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1 The “ còttë traditional dance from Frentania region in Abrutium: reminiscence, living fossil or coincidental convergence to the Aragon’s Jota ? Francesco Stoppa

La Cotte

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Analisi della danza "Cotte" presentato al Congresso Internazionale di Disciplina Coreologica in Europab di Valladolid - 2008

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The“còttë”traditional dancefrom Frentania regioninAbrutium:

reminiscence,living fossilor coincidentalconvergenceto theAragon’sJota?

Francesco Stoppa

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The “còttë” traditional dance fromFrentania region in Abrutium:

reminiscence, living fossilor coincidental convergence to the Aragon’s Jota?

Francesco StoppaFull Professor, Centro di Antropologia Territoriale, G. D’Annunzio University - via dei Ve-stini, 30; 66100- Chieti- Italy

Presented at the CONGRESO INTERNACIONAL LA DISCIPLINA COREOLÓGICA EN EU-ROPA: PROBLEMAS Y PERSPECTIVAS

Valladolid, 27-29 de noviembre de 2008

The Abrutian còttë is danced by several couplesmoving in a circle and is characterised by two phases: dur-ing the first progressive stage, men and women move in the circle alternating steps with a small rotationof the trunk and opposite leg moved outside and derrière with axial rotations at a ternary time. Men clicktheir fingers. This phase is similar to some Spanish“ruedas”danced in Castilla, in the Burgos area. In the sec-ond phase, couples dance face-to-face andmove symmetrically with crossed lateral steps perpendicularlyto the line of the dance circle. Men clap their hands as they start these steps. This second phase has a mu-sical arrangement which is similar to some jotas variations and it is quite different from any other typicalmusic dance of Abruzzo, such as saltarello, ballarella, and spallata. If the còttë is assumed to descend fromancient dances imported in Abruzzo, then a comparison with the “evolved” versions of the dances stillpresent in Spain is possible. It is well known that when a cultural form is exported abroad, it rapidly crys-tallises and does not undergo any evolution. However, dances may have a commonmatrix and be mixedup with and contaminated by local forms, which share some formal or functional affinity or be simply co-incidental.If one admits that this dance is not local, then how andwhen it was imported to Abruzzo remain to be dis-covered. However, Frentania dances, including the còttë,may have commonorigins even if they havemixedup and have been contaminated by exotic forms, with which they share some formal or functional affin-ity. The structure of the còttë has been carefully analysed and its historical origin and contamination by localdances have been discussed. The influence of the local musical instruments and the changes that mighthave occurred over a long time span have also been taken into consideration.The possible influence of the Spanish culture in Abruzzo may date back to the 15th century; however the

còttë dance has much in common with other local dances characterised by the same circular structure.The postural attitude is closer to that of CampaniaTarantella, while the overall dance structure is very sim-ilar to the spallata of Schiavi d’Abruzzo and in general it recalls other dances of the Frentania region. Thisgroup of dances might be very old, even older that the Spanish influence in Abruzzo.

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IntroduzioneIl frazionamento della popolazione abruzzese in abitati di piccole dimensioni distribuiti su un territorioaccidentato, in una regione circondata dalle vette più alte dell’Appennino e con una scarsissima vocazionemarinara hanno favorito la perpetuazione dimolti aspetti della tradizione orale più a lungo che in altre zoned’Italia. In particolare, le collettività dalla zona Abruzzo citeriore (Provincia di Chieti), già parte del territo-rio abitato dal popolo italico dei marrucini e dei Frentani che si estendeva dal Fiume Pescara in Abruzzo alfiume Fortore in Puglia (Fig. 1), hanno conservato almeno fino a dopo la seconda guerra mondiale la pra-tica, e più a lungo il ricordo, dei balli e dei canti dei loro antenati. La sopravvivenza di tali usi e costumi liha però anche isolati e resi “emergenti” rispetto al contesto culturale del resto dell’Abruzzo, cosicché le ca-ratteristiche di alcuni balli di questa zona appaiono peculiari nel panorama non solo regionale ma ancheitaliano. Lo scopo di questo lavoro è, in particolare, di analizzare caratteristiche e specificità di uno di que-sti balli, noto come la còttë, sul quale l’attenzione si è appuntata in relazione soprattutto alla sua presuntaorigine extra-abruzzese, comparandolo con i balli frentani maggiormente ancorati al loro contesto geo-grafico e culturale.

Fig. 1- Distribuzione dei territori e dei popoli Italici in relazione al ramo fratturale più occidentale ed orientale dall’Abruzzo conducevano in Pu-

glia.

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Premessa metodologicaIn Abruzzo, il ballo tradizionale non ha riscosso il favore che per tutto il Novecento studiosi, letterati e com-positori hanno tributato al resto del folclore, traendone ispirazione per la creazione di nuove composi-zioni musicali di maniera, trasponendo in chiave artistica o anche parodistica il repertorio tradizionale. Infondo ciò può essere considerato una fortuna perché se da un lato l’immagine del ballo tradizionale è an-data depauperandosi almeno essa non ha dovuto subire la concorrenza di un repertorio facile e accatti-vante ma del tutto inventato e che ha poco o niente in comune con la storia e la cultura tradizionaleabruzzese. Parte di tale repertorio è stato perpetuato in maniera decontestualizzata negli spettacoli fol-cloristici subendo a volte profondi ma trasparenti rimaneggiamenti. Si tratta di un processo che ormaivanta più di un secolo e in qualche caso consente di osservare la reinvenzione della tradizione secondo unprocesso che solo molto parzialmente si sovrappone a quello filologico della tradizione.Va d’altra parte rilevato che i folcloristi ottocenteschi e gli antropologi del secolo scorso poco si sono oc-cupati del ballo, sia perché assai difficile da descrivere e da trascrivere sia in quanto ingiustamente consi-derato un’espressioneminore rispetto allamusica. Se ciò è forse vero per la cultura egemone, in cuimusicastrumentale e canto hanno un ruolo più importante, ciò non è vero per le culture cosiddette “subalterne”nelle quali il ballo, espressione primaria del corpo umano, occupa un posto anche più rilevante della mu-sica, in particolare strumentale, la quale richiede artifici tecnici e apprendimenti specifici. Varrebbe la penadi valutare questa dicotomia in funzione dellamaggiore immediatezza delle espressioni“popolari”rispettoa quelle colte in cui l’astrazione e la tecnica sembrano spesso predominare sull’espressione dei bisogni di-retti dell’uomo. Chi scrive esprime a questo proposito le proprie riserve su alcune operazioni metodolo-giche nell’ambito della ricerca sulle tradizioni, le quali vengono a volte dissezionate e incasellate secondocategorie parallele alle arti maggiori che non corrispondono al significato tradizionale.Stante quindi la difficoltà di documentare ed interpretare inmaniera storicamente“profonda”un ballo po-polare partendo da una raccolta di balli di una data area è doveroso porre alcuni quesiti di carattere me-todologico che riguardano soprattutto il modo di erigere un’ipotesi genetica riguardo uno specifico ballo.E’necessario innanzitutto stabilire se tale ballo costituisca una forma culturalemodificabile dalle esigenzefisiche, economiche e sociali del territorio oltre che dalla sua storia, oppure se si tratti di un impulso natu-rale riproducibile nel tempo e nello spazio al di la del suo contesto. E se si opta per la prima ipotesi, occorreverificare se per un determinato ballo esista una collocazione univoca in un contesto storico e/o geogra-fico e/o culturale coerente; e quanto ampio esso debba essere. Se si accetta di definire tale contesto saràpoi necessario capire se esso sia un sistema chiuso o aperto; nel secondo caso, quali siano i naturali canalidi connessione ed ingresso di influssi culturali provenienti dalle aree vicine e quanto a lungo e profonda-mente tali canali abbiano potuto esercitare la loro influenza. Va da sé che tale metodo prescinde dall’ipo-tesi di endemismi coreici e accettando solo l’idea che la “personalità” dei vari balli tradizionali sia dovutaalla naturale variabilità interpretativa, scartando dunque il concetto di ballo “etnico” o ballo “regionale”come originato dalla specificazione delle esigenze di riconoscimento e identità di una data collettività

Descrizione del balloNel repertorio estremamente variegato, spesso caratterizzato dall’intercambiabilità dimodulimusicali e co-reutici (si veda oltre) ma in ogni caso chiaramente codificato in quanto stile coreico e musicale dei balliabruzzesi, spicca la còttë.La còttë (per una sua descrizione e una registrazione musicale, cfr. Gala, 1992; 1993; Virgilio di, 1999) è un

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ballo noto ed eseguito in un’area limitata dell’area della Frentania comprendente le località di Orsogna,Poggiofiorito, La Martorella, Feuduccio e Filetto (Fig. 2).

Si tratta di un ballomolto conosciuto, musicalmente diffuso in un’area relativamente ampia, ed entrato nelrepertorio di diversi gruppi folcloristici abruzzesi (Fig. 3). E’degno di nota il fatto che tutti i gruppi di ballotra Orsogna e Poggio Fioritomostrino il più grande piacere ed entusiasmo nell’eseguire questo ballo. Cer-tamente il suo carattere solenne e vivace insieme ha contribuito al suo successo e alimentato, come spessoaccade ai fenomeni ché colpiscono l’immaginazione (come per esempio il ballo del palo intrecciato o lac-cio d’amore), varie ipotesi sulla sua origine, alcune delle quali sembrano sfiorare la leggenda se non il mito.Al momento, sebbene non si balli più frequentemente come una volta ai matrimoni e alle feste, fa partedel repertorio dei gruppi folcloristici d’Orsogna (La figlia di Iorio) e di Poggiofiorito (Associazione Tom-maso Coccione), che la eseguono ancora con pochi rimaneggiamenti rispetto alla forma tradizionale. Aquesto proposito, a giudizio di chi scrive sarebbe opportuno sfrondare l’esecuzione da certe leziosità comeschierarsi in file alla fine e all’inizio o ancheggiare vistosamente sventolando la mantéra (grembiule) o,peggio, ballare con la conca in testa. Questi atteggiamenti sono solo facili concessioni alla spettacolaritàche vanno a scapito della genuina bellezza e preziosità della còttë che non ha certo bisogno di queste“mi-gliorie” per essere apprezzata da chi la balla e da chi la vede. Bisogna dire però che in alcuni casi gli ese-cutori di tali folclorismi e gli “anziani” in genere sono consci della loro origine recente e del fatto che il“galateo”originale del ballo non li prevedesse.

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Fig. 2-Collocazione geografica dei siti ove è ballata (cerchi pieni) o suonata (cerchi vuoti) la còttë.

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Prima di provare ad esporre una tesi a giudizio di chi scrive convincente tra le varie ipotesi genetiche finoraespresse sulla còttë, è bene descriverne la morfologia e provare a stabilire il suo grado di parentela con lapiù vasta famiglia delle saltarelle, delle spallate e balli affini della provincia di Chieti. La conoscenza piùche decennale della còttë da parte dell’autore, appresa da un testimone della tradizione (la Signora AgneseCaravaggio che a sua volta l’aveva imparata anni addietro da un anziano d’Orsogna), è stata verificata e in-tegrata tra il 2002 e il 2008 in base alle esecuzioni osservate in diverse occasioni e contesti da numerosi bal-lerini di Poggiofiorito e Orsogna, oltre che alle testimonianze orali degli anziani.Musicalmente la còttë è in misura ternaria, in forma bipartita. Essa è normalmente eseguita con un orga-netto diatonico (ddu’bottë o tre vucettë, introdotto alla fine dell’Ottocento) o fisarmonica; è però proba-bile che il ballo, se fosse antico, venisse accompagnato dalla zampogna, strumento sparito in Abruzzo agliinizi del secolo scorso, ma che sta conoscendo un intenso recupero anche per quanto riguarda l’accom-pagnamento del ballo (Alessandro di et al., 2003; Stoppa et al., 2008). Viene qui fornita una trascrizioneper zampogna zoppa e ciaramella (di Gregorio e Seccia, 2008), strumenti che hanno recentemente ac-compagnato i ballerini di Orsogna e Poggiofiorito con loro soddisfazione. La melodia si sviluppa nell’am-bito di un’undicesima dal Re al Sol; la successione armonica è tonica – dominante - tonica (I – V – I). Lapresenza dei due bordoni, accordati sulla dominante, conferisce al brano un carattere modale.La sezione A viene eseguita dalla sola zampogna con la melodia ripartita tra i due chanters. La sezione Bè suonata dalla ciaramella, oboe degli Abruzzi, comunemente chiamato piffero. Si specifica che la presenza

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Fig. 3- Esecuzione della còttë in abito

tradizionale della zona di Chieti a cura

del Centro di Antropologia Territoriale

degli Abruzzi- U.d’A. e ballerini delle

Associazioni Lu Ramajettë e Cammi-

nando Insieme di Chieti.

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delle terzine è un elemento ritmico raramente o mai riscontrabile nella musica da ballo abruzzese.La còttë è eseguita su un cerchio da varie coppie non allacciate, ed è a struttura bipartita di tempo terna-rio. Essa presenta due fasi: una circolare progressiva, nella quale i ballerini si muovono uno dietro l’altro suun grande cerchio in senso antiorario (Fig. 4a e b) e una frontale non progressiva, in cui si dividono in cop-pie. In questa seconda fase, le coppie si muovono su raggi del cerchio fronteggiandosi ed eseguendo ri-petutamente passi laterali prima verso il centro e poi verso l’esterno (Fig. 4d).

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Fig. 4-Schema coreico delle fasi della còttë: a-progressione sul cerchio dei ballerini singoli, b-rotazioni sul grande cerchio, c- contrè per portarsi

vis a vis, d-fase dei passi laterali. Sistema di rappresentazione coreica F.Stoppa, (2008).

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Tali passi sono preceduti da una battuta del piede esterno a terra (bottë) e da un alto saltello che porta ilpiede che ha battuto ad incrociarsi sull’altro piede (Fig. 5). Sebbene siano presenti alcuni “comandi” nonesiste un vero e proprio corifeo e la ripetizione deimoduli coreutici avviene in base al cambiomusicale. Lasincronizzazione tra i ballerini si effettua mediante lo schioccare delle dita e il battere delle mani dei ma-schi sulla bottë. Le movenze dei ballerini maschi sono ampie ed esuberanti rispetto a quelle femminili edaccompagnate da vocalizzi gutturali, schioccare delle dita e battute di mani.Le fasi modulari (1 e 2) del ballo e le variazioni più frequenti sono illustrate negli schemi coreici (Fig. 4 a, b,

Fig. 5-Esecuzione della

còttë dei ballerini del

gruppo La Figlia di Iorio

di Orsogna nell’inverno

2008)

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c, d); la postura ed alcune movenze tipiche sono esemplificate nelle foto dei ballerini d’Orsogna (Fig. 5).Nella fase 1-a, consistente in una progressione processionale sul grande cerchio in senso antiorario, ledonne possono precedere o seguire l’uomo. I ballerini maschi eseguono semi-rotazioni del busto a destrae a sinistra bilanciando sulla gamba opposta, accompagnate da schioccare delle dita. Le donne eseguonopiccoli passi ternari e oscillano la mantéra con la mano destra.La fase 1-b consiste in rotazioni antiorarie su se stessi dei ballerini maschi, sempre procedendo sul grandecerchio in senso antiorario. In questa fase le braccia possono alzarsi oltre le spalle; le donne eseguono que-sta rotazione su se stesse molto più raramente.Nella fase 2-a il maschio si volta di 180° nel caso che preceda la donna, altrimenti sarà la donna a voltarsi(caso più frequentemente osservato). In tal modo la coppia si dispone fronte a fronte.La fase 2-b è unmovimento laterale composto da una battuta del piede esterno, saltello, un passo emezzosemplice o incrociato in senso opposto e ripetizione in senso opposto. Il passo è simmetrico tra le coppie,e può essere sostituito da una rotazione. I maschi battono vigorosamente le mani eseguendo la botte.Nella battuta iniziale il maschio inizia col piede sinistro, la donna col destro, quindi la prima“botta”è versol’esterno. Quando si assiste al ballo spontaneo dagli anziani essi quasi mai si coordinano per cui alcunecoppie eseguono la botta all’esterno altre all’interno. La pratica della danza però porta sempre ad una co-ordinazione spontanea in un gruppo che la ripeta con frequenza.

Contesto frentanoLa maggior parte dei balli frentani, ovvero saltarelle, ijsciana, spallata, oltre alla còttë, mostrano una tipicastruttura circolare che può essere più o meno interrotta da fasi del ballo in cui i ballerini impiantano rota-zioni su cerchi minori e scambi di posizione tra maschio e femmina o movimenti trasversali (Fig. 6 a pag.10; Gala, 1990-91, 1992; 1993, 2005; Stoppa, 2008a). Nell’area di Bucchianico esiste una saltarella conno-tata dal veloce movimento delle coppie su un grande cerchio che viene interrotto da rapidi giri in sensoantiorario delle ballerine su se stesso specie durante gli scambi eseguiti tramaschi, sempre sul grande cer-chio. Questo ballo ha un suo corrispondente in ballo denominato ciuppecarella, eseguito a Palmoli nel-l’alta Val di Sangro. Le coppie procedono affiancate e mentre la donna si muove con passetti marcati sulpiede sinistro, l’uomo incede con saltelli alternati, quando la coppia giunge a un quarto di rotazione sulgrande cerchio esegue una contrè, in modo analogo alla saltarella che si esegue a Bucchianico. La contrèè eseguita dall’uomo mediante due passi laterali, ruotando su se stesso e con un saltello, sempre comenella saltarella bucchianichese.La spallata di Schiavi d’Abruzzo è caratterizzata da una fase circolare i cui le coppie si muovono fronteg-giandosi ed eseguendo rotazioni e poi da una fase in cui il gruppo dei ballerini si ricompone secondo fileparallele, maschili e femminili. Tali file si contrappongono in modo che una o più coppie si muovano in-tersecandosi con quelle che vengono in senso opposto, scambiandosi di posto. L’elemento fondamentalealla fine dell’attraversamento della coppia dello spazio di ballo e la sua intersecazione con le coppie op-poste, è la botta, colpo portato con la spalla o l’intero fianco e accompagnato da una battuta col piede in-terno sul suolo. L’jisciana, è un ballo di coppie su cerchio, qui il movimento di intersecazione avviene perconcatenazione e non per file parallele. L’uomo parte all’indietro girando intorno alla donna della coppiache segue e rientra a ballare con la sua ballerina raggiungendola dopo che essa ha girato intorno al ma-schio della coppia che li precede. E’un ballo senza cambi. Ciuppecarella e ijsciana condividono il passo sal-tellante maschile; è anche vero che tali saltelli appaiono sia nella saltarella bucchianichese (nei cambi didirezione maschili) sia nella còttë (nel saltello iniziale del passo laterale). Quindi struttura circolare, strut-

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Fig. 6- Schemi coreici della spallata di Schiavi d’Abruzzo, dell’Ijsciana e della Ciuppecarella (Palmoli). Sistema di rappresentazione coreica F.Stoppa,

(2008).

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tura bi-partita, inserimento di fasi diverse rispetto alla percorrenza sul grande cerchio e passi saltellati rap-presentano un tratto comune ai balli appartenenti all’Abruzzo citeriore.Che la saltarella, probabile erede della saltatio citata dagli autori d’epoca romana, e che altre balli frentaniche presentano strutture circolari progressive come la còttë, quali le citate saltarella di Bucchianico, l’ij-sciana, la spallata in cerchio, la ciuppecarella, le ballarelle siano antiche e forse correlate con la cultura san-nitica è un’ipotesi sicuramente affascinante, anche se difficilmente comprovabile a causa della lacunadocumentaria (Tondo di, 1999a and b)Si è poi ricordato come la còttë si possa facilmente e con ottimo risultato eseguire con la zampogna zoppaabruzzese, strumento la cui origine dovrebbe risalire ai popoli italici e all’influenza greca emedio-orientalenell’Italiameridionale (Arcangeli d’, G. Palombini, 1985). In genere i balli (come polka,mazurca, scottish) di ori-gine ottocentesca, siano assai meno adatti da essere accompagnati da questo strumento e siano assai piùadatti da essere suonati da organetto diatonico o fisarmonica (Stoppa et al., 2008). Tra i balli frentani in cer-chio, tuttavia, solo la spallata di Schiavi d’Abruzzo presenta una struttura bipartita del tutto simile a quelladella còttë. E’ interessante notare che nonostante l’attuale isolamento geografico esistente tra còttë e spal-lata (quest’ultima è diffusa sul versante“molisano” della Val di Sangro) tra i due balli è chiaramente deno-tabile una continuità morfologica. Questo fenomeno di contiguità e similarità tra spallata e altri balli èdiffuso nell’area della còttë, in particolare aOrsogna, la cui saltarella locale è per esempio ballata su unamu-sica altrove utilizzata per accompagnare la spallata. L’intercambiabilità tra musica e balli e la diffusione inzone anche non prossime di brani musicali è osservabile anche nel caso dell’ijsciana: Chi scrive ha peresempio di recente rintracciato un brano in tutto simile alla musica dell’ijsciana nella zona di Colliano inprovincia di Salerno, ovvero circa 350 km dall’Abruzzo, dove è eseguito per accompagnare un canto sati-rico dal suonatore tradizionale Giuseppe Carbone. Questa continuità e compatibilità tra balli e brani mu-sicali utilizzati per l’accompagnamento potrebbe suggerire che questi balli abbiano un progenitore oderivino da un ceppo comune da cui si sarebbero poi evoluti acquisendo caratteristiche peculiari e di-stintive. Un’altra ipotesi è che potrebbero anche essersi diffusi in epoca più recente ed essere stati adat-tati al canto. Certamente in origine il loro significato sociale e culturale doveva essere differente da quellodelle danze che dal Rinascimento in poi diventano un genere “artistico” o di intrattenimento sia tra i cetiaristocratici che tra il popolo.L’analisi coreologica (non ulteriormente approfondibile in questa sede)mostra come sia assai plausibile unatransizione tra spallata, saltarelle frentane ed ijsciana; la distanza tra questi balli e la còttë non è infatti in-sormontabile. Le differenze stilistiche come l’altezza o il movimento delle mani possono rientrare nellanormale variabilità osservata tra diversi esecutori. Rimane la questione dell’inserimento della còttë nelgruppo dei balli di “intrattenimento”a scopo sociale, anche se quasi tutti i balli abruzzesi hanno subito coltempo una deriva in tal senso.

Contesto AbruzzeseIn Abruzzo ultra e precisamente nella zonaVestina a Loreto Appruino si ballava una danza corporativistica(vetturini e carrettieri) della il Ballo del Frustino (Giovannelli, 1987). Questo ballo consiste di una fase conun percorso singolo ed una a coppie o trii, con movimenti frontali o dorsali della coppia che eseguonopassi laterali incorciati, saltelli e botte al suolo con la pianta del piede. La posizione delle braccia è sollevatae l’accompagnamentomusicale, oltre che dallo schoccare delle fruste e dato dalle nacchere del carrettiereed altri strumenti a percussione. Alcune fasi della danza che ne attestano la similitudine con la seconda fasedella cotte è derivabile dalle incisioni di V. Giovannelli in fig. 7 riprese dal testo di Giovannelli (1987). Lo scri-

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vente non ha conoscenza diretta del ballo che d’altraparte non è più eseguito da molto tempo ed è statoricostruito sulla base del racconto di testimoni. Sebbene sembra non sussistere alcuna sovrapponibilità conla strutturamelodica della còttë tuttavia la danza è imparentata con la saltarella e la presenza di salti, bottee movimenti con passi incrociati laterali sembra almeno degna di mensione.

Ipotesi geneticheEsiste in letteratura un’ipotesi alloctonista formulata da Gala (1992): la còttë sarebbe un ballo importato du-rante la dominazione aragonese, che presenta quindi elementi coreutici e musicali “unici” in Abruzzo e ilcui nome deriverebbe da un fenomeno di trasformazione del termine jota in còttë. Secondo questa ipo-tesi si tratterebbe di un fenomeno isolato e ben circoscritto nello spazio e nel tempo, costituendo una so-pravvivenza definita dalla struttura musicale e coreutica.A questa può essere contrapposta un’ipotesi che si può definire autoctonista o semi-autoctonista (Stoppa,2008b): la còttë si inserirebbe nella famiglia coreutica dei balli frentani; il termine còttë descrive, come co-municato dagli abitanti di Orsogna, il passo laterale sbilanciato simile a quello di un ubriaco, che in abruz-zese si dice appunto còttë. Un’eventuale influenza musicale e coreutica spagnola limiterebbe a questoballo, esercitando un’azione più generale in tutto il meridione d’Italia, argomento questo che in ambito et-nocoreologico meriterebbe studi molto più approfonditi di quelli sinora condotti.Enunciate le due ipotesi principali passiamo ad una loro revisione critica, basata sui dati di origine storicaed antropologica di cui disponiamo.

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Fig. 7- Fasi del Ballo del Frustino di Loreto Aprutino (Pescara). Notare l’esecuzione in coppia di passi incrociati, saltelli e la posizione “alta”

delle braccia.

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Contesto storicoIl regno di Napoli passò agli Aragonesi nel 1442 segnando l’inizio di un periodo dal punto di vista cultu-rale brillante e prestigioso, concentrato però presso la Corte sita a Napoli: Gli Abruzzi, a parte L’Aquila, re-starono sostanzialmente una terra “selvaggia”per chi proveniva dalla capitale. Oltre alla più antica e sicuradominazione aragonese nel territorio d’Ortona (situata a 20 km da Orsogna, sede di un rocca fortificata),in Abruzzo citeriore è esistito un forte legame con l’Aragona attraverso Iñigo d’Avalos (figlio di Giovanni IIdi Castiglia e nipote di Ruy Lopez de Avalos) che fu al servizio di Alfonso V d’Aragona. Questi era il nonnodi Ferrante d’Avalos che nel 1509 sposò Vittoria Colonna, figura eminente nella cultura abruzzese, che so-stenne Ferdinando II d’Aragona nelle sue campagne militari in Italia (Canosa, 2004). Un’altra possibilità ri-guarda il Settecento, allorché lamaggior parte delle città Abruzzesi ribelli vennero disseminate di roccafortidove alloggiò una quantità di truppe spagnole; non si ha però notizia che questo sia avvenuto anche adOrsogna o nelle località ove è diffusa la còttë.La storia più che secolare di rapporti diretti ed indiretti con il Regno d’Aragona offrirebbe una certa vero-simiglianza all’ipotesi che i soldati aragonesi insegnassero a degli abitanti locali (probabilmente alle pro-stitute) il ballo e che questi poi lo trapiantassero nella rispettiva cerchia familiare. Tuttavia l’esame deidocumenti conservati presso l’archivio di stato di Chieti non ha dato esiti positivi per quello che riguardauna possibile documentazione storica della còttë. Ciò non sorprende sia per la natura stessa dei documentidi archivio sia perché già nel 1456 la zona della còttë fu devastata da una serie di terremoti che colpironopesantemente l’antico territorio dei Pentri e dei Frentani producendo, tra l’altro, gravissimi danni all’abbaziadi San Giovanni in Venere che si trova a meno di 20 km da Orsogna, e facendo oltre 1000 vittime tra Lan-ciano eOrtona (Mammarella, 1990). Il terremoto si ripresenterà poi in forma disastrosa in provincia di Chietinel 1706 e nel settembre 1881 specialmente ad Orsogna che sarà poi totalmente distrutta durante la se-conda guerra mondiale. Tutte queste devastazioni hanno probabilmente cancellato, se mai ce ne fossestata, qualsiasi documentazione storica dell’origine o della presenza della còttë, per cui bisogna procedereper congetture.

EtimologiaVisto che uno dei postulati dell’ipotesi alloctonista è l’affinità tra il termine còttë e jota, in mancanza di do-cumenti diretti abbiamo provato a verificare se ci sia qualche altra sopravvivenza parallela di etimi arago-nesi, per esempio tra cognomi e patronimici (la forma patronimica è > 50% nei cognomi abruzzesi) diffusinella zona frentana. E’ abbastanza evidente che cognomi generici come Spagnolo, Catalano o ‘Ragonese,(la A di Aragonese cade in Italiano per un fenomeno d’elisione eufonica) siano coincidenti con l’area dimaggiore penetrazione della cultura iberica in Italia. Il test non offre quindi indicazioni di particolare rife-rimento per l’Abruzzo. Se però l’indagine si fa più stringente e si limita a cognomi tipicamente aragonesie non sovrapponibili a quelli italiani si perde ogni nesso tra distribuzione sul territorio e origine dell’etimo,solo il cognomeVillalba (de’) è presente in provincia di Chieti. Il capostipite è Giuseppe Antonio di anni 98,gli altri sono i figli. Facendo un’indagine dell’albero genealogico è risultato che la famiglia è di origine ve-neta. Risultato: non ci sono ragionevoli sopravvivenze di patronimici aragonesi in provincia di Chieti. Sem-bra quindi che la dominazione aragonese non abbia lasciato forte traccia negli etimi frentani, e ciò rendearduo sostenere un’ origine aragonese del termine còttë. Molti balli della provincia di Chieti prendono ilnome da un passo o da un movimento che le caratterizza: sav’taréllë (saltarello), spallatë (spallata),ciupp’caréllë (zoppicarella), ballarellë (ballarella) ‘ntrìccéca’pitë (intreccia piedi),passèttë (passetto), trè’ppassë

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(tre passi) tre’lìiccë (tre licci), dalmovimento dei piedi sui pedali del telaio a tre licci) ecc. Il passo laterale sbi-lanciato della còttë somiglia molto a quello di un ubriaco e come accennato appunto prendersi una còttëin abruzzese vuol dire prendersi un’ubriacatura. Questa è d’altra parte la spiegazione che dannomolti an-ziani al nome. Il termine còttë può quindi semplicemente descrivere il passo laterale sbilanciato che ca-ratterizza il ballo.

Analisi musicologicaUn discorso più fondato riguarda il confrontomusicale tra còttë e jota, che finora non è ancora stato com-piuto, anche perché si incontrano alcuni seri ostacoli. Uno è che la còttë in quanto ballo potrebbe esseremolto più antica di qualsiasi versione di jota conosciuta, perché come documentato dagli studi questa èemersa solo alla fine del Settecento (Larrea de, 1947); non vi sono notizie della sua esistenza prima di allorache ci autorizzino a istituire un confronto diretto e anche in seguito non abbiamo chiare descrizioni dellesue peculiarità coreografiche. Inoltre la jota è sia musicalmente sia coreograficamente ampiamente di-stribuita in Spagna e presenta caratteristiche diverse, anche nella stessa Aragona; il confronto perde quindiogni possibilità d’essere. La jota è inoltre anche un genere canoro: coplas de jota (Manzano Alonso, 1995)Inoltre attualmente la jota e la còttë vengono eseguite con strumenti molto diversi: la còttë principalmentecon l’organetto diatonico e la jota con panderetas (tamburelli),laúd (liuto) o bandurria (mandolino) e ca-stañuelas (nacchere). Tuttavia ci sono pochi dubbi che in passato per entrambe i balli si usasse il piffero ela zampogna nei tipi in Spagna di dulzaina e gaita (Boiles, 1999; Galan Bergua, 1965), in Abruzzo di ciaramellee scupinë (Giovannelli, 2003). Quest’ultima è un tipo di zampogna zoppa con due canne dellamelodia asim-metriche (dette“totera femmene” la destra, “totera maschie” la sinistra), e due bordoni (“lu zone”, bordonebasso e“lu fischiétte”, bordone acuto). Fatte salve le dovute differenze tra questi strumenti però ci sembrache ballare la còttë con l’uno o con l’altro tipo sia effettivamente indifferente. Dato però che si tratta distrumenti ampiamente diffusi in Europa e non solo, queste comparazioni di carattere organologico nonconsentono ulteriori valutazioni sull’affinità tra còttë e jota. Dal punto di vista della strutturamusicale, nellacòttë, specialmente nella parte in cui si esegue la bòttë, si ha un tempo ternario terzinato che è inusualein Abruzzo, visto che la maggior parte degli altri balli frentani è in 6/8. C’è da notare che il deciso ¾ dellacòttë la pone musicalmente più vicina alla diffusione in Abruzzo del repertorio ottocentesco che non conquello più antico. La còttë è diffusa in un’area ristretta e si ripete senza apprezzabili variazioni da suonatorea suonatorementre la jota presenta un numeromolto elevato dimodelli e di varianti. Tuttavia esiste almenoun esempio di una jota aragonese (Variaciones de jota aragonesa, in Montoya, 2004) che suggerisce unasomiglianza con alcuni passaggi della còttë, come riscontrabile dal confronto delle due trascrizioni, da cuisi desume come la struttura armonica sia la stessa e in alcuni punti la melodia corrisponda perfettamente(Figura 8); questo si giustifica anche con il fatto che entrambi i balli venivano suonati con la zampognache determina simili profilo melodici e l’estensione ridotta. D’altra parte può essere anche rilevata unacerta somiglianza con alcune jotas castigliane, come pure una similarità del ritornello con quello presentein certe tonadillas escenicas, genere d’intermezzo musicale conosciuto già dal Settecento, derivate dallejácaras, canzoni apotropaiche e a doppio senso di origine araba simili alle incanate abruzzesi.

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Fig. 8- Concordanze dellame-

trica musicale tra una varia-

zione di jota aragonese

(trascrizione Hidalgo Mon-

toya, 2004) e della còttë (Tra-

scrizione Ubaldo di Gregorio,

2008).

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MorfologiaCome accennato, il confronto morfologico tra i due balli è reso difficile dal polimorfismo e dall’ampia di-stribuzione della jota rispetto alla còttë. Per renderci conto della differenza di scala bisogna pensare che lafamiglia coreutica della jota è ancora più grande di quella di tutto il gruppo dei saltarelli e delle tarantelleitaliane. Dal punto di vista morfologico, considerando sempre il ballo nel suo assieme, saltano agli occhidelle differenze cruciali. La struttura bi-partita della còttë non trova riscontro nella jota tranne che nelleesibizioni dei gruppi folcloristici, inoltre, la jota pur nella sua variabilità non presenta un impianto circolare(Perez Garcia eOliver, 1992; Frances et al. 1999). Altri elementi discordanti sono il fatto che nella jota non si battemarcatamente la pianta del piede a terra e non si incrocia il piede davanti all’altro come avviene nella còttëalla fine del salto (Galan Bergua, 1966). Una peculiarità della còttë è la presenza del salto dopo la botta; è que-sto effettivamente un passo altrettanto dinamico quanto i salti della jota che però si eseguono quasi sem-pre spostando il peso da un piede all’altro, mentre nel salto della còttë il balzo è eseguito saltando edatterrando sullo stesso piede. La posizione delle braccia nella jota non è ad anfora ma è asimmetrica, unbraccio alto e uno basso. Inoltre i ballerini si scambiano di posto e non si muovono mai specularmenecome nella còttë. Se ampliamo il campo di confronto a tutto il repertorio etnocoreico spagnolo sicura-mente è doveroso analizzare anche i balli in cerchio. Tra i cosiddetti balli ”de rueda” quello chospona, ese-guita nella piazza principale di Covarrubias (35 km SE di Burgos; Río, Justo del, 1977, AA.VV. 1992) presenta alcunesimilitudini con la fase circolare della còttë. Essa si balla durante le feste patronali dei Santi Cosma eDamiano, San Isidroe durante i pellegrinaggi e per la festa della vendemmia. Tutta la popolazione partecipa in maniera assai compresa, ed il risul-

tato è estenuante dato che il ballo dura circa mezz’ora, si tratta dunque di una ballo con caratteristiche rituali. La rueda cho-spona viene suonata con dulzaina e caja (zampogna e grancassa); anche se la melodia è diversa da quelladella còttë, la suametrica con l’inizio in levare vi corrisponde abbastanza bene. La struttura è circolare con cop-pie affiancate e che si fronteggiano, in questo caso uno dei due procede all’indietro, ballando ora lentamente ora velocemente

con le braccia alzate ad anfora; è presente pure lo scambio tra coppie. Anche qui le differenze con la còttë sonomaggiori dellesimilitudini, per esempio manca totalmente la fase dei passi laterali con salto. Nella còttë non esiste lo scambio tra lecoppie che però è frequente in altri balli abruzzesi come le spallate e le saltarelle.

PosturaConsideriamo ora le presunte peculiarità posturali della còttë, tra le quali la posizione ad anfora delle brac-cia dei ballerini, sollevate fino alla testa, che non è stata osservata negli altri balli frentani. Questa posi-zione è per certi aspetti simile a quella della jota di Saragozza. Se è vero che i balli autoctoni abruzzesicome la saltarella e la ballarella hanno braccia “basse” (ma ciò non è vero ad Orsogna, dove la saltarellaviene ballata con braccia alte - senza che ciò ci induca a pensare che la saltarella sia di origine aragonese!),numerose forme di tarantella ballate in Italia hanno le braccia alzate ad “anfora” (Cooperativa Biblionova,1981).Ci si è inoltre domandati se la posizione delle braccia nella còttë sia dovuta al fatto che una volta i ballerinidi còttë suonassero le nacchere spagnole (castañuelas). E’ possibile che dopo più di cinque secoli la posi-zione delle mani dei ballerini di còttë ricordi castañuelas probabilmente solo viste usare da qualcun altro?Non c’è infatti alcuna testimonianza dell’uso di castañuelas in Abruzzo, anche perché esiste una forma lo-cale di nacchere abruzzesi del tutto diverse e che si suonano differentemente, impugnandole con unmanotenendo le braccia basse e battendole sull’altra mano. Questa postura non rappresenta quindi una pecu-liarità della còttë e soprattutto non è necessario ricorrere ad un’influenza lontana, quando esistonomodellidiffusi in aree limitrofe che possono aver esercitato un’assai più plausibile influsso.

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La diffusione culturale attraverso i tratturiPoiché è stata ipotizzata in questo lavoro una possibile contiguità o travaso culturale dal versante campanoa quello abruzzese in particolare attraverso l’Irpinia, si tenterà di cercare di circostanziare quali fossero i ca-nali e i circuiti attraverso cui avveniva lo scambio e di stabilire se si tratti di frequentazioni sporadiche o pro-lungate nel tempo.La cultura e la società abruzzese sono stati influenzati per millenni dalla pratica tratturale ovvero la tran-sumanza dei greggi tra zonamontana in settembre alla zona di pianura e viceversa in giugno. Molto notoè il tratturo reale detto Magno o del Re, (L’Aquila - Foggia) che passava per Chieti (Theàte). Il tratturo sottola dominazione aragonese assunse la massima importanza tanto che Alfonso V d’Aragona deliberò chedovesse essere largo 60 passi, (1 passo aragonese= 1.852metri) stabilendo obblighi precisi da parte dellesingole Università (equivalenti dei Comuni) su come favorire il passaggio delle gregge e dei pastori. Tut-tavia sia L’Aquila (fondata nel 1230) sia Foggia ebbero notevole impulso soprattutto sotto la dominazioneAragonesementre è probabile che nell’antichità fossero più importanti rami più interni di cui uno, già de-scritto da Terenzio Marrone nel suo trattato De Re Rustica, è interessante perchè provenendo dall’Abruzzopassava per l’Irpinia prima di raggiungere Candela. Tale tratturo si ricollegava direttamente alla Frentaniae ad altri rami tratturali attraverso una delle valli abruzzesi trasversali principali: la Val di Sangro (Figura 1).Che già in epoca pre-romana fosse attiva una frequentazione di popolazioni Marrucine-Frentane in Irpi-nia è certo dato che un cospicuo numero di monete tra il IV e III av. Cristo coniate dalla zecca Italica diTheàte (attuale Chieti) e Larinum (Larino), sono state ritrovate al Santuario della Mefite nel territorio diRocca San Felice (Gambino, 1991). La frequentazione di un luogo sacro era tuttavia accompagnata da unafrequentazione, probabilmente ben più imponente, di tipo tratturale; in particolare al lago sulfureo d’An-santo (Lacus Ampsancti), presso il santuario della Mefite, venivano portate le pecore per liberarle dallascabbia, il percorso era agevole e comportava una digressione di soli pochi chilometri dal ramo principale.La DeaMefite tra l’altro è anche detta“caporoinna”cioè protettrice delle greggi. L’uso è continuato fino aglianni Cinquanta del Novecento quando greggia di 500-1000 pecore venivano ancora a bagnasi nel citatolago solfureo (Gambino, 1991). Ancora da investigare è l’influenza dei contatti certi che amemoria d’uomo(com. pers. Salvatore Ferrando, Thiesi) sono intercorsi tra pastori caseari abruzzesi che frequentavano l’AgroRomano e la Ciociaria e la Sardegna settentrionale dove diffusero la produzione del“Pecorino Romano”. Lacommistione etnica e culturale tra Abruzzi e Logudoro è attestata dall’abbondanza d’oreficeria abruzzeselegata ai riti nuziali (presentosa) (Clemente et al., 2004). Quindi, un’asse Abruzzi, basso Lazio e Sardegna èla conferma di quanto intensi e inattesi siano stati gli scambi culturali in passato. Sebbene i balli circolarisiano considerati ampiamenti autoctoni sia in Abruzzo che in Sardegna la loro diffusione in aree geogra-fiche intermedie (Lazio) potrebbe rivelare alcune ulteriori sorprese.

ConclusioniA parere dello scrivente, una certa somiglianza musicale tra còttë e jota costituisce una condizione neces-saria ma non sufficiente per attestare un’origine extra-abruzzese di questo ballo; ciò anche se certamenteè possibile che la dominazione spagnola abbia esercitato un’influenza sullamusica tradizionale abruzzese.D’altra parte l’area frentana presenta una notevole persistenza di arcaicismi coreografici e mostra analo-gie con forme coreiche presenti nel Sud Italia appenninico (ovvero Sannio, Irpinia, Lucania). Ciò potrebbeessere stato possibile infiltrandosi per contiguità attraverso l’attualeMolise e il piùmeridionale PrincipatoUltra (Irpinia).

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E’pure riscontrabile una certa omogeneità culturale impiantata sul territorio italico dei frentani e mante-nuta dal percorso tratturale che quasi tutto si svolgeva in tale area percorrendola con rami paralleli danord a sud.I balli tradizionali frentani possono definirsi come una famiglia coreica allargata i cui gradi di parentela edetà non sono ancora stati ben accertati su base musicale sebbene la loro caratterizzazione strutturale liporti a collocarsi tra i balli italiani più primitivi. Questo gruppo di balli circolari sembra irraggiare sia ad estche ad ovest dall’antico Sannio. Tra questi balli la còttë ben definita dalla sua struttura circolare e bipartita,rappresenta una forma di transizione tra la spallata e la saltarella.Sebbene da un punto di vista musicale la diffusione di danze quali la tarantella, la zumparella, la salta-rella/o, siano diffuse in maniera omogenea nel territorio del Regno di Napoli (Bragaglia, 1950; Carpitella,1981-85; Sparagna, 1983,) .Non è chiaro se esse siano state, e quanto, modificate dall’influenza coreica emusicale Spagnola, sebbenenon si esclude che qualche travaso sia potuto avvenire ad un certo momento. Certo è che alcune affinitàsono sempre riscontrabili senza che però presentino caratteristiche di coerenza sia intra che infra regionale.Comunque, che la còttë sia abruzzese d’origine o di adozione, in tutto o in parte, non cambiamolto le cose.Quello che è importante é a parere di chi scrive che l’opinione della società abruzzese si compatti intornoalla battaglia della conservazione delle proprie orgogliose tradizioni e che l’opera di recupero e restaurodi tali tradizioni sia supportato dagli Enti di ricerca come il CATA, dagli Enti amministrativi e dalle Associa-zioni di cittadini, prima che le tradizioni stesse siano, come ormai siamo pericolosamente vicini ad essere,completamente estinte.

RingraziamentiSi ringraziano: il Coro d’Orsogna La Figlia di Iorio nella persona dell’Avv. Tenaglia e tutti i suoi componenti; L’as-sociazione e corale Tommaso Coccione di Poggiofiorito nella persona di Vincenzo Coccione e Michele Cicco-netti e di tutti i suoi componenti; Gli abitanti e i suonatori tradizionali d’ Orsogna, Poggiofiorito, La Martorella,Feuduccio e Filetto dove sono state svolte le ricerche; i maestri Ubaldo di Gregorio e Crispi Seccia per l’esecu-zione e la trascrizione della còttë per zampogna e ciaramella; Maiai Josè Ruiz per le preziose informazioni sullajota e sulla rueda chospona.

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