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La diagnostica del degrado e del dissesto delle strutture in c.a. Luigi Coppola - Dipartimento di Ingegneria e scienze applicate, Università degli Studi di Bergamo Alessandra Buoso PhD, Ingegnere civile, Libero Professionista Tratto dal libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL RESTAURO DELL’ARCHITETTURA MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture in c.a. - Diagnostica – Interventi di manutenzione e adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e cantieristica”. Introduzione Prima di procedere alla definizione di un intervento di ripristino (in termini di materiali, sistemi, tecniche e cantieristica) è indispensabile definire le cause che hanno promosso gli effetti macroscopici dell’alterazione, del degrado e/o del dissesto dei singoli elementi in c.a. ed eventualmente dell'opera nel suo complesso. Questo obiettivo – la ricerca delle cause (la diagnosi) – è fondamentale nella manutenzione delle strutture esistenti, poiché il fine primario dell’intervento è rappresentato proprio dall'eliminazione delle cause responsabili delle patologie e/o delle carenze di cui l'opera è affetta. Al fine di risalire agevolmente alle cause delle alterazioni rilevate, non sempre immediatamente individuabili mediante la semplice osservazione del manufatto (il sopralluogo), potrà risultare necessario avvalersi di alcune tecniche di indagine per determinare le caratteristiche chimico-fisiche dei materiali da costruzione, misurarne le prestazioni residue dal punto di vista meccanico ed elastico, valutare se, inoltre, l'acciaio o il calcestruzzo sono interessati da alterazioni di tipo chimico e/o elettrochimico prodotte dall'ambiente esterno o da cause endogene (legate, per esempio, ad errori nella scelta dei costituenti per il confezionamento del conglomerato). La diagnosi degli stati di alterazione/degrado e/o dissesto di una struttura in calcestruzzo armato deve avvenire, pertanto, attraverso un percorso metodologico che si basa innanzitutto sull'analisi visiva del manufatto in occasione del quale si procederà non solo al rilevamento delle patologie di cui l'opera è affetta (fessure, zone di anomalo ristagno dell'acqua, espulsioni di parti di calcestruzzo, presenza di armature corrose, ecc.), ma anche all'acquisizione di informazioni (dati storico-geografici) che riguardano l'opera durante e dopo la sua costruzione, il sito ove la stessa è stata realizzata, le condizioni al contorno (edifici o strutture adiacenti, eventuali scavi effettuati successivamente alla costruzione dell'opera oggetto di indagine, ecc.). I dati rilevati dalla semplice osservazione visiva e quelli storico-geografici possono essere sufficienti, nei casi più semplici, per emettere una diagnosi definitiva. Molto più spesso, invece, essi consentono di emettere soltanto un sospetto diagnostico, sulla base del quale verranno effettuate delle indagini mirate (in situ o in laboratorio) che consentiranno di ampliare la conoscenza del manufatto e che condurranno, dapprima, alla diagnosi vera e propria e, successivamente, alla definizione delle terapie da intraprendere (gli interventi di manutenzione e restauro da attuare). Il sopralluogo: analisi visiva Al fine di procedere all'emissione di una corretta diagnosi è indispensabile recarsi presso la struttura (sia essa un edificio, un ponte, una diga ecc.) ed effettuare un'accurata analisi visiva degli elementi sia strutturali (le membrature in c.a. e c.a.p.) sia accessori (tamponamenti, tramezzi, pavimenti, ecc.) che la compongono. Durante l'esame visivo dovranno essere identificate tutte le possibili patologie, gli stati di alterazione e degrado dei materiali, dei singoli elementi oltre che dell'opera nel suo complesso. Occorrerà, ad esempio, rilevare le zone ove l'acciaio è interessato dalla corrosione, quelle interessate da espulsione del copriferro o da deformazioni (per esempio, imbarcamenti, fuori piombo, ecc.), o quelle che si presentano fessurate.

La diagnostica del degrado e del dissesto delle strutture ... Luigi Coppola - Dipartimento di Ingegneria e scienze applicate, ... nel caso in cui, ad esempio, una struttura avesse

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La diagnostica del degrado e del dissesto delle strutture in c.a. Luigi Coppola - Dipartimento di Ingegneria e scienze applicate, Università degli Studi di Bergamo

Alessandra Buoso – PhD, Ingegnere civile, Libero Professionista

Tratto dal libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL RESTAURO DELL’ARCHITETTURA

MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture in c.a. - Diagnostica – Interventi di manutenzione e

adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e cantieristica”.

Introduzione Prima di procedere alla definizione di un intervento di ripristino (in termini di materiali, sistemi, tecniche e

cantieristica) è indispensabile definire le cause che hanno promosso gli effetti macroscopici dell’alterazione, del

degrado e/o del dissesto dei singoli elementi in c.a. ed eventualmente dell'opera nel suo complesso. Questo

obiettivo – la ricerca delle cause (la diagnosi) – è fondamentale nella manutenzione delle strutture esistenti,

poiché il fine primario dell’intervento è rappresentato proprio dall'eliminazione delle cause responsabili delle

patologie e/o delle carenze di cui l'opera è affetta. Al fine di risalire agevolmente alle cause delle alterazioni

rilevate, non sempre immediatamente individuabili mediante la semplice osservazione del manufatto (il

sopralluogo), potrà risultare necessario avvalersi di alcune tecniche di indagine per determinare le

caratteristiche chimico-fisiche dei materiali da costruzione, misurarne le prestazioni residue dal punto di vista

meccanico ed elastico, valutare se, inoltre, l'acciaio o il calcestruzzo sono interessati da alterazioni di tipo

chimico e/o elettrochimico prodotte dall'ambiente esterno o da cause endogene (legate, per esempio, ad errori

nella scelta dei costituenti per il confezionamento del conglomerato).

La diagnosi degli stati di alterazione/degrado e/o dissesto di una struttura in calcestruzzo armato deve avvenire,

pertanto, attraverso un percorso metodologico che si basa innanzitutto sull'analisi visiva del manufatto in

occasione del quale si procederà non solo al rilevamento delle patologie di cui l'opera è affetta (fessure, zone di

anomalo ristagno dell'acqua, espulsioni di parti di calcestruzzo, presenza di armature corrose, ecc.), ma anche

all'acquisizione di informazioni (dati storico-geografici) che riguardano l'opera durante e dopo la sua costruzione,

il sito ove la stessa è stata realizzata, le condizioni al contorno (edifici o strutture adiacenti, eventuali scavi

effettuati successivamente alla costruzione dell'opera oggetto di indagine, ecc.). I dati rilevati dalla semplice

osservazione visiva e quelli storico-geografici possono essere sufficienti, nei casi più semplici, per emettere una

diagnosi definitiva. Molto più spesso, invece, essi consentono di emettere soltanto un sospetto diagnostico, sulla

base del quale verranno effettuate delle indagini mirate (in situ o in laboratorio) che consentiranno di ampliare

la conoscenza del manufatto e che condurranno, dapprima, alla diagnosi vera e propria e, successivamente, alla

definizione delle terapie da intraprendere (gli interventi di manutenzione e restauro da attuare).

Il sopralluogo: analisi visiva Al fine di procedere all'emissione di una corretta diagnosi è indispensabile recarsi presso la struttura (sia essa un

edificio, un ponte, una diga ecc.) ed effettuare un'accurata analisi visiva degli elementi sia strutturali (le

membrature in c.a. e c.a.p.) sia accessori (tamponamenti, tramezzi, pavimenti, ecc.) che la compongono.

Durante l'esame visivo dovranno essere identificate tutte le possibili patologie, gli stati di alterazione e degrado

dei materiali, dei singoli elementi oltre che dell'opera nel suo complesso. Occorrerà, ad esempio, rilevare le zone

ove l'acciaio è interessato dalla corrosione, quelle interessate da espulsione del copriferro o da deformazioni

(per esempio, imbarcamenti, fuori piombo, ecc.), o quelle che si presentano fessurate.

Relativamente alla rilevazione dei quadri fessurativi sarà necessario stabilire innanzitutto la cronologia di

manifestazione della soluzione di continuità (Fig.1). Le fessure, infatti, possono comparire durante la

realizzazione dell'opera generalmente per mancata maturazione umida o per fenomeni di ritiro autogeno

soprattutto nei calcestruzzi ad alta resistenza oppure di ritiro igrometrico non opportunamente fronteggiato sia

in fase progettuale che esecutiva. La situazione si presenta ben diversa allorquando le fessurazioni dovessero

manifestarsi in concomitanza con eventi che interessano le aree circostanti la struttura oggetto di indagine, quali

la realizzazione di nuovi edifici o di scavi. In questa evenienza, le fessure potrebbero essere ascritte a cedimenti

delle fondazioni legate proprio alle variazioni delle condizioni di pressione sul terreno determinate dalle mutate

situazioni al contorno. Sempre in relazione alle fessure sarà necessario valutare sia la localizzazione che

l'andamento delle stesse in relazione allo schema statico della membratura fessurata al fine di stabilirne la

pericolosità dal punto di vista strutturale (Fig. 1). In definitiva, quindi, durante il sopralluogo sarà abilità del

tecnico quella di stabilire un sospetto diagnostico che dovrà "pilotare" non solo i sondaggi (i saggi) – finalizzati

alla rilevazione del dissesto e all'accertamento della sussistenza di un presunto danno (non palesemente visibile)

– ma, anche, l'indagine sulla storia del fabbricato.

Fig. 1 – Modalità per il rilievo dei quadri fessurativi negli elementi in c.a.

Nel caso di un sopralluogo effettuato dopo un evento sismico, la ricerca e l'individuazione dei quadri fessurativi e

dei dissesti – sia degli elementi strutturali che di quelli accessori – sono principalmente finalizzate a stabilire la

carenza nella risposta sismica sia a livello del singolo elemento strutturale che dell'opera nel suo complesso. A

questo proposito, l'indagine non può prescindere da un'attenta valutazione delle modalità di collasso dei

tamponamenti, dei pilastri e dei nodi travi-pilastro e nei casi di danneggiamento più gravi dei solai e delle scale

(Fig. 2). In linea di massima, l'indagine deve riguardare, inizialmente, i tamponamenti situati al piano terreno,

accertando il tipo di lesione, l'eventuale ribaltamento fuori dal piano e/o schiacciamento degli spigoli. L'analisi

proseguirà sulle membrature in c.a. che circoscrivono i tamponamenti maggiormente danneggiati onde

individuare, ad esempio, lesioni nei nodi travi/pilastro conseguenti al fenomeno del puntone compresso. Il

sopralluogo verrà poi esteso a tutti i pilastri del piano terra – in particolare all'attacco con le travi del primo

orizzontamento (per i pilastri dei fabbricati industriali l'indagine sarà focalizzata in corrispondenza dell'attacco

con le fondazioni) – al fine di stabilire il livello di danno raggiunto in occasione del sisma sulla base del quadro

fessurativo (flessionale o tagliante), dell'eventuale schiacciamento del calcestruzzo e/o di svergolamento delle

barre di armatura. Il sopralluogo dovrà, inoltre, mettere in evidenza eventuali fenomeni di martellamento con

edifici adiacenti, fenomeni torsionali legati ad errori nella distribuzione delle masse e delle rigidezze, elementi

con comportamento prevalentemente tagliante (pilastri tozzi con ridotta duttilità). Si proseguirà, quindi, a

rilevare eventuali cinematismi con formazione di cerniere in testa e al piede dei pilastri, ad analizzare il

danneggiamento delle travi, dei solai e delle scale.

Fig.2 – Quadri fessurativi e dissesti nei tamponamenti e nelle membrature in c.a. prodotti da una

scadente risposta all'azione sismica

Per quanto riguarda il rilievo delle principali forme di alterazione delle superfici e di degrado dei materiali che

costituiscono le membrature in c.a. e gli elementi accessori si evidenzia come in linea di massima queste forme

siano connesse con difetti di costruzione e/o legate a fenomeni di tipo fisico o a reazioni di tipo chimico tra i

materiali da costruzione e l'ambiente in cui una determinata opera è situata. Sebbene le casistiche di degrado

siano innumerevoli, tuttavia, esse possono essere raggruppate in tre grandi categorie (Tabella 1):

- alterazioni delle superfici dei materiali da costruzione;

- alterazioni delle sezioni degli elementi costruttivi;

- fessurazioni, perdita, distacco ed espulsione di materiale dalla sezione in c.a..

In linea di massima, le alterazioni delle superfici e delle sezioni sono di facile diagnosi in quanto sono legate

principalmente ad errori durante l'esecuzione dell'opera e/o a difetti dei particolari costruttivi con particolare

riferimento a quelli legati allo smaltimento delle acque piovane. Più difficoltosa risulta la ricerca delle cause di

quelle forme di degrado che si presentano in forma di fessurazioni, distacchi ed espulsione di materiale. Queste

forme di alterazione, infatti, possono essere riconducibili a cause diverse non direttamente individuabili

attraverso la mera osservazione visiva, tanto da necessitare di un approfondimento di indagine da condursi

mediante prove effettuate generalmente in laboratorio su reperti prelevati in occasione del sopralluogo. Ad

esempio se si evidenzia dal sopralluogo la presenza di corrosione delle barre di armatura, accompagnata da

macchie di ruggine sulla superficie del calcestruzzo, fessurazione e distacco del copriferro sarà necessario

individuare, innanzitutto, se vi sono errori nella raccolta e smaltimento delle acque. Successivamente, si potrà

procedere alla valutazione dello spessore di calcestruzzo contaminato dall'anidride carbonica e/o dal cloruro

mediante metodi colorimetrici oppure ricorrendo all'analisi chimica elementale. Lo spessore di materiale

contaminato, unitamente alla conoscenza dell'età della struttura potrà fornire indirettamente utili indicazioni

sulle caratteristiche del calcestruzzo utilizzato in termini sia di resistenza che di rigidità. Queste informazioni,

unitamente alla determinazione della riduzione di sezione dell'armatura per effetto della corrosione potranno

indirizzare l'intervento di manutenzione verso un reintegro dell'armatura corrosa oltre che nella scelta dei

sistemi di protezione superficiale.

Tab.1 – Casistiche di degrado, tipi di manifestazione e possibili cause

TIPO DI DEGRADO MANIFESTAZIONE CAUSA

• ALTERAZIONI DELLE SUPERFICI

• MACCHIE CONGENITE - Disarmante inidoneo - Pulizia dei casseri

BOLLE SUPERFICIALI

- Eccesso additivo superfluidificante - Eccessiva altezza di caduta del

calcestruzzo - Vibrazione carente - Disarmante inidoneo

CAVILLATURE DIFFUSE - Maturazione umida

• DIFFERENZE CROMATICHE - Getti realizzati in momenti diversi

- EFFLORESCENZE - COLONIZZAZIONI BIOLOGICHE - DILAVAMENTO

- Errori nella progettazione/esecuzione particolari costruttivi per la raccolta e smaltimento di acqua

• PERDITE DI BOIACCA - Casseri non «a tenuta»

• DISTACCO DI INTONACI E RIVESTIMENTI

- Eccesso di rigidità e di ritiro idraulico negli intonaci

- Boiacche o adesivi troppo rigidi - Corrosione delle zanche di

fissaggio dei rivestimenti

• ALTERAZIONI DELLE SEZIONI DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI

• VESPAI E NIDI DI GHIAIA - Calcestruzzi poveri di fine - Posa in opera e compattazione

• RIPRESE DI GETTO

- Tempistica di esecuzione - Mancato utilizzo di profili «segna

ripresa» - Preparazione della superficie di

ripresa

• FESSURAZIONE, PERDITA, DISTACCO ED ESPULSIONE DI MATERIALE

• POP-OUT

- Reazione alcali-aggregato o alcali-carbonato

- Presenza di impurezze di zolfo, limi-argillose o di sostanze leggere negli aggregati

• DISTACCO STRATO DI USURA PAVIMENTAZIONI

- Tempistica di esecuzione dello strato superficiale

- Gelo/disgelo in presenza o meno di sali disgelanti

- Eccessiva usura e abrasione a causa dei mezzi circolanti

- RUGGINE - ESPULSIONE DEL COPRIFERRO - PERDITA DI SEZIONE DELLE

ARMATURE

- Corrosione promossa dall’anidride carbonica e/o dai cloruri

- Calcestruzzi porosi - Copriferro di basso spessore - Ingredienti inquinati da cloruro e/o

solfato

Il sopralluogo di un determinato oggetto, in definitiva, costituisce un'attività non banale per il professionista

incaricato dell'intervento di ripristino, in quanto egli dovrà non limitarsi soltanto all’osservazione visiva delle

forme di alterazione, degrado e dissesto palesi, ma dovrà ricercare anche le manifestazioni macroscopiche del

danno non direttamente visibili se non attraverso dei saggi puntuali mirati. Per questo motivo, contestualmente

all'osservazione visiva delle forme palesi di dissesto, il professionista dovrà elaborare un preliminare sospetto

diagnostico che dovrà indirizzare (pilotare) tutte le attività da effettuare durante il sopralluogo visivo.

Relativamente a questo aspetto, ai fini della elaborazione preliminare del sospetto diagnostico, sarà opportuno

acquisire quelle informazioni inerenti l’oggetto (dati storico-geografici) che possono essere correlate al sospetto

stesso che il tecnico avrà elaborato durante l'esame visivo degli elementi danneggiati.

Il sopralluogo: la raccolta dei dati storici I dati storico-geografici di un certo interesse che è importante acquisire durante la fase di sopralluogo sono

molteplici e variano a seconda dell’opera, del tipo di alterazione, di degrado e dissesto oltre che dall'ambiente in

cui la struttura è situata (Fig. 3). Tra i dati storici, ad esempio, riveste una particolare importanza il periodo di

costruzione della struttura. Questo dato, ad esempio, è importante quando il sopralluogo riguarda una struttura

che soffre di problemi di corrosione con espulsione del copriferro ove potrebbe essere interessante, in base

proprio alla conoscenza del periodo di costruzione, risalire per via indiretta alla qualità del calcestruzzo. Infatti,

nel caso in cui, ad esempio, una struttura avesse 50 anni e presentasse una penetrazione di CO2 per 20 mm

sarebbe possibile risalire al tipo di calcestruzzo che è stato utilizzato per realizzare la struttura e, quindi,

indirettamente alla resistenza meccanica del materiale e al suo modulo di elasticità. Il periodo di costruzione,

inoltre, può essere interessante anche nel caso delle travi per capire, ad esempio, se sono state usate staffe e

come sono state disposte, o se sono presenti semplicemente dei ferri piegati. Quando ci si trova di fronte ad una

trave interessata da un problema che si reputa essere legato ad una carente resistenza a taglio, può essere

opportuno capire se quella trave è stata progettata con criteri vecchi, che affidavano il taglio solo ai ferri piegati

e non alle staffe, ovvero dimensionata con criteri più moderni (ricorrendo al contributo nel calcolo della

resistenza a taglio sia delle staffe che dei piegati). Questo esempio serve, tuttavia, per ribadire come le

informazioni storiche da acquisire sono molto importanti, ma è altrettanto necessario selezionarle, a seconda

dell'elemento strutturale che si sta indagando e del sospetto diagnostico che il tecnico sta elaborando man

mano che il sopralluogo procede.

Tra i dati storici più significativi (Fig. 3) sono da annoverare quelli concernenti la collocazione geografica e le

condizioni climatiche dell'area ove l'opera è situata in quanto strettamente collegati ai possibili meccanismi di

degrado promossi dalle sostanze aggressive ambientali. Per esempio, se una struttura presenta una superficie in

calcestruzzo polverosa, con una scadente coesione superficiale, associata a corrosione dei ferri, diventa

importante conoscere la cronologia di formazione dello stato di alterazione per comprendere se il

danneggiamento registrato è da associare ad un difetto presente sin dalla costruzione dell'opera (lo

sfarinamento superficiale potrebbe essere colpa di un bleeding eccessivo e/o di una mancata maturazione

umida) o se è l'azione aggressiva ambientale (gelo-disgelo, sali disgelanti, dilavamento, ecc.) l'unica responsabile

degli stati di alterazione rilevati. Ovviamente, le informazioni relative al luogo ove è situata la struttura sono

fondamentali anche per la scelta dei materiali da utilizzarsi nell'intervento di ripristino. Oppure, la collocazione

geografica dell'opera può rivelarsi un dato storico significativo anche in presenza di reazione alcali-aggregato.

Per esempio, in Italia questo tipo di fenomeno è molto ricorrente lungo la fascia adriatica per problemi legati alla

geologia di queste aree. Pertanto, la presenza di fessurazioni ad andamento caotico, con ampiezze rilevanti, in

elementi che operano prevalentemente all'esterno in contatto con acqua piovana o con fiumi, torrenti ecc., che

si sono manifestate dopo qualche mese anno dalla realizzazione e che sono situate proprio in queste zone della

fascia adriatica sono con ragionevole certezza da attribuirsi alla reazione alcali-aggregato. Questo preliminare

sospetto diagnostico ovviamente dovrà essere confermato, per esempio, mediante un'analisi al microscopio

ottico di sezioni di calcestruzzo, al fine di evidenziare sia le forme alcali-reattive presenti negli aggregati che i

bordi di reazione con evidenti i segni di alterazione all'interfaccia pasta di cemento/aggregato alcali-reattivo.

Queste determinazioni sono di fondamentale importanza per individuare il corretto intervento di ripristino da

attuare in quanto si intuisce come in una struttura che ancora non avesse esaurito la reazione alcali-aggregato,

diventa di fatto impraticabile qualsiasi intervento che non sia quello radicale di completa demolizione

dell'elemento costruttivo.

Fig.3 – I dati storico-geografici in dettaglio

Tra i dati storici sensibili, quelli che riguardano gli aspetti progettuali ed esecutivi e quelli relativi ai materiali

utilizzati per la realizzazione delle opere si rivelano di fondamentale importanza. In molte situazioni è

importante, infatti, conoscere il tipo di calcestruzzo (in termini di resistenza a compressione, di modulo di

elasticità, oltre che relativamente agli ingredienti utilizzati per il suo confezionamento) e di acciaio (liscio o ad

aderenza migliorata, il diametro del tondino, il tipo di acciaio, ecc.). Ovviamente, ove presente, sarà opportuno

anche conoscere il tipo di protettivo superficiale applicato in precedenti interventi di manutenzione sulla

struttura in calcestruzzo. Infine, possono risultare molto utili anche le informazioni sugli aspetti esecutivi e

progettuali di una certa opera in c.a. Per esempio, informazioni riguardo all'esecuzione dell'opera sono

fondamentali laddove gli stati di alterazione riguardano perdite di boiacca, vespai e macchie congenite sulla

superficie del calcestruzzo. Gli aspetti progettuali fanno riferimento ai particolari costruttivi quali giunti,

pendenze, sistemi di raccolta e smaltimento delle acque, ecc. Il rilievo del funzionamento di questi particolari in

occasione del sopralluogo è fondamentale per comprendere i meccanismi di degrado legati all'azione dell'acqua.

Prima di concludere il sopralluogo il progettista dovrà stabilire se, in relazione alla forma di

danneggiamento/alterazione rilevata e ai dati storico-geografici raccolti, è in grado di elaborare la diagnosi

definitiva o se, invece, necessita di ulteriori accertamenti da effettuarsi in situ o su campioni prelevati dalle

strutture oggetto di indagine da analizzare, successivamente, in laboratorio (Fig. 4). In quest'ultima evenienza

dovrà mettere a punto un programma di indagini sperimentali avendo chiaro l’obiettivo di quali siano le

informazioni necessarie da acquisire e quindi le relative prove da effettuare per poter ottenere i dati necessari

alla formulazione di una diagnosi definitiva per elaborare correttamente il progetto di ripristino. In particolare

dovrà localizzare le aree ove effettuare l'indagine e/o il prelievo e, in relazione alle prove da eseguire, il numero

e la geometria dei campioni da prelevare.

Fig.4 – L'iter metodologico per la diagnosi delle forme di alterazione, dissesto e degrado delle strutture in c.a.

Le prove in situ ed in laboratorio Le principali tecniche di indagine si possono suddividere tra quelle che possono essere condotte direttamente

sulle strutture oggetto di indagine, le prove in situ, e quelle che vengono eseguite in laboratorio su reperti

prelevati dalle opere in occasione del sopralluogo. Prima di addentrarci in una breve descrizione delle tecniche

diagnostiche più importanti, si ritiene fondamentale elencare per ognuna di esse le sole finalità per le quali

vengono utilizzate (Tab. 2 e 3). Relativamente a quest'ultimo aspetto (finalità della prova), infatti, val pena

precisare che il progettista dell'intervento di ripristino strutturale non deve essere un esperto, né conoscere in

dettaglio i principi sulla base dei quali ogni tecnica si fonda, ma deve soltanto essere a conoscenza delle

informazioni che egli può acquisire da una determinata modalità di indagine. In sostanza, per fare un esempio, il

progettista non deve conoscere l'equazione di Bragg su cui si fonda la diffrazione dei raggi X, né deve essere

esperto dell'interpretazione del diffrattogramma di cui, invece, si faranno carico i tecnici del laboratorio

incaricato di condurre la prova. Egli, invece, deve essere a conoscenza delle sole informazioni che la tecnica di

diffrazione dei raggi X (conoscenza della natura chimica dei composti cristallini in un materiale da costruzione o

nelle efflorescenze e subflorescenze) può fornirgli in modo che possa egli stesso decidere, sulla base del sospetto

diagnostico che ha emesso, se la diffrazione dei raggi X è la tecnica più indicata o se, per contro, deve ricorrere a

tecniche di indagine alternative.

Tab.2 – Finalità dell'indagine e relative prove da condurre in situ o in laboratorio (1)

Le indagini in situ (Fig. 5) hanno come obiettivo quello di integrare le informazioni acquisite durante il

sopralluogo al fine di confermare o meno il sospetto diagnostico formulato dal progettista incaricato della

definizione dell’intervento di ripristino. Una caratteristica peculiare delle prove non distruttive è di analizzare la

struttura nella sua globalità in modo semplice e sufficientemente rapido.

Le indagini attualmente in uso, sia distruttive (saggi ed ispezioni locali, ecc.) che non (ultrasoniche, termografiche

ecc.), si basano principalmente sull’individuazione di alcune proprietà fisiche (contenuto d’umidità, conducibilità

elettrica, potenziale libera corrosione, ecc.) ed elasto-meccaniche (resistenza a compressione, resistenza a

trazione, modulo elastico, ecc.) dei materiali oppure sull'individuazione di sezioni di elementi in c.a. che si

presentano danneggiati (fessure, riprese di getto, vespai, ecc.). Esse possono, infine, essere utilizzate per

monitorare l'efficacia e lo stato di interventi di manutenzione effettuati in passato. Un ulteriore scopo che ci si

prefigge con il ricorso alle prove non distruttive in situ è quello di "guidare" il prelievo di campioni da sottoporre

a prove di laboratorio, riducendo globalmente il numero di campioni da estrarre e di prove da eseguire in modo

da contenere i costi complessivi della diagnosi.

Le principali prove di laboratorio (Fig. 6) per la diagnostica delle strutture in calcestruzzo armato sono utilizzate a

completamento delle informazioni desunte sia durante il sopralluogo che dalle prove condotte direttamente in

situ.

Tab.3 – Finalità dell'indagine e relative prove da condurre in situ o in laboratorio (2)

Fig.5 – Principali tecniche di indagine utilizzate in situ e relative strumentazioni di prova.

Fig.6 – Principali tecniche di indagine utilizzate in laboratorio e relative strumentazioni di prova.

Tratto dal libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL RESTAURO DELL’ARCHITETTURA

MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture in c.a. - Diagnostica – Interventi di manutenzione e

adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e cantieristica”.