalòla nascita di questo progetto,su scala locale. Mandai il miocurriculum, feci i colloqui epoi mi presero».

Ma ritieni che quanto ti èaccaduto sia stato un casofortunato o credi che il set-tore dell’on-line possa abreve essere un opzione pertutti i giovani giornalisti?

«Sicuramente il mercato diinternet è destinato ad espan-dersi, e con esso anche ilmercato del lavoro che neconsegue. Non credo soppian-terà a breve quello cartaceo,ma le prospettive ci sono».

Attualmente, da dentro,come lo vedi questo am-biente?

«In fase di definizione. Giàadesso chi lavora per l’on-lineha delle caratteristiche di-verse da chi lavora per altrimedia. Il ruolo del giornalistaon-line sta raggiungendo unasua specificità. Per esempio èun lavoro molto più di desk,di routine, rispetto a quellodel giornalista “vecchio stam-po”. Questo comporta che perquesto ambito siano richiestedelle capacità diverse, di set-tore».

Ovvero? Quali sono le ca-ratteristiche vincenti perun giornalista che vuolelavorare on-line?

«Sicuramente le competen-ze tecniche. Il mezzo internetimpone a chi lo fa di saltaretutta la filiera produttiva chepuò avere un cartaceo. Chilavora in questo ambito devesaper scrivere, che rimanecomunque una cosa indispen-sabile, ma deve anche saperfare fotografie, lavorare leimmagini, saper montare deivideo, utilizzare un Cms

(Content ManagementSystem). Il 99% del mio lavorosi svolge attraverso una ta-stiera, non attraverso voce. Ilmio interlocutore è un com-puter. Devo sapermi inter-facciare con esso prima ditutto».

E in questo senso unapreparazione “accademica”è essenziale, rispetto a quel-la del vecchio praticantato.Ma in termini più pratici,da cosa può dipendere ilsuccesso del giornalismoon-line?

«Il problema non è il mer-cato giornalistico in sè, maquello del mercato pubblici-tario. Nel momento in cui cisarà un’espansione di que-st’ultimo assisteremo anchead una espansione del primo.Il problema forse è legato allaciclicità degli introiti pub-blicitari, legati sempre allecondizioni economiche gene-rali. Quindi probabilmente cisaranno periodi migliori ealtri in cui andremo di nuovoincontro ad alcune difficoltà.Ma la strada è quella giu-sta».

Per quanto riguarda in-vece il rapporto con tuttal’informazione veicolata dainternet ma non giornali-stica? Penso a blog e socialnetwork, come far convi-vere queste realtà sullostesso mezzo?

«Per me sono essenzialmen-te fonti e destinatari dell’in-formazione. La differenza traun blogger e un giornalista èche quest’ultimo è “obbliga-to” a verificare quanto stascrivendo, e in questo ricopreun ruolo essenziale. E’ la “re-sponsabilità” giornalistica adessere garanzia della qualitàdell’informazione. Questonon significa che un bloggernon possa essere altrettantocomepetente, anzi. Non solo:la semplicità linguistica delregistro dei social network èanzi qualcosa da cui i gior-nalisti on-line devono soloimparare. Questi sono aspettiimportanti della rete, nonpossono essere dimenticati.Ciò non toglie però che l’au-torità di un giornalista, ap-punto per la responsabilitàstessa che lo lega a quantoscrive, dovrebbe essere la car-ta vincente che gli consente diavere un ruolo preciso nellarete».(g.o.)

Google lancia la nuovapiattaforma editoriale

Arriva l’iPadsarà il futuro?

Si chiama “Living Sto-ries” ed è la nuova piat-taforma editoriale propostada Google a tutti gli editori.E’ stata sperimentata perdue mesi dalle redazionion-line del New York Timese del Washington Post, oraè aperta a tutti, in versioneopen source.

Tecnicamente questapiattaforma consente diraggruppare sotto un unicoindirizzo web (Url) tutte lepagine di un sito riguar-danti un singolo argomen-to, velocizzando e ottimiz-zando così la ricerca.

Questo consentirà ai let-tori e agli editori di “ri-tagliare” su misura di ogniutente la propria pagina,invogliando così la lettu-ra.

La via dunque è quelladella personalizzazione deicontenuti, così da offrireun servizio che può essereconsiderato interessanteanche da un punto di vistacommerciale.

Preceduto da due anni di ru-mors, l'iPad, ultimo attesissi-mo coniglio dal cilindro di Ste-ve Jobs, è arrivato. La "tavo-letta", sorta di terza via tra unosmartphone e un notebook,promette di rivoluzionare leabitudini di mezzo mondo, so-prattutto in fatto di "consumo"di giornali e libri. L'aspetto èquello di un grande iPhone(con cui condivide lo stesso si-stema operativo) con schermomultitouch da 9,7 pollici. I pre-cedenti di iPod e iPhone, chesecondo molti hanno salvatol'industria musicale, fanno ri-tenere ai colossi dei media cheJobs abbia trovato una solu-zione alla crisi dell'editoria.Primo a muoversi il New YorkTimes, recentemente tornatoin attivo, che ha già presentatola versione del giornale per la"tavoletta". Ma si stanno muo-vendo anche gruppi comeCondé Nast, Hachette, Hearste Time hanno inviato amba-sciatori a Cupertino e hannogià stretto patti commercialicon Jobs.

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L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 11Speciale Veneto e informazione

A tu per tu con Roberto Nardi, caporedattore dell’Ansa per il Veneto

L’agenzia e il multimedialeUna sfida contro il tempo

GIOVANNI GUARISE

MESTRE — Cambia il mondo,cambiano le reti di comuni-cazione, cambiano gli strumen-ti di fruizione delle informa-zioni. Ma le agenzie di stamparestano e anche nell’era delladigitalizzazione conservano unruolo preminente. Ad assicu-rarlo è Roberto Nardi, capo-servizio della redazione Ansadel Veneto. I nuovi canali te-matici e la crescita di piccolerealtà televisive impongononuove esigenze, sulla base dellequali è necessario riequilibrarele funzioni dell’agenzia per of-frire un prodotto appetibile adiverse realtà. L’obiettivo diNardi è preciso: mantenere sal-do il concetto-chiave di prioritàdella notizia, che impone diguardare al futuro in un’otticadi multimedialità.

L’elemento di maggiore ri-lievo nel lavoro di un’agenzia èla tempistica. La notizia deveessere diffusa nel momentostesso in cui avviene, operandonell’immediatezza dell’evento.Motivo per cui non si dedicatroppa attenzione alla riela-borazione del racconto, e lascrittura di un lancio apparebasata su uno stile scarno euniforme. Queste regole discrittura non corrispondono auna sofferenza, ma ad una scuo-la. E non risultano nemmenopenalizzanti dal punto di vistaespositivo. «Noi non dobbiamoscrivere romanzi ma dare in-formazione. E quest'ultima, aseconda delle esigenze, può es-sere articolata in un servizio di

settanta righe o in una notiziabreve di cinque righe. L'im-portante - assicura Nardi - inentrambi i casi è di avere lestesse capacità di offrire il me-glio al lettore». Non esiste quin-di uno stile migliore di unaltro. Entrambi corrispondonoalle differenti necessità di chifruisce del lancio di agenzia odell’articolo: i primi cercano

solo il fatto, i secondi gli svi-luppi e le riflessioni legati adesso.

Ma se i riferimenti di ungiornale sono le agenzie qualisono i riferimenti di un’agen-zia? Nardi ricorda come il la-voro giornalistico si articolisempre attraverso la ricerca ela conoscenza di più fonti. E lefonti dell’agenzia siano pra-

ticamente le stesse del quo-tidiano. È evidente, però, chel'agenzia non può permettersila medesima presenza capillaredi corrispondenti che può ave-re una testata locale nel suoterritorio di riferimento. Eccoallora che si invertono i ruoliperché il giornale locale puòdiventare per l'agenzia fonte disuggerimento rispetto ad al-cune tematiche. Se, per esem-pio, in un comune della pro-vincia di Padova accade unfatto ristretto, difficilmente l'a-genzia ne arriverebbe diret-tamente a conoscenza, ma netrarrebbe spunto dal piccoloquotidiano se l'avvenimento hauna rilevanza di natura ge-nerale.

Il ruolo dei corrispondentinell’agenzia di stampa è fon-damentale. Sono loro ad ope-rare direttamente sul territorioper raccogliere notizie che ver-ranno poi distribuite nelle re-dazioni di tutta Italia. Unaresponsabilità enorme, cuiadempiere con serietà e af-fidabilità.

Un ultimo aspetto da metterein rilievo è la concorrenza traagenzie. La sfida è dare notizieattendibili e, soprattutto, ar-rivare primi. Qui torna la solitaparola d’ordine: tempestività.La quale non deve andare ascapito della verità e della pre-cisione. E come essere sicuriallora che questo avvenga?Nardi è categorico: «Ci vuolesenso di responsabilità e unagrande capacità di interrogarsisempre sul valore della notiziache viene diffusa».

“ IL FUTUROG u a rd a r eall’informazionein un’otticadi multimedialità

“ LA SCRITTURADeve prenderela forma idealeper chi utilizzala notizia

FONTI PREZIOSE

LLL’’’AAADDDDDDEEETTTTTTOOOSSSTTTAAAMMMPPPAAA

Lino De Marchi, da oltre 25 anni è la “voce” del Consiglio regionale del Veneto

«Ecco perchè negli uffici stampalavorano giornalisti di serie A»

LinoDe Marchi

capo ufficiostampa

del Consigliore g i o n a l e

ve n e t oche ha sede

a PalazzoFerro Fini

MARIKA ZORZI

VENEZIA — A capo del-l’ufficio stampa del Consiglioregionale del Veneto da più divent’anni, Lino de Marchiparla della situazione del suosettore e sfata il pregiudiziodell’addetto stampa definitoda molti “giornalista mino-re”.

Com’è iniziata la sua car-riera come addetto stam-pa?

«Con le collaborazioni comele maggior parte dei mieicolleghi. Scrivevo per un gior-nale di agricoltura a Roma etramite conoscenze ho ini-ziato con altri colleghi adoccuparmi di ufficio stampa.Da prima per alcuni assessoridella capitale e successiva-mente in Consiglio regionaleveneto».

Com’è stato passare dallacarta stampata all’ufficiostampa?

«Cambia completamente laprospettiva. Da una partescrivi notizie e dall’altra devifare in modo che l’offertadell’ente diventi notiziabile eproponibile, mantenendo cre-dibilità, onestà e obiettivitàche sono le basi del lavoro diun addetto stampa»

Da quando ha iniziato lacarriera negli uffici stampacome ha visto mutare lasituazione?

«Più che l’ufficio stampa ècambiata l’informazione, ri-spetto a trent’anni fa c’è moltapiù commistione tra notizia ecomunicazione. Un ufficiostampa dovrebbe distingueresempre il segmento che dàinformazione dal quello che sioccupa di marketing e pub-blicità. Quello che negli ul-timi anni rischia di rovinarequel rapporto sano tra un entee i mezzi di comunicazione èl’avere sempre più unito que-sti due aspetti. Si rischia cosìdi alimentare un equivoco cheporta a sminuire il lavoro dei

giornalisti addetti stampa».Quale potrebbe essere

una soluzione per sanarequesto problema?

«Non credo che le aziendesiano disposte ad appoggiarequesto tipo di divisione per-ché per un’azienda è impor-tante fare breccia sugli organidi informazione a discapitodell’informazione. Devono es-sere dunque i destinatari co-me le radio e le televisioni agiudicare la notizia e sce-gliere».

Molti suoi colleghi defi-niscono l’ufficio stampa co-me “giornalismo minore”.Può essere questa separa-zione sempre meno nettatra notizia e pubblicità lacausa?

«Ma certo. Io per moltissimianni ho dovuto lottare conl’idea da parte dei colleghi chefacessi un giornalismo asser-

vito, marchettaro, non obiet-tivo e sono convinto che que-sto è un pregiudizio che tut-t’ora esiste ed ha i suoi fon-damenti. La colpa è di quellepersone che non sanno trat-tare l’ufficio stampa in ter-mini corretti. L’ordine stessoha avuto fino a qualche annofa un pregiudizio rispetto allafigura dell’addetto stampa. Iomi sentivo un giornalista diserie B nonostante come imiei colleghi della carta stam-pata o della tv avessi so-stenuto l’esame a Roma. Miricordo venticinque anni fa diaver letto un articolo di Gior-gio Bocca che parlava del-l’ufficio stampa come alter-nativa professionale seria erimproverava l’Ordine di nonaverla considerata. E’ statauna grande soddisfazione ve-dere un giornalista di quelcalibro considerare un settore

lavorativo con rispetto a di-spetto dello stesso ordine pro-fessionale».

Come si potrebbe sfatarequesto mito?

«Servirebbero innanzituttogiornalisti capaci ed obiettivima ho l’impressione che siaun pregiudizio radicato e dif-ficile da ridimensionare. Ab-biamo anche dei cattivi esem-pi che sicuramente non aiu-tano».

Dal punto di vista oc-cupazionale qual è la si-tuazione negli uffici stam-pa?

«Questa cattiva considera-zione da parte della categoriae dell’ordine rispetto a chifaceva e fa tutt’ora ufficiostampa ha impedito negli an-ni che si potesse considerarecome una prospettiva profes-sionale seria. La categoria el’ordine stesso non hanno uti-

lizzato le opportunità lavo-rative che questo settore po-teva offrire in termini seri edignitosi favorendone lo svi-luppo. Questo ha fatto si chepochissimi giornalisti mettes-sero tra loro priorità pro-fessionali l’impiego in ufficiostampa».

In un periodo di crisi co-me questo che sta colpendol’editoria non si sta riva-lutando il settore degli uf-fici stampa?

«Si sta un po’ più credendoa questa alternativa anche segli enti, le organismi e leassociazioni che possono of-frire un posto dignitoso, pro-fessionalmente serio e remu-nerato non sono tantissimi.Rispetto ai giornali e alletelevisioni, gli uffici stampanon offrono la possibilità dicollaborazioni e questo limi-ta, in qualche modo, la pos-sibilità di essere assunti. Inol-tre, non essendo un buonperiodo per la categoria, moltiuffici stampa sono al com-pleto. Bisognerà aspettare unricambio anche se non è pos-sibile prevedere quando av-verrà».

I sindacati cosa potreb-bero fare?

«Il sindacato si è moltospeso per l’approvazione dellalegge 150 in modo che neglienti pubblici, per esempio,potessero fare informazionesolamente giornalisti iscrittiall’albo. Si è fatta molta stra-da rispetto a vent’anni fa etanto altro si può ancora fa-re».

Gus: «I new media sono il futuro occupazionale»VENEZIA — E’ un periodo infelice dal punto di vista

occupazionale per il settore giornalistico e l’area degli ufficistampa non è un’eccezione. Si amplia la domanda ma calal’offerta.

A dirlo è Guido Lorenzon, presidente del GUS (giornalistiuffici stampa) Veneto. «E’ aumentato il numero delle personeche fanno ufficio stampa, ha sottolineato Lorenzon, e sonodiminuite le risorse disponibili come mercato. Le personeassunte e stipendiate per questo lavoro in Veneto sono moltopoche, un migliaio circa, e in molti casi fanno un altro lavoro,sono collaboratori di giornali che accettano 1000 euro l’annoe si dedicano all’ufficio stampa per arrotondare lo sti-pendio».

Ad aggravare la situazione c’è, inoltre, la crisi economica.Secondo Lorenzon, infatti, alla base del problema occu-pazionale degli uffici stampa c’è una preoccupante situazioneeconomica che condiziona sia gli enti pubblici che leistituzioni o le aziende private.

«Attualmente gli enti pubblici non offrono un grandemercato. I comuni, un esempio di ufficio stampa più diffuso,

sono tenuti al patto di stabilità e sono privi di risorseeconomiche».

«Per quanto riguarda il settore privato-aggiunge Lorenzon-il Veneto è caratterizzato da piccola e media industria dovenon c’è ancora un fabbisogno percepito di attività di ufficiostampa ed quindi un mercato in sviluppo che comunque haavuto una perdita media nell’ultimo anno del 28 per centoquindi mancano soldi anche da questa parte». Il futurosembra quindi essere internet. Oggi l'addetto stampa, infatti,grazie ai new media si può trovare a diretto contatto conl'interlocutore senza passare attraverso i mezzi di co-municazione.

E dal punto di vista legislativo lo Stato certo non aiutaquesto settore. La legge 150 del 2000 ha posto le basi per latutela dell’addetto stampa ma è attualmente ferma. “E' statoun enorme passo avanti”, commenta Lorenzon, “anche sequesta legge è stata fatta per sistemare non i giornalisti ma icomunicatori ed è attualmente ferma. Pur essendo unprovvedimento dello stato rivolto agli enti pubblici, questiultimi non la stanno applicando”. (m.z.)

Roberto Nardic ap o re d a t t o redell’Ansaper il Veneto

Sarebbe corretto chiamarleagenzie di informazioni, perchènon servono solo alla cartastampata. Le agenzie di stampacostituiscono la principale fon-te di informazione per l’univer-so dei giornali, delle testate ra-diotelevisive e multimedialiche vi si abbonano. Negli ultimitempi un altro importante cana-le di pubblicazione è diventato ilweb, con un vasto pubblico dilettori che si informa attraversoi giornali on-line. Le agenzieoperano quotidianamente e indiversi ambiti (regionale, nazio-nale e internazionale). Utilizza-no i più svariati mezzi di tra-smissione: telescrivente, radio-telescrivente e videoterminale.E trasmettono non solo notiziescritte, ma anche foto, filmati eservizi in voce.

La loro storia ha inizio a Pa-rigi nel 1832, quando Char-les-Louis Havas, un ebreo di fa-miglia ungherese, fa tesoro diun’ottima conoscenza delle lin-gue per aprire un ufficio di tra-duzioni: gli articoli dei giornalistranieri diventano accessibiliai francesi. Vent’anni dopo rie-sce anche a fare uso della lineatelegrafica francese per accele-rare lo scambio di informazionia lunghe distanze. Presso Havaslavorano Bernhardt Wolff ePaul Julius Reuter. Entrambi simetteranno in proprio, aprendodue nuove agenzie rispettiva-mente a Berlino nel 1849 e a Lon-dra nel 1851. L’informazione è inmano a tre grandi colossi, che

opereranno in sinergia perspartirsene il monopolio. Nel1859 firmano un accordo di sud-divisione dei territori su cuioperare: Havas di prende l’Eu-ropa occidentale e il mediooriente, Wollf l’Europa cen-tro-orientale e Reuter tutti i ter-ritori dell’impero britannico.Intanto dagli Stati Uniti alcuniquotidiani fondano in coopera-tiva la New York AssociatePress, per difendersi dal mono-polio dei tre “giganti” d’Europae assicurarsi una degna coper-tura degli accadimenti.

Nel 1853 nasce anche la Ste-fani, prima agenzia italiana,fondata per volontà di Cavour.Dopo essere diventata strumen-to di propaganda durante il re-gime fascista, viene chiusa allafine della seconda guerra mon-diale. I suoi impianti passano inmano a una nuova agenzia co-stituita nel 1945 da una coope-rativa di editori e quotidiani:l’Ansa (Agenzia NazionaleStampa Associata), che ad oggirimane un punto di riferimentoper l’informazione italiana, conla capacità di rimanere sempreal passo con i tempi. Dal 1996l’Ansa è stata la prima agenziaitaliana a diffondere notizie viasms. Ad oggi conta all’incirca1500 dipendenti, tra cui 500 gior-nalisti.

Altre importanti agenzie distampa in Italia sono Agi, Agr,Adnkronos, Italpress, Asca,Finpress, Ap e Apcom. Ai ver-tici del panorama internaziona-le si sono affacciate invece leprincipali agenzie di stati chericoprono un certo peso politicocome la Tass (Mosca), Nuova Ci-na (Pechino) e Kyodo (Tokyo).

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L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 201012 Speciale Veneto e informazione

L’ente che offre assistenza sanitaria ai giornalisti non gode di un buon stato di salute

Ricovero per la CasagitImprovvisi deficit di bilancio: si va ai ripari

PensioncineLa previdenza precaria

Dal 1996 nell’ambito dell’Inpgi è stata costituita unagestione previdenziale separata per assicurare i trattamentiprevidenziali ai giornalisti che svolgono la loro attività inregime di autonomia.

La cosiddetta “Inpgi 2” è arrivata in attuazione della leggedi riforma del sistema previdenziale (legge n. 335 dell’ 8 agosto1995), che ha introdotto il diritto alla copertura previdenzialeed il conseguente obbligo contributivo per tutti i lavoratori,subordinati e autonomi. Con il decreto legislativo del febbraio1996 il governo ha consentito agli ordini professionali dicostituire casse previdenziali a favore dei propri iscritti,relativamente alle prestazioni di lavoro in regime di au-tonomia, creandoli ex novo, ovvero affidandone la gestione adaltre casse o enti. Sulla base di questa previsione legislativa,il consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha de-liberato l’istituzione di una forma previdenziale autonomaper tutelare in maniera particolare alcune categorie digiornalisti come i freelance, i titolari di contratti di col-laborazione coordinata e continuativa, e i collaboratorioccasionali.

Alla Gestione separata devono comunque essere iscrittitutti i giornalisti professionisti e pubblicisti, e tutti ipraticanti che svolgono attività giornalistica autonoma.Anche nel caso in cui questi siano iscritti alla gestioneprincipale, qualora svolgano attività autonoma. La gestioneseparata assicura, così come la principale, i trattamentipensionistici in caso di vecchiaia, invalidità e superstiti.Poiché i trattamenti sono calcolati per legge sulla base delcriterio contributivo, il giornalista iscritto alla gestioneprincipale e a quella separata non può percepire, al momentodel pensionamento, un unico trattamento, sommando lepensioni erogate da entrambe le gestioni. Anche la gestioneseparata ha un proprio consiglio di amministrazione elettodirettamente dai giornalisti iscritti, che rimane in caricaquattro anni ed è composto da cinque rappresentanti elettivi,dai rappresentanti del ministero del welfare e della pre-sidenza del consiglio dei ministri. A presiedere il comitato èlo stesso presidente dell’Inpgi o, in sostituzione, il presidentevicario.

I collaboratori iscritti oggi alla gestione separata sono circa28 mila, di cui 10 mila sono Co.co co. La metà di questi ultimi,come confermato da Andrea Camporese sulla base dei datiforniti dall’Osservatorio generale, non guadagna più dicinque mila euro lordi all’anno.

Complementi di FondoIl Fondo di previdenza complementare dei giornalisti italiani è

un regime pensionistico di categoria derivante dalla contratta-zione collettiva. Si affianca al regime pensionistico obbligatorio dibase per assicurare la pensione di primo livello. Si tratta quindi diun trattamento aggiuntivo a quello dell’Inpgi che avviene me-diante la capitalizzazione individuale delle risorse. L’accordo sin-dacale per l’istituzione del fondo è stato raggiunto nel 1987 tra laFederazione della Stampa e quella degli editori. Prevedeva l’e-rogazione di una cifra “una tantum” per tutti i giornalisti, qualidipendenti, a titolo di donazione iniziale. Con un nuovo accordo èstato poi stabilito che a partire dal 1 gennaio 1993 le aziende avreb-bero versato al Fondo a favore dei dipendenti un contributo fissomensile di 25 mila lire. Oggi il Fondo, costituito in Fondazione, èguidato da un consiglio di amministrazione che rimane in caricatre anni ed è composto da dodici membri: sei di questi vengononominati dalla Fieg, gli altri sei sono invece nominati diretta-mente dai giornalisti iscritti. L’adesione è volontaria e aperta atutti i professionisti titolari di un rapporto di lavoro giornalisticosubordinato. Le posizioni individuali sono alimentate da un con-tributo fisso dell’editore e uno del singolo iscritto. Quest’ultimo ècalcolato su diversi elementi della retribuzione come il minimotabellare, gli aumenti di anzianità, i maggiori compensi per lavoronotturno e domenicale, la tredicesima e altre indennità varie.

PADOVA — La salute è il piùprezioso dei beni. L’uomo ha ildovere di difenderla per be-neficio proprio, dei propri fa-miliari e della società. Conquesta consapevolezza la ca-tegoria dei giornalisti ha scor-porato la sanità dall’ente diprevidenza (Inpgi) e oggi puòvantare una cassa autonomaper l’assistenza medica e ospe-daliera.

In principio - «Ciascunoversa secondo il guadagno ericeve secondo il bisogno».Così scriveva Giovanni Spa-dolini sulla Casagit (Cassa au-tonoma di assistenza sanita-ria integrativa dei giornalistiitaliani), istituzione nata nel1974 per volontà del sindacatodi assicurare ai giornalistiprestazioni sanitarie integra-tive rispetto a quelle fornitedal Sistema Sanitario Nazio-nale. E quello della mutualitàdi categoria ne è il criteriofondamentale: versamentiproporzionali alla retribuzio-ne, prestazioni uguali per tut-ti.

Caratteri generali - L ’ a s-sociazione è privata, a ca-rattere nazionale e senza finidi lucro. Vi sono iscritti au-tomaticamente e obbligatoria-mente tutti i professionisti e ipraticanti con rapporto di la-voro subordinato, oltre che aipubblicisti a tempo pieno. Informa volontaria possono ade-rirvi anche i tutti gli gior-nalisti iscritti all’ordine chenon rientrano nei suddetti cri-teri (i pubblicisti lo devonofare entro un anno dallla datadi iscrizione). Le prestazionisono indirizzate non solo aglistessi giornalisti, ma anche aconiugi, figli fino al venti-seiesimo anno di età e genitoriin età pensionabile a carico.La copertura dei servizi diassistenza è vasta: ricoveri,

interventi di chirurgia, visitespecialistiche, accertamenticlinici, terapie, acquisto dimedicinali, acquisto di lenti,protesi dentarie e ortopedi-che, assistenza infermieristi-ca a domicilio e persino lecure termali.

I problemi di bilancio - Sulpiano finanziario la Casagitha potuto vantare nel tempouna situazione di sostanzialesolidità. Ma l’arrivo della crisieconomica, aggiuntasi in pa-rallelo a quella del mondodell’editoria, ha fatto emer-gere imprevisti segnali d’al-larme. Nel corso del 2008, co-me ammesso dal componentedel CdA Gabriele Cescutti, èarrivato il «fulmine a cielsereno». Le verifiche di bi-lancio hanno fatto emergereun deficit di 13,6 milioni di

euro, a cui ne va aggiunto unoulteriore di 3,9 milioni per ilbilancio riferito al 2008. Lariserva si è drasticamente ri-dotta a meno di 9 milioni di

Restrizioni in arrivo per coprire i buchi di bilancio della Casagit

euro. Questo perché sareb-bero mancati i dovuti con-trolli di spesa. Al nuovo con-siglio di amministrazione, en-trato in carica il 2 luglio 2008,è spettato l’incarico di un’ur-gente misura correttiva perripianare i buchi emersi negliultimi tempi e prevenire ilrischio di nuovi deficit. Lariunione per l’approvazionedefinitiva di questa manovradi risanamento si è tenuta il 29gennaio. Queste le decisionifinali, comunicate dal presi-dente Daniele Cerrato: nessunaumento percentuale del con-tributo Casagit 2010 per con-trattualizzati e pensionati,nessuna variazione per i fa-miliari (figli con età superioreai 26 o 30 anni, genitori acarico e parenti entro il terzogrado che abbiano i requisitirichiesti), contributi fermi al2009 per disoccupati e cas-sintegrati, nessuna variazioneper il contributo sui familiaria carico, mentre è diminuitala quota annuale per i socititolari con meno di 30 anni ea basso reddito. Perché laCasagit, da dispensatrice diassistenza medica, le ferite sele cura da sola. (g.g)

Andrea Camporese, presidente nazionale dell’Inpgi

“DIPENDENTIChi ha un contrattoavrà pensionipiù bassema garantite

“PRECARILe retribuzioninon consentonoun buon accumulodi contributi

“M AT R I C O L EMolti giovaninon riuscirannoa venire assorbitidal mercato

«L’Inpgi è al sicuro»Gli iscritti un po’ menoLe risorse per la previdenza non mancanoma i bassi redditi daranno basse pensioni

GIOVANNI GUARISE

ROMA — Ma a noi le pen-sioni chi le pagherà? È unadomanda che si pongono tantigiovani giornalisti, precari enon. Una risposta arriva daAndrea Camporese, presiden-te dell’Inpgi, ente di previ-denza dei giornalisti italiani.

La situazione non è ugualeper tutti. I collaboratori senzacontratto versano contributiin misura proporzionale aquanto guadagnano. Quindi lepensioni se le pagano da soli,perché le quote di contribu-zione versate rimangono in unfondo individuale, che si ri-valuta nel tempo e porta aduna pensione. Il problema so-no gli scarsi introiti, che inmolti casi, come emerge dalledichiarazioni dei redditi, nonsuperano nemmeno i 5 milaeuro annui. Un precariato pe-sante perché se risicato è ilguadagno, irrisorio è il con-tributo versato, e molto bassasarà la pensione.

Discorso diverso, e più ras-sicurante, per i dipendenti concontratto iscritti alla gestioneprincipale. Il loro sistema siautoalimenta nella manierapiù classica, simile a quelladell’Inps: i lavoratori di oggipagano le pensioni a quelli diieri, quelli di domani a quellidi oggi, e via dicendo. Il pro-blema riguarda l’equilibriodel sistema, perché con la crisidell’editoria i dipendenti sonosempre meno e le entrate percontributi non sarebbero suf-ficienti a coprire le uscite perpensioni. Camporese prevedeche questa “gobba negativa”arriverà nel giro di qualchedecennio e durerà per circavent’anni. Ma in quel periodol’Inpgi interverrà con una par-te del patrimonio accantonato,che ammonta oggi a due mi-liardi di euro. E l’erosioneparziale di un patrimonio nonpuò dirsi di per sé un fattonegativo. Poi il sistema tor-

nerà pian piano in equilibrio.La prospettiva dei giornalistititolari di contratti, quindi, èdi pensioni certe e dignitose,anche se più basse rispetto aquelle odierne.

Guardando al presente lacrisi dell’editoria in ambitoprevidenziale si manifesta conun’ondata di prepensionamen-ti: sono settecento le uscitestimate negli ultimi due anni.

E il settore più colpito, nean-che a dirlo, è la carta stam-pata. Un evento negativo chenon grava sull’Inpgi, i cuicosti sono rimborsati dalloStato. A carico dell’ente sonoinvece alcune tutele per i pre-cari introdotte da qualche an-no, come le indennità di ma-lattia e di ricovero, e la ma-ternità. Nello stesso tempol'aliquota di versamento pre-

videnziale è cresciuta, perchéin applicazione del protocollosul welfare firmato due annifa dal ministro Damiano. Que-sta aliquota si è elevata po-nendone in capo agli editori idue terzi: pagando poco menodi quello che pagava ieri, ilcollaboratore avrà una con-tribuzione previdenziale qua-si tripla.

Il precariato nel mondo del-la stampa rimane comunqueallarmante. «Il vero problemaè l’incapacità del mercato dellavoro di creare nuovi posti -sostiene Camporese - oltre chedi assorbire quelli lasciati li-beri da chi va in pensione. Ilpanorama è difficile e confuso- continua - perché il gior-nalismo classico va decrescen-do e in parallelo ne cresconoaltri tipi. Il turnover è moltobasso e per avere speranze sidevono individuare i giusticanali di occupazione». In so-stanza i posti di lavoro au-mentano nell’ambito dellapubblica amministrazione,nel mondo delle radiotelevi-sioni locali e nei nuovi media.Ma in generale il mercato dellavoro è fermo, non producenuovi posti.

La crisi dell’editoria è co-munque legata a quella piùgenerale dell’economia, il cuieffetto più tangibile è stato uncrollo della pubblicità. E solofra due anni, quando l’ondatadi recessione sarà alle spalle,avremo una fotografia più ni-tida del giornalismo italiano.

Andrea Camporese è ungiornalista di nuova genera-zione. Anche lui ha vissuto ilprecariato per una decinad’anni, prima al Mattino diPadova, poi in Rai. «Grazie almio impegno parallelo all’in-terno del sindacato ho avutol’opportunità di ricoprire que-sta importante carica. Fran-camente ritengo positivo chealla presidenza dell'Inpgi cisia un quarantenne con unastoria professionale come lamia, che mi rende sensibilealle situazioni difficili di molticolleghi».

In conclusione un messag-gio di sincera disillusione atutti i precari di oggi: «In unmercato così difficile ci vuoleuna grande determinazione.Bisogna essere testardi, pre-parati e insistenti. Certo ionon posso dire che tutti igiornalisti precari riusciran-no ad avere un posto di lavoro.Questo è impossibile. Per cuibisogna allo stesso tempo va-lutare rischi e benefici, sa-pendo che si deve fare moltaattenzione nell'investire tuttoin un precariato dagli esitiincerti. Il consiglio che possodare è di essere motivati eimpegnati al massimo, dopo-diché sappiamo che nell'at-tuale sistema meno della metàdi quelli che partono arri-veranno ad ottenere il posto dilavoro». Un dato, quest’ulti-mo, inconfutabile. Lasciateogni illusione o voi che en-trate.

CHI È

Andrea Camporese hainiziato la sua carrieragiornalistica nel 1987 comecollaboratore dei giornaliveneti del gruppo Finegil.Dopo un precariato di diecianni è approdato alla Rai,ancora come precario, pervenire poi assunto in pian-ta stabile. La sua presenzanel sindacato è iniziata nel1989, come componente deldirettivo del Sindacatogiornalisti del Veneto delquale ha anche ricoperto lacarica di segretario regio-nale. Per 15 anni è statomembro del Consiglio na-zionale della Fnsi. Nell’ul-timo triennio ha ricopertola carica di vice presidentedella Casagit, la cassa au-tonoma di assistenza in-tegrativa dei giornalisti. Daquasi un anno è presidentedell’Inpgi.