21
LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ Rosa e Zemira davanti alla gramola

LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

  • Upload
    others

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

LA CANAPA

‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ

Rosa e Zemira davanti alla gramola

Page 2: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 2 -

LA CANAPA

‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ

La presente pubblicazione è stata stampata grazie al contributo della Banca Atestina di Credito Cooperativo.

Rosa e Zemira davanti alla gramola

Page 3: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 3 -

In ricordo di chi, tra mille difficoltà, è vissuto prima di noi in queste nostre terre della Bassa.

Si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla rea-lizzazione di questo lavoro: il Presidente della Biblioteca Comunale Davide Chiarello, Carlo Pezzin per i testi, Giuseppina Baratto, Elisabetta Baretta, Michela Battistella, Marina Bellonzi, Benedetto e Katia Boggian, Morena Guariento e Gabriella Vetrali per la fattiva collaborazione.

La distribuzione è gratuita per tutte le famiglie.

Megliadino San Vitale, Aprile 2011

Page 4: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 4 -

1. Perché parlare di canapa? Nei secoli passati la canapa ha rivestito una grande importanza. Tes-suti, indumenti, corde, vele, reti da pesca un tempo erano per lo più realizzati con la fibra ricavata da questa pianta. I semi erano utilizzati per l’alimentazione degli animali, la parte legnosa per accendere il fuoco, i residui per la lettiera nelle stalle. Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di canapa i grandi pittori del passato realizzarono i loro ca-polavori. Senza di essa oggi molte grandi opere sarebbero perdute. I colori stessi per dipingere erano mischiati con olio di canapa e si so-no così potuti preservare nel tempo. Verso la metà del secolo scorso questa coltivazione nei paesi occi-dentali è praticamente scomparsa per diverse ragioni: l’introduzione della navigazione a vapore in sostituzione di quella a vela, l’invenzione delle fibre sintetiche, la concorrenza del cotone e delle altre fibre naturali meno costose, la complessità della lavorazione, la concorrenzialità della barbabietola da zucchero come coltura indu-striale produttrice di altrettanto reddito, le leggi proibizionistiche re-lative agli stupefacenti che, a partire dagli Stati Uniti, ne impedirono la coltivazione anche in Europa. Questo perché una varietà della ca-napa, la marijuana, produce secrezioni contenenti un principio attivo, il tetraidrocannabinolo (THC), classificato come droga. Oggi si ricomincia a parlare di canapa non tanto per gli usi illegali, quanto per il suo possibile impiego in settori vitali dell’economia con notevoli, benefiche ricadute sulla tutela e la salvaguardia dell’ambiente. Essa può essere impiegata, oltre che per i tessuti, per la produzione di plastiche e materiali da imballaggio in sostituzione di quelli derivati dal petrolio, per costruire pannelli isolanti nella bioedilizia, per la

Page 5: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 5 -

realizzazione sia di carta di buona qualità che di carte più grossolane e cartoni. Dalla canapa è facile ricavare un carburante per autotra-zione ecologico. Dai suoi semi si può produrre un olio vegetale ali-mentare molto utile per il nostro sistema immunitario e per la cura di diverse malattie. Sempre dai semi si ottiene anche una farina estre-mamente nutriente che può essere adoperata per la preparazione di torte, pane, pasta e altri piatti. Le proteine vegetali che essi conten-gono sono tra le migliori, perché più facilmente assimilabili dal cor-po umano. Nel periodo fascista l’Italia era al secondo posto al mondo, dopo la Russia, nella quantità di canapa prodotta, al primo posto per la qua-lità. La maggior parte era destinata alla esportazione. Tra le aree di coltivazione più importanti c’erano l’Emilia Romagna e il Veneto. 2. La lavorazione della canapa La lavorazione della canapa, cui i nostri avi dedicarono enormi ener-gie, richiedeva una grande quantità di manodopera, impegno e abi-lità manuali. In novembre il campo veniva arato e concimato con abbondante le-tame. Durante l’inverno si svuotavano i masari e li si ripuliva, quin-di, tra febbraio e marzo, iniziava la semina, generalmente a spaglio. Quei piccoli semi di colore scuro costituivano un richiamo per i pas-seracei, e per scacciarli i contadini piazzavano degli spaventapasseri, sbattevano delle pignatte o incaricavano i bambini di allontanarli. Dopo una o al massimo due settimane spuntavano le piantine che, ancora molto piccole, erano accuratamente liberate con la zappa dalle erbacce. Questo lavoro, generalmente eseguito dalle donne, veniva ripetuto altre due volte nei primi due mesi dalla semina, all’incirca fino alla fine di maggio. Successivamente la pianta soffocava da sé tutte le infestanti e non ri-chiedeva più alcun trattamento. Dopo circa 100 - 120 giorni dalla semina, a seconda di come i fattori climatici avevano condizionato la

Page 6: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 6 -

vegetazione, tra fine luglio e primi di agosto giungeva il periodo del raccolto. Le piante erano alte tre o quattro metri ed avevano un diametro da uno a tre centimetri. A questo punto venivano taglia-te col falciolo e lasciate nel campo ad essiccare per tre o quattro giorni, riunite in pic-coli manipoli appoggiati l’uno all’altro a formare un cono per proteggerle dalle piogge. Trascorso questo pe-riodo, di solito nelle ore più calde della giornata, si pas-sava alla fase della sbattitu-ra: le piante venivano sbattu-te ripetutamente sul terreno

per liberarle completamente dalle foglie. Era un compito ingrato in quanto si liberava nell’aria una grande quantità di polvere e polline che irritavano le vie respiratorie. Seguiva l’impilatura : i fasci veni-vano sollevati in verticale ed uniti tra loro a formare tante capanne di forma conica del diametro di due o tre metri, chiamate “pile”, in modo tale che il vento non le rovesciasse e fossero protette dall’acqua, che avrebbe deteriorato irreparabilmente la qualità degli steli. Essi venivano quindi preparati per la macerazione mediante la tiratura: si stendeva la canapa su un cavalletto alto circa 50 cm. da terra e su di esso le piante venivano pareggiate battendole alla base con una apposita spatola, così da potere più facilmente estrarre gli steli di uguale lunghezza. Questi erano poi disposti in piccoli mazzi, che a loro volta, dopo averne reciso la cima, venivano riuniti in fasci più grandi, metà in un verso e metà nel verso opposto, legati tra di lo-ro. Si passava quindi alla macerazione: con i fasci si costruivano delle grandi zattere che venivano affondate nei maceratoi ponendovi

Amalia Gennaro Urban,1895-1965, davanti ai fasci di canapa

Page 7: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 7 -

sopra del fango o dei sassi. La canapa era lasciata a macerare dai sei ai nove giorni in base anche alle condizioni meteorologiche. Questa operazione serviva per facilitare il distacco della parte fibrosa dal fu-sto ligneo. I fasci restavano immersi fino a che non diventavano di un colore bianco argento, il loro peso diminuiva e il fusto era avvolto da una fibra biancastra. Erano quindi raccolti da uomini che passa-vano intere giornate immersi nell’acqua, con enormi disagi e dispen-dio di energie.

Il Fiumicello e i maceratoi di Megliadino S. Vitale

Page 8: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 8 -

I maceratoi (masari) da canapa erano presenti in tutti i comuni. I più importanti a Megliadino, come si può notare nella cartina, erano quelli che praticamente quasi congiungevano Via Valli (a fianco del-la quale scorreva il Fiumicello che li alimentava) a Via Gioachin in località Lazzaretto. Uno molto più piccolo, ad uso privato, si trovava nella grande proprietà dei Pajola. Erano larghi circa una decina di metri e profondi da un metro e mez-zo a due, delimitati da siepi o più spesso da alberi come pioppi, salici ed olmi. Il maceratoio era costituito da una parte centrale più profon-da e da una laterale più alta, con pareti leggermente inclinate, per fa-vorire l’ingresso e l’uscita dei lavoranti. Trascorsi i giorni della macerazione e tolti i sassi che trattenevano sul fondo le zattere, si provvedeva a slegare i fasci e a lavare la ca-napa sbattendola nell’acqua. Ancora bagnata, essa veniva esposta al sole per l’essiccatura in radi coni legati alla cima. Non è difficile immaginare quanto dovesse essere massacrante lavorare nell’acqua putrida, in pieno agosto, tra mosche e zanzare… Una volta essiccate, le piante erano trasportate sull’aia dove iniziava la stigliatura, mediante la quale si staccava la parte fibrosa, il tiglio, da quella legnosa. La canapa veniva spezzata appoggiandola su una tavola e percuotendola con un bastone. Si frantumava facilmente in piccoli pezzi, i “canarei”, che cadevano a terra. Come per altre atti-vità agricole del passato, anche per questa le famiglie del vicinato si riunivano e si aiutavano reciprocamente. Esso diventava così occa-sione di ritrovo, di socialità, quasi di festa: gli adulti si aprivano al buonumore davanti all’immancabile bicchier di vino, i bambini si scatenavano nel gioco, i giovani intrecciavano nuovi amori. Seguiva la gramolatura, che consisteva nell’eliminare gli ultimi pezzetti di canna ottenendo una grossa matassa di fibra morbida e fi-ne, togliendo anche i più piccoli “canarei”, utilizzati poi per fare fuoco. In questa operazione ci si serviva della gramola, un cavalletto di legno il cui elemento longitudinale era incavato con una o due scanalature nelle quali si poteva inserire una barra mobile che veniva abbassata ritmicamente. Era un lavoro estenuante e lungo, che con-tinuava dall’alba al tramonto.

Page 9: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 9 -

La fase successiva, quella della pettinatura, era molto delicata e ve-niva svolta da un artigiano ambulante: “el petenaro”, il quale nella stagione autunnale si recava nelle case contadine. Mediante due pet-tini di ferro di differenti dimensioni, che costituivano tutta la sua at-trezzatura, raffinava la fibra. Tale arte, i cui segreti erano gelosa-mente custoditi, richiedeva una lunga esperienza e si tramandava di padre in figlio. Con questo procedimento si ottenevano da una parte matasse ordinate e lucide di canapa da filare, dall’altra mazzi di stoppa che venivano utilizzati per i sacchi, le tele grezze, le spine delle botti. La filatura era un’attività tipicamente femminile: torcendo le fibre,

Alma Zorzan, 1895 – 1972, alla mulinela

si otteneva il filo. Per questa operazione si utilizzava la mulinela, solitamente di legno, azionata da un pedale con meccanismo a biella. Il fuso (spola), in posizione orizzontale, era messo in rotazione, come si può notare nella fotografia, da una ruota: la girella. Il filato otte-nuto veniva riunito in matasse mediante l’aspo, un semplicissimo strumento prodotto dai contadini stessi, costituito da un asse orizzon-

Page 10: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 10 -

Maceratoio abbandonato verso via Valli, ricoperto di alberi e sterpaglie

tale di ferro nel quale erano innestate due croci di legno collegate tra di loro agli estremi da quattro bastoncini, su cui si avvolgeva il filo. Le matasse così ottenute venivano poi immerse in acqua nella quale era stata bollita della cenere di legna (lissia). Risciacquate in acqua fresca, erano successivamente stese ad asciugare e sbiancare. La sbiancatura toglieva alla canapa il caratteristico colore grigio e la rendeva bella e pronta per la tessitura. Il filo veniva avvolto in “ro-chei” per l’ordito, pronti per essere utilizzati al telaio. Dalla tessitura al telaio si ricavavano lenzuola, tovaglie, asciuga-mani, federe, strofinacci da cucina e biancheria per uomo e donna. Il filo poteva essere avvolto anche in gomitoli di “reve”, usato per unire i tre teli larghi 70 cm. che erano necessari per fare un lenzuolo. Queste attività impegnavano le donne della famiglia, dalle bambine alle anziane, per tutta la stagione fredda. Si svolgevano davanti al fo-colare o nella stalla, dove il calore degli animali e dei vincoli fami-liari rendeva più sopportabili i rigori dell’inverno.

3. Un po’ di storia Oltre il ponte de Ta-schin sul Fiumicello (Zime), procedendo in direzione Valli Mocenighe e im-boccando la prima capezzagna a destra, ancora qualche anno fa si poteva accedere a ciò che restava del più importante ma-ceratoio del paese: un fossato largo una decina di metri,

Page 11: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 11 -

poco profondo, oggi completamente abbandonato, che riceveva l’acqua direttamente dal Fiumicello e veniva utilizzato da tutta la comunità per la lavorazione della canapa. Fino alla seconda guerra mondiale la preziosa pianta tessile era diffusa in tutta la nostra zona. Oggi il tracciato dell’autostrada Valdastico ha modificato l’antico as-setto del territorio cancellando la capezzagna, per cui a quel manu-fatto si può accedere da ovest, dalla località Lazzaretto, fiancheg-giando il secondo tratto dell’antico maceratoio che in questi ultimi anni, completamente interrato e ricoperto di alberi, è diventato parte di un percorso naturalistico attrezzato per picnic.

Maceratoio interrato, alberato e attrezzato per pic nic.

Non sappiamo con certezza quando fu introdotta la canapa nel nostro mandamento; certamente la sua coltivazione era praticata più di 700 anni fa. Infatti in un documento del 1290, custodito nell'Archivio del Comune di Montagnana, le autorità proibivano di metterla ad asciu-

Page 12: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 12 -

gare in luoghi frequentati dal pubblico per evitare i disagi che il cat-tivo odore procurava ai passanti. All’inizio del XV secolo Venezia conquistò grandi spazi nell’entroterra veneto. Anche il Montagnanese, fin dal 1405, divenne dominio della Serenissima, la quale aveva bisogno di terreni che po-tessero ospitare ampie colture di canapa, necessaria per realizzare i cordami e le vele delle sue navi. Già dal 1412 essa si interessò alla produzione di questa fibra a Mon-tagnana, dove fu costruito un magazzino-deposito (la “tana”), al qua-le i coltivatori erano obbligati a consegnare il prodotto prima del tra-sporto a Venezia, praticato per via d’acqua attraverso il Frassine. Nel 1455 la Serenissima inviò i patrizi Nicolò Tron e Giovanni Moro per promuovere nei distretti di Montagnana e Cologna la coltivazione della canapa. Essi chiamarono molti uomini dalle "ville" di Meglia-dino (allora S.Fidenzio e S.Vitale erano un unico comune), Casale, Urbana, Saletto, S. Margherita e Merlara, manifestando la volontà del Senato di Venezia. Visitarono ripetutamente i terreni, i corsi d'acqua e i maceratoi, si consultarono con gli abitanti su come ottene-re un prodotto di buona qualità. Diedero quindi ordine che si rea-lizzassero le opere idrauliche necessarie e stabilirono l'ubicazione dei maceratoi: ce ne dovevano essere due pubblici per ogni "villa". Fu proibito di piantare viti o alberi sugli argini; Cologna e Lonigo fu-rono obbligate a dare l'acqua necessaria quando la pianta tessile do-veva essere messa a macerare. L'acqua di cui si parla è quella che dal Frassine arrivava nei comuni del Montagnanese per mezzo del Fiumicello, attraverso un fossato entrava nei maceratoi e quindi, imputridita, veniva fatta defluire nei canali di scolo come il Vampadore. Sempre in quella occasione, per la realizzazione delle opere necessa-rie, venne nominato un soprintendente (il "dugaliero"), che doveva effettuare i controlli sugli scavi, sulle acque, sugli argini e sugli "ac-quedotti". Furono fornite indicazioni per la costruzione dei macera-toi, per l’escavazione di canali di alimentazione delle vasche e per impedire il ristagno delle acque in eccesso. Che Venezia fosse molto interessata alle opere finalizzate alla produ-

Page 13: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 13 -

zione della canapa è dimostrato anche dalla circostanza che gli abi-tanti del Montagnanese furono esonerati in quel periodo da qualsiasi contributo al quale fossero tenuti per gli altri lavori idraulici che ve-nivano effettuati nel padovano, fatta eccezione per le operazioni di manutenzione dell'Adige. Fu istituita per giunta la carica del "Prov-veditor sopra i canevi", che doveva occuparsi di tutta la materia. Nominato dal Senato, era inviato ogni anno a Montagnana. Lì, a di-retto contatto con la realtà locale, indirizzava il lavoro agrario, pu-niva le inosservanze erogando sanzioni, sceglieva le fibre da inviare a Venezia e, non da ultimo, fungeva da collegamento tra il territorio e la capitale, inviando al Senato le istanze e le osservazioni di pro-prietari e conduttori, suggerendo interventi per migliorare le rese e ridurre i costi (Archivio di stato di Venezia, Patroni e Provveditori all’Arsenale, b. 538, 9 agosto 1532). Al Provveditore erano affiancati un cancelliere personale, un incari-cato dell’esecuzione di compiti relativi alla selezione e valutazione della merce, un addetto alle più diverse mansioni che il servizio ri-chiedeva, un dogaliero cui era affidato il controllo delle acque, mate-ria importante sia per la coltivazione che per la macerazione, un sal-taro, guardia forestale che doveva sorvegliare i maceratoi situati en-tro la zona di competenza al fine di garantirne l’integrità ed impedire che malintenzionati ne tagliassero gli argini, vi transitassero con carri o vi lasciassero pascolare gli animali. Il Provveditore doveva inoltre accertarsi che le sementi utilizzate fos-sero le migliori (il governo procurò addirittura la semente della cana-pa, prima in via sperimentale e poi imponendola a tutto il territorio) e che i campi fossero ben lavorati. Durante il mese d’agosto aveva il dovere di ripercorrere le terre assieme al custode, al pesador ed allo stimador per valutare la qualità e la quantità di canapa che si preve-deva di poter ottenere dal raccolto. Venezia voleva in tal modo creare i presupposti per una produzione rispondente alle sue esigenze e garantirne la stabilità nel tempo, ma anche tutelare le proprietà di nobili veneziani che divennero sempre più numerose nel nostro territorio dopo la grande bonifica del 1556. In quell’anno infatti il Senato diede il via al Retratto del Gorzon, la

Page 14: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 14 -

cui opera fondamentale fu la costruzione, al di sotto del Canale Santa Caterina che era più elevato, di un passaggio (le “Tre Cane“) per il fiume Fratta. Quest’ultimo era indicato in carte dell’epoca, e se ne può facilmente intuire il motivo, come “La rabiosa”. Le sue acque, che fino ad allora ristagnavano nelle Valli ed erano all’origine di im-paludamenti e periodiche inondazioni, furono così convogliate, con il nome di canale Garzone, direttamente verso il Mar Adriatico. Un atto di estimo (Polizza 3390), datato 7 novembre 1573, dimostra che i possessi di Megliadino constavano, tra terreni arativi, boschivi, vallivi, incolti, paludosi, di 1850 campi; sotto l'amministrazione di Montagnana essi si ridussero a 1300. (Per il povero comun di Me-gliadino contro la Magnifica Comunità di Montagnana; Per la Co-munità di Montagnana contro il Comun di Megliadin, Archivio co-munale di Montagnana, bst. 422 - 427 bis). Nel 1630 ben 1043 campi appartenevano a famiglie veneziane (Dot-to, Peretti, Venier, Basadonna, Morosini, Correr, Ferro, Dolfin, Con-tarini ecc.) e superavano quelli delle famiglie locali, che si erano ri-dotti a soli 947. (F. Fusaro, Canevi e territorio montagnanese nei se-coli XIV – XIX, tesi di laurea, Istituto Universitario di Architettura Venezia 1989, p.82) Una serie di normative sottrasse alle paludi sempre nuovi terreni col-tivabili e decretò espropri dei beni comunali, creando così una pro-duzione agricola volta al mercato, un vero e proprio capitalismo del-la campagna. La comunità di Montagnana divenne in tal modo “la più ricca di tutte” nell’area padovana. (G. TREVISAN, Proprietà e impresa nella campagna padovana all’ inizio dell’ ottocento, Vene-zia 1980, pag. 103). Non altrettanto si può dire dei piccoli comuni che la circondavano, tra cui Megliadino, costretti a unirsi alla comunità più grande che ne sfruttava i possedimenti a proprio vantaggio. Ne dà conferma la plu-risecolare controversia giudiziaria che oppose Megliadino a Monta-gnana, terminata solo in epoca napoleonica. (Archivio comunale di Montagnana, bst 422 – 427 bis). Gran parte del territorio vallivo di Megliadino, improduttivo in sen-so agrario, era infatti utilizzato dai suoi abitanti per il pascolo, la pe-

Page 15: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 15 -

sca, la raccolta del fieno e del legname. La bonifica ricavava dai ter-reni paludosi lotti coltivabili da assegnare in affitto, ma le relative entrate venivano amministrate esclusivamente da Montagnana, che in tal modo sottraeva progressivamente ai locali risorse che da sempre erano state per loro vitali. Una legge veneziana del 1567 obbligava ogni abitante della nostra zona a seminare una superficie a canapa tanto più grande quanto maggiore era il numero di buoi che possedeva. In una ordinanza del 1694 il Capitano di Padova illumina sulle conseguenze di questo fat-to: molti abitanti dei distretti di Montagnana e Cologna coltivavano la terra con buoi tenuti in altri distretti in modo da sottrarsi ai loro obblighi. Perfino le persone povere, che avevano come unico so-stentamento qualche coppia di animali, erano obbligate a consegnare canapa pur non avendo terreni in cui seminarla. Davanti a questa incongruenza il Capitano, saggiamente, ordinò che l'obbligo di coltivarla non fosse più legato al numero di buoi, ma alla superficie dei terreni posseduti. Tale decisione fu approvata dal Se-nato di Venezia il 2 marzo 1697. Da queste notizie si possono trarre alcune considerazioni: evidente-mente i contadini ricevevano per la canapa un prezzo stabilito dallo Stato, mentre il guadagno che potevano ricavare da altre coltivazioni, in alcuni periodi, era certamente superiore; altrimenti non avrebbe avuto senso il ricorso a dei sotterfugi per non coltivare canapa. E’ le-cito anche ipotizzare che per tante famiglie, in tempi molto più duri e difficili di quanto possiamo immaginare, l’essere costretti a riservarle una parte della piccola proprietà potesse significare sottrarre alle per-sone i cereali necessari al sostentamento. Non va dimenticato che la peste del 1630 aveva sconvolto da un punto di vista demografico an-che le nostre zone riducendo drasticamente del 30% il numero degli abitanti. Nei decenni immediatamente successivi essi si videro co-stretti a dare priorità al soddisfacimento di bisogni primari come quello dell’alimentazione piuttosto che alla coltivazione della ca-napa, per la quale tra l’altro era richiesto un’enorme quantità di ma-nodopera. Ciononostante la sua produzione, dalla seconda metà del ‘600 e poi nell’arco del ‘700, ebbe una grande rinascita sia dal punto

Page 16: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 16 -

di vista quantitativo che qualitativo. Nel 1670 il Provveditore a Mon-tagnana scrisse: “Con le continue e frequenti semine de canevi le piantagioni si sono incamminate alla abbondanza”. (Archivio di Sta-to di Venezia, Patroni e Provveditori all’Arsenale, b. 537, 4 giugno 1670). E nel 1694 il Capitano di Padova Alessandro Molin constata-va che la manutenzione dei maceratoi del distretto di Cologna era pessima, al contrario di quelli del distretto di Montagnana, per i cui lavori erano stanziati dieci soldi ogni cento libbre di canapa. Sul finire del ‘600 ormai Venezia era in declino come potenza mari-nara, per cui il suo Arsenale non aveva più bisogno dei quantitativi enormi di fibra per vele e cordami che aveva utilizzato nei secoli pre-cedenti. Il 18 marzo 1670, come si legge in un Decreto del Senato (Archivio comunale di Montagnana, Busta 341), addirittura veniva sospesa la carica di "Provveditor sopra i canevi". Nel documento pe-rò si legge allo stesso tempo che il Senato deliberava di acquistare tutta la canapa prodotta a Este, Montagnana, Cologna, perché tali quantità "erano bastanti a supplire l'ordinario consumo ne' tempi pacifici". Se i governanti di Venezia rinunciavano alla canapa coltivata negli altri domini di terraferma ma non nel nostro, è legittimo pensare che essa rappresentasse un prodotto molto valido. La sua coltivazione continuò anche nei secoli successivi. Il Mene-ghini scrive di Megliadino: “La canapa riesce qui della miglior qua-lità, e i paesani fanno grande lavorio e smercio dei cannicci per i bachi da seta. Il Comune possiede 600 campi, le cui rendite devolve in pagamento delle imposte erariali”. (A. MENEGHINI, Padova e sua provincia, Padova 1861, p.262) E il Pasqualigo, nel suo libro “Di Megliadino San Vitale e Meglia-dino San Fidenzio”, pubblicato nel 1883, afferma: “Essendosi addi-mostrato Megliadino il paese della canapa per eccellenza, così la sua coltivazione andò ogni giorno più estendendosi, fruttando a mo-do da dover essere calcolato anche oggidì il cespite principale del suo commercio”. Fino a cinquant’anni fa anche i meno abbienti a Megliadino S. Vitale

Page 17: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 17 -

e nei paesi limitrofi riservavano ogni anno un pezzetto del loro fondo per seminare la canapa ad uso famigliare. In molte case contadine c’era un telaio col quale si tessevano stoffe per confezionare len-zuola, tovaglie, capi di vestiario, sacchi. Nel ricordo degli anziani del paese gli ultimi appezzamenti di ter-reno coltivati a canapa erano ubicati in Via Roma, nei pressi della chiesa dell’Anconese e in via Catene. Il Fiumicello e la canapa

Il Fiumicello (Zime) è certamente il corso d'acqua più interessante e ricco di storia per la comunità di S.Vitale. Ha origine dalla chiavi-ca "Dozza" sul Frassine, dal quale riceve le sue acque. Per secoli ha ali-mentato il fossato che circonda le mura di Montagnana, ha messo in movimento le pale dei mulini, ha favorito l'agricoltura, sostituito strade che non c'erano o erano impraticabili, ac-cogliendo barche picco-le o grandi cariche dei

prodotti della terra. E’ il Fiumicello che ha permesso la realizzazione dei maceratoi di tutto il territorio, compreso quindi quello di Meglia-dino. Aveva un’importanza vitale per l'economia e per la vita in ge-nerale nel Montagnanese e nella Scodosia, e Montagnana fu sempre severissima nel concedere le sue acque a privati rivendicando gelosa-

Il Fiumicello dal ponte di Pajola

Page 18: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 18 -

mente su di esso i propri diritti. Le carte dell’epoca mostrano che già prima del 1416 il Fiumicello scorreva fino ai confini di Megliadino e di qui vagava, come il Fratta, per fondi paludosi. In un contratto del 1416 fra Montagnana e Casale, si legge che il suo alveo fu scavato fino in Grompa. A partire da quel periodo, che tra l'altro, come si è detto sopra, coincide con l'intervento diretto di Ve-nezia per organizzare l'attività di produzione della canapa, dai verbali consiliari di Montagnana si può rilevare che fu sempre posta gran cu-ra e si sostennero notevoli spese per lo scavo e la manutenzione ogni due anni. Lungo il corso del fiume la corrente non doveva incontrare intralci di sorta: un capitolo degli Statuti di Montagnana decretava castighi e pene severe per chi gettasse animali morti nell'acqua o danneggiasse gli argini. L’abbondante flusso era regolato con cura, in particolare durante il periodo del macero della canapa, per soddisfare i bisogni della Comunità e dei paesi circostanti. E dalla concessione dell’acqua la città murata doveva ricavare consi-stenti entrate, se è vero che per quasi cinque secoli, dagli inizi del '400 alla fine della dominazione veneziana e oltre, come si può leg-gere nei libri dei Consigli della Comunità, Montagnana si appellò a Venezia per vedere riconosciuti i suoi diritti sul Fiumicello. I Dieci Savi nel 1545 contestarono i privilegi che Montagnana van-tava, tanto che poco dopo l’inquisitore le proibì di affittare le acque del Fiumicello senza permesso ducale. Nel 1546 una sentenza di appello annullò la precedente ripristinando i diritti della città sul fiume... Venezia comunque non mancò di tutelare i suoi interessi obbligan-dola a concedere l’acqua del Fiumicello per la macerazione della ca-napa (Ducale del 14 gennaio 1767). Le controversie con i ricchi proprietari (Dotto, Abriani, Mocenigo) legate alla manutenzione del fiume e alle concessioni d’acqua erano all'ordine del giorno, nonostante essi si dichiarassero disposti a con-tribuire alle spese per i lavori. Lo dimostra la richiesta inoltrata da Camillo Dotto a Montagnana l’ 11 gennaio 1593 di partecipare, in-sieme ai Pisani, ai Loredan, ai Garzoni, ai Marchesini e ai Basadon-na, a metà della spesa per la escavazione del Fiumicello dal ponte dei

Page 19: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 19 -

Salgarelli (l'attuale ponte di "Taschin") in giù. Il problema si trascinò fino a tutto il XIX secolo. Nel 1843, come si può rilevare dall’allegato a una delibera consiliare di Montagnana del 21 maggio 1877, il governo austriaco considerava acque pubbliche quelle che provengono da un fiume pubblico (come il Frassine) e si gettano in un altro fiume pubblico (come il Fratta). In un processo verbale del 1876 Montagnana e la ditta Foratti soste-nevano la proprietà privata delle acque del Fiumicello contro le auto-rità statali italiane che, come quelle austriache, le consideravano ac-que pubbliche. A sostegno della loro pretesa adducevano il fatto che il corso d'acqua sarebbe stato acquistato dalla città nel 1405. In un altro documento del 28 aprile 1877 Montagnana vantava il pos-sesso del fiume anche in territorio di Casale, che il 16 maggio 1416 le avrebbe concesso senza condizione alcuna di escavarne l'alveo. E in una seduta del consiglio di Montagnana del maggio 1877 si riba-diva che il Prefetto di Padova non poteva concedere di sua iniziativa ai comuni del territorio le acque del Fiumicello, che appartenevano a Montagnana "per diritto secolare". Sempre nel maggio 1877 l'ing. Pertile chiedeva al Prefetto l'autoriz-zazione ad un progetto di ampliamento dei maceratoi di Megliadino S. Vitale, che da 3.841,60 mc. avrebbero dovuto essere portati a 6.055 mc. “per maggiori bisogni dei propri comunisti". L’ingegnere del genio civile di Padova, sceso a S. Vitale, giudicò ot-timo il progetto. L’ing. Pertile approfittò della circostanza per ri-vendicare ancora una volta i diritti della città murata sulle acque del Fiumicello. L'ingegnere di Padova rispose che dirimere questa con-troversia non rientrava nelle sue mansioni e che su questa materia a-vrebbero deciso le autorità superiori. Chiese quindi quale danno sa-rebbe venuto a Montagnana se tale diritto non fosse stato ricono-sciuto... La risposta a questa domanda la fornisce la busta 681, foglio 2140, dell'Archivio di Montagnana. Vi si legge infatti che il 25 agosto 1882 iniziava l'apertura delle acque del Fiumicello per il macero della ca-napa, e che i contributi previsti erano i seguenti: Montagnana L. 666; S.Vitale L. 185; Casale L. 155; S.Fidenzio L. 246; S.Margherita L. 200; Saletto L. 210.

Page 20: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 20 -

Va ricordato che proprio in quel periodo il conte Pasqualigo, medico condotto di San Vitale, difese a chiare lettere nel suo libro "Di Me-gliadino …" la tesi secondo cui il Fiumicello era preesistente addirit-tura al dominio dei Carraresi di Padova, citando un documento del-l'anno 954 nel quale si parla di un "fossadum antiquum" che da questi dintorni scorreva fino all'Adige. Un altro del 1099 nomina un luogo tra Casale e Megliadino chiamato "Ponte" (non poteva che essere un ponte sul Fiumicello!). Lo stesso Foratti, nella sua opera su Montagnana, rifacendosi al do-cumento del Podestà di Padova del 1277 che dettava disposizioni sul-l'escavo del Fiumicello dal Frassine a Montagnana, lo chiama "Fiume vecchio". Se pensiamo che invece il Frassine era chiamato "Fiume novo" e osserviamo che il suo tracciato, a differenza di quello del Fiumicello, è quasi rettilineo, si può supporre che quest’ultimo pree-sistesse allo stesso Frassine. Come infatti ebbe a dire a questo propo-sito il prof. Corrain, la natura fa le cose storte; è l’uomo invece che le fa diritte. Anche A.Giacomelli, storico di Montagnana, nella sua opera "Notizie e ricerche per la storia di Montagnana e del suo territorio dalle ori-gini al 1000 di Cristo", Vicenza 1976, p. 23, sostiene la presenza del Fiumicello prima del 1275. A fine ’800 perfino un sindaco di Montagnana si scomodò per invi-tare il Gloria, insigne storico padovano, a smentire la tesi di J.Filiasi (sostenuta in Memorie storiche dei Veneti Primi e Secondi, I, 1811, p.268), secondo cui gli "Arzarini del Fiumicello" a Nord di Monta-gnana erano resti di arginature dell'Adige (Giacomelli, Notizie e ri-cerche …p.23). Crediamo si possa concludere che la secolare disputa sul Fiumicello non sia estranea al fatto che unicamente se esso era considerato un “canale privato” di Montagnana potevano ritenersi legittime le tasse di concessione delle sue acque che i comuni circostanti dovevano pagare, e non solo per la macerazione della canapa. Forse nuove indagini e i moderni mezzi di ricerca sul territorio, come la fotorilevazione aerea a raggi infrarossi, potranno chiarire tanti

Page 21: LA CANAPA ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ‹ áâÄ y|ÄÉ wxÄ àxÅÑÉ · 2014. 6. 17. · Nel XVI secolo la carta di canapa era largamente impiegata nella stampa. Su tela di

- 21 -

punti interrogativi. Attraverso queste fotografie il prof. Corrain, men-te e cuore del “Gruppo della Bassa Padovana”, ha individuato nelle valli di S.Vitale tracciati rettilinei della centuriazione romana che, proprio in corrispondenza del Fiumicello, cambiavano nettamente di-rezione. Allora il Fiumicello esisteva anche in epoca romana? Era forse un ramo dell'Adige? Non ci sono elementi per dare una risposta definitiva; certo non è una ipotesi da escludere, ma su cui indagare ulteriormente. Rattrista oggi constatare come in questi anni il tracciato del “Zime”, così ricco di storia e legato alle vicende umane, sociali, economiche di chi nei secoli passati ci ha preceduto in questi luoghi, sia rimasto in parte sconvolto dall’urbanizzazione, dal passaggio dell’autostrada Valdastico e, prima ancora, sia stato addirittura completamente inter-rato nel suo ultimo tratto, quello che conduce a Valli Mocenighe.

Il Fiumicello dopo il Ponte de Taschin si immerge nell’autosdrada. Sullo sfondo il cavalcavia.