La Croce D'Iside, Password Di Una Macchina Della Vita

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  • 8/15/2019 La Croce D'Iside, Password Di Una Macchina Della Vita

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    EGITTOLOGIA

     LA CROCE D'ISIDE, PASSWORD DI UNA MACCHINA DELLA VITA

    di Gaetano Barbella

     

    Il mito di Osiride e una nuova matematica

     Nella biografia, posta alla fine del mio libro in edizione E-Book, I due leoni cibernetici [1], dico che l'idea di portareavanti gli studi descritti in questo testo sono derivati da ricerche fatte sulla Piramide di Cheope. Ebbene proprio dalleleggende dell'antico Egitto, sul dio Osiride e la dea  Iside ci viene il modo di capire con semplicità il processomatematico seguito in questo testo per “congiungere” il numero 3,14 e infiniti decimali noto come  pi greco  con unaltro, 1,618, anche questo con infiniti decimali e noto come sezione aurea o divina proporzione nel Rinascimento.

    Ma così come sono non potrebbero mai trovare fra loro relazione, eppure attraverso la quarta parte del primo e laradice quadrata dell'inverso del secondo, noto come sezione argentea, la cosa si dimostra possibile, risultando duenumeri molto ravvicinati fra loro.

    Ritornando ai due dei dell'antico Egitto suddetti, Osiride - mettiamo - è pi greco, e  Iside, sorella e sposa, è il numeroderivato della sezione aurea (Nefti che è sempre accanto a Iside nelle rappresentazioni iconografiche: vedi illustr. 1).

    La leggenda che sappiamo tutti è questa in sintesi:

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    Osiride regna al fianco della sua sposa, sorella e sposa, Iside.

    Per gelosia il fratello  Seth, dio del male, nel corso di un banchetto, si fa aiutare a richiudereOsiride inun baule e lo getta nel Nilo.

      Iside parte alla ricerca della bara e la trova.

     Seth, approfittando di una assenza di  Iside, si impossessa della bara e riduce il corpo di Osiride  inquattordici pezzi (il doppio di sette) spargendoli per tutto l'Egitto.

     Iside  riparte e va alla ricerca delle membra del suo sposo e ogni volta che ne trova un pezzo loseppellisce sul posto e vi fa erigere dei santuari.

    Illustrazione 1: Da un papiro della XVIII dinastia deifaraoni dell’antico Egitto rinvenuto nella tomba dello scriba Ani

    e conservato nel British Museum di Londra.Particolare di Osiride, seduto in un tabernacolo a forma disepoltura. Iside e Nefti dietro di lui. (Tratto dal 4° vol. dell'

    «Enciclopedia della Civiltà atomica» ediz. Il saggiatore)

    Ecco, è proprio nell'analogo modo che  pi grecoviene posto come in una bara e poiin otto fasi viene ridotto in “pezzi”. Ottoper l'esattezza: non che l'abbia stabilito apriori, perché l'itinerario matematicodescritto nel libro, I due leonicibernetici, porta a questa soluzione.L'E-book, I due leoni cibernetici, è un

    testo di matematica che si avvale di unsistema di geometria dei volumi in cuinon si fa correlazione conl'archeomitologia del dio egizio Osiride,della piramide di Cheope e dei geroglificiche vi riguardano. Ma con quanto hodetto sopra già si può capire il legamecon gli argomenti dell'acheomitologiaappena menzionati, fermo restando che èutile, se non necessario, eviscerare l'E-

    book almeno per capire i nessimatematici di Pi greco  e Sezioneaurea  con determinati geroglificistrettamente legati a Osiride e Iside. Sitratta dell' Ankh  o Croce d'Iside,lo Scettro Wзs e il Dy tradotti i concezionigeometriche.Scopo di questo saggio è di pervenireappunto ad una interpretazionegeometrica di questi geroglifici e solo

    così è possibile vederli in relazione fraloro per poi arrivare a concepire illegame con Pi grecoe Sezione aurea. Colprossimo capitolo si inizia dalla piramidedi Cheope concepita in modo geometricoe immaginata come un cristallo.

     

    Una parabola per il mistero della Grande Piramide[2].

    La Grande Piramide  fu concepita secondo canoni suggeriti dalle credenze religiose esoteriche vigenti al suo tempo. Nulla che scandalizzi immaginare che il manufatto sia una sorta di pietra filosofale e per questo fu informata al canonedella sezione aurea per conferirle l’armonia col cosmo. Altrimenti come poteva il defunto faraone Cheope, ritenuto undio in terra, navigare col dio Ra per raggiungere il regno dei morti? Occorreva che la barca solare, da intravedersi nella piramide unita ad una parabola della quale si parlerà (naturalmente si tratta di emblemi metafisici), fosse veramente

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    speciale. Ma, di conseguenza, era necessario che essa fosse idonea per procedere per il “viaggio del giorno e dellanotte”, cosa che comportava anche che essa fosse congegnata anche come corpo di luce oltre che di pietra. Di quinulla che scandalizzi immaginare il complesso piramidale unito ad una parabola sottostante, così come è stataconsiderata dal punto di vista della geometria, (illustr. 2)e particolarmente come uno speciale cristallo somigliante allenote gemme preziose che si incastonano sugli anelli e collane.

    Illustrazione 2: La piramide con la parabola unite viste come un cristallo.Caso particolare della riflessione ottica all’interno.

    Dati geometrici dell’illustr. 2:

    ya = √ [2 / (1 + √5)] =0,786151377...

    xa = ya² / 2 = 0,309016994...

    phi = 38,17270763...°

    180° – 4 phi = 27,30916948...°

    yi = tang (180° – 4  phi) =0,516341175...

    xi = yi² / 2 = 0,133304104...

    d = 0,080615621...

     

    Illustrazione 3: Taglio di una pietra preziosa.Gioco di luce con la scomposizione nei colori dell’iride.

    La luminosità è un requisito fondamentaledelle gemme preziose e le loro studiatesfaccettature moltiplicano i giochi di lucescomposta nei suoi colori, cosiddettidell’iride, all’interno per sprigionarsi inmodo sfolgorante all’esterno [illustr. 3].Nulla che meravigli, dunque, vedere lapiramide diCheope  come uno specialecristallo e costatare subito una particolareproprietà dovuta a un ipotetico raggio diluce che interagisce in esso. Dall’illustr. 1 sipuò capire di che si tratta.Il raggio IP è normale alla parabola e siimbatte sulla parete C’B’ riflettendosi in Q della parete opposta C’A’. Prosegue da quila riflessione luminosa in modo verticale

    fino in fondo sulla parabola in R. Si sa chetutti i raggi verticali confluenti su unaparabola si rifletto convergendo nel fuocorelativo, che nel nostro caso è il punto F.Naturalmente si è capito che il punto I di

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    partenza del supposto raggio luminoso èunico in modo che la sua inclinazioneriferita alla verticale sia 180° – 4  phicomeindicato sull’illustr. 2. Phi  è il semi-angoloal vertice della piramide. Il simbolo di phi èΦ.

     Nessun commento su questo raggio salvo a vedere ora il raffronto con lo spaccato della piramide di Cheope[illustr. 4],

    in cui si vedono i vari elementi che vi fanno parte: la tomba del re e della regina, la Grande Galleria ed altro.Ed ecco il fatto meraviglioso che spiega il titolo di questo brano: Una parabola per il mistero della Grande Piramide! Due cose in una: il fuoco F della parabola di arco A’OB’, su cui è posta la piramide A’B’C’, coincide conun certo punto della tomba della Regina  e il raggio verticale QR della ipotetica luce, all’interno della piramide inquestione, coincide con l’asse della tomba del Re.Il mistero però resta, comunque, ma tutto il presente lavoro di geometria, se non altro, è servito ad aprire un varco per  poter intuire cose nuove.Tuttavia c’è modo di far progredire un certo ragionamento che porterebbe a capire come potrebbe funzionarel’apparato tombale in questione, la cui rappresentazione monumentale può servire, naturalmente, come modellosimbolico, al di là di ribadire la credenza di cultori di esoterismo un apparato per dare nuova vita al faraone Cheope per il quale è stato concepito. Consideriamolo perciò come un certo immaginario processore rimandato al futuro da far 

    evolvere.

    Illustrazione 4: Piramide di Cheope. Sezione trasversale.

     

    La Tomba del Re fa parte di una strutturacomposta da elementi granitici chenell’insieme è chiamata Zed .

    In particolare interessa la disposizione della

    parte superiore a questa camera, perché ècostituita da cinque ranghi di travi disposteuna accanto all’altra e ognuna, pesa pocopiù di 70 tonnellate.

    Si tratta di elementi che si suppongonocapaci di produrre energia elettrica pereffetto piezometrico, come spiegherò diseguito.

     

    Illustr. 5:  Effetto piezoelettrico: applicando una forza a certimateriali viene prodotta una tensione elettrica.[3]

     

    Dunque, sappiamo che il granito è composto in gran parte diquarzo, che è piezoelettrico, un particolare fenomeno elettromeccanico. Ossia quando questo materiale è sollecitato daforte pressione, o comunque quando vibra, per esempio in seguito a una percossa, compaiono delle cariche elettrichesulla superficie.

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    Illustrazione 6: Lo Zed.

    Il passo è breve, a ragione di ciò, perintravedere nell’enorme apparato dello Zed   unabatteria di produzione di energia elettrica, equesto potrebbe spiegare la natura specifica delraggio verticale passante per questo manufatto[illustr. 5]. Altrimenti non si fa luce sullasupposta energia segnalata dal particolare andardi vieni del raggio in questione, passante per

    lo Zed , non avendo modo di alimentarsi.Potrebbe essere la camera della Regina  questafonte, ma avendo scoperto la funzione dicentrale elettrica dello Zed , si può pensare chesia la Regina  l’utilizzatrice dell’energia checonfluisce in lei per dar luogo – mettiamo – allarigenerazione vitale. Di qui il percorsoattraverso un condotto orizzontale, poi quellodella Grande Galleria  e finalmente versola camera del Re [vedi illustr. 3 e 5].

    Nella camera della Regina  è ricavata su unaparete una nicchia che ha la sagoma simile aquella della sezione trasversale della GrandeGalleria, e questo li mette in relazione diretta.In più nell’anticamera della camera del Re  visono delle saracinesche in pietra come a volerfar capire che la natura del ipotetico flussovitale, proveniente dalla Regina confluendoal Re  abbia a che vedere con l’acqua, chiarosegno di vita.

    Mi fa pensare a questa spiegazione in che modole ossa si rigenerano, giusto in stretta relazioneai materiali piezoelettrici.

    Il modo in cui molti organismi viventi usano la piezoelettricità è molto interessante: le ossa agiscono come dei sensori diforza. Applicando una forza, le ossa producono delle cariche elettriche proporzionali alla loro sollecitazione interna.Queste cariche stimolano e causano la crescita di nuovo materiale osseo, rinforzando la robustezza della struttura osseain quelle zone in cui la deflessione interna è più elevata. Ne risultano strutture con minimo carico specifico e, pertanto,con eccellente rapporto peso-resistenza.[4]

    Però un’altra cosa è possibile suggerire come riscontro ideografico fra i geroglifici egizi, con il raggio energetico verticale poc’anzi analizzato. Mi viene da intravederlo nello Scettro o Wзs nella mano del dio dei morti Osiride  e di altri deiegizi, nonché in quella dei faraoni assisi sul trono [illustr. 6 seguente].

    La cima di questo scettro termina con una forcina di traverso particolarmente sagomata che può benissimo riferirsi alla parete della piramide dove il raggio si riflette; mentre la parte terminale è munita di un’altra forcina a due punte che puòriferirsi ad un doppio potere legato allo scettro che potrebbe trovare riscontro nel bipolarismo dell’ipotetica elettricitàdel raggio verticale che passa per lo  Zed , precedentemente trattato. Vedremo in seguito una concezione progreditadella funzione dello Scettro o Wзs.

    Di altro, è interessante costatare che, osservando gli ideogrammi riportati sull’affresco della cappella funeraria diThutmose III dell’illustr. 7, si nota che lo Scettro, oltre a quello impugnato dal faraone, è anche rappresentato (in alto,sullo Scettro del faraone) a fianco dell’ideogramma dello Zed  (lo stesso della Camera del Re della Grande Piramide)

    e da altri segni importanti. Fra questi c’è una sorta di ciotola (presente in 9 esemplari), dal significato di cesto, che può benissimo correlarsi con la parabola esibita e così convalidare in cascata il resto delle argomentazioni sostenute sin qui.Un dettaglio importante fra i tanti della nutrita rappresentazione di geroglifici e ideogrammi, è il gonnellino dell'offerentedavanti al faraone che ha la chiara foggia della  piramide di Cheope. Non solo, ma la fascia pendente dalla cintolacoincide con l'asse passante per lo Zed  della piramide.

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    Illustrazione 7: Affresco della cappella funeraria di Thutmose III (sec. XV a.C.).

    Prima di addentrarci nella disamina dei suddetti geroglifici e ideogrammi, in particolare la Chiave di Iside  o Ankh  eil  Dy  che vi si accompagna frequentemente, come si vede nell'illustr. 7, ci occuperemo meglio della geometriadella piramide di Cheope  per porre in evidenza ciò che è stato accennato all'inizio, la Sezione aurea. L' Ankh  è aforma di croce e superiormente c'è un anello a forma di uovo capovolto e il  Dy, accanto o sopra, è un triangolo isoscelemunito di un altro triangolino al centro della base.

    La sezione aurea [5]

    Si può sostenere che con la parabola è possibile risalire alla concezione della  sezione aurea e da questa alla definizionegeometrica, eseguibile con “riga e compasso”, di un triangolo isoscele simile a quello della sezione trasversale della

     piramide di Cheope lungo le relative apoteme [illustr. 2]. Ma per semplificare, almeno in merito alla determinazione deltriangolo isoscele in questione, procederò con il metodo noto della  sezione aurea  applicata ad un segmento chestabiliamo sia l’altezza del nostro triangolo da determinare.

    Per costruire la sezione aurea del segmento AB [illustr. 8], si traccia un triangolo rettangolo ABF, in modo che il cateto

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    BF sia metà di AB. Per ottenere questa metà si tracciano due coppie di archetti a piacere nei punti C e D e poi siuniscono: il punto E di AB è la metà ricercata. Poi con un arco di cerchio con centro in B si interseca la verticale a B inF. Fa seguito il congiungimento del punto A con F sul quale si punta il compasso e si esegue l’arco che congiunge B conG del segmento AF.

    AG è la  sezione aurea  che si cerca: di qui con il compasso, centrato in A e di raggio AG, si disegna l’arco cheinterseca il segmento AB e, lateralmente nei punti I ed L di confluenza con un arco di centro E.

    Illustrazione 8: Geometria della sezione aurea  per la piramide di Cheope.

    Ed ora l’ultima cosa da fare è tracciare due rette che collegano, B con I fino ma intersecare il prolungamento ortogonaleal segmento AB in M, e poi, dalla parte opposta, B con L per arrivare alla semiretta ortogonale ad AB in N.Il triangolo MNB è il triangolo della piramide di Cheope eseguito secondo il canone della sezione aurea.II rapporto AB:AH, che è uguale al rapporto AH:HB, è un numero irrazionale a cui viene attribuito il valoreapprossimativo 1,618... Numericamente questo rapporto è espresso da:

    (1 ± √5) / 2 ≈ 1,618033989...

    Si tratta anche di un numero che deriva dai rapporti fra due termini successivi della serie di Fibonacci al loro limite.

    In particolare, eseguendo dei semplici calcoli, si ottiene che la semi-base di MN del triangolo MNB (che potremochiamare aureo) è:

    MA = AN = √ [2 / (1 + √5)] = 0,786151377...

    Colgo l’occasione per dimostrare quanto sia errato affermare che la Grande Piramide  è informata alla  sezioneaurea ed anche a pi greco. Cioè a dire, in alternativa a quanto poc’anzi matematicamente acquisito per la versione

    della sezione aurea, che il quadrato di base della piramide in questione ha il perimetro idealmente uguale ad un cerchiodi diametro pari alla sua altezza. In tal caso il semi-lato di questo quadrato ideale è 1/8 di pi greco, considerando ildiametro uguale all’unità. Quindi:

    M’A’ = A’N’ = 0,785398163...

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    Ecco dimostrato che le due versioni differiscono fra loro, ma i valori numerici in questione, riferiti all’unità sonoabbastanza vicini l’uno all’altro.

    L'Angolo Argenteo

    Altra cosa da porre in evidenza è l'angolo argenteo nella piramide in questione. Su quest'angolo mi sono intrattenutonelle nozioni preliminari del menzionato libro E-Book, I due leoni cibernetici, scritto da me. Qui mi sono distanziatodalla concezione dell'angolo aureo che lo vede parte dell'angolo giro proporzionale alla sezione aurea.Prima d'altro ho dato valenza alla  sezione argentea, l'inverso della sezione aurea, che, a differenza di questa, trova

    modo di dar luogo a interessanti implicazioni di ordine geometrico. Tutto si concentra sull'analisi matematica sul pianodella geometria analitica che fa capo alla trigonometria.Tant'è che nel caso dell'angolo aureo  convenzionale si è applicata la regola del rapporto aureo al circolo, dividendol'angolo giro opportunamente, come anzidetto. Ma i relativi angoli derivati, al di là della curiosità appagata, non trovanoalcuna applicazione in geometria e tanto meno nelle altre applicazioni fatte da costruttori, ad esempio gli artisti delRinascimento, come si sa, a differenza della sezione argentea.Per arrivare al nocciolo della questione e trattando le cose servendoci della trigonometria, vedremo che l'angolocorrispondente alla sezione argentea, indicata con Ф, è così espresso.

    arcsin 0,6118033988... = 38,17270763...°

    A questo punto siamo in grado di costatare che le funzioni trigonometriche del coseno e tangente di questo angolorisultano uguali fra loro. Infatti:

    cos 38,17270763...° = 0,786151377... e

    tan 38,17270763...° = 0,786151377...

    Di qui, risalendo all'inizio di questa trattazione vedremo che che l'angolo argenteo Ф, appena rilevato, è quello delsemi-angolo al vertice della piramide di Cheope relativo all'illustr. 2 (vedasi i dati geometrici che vi fanno seguito) eillustr. 8 (angoli ABM o ABN). E poi vale la pena di evidenziare dell'altro su quest'angolo.La geometria della sezione argentea, con Ф = 0,618..., porta alla relazione con quella del pentagramma poiché la metàdella sezione argentea, Φ = 0,618033988..., che è 0,309016994..., corrisponde al seno di 18° sessagesimali. Si trattadel semi-angolo di ogni cuspide del pentagramma infatti.

    Si deve, dunque, alla geometria del pentagramma la semplificazione del calcolo dell’angolo argenteo Φ attraverso laformula:

    Φ = arctan √ (2 sen 18°) = 38,1727070763...° [= arccos √(2 sen 18°)].

    Come si vede già queste costatazioni geometriche danno rilevanza alla  sezione argentea  da farla assurgere alsuperamento di quella aurea, il cui valore numerico, 1,618033989..., non trova tanti analoghi appigli nel campo dellatrigonometria.Ma è solo un piccolo squarcio sulle reali possibilità geometriche della  sezione argentea, poiché si scoprirà tutto unmondo geometrico che lo identifica in modo speciale: in particolar modo attraverso le intersezioni di coniche.Ed ora si è in grado di affrontare la trattazione degli ideogrammi  Ankh,  Dy  e lo Scettro  o Wзs  che si è ravvisato

    nell'asse passante per la tomba del Re col relativo Zed  della piramide di Cheope (segmento QR dell'illustr. 4).

    L'Ankh e il Dy dell'antico Egitto

    Come preso da una certa cometa del solitario e vagante π greco, mi accingo a procedere per utilizzare l'«angoloargenteo» appena rilevato, sulla scorta delle suddette possibili indicazioni intraviste nella piramide di Cheope.Chi non ha stimato rivelatrice di, chissà, quali arcani poteri la nota Chiave di Iside, o  Ankh, nelle mani di dei e redell'antico Egitto? Ma c'è dell'altro su questo ideogramma che forse vale la pena stimare importante, considerato cheesso è quasi sempre rappresentato accanto ad un altro segno conformato a triangolo isoscele acuto, più o meno dieguali proporzioni, conosciuto col nome arcano di Dy. Lo abbiamo visto e trattato attraverso l'illustr, 7.Il mio personale “senso delle cose”, mi suggerisce di procedere sulle tracce di questi strani segni pieni di fascino. Per il

    caso dell' Ankh ho scelto, come geometria di riferimento, una particolare curva, la « Lemniscata di Bernoulli», che mi èsembrata ideale per estrapolarne il possibile “segreto” matematico relativo.

    La «Lemniscata di Bernoulli»(da lemniscato: lemnisco,

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    Illustrazione 9: Lemniscata di Bernoulli.

    corona, palma) è il nome diuna particolare ovale diCassini. Si tratta del luogo deipunti di un piano per i quali ilprodotto delle distanze PF',PF da due punti fissiF', F(illustr. 9) è costante eprecisamente è uguale al

    quadrato della semi-distanzadei due punti; è una quartinarazionale bi-circolare con unpunto doppio nodale etangenti ortogonali nel puntomedio del segmento AB; haequazione cartesiana: (x2+y2) = 2 a (x2 –y2); e polare:ρ = a √ ( cos 2θ).

    Per disegnare la lemniscata di Bernoulli occorre fare in questo modo e seguire l'illustr. 10.1.  Per comodità di rappresentazione si stabilisce a = 1 e per conseguenza, b = √ 2;2.  si suddivide sull'asse delle ascisse b in tanti tratti come indicato per cui, A'Q' = 2,41 (√ 2);3.  si riportano sull'asse delle ordinate in corrispondenza di ogni tratto suddetto il corrispondente valore inverso.

    Esempio, sull'ordinata relativa al tratto di 1,1 (in rosso) si stacca un valore di 0,909 e così tutti gli altri tratti;4.  si traccia la curva AQ determinata dall'intersecazione delle ascisse con le ordinate per ogni tratto (in rosso). La

    curva passerà per i punti A, B, C fino a Q;5.  a questo punto si usa il compasso per tracciare gli archi con centro in A' e con raggio pari ad ogni tratto

    sull'ascissa disegnati in rosso (1,1, 1,2, ecc.) fino ad un punto inprecisato in cui risulterà la definizione dellacurva lemniscata di B.;

    6.  si usa ancora il compasso, ma con centro in F2 che è uno dei fuochi della lemniscata di B. e tracciano gli archi

    con raggi corrispondenti ai prolungamenti dei punti A, B, C, e successivi della curva di cui al § 4, fino all'assedelle ordinate tracciata in corrispondenza del fuoco F2;

    7.  L'incontro di questi archi con quelli fatti in precedenza al § 5, facendo attenzione alle corrispondenze fra trattisull'ascissa e ordinate, indicherà la curva della lemniscata di B. nei punti A', S', C', fino a Q';

    Ripetendo poi questo procedimento grafico per i restanti tre riquadri cartesiani, si perviene alla definizione dellaricercata lemniscata di Bernoulli.

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    Illustrazione 10: Come si disegna la lemniscata di Bernoulli. Caso di a = 1.

    Siamo ora in grado di pervenire alla geometria da me immaginata della Croce di Iside, nota come Ankh e per questo sidisegnano due leminiscate messe a croce così come si vede attraverso l'illustr. 11 successiva. E questa di seguito è ladescrizione del percorso grafico:

    Illustrazione 11: Geometria della Croce di Iside o Ankh.

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    1. Una delle curve delle due lemniscate, quella in alto identifica l'anello a forma di uovo capovolto;

    2. si traccia un cerchio passante per i fuochi delle due curve di Cassini (con r = 1 √ 2);

    3. sapendo che l'angolo al vertice della piramide di Cheope è il famoso angolo argenteo ф, si ha modo di perveniredisegnarla e così indentificare i punti di incontro sul cerchio tracciato prima. Le apoteme delle quattro piramidi diCheope poste in croce corrispondono ai tre bracci della Croce di Iside, così come si vede nell'illustr. 11.

    Abbiamo sotto mano ora la Croce di Iside e resta da capire come fare per ottenere una supposta geometria del Dy.

    Sulla scorta del fatto che entrambe vengono sempre indicate una insieme alle altre, si deve immaginare che la matricedell' Ankh, or ora disegnata, sia la stessa per il Dy.

      Illustrazione 12: Il supposto triangolo isoscele dell'Ankh, visto adagiato sul lato.

    Infatti è così.Dunque, ridisegnando la Lemniscata di B. (illustr. 12), premesso che a = 1, si congiungano F', P e P', ottenendo cosìun triangolo isoscele. In seno a questo triangolo si congiungano poi P con O che individua il valore della tangentegoniometrica dell'angolo argenteo calcolato precedenza.Infatti sviluppando l'equazione polare della «Lemniscata di B.» si verifica, come di seguito, che il valore supposto ègiusto.

    Da: ρ = a √ (cos 2θ) si perviene al valore di θ = 25°, 91364623... che permette di verificare, appunto, l'esattezza diF'O = FO = 1 / √ 2. Riguardo al triangolo isoscele F'PP', il semiangolo al vertice F' si calcola con la formula arctg

    PF/F'F che dà come risultato 13°, 6545848...

     Niente di più facile dedurre che quest'angolo conduce all'individuazione dell'angolo argenteo. Infatti l'angolo inquestione si ottiene in questo caso così: Φ = 1⁄2 (90° – 13°, 6545848...) = 38°, 17270762. In tal modo si viene aconfigurare un triangolo isoscele che è senza dubbio lo stesso abbondantemente presente nel repertorio degliideogrammi egizi sotto il nome Dy.

    Però del  Dy  resta da capire (se si può) a cosa si può riferire il triangolino posto al centro della base del triangologrande. Lo farò vedere verso la conclusione.

    Il pensiero geometrico degli antichi egizi

    Si pone ora la domanda fondamentale per immaginare in che modo gli antichi egizi potevano concepire tutti i lorogeroglifici, ideogrammi e pittogrammi, visto che in questo testo non si fa che concepire una stretta relazione di tutto ciòcon una geometria ancora sconosciuta ai loro tempi.È mia idea che il loro pensiero era assai permeato da concetti matematici, oggi noti, ma che non potevano capire edesprimere se non in modo grossolano. La concezione della quadratura del cerchio attraverso il Papiro Rhind   ne è la

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     prova.La storia inizia con lo scriba egizio Ahmes che nel problema n. 50 del  papiro Rhind , risalente al 1650 a. C., indica nelmodo seguente come ottenere il valore di π, che è poi la suddetta procedura:«Dividi il diametro in 9 parti. Prendi 8 parti e costruisci un quadrato 8 per 8. Tale quadrato ha una superficie

     praticamente uguale a quella del cerchio assegnato».Dai calcoli risulta che l’area del cerchio, ottenuto col metodo di Ahmes, risulta con un errore inferiore del 2% rispetto algiusto valore applicando la nota regola del quadrato del raggio per pi greco. Nondimeno si deve riconoscere che sitratta di una approssimazione notevole per quei tempi e non si sa nemmeno come Ahmes l’abbia trovata.

    Illustrazione 13: Quadratura del cerchio secondoil Papiro egizio Rhind.

    Quindi escludendo nel novero dell'anticaaccademia scientifica degli antichi egizi laconsapevolezza di una geometria cosìcome quella che mi è parso di ravvisare inquesta disamina di ipotesi ravvisabili negliideogrammi, l' Ankh, il Dy   e lo ScettroWзs, non resta che pensare una cosa cheperò brancola nel buio, ma è l'unicapossibile a dare concretezza che è quelladi un formarsi a priori di un pensiero

    intriso di intelligenza matematica.

    Ma è anche un'ipotesi accreditata da partedi studiosi di egittologia che spiegano lacosa facendo capo a incerte e vaghe basidi appoggio.

    Si tratta di reperti ritrovati chedenunciano una cultura superiore a quellariscontrabile negli antichi egizi. Uno di

    questi reperti è la lampada di Dendera. 

    La lampada di Dendera

     

    Illustrazione 14: Lampada di Dendera.

    Il Tempio di Dendera, situato a circa 2,5km a sud-est della località di Dendera(Iunet  in antico egizio), è uno dei templimeglio conservati di tutto l'Egitto.

    Tra i molti bassorilievi che decorano iltempio di Hathor due hanno attiratol'attenzione in modo particolare, essiprovengono dalle decorazioni della criptadel tempio.

    Si tratta di rappresentazioni simbolichedel fiore di loto associato con l'immaginedel serpente, tradizionalmente legato aimiti egizi della creazione.

     Nel 1894 Joseph Norman Lockyer affermò che si trattasse invece di rappresentazioni di lampade elettriche adincandescenza simili ai tubi di Crookes e che questo documentasse le conoscenze degli antichi egizi sull'elettricità.Benché nessuna altra scoperta abbia in seguito confermato tale ipotesi questa ha continuato a trovare proseliti. Unariflessione di questi studiosi:

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    Tutte le tombe egizie, scavate sottoterra per decine di metri, sono decorate con disegni e incisioni di una bellezza unica.L'egittologia ufficiale ci dice che l'illuminazione necessaria all'esecuzione dei lavori era fornita da delle torce a fiamma.Ma quelle torce avrebbero in pochissimo tempo consumato tutto l'ossigeno presente, mentre quel tipo di lavororichiedeva un sacco di tempo.Il CICAP, Comitato di controllo delle affermazioni sul paranormale, si e' dovuto arrendere, dicendo che – in effetti – aveva ragione, e cosi hanno avanzato (e continuano a sostenere – l'ipotesi che utilizzassero un sistema di specchi per  propagare la luce nelle gallerie. Ma sempre secondo il CICAP, gli egizi non conoscevano il vetro, quindi al massimo potevano essere specchi di rame.Un altro reperto, che sembra somigliare a quello di Dendera è stato il ritrovamento della  pila di Baghdad,[6] chesuggerisce l'idea di una possibile conoscenza dell'elettricità.In merito alla lampada di Dendera, sorgono non poche perplessità, per esempio il serpente raffigurato all'interno(quindi siamo sicuri che non avessero il vetro?) viene sempre affiancato, nei geroglifici, a un simbolo che è stato tradottonella parola “ seref ”, antica parola egizia, che significa “illuminare”.A questo punto però c'è una cosa che ancora non torna, cosa fanno le persone che vengono sempre raffigurate sotto lalampada?Dal canto mio, la rappresentazione della lampada in questione, al di là di immaginare che in qualche modo gli egiziriuscissero a illuminare i sotterranei dove essi lavoravano come suddetto, una cosa è certa per me ed è che essi a loromodo disegnavano delle cose che però non riuscivano a spiegare come funzionassero. Altrimenti non ha sensorappresentare una lampada che poteva essere come una di quelle note ai nostri giorni e, dunque, delineate dal filamentoa incandescenza all'interno di un involucro di vetro ed un bulbo a vite, ma senza tutto il resto ideografico. Dunque questo

     potrebbe dar credito all'unica spiegazione concepibile, ossia che gli antichi egizi avessero ereditato da un'altra civiltà, poiscomparsa, strani e prodigiosi oggetti. Ma in loro, lontanissimi discendenti di di quella civiltà, la cultura si era assaidegradata, salvo ad averla trattenuta sbiadita nel tempo nella mente e perciò non potevano, per esempio penetrare illato scientifico della lampada in discussione. Insomma la lampada di Dendera e, forse, altri oggetti simili, erano per gliantichi egizi reperti antichi da rispettare, se non venerare, ritenendole appartenenti ad esseri divini per loro. Questa è lamia opinione che, però, non collima tanto su altre cose che dimostrano invece la capacità di eseguire opere, come per esempio quella di lavorare pietre durissime in modo estremamente preciso (fare piccoli fori – mettiamo) che solo con imoderni utensili diamantati è possibile.

    Aggiungo una cosa che torna utile a dar sostegno alla mia ipotesi avanzata sul conto della Camera del Re  erelativo Zed   della  Piramide di Cheope: vedi illustr. 6. In tal caso ho ipotizzato che lo  Zed   fosse un generatore di

    energia. Ma lo  Zed , o chiamato anche  Djed , è lo stesso che è posto a sostegno della lampada di Dendera,allegorizzato con due braccia, anche questa ritenuta e una sorta di lampada elettrica.

     

    I due leoni cibernetici

    Ed ora è come apprestarmi a chiudere un cerchio, giusto quello iniziato a delineare all'inizio, poiché ho detto: «Nella biografia, posta alla fine del mio libro in edizione E-Book, I due leoni cibernetici, dico che l'idea di portare avanti glistudi descritti in questo testo sono derivati da ricerche fatte sulla Piramide di Cheope. Ebbene proprio dalle leggendedell'antico Egitto, sul dio Osiride, ci viene il modo di capire con semplicità il processo matematico seguito per “congiungere” il numero 3,14 e infiniti decimali noto come  pi greco  con un altro, 1,618, anche questo con infiniti

    decimali e noto come sezione aurea o divina proporzione nel Rinascimento.Ma così come sono non potrebbero mai trovare fra loro relazione, eppure attraverso la quarta parte del primo e laradice quadrata dell'inverso del secondo, noto come sezione argentea, la cosa si dimostra possibile...».A questo punto occorrerebbe leggere il mio suddetto E-Book per capire bene in che modo si arriva al“congiungimento” dei due, π / 4, e √ ф (ф è la sezione argentea).

    Ovviamente chiedo troppo ad alcuni di voi che mi leggete, poiché il testo suddetto non è di facile lettura, eccetto che per chi è preso per la matematica, anche se, non essendo io un accademico ma un autodidatta, non abbia espresso ivari ragionamenti seguendo la prescritta ortodossia.Comunque lo scopo del libro in discussione è quello di mostrare un itinerario, fuori dai ragionamenti accademici, per giungere a indisporre l'accademica concezione di trascendenza intesa per il numero irrazionale Pi greco  simboleggiato

    con π.Il “congiungimento” di π / 4 con √ ф a questo porta. E in relazione al tema di questo saggio resta da dare una risposta per arrivare a intuire (ma siamo sempre nel mondo delle ipotesi) a cosa potrebbe riferirsi quel minuscolo triangolino posto alla base del triangolo che rappresenta l'ideogramma egizio Dy, e capire in che modo la Chiave d'Iside  è unasorta di password  come inteso dal titolo di questo saggio.Perciò ora tenterò una scalata, quel tanto che occorre per giungere a dare queste risposte: parlerò delle cose salienti che

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    riguardano il suddetto mio E-Book “ I due leoni cibernetici”, perché altrimenti non si afferrano i concetti checoncorrono a considerare il misterioso Dy congiunto alla Chiave d'Iside, due chiavi in una di volta di tutto l'impalcatodel libro. Giusta la concezione di vedere collocato accanto all' Ankh, la Chiave di Iside: una chiave così preziosa che è posta nelle mani di dei e faraoni nell'iconografia relativa dell'antico Egitto.Comunque è piacevole e non ostruso quel che dirò, chi mi legge converrà che è davvero allettante perché riguarda lacibernetica attraverso un complesso “ pacco di sfere” che io ho concepito e chiamato “ sphere packing ” (illustr. 15) allostato di aggregazione della materia. Quindi il pacco di sfere viene anche concepito come un poliedro i cui spigolicostituiscono i centri delle sfere periferiche dell'involucro sferico. (illustr. 16)

    Illustrazione 15: Sphere Packing.

    Illustrazione 16: Poliedro di Sphere Packing.

     

    Ma l'argomento della chimica viene appena sfiorato e conta solo capire che “Sphere Packing ” è un particolareinvolucro a forma sferica contenente determinate sfere, e che funge da modello geometrico capace di servire da sistemacibernetico di autocontrollo[7], appunto. Cosa che si otterrà seguendo l’itinerario di una piacevole meccanicaingegneristica. Né più e nemmeno similmente ad un sistema meccanico, del tutto analogo ad una scatola di trasmissionicome quella di un cambio di velocità o anche a un differenziale di un’automobile. ( illustr. 17)

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    Per quanto concerne il riferimento alchemico dei due numeri, pi greco e sezione aurea, “ I due leoni cibernetici”, nullache impressioni perché i due leoni si rifanno all'alchimia, noti come il leone verde e leone rosso.Poche note a riguardo, tanto per dare l’opportunità a chi non conosce l’alchimia di accettarne la relazione con il procedimento usato dall’autore per “gemellare” i due numeri in questione in termini matematici.Generalmente, il  Leone  è il segno dell’oro, segno sia alchemico che naturale; radice, cioè, delle proprietà fisico-

    chimiche di questi corpi. Ma i testi di alchimia danno lo stesso nome alla materia che, nella preparazione del solvente,accoglie in sé lo Spirito universale, il fuoco segreto. In ambedue i casi si tratta sempre dell’interpretazione della potenza,dell’incorruttibilità, della perfezione.Il primo agente magnetico che serve a preparare il solvente, alcuni lo hanno chiamato Alkaest , – si chiama Leone verde,non tanto perché possiede una colorazione verde, ma perché non ha ancora acquisito i caratteri minerali che distinguonochimicamente lo stato adulto da quello nascente. È un frutto ancora verde ed acerbo, e paragonato al frutto rosso ematuro. È la giovinezza metallica, sulla quale non ha ancora agito l’Evoluzione, ma che contiene in sé il germe latente diuna energia reale, che più tardi sarà destinata a svilupparsi. È lo stadio in cui sono l’arsenico ed il piombo in confrontoall’argento ed all’oro. Il Leone rosso, dunque, secondo i Filosofi, non è altro che la stessa materia, o  Leone verde, portata mediante speciali procedimenti a questa tipica qualità che caratterizza l’oro ermetico o Leone rosso.Essi, come si vedrà, strada facendo nel corso della lettura del libro in questione, fanno da maestri e nocchieri di viaggi

    (di qui la relazione con la cibernetica perché “timonieri” dell’ideale vascello geometrico, Sphere Packing , appunto)che, con meraviglia, non sono da catalogare solo come concezioni metafisiche, proprio grazie ai risultati ottenuti conl’ausilio della elementare matematica esibita da me.

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    Illustrazione 18: Toro con nastro di base avvolto ad unafaccia (Mobius).

    Illustrazione 19: Toro con nastro di base avvolto a duefacce.

    Riprendendo il lato della meccanica ingegneristica di Sphere Packing , si capisce già che le sfere impacchettate ruotanofra loro immaginandole dotate perifericamente di ingranaggi ideali. Si tratta di un altro genere di geometria impiegato per l'occasione, tale da permettere una variazione dei rapporti di velocità, non solo al variare della rotazione degli ottotimoni-sfere segnate in arancione nell'illustr. 17, ma anche perché cambia il genere di dentatura che non è come quella

    convenzionale che segue di pari passo il diametro primitivo dell'ingranaggio. E qui un'altro miracolo dell'immaginazione per ricorrere alla geometria degli anelli di Möbius inseriti in un anello torico il cui asse circolare è lo stesso della sferaove si trova. Naturalmente la sfera ne contiene infiniti, tali da determinare la dentatura ideale necessaria per latrasmissione di Sphere Packing cibernetica.Con l'illustr. 18 è in mostra il nastro di base “con una faccia”, che tutti conosciamo col nome di Möbius, mentre l’altro,dell'illustr. 19, è quello che vi deriva, ma con “due facce”. La torsione, come si vede, è una per l’intero nastro, ossia per 360°, mentre l’altra è due volte l'intero nastro.Detto tutto ciò che, tuttavia non dà l'esatta idea di com'è che i due “ Leoni cibernetici” hanno relazione tale da“congiungersi”, ma anche “distaccarsi” però. Dunque si tratta di un ideale bilanciere di un vero e proprio orologio,anzi un computer fuori dalle concezioni scientifiche moderne. Meglio ancora, per aderire al tema di questo saggioriposto nel titolo, si tratta di una macchina della vita  in evoluzione nel tempo. E siamo nell'era giusta per concepirlascientificamente.

    Di qui, finalmente siamo giunti alla comprensione di quel triangolino del Dy, ma è una mia supposizione poiché il  Dy,l' Ankh  e lo Scettro o  Wзs, ma anche altri geroglifici, restano comunque relegati nel mistero dei simboli di unaconcezione metafisica che razionalmente resta impenetrabile.Siamo giunti a intravedere in Sphere Packing  una funzione di base che illuminerebbe in termini geometrici il lato oscurodel mistero di Osiride che è legato al Tempo, giusto l'accostamento del bilanciere appena detto. E quel più conta lafunzione peculiare della Chiave d'Iside o Ankh.Ora non spiego come funziona il servomeccanismo che fa muovere gli otto timoni-sfere di Sphere Paccking , perchésubentra la tematica dei calcoli matematici esibiti nel testo relativo. Tuttavia il servomeccanismo in questione fa capo allageometria della lemniscata di Bernoulli e questo si può capire. E si capisce di conseguenza quanto sia fondamentale lageometria della Chiave di Iside, l' Ankh, il Dy e lo Scettro o Wзs, che vi derivano.

    Dall'illustr. 20 si comprende tutto del nostro bilanciere che oscilla con un angolo piccolissimo, da me simboleggato conεLB, che può benissimo trovare quale migliore corrispondenza del misterioso triangolino del Dy.Il bilanciere non è altro che lo Scettro o Wзs, una volta in mano a Osiride e poi a Iside.Il bilanciere oscilla assumendo due posizione terminali che sono quelle della radice quadrata della  sezioneargentea (inversa della sezione aurea) e di pi greco diviso 4. Il disegno li evidenzia in rosso e verde in relazione ai due

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    leoni alchemici del titolo del mio libro E-Book.Ma l'oscillazione è a gradi e non progressiva e sono esattamente 8 i salti che intervallano l'angolo assunto dai duedella sezione aurea e  pi greco. Una piccolissima parentesi in proposito. Nella conclusione del mio libro in questionecollego gli otto salti del bilanciere con i chakra della filosofia yoga che si riferiscono ai centri di forza dei diversi corpienergetici compenetrati in quello umano.

    In parallelo, mi viene di affacciarmi ad una piccola finestra della scienza senza però addentrarmici, quella così complessa

    e affascinante dei salti quantici. Un mondo immenso tutto da scoprire!

     

    Appendice

    Le due facce di Sphere Packing

     Nella conclusione del capitolo precedente ho accennato ad un risvolto degli otto stadi  del supposto bilanciere segnatempo della macchina cibernetica Sphere Packing . Ho introdotto l'argomento dei chakra della cultura yoga che per certi versi non sembra avere legami con cultura dell'antico Egitto. Tuttavia entrambe affondano nel mito della storia

    del nostro pianeta, dunque c'è la possibilità potenziale che in modo sotterraneo entrambe concordino – mettiamo – sul piano delle mie congetture sul piano della geometria, visto che ho tradotto ogni cosa dell'apparato dei geroglifici,ideogrammi e pittogrammi dell'antico Egitto, in questo modo.

    Resta però un vuoto da colmare per quanto concerne la cultura dell'astrologia e astronomia dell'antico Egitto,certamente in stretta relazione con il suddetto apparato dei geroglifici, ideogrammi e pittogrammi che in qualche mododovrebbero trovare i segni, con la geometria da me esibita con Sphere Packing. L'astrologia e l'astronomia non eranocosì distinte fra loro così come lo è oggi. Naturalmente se avessi ravvisato qualcosa in merito che poteva avere riflessi – mettiamo – sulla Croce d'Iside o altro contemplato in questo saggio, mi sarei dato da fare per esaminarlo, invece no.

    Tuttavia il segno cheaccomunerebbe la visionedegli antichi egizi inmateria degli astri“serpeggia” comunque nelmio Sphere Packing  allo

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    Illustrazione 21: Il soffitto astronomico nella sala del sarcofagodella tomba di SethiI nella Valle dei Re.

    Raffigura stelle e costellazioni.

    stesso analogo modo con cuimi è sembrato di ravvisarenegli ottostadi  delbilancieresegnatempo  suddetto,ichakra  dell'antica culturayoga. Infatti è così, perchéè nel seguito della storia dei

    popoli mediterranei checompare in Francia nel 1500un personaggio carismaticoritenuto un mago, indovinoe astrologo, Enrico, CorneliaAgrippa.

    Fra la molteplicità delle sueproduzioni, egli mostra unmagico repertorio di Segniideografici  correlato ai pianeti

    [8] che, come farò vedere, sonostraordinariamente aderenti allediverse rappresentazionidiSphere Packing. E tutto ciòcostituisce una faccia dellamedaglia del titolo di questocapitolo, che è di naturaesoterica, ma non manca quelladi natura scientifica allineata ainostri tempi.

    Non è difficile immaginarla già,perché ne ho già parlato neldescrivere la natura geometricadi Sphere Packing. Infatti misono avvalso del concettodell'impacchettamento di sfere,[9] che, oggi, è oggetto distudio nel campo delletrasmissioni televisive ed altro,oltre che della matematica.

    Illustrazione 22: Impacchettamenti di sfere.

    Ma è vero anche che l'idea matematica dell'impacchettamento sfere sorse nel 1600, dunque circa un secolo dopo altempo di Agrippa.

    Ed ora di volata mostrerò via via le varie correlazioni di Sphere Packing  con i segni ideografici dei pianeti immaginatida Agrippa nel suo libro, La Filosofia Occulta o Magia, segnato fra le note.

    Il segno o carattere del Sole

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    Illustrazione 23: Una vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde.L'ideogramma del segno o carattere del Sole di Agrippa e segnato in rosso .

    L'originale è posto accanto.

     

    Il segno o carattere di Mercurio

     Illustrazione 24: Altra vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde.

    L'ideogramma del segno o carattere di Mercurio di Agrippa e segnato in grassetto.L'originale è posto accanto.

     Il segno o carattere della Luna

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     Illustrazione 25: Altra vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde.L'ideogramma del segno o carattere della Luna di Agrippa e segnato in viola .

    L'originale è posto accanto

     

    Il segno o carattere di Venere

    Illustrazione 26: Altra vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde.L'ideogramma del segno o carattere di Venere di Agrippa e segnato in grassetto .

    L'originale è posto accanto

    Arrivati a questo punto, come si vede attraverso l'illustr. 26, le cose si complicano per la presenza nel disegno diqualcosa di nuovo che non si spiega a prima vista, ma chi ha già letto il mio scritto Sphere Packing  presente sul web efra gli studi di matematica del mio sito[10], sa di che si tratta.L'ideogramma di Agrippa presenta una curva non circolare sulla destra, una sorta di falce, e in Sphere P . vi è riportatafacendola dipartire da una delle sfere, quella a destra e poi confluire nel centro della sfera in alto, posta a 120°. Come sispiega?Si tratta di un'altra mia invenzione geometrica e riguarda una serie di curve di mia ideazione ricavate dalle geometrie di

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    figure stellari, ovvero da poligrammi. Una di queste è la curva dell'ottagramma  ed è la stessa del disegno indiscussione.La curva è questa (illustr. 27), completa di abaco per la parte matematica di calcolo:

    Illustrazione 27: Curva dell'ottagramma.

    Abaco di calcolo

     

    Equazione polare:

    ρ = ρ0/cos(θ/3) raggio polare;

    ρ0 = r sen(360/4n) raggio cerchio interno;

    r = 1 raggio cerchioesterno;

    n divisioni del poligramma;

    δ = arctan 3 cotan (θ/3) angolo tangente della

    curva con il raggio polare;

    a = 3ρ0  asintoto.

     

    Illustr. 28: Da un papiro della XVIII dinastia dei faraoni dell’antico Egitto rinvenuto nella tomba dello

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    scriba Ani e conservato nel British Museum di Londra.

    Particolare: Anubi, lo sc riba Ani supera il giudizio finale e viene condotto alla presenza di Osiride.

    Ed ora, non a caso ho disposto le cose suddette per ultime, perché siamo alla fine di questo saggio. Ed è il caso di dire“dulcis in fundo”, tutto in onore della Croce d'Iside o Ankh, tema del saggio non ancora del tutto sviluppato.La prima cosa riguarda la curva dell'ottagramma  (giusto in armonia degli otto stadi  delle oscillazioni del pendolodi Sphere P ., ma è vero anche che questa è contornata da otto sfere disposte sulla circonferenza della sfera dicontenimento del pacchetto sfere (solo che queste, a differenza del convenzionale pacchetto studiato dai matematici,sono i centri delle sfere suddette a combaciare con la sfera globale).

    Ho notato che nei pittogrammi egizi si ricorre spesso a rappresentazioni di fiori muniti di gambo, nulla di misterioso. Mase questi hanno relazioni con rappresentazioni che inducono a pensare che si tratti di concezioni inspiegabili, allora ilfiore o i fiori possono avere una valenza significativa. E si dà il caso che ho la fissazione di tradurre tutto in figuregeometriche, al punto di intravedere in certi fiori, quelli dell'illustr. 28, emblemi di poligrammi, Perché non è possibile seho immaginato che la macchina cibernetica Sphere P ., da me congegnata servendomi della geometria, a questoconduce, alla vita che si profila attraverso dei fiori.Allora perché non credere anche che quei fiori non siano corrispondenti a curve di poligrammi?E giacché abbiamo sotto mano il curioso Papiro di Ani, mi è sorta l'idea che quella sorta di congegno davanti allo scribaAni dà forte l'idea di qualcosa che oscilla. Tutto è sorretto da una leva che sembra avere due appoggi all'estremitàdestra. Due punti di contatto che fanno capo ad una sorta di omino antropomorfizzato. La mano destra alzata chetermina con un puntalino e inizia con una grossa molla che si avvolge per tutto il corpo; la testa è munita di una piccolamolla di senso contrario alla prima. Cosa vuol allegorizzare?Ma non si spiega nemmeno come si sostiene la leva con tutto ciò che vi è sopra, a meno che quel pacco di fogli strettida un laccio stiano a simboleggiare un'energia che da questo si sprigiona e fa da forza premente per opporsi alla cadutadi ciò che sta in lato. Il passo è breve per immaginare che si tratta, forse, del sapere che il pacco di fogli – di certo unlibro – inteso come fonte traducibile in concezioni vitali in tanti modi posti in atto dall'uomo. L'idea base ce la dà la fisicadell'elettromagnetismo. E nel caso di Ani è un sapere mistico che fa bene all'anima e lo spirito.Ecco la fonte della vita eterna concessa dal dio Osiride in trono nel tabernacolo davanti a lui, che qui non si vede. Ma è possibile vederlo attraverso l'illustr. 1 dell'inizio di questo saggio.E i due in uno che sostengono in apparenza il tutto sostenuto sulla leva? Possono benissimo essere correlati ai due leonicibernetici del mio E-book e contemporaneamente, nell'insieme, al bilanciere del tempo  esaminato geometricamentefacendo capo alla lemniscata di B.: in realtà servendoci della Chiave di Iside.

    Illustrazione 29: La croce mistica solpita nella pietra.

    E così abbiamo parlato della prima cosa cheho disposto per concludere questo saggio, laseconda cosa è la versione evolutadella Chiave di Iside  e di Isidestessa. Èsapete chi ce lo dice mostrando il segno?Una cosa che ci riporta a quello diCostantino I imperatore che fece porre suilabari del suo esercito prima della battagliadi Ponte Milvio nel 312 d.C. controMassenzio. Alla croce cristica.Avete notato il segno ideografico a forma dicroce con due bracci a V del pianeta Veneredi Agrippa (illustr. 26)? Non ci dà l'esattaidea della croce mistica del cristianesimosorgente? Come quella dell'illustr. 29accanto?La potenza del simbolismo, nei primi secolicristiani, si manifesta anche nella crocemistica scolpita sulla pietra. La pietra èincisa con una croce a Tau (T); il chi (X)

    traversa l'asta del Tau che si arrotonda in ro(P) in alto. Il nome di Cristo e la forma dellasua croce sono riassunti in queste linee.

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      Il Cristo, figlio di Dio, è l'inizio e la fine di tutto; l'alfa e l'omega, inizio e fine dei segniintellettuali e, per estensione, dell'intelligenza stessa e dell'anima umana, scortano a destra e asinistra.La croce ha schiacciato e domato Satana, il serpente antico. Il serpente si arrotola e si incatena alpiede della croce.Questo è il lato del cristianesimo, ma ancor prima, la dea Iside, come potenza generatrice efecondatrice della natura, viene assimilata a Venere e si riconosce da alcuni attributi propri comelo scialle, le rose, la situla.La famosa Venere capitolina  e la Venere dell'Esquilino  sono ritenute statue di Venere-Iside.

    Ambedue le sculture portano infatti i simboli della dea: la prima nuda, con lo scialle posto su un'idriapoggiata in terra, con i capelli annodati, sta per immergersi nelle acque; la seconda, trovatasull'Esquilino nel 1874, è nuda anch'essa con i sandali ai piedi e in atto di avvolgere con una benda lacapigliatura; ha accanto a sé un vaso decorato con foglie di loto, e un ureo posto su una “cista”ornata di rose. Potrebbe anche rappresentare una fanciulla del culto isiaco che si appresta ad unbagno rituale. [11]

    Brescia, 12 luglio 2010