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La Dimensione Narrativa dell'Attaccamento

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Poster presentato al XII Concresso Nazionale di Psicologia Clinica e Dinamica, 24-26 settembre 2010 - TorinoFilippo Mittino - [email protected]

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Congresso Nazionale della Sezione di Psicologia Clinica e DinamicaTorino 24-26 settembre 2010

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LA DIMENSIONE NARRATIVA DELL’ATTACCAMENTOMittino F., Lasorsa C.Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino

Introduzione

Il nostro lavoro di ricerca ha l’obiettivo di analizzare all’interno dei testi narrativi offerti dai bambini, ai quali è stato richiesto di raccontare l’Episodio peggiore e mi-gliore della loro vita, i riferimenti che permettono di delineare i Modelli Operativi Interni (Bowlby, 1969, 1973, 1980), esplorando così gli stili di attaccamento e il legame tra essi e le dimensioni relazionali ed emotive presenti nei racconti (Stern, 1985; Seganti, 1995; Allen et al., 2008; Albasi, 2009; Buday, 2010).Per fare ciò abbiamo utilizzato come supporto alle nostre ipotesi la teoria dell’attac-camento proposta da Bowlby (1969, 1973, 1980), la prospettiva di Fonagy e Target (1997), quella di Bruch (1973) e, collegamento ideale tra queste e la capacità di narrare il sé del bambino, le riflessioni di Holmes (1993, 2001).Holmes (1993), dopo una rilettura del concetto di Modelli Operativi Interni (Bow-lby, 1969, 1973, 1980), mette in evidenza come questi si possano rintracciare nei racconti che i bambini fanno di sé. L’autore (2001) parla di questi episodi narrati come di ricordi nodali: tali ricordi riguardano importanti mutamenti nella storia della vita (il primo giorno di scuola, la nascita di un fratellino) e rappresentano una concentrazione di modelli operativi del sé in rapporto con gli altri. Holmes (1993, 2001) afferma come i bambini con attaccamento sicuro presenteranno storie coe-renti e dettagliate e con un narratore partecipe; i bambini insicuri racconteranno episodi elaborati, invischiati e poco congruenti; i bambini evitanti ed ambivalenti lasceranno trasparire nelle loro parole parte del dolore dato dalla separazione dalla madre.A queste considerazioni si aggiungono quelle di Fonagy e Target (1997), i quali mettono in evidenza come nel caso in cui il bambino sia in relazione con una figura di attaccamento incapace di espletare la funzione di rispecchiamento delle emozioni (Winnicott, 1967), lo sviluppo della funzione riflessiva possa essere compromesso. È possibile affermare che in bambini con attaccamento sicuro è presente una base psicologica che permette loro di cogliere gli stati mentali relativi al comportamento del caregiver; in quelli evitanti si osserva l’evitamento dello stato mentale dell’altro; nei resistenti si evidenzia una focalizzazione sul proprio stato d’angoscia trascurando la componente intersoggettiva; nei disorganizzati si coglie uno stato di ipervigilanza nei confronti del caregiver, che li conduce a costruire acute spiegazioni mentalizzate sul comportamento dello stesso. Abbiamo poi inserito queste riflessioni riguardanti i Modelli Operativi Interni e

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le narrative all’interno del quadro teorico clinico relativo all’obesità, focalizzando la nostra attenzione sulle argomentazioni offerte da Hilde Bruch. L’autrice (1973) mette in luce come una mancanza di responsività materna, accentuata da un’incapa-cità a riconoscere i bisogni del bambino spinga la madre stessa a fornirgli continua-mente cibo per placare le sue tensioni, portandolo ad una disattivazione del sistema di attaccamento e all’instaurarsi di uno stile di attaccamento evitante, al quale può fare seguito un blocco della funzione riflessiva e la comparsa del disturbo alessitimi-co, come confermato da dati di ricerca (Baldaro et al., 1986; Guareschi et al., 1996; Attili, 2001; Lasorsa, Albasi, 2008).

Metodo

Per lo svolgimento della nostra ricerca sono stati creati due differenti campioni: quello clinico, composto da 92 soggetti sovrappeso e obesi, per un totale di 61 maschi e 31 femmine, soggetti già in carico all’interno delle strutture di Neuro Psi-chiatria Infantile presenti sul territorio torinese, e quello utilizzato come campione di controllo, costituito da 89 soggetti normopeso, per un totale di 45 maschi e 44 femmine, soggetti provenienti dalle scuole. L’età media di entrambi i campioni è di 9 anni e varia da un minimo di 7 a un massimo di 11 anni.A tali campioni è stata sottoposta una batteria di test volta ad esplorare il mondo re-lazionale del bambino composta da: Separation Anxiety Test (SAT) di Attili (2001), test semiproiettivo che consente di rilevare il rischio di un esito patologico dello sviluppo dello stile di attaccamento ed individuare le rappresentazioni mentali del bambino relative alla relazione con l’altro significativo (MOI); Scheda di Lettura di Mittino, Lasorsa, Albasi (2008), attraverso l’analisi dei contenuti, si propone di rilevare all’interno dei testi narrativi la presenza di determinate caratteristiche, riconducibili a tre grandi aree (protagonista racconto, contenuto e funzionamento mentale) volte a descrivere il mondo relazionale ed emotivo del bambino.

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Risultati

Il SAT nei due campioni

Il calcolo del χ2 non ha mostrato differenze statisticamente significative nella di-stribuzione nei due campioni degli stili di attaccamento del bambino ipotetico del SAT (Attili, 2001). Si può tuttavia osservare come ci sia una tendenza nei bambini del campione di controllo a riportare più frequentemente del campione clinico uno stile di attaccamento sicuro (43,2%), e nei bambini del campione clinico a riportare più frequentemente del campione di controllo uno stile di attaccamento insicuro evitante (32,9%).

TAb. 1. Attaccamento Bambino Ipotetico.

Att. Ins. Evi. Att. Sicuro Att. Ins. Ambi. Att. Rischio

Clinico 23,9% (22) 32,6% (30) 28,3% (26) 15,2% (14)

Controllo 15,9% (14) 43,2% (38) 22,7% (20) 18,2% (16)

Grafico 1.

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La Scheda di Lettura nei due campioni

Episodio peggiore

L’applicazione del test del χ2 (p<0,05) alla variabile «Contenuto – Relazioni» ha permesso di rilevare come i bambini del campione clinico riportano più frequen-temente, all’interno dell’Episodio peggiore, racconti nei quali non trova spazio la componente relazionale (clinico= 54,30%; controllo= 36,50%), contrariamente ai soggetti del campione di controllo, che raccontano con maggiore frequenza episodi nei quali la scena è dominata da momenti di separazione (controllo= 27,10%, clini-co= 11,10%) e di conflitto con l’Altro (controllo= 24,70%; clinico= 19,80%).Si può quindi osservare come i bambini del campione di controllo vedano Se stessi in un rapporto di relazione con gli altri diversamente dai bambini obesi, che sono principalmente centrati su Se stessi.

TAb. 2. Contenuto-Relazioni.

Sep. Sè-Altro

Conf. Sè-Altro

Cond.Sè-Altro

Div.Genitori

NessunaRel.

Clinico 11,1% (9) 19,8% (16) 3,7% (3) 11,1% (9) 54,3% (44)

Controllo 27,1% (23) 24,7% (21) 8,2% (7) 3,5% (3) 36,5% (31)

Grafico 2.

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Episodio migliore

I residui standardizzati corretti relativi alla variabile «Contenuto-Relazoni» hanno messo in luce come i soggetti del campione di controllo tendano a raccontare più frequentemente episodi che vedono in scena momenti di condivisione con l’Altro (controllo= 78,7%; clinico= 64,80%), mentre i bambini obesi tendono maggior-mente a raccontare episodi nei quali non è presente alcun tipo di relazione (clinico= 34,10%, controllo= 21,30%).

TAb. 3. Contenuto-Relazioni.

Cond. Sè-Altro Div. Genitori Nessuna Rel.

Clinico 64,8% (59) 1,1% (1) 34,1% (31)

Controllo 78,7% (70) 0% (0) 21,3% (19)

Grafico 3.

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Discussione dei risultati e conclusioni

L’analisi del SAT (Attili, 2001) ci ha permesso di constatare come la distribuzione degli stili di attaccamento non si differenzi significativamente (p>0,05) all’interno dei due campioni; nonostante ciò abbiamo riscontrato la presenza di una percentua-le maggiore di soggetti classificati come insicuri-evitanti nei bambini obesi, rispetto ai soggetti del controllo, e una percentuale maggiore di soggetti classificati come sicuri nel campione di controllo, rispetto al campione clinico. Quanto detto, pur non avendo una significatività statistica, sembra essere in linea con quanto emerso dai dati di alcune ricerche sul tema dell’obesità (Baldaro et al. 1986; Guareschi et al. 1996; Attili, 2001; Lasorsa, Albasi, 2008).Dopo queste considerazioni sull’attaccamento passiamo ora ad analizzare i dati emersi dalla Scheda di Lettura (Mittino, Lasorsa, Albasi, 2008). Nel racconto dell’Episodio peggiore si osserva come i bambini obesi più frequen-temente escludano scambi relazionali dai contenuti dei loro racconti, rispetto ai bambini del campione di controllo: questi ultimi riportano più frequentemente episodi nei quali vengono messi in scena conflitti o separazioni tra il bambino stesso e l’Altro. Relativamente al racconto dell’Episodio migliore, notiamo come ci sia una tendenza nei bambini del campione di controllo a riportare in maggior misura episodi nei quali «stanno con l’Altro», condividono qualcosa con l’Altro, rispetto ai bambini obesi. Per converso in questi ultimi si constata una tendenza ad escludere scenari di tipo relazionale dai loro episodi. Quanto affermato sino ad ora, sia rispet-to all’Episodio peggiore sia rispetto all’Episodio migliore, è coerente nel mettere in evidenza un interesse nei confronti dell’Altro, mostrato dai bambini del campione di controllo, e una centratura su di sé mostrata dai bambini obesi. Vediamo infatti come i soggetti del campione di controllo, coerentemente al tipo di episodio rac-contato, riportino più frequentemente scenari che hanno come sfondo la relazione con l’Altro, come conflitti, separazioni e momenti di condivisione; contrariamente ai bambini obesi, che tengono lontano dai loro racconti ogni tipo di relazione.Questa descrizione è coerente con quelle che la letteratura offre relativamente alle problematiche di tipo sociale ed emotivo presenti nei bambini obesi e al loro stile di attaccamento, classificato come insicuro-evitante (Bruch, 1973; Baldaro et al., 1986; Guareschi et al., 1996; Attili, 2001; Albasi, Lasorsa, 2008).

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Bibliografia

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Milano.Fonagy, P., Target, M. (1997), Attaccamento e funzione riflessiva: il loro ruolo nell’organizzazione

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